The World Of Il Consulente n. 8 - 30 giugno 2011

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THE WORLD OF NUMERO 8 30 GIUGNO 2011 IL CONSULENTE IL CONSULENTE NUMERO 8 30 GIUGNO 2011 ADALBERTO BERTUCCI Qualcuno proverà VERGOGNA MAURO PARISI Tutelarsi con i "rifiuti" della Amministrazione VITANTONIO LIPPOLIS Come cambia la certificazione AA.VV. Le ragioni di una scelta...ma è una scelta sbagliata Pubblicazione Quindicinale Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma THE WORLD OF Foto di Luc Viatour

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House Organ del Conslglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del lavoro di Roma

Transcript of The World Of Il Consulente n. 8 - 30 giugno 2011

T H E W O R L D O F

NUMERO 8 30 GIUGNO 2011

IL CONSULENTE

IL CONSULENTE

NUMERO 8 30 GIUGNO 2011 ADALBERTO BERTUCCI

Qualcuno proverà VERGOGNA MAURO PARISI Tutelarsi con i "rifiuti"

della Amministrazione VITANTONIO LIPPOLIS Come cambia la

certificazione AA.VV. Le ragioni di una scelta...ma è una scelta sbagliata

Pubblicazione Quindicinale Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

T H E W O R L D O F

Foto di Luc Viatour

IL CONSULENTET H E W O R L D O F

NUMERO 8 30 GIUGNO 2011

Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

I n F o c u s

R u b r i c h e

Mauro ParisiTutelarsi con i "rifiuti" dell'Amministrazione

Qualcuno proverà VERGOGNA

Botta ...e risposta4

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In copertina: Ragazza con l’orecchino di perla, di Jan Vermeer , 1666

AA.VV.

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Le ragioni di una scelta...ma è una scelta sbagliata

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I misteri di Roma di Andrea Tommasini

NUMERO 8 30 GIUGNO 2011

Motivazioni insesistenti ... anzi, risibili

IL CONSULENTE

Direttore responsabile

Comitato scientifico

Gabriella Di Michele - Aldo Forte - Giuseppe Sigillò

Massara - Pierluigi Matera - Antonio Napolitano - Mauro

Parisi - Vincenzo Scotti - Virginia Zambrano

Antonio Carlo Scacco

Progetto grafico e digitalizzazione

Antonio Carlo Scacco

Editore

NUMERO 8 30 GIUGNO 2011

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T H E W O R L D O F

House Organ del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma Pubblicazione quindi-cinale.

Redazione

Eleonora Marzani

Massimiliano Pastore

Daniele Donati

Giuseppe Marini

Andrea Tommasini

Aldo Persi

Ordine dei Consulenti del Lavoro - Consiglio Provinciale di Roma

00145 Roma - via Cristoforo Colombo, 456Tel. 06/89670177 r.a. - Fax 06/86763924 -

Segreteria: [email protected] di Diritto Pubblico - Legge 11-1-

1979 N.12

Per contributi e suggerimenti

Questo numero è stato chiuso in redazione il 29 giugno 2011

[email protected]

Fandor

Adalberto Bertucci

Nevio Bianchi, Antonio Carlo Scacco

16Vitantonio LippolisCome cambia la certificazione

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30

24Giuseppe MastrototaroLuci e ombre del collegato lavoro (seconda parte)

Voci dal territorio

La Consulta I

34 Le magnifiche sorti e progressive

Pasquinate

I N D I C E

Buon compleanno, Presidente

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T H E W O R L D O F

NUMERO 8 30 GIUGNO 2011

IL CONSULENTE

E ED D

I IT T

O OR R

I IA A

L LE E

Mai avremmo creduto che la Associazione Naziona-le dei Consulenti del Lavoro - Sindacato Unitario, così ricca di storia e di tradizioni, in passato sempre in prima linea – sia pure con alterne vi-cende – nella difesa e nella promozione della imma-gine della Categoria dei Consulenti del Lavoro, potesse tollerare al proprio interno comportamenti che fanno profondamente arrossire qualunque Consulente del lavoro e farebbero arrossire, ne sia-mo convinti, qualunque cittadino onesto e razioci-nante. Ci riferiamo, ovviamente, alla vicenda che vede l’Unione provinciale Ancl di Roma continuare imperterrita nel suo atteggiamento di rigetto, puro e semplice, con motivazioni che farebbero sorridere se non fossero tanto gravi, di regolarissime do-mande di iscrizione presentate da colleghi romani alla medesima U.P. romana. Crediamo che tutta la categoria dovrebbe provare un profondo disagio a fronte di tale vicenda: la dirigenza Ancl, in primo luogo, ma tutti gli altri organismi apicali, non esclu-so il Consiglio Nazionale dell’Ordine, che pure ha improntato buona parte della sua azione (istituzio-nale e non) alla sinergia col sindacato unitario. Numerosisissimi colleghi romani si sono visti rifiuta-re l’iscrizione con motivazioni risibili ( vedi l’altro articolo pubblicato in questa Rivista): come può un sindacato, ci chiediamo, definirsi “unitario”, ossia rappresentativo di tutti i consulenti del lavoro, se impedisce con la pura e semplice forza l’ingresso di colleghi che hanno tutti i diritti e tutta la legitti-mazione possibile a farne parte ? c’è la paura che tanti altri colleghi possano “turbare” gli attuali as-setti dirigenziali della U.P. romana rendendo evi-dente, con gli strumenti della democrazia, ciò che tutti sanno: ossia che la attuale dirigenza della U.P. Ancl romana rappresenta solo una esigua mino-

ranza della realtà della nostra provincia? Proprio costoro, lo ricordiamo, hanno chiesto di re-cente le mie dimissioni. Ebbene rispondo loro che non ritengo né “doveroso”, né tanto meno un “ge-sto di responsabilità”, rassegnarle. Al contrario, sarebbe irresponsabile e risulterebbe in contrasto con i miei doveri rassegnare le dimissioni dalla ca-rica di Presidente, posto che un tale gesto si tra-durrebbe in un evidente tradimento nei confronti di quella stragrande maggioranza di colleghi che hanno voluto che io ed il Consiglio da me presiedu-to li rappresentasse e tutelasse quale categoria. Sarebbe più logico e doveroso che venissero rasse-gnate le dimissioni da parte di quei componenti del Consiglio UP ANCL Roma, i cui nominativi ri-sultano attualmente iscritti nel Registro Generale Notizie di Reato presso la Procura della Repubbli-ca di Roma, per condotte poste in essere quali componenti e rappresentanti appunto del citato Consiglio UP ANCL – Roma. Situazioni del genere dovrebbero far riflettere: quando determinati rappresentanti di categoria, all’uopo designati e nominati per la carica da tutti gli iscritti, pongono in essere nell’esercizio delle proprie funzioni di rappresentanza condotte penalmente rilevanti (nel senso che sono sottoposte al doveroso vaglio dell’A.G. penale), allora essi direttamente ed inevi-tabilmente coinvolgono ed imbarazzano tutta la categoria rappresentata.Respingo pertanto ai mittenti la richiesta di rasse-gnare le dimissioni aggiungendovi il personale invito a provare, se la speciosità e la irrilevanza delle motivazioni poste a diniego delle iscrizioni di tanti colleghi fossero confermate, a vergognarsi un pò.

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IL CONSULENTET H E W O R L D O F

NUMERO 8 30 GIUGNO 2011

Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

BOTTA ...4

FERMATE LE “BOCCE”

Adesso tutti corrono più che a commentare il risultato delle ele-zioni dell’ENPACL a compli-mentarsi con i vincitori, per non dire a cavalcarne i risultati, e a sottolineare la preparazione dell’attuale Presidente Ales-sandro Visparelli. Ma poi tra le righe, in modo molto sottile, continuano imperterriti ad accu-sare l’ANCL di antidemocratici-tà, per i più svariati motivi. Con ordine. La lista n°1 non era una lista presentata dall’ANCL in quanto vi erano presenti come candidati colleghi non iscritti al sindacato; riflettendo sull’esito delle votazioni e contando i vo-ti, ritengo che comunque la lista n° 1 si sia difesa bene, anche avendo avuto voti inaspettati. Occorre qui ricordare che se i de-legati ENPACL sono eletti, in li-nea di massima, da liste ANCL, chi li elegge sono gli Ordini Pro-

vinciali: quindi ritengo che il successo dell’ANCL sia totale. Analizzando i voti della lista n°1, circa il 25% del totale non è sufficiente a spiegare i settemi-la, circa, associati al sindacato e gli oltre ventisettemila colle-ghi… le percentuali si sono invertite!!! Questo per sottolinea-re che ANCL SU, sottolineo Sindacato Unitario, ha dimo-strato che chi vive l’Associazio-ne nelle regole e nella democrazia, condividendo le scelte delle Regioni - fonda-mentale dopo “Montesilvano” - non può che essere fiero di es-serne un rappresentante! E poi basta con le solite lamentele delle mancate iscrizioni, non ci crede più nessuno! Non vorrei offendere l’intelligenza del neo-Presi-dente Vispa-relli mettendolo in guardia sulla realizzazione del pro-gramma pre-sentato in campagna elettorale: è pur vero che, come dicono, non ha mino-ranze oppositrici in Consiglio, ma risanare la situazio-ne ereditata, con

tutte le difficoltà di gestione di un ente previdenziale, e pensare che sia cosa di poco conto solo perché si condivide un progetto con coesione, ... beh ... offende l’intelligenza! Infine, ma non per questo meno importante, quello che ho notato di diverso, come una ventata di nuovo e sperando che si ripeta in futuro, è la libertà di scegliere senza vincoli, o meglio, senza tener conto di “cambiali da salda-re"...! E' solo in questo modo che si può sperare di dare una svolta ad antichi legami e passe-relle da “Piazza Rossa”.Luca Follatello

Presidente ANCL SU U.P. Monza e Brianza

L'articolo che segue è stato

pubblicato sulla Rivista "NOI ANCL

- U.P. di Monza e Brianza", giugno

2011

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NUMERO 8 30 GIUGNO 2011

IL CONSULENTE

Carissimi Colleghi,

ricevo e leggo, sempre con interes-se, la Vostra rivista e il riceverla è per me un onore per l'insita espres-sione di rispetto che portate alla mia persona e per il ritenermi de-gno della Vostra considerazione.Detto ciò, e assicuro che non è piaggeria, i Vostri fondi e gli edito-riali mi sono utili per capire anche le dinamiche sindacali di cui sono all'oscuro per non aver mai aderito all'Ancl SU, pur avendo battagliato - in tempi immemori - per la sua affermazione unitamente a Ga-briella Perini, a Franco Guarino e a Valfrido Paoli .Dall'editoriale di Luca Follatello ri-scontro qualche passaggio 'sindaca-lese' che mi lascia perplesso: ritenere giusto che in CDA Enpacl non ci sia alcuno spazio per chi non è allineato al 100 percento con chi Comanda l'Ordine; il fatto che iscritti all'Enpacl, che come me non aderiscono al S.U. (oltre 22.000) non siano rappresentabili in CDA, sia un fatto ordinario; la de-risione della denuncia di antidemo-craticità rappresentata dalle mancate iscrizioni all'Ancl (oltre un centinaio di colleghi solo a Ro-ma); sentire in ciò ventate di nuovo e di fresco e ritenere quanto depre-cato, utile per portare 'pulizia' in un contesto Categoriale... da sempre go-

vernato dall'ANCL (???).

Mi domando come si fa a ritenere giusto che il 75 percento dei Colle-ghi (a livello nazionale) debbano

soggiacere alle strategie o alle politi-che di una 'minoranza' rappre-sentata dall'attuale Ancl SU (6000 su 28000)? Il giuoco delle doppie liste, che mi sa tanto dei vecchi sotterfugi e non di venti nuovi, escogitato per evita-re qualsiasi partecipazione ampia alla conduzione dell'Ente previ-denziale, è un fiore all'occhiello? Il sistema di ostacolare l'accesso al Sindacato Unitario di voci nuove, ancorchè critiche?E poi: l'amico Nevio Bianchi indi-cato dal Regionale Ancl Lazio dov'è? Neanche in una Lista è stato inserito. Un personaggio come lui non era degno di entrare in un CdA?... altro che 'Montesilvano'.Mi dà qualche ragione di dubitare sulla democraticità agognata. I fatti come evidenti mi sanno di metodi 'bulgari' di cui non c'è niente di es-serne fieri. Ancl S.U. ha vinto? Per me NO!E' l'attuale dirigenza categoriale, cioè chi ha attualmente il 'vero' pote-re, e lo esercita in modi di certo non irreprensibili, che ha vinto.L'Ancl S.U., non ha vinto, l'attuale dirigenza sindacale ha solo 'chiuso la porta' per agire senza ostacoli e... diciamolo pure, parrebbe, senza controllo. Operando subdolamente - ancorchè legittimamente con il gioco delle li-ste che nulla hanno di contrapposto

- chi grida alla vittoria in modo miope non si rende conto che ciò ha ampliato la possibilità di critica e di censura da parte degli 'altri' i famosi 22.000 'non rappresentati' che per ovvi motivi non staranno solo 'a guardare'. Si sta spaccando ancora di più la Categoria! Dalle mie parti si dice che quella conseguita "'E' una vittoria di Pirro" e la storia insegna che vuol dire. E' solo questione di tempo: da sempre i vari 'Pirro', dopo che a lo-ro volta subiranno la sconfitta, scompaiono nell'oblio. Io che posso dire in conclusione? Caro Luca, apprezzo Sandro Vispa-relli come Matteo - e loro lo sanno -e sono certo che tenteranno di condurre il CdA Enpacl in modo scevro da condizionamenti, però qualche dubbio - me lo devi consentire - resta, qualche prezzo al Manovratore dovranno pagarlo... o no?Spero di aderire all'Ancl nel prossi-mo futuro... quando sarà veramente il "Sindacato Unitario" e non esclu-sivamente la rappresentanza di una fazione.Ringrazio i Colleghi Monzesi per la cortesia e per la considerazione con cui mi trattano, permettendo a uno 'fuori dal coro' di esprimersi. Un cordialissimo saluto a tutti.

G. Marini

Giuseppe Marini

... E RISPOSTA

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MOTIVAZIONI INESISTENTI,

ANZI: RISIBILIMoltissimi provvedi-menti di diniego adottati dalla UP Ancl di Roma avverso altrettante, legitti-me, domande di iscrizio-ne avanza

te da Colleghi romani, re-cano la seguente motiva-zione: “Per l’istanza di che trattasi il Consiglio

ha ritenuto che i motivi che hanno determinato la mancata adesione a codesta Associa-zione sono conte-nuti nell’articolo

2 lett. H e nell’artico-lo 11 n. 2

lettera A dello Statuto dell’Ancl”.

Ora l’articolo 2 lettera H dello Statuto Ancl reci-ta: “1. L’Associazio-ne si prefigge e

persegue, con le sue attività,

i se-

guenti scopi:h. Richiedere agli iscritti il corretto comportamento e l’os-servanza del codice di deontologia professio-nale dell’Ordine e il rispetto del codice etico che dovrà esse-re redatto ed appro-vato dal Consiglio Nazionale.…..” Mentre l’articolo 11 n. 2 lettera A dello Statuto recita: “ . . . . . .2. Gli associati, con la sottoscrizione della do-manda di iscrizione si impegnano a:a) osservare le norme

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del presente Statuto, dei Regola-menti, del Codice etico nonché le deliberazioni adottate dagli Organi associativi a qualsiasi livello;. . . . . “.

Dalla lettura della norma statutaria si evince immediatamente la spe-ciosità e la inconsistenza delle moti-vazioni addotte a sostegno del diniego di iscrizione.

In primo luogo perché l'articolo 2 lett.h dello Statuto Ancl si rivolge solo agli "iscritti": va da sé che finché la domanda di iscrizione non è accolta non si è "iscritti" (semmai "iscrivendi"). Come si fa allora, a negare l’iscrizione ad un soggetto per fatti e comportamenti che avrebbe potuto (in ipotesi) compiere solo in qualità di iscritto quando quel soggetto, avendosi vi-sta respinta la domanda di iscrizio-ne, non è mai stato iscritto ? Sono misteri che solo l’UP Ancl di Ro-ma potrebbe risolvere…

In secondo luogo la motivazione del diniego riferito ad un ipotetico "mancato impegno" da parte del ri-chiedente l’iscrizione ad osservare le “norme del presente Statuto ec.ec.” è del tutto inconferente dal

momento che tale impegno è assunto conte-

stualmente alla pre-sentazione della medesima do-manda di iscrizio-ne (la quale contiene espressa-mente la dichiara-zione di "conoscere ed accettare tutte le norme dello Statu-to ec.ec. "), firmata in calce dal soggetto richie-

dente. Ci troviamo di fronte ad una situazione paradossale che, se non presentasse degli aspetti estre-mamente seri, sembrerebbe tragico-mica.

Quali gli aspetti seri? Ricordiamo che la Costituzione italiana, all’arti-colo 2, afferma che “ La Repubbli-ca riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni socia-li ove si svolge la sua personalità ….”: è evidente che impedire l’espressione della personalità del singolo consulente del lavoro all’interno del suo sindacato di cate-goria (non a caso “unitario” ), os-sia della sua “formazione sociale” per eccellenza, costituisce un gra-vissimo danno ai suoi diritti “invio-

labili” ( a puro titolo di esempio il diritto di elettorato attivo e passi-vo), nonché una lesione della sua complessiva personalità, a fronte dei quali, prima o poi, seguirà ne-cessariamente un congruo ristoro (prevediamo numerosissime cau-se legali in corso di predisposizio-ne). Chi pagherà questi danni ? I verti-ci nazionali Ancl, primo fra tutti il Presidente protempore Longo-bardi, sono consapevoli di tale stato di cose ? e se, come credia-mo, ne sono pienamente consape-voli (perché avvertiti da numerosi scritti, quali il presente, a pubblica diffusione), cosa intendono fare?

Fandor

Una delle tante lettere di risposta della UP Ancl di Roma

omissis

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LE RAGIONI DI UNA SCELTA ...

Buongiorno collega,

nei giorni scorsi hai ricevuto una lettera con la quale ti veniva comunicato che il Consiglio Provinciale Ancl non aveva accettato la tua richiesta di iscri-zione alla Associazione. Ho il dovere di aggiungere qualche altra considera-zione alle scarne motivazioni presenti nella lettera perché, avendola firmata, oltre ad assumermene tutte le responsabilità sul piano politico e morale , desi-dero anche che sia chiaro il vero e reale motivo di questa sofferta decisione. Nella lettera che hai ricevuto c’è un richiamo all’articolo 2, lettera H dello Statuto dell’ANCL, che si riferisce alla violazione del codice etico dell’Asso-ciazione.In questo richiamo non c’è, nella maniera più assoluta, nessun giudizio sulla tua correttezza e deontologia professionale. Se il tono asettico della lettera ed

i riferimenti asciutti agli articoli dello Statuto ti hanno indotto a ritenere che volesse significare questo, te ne chiedo scusa. Ho una storia personale, e questo nessuno me lo può contestare, dove il rispetto di ogni perso-na è sempre stato uno dei valori più assoluti ai quali mi sono ispirato.Tuttavia la tua richiesta, per i tempi ed i modi con cui ci è arrivata, ci ha fatto sorgere un ragionevole dubbio su quali fossero le motivazioni della domanda di iscrizione. Da anni a Roma si confrontano due diverse visio-ni di come deve essere rappresentata la nostra categoria. E’ un confronto che, se anche qualche volta è stato duro, è tuttavia utile e costruttivo. Adesso uno dei due gruppi ha deciso di eliminare l’altro. Le dichiarazioni in questo senso sono esplicite e pubbliche. Altrettanto lo sono le finalità. Quando in blocco arrivano un centinaio di richieste di adesione, solo uno sciocco può pensare che c’è stato un improvviso risveglio dell’impegno sindacale. C’è stato piuttosto un ordine, per raggiungere obiettivi evi-denti e dichiarati, poco sindacali, e questo dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, non è coerente con il codice etico dell’ANCL, il quale richiede che le motivazioni dell’iscrizione debbano essere invece quelle di favorire l’interesse della Categoria e di condividerne gli scopi e le finalità.Sono però consapevole che così facendo ho fatto di tutta l’erba un fascio. Non posso escludere che per qualcuno le motivazioni fossero invece realmente sincere. A loro chiedo fin da ora, sinceramente scusa e li invito a farsi conoscere partecipando alle nostre iniziative. E’ una vicenda triste e che amareggia, ma dal momento che i colleghi mi hanno chiesto di presiedere l’Unio-ne Provinciale, ho non solo il compito di guidarla, ma anche di preservarne la natura, e cioè quella di essere una associazione libera, formata da colleghi liberi, che decidono da soli se aderire, ed esclusivamente per condividere con altri colleghi la loro professione. E’ quello che ho cercato di fare e che continuerò a fare.

di Nevio Bianchi

Pubblichiamo la lettera che il Presidente della

U.P. Ancl di Roma, Nevio Bianchi, ha inviato ai colleghi

romani la cui domanda di iscrizione alla

medesima U.P. è stata respinta

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IL CONSULENTE

...MA E' UNA SCELTA SBAGLIATAdi Antonio Carlo Scacco

Caro Nevio

come numerosi altri Colleghi romani, ho anch’io ricevuto la lettera contenente la mancata accettazione della domanda di iscrizione alla Unione Provinciale Ancl di Roma. Dopo un breve esame delle motiva-zioni addotte a giustificazione del diniego, mi sono convinto che non da esse doveva essere tratta la ra-gione del comportamento della associazione da te presieduta, ma da altre, assai più profonde e sostanziali. Di quale natura e tono esse siano, ne fai tu stesso menzione nella lettera citata. Ad esempio: “Quando in blocco arrivano un centinaio di richieste di adesione, solo uno sciocco può pensare che c’è stato un improvviso risveglio dell’impegno sindacale”.

Ebbene, io sono fermamente convinto che la democrazia (quella vera) sia fondata sul rispetto delle rego-le. Quando i nostri comuni progenitori affermavano che “summum ius, summa iniuria” parlavano dal profondo della loro conoscenza delle umane cose: il giudizio sulla norma è irrilevante, il rispetto della norma – per quanto essa sia deprecabile - è essenziale.

E se la norma, nel caso che ci interessa, subordina l’iscrizione nell’Ancl alla unica condizione che il Collega sia regolarmente iscritto nell’Ordine dei Consulenti del lavoro ( essendo le altre motivazioni ostative inesistenti), il rispetto della norma ne impone la rigorosa osservanza, per quanto possa essere considerata iniqua e ingiusta.

Tu stesso dici che ti sei prefisso il compito di guidare l’Unione Provinciale, preservandone la natura, “e cioè quella di essere una associazione libera.”. Ma quanto può essere libera una associazione che non rispetta le regole che essa stessa si è data ? E se tu giustifichi il non rispetto della regola sulla base di un tuo personale giudizio (la mancanza di libertà o eterodirezione nei Colleghi che manifestano il desiderio di iscriversi, giudizio che personalmente non condivido) , non ti sorge il dubbio che altri, dopo di te, po-tranno allo stesso modo invocare il mancato rispetto delle regole sulla base di giudizi assai meno nobili e meritevoli di tutela ? negare ad esempio l’iscrizione di altri Colleghi sulla base di personali interpreta-zioni della norma al solo fine di preservare il proprio potere o per altri, oscuri fini? Non è forse questo, non è stato forse questo, il principio dell’autoritarismo e del dispotismo ?

Laddove c’è la mancata o insufficiente applicazione della regola, ossia l’ingiustizia, quasi sempre alberga la mancanza di pace, con i suoi tristi ed oscuri corollari della violenza e dell’odio. E non è forse stata una piccola manifestazione di violenza negare l’iscrizione alla U.P. romana a tanti Colleghi in re-

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gola con le norme e la propria coscienza (secondo il tuo giudizio solo una piccola minoranza, a mio avvi-so la stragrande maggioranza) ? al punto che tu stesso, nella lettera, hai sentito il bisogno di dover porge-re, sia pure soltanto alla “minoranza”, le tue personali scuse ?

Questi, caro Nevio, gli effetti , tanto indesiderati quanto imprevedibili, del mancato rispetto delle norme e delle regole.

Infine non credo che, seguendo le tue considerazioni, “adesso uno dei due gruppi abbia deciso di elimina-re l’altro”. Anzi, non credo neanche che esistano due gruppi.

Esiste invece nella nostra Categoria un diffuso conformismo alle idee prevalenti, cui molti spiriti liberi - spiace dirlo - aderiscono o stanno aderendo non già per convinzione, ma per forza ed interesse; una politica dello spettacolo, o forse uno spettacolo della politica, della quale non varrebbe neanche la pena parlare se non avesse assunto, ormai, i caratteri sempre più definiti di una sciatta grossolanità.

Quando si decide di tener fuori la "peste romana" dal Palazzo (parole non mie, ma che sono state pronunciate), l'uomo Bianchi dovrebbe chiedersi se è ancora un uomo libero o se, piuttosto, non è lo strumento di fini e politiche che certamente non gli appartengono e che, ancor più certamente, non avrebbe mai condiviso.

Io mi batterò, e credo di avere il conforto di tutti coloro che esprimono e fanno questa Rivista, perché le minoranze siano tutelate, così come le maggioranze, nel pieno e rigoroso rispetto delle regole che so-vrintendono gli ordinamenti che ci siamo dati.

Lo dimostra la evidenza, la considerazione e, soprattutto, il rispetto che ha ricevuto la tua lettera.

con affetto

Antonio Carlo Scacco

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Foto di Cubagallery

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IN GIRO PER L'ITALIA

Lettera aperta a Daria Bottaro

Leggo con sorpresa, nel corpo dell’artico-lo “Elezioni Enpacl non ci sarà una terza lista ANCL”, un attacco alla nostra Unione Provinciale che non avrebbe accettato l’ingresso di quasi settecento colleghi per il timore di vedere ribaltati equilibri di potere. Non mi sarei mai aspettato una simile affermazione da una collega che milita nel Sindacato Mi-lanese da molti anni e che, tramite esso, era insieme a me nella FE.NA.SI.C.L. e quindi conosce bene le vicende romane. Già da prima di confluire nell’ANCL il nostro sindacato si è sempre scontrato con la dinastia Bertucci che, alla guida dell’Ordine, ha sempre contrastato ogni forma di espressione autonoma nella Categoria. Infatti, dopo aver tentato di contrastare il nostro sindacato attraverso il fantomatico Sindacato Romano che ha operato solo in occasione delle elezio-ni all’Ordine a sostegno della lista espres-sione dell’Ordine Romano, constatato che vi è poco spazio, in campo Naziona-le, per coloro che non sono targati ANCL, ha deciso, attraverso i suoi fede-lissimi, di conquistare l’Unione Pro-vinciale. Tale situazione era già stata denunciata nel mio intervento al congres-so di Montesilvano. Vorrei far notare che a tutt’oggi sono state respinte solo le iscrizioni dei Consiglieri dell’Ordine per i seguenti motivi: • Essi nel 2009, nella vigenza del prece-dente regolamento, non hanno concesso i crediti ai corsi organizzati dall’Unione Provinciale; per tale rifiuto è pendente

un ricorso presentato da questa Unione Provinciale il 21/11/2009 al Consiglio Nazionale dell’Ordine. • Nello stesso anno hanno rifiutato co-pia del Bilancio Consuntivo 2008, richie-sta dal Presidente dell’Unione Provinciale quale Consulente iscritto all’Ordine, con la motivazione che la ri-chiesta era stata presentata dall’Unione Provinciale, definita soggetto privo di interesse a visionare il Bilancio. • È pendente presso il TAR Lazio ri-corso da parte del Consiglio Provinciale dell’Ordine di Roma avverso l’annulla-mento dell’assemblea che approvava il Bilancio Consuntivo 2008, effettuato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine, su istanza di cinque Consulenti che costitui-vano il Consiglio Pronvinciale ANCL. Nel Ricorso il Consiglio Provinciale dell’Ordine afferma testualmente: “Tali soggetti sono tutti componenti dell’UP-ANCL, associazione antagonista del Consiglio Provinciale ed in contrapposi-zione con quest’ultimo nei rapporti con il Consiglio Nazionale”. Quindi il rifiu-to è più che motivato. È vero che in que-sto momento sono pendenti un centinaiConsiglio dell’Unione Provincia-le Romana valuterà con molta attenzio-ne, in base a tutte le notizie in suo possesso, per stabilire se esse sono moti-vate da vero spirito associativo o sono eterodirette per tentare di prendere il controllo dell’Unione Romana, nell’occa-sione delle scadenze elettorali nazionali. Questa vigilanza è motivata, non da pau-ra del confronto all’interno dell’Unione Provinciale, ma dalla necessità di tutela-re l’intera associazione. Infatti l’iscrizio-ne di soggetti non mossi da vero spirito associativo, comporterebbe il rischio della partecipazione alle competizioni elettorali, nazionali e provinciali, di soggetti che, targati ANCL, snaturerebbe-ro il messaggio portato avanti dall’asso-ciazione nell’interesse dei colleghi tutti. Tale partecipazione sarebbe possibile approfittando dell’articolo dello Statuto Nazionale ANCL che tutela le mino-ranze. Sono certo che questa mia rispo-sta sarà pubblicata sul prossimo numero di Protagonisti, in ossequio ai principi, sostenuti dal vostro Sindacato, che ha sempre dato spazio al confronto di idee

anche se divergenti.

Antonio Saporito, Consigliere dell’U.P. ANCL Roma

La risposta di Daria Bottaro

Caro Saporito, Innanzi tutto ti ringrazio per aver dato atto a Protagonisti di avere “sempre dato spazio al confronto di idee anche se divergenti”, perché è un nostro punto di orgoglio. Se la memoria non mi inganna, ricordo che anche il sindacato milanese era considerato un soggetto da tener fuori dall’ANCL ma quando nel 2001 avvenne l’unificazione, non successe nulla di sconvolgente: non vi furono “colpi di stato”, le norme conte-nute nello Statuto non vennero abro-gate, l’ANCL non subì contraccolpi di sorta. Anzi: l’ingresso di nuovi colleghi irrobustì l’Associazione e la diversità di opinioni arricchì il dibattito interno. Affermi che c’è un problema legato alla “dinastia Bertucci”, che avrebbe deciso, “attraverso i suoi fedelissimi, di conqui-stare l’Unione Provinciale” e che per questo motivo valuterete con molta attenzione il centinaio di richieste di iscrizione pendenti “per stabilire se es-se sono motivate da vero spirito as-sociativo o sono eterodirette per tentare di prendere il controllo dell’Unione Romana”. Il nostro Statuto, all’articolo 63, stabilisce che “L’Associazione persegue co-stantemente l’obiettivo della unifica-zione sindacale della categoria e pone in essere ogni stimolo alla sua realizzazione” e, all’articolo 7, che “Possono appartenere all’Associa-zione: a) come associati effettivi: tutti i Consulenti del Lavoro iscritti negli Albi provinciali istituiti ai sensi della legge n. 12 dell’11.1.79, e/o successive modificazioni”; lo Statuto non richiede altri requisiti. Mi chiedo, quindi, come e se sia pos-sibile – e con quali parametri – indaga-re ed ac-certare quali siano le reali intenzioni e/o scopi dei colleghi che aspirano ad aderire all’ANCL e con quali motivazioni negare l’iscrizione. Rispetto le tue considerazioni su ciò

Sulla vicenda UP Ancl di Roma, pubblichiamo un breve "botta e risposta"

apparso su "I Protagonisti" di maggio 2001, tra

Antonio Saporito, Consigliere UP Ancl di Roma e Daria Bottaro, Presidente UP Ancl di

Milano

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che potrebbe accadere nell’UP romana ma ho ancor maggiore rispetto della de-mocrazia: il confronto non può essere evitato e in democrazia valgono i nume-ri. Personalmente ritengo che se nuovi numeri, che rappresentano persone e idee, vanno a costituire una nuova maggioranza, non si possa che

prenderne atto, impegnandosi nel contempo a sostenere le proprie idee in un confronto dialettico serrato, al fine di giungere al risultato di condividere tutti un unico pensiero e scopi. A mio modo di vedere, la questione del sinda-cato romano avrebbe dovuto essere ge-stita diversamente, così come è

avvenuto per Milano, sottoscrivendo, cioè, un accordo con l’intervento dell’ANCL Nazionale, perché l’importanza di Roma meritava e meri-ta un’attenzione particolare. Con stima e cordialità.

Daria Bottaro

Leggo sul sito ufficiale dei C.d.L. di Napoli, nella rubrica ENPACL al N° 05/2011, l’attacco gratuito da parte dei delegati Enpacl di Napoli rivolto al sottoscritto Oreste Caldarazzo, de-legato Enpacl della Provincia di Avellino. In detta rubrica viene ri-portato un personale resoconto delle elezioni del CdA Enpacl svoltesi in Roma il 19/05/2011 e si asserisce che una combinazione di voti a me as-segnata non risulterebbe uscita dalle urne nello spoglio dei voti. E’ un’ affermazione scandalosa, co-me pure è scandaloso quanto voglio-no far credere i delegati di Napoli secondo cui le combinazioni di voti assegnati ai delegati della Campania, fatte per monitorarne il voto, sarebbe-ro state disattese dal sottoscritto. E’ importante che si sappia che questo attacco diretto alla mia persona na-sce dallo scontro avuto a Roma il 19/05/2011 con la Presidente Regio-nale Ancl Anna Maria Granata. La discussione è avvenuta perché la collega Granata, che non è neppure delegata Enpacl della Provincia di Na-poli, è andata distribuendo i biglietti-ni riportanti le combinazioni da votare ai delegati Enpacl della Campania iscritti e non all’ANCL-SU. In quella sede contestai alla colle-ga Granata che dovessimo firmare

per ricevuta “i pizzini” da lei conse-gnatici per i seguenti motivi:1° perché già era di per sé mortifi-cante imporre ai delegati di votare so-lo in un determinato modo, vale a dire con l’indicazione delle prefe-renze da barrare senza tener conto delle esigenze dei Delegati veterani, i quali, per i rapporti di conoscenza diretta con i colleghi candidati, avrebbero potuto concordare scambi di voti personali a favore del candi-dato della Campania Gianfranco Gi-nolfi; si consideri che il sottoscritto è al suo terzo mandato di delegato Enpacl della sua provincia di Avelli-no;2° perché non potevo pensare mini-mamente che i Dirigenti Nazionali ANCL avessero dato tali direttive antidemocratiche, chiedendo per giunta di firmare per ricevuta la consegna di detti bigliettini recanti i voti di preferenza da esprimere nella lista N° 2. La Presidente Regionale ANCL della Campania Anna Maria Granata la mattina del 19/05/2011 non ha messo a conoscenza i Dele-gati della Campania recatisi a votare di quanto concordato la sera prima con i vertici ANCL-SU, ha solo impo-sto di ritirare e firmare le ricevute dei bigliettini riportanti le combina-zioni di preferenze da esprimere, offendendo in questo modo la perso-nalità dei Delegati Campani e la loro professionalità, in pieno dispregio del nostro codice deontologico. Non solo da parte mia ma anche da parte di altri Delegati Campani sono state espresse contestazioni all’operato della Granata. I delegati di Napoli che si firmano sotto il comunicato Enpacl N° 5/2011 hanno, con quanto in esso dichiarato, cercato di mettere in dubbio la mia lealtà verso il mio sindacato di cui sono il Presidente dell’U.P. di Avellino e soprattutto

verso il collega Gianfranco Ginolfi che sa chi sono i suoi veri amici. Penso che i Delegati Enpacl di Napo-li si sentiranno certamente fieri e soddisfatti per aver inserito su di un sito internet pubblico le modalità di controllo dei voti messe in atto dalla collega Granata mediante la conse-gna di bigliettini riportanti “combi-nazioni uniche e diverse l’una dall’altra” di preferenze ai votanti in una elezione del C.dA di un Ente Pubblico, per giunta coinvolgendo anche i vertici del nostro Sindacato Nazionale. Tale comportamento non trova alcuna giustificazione in pro-fessionisti degni di questa qualifica. Voglio sperare ardentemente che tutta questa “sceneggiata napoleta-na” non abbia invece l’obiettivo di affossare il neo-eletto CdA Enpacl, in cui, come rappresentante della Campania, c’è il collega Gianfranco Ginolfi di Caserta e non il collega Maurizio Buonocore di Napoli. “ L’ultima Provincia” della Regione Campania, secondo quanto asserito nell’editoriale del sito dei CdL di Na-poli, quella di Avellino, ha dimo-strato di essere la Prima Provincia della Campania per coerenza, lealtà e dignità del suo rappresentante Enpacl. Considerato, infine, che ho votato per tutta la lista n° 2, senza minimamente danneggiare nei ri-sultati il collega Gianfranco Ginolfi, cosa che invece ha fatto l’Ordine di Napoli presentandosi con un dele-gato in meno, esprimo tutto il mio disappunto all’attacco rivolto alla mia persona dai delegati Enpacl di Napoli o da chi per essi.

Il Delegato Enpacl della Provincia di AvellinoC.d.L. Oreste Caldarazzo.

Sul sito dei Consulenti del lavoro di Avellino compare la

lettera del delegato Enpacl Oreste Caldarazzo, che

risponde a quanto pubblicato sul sito istituzionale del C.P.O.

di Napoli (rubrica Enpacl informa n. 5/2011)

relativamente alle votazioni per la nomina del CdA

dell'Ente

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SOMMERSO: TUTELARSI CON I "RIFIUTI" DELLA

AMMINISTRAZIONE

Benissimo, potrà dire qualcuno, una in meno.In realtà, la situazione è un po’ più complicata e meno “rassicu-rante” di come sembrerebbe.Per fare esempio recente, prendia-mo il caso dell’Agenzia delle entrate.In materia di contrasto al lavoro sommerso la legge n. 183 del 2010 ha disposto che sono competenti ad accertare e conte-stare illeciti in materia di lavoro nero “gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in mate-ria di lavoro, fisco e previdenza” (art. 3, legge n. 73/2002).

A questo punto, visto il tenore della legge, con propria circolare n. 38 del 2010, il Ministero del la-voro non ha potuto fare a meno di annoverare tra gli organi competenti a “irrogare la maxi-sanzione”, oltre agli stessi ispetto-ri del Ministero, quelli di “Inps, Inail, Enpals, Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza ecc”.Tutto chiaro, quindi? No, per nulla.Con la nota del 28 aprile scorso (prot.n. 2011/49819), infatti, l’Agenzia delle entrate ha ritenu-to di dovere sollevare il persona-le ispettivo della stessa Agenzia dal procedere alle contestazioni di illeciti in materia di lavoro ne-ro, adducendo a causa la “specifi-cità dei poteri assegnati alle strutture e al personale dell’Agenzia delle entrate e …[le] differenze con quelli, altrettanto specifici, degli “orga-ni” ispettivi del lavoro”. Ha così considerato che “le recenti modi-fiche normative in materia di sanzioni relative all’impiego di la-voro irregolare non svolgono ri-

flessi sulle modalità di partecipazione dell’Agenzia alla lotta al lavoro sommerso”.Che significa questa presa di po-sizione?Che i funzionari dell’Agenzia delle entrate, anche quando pure li constateranno, non conteste-ranno gli illeciti per lavoro sommerso.Quindi, in tali casi, nessuna sanzione?Assolutamente no. Con nota del 6 giugno scorso il Ministero del lavoro ha preso atto del “rifiuto” a procedere dell’Agenzia delle entrate e ha disposto che siano le “Direzioni del lavoro a vo-lersi uniformare a tale orienta-mento, adottando gli eventuali provvedimenti sanzionatori che scatu-riranno dai verbali trasmessi dalla stes-sa Agenzia”.Qualcuno potrà a questo punto dire: beh, allora non cambia nulla. Se la contestazione dell’illecito arrive

Cosa accade se una amministrazione fa

“obiezione di co-scienza” e si rifiuta di

procedere nei modi che pure la legge pre-

vede?

Mauro Parisi

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rà dai notiziati Uffici del lavo-ro, anziché dalle Agenzie delle entrate accertanti, per chi tra-sgredisce sarà comunque commi-nata una bella maxisanzione.Certo. Con la differenza, però, che quest’ultimo modo di proce-dere viola l’espressa disposizio-

ne di legge e invalida l’intera procedura sanzionatoria. Solo chi accerta il fatto contra ius, infatti, se organo competente a farlo (come nel caso anzidetto) può anche contestare l’illecito (art. 14, legge n. 689/1981).Ciò vale a dire che, dal “rifiuto” a procede-re dell’Agenzia delle entrate potrebbe sorge-re un vizio sostanzia-le dell’attività ispettiva (comunque da valutare caso per caso) e la possibilità di un’eccezione vincente per i

soggetti ispezionati.Situazioni non dissimili, del re-sto (quantunque “striscianti” e meno palesi), si stanno verifi-cando su tutto il territorio nazio-nale, lì dove vari soggetti pure competenti a contestare il lavo-ro irregolare preferiscono fare

intervenire i soggetti che tradi-zionalmente se ne sono sempre occupati. Ciò avviene, per esempio, in quei casi in cui forze di polizia (che pure hanno compiuto un vero e pro-prio accertamento) procedono a una mera “informativa” agli Uffici del lavoro, affinché provvedano alle previste verba-lizzazioni, quando dovrebbero fare essi stessi luogo a un formale e immediato atto di contestazione dell’illecito al soggetto ispezionato.Scoprire se la contestazione è nulla non sempre è facile.Vanno letti bene i verbali di accertamento che vengono noti-ficati e scoprire chi ha davvero proceduto, come lo ha fatto e cosa ha scoperto.Se, come abbiamo visto poc’anzi, i “conti” non torna-no… beh, allora ci si deve tute-lare ricorrendo nei modi di legge, sicuri di avere ragione.Fortunatamente, nel nostro ordi-namento forma e sostanza devo-no ancora correre di pari passo.

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Una delle principali novità racchiuse nella Legge n. 183/2010 è rappresentata dalle sostanziali modifiche apportate all’istituto della certificazione dei contratti di lavoro. Nell’intento di renderlo più appetibile e conseguentemente rilanciarlo, gli articoli 30 e 31 del Collegato lavoro introduco-no una serie di rilevanti novità che, per un verso ne ampliano il campo di operatività, e dall’altro ne estendono l’effica-cia giuridica donando, in tal mo-do a questo istituto, maggiore appeal.

La certificazione dei contratti di lavoro.

Introdotta dagli artt. da 75 a 84 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, la certificazione dei contratti rappresenta una delle novità maggiormente discusse dell’intera riforma del mercato del lavoro preconizzata da Marco Biagi.

Essa è stata introdotta nel no-stro ordinamento allo scopo di ridurre la notevole mole di contenzioso amministrativo e giudiziario che caratterizza la qualificazione dei contratti di la-voro. Difatti spesso accade di trovarsi nella necessità di ri-condurre la concreta esecuzio-ne di una data prestazione lavorativa ad una delle varie ti-pologie contrattuali che il no-stro ordinamento riconosce e prevede (contratti tipici) o che comunque la prassi ammette (contratti atipici). Tale ricondu-zione, spesso ardua, risulta tanto più necessaria in quanto

ad ogni singola tipologia contrattuale sono connessi effetti civili, amministrativi, previdenziali e fiscali di volta in volta differenti. L’utilizzo della certificazione come forma di asseverazione avrebbe dovuto comportare la riduzione dell’alea che spesso circonda la stipula di alcuni contratti di lavoro.

A dispetto, tuttavia, delle nati-ve intenzioni, la certificazione non ha avuto, per varie ragioni che probabilmente non è qui il caso di analizzare, il fascino previsto. Difatti, nonostante gli sforzi fatti in questi anni sia dal Legislatore[2] che dagli organi amministrativi[3] il nu-mero di contratti certificati è ri-sultato essere assolutamente deficitario (quantomeno ri-spetto alle originarie aspettati-ve). Da qui l’esigenza, di cui si è fatto carico il Legislatore della recente riforma, di rivita-lizzare l’asfittico istituto per mezzo di alcune sostanziali no-vità introdotte dagli articoli 30

COME CAMBIA LA

CERTIFICAZIONELa Certificazione

dei contratti di lavoro, dopo le

recenti modifiche normative, ha

subito modifiche sostanziali

Vitantonio Lippolis

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e 31 del c.d. “Collegato Lavoro”.

Preliminarmente si rammenta che l’art. 76, del D.Lgs. n. 276/2003 ha individuato gli orga-ni presso i quali è possibile costi-tuire apposite commissioni col compito di certificare i contratti. Più precisamente si tratta de:

. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Dir. Gen. tutela cond. lavoro), esclusivamente nei casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due province anche di re-gioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con unica sede di lavoro associati ad organizza-zioni imprenditoriali che abbia-no predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati;

. Le Direzioni provinciali del la-voro quali organi periferici del Ministero del Lavoro;

. Le Province (enti ai quali sono state devolute le funzioni ed i compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro ex D.Lgs. n. 469/1997);

. Gli enti bilaterali costituiti dalle associazioni di datori e pre-statori di lavoro sia nell’ambito territoriale di riferimento, sia a li-vello nazionale;

. Le Università pubbliche e pri-vate (comprese le Fondazioni uni-versitarie) registrate nell'albo istituito presso il Ministero del la-voro;

. I Consigli provinciali dell'ordi-ne dei consulenti del lavoro, esclusivamente per i contratti instaurati nel perimetro territoria-

le di riferimento.

A proposito di quest’ultimo orga-no, l’art. 30, co. 5, del Collegato lavoro opera un parziale ridi-mensionamento dei relativi pote-ri. Difatti viene oggi contemplato che l’attività di certi-ficazione svolta dalle commissio-ni eventualmente istituite presso i Consigli provinciali degli ordi-ni dei consulenti del lavoro (sino a ieri svolta in misura piena al pari degli altri organi suindicati) possa essere ora svolta “unica-mente nell’ambito di intese defi-nite tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Consi-glio nazionale dei consulenti del lavoro, con l’attribuzione a que-st’ultimo delle funzioni di coordi-namento e vigilanza per gli aspetti organizzativi”. In realtà tale compressione della “sovrani-tà” appare più che altro formale e potrà, probabilmente, consenti-re un salto di qualità nella direzio-ne di una maggiore omogeneità in relazione alle linee generali impartite a livello nazionale[4].

Estensione dell’oggetto e rafforzamento dei compiti delle commissioni di certificazione.

Il testo originario della Legge Biagi prevedeva esclusivamente la certificazione del lavoro intermittente, del lavoro riparti-to, del rapporto di lavoro a tempo parziale, del lavoro a pro-getto, dell’associazione in parteci-pazione, dei rapporti disciplinati dal regolamento delle società coo-perative (art. 83) e l’appalto ge-nuino (art. 84). Successivamente, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 251/2004

modificativo della stessa Legge Biagi, la procedura di certifica-zione è stata estesa indistinta-mente a tutti i contratti di lavoro. L’art. 83 del D.Lgs. n. 276/2003, inoltre, prevede che la procedura di certificazione possa riguardare anche il regola-mento interno delle cooperative riguardante la tipologia dei rapporti di lavoro attuati o che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive modificazioni.

In proposito le novità introdotte dalla novella, finalizzate all’ampliamento dei compiti delle commissioni di certifica-zione, sono molteplici e piutto-sto rilevanti.

In primis l’art. 30, co. 4, nel so-stituire integralmente l’art. 75 del D.Lgs. n. 276/2003 asserisce che “Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavo-ro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indi-rettamente, una prestazione di la-voro secondo la procedura volontaria stabilita nel presente titolo”. Al riguardo va subito ri-marcato come il nuovo testo estenda l’ambito d’intervento della certificazione posto che, mentre il testo previgente faceva riferimento al “contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro”, il nuovo te-sto dell’art. 75 fa riferimento, in maniera più generale, al “contenzioso in materia di lavo-ro”[5].

Inoltre il Legislatore ha dilatato ulteriormente il campo d’appli-

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cazione della certificazione affermando che le commissioni possono certificare, su base vo-lontaria, tutti i contratti nei quali direttamente od indirettamente sia dedotta una prestazione di la-voro. Questo comporta che divie-ne, ad esempio, ora possibile procedere alla certificazione anche di un contratto avente natu-ra prettamente commerciale co-me la cessione di un ramo d’azienda che coinvolga le presta-zioni dei lavoratori ceduti.

Un ulteriore ampliamento dei compiti delle commissioni di certificazione deriva dalla possibi-lità, prevista dall’art. 31, co. 12 della nuova Legge, di costituire apposite camere arbitrali per la definizione delle controversie in tema di lavoro subordinato, para-subordinato e rapporti di pubbli-co impiego. In questo ambito si applica, in quanto compatibile, l’articolo 412, co. 3, del c.p.c. il quale, nella nuova stesura ope-rata dal Collegato[6], prevede che “Il lodo emanato a conclusio-ne dell’arbitrato, sottoscritto da-gli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui all’arti-colo 1372 e all’articolo 2113, quarto comma, del codice civi-le.” Si tratta, com’è facile argui-re, di compiti del tutto nuovi a favore delle commissioni di certi-ficazione che sono so-stanzialmente finalizzati alla deflazione del contenzioso giudi-ziario per mezzo dell’utilizzo dello strumento alternativo dell’arbitrato irrituale, disposizio-ni che vanno messe in stretto collegamento con quanto appres-so si dirà in tema di estensione dell’efficacia giuridica della certi-ficazione (cfr. art. 30, co. 2) nonché col precedente co. 10

dello stesso art. 31 nel quale si afferma che, limitatamente al la-voro subordinato e parasubordi-nato (con esclusione del pubblico impiego), le parti contraenti possono pattuire clau-sole compromissorie per mezzo delle quali si deferisce ad un collegio arbitrale la soluzione delle controversie relative. Tali clausole, tuttavia, per essere vali-de e vincolanti debbono essere certificate secondo le modalità di cui si parla.

Così come pure finalizzato alla ri-duzione del contenzioso presente nelle straripanti aule giudiziarie è la previsione contenuta nell’art. 31, co. 13, della Legge in commento la quale prevede che tutte le commissioni di certifi-cazione possano essere sede di svolgimento del tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 410 c.p.c[7]. In realtà, in questo caso, non si tratta di una vera e propria novità giacché pure in precedenza[8] era prevista la ne-cessità - da parte di colore che erano intenzionati a presentare ri-corso giurisdizionale - di adire la commissione di certificazione che ha adottato l'atto per espleta-re un tentativo di conciliazione (tentativo che, come ribadito dall’art. 31, co. 2, del Collegato, è obbligatorio). Il cambiamento introdotto dalla novella sta nel fatto che, dalla data d’entrata in vigore della norma, sarà possibi-le esperire innanzi alle commis-sioni di certificazione il tentativo di conciliazione anche per i contratti che non sono stati certifi-cati.

Tale disposizione risulta essere strettamente correlata a quella successiva contenuta nel co. 14,

dello stesso art. 31 per mezzo della quale si estende a tutte le sedi di certificazione la compe-tenza a certificare le rinunzie e transazioni rendendo così la vo-lontà abdicativa e transattiva fra le parti inoppugnabili, essendo all’uopo adottato lo schema pre-visto dall’art. 2113 cod. civ.[9].

Dal combinato disposto dei suddetti commi 13 e 14 dell’art. 31 emerge che alle commissioni di certificazione vengono so-stanzialmente attribuite i medesi-mi poteri in ambito conciliativo e transattivi già previsti a favore delle Commissioni di concilia-zione di cui all’art. 410 c.p.c. istituite presso le Direzioni pro-vinciali del lavoro in un contesto generale nel quale, a dire il vero, il tentativo di conciliazione di-viene, proprio per effetto delle modifiche apportate all’art. 410 del c.p.c., facoltativo (e non più obbligatorio come in prece-denza).

Contribuisce, infine, all’amplia-mento dei compiti delle commis-sioni di certificazione (seppure solo di alcune, come appresso si dirà) anche la previsione conte-nuta nell’art. 31, co. 15 del Collegato Lavoro secondo cui adesso la certificazione del rego-lamento interno delle cooperati-ve riguardante la tipologia dei rapporti di lavoro attuati o che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, delle cooperative è praticabile da parte di qualunque commissione di certificazione. Si rammenta che sino ad oggi tale procedura era invece una prerogativa esclu-siva della commissione pariteti-

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ca istituita presso la Pro-vincia[10].

Competenza territoriale.

Nulla è cambiato sotto il profilo della competenza territoriale per le commissioni di certificazione dopo la riforma in esame. Essa può quindi essere riassunta co-me segue.

Le commissioni di certificazione istituite presso le Università hanno competenza territoriale ge-nerale.

Innanzi alla commissione istitui-ta presso il Ministero del lavoro possono essere, invece, certifi-cati esclusivamente i contratti che vedono come titolare del rapporto quei datori di lavoro che abbiano le proprie sedi in almeno due province anche di re-gioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con unica sede di lavoro associati ad organizza-zioni imprenditoriali che abbia-no predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro stesso.

Presso le commissioni istituite dai consigli provinciali dei consu-lenti del lavoro di cui alla Legge n. 12/1979, possono essere certifi-cati esclusivamente i contratti di lavoro instaurati nell'ambito terri-toriale di riferimento.

Per quanto riguarda l’ambito territoriale di competenza degli organi collegiali istituiti presso le Direzioni provinciali del lavo-ro l’art. 77, del D.Lgs. n.

276/2003, analogamente a quanto previsto dall’art. 413, 2° comma, c.p.c. in tema di compe-tenza del giudice del lavoro, sta-bilisce che le stesse commissioni siano competenti a certificare esclusivamente quei contratti di lavoro che sono stipu-lati da aziende che hanno la sede (o una loro dipendenza) nel terri-torio della provincia di riferi-mento e presso la quale sarà addetto il lavoratore contraente.

In virtù della particolarità che contraddistingue gli agenti e rappresentanti di commercio i quali svolgono la propria attività con riferimento ad una determi-nata zona territoriale o mercato che spesso nulla ha a che vedere con la sede del preponente, si ri-tiene – secondo quanto previsto dal 4° comma del sopra richia-mato art. 413 c.p.c. – che la competenza territoriale delle Commissioni di certificazione in parola vada, invece, verificata con riferimento al domicilio dell’agente.

Per quanto riguarda, infine, la certificazione dei contratti d’appalto la norma in parola non fa esplicito riferimento ad alcu-na competenza territoriale.

I criteri seguiti per la certificazio-ne.

Anche sotto l’aspetto procedura-le riguardante i criteri che le commissioni debbono seguire in fase di certificazione nulla è cambiato rispetto al passato. Sotto questo profilo, difatti, allo scopo di individuare i caratteri es-

senziali di ciascuna tipologia contrattuale e fornire così ele-menti chiari e certi relativa-mente alle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro, il Ministro del lavoro, entro sei mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 276/2003, avrebbe dovuto emanare i c.d. “codici di buone pratiche”. Tali codici avrebbero dovuto rappresentare, nelle intenzioni del Legislatore dele-gato, una guida per tutte le Commissioni di certificazione e dettare così, in maniera uni-forme su tutto il territorio, i cri-teri per la qualificazione dei vari contratti di lavoro.

In attesa che il Ministro, con apposito decreto, finalmente emani i suddetti codici, ed al fi-ne di evitare la paralisi dell’atti-vità certificativa conseguente alla mancanza degli stessi, le commissioni di certificazione istituite presso le Direzioni pro-vinciali del lavoro e presso le Province sono state autorizzate ad operare - oltre che ovvia-mente sulla base delle vigenti norme di legge - nell’osservanza di appositi regolamenti interni che le commissioni stesse sono autorizzate ad approvare ed a trasmettere al Ministero del la-voro ai sensi dell’art. 2 del D.M. 21/7/2004.

Relativamente alle commissioni istituite presso i CPO dei Consu-lenti del lavoro, invece, le linee guida in tema di certificazione sono state individuate dal Proto-collo d’intesa tra Ministero del Lavoro e Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro del 18/02/2011, principi

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che sono stati successivamente trasposti all’interno del nuovo schema di Regolamento adottato dal Consiglio Nazionale dell'Ordi-ne dei Consulenti del Lavoro con delibera n. 249 del 24/3/2011, entrata in vigore il 1° maggio 2011.

Estensione dell’efficacia giuridi-ca dei contratti e delle clausole certificate.

Con riguardo all’efficacia giuridi-ca che consegue al positivo va-glio degli organismi predetti, si rammenta che allorché un contratto acquisisce il visto di certificazione da parte della commissione esso acquista “pie-na forza legale” sia fra le parti, sia nei confronti dei terzi[11]. Da ciò consegue che, gli effetti (civili, previdenziali, ammini-strativi, fiscali, ecc.) del contratto così certificato permangono, anche nei confronti dei terzi fintanto che non sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ri-corsi giurisdizionali esperibili (fatti ovviamente salvi eventuali provvedimenti cautelari assunti dall’organo giurisdizionale adi-to). Di fatto, per i contratti certifi-cati, interviene il c.d. principio dell’”inversione dell’onere pro-batorio”, in ragione del quale spetta a chi contesta la regolarità del contratto (organi di vigilanza compresi) dimostrare eventualmente in giudizio l’inva-lidità del testo certificato.

Conseguentemente, in presenza di un contratto certificato, chiunque non intenda accettarne gli effetti e voglia quindi

metterlo in discussione, deve egli stesso impugnarlo richie-dendone l’invalidazione innanzi al Tribunale in funzione di giudi-ce del lavoro ex art. 413 c.p.c., adducendo i relativi elementi di prova. La contestazione in sede civile non sempre è, tuttavia, pos-sibile. Difatti le ragioni per le quali è consentito procedere all’impugnazione dell’atto certifi-cato sono le seguenti[12]:

a) Vizi del consenso;

b) Erronea qualificazione del contratto;

c) Difformità tra il programma ne-goziale certificato e la sua succes-siva attuazione.

Come già su accennato, tuttavia, la norma in parola prevede, co-me condizione essenziale, che chiunque intenda procedere all’impugnazione in sede civile del contratto certificato debba preventivamente rivolgersi alla commissione di certificazione che ha adottato l’atto stesso, al fi-ne di espletare un tentativo obbli-gatorio di conciliazione[13]. L’eventuale soluzione conciliati-va adottata in quella sede gode del carattere dell’inoppugnabili-tà, essendo la procedura prevista conformata alle previsioni conte-nute nell’art. 410 c.p.c..

Oltre che con ricorso in sede civi-le, il provvedimento di rilascio (ma ovviamente anche quello di diniego) di certificazione posso-no essere opposti con ricorso amministrativo al T.A.R. compe-tente per territorio, nel termine di 60 giorni dalla notifica del provvedimento stesso[14]. E’ qua-si superfluo al riguardo fare pre-

sente che l’eventuale impugnazione in questa sede si concretizza esclusivamente nei confronti dell’atto amministrati-vo, restando ovviamente estra-neo a tale ambito il negozio giuridico sottostante al provvedi-mento amministrativo impu-gnato.

Su questo articolato impianto vanno ad innestarsi le rilevanti novità introdotte in materia di certificazione da parte dell’art. 30 del Collegato lavoro.

Difatti nel 2° comma afferma che il giudice, nella qualificazio-ne del contratto di lavoro e nell’interpretazione delle relati-ve clausole, deve attenersi alle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione salvo il caso di:

a) erronea qualificazione del contratto;

b) di vizi del consenso;

c) difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.

Interpretando letteralmente tale norma parrebbe che neppure il giudice eventualmente adito pos-sa effettuare alcuna valutazione di merito sulla qualificazione del contratto di lavoro o nell’interpretazione delle clauso-le relative, dovendo egli esclusi-vamente prendere atto di quanto già al riguardo espresso dalle parti nel negozio giuridico certi-ficato. Le uniche circostanze nelle quali, in via residuale, re-sterebbe comunque possibile una valutazione da parte dell’Autorità Giudiziaria si veri-

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ficano solo in presenza di un ri-corso teso ad accertare una delle circostanze sopra riportate. La conseguenza pratica, dunque, è che la volontà delle parti, assisti-ta dall’organo certificatore, vie-ne in gran parte sottratta al sindacato del giudice per diveni-re così maggiormente vincolante e “inoppugnabile” nel merito.

Sotto il profilo dell’estensione dell’efficacia giuridica della certi-ficazione va certamente annove-rata anche la disposizione contenuta nell’art. 30, co. 3 della Riforma nella quale viene trattata la delicata questione della valutazione giudiziale delle ragioni fondanti il licenziamento di un lavoratore. In particolare la prima parte della norma in esa-me afferma che: “Nel valutare le motivazioni poste a base del li-cenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo pre-senti nei contratti collettivi di la-voro stipulati dai sindacati comparativamente più rappre-sentativi ovvero nei contratti indi-viduali di lavoro ove stipulati con l'assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazio-ne”. Inoltre tale ultima disposizio-ne prevede che sempre il giudice, nel valutare le conse-guenze del licenziamento illegitti-mo, debba tener conto anche degli elementi e di parametri fis-sati dai predetti contratti.

Appare dunque evidente la finali-tà del Legislatore della riforma di ridurre, tramite la disposizio-ne in esame, l’alea d’incertezza che attualmente grava sul datore di lavoro in presenza di un li-cenziamento per giusta causa o

giustificato motivo. Difatti, così facendo, l’insindacabilità da parte del giudice delle motivazio-ni del licenziamento “tipizzate” all’interno di uno dei suddetti contratti, non potrà che fornire maggiore garanzie di successo al datore di lavoro all’esito di un’eventuale impugnazione da parte del lavoratore. La pre-senza, difatti, delle organizzazio-ni sindacali stipulanti (nel caso del contratto collettivo di lavo-ro) o dei componenti della commissione (nel caso di certifi-cazione del contratto individua-le) dovrebbe fornire - nello spirito della norma - un’ade-guata e sufficiente garanzia d’imparzialità e legittimità alle clausole di licenziamento ivi certificate. In considerazione dei possibili abusi che una tale previ-sione potrebbe consentire a danno dei lavoratori magari disoccupati che, pur di avere un lavoro, potrebbero trovarsi eventualmente “costretti” a sotto-scrivere clausole “forcaiole” di ri-soluzione del contratto, l’auspicio è che, ovviamente, tutte le commissioni di certifica-zione svolgano nel migliore dei modi, ed al di fuori di possibili condizionamenti, il ruolo di controllo istituzionale alternati-vo che la legge oggi gli ricono-sce.

Da ultimo, sempre con riguardo all’efficacia giuridica della certifi-cazione, interviene l’art. 31, co. 17 della Legge n. 183/2011, per mezzo del quale viene offerta alle parti la possibilità di estende-re retroattivamente l’efficacia del provvedimento di certificazio-ne. Difatti la norma, aggiungendo alla fine dell’art.

79, del D.Lgs. n. 276/2003 un nuovo comma, nella prima parte afferma che “Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro, nel caso di contratti in corso di esecuzione, si producono dal momento di ini-zio del contratto, ove la commis-sione abbia appurato che l’attuazione del medesimo è stata, anche nel periodo prece-dente alla propria attività istruttoria, coerente con quanto appurato in tale sede”. E’ parti-colarmente evidente la diffe-renza rispetto alla previgente situazione che sostanzialmente prevedeva, invece, una sorta di “efficacia costitutiva” del provvedimento di certificazione. Alla luce di questa novità, pertanto d’ora innanzi potranno essere certificati dei contratti magari già stipulati in prece-denza con la possibilità di far re-troagire gli effetti della certificazione postuma all’inizio del rapporto stesso operando, in tal modo, una sorta di blindatura dei relativi contenuti.

Nella seconda parte dello stesso art. 31, co. 17, infine, è previsto che “In caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, gli effetti si producono soltanto ove e nel momento in cui queste ulti-me provvedano a sottoscriverli, con le eventuali integrazioni e modifiche suggerite dalla commissione adita”. Viene, in tal modo, offerta dalla novella alle parti contraenti un duplice vantaggio:

. Da un lato, la possibilità di pro-durre all’esame dell’organo certificatore anche le “bozze”

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contrattuali non ancora sotto-scritte dalle parti. In questo caso gli effetti del provvedimento vengono ovviamente posticipati al momento dell’avvenuta relati-va sottoscrizione;

. Dall’altro, l’opportunità di avvantaggiarsi pienamente della funzione consulenziale svolta dalle commissioni di certificazio-ne per la stipula e per l’eventua-le integrazione dei contratti individuali di lavoro.

Conclusioni.

In definitiva si può facilmente arguire come le modifiche apportate dal Collegato lavoro all’istituto della certificazione sia-no di ingente portata e certa-mente suscettibili di rendere la procedura maggiormente appeti-bile tanto alle piccole quanto alle imprese medio-grandi. Un sensato giudizio al riguardo non potrà, tuttavia, essere disgiunto dall’effettivo utilizzo che si farà di questo istituto.

In questa senso compito delle Commissioni di certificazione non potrà che essere quello di svolgere, nello spirito della legge, un filtro di legalità che do-vrebbe a sua volta produrre so-stanziali effetti deflativi sul contenzioso in materia di lavoro. A tal riguardo sarà ovviamente fondamentale l’adozione di pa-letti fermi che consentano di evi-tare surrettizie forme di coartamento della volontà indivi-duale dei lavoratori che, notoria-mente, restano la parte debole del rapporto.

-----------------------[1] Responsabile U.O. Vigilanza 2 pres-so la DPL di Modena e membro del gruppo nazionale di esperti del MLPS che si occupa di rispondere agli interpelli. Le seguenti considerazioni so-no frutto esclusivo del pensiero dell’au-tore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazio-ne di appartenenza.

[2] Vedasi art. 1, comma 256, Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finanzia-ria 2006) col quale sono stati aggiunti nuovi organismi presso i quali attivare la procedura di certificazione dei contratti.

[3] Cfr. Direttiva del 18/09/2008 sui “Servizi ispettivi e attività di vigilanza” per mezzo della quale il Ministro del La-voro Sacconi ha invitato, in generale, il personale ispettivo a concentrare le veri-fiche sui contratti che non siano già stati sottoposti al positivo giudizio di una delle commissioni di certificazio-ne, riconoscendo così di fatto ad esse un ruolo di controllo istituzionale alternativo agli stessi organi ispettivi.

[4] Cfr. il Protocollo d’intesa tra Mini-stero del Lavoro e Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro del 18/02/2011 che individua i principi in base ai quali è stato successivamente approvato il nuovo schema di Regola-mento da parte del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro con delibera n. 249 del 24/3/2011, entrato in vigore il 1° maggio 2011.

[5] Va rimarcato come, peraltro, una breccia nell’originario perimetro della certificazione era già stata, per via amministrativa, aperta dal Ministero del lavoro con la risposta ad Interpello n. 81/2009 nella quale si faceva pre-sente che “Fermo restando la certificabi-lità del rapporto fra agenzia per il lavoro e lavoratore, potendo essere certi-ficato ogni tipo di contratto di lavoro in virtù delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 251/2004, si ritiene che lo stes-so possa valere anche per il contratto fra somministratore e utilizzatore”.

[6] Art. 31, co. 5, della Legge n.

183/2010.

[7] Norma anch’essa modificata dal Collegato lavoro (cfr. art. 31. co. 1).

[8] L’art. 80, co. 4, del DLgs. n. 276/2003 afferma che “Chiunque pre-senti ricorso giurisdizionale contro la certificazione ai sensi dei precedenti commi 1 e 3, deve previamente ri-volgersi obbligatoriamente alla commissione di certificazione che ha adottato l'atto di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile”.

[9] Art. 2113 cod. civ.: “Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 del codice di procedura civile, non so-no valide.

L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transa-zione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impu-gnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411 del codice di procedura civi-le”.

[10] Art. 8 DM 21/7/2004: “La certifi-cazione dei regolamenti interni delle società cooperative, riguardanti la tipo-logia dei rapporti di lavoro, attuati o che si intendono attuare, con i soci la-voratori, ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successi-ve modificazioni, è effettuata secondo la procedura dettata dal presente decre-to presso la specifica Commissione di cui al comma 2.

La Commissione di certificazione del regolamento interno delle cooperative è istituita presso la Provincia. Essa è

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composta da un Presidente, indicato dalla stessa, e in maniera paritetica dai rappresentanti delle associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo e delle orga-nizzazioni sindacali dei lavoratori, comparativamente più rappresentative”.

[11] Art. 5, co. 1, lett. e), della Legge de-

lega n. 30/2003.

[12] Vedasi art. 80, D.Lgs. n. 276/2003.

[13] Tentativo che, come ribadito dall’art. 31, co. 2, del Collegato Lavo-ro, resta obbligatorio.

[14] Il comma 5, dello stesso art. 80,

del D.Lgs. n. 276/2003 prevede espres-samente la possibilità di ricorrere, in se-de giurisdizionale amministrativa, in queste due ipotesi: violazione del pro-cedimento ed eccesso di potere.

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Impugnazioni dei licenziamenti individuali (articolo 32).

Modificate le disposizioni relati-ve alle modalità e ai termini per l'impugnazione dei licenziamenti individuali. Intanto, si ribadisce il termine per l'impugnativa del li-cenziamento di 60 giorni dalla ri-cezione della sua comunicazione o dalla comunicazione dei moti-vi, ove non contestuale. L'impu-gnazione può essere effettuata con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche, attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale di-retto a impugnare il licenzia-mento stesso. L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 270 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla contro-parte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ri-corso. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo ne-cessario al relativo espleta-mento, il ricorso al giudice deve

essere depositato a pena di deca-denza entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Il termi-ne di decadenza di 60 giorni si applica anche a tutti i casi di inva-lidità del licenziamento. Inoltre la decadenza di 60 giorni si appli-ca: ai licenziamenti che pre-suppongano la risoluzione di questioni relative alla qualifica-zione del rapporto di lavoro ovve-ro alla legittimità del termine apposto al contratto; al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e conti-nuativa; al trasferimento da una unità produttiva a un'altra, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento; all'azione di nulli-tà del termine apposto al contratto di lavoro. La deca-denza si applica, pure: ai contratti di lavoro a termine in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge 183, con decorrenza dalla sca-denza del termine e ai contratti di lavoro a termine già conclusi alla data di entrata in vigore della legge. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al ri-sarcimento del lavoratore stabi-lendo un'indennità

onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

Collaborazioni coordinate e continuative (articolo 50). Si prevede che, fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di accertamento della natu-ra subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche se riconduci-bili a un progetto o programma di lavoro, il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordi-nato, nonchè abbia, dopo la data di entrata in vigore della pre-sente legge, ulteriormente offerto la conversione a tempo indeterminato del contratto in corso sia tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di la-voro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità di re-tribuzione. Anche in questo ca-so, a mio avviso, sarebbe stato più che opportuno definire le conseguenze che ne scaturisco-no sotto il profilo contributivo e sanzionatorio verso gli Enti pre-videnziali ed assicurativi.

LUCI E OMBREDEL COLLEGATO

LAVOROGiuseppe Mastrototaro

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Seconda parte

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Differimento di deleghe in mate-ria di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, incentivi all'occupazione e apprendistato e di occupazione femminile (artico-lo 46). Il Governo, entro 24 mesi dall'entrata in vigore della pre-sente legge, dovrà metter mano alla revisione della disciplina de-gli ammortizzatori sociali; al riordino della normativa in mate-ria di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione e di apprendistato; alla revisione della disciplina in materia di occu-pazione femminile. Oso un’opi-nione, la seguente: occorrerebbe una riforma non solo degli ammortizzatori sociali, che do-vrebbero essere concessi con cri-teri molto più selettivi e premianti per le sole aziende virtuose. Il vincolo della “stabili-tà reale” ostacola la mobilità del lavoro nell’ambito dell’azienda facendo si che il datore di lavoro ricorra alla stipula di contratti di lavoro a termine. Al contrario, li-berando le aziende dalla rigidità della reintegrazione nel posto di lavoro, si disincentiverebbe la parte datoriale dal ricercare la flessibilità utilizzando varie forme di contratti che meglio si distinguono in contratti di “lavo-ro precario” con effetti politico sociali e psicologici di grande impatto. Aggiungo che occorre-rebbe rifondare il diritto del lavo-ro abbandonando la cultura del rapporto di lavoro subordinato quale unica forma garantista e la-sciare spazio al lavoro autonomo anche nell’ambito dell’impresa. Ciò che fa la differenza non è il posto fisso ma le prospettive di crescita e di arricchimento profes-sionale e non. Se un’azienda funziona e continua a crescere, perché mai un lavoratore do-

vrebbe guardarsi attorno? E perché mai l’azienda dovrebbe privarsi di un valido collaborato-re? Vi è, invece, che la perdita del posto fisso intimorisce pro-prio quei lavoratori che concepi-scono il posto di lavoro non come un punto di partenza ma co-me un approdo e vi si adagiano in attesa di maturare il diritto alla pensione.

Apprendisti a 16 anni (articolo 48, comma 8). Sarà possibile completare l’ obbli-go di istruzione attraverso l'apprendistato, previa «la neces-saria intesa tra Regioni, ministe-ro del Lavoro e ministero dell'Istruzione, sentite le parti so-ciali». La novità, introdotta dalla Camera, di fatto, scrive un nuo-vo capitolo sull'obbligo scolasti-co in Italia, ripetutamente modificato dai Governi prece-denti. L'effetto pratico di questa disposizione, che s'inserisce nel quadro della legge Biagi, è molto semplice e chiaro: a sedici anni sarà possibile prevedere che un giovane entri in azienda, con un contratto di lavoro.Intermediazione (articolo 48, commi da 1 a 7). Modificandosi alcune norme del D.Lgs. n. 276/2003, si prevede, in particola-re, che siano autorizzati a svolge-re servizi di intermediazione per la ricerca del lavoro, anche, gli enti bilaterali e i gestori di siti internet, a condizione che svolga-no la predetta attività senza finali-tà di lucro e fermo restando l'invio di ogni informazione relati-va al funzionamento del mercato del lavoro, nonché a condizione della pubblicazione sul sito mede-simo dei propri dati identificati-vi. Si prevede, comunque, che, in attesa delle normative regiona-

li, i soggetti che intendono svolgere attività di intermedia-zione, ricerca, selezione e supporto alla ricollocazione pro-fessionale, debbano comunicare preventivamente al Ministero del Lavoro il possesso dei requi-siti previsti dalla legge. Sarà, poi, da verificare la regolarità della comunicazione resa e iscri-vere tali soggetti, entro 60 giorni dal ricevimento della comunica-zione medesima, nell'apposita se-zione dell'albo.

Aspettativa (articolo 18). Possibilità, per i dipendenti pubblici, di essere collocati in aspettativa non retribuita e senza decorrenza dell'anzianità di servizio, per un periodo massi-mo di dodici mesi, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. Nel periodo di aspettativa non trovano applica-zione le disposizioni in tema di incompatibilità per i dipendenti pubblici. Vale a dire che d’ora in avanti ispettori del lavoro, diri-genti degli enti verso cui è ri-volta la nostra professione, guardia di finanza, agenzia delle entrate e chi più ne ha più ne metta, purchè in aspettativa, po-tranno conseguire i titoli per esercitare la nostra attività in barba alle condizioni di incompatibilità e mi fermo qui nelle considerazioni.

2 . fine seconda parte

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Presidente

NARDINOCCHI UMBERTO

Altri componenti

PANICALI MASSIMILIANOCARLEVALE CARLO

COSTANTINI PATRIZIAMARCHETTI FEDERICOGRAZIANI GIOVANNA

QUARTARARO LUCILLA

LA COMPOSIZIONE DELLA CONSULTA I

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LA CONSULTA I

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LA CONSULTA I

Casale Sant'Antonio, foto di Andrea Labate

IL TERRITORIOLa Consulta I si estende nel centro storico nel perimetro delle Mura Aureliane. Il suo territorio è suddiviso in otto Zone Urbanistiche e la sua popolazione comprende oltre 130 mila abitanti (un precedente articolo su questa Consulta, che insiste su un territorio dalle ricchezze storiche inestimabili, è stato pubblicato nel numero 5)

Foto di Controvento

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Quest’anno a “Roma Caput Mundi”, dove fra l’altro hanno sede, la Presidenza della Repubblica e lo Stato Città del Vaticano, nel giorno del 29 giugno 2011 dedicato ai Santi Pietro e Paolo, si è celebrata la festa solenne in Vaticano per i sessant’anni di Sacerdozio del Papa.Molteplici i titoli che si assommano alla Sacra Persona del Papa: Vescovo di Roma, Vicario di Gesù Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Primate d'Italia, Arcivescovo e Metropolita della Provincia Romana, Patriarca d'Occidente (sebbene Papa Benedetto XVI abbia rinunciato a questo titolo), Sovrano dello Stato della Città del Vaticano e Servo dei Servi di Dio. I titoli che gli competono certamente aiutano a comprendere meglio il grande spirito che ha animato questa festa.Nel medesimo giorno Roma e l’Italia intera, festeggiavano anche l’ottantaseiesimo genetliaco del nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nella Città del Vaticano si è svolta in grande solennità la duplice festa per i sessanta anni di sacerdozio del Santo Padre e per le festività dei Santi Pietro e Paolo, protettori dello Stato e della Città Eterna.E’ stata celebrata una Messa solenne in San Pietro aperta da SS Benedetto XVI alla presenza di oltre cento Cardinali e quaranta Arcivescovi. Presente alla cerimonia anche il Patriarca di Costantinopoli per l'imposizione dei 'palli' ai nuovi Arcivescovi metropoliti, oltre ad innumerevoli rappresentanze del

mondo diplomatico e del panorama politico nazionale ed internazionale.Innumerevoli gli auguri giunti in Vaticano a Benedetto XVI. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del quale ricorre a sua volta l'ottantaseiesimo compleanno, ha così inviato il Suo messaggio al Papa: "Mi è gradito rivolgerLe anche a nome del popolo italiano, il più sentito augurio per la fausta ricorrenza del sessantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, che felicemente coincide con la festa dei Santi Pietro e Paolo. L'occasione mi offre l'opportunità di rinnovarLe l'espressione della mia alta considerazione per la luminosa testimonianza di profondi valori spirituali e morali e per l'incessante azione in favore della pace e del dialogo tra le nazioni che Ella autorevolmente conduce"."Nei molti anni trascorsi a Roma, anche prima dell'elevazione al soglio pontificio Vostra Santità ha inoltre sempre manifestato particolare affetto e considerazione per la nazione italiana. E' in questo spirito che la prego di accogliere i miei sentimenti di amicizia e profonda stima".Una tappa storica questo ventinove giugno che ha

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COMPLEANNO, PRESIDENTE

Il 29 giugno, oltre ad essere festa

tipicamente romana, ricorre anche il

compleanno del nostro grande Presidente Napolitano: buon

compleanno!

Andrea Tommasini

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Carilló del Palau de la Generalitat

fermato nella storia personale della vita sacerdotale di Joseph Ratzinger, un’importante traguardo.A quaranta 40 arcivescovi metropoliti nella Basilica Vaticana, il Santo Padre ha consegnato i Pallii, antichissimo simbolo dell'unita' e della dignita' episcopale. Proprio a questi ultimi si e' rivolto quando ha ricordato che i ''Pastori della Chiesa', i responsabili delle comunita' locali, debbono sempre orientare il loro comportamento al servizio e all'unita'. Ha inoltre sottolineato nella solennità della Celebrazione e della festa come la stretta striscia di tessuto fatta con la lana degli agnelli, stia a significare anche ''la comunione dei Pastori della Chiesa con Pietro e con i suoi successori,,,,. Concludendo ….che noi dobbiamo essere Pastori per l'unita' e nell'unita' e che solo nell'unita' di cui Pietro e' simbolo guidiamo veramente verso Cristo''.Il sacerdozio, ha poi ricordato il Papa, significa ''anche portare frutto e un frutto che rimanga!''. ''Il frutto della

vite e' l'uva, dalla quale si prepara poi il vino. Fermiamoci per il momento su questa immagine. Perche' possa maturare uva buona, occorre il sole ma anche la pioggia, il giorno e la notte. Perche' maturi un vino pregiato - e' stata l'immagine usata dal pontefice - c'e' bisogno della pigiatura, ci vuole la pazienza della fermentazione, la cura attenta che serve ai processi di maturazione''.Nella solennita' degli Apostoli Pietro e Paolo, celebrata nella nostra Roma Capitale, Papa Benedetto XVI ha infine rivolto, nel corso dell’Angelus, una speciale preghiera per la ''sua'' Diocesi concludendo con "….All'intera cittadinanza estendo il mio augurio di pace e bene''.Tra Santi ed Apostoli, il Presidente ed il Papa, Roma in gran festa e con essa i suoi cittadini. Da Roma e dai Consulenti tutti: Auguri al Presidente ed Auguri al Papa !

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AL VIA IL PRIMO CORSO DI AGGIORNAMENTO IN

MEDIAZIONE PER DOCENTI ORGANIZZATO DAL CONSIGLIO

PROVINCIALE DELL'ORDINE DI ROMA

Quale responsabile didattico del primo corso di aggiornamento per i docenti accreditati presso la EFI s.p.a. – aggiornamento come è noto imposto dalla attuale normativa sulla mediazione assistita e sulla formazione dei mediatori professionisti – desidero ringraziare pubblicamente il Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma, che si è fatto carico della relativa organizzazione, ospitando quindi i docenti nelle due giornate di corso e fornendo ogni assistenza possibile.

Il corso, cui hanno partecipato circa quindici docenti provenienti da svariate regioni, ha costituito soprattutto l’occasione per il confronto e la discussione relativi, oltre che agli aspetti tecnico-giuridico del nuovo regime di mediazione (con particolare riferimento agli ultimi sviluppi della dottrina ed alla pendenza del noto incidente di legittimità costituzionale), a particolari temi ed esigenze della didattica; soprattutto, si è discusso della migliore distribuzione, nell’arco delle ore in cui generalmente si svolgono i corsi di formazione, di elementi di psicologia propri della mediazione e di nozioni od approfondimenti tecnico-giuridici, e ciò anche in relazione a particolari composizioni che di volta in volta possono presentare le singole classi di discenti.

E’ stato pertanto grazie alla disponibilità dell’Ordine, a sua volta segno di attenta sensibilità verso le esigenze della formazione o meglio verso la formazione la migliore possibile dei mediatori professionisti, esigenze tanto più particolari in quanto la odierna mediazione assistita ha per oggetto la ricerca di una composizione in controversie originariamente destinate ad essere delibate esclusivamente dagli organi giurisdizionali statali, che l’EFI s.p.a. ed i suoi docenti hanno già dato inizio a quel percorso di aggiornamento che, al di là delle relative prescrizioni normative, si vorrebbe coltivare comunque come specifico progetto teso in definitiva al miglioramento della formazione. Desiderio e progetto, questi, che evidentemente sono già stati condivisi dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma.

Enrico PacificoIl Consiglio dell'Ordine di Roma ha

organizzato, per la prima volta in Italia, un corso di aggiornamento

in mediazione professionale destinato

a docenti

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IL CONSULENTE

CONVEGNI - TAVOLE ROTONDE - INCONTRI

clicca qui per prenotazioni

Il Consiglio provinciale dell'Odine dei Consulenti del lavoro di Roma, al fine di agevolare i propri iscritti, ha sottoscritto un'integrazione alla convenzione con la EFI ADR - Camera Nazionale di Concilia-zione. In virtù di tale convenzione la EFI applicherà, ai ns. iscritti e clienti dei ns. iscritti, per le Concilia-zioni instaurate presso l' organismo, una riduzione del 25% sulle tariffe delle spese di procedura della Conciliazione, così come dettagliate nella tabella allegata alla presente. La EFI inoltre, favorirà in via pre-ferenziale per la nomina a Conciliatore gli iscritti dell’Ordine che siano stati formati da EFI Spa – Ente di Formazione accreditato, nelle materie di loro specifica competenza. Inoltre a far data dal 16 maggio p.v. sarà operativo l'Organismo di Conciliazione, per i consulenti del lavoro, presso la sede dell'Ordine.

CONVENZIONE CON LA EFI - ADR

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Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

LE MAGNIFICHE SORTI E

PROGRESSIVE ...Spesso si ha notizia di Conve-gni, Happening, "luoghi di incontro e discussione" dove il relatore di turno, accurata-mente scelto tra amici e cono-scenti, solitamente ha l'incarico di esaltare le "ma-gnifiche sorti e progressive" all'alba di "un terzo millennio" che, buon per lui, ha ben altro da fare che cu-

rarsi di tante piccole e fasti-diose punture di

mosche.

E' un "piccolo mondo mo-derno" fatto di piccole idee e di piccoli protagonisti.

Il nostro inviato Pasquino,

molto più avvezzo alla quoti-diana ed alla genuina, ancorché rozza, romanità po-polana, confessa di non averci capito poi molto.

O forse ha capito tutto?

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Foto di Arimondi

T H E W O R L D O F

NUMERO 8 30 GIUGNO 2011

IL CONSULENTE

Er discorzo della Riforma Strutturale

“Illustrissimi tutti “ fece Nello all’uditoriosopra der palco indentro er gran Convegno

“quello che ve stò a dì lascerà er segnonelle capocce de stò territorio.

Dovemo da ‘nizià la Gran Riformapè rinnovà intera stà baracca:

la quale sarebbe come a dì che annasse in vacca si nun giramo ampresso tutti l’orma.”

E parlò de’ mari e de’ monti, de’ colli e de’ pianure de’ Topogiggio e der gatto Gargantua

de’ le sorti maggnifiche e futuree insino dell’animaccia nostra e della sua !

De tutto stò discorso, lo confesso devo dì che nun ciò capito ggnente.

Però, forse , a ripensacce adesso,un fatto ce l’ho chiaro nella mente:che a Nello puramente mò je freganun tanto l’interesse pe’ la ggente,

quanto l’interesse pè cadrega !

PA

SQ

UI

NA

TE