The World Of Il Consulente numero 5

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THE WORLD OF NUMERO 5 15 MAGGIO 2011 IL CONSULENTE IL CONSULENTE NUMERO 5 15 MAGGIO 2011 ADALBERTO BERTUCCI Perchè votare per la Lista "Autonomia e Previdenza" ROBERTO DE LORENZIS Dove eravamo rimasti? MARCO BERTUCCI "Autonomia e Previdenza" per la solidarietà generazionale EUFRANIO MASSI Apprendistato: il perchè di una riforma Pubblicazione Quindicinale Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma THE WORLD OF Foto di Tony de Misfit by Flickr

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House Organ del Consiglio provinciale dei Consulenti del lavoro di Roma

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T H E W O R L D O F

NUMERO 5 15 MAGGIO 2011

IL CONSULENTE

IL CONSULENTE

NUMERO 5 15 MAGGIO 2011 ADALBERTO BERTUCCI

Perchè votare per la Lista "Autonomia e Previdenza" ROBERTO DE

LORENZIS Dove eravamo rimasti? MARCO BERTUCCI "Autonomia e

Previdenza" per la solidarietà generazionale EUFRANIO MASSI

Apprendistato: il perchè di una riforma Pubblicazione Quindicinale Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

T H E W O R L D O F

Foto di Tony de Misfit by Flickr

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IL CONSULENTET H E W O R L D O F

NUMERO 5 15 MAGGIO 2011

Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

I N D I C E

I n F o c u s

R u b r i c h e

Vittorio VianelloAlle polemiche rispondiamo con i fatti

Perchè votare la lista "Autonomia e Previdenza"

Dove eravamo rimasti?4

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In copertina: The Causes of The Great Depression / FDR Memorial

Site

Roberto De Lorenzis

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"Autonomia e Previdenza" per la solidarietà generazionale

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Voci dal Territorio

La Consulta I - La fontana di Trevi vista dalla parte dell'acqua vergine

22Vita nell'Ordine... Ordine nella Vita

NUMERO 5 15 MAGGIO 2011

Elezioni ENPACL: non ci sarà una terza lista ANCL

IL CONSULENTE

Direttore responsabile

Comitato scientifico

Gabriella Di Michele - Aldo Forte - Giuseppe Sigillò

Massara - Pierluigi Matera - Antonio Napolitano - Mauro

Parisi - Vincenzo Scotti - Virginia Zambrano

Antonio Carlo Scacco

Progetto grafico e digitalizzazione

Antonio Carlo Scacco

Editore

NUMERO 5 15 MAGGIO 2011

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T H E W O R L D O F

House Organ del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma Pubblicazione quindi-cinale.

Redazione

Eleonora Marzani

Massimiliano Pastore

Daniele Donati

Giuseppe Marini

Andrea Tommasini

Aldo Persi

Ordine dei Consulenti del Lavoro - Consiglio Provinciale di Roma

00145 Roma - via Cristoforo Colombo, 456Tel. 06/89670177 r.a. - Fax 06/86763924 -

Segreteria: [email protected] di Diritto Pubblico - Legge 11-1-

1979 N.12

Per contributi e suggerimenti

Questo numero è stato chiuso in redazione il 14 maggio 2011

[email protected]

Daria Bottaro

Adalberto Bertucci

Marco Bertucci

16Eufranio MassiApprendistato: il perchè di un cambiamento

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20Lorenzo LelliEvasori o contribuenti? La scelta tra i banchi di scuola

PasquinatePluralismo e rispetto

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IL CONSULENTE

E ED D

I IT T

O OR R

I IA A

L LE E

Care amiche, cari amici

a ridosso di una importante scadenza politica ( le ele-zioni Enpacl del prossimo 19 maggio), immaginiamo i lettori delegati avranno ricevuto, e riceveranno, nu-merosissime sollecitazioni ed inviti, taluni cortesi altri assai meno, provenienti dalle parti più disparate. Be-ne, noi non faremo inviti o pressioni di alcun tipo. Enu-mereremo soltanto, in modo estremamente sintetico e pacato, alcune delle motivazioni che, a nostro giudi-zio, dovrebbero indirizzare il voto sulla Lista “AUTO-NOMIA E PREVIDENZA”: 1) i candidati delle altre liste mancano to-talmente di esperienza, a cominciare dal candidato alla presidenza (che tutti ben conosciamo ormai da alcuni mesi): non si può fare il presidente dell'ENPA-CL senza aver fatto neppure un mandato da consiglie-re e fare il relatore ai convegni (stranamente tutti concentrati in questi ultimi tempi) non prepara minima-mente al complesso governo dell'ENPACL, che non è solo teoria della previdenza ma richiede la soluzione di tutta una serie di problemi concreti; 2) i loro programmi (anzi il loro unico programma per due liste !), in parte “ispirati” da contesti ed ambiti che nulla hanno a che fare con la no-stra previdenza, ripetono uno stanco e incomprensibi-le (proprio come un disco rotto) richiamo ad una oscura “riforma strutturale”, i cui confini sono tuttora, a noi tutti, ignoti; 3) la vicenda della presentazione delle liste, accompagnate ed eterodirette da un immanente “Os-servatore Romano” che dava e dà, periodicamente, le direttive del caso, si commenta da sola.Altre motivazioni, assai meglio argomentate rispetto al breve spazio che il presente editoriale consente, i

lettori potranno trovarle nelle pagine che seguono. Qui ci preme rispondere ad alcune delle intempe-ranze del nostro onnipresente Osservatore. In primo luogo dobbiamo contestare la sua afferma-zione secondo cui Roma avverserebbe "pesantemente l’Ancl”: errore. Noi vogliamo una gran bene all’Ancl al punto da voler ripristinare al suo interno un autentico e genuino spirito pluralista e democrati-co. In un prossimo futuro Roma ne sarà parte a pieno titolo, e con i tantissimi suoi amici anclisti concorrerà ad avviarne una vera “riforma strutturale”, all'insegna del pieno rispetto delle minoranze. Un evento ineluttabile che in taluni sta provocando un atavico terrore: al punto da volerlo evitare in tutti i modi, anche ricorrendo irresponsabilmente al puro e semplice rifiuto, senza alcuna motivazione, delle domande di iscrizione dei colleghi romani. Ed allora: chi avversa chi?In secondo luogo riscontriamo la affermazione del no-stro Osservatore, condivisa peraltro – infelicemente - dal Presidente dell’Ancl, il quale si augura tra le ri-ghe la prematura dipartita di questa Rivista (per tornare a “leggere cose serie”, dice lui: sic!). Davve-ro un luminoso esempio di pluralismo e democrazia - l'ennesimo - quello di augurarsi la soppressione di una testata di stampa ! vedremo cumuli di “The World Of Il Consulente” bruciare idealmente nelle pubbliche piazze alle fiamme redentrici dell’Unico Pensiero? Non lo sappiamo. Da parte nostra continueremo ad operare nel pieno e assoluto rispetto delle altrui opinioni: crediamo che i nostri lettori, sempre più numerosi,ce ne renderanno pieno merito.

PERCHE' VOTARE LA LISTA

"AUTONOMIA E PREVIDENZA"

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Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

DOVE ERAVAMORIMASTI ?Roberto De Lorenzis

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Dopo quasi 4 anni di silenzio, moti-vato dal rispetto del ruolo istituzio-nale ricoperto, ho scritto tre articoli: uno, pubblicato su Protago-nisti, nel quale, in estrema sintesi, ho cercato di illustrare l’operato del Consiglio di Amministrazione Enpacl di cui ho fatto parte, ho parlato di fatti concreti ed ho chie-sto di formulare eventuali obiezio-ni sui fatti; altri due articoli, pubblicati sulla rivista dell’Ordine di Roma, nei quali ho espresso il mio punto di vista sull’operato della dirigenza ANCL in occasio-ne della formazione delle liste per le prossime elezioni del CdA Enpa-cl.

Credo che la presidenza dell’ANCL avrebbe dovuto e potu-to gestire una sintesi fra le diverse istanze che si sono palesate in occa-sione delle elezioni Enpacl: una parte dell’ANCL non è rimasta soddisfatta del metodo seguito per la composizione delle liste ed avrebbe voluto utilizzare la possibi-lità offerta dall’articolo 53 dello Statuto: le è stato impedito.C’era tutto il tempo di convocare nuovamente il Consiglio Naziona-le ANCL prima della presentazio-ne delle liste, come abbiamo fatto

tante volte in passato, o anche successivamente, per verificare ed eventualmente prendere atto dell’esistenza di una terza lista. Nessuno spiega perché non si può fare, nessuno spiega dove sta scritto che non si possono inserire in lista colleghi non iscritti ANCL, nessuno ci dice come si possa equi-parare l’approvazione di una dele-ga alla firma di una lista (anzi due).Il Consiglio Nazionale ANCL ha approvato all’unanimità unicamente di delegare la Presidenza e formare le due liste espressione dei regionali, peraltro se-condo rigidi criteri che non sono stati neppure rispettati.Chi ha deciso, senza dirlo prima, che quella era l’ultima occasione per presentare una lista diversa?Perché è stata chiusa ogni porta diffidando i Consiglieri Nazionali dal firmare altre liste?Come mai la stessa rigida ortodos-sia non è stata applicata, per esempio, in occasione delle ultime elezioni del Consiglio dell’Ordi-ne?

Non mi pare che allora i regionali ANCL abbiano goduto di uguale voce in capitolo.Non hanno ritenuto di dare rispo-sta né il Presidente ANCL, né un componente della Gen, né uno dei candidati delle liste 2 e 3, in compenso, sulla rivista ufficiale ANCL, mi risponde un anonimo collega che si firma “L’Osservato-re Romano” (niente meno).

Il “ no-me de plume” pre-scelto già denota un ego incontenibile: egli, in più, risponde (si fa per dire) a nome dell’ANCL; si fa interprete dei sentimenti di tutta la categoria; da e toglie le patenti da “bravo sindacalista” ed offre l’interpretazione autentica del pensiero del Presidente nazionale

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ANCL, immaginandosi artefice della splendida gestione blindata delle liste ad opera dell’ANCL.

Il fatto che “L’Osservatore Roma-no” non apprezzi il mio operato è per me un complimento, sarei infatti preoccupato del contrario, e non intendo entrare in sterili pole-miche, solo esprimere alcune considerazioni.Potevo affidare i miei scritti alla 1081, è vero, ma negli ultimi anni non l’ho mai ricevuta: le mie ri-chieste di registrazione venivano respinte in quanto risultavo già re-gistrato mentre le password in mio possesso non consentivano l’accesso. Ho segnalato più volte l’inconveniente nel corso degli anni senza che fosse mai risolto e confesso che mi risultava piutto-sto difficile pensare di scrivere su una rivista che non avrei potuto leggere.Solo 15 giorni fa, forse in occasio-ne della nuova impostazione, ho ri-cevuto username e password finalmente funzionanti ed ho potu-

to così godermi la lettura della 1081.

Non credo che la rivista del Consi-glio di Roma sia nata per soli fini elettorali, comunque lo vedremo; ricordo, invece, un’altra rivista,

che ti vedeva artefice nascosto (un’abitudine), nata con grandi ambizioni e proclami di libertà, mi-seramente sparita una volta vinte le elezioni, nel silenzio e nella più totale indifferenza degli stessi colle-ghi che su di essa scrivevano.La rivista dell’ANCL di Milano e quella del Consiglio di Roma, in ogni caso, hanno il grande pregio di non volersi uniformare al pensie-ro unico, promuovendo il dibatti-to, la critica ed il confronto di opinioni sui fatti che riguardano la categoria.

Negli ultimi anni non sono affatto stato assente, ho solo ricoperto un ruolo diverso, da amministratore, che ho ritenuto incompatibile ed inconciliabile con la partecipazio-ne al dibattito politico; oggi, termi-nato il mandato mi sento libero di esprimere le mie opinioni, senza alcuna avversione nei confronti del sindacato ANCL, nel quale mi-lito da quando sono Consulente del Lavoro e che ho guidato per oltre 10 anni.Quanto ai colleghi di Roma non mi pare manifestino avversione nei confronti dell’ANCL: hanno chiesto l’unificazione, pubblica-mente promessa dal presidente Longobardi in quel di Salerno e

mai presa in considerazione. Sciolto il sindacato i colleghi hanno chiesto di iscriversi all’ANCL singolarmente, ri-nunciando così alle procedu-re agevolate previste in caso

di unificazione, vedendosi re-spingere senza motivo le do-

mande di iscrizione.Ci sarebbe da chiedersi, semmai, se l’ avversione non sia da parte dell’ANCL nei confronti dei colle-ghi romani.

Nei miei scritti, pubblicati sempre e comunque su riviste della catego-ria, esprimo opinioni, anche criti-

che, e sollevo questioni, senza esprimere mai giudizi sulle perso-ne, senza dichiarare inimicizia nei confronti di qualcuno, senza offendere. Posso avere opinioni di-vergenti o avversari politici, mai nemici.

Vedi, “L’ Osservatore Romano”, se tu esprimessi opinioni politiche potrebbe tranquillamente accadere che l’alleato di ieri si trasformi nell’avversario di oggi, ma se attacchi i colleghi sul piano perso-nale risulta difficile comprendere come mai il fraterno amico possa di colpo diventare spregevole ne-mico.Se poi, come dici, nessuno rimpiange il mio operato e si fa più infinocchiare dal mio “forbito ma vacuo eloquio” perché ti affanni tanto a rispondermi? Con tutti gli impegni che hai perché perdi tempo con me?Citi l’espulsione di 70 colleghi (ancora ti brucia?) dimenticando che allora c’era un altro statuto che non consentiva di presentare altra lista ANCL oltre a quella pro-posta dal Nazionale. Perché dimentichi che quella deci-sione fu di tutto il Consiglio Na-zionale e della GEN e cioè di molti dei colleghi che oggi dirigo-no l’ANCL: sono io che confondo le acque?

Vedi, “L’Osservatore Romano”, il fatto di nascondersi sempre, dietro uno pseudonimo dietro altri colle-ghi (il coraggio uno mica se lo può dare); il tuo modo villano di attaccare chiunque osi frapporsi ai tuoi progetti accompagnato dall’assoluta mancanza di argo-menti ti identificano con precisio-ne assoluta!

Ciao caro, sono tornato!

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E’ ormai certo e assodato: non ci sarà una terza lista ANCL, oltre alle due liste “ufficiali”, in lizza nelle pros-sime elezioni per il rinnovo del Consiglio di Amministra-zione dell’ENPACL. L’opportunità di sostenere una terza lista non si è verifi-cata. Puntualmente, invece, si è verificato il “fuori tutti tranne uno”. Come questo giornale ha scritto nei nume-ri scorsi - se avesse ri-spettato tutte le condizioni previste dall’articolo 53 del nuovo Statuto dell’ANCL (li-sta richiesta da almeno 15 consiglieri nazionali, candi-dati tutti iscritti all’ANCL) - la “terza lista” poteva costi-tuire un bell’esperimento

per dare attuazione pratica a quanto sancito al recente Congresso di Montesilvano. Queste condizioni statutarie non si sono concretizzate, dunque l’UP di Milano, co-me anticipato, non appogge-rà nessun’altra lista che non sia una lista ANCL. Ribadia-mo questo concetto dopo aver letto il comunicato (che pubblichiamo nelle pagine interne) con il quale il Presi-dente dell’ANCL Francesco Longobardi parla improvvi-damente di “mezze verità lette di recente, anche sulla rivista dell’Up di Milano”, e insiste temerariamente “a formulare alcune precisazio-ni statutarie stravolte in detti scritti”. Segue un pistolotto in cui il nostro Presidente spiega (a suo modo) l’orto-dossia della tutela delle mino-ranze sancita dall’articolo 53 dello Statuto ANCL, spingendosi a enfatizzare in modo che pare improprio il

ruolo del Consi-glio Nazionale a proposito del di-ritto/dovere di rece-pire un’eventuale altra lista elettorale. Lo rassicuriamo subi-to: Protagonisti non è uso a dire mezze veri-tà, sono altri invece “usi a obbedir tacendo” e che quando parlano non esita-no a ricorrere a bugie pur di tenere in equilibrio un sistema di potere e di poltrone. Perché tra le moti-vazioni che ci avevano spinto a considerare interes-sante la cosiddetta “terza li-sta”, c’era anche quella di sostenere una proposta che non fosse appiattita, come le altre, sulle posizioni dell’establishment della no-stra categoria, quello che si fonda sul predominio dell’Ordine sul Sindacato. La dimostrazione più evi-dente di questa supremazia

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ELEZIONI ENPACL: NON CI SARA'

UNA TERZA LISTA ANCL

Daria Bottaro

Il presente articolo è stato pubblicato sul nu-mero di aprile 2011 de "I Protagonisti", Organo ufficiale dell'Unione pro-vinciale ANCL di Milano

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sta nel fatto che è proprio l’attua-le Vice Presidente del CNO, il collega Visparelli – un ottimo professionista, peraltro – che, col placet del Presidente ANCL, è stato designato come successo-re di Miceli alla Presidenza dell’ENPACL, prima ancora e in barba alla consultazione della base. Quanto a noi, la nostra posi-zione è stata di una trasparenza assoluta. Ci siamo mossi chie-dendo l’approvazione del Consi-glio Regionale richiedendo che

venisse messa ai voti la nostra proposta di adesione a

un’eventuale terza li-sta e così, demo-

craticamenteè

avvenuto. Infine, quando è stato chiaro che la terza lista non avrebbe avuto tutti i crismi previ-sti dallo Statuto e pretesi dall’UP di Milano, coerente-mente non l’abbiamo riconosciu-ta. Con la stessa coerenza e correttezza, il collega Bruno Di Franco, che è stato artefice ed è candidato di questa lista, ha pre-sentato le proprie dimissioni all’Up di Milano il giorno prima della presentazione della stessa. Dimissioni che saranno portate, per essere discusse, al prossimo Consiglio dell’UP di Milano pro-grammato per fine maggio. Nella sua accorata lettera, Di Franco spiega esaurientemente che la sua scelta di costituire un’altra lista è la risposta all’ostracismo attuato dall’ANCL nei confronti di de-terminati colleghi, tra cui egli stesso, e alla constatazione che i giochi erano già stati fatti prima ancora di cominciare a discutere nelle Assemblee e nei Consigli Regionali. Siamo tutti grandi e vaccinati per riconoscere che ciò che afferma Di Franco non è affatto campato in aria ed è perfettamente inutile lanciare accuse a vanvera contro pre-sunti responsabili di voler far “rientrare dalla finestra coloro che nelle libere scelte provincia-li e regionali non sono riusciti ad entrare dalla porta, o non si so-no visti confermati per un ulterio-re mandato, neanche dal proprio territorio”. Non ci dobbiamo prendere in giro, le libere elezio-ni nelle regioni sono libere fino a un certo punto: è da un anno che viene fatta una sotterranea “moral suasion”, che vengono esercitate pressioni, che vengo-no spinti certi nomi calati dall’alto, mentre su altri è stato fatto ostruzionismo. Noi siamo li-

beri e possiamo permetterci di dire ciò che pensiamo: siccome le poltrone non ci interessano, competiamo senza scendere a patti o firmare cambiali con nes-suno. Abbiamo lavorato per co-struire un sindacato unitario, c’è qualcuno invece che ora siede ai vertici della categoria che non lavora a favore dell’unità dell’ANCL. L’UP di Milano che, lo ripetiamo, non ha pro-mosso ma ha dichiarato il pro-prio interesse alla cosiddetta terza lista nella misura in cui ri-spettasse lo Statuto ANCL e fos-se approvata dal Consiglio Regionale della Lombardia, ora, con coerenza, non riconosce la lista presentata e non l’appoggia e non approva neanche la scelta fatta dal collega Bruno Di Franco, il quale tuttavia, va sottolineato, ha presentato le di-missioni dall’ANCL, a diffe-renza di altri colleghi che in passato sono andati contro le re-gole del nostro sindacato. Vo-gliamo dirla, a questo punto, un’altra “mezza verità” per parlare come Longobardi? Ebbe-ne: da ciò che ci risulta, all’interno dell’ANCL c’è malcontento per la gestione del sindacato e della categoria, una gestione apparentemente demo-cratica (si chiamano a raccolta i Presidenti Regionali e Pro-vinciali dell’Ordine e dell’ANCL) perchè alla fine si decide ciò che era già stato deci-so tra pochi. Questa democrazia di facciata, tutta immagine, tutta chiacchiere e distintivo, non gio-va alla dialettica interna tra le varie posizioni e opinioni e non fa crescere il nostro sindacato. Per fare solo un esempio: perché non si vogliono conside-rare realtà importanti come quelle di Roma e di Venezia,

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non accettando l’iscrizione di alcuni colleghi? Non vorremmo mai che la motivazione risiedes-se nel timore di vedere ribaltati equilibri di potere! Ostacolare l’ingresso di quasi settecento colleghi romani, respingendone l’iscrizione a causa di fantomati-che incompatibilità, ottiene il ri-sultato di impoverire il dibattito interno oltre che le casse del sindacato. Vogliamo ricordare che c’è un articolo dello Statuto dell’ANCL nel quale viene affermato che il nostro sindacato deve promuovere l’unità della categoria e fare proselitismo?. Invece: eravamo seimila e sia-mo ancora seimila. Siamo fermi al palo delle iscrizioni e non si capisce perché nuovi ingressi non vengano consentiti. Non bi-sogna avere paura dei numeri, bi-sogna accogliere nuovi colleghi perché porteranno nuove idee e nuovi stimoli. L’ANCL non è un fortino da difendere ma deve es-sere la casa di tutti i Consulenti del Lavoro. L’articolo 39 della Costituzione impone che “gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base de-mocratica”: le nostre norme statu-tarie sono state scritte per dare le più ampie garanzie in proposi-to ma spesso, ahimè, la loro interpretazione è puramente formale e non viene resa effica-ce al cento per cento in fase di attuazione. Così come è avvenu-to per l’inserimento nelle liste Ancl di un collega non pre-sentato dalla propria Regione, ma solo da alcune province. C’è stato riferito che pochi giorni pri-ma della presentazione delle li-ste la candidatura è stata regolarizzata. Ma come, non era il Consiglio Nazionale del 1° aprile l’ultimo appuntamento pos-

sibile per formalizzare le candi-dature? E come ha fatto il Consiglio Regionale a convoca-re l’Assemblea Regionale per de-liberale la candidatura se ci vogliono almeno 20 giorni e le li-ste si sono presentate il 21 apri-le? Va detto qualcosa anche sul recentissimo scontento che sembra contrassegnare le ultime dichiarazioni dei nostri vertici sindacali contro quelli del no-stro ente di previdenza. In un do-cumento presentato alla riunione dei Presidenti regionali ANCL (quello del programma dei cento giorni: in realtà uno slogan suggestivo quanto impraticabi-le) si definiscono come “caratte-rizzate da una inadeguata informazione e da una scarsa tra-sparenza” le iniziative del CdA ENPACL; si evoca una “situazio-ne di squilibrio del nostro siste-ma previdenziale”; si citano i resoconti delle “stentate audizio-ni tenute presso la Commissione bicamerale di controllo in occa-sione dell’indagine sui patrimo-ni delle Casse, durante le quali i nostri amministratori non hanno saputo indicare entità, modi e tempi del coinvolgimento dell’Enpacl nel crack della banca Lehman”; si denuncia co-me la redditività effettiva del patrimonio investito dall’Ente “sia ampiamente al di sotto di quella stabilita per le proiezioni del bilancio tecnico”; si lancia l’allarme per“i costi della gestio-ne, sempre in crescendo durante il mandato in corso”. Come mai, chiediamo sommessamente, se il CdA si è dimostrato così inca-pace di operare, così poco traspa-rente nelle sue azioni, così inattendibile nel contenuto dei propri bilanci, come mai tutto ciò non è mai stato denunciato

prima dai vertici dell’ANCL a cominciare da Longobardi? Pri-ma, cioè, che tra Miceli, CNO e ANCL i rapporti si deteriorasse-ro anche a livello personale? La verità (non una mezza verità) è che, in questa tornata elettorale, coloro che oggi stanno combattendo e lanciando anate-mi e improperi contro il CdA ENPACL uscente, sono gli stes-si che questo CdA hanno voluto. Sono gli stessi che hanno dato indicazioni ai Delegati Enpacl di votare a favore (o di aste-nersi) dei bilanci presentati. Pro-babilmente lo si voleva (il CDA) al servizio di certe idee e posizioni. Per tutto un periodo le cose hanno evidentemente funzionato così e si è andati d’amore e d’accordo, poi qualcosa s’è rotto. A rigor di lo-gica, chi ha fatto questa scelta sbagliata dovrebbe pagare il fio del suo errore. Invece pontifica, chiamandosi fuori... Una cosa l’UP di Milano si sente di dire con la massima tranquillità: attraverso le nostre prese di posi-zione e i nostri delegati all’as-semblea dell’ente di previdenza abbiamo sempre contestato e cri-ticato con la massima franchezza programmi e decisio-ni dell’ENPACL che non ci convincevano o piacevano. Ma non abbiamo mai avuto il piace-re di trovarci in compagnia di coloro che adesso si indignano e gridano allo scandalo con tanta veemenza. Non solo, la diri-genza ANCL non ha mai fatto nulla per sostenere i colleghi che la rappresentavano all’interno dell’ente; i “suoi” tre consiglieri e cioè Di Franco, Mastrototaro e De Lorenzis non sono mai stati chiamati per concertare un’azione comune:

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lo vogliamo ricordare? Oggi l’ANCL si presenta con un pro-gramma (lo stesso per due liste diverse, ma così funziona la de-mocrazia da noi, serve a occupa-re spazi!), che in gran parte riprende posizioni e proposte che l’UP di Milano sosteneva quattro anni fa. Meglio tardi che mai: ci fa piacere leggere un programma che conosciamo bene, così pieno dei punti che noi abbiamo sempre sostenuto nelle assemblee dell’ENPACL. E questo lo leggiamo in tutti i programmi, compreso quello della cd “terza lista”. Una cosa è certa, Milano e la Lombardia, con la loro testardaggine, in que-sti anni sono riusciti a ottenere qualcosa di ciò che proponeva-no: per esempio la modularità contributiva da cui discende una personalizzazione del tratta-mento pensionistico. Oggi, la nostra pensione non ha biso-gno di grandi stravolgimenti. Come è a tutti noto, il nostro si-stema pensionistico si basa su tre pilastri: prestazione defini-ta, prestazione derivante dalla contribuzione soggettiva (2%) e modularità contributiva, inte-ramente deducibile fiscalmente e che assicura risparmi fino al 46 per cento dimostrandosi un ottimo investimento. E questo grazie a chi ha proposto e reso

possibile questo sistema. Ma va detto con altrettanta franchezza e onestà che il siste-ma di contribuzione a fasce non può funzionare e non è neppure equo. Bisogna dire che è tempo di passare dal siste-ma a prestazione definita alla contribuzione definita perché ce lo impone la sostenibilità dei conti a lungo termine della nostra previdenza. Questo vuol dire, tutti lo sappiamo, che alla fine si dovrà pagare di più per avere ciò che si ha oggi ma se non lo facciamo il rischio è che anche quel poco che abbiamo ora non lo avremo più. Queste cose le sa bene Ornella Bona-deo, candidata dell’ANCL Lombardia in una delle liste elettorali e sostenuta princi-palmente dalle UP di Varese e di Milano. Noi che la conoscia-mo bene e abbiamo lavorato con lei, garantiamo che la colle-ga è preparata, equilibrata ed ha sempre avuto come obietti-vo l’interesse dei Consulenti del Lavoro. Siamo altrettanto convinti che non sarà facile farle cambiare idea sugli investi-menti, sul risparmio dei costi, sulla profittabilità degli immobi-li e sulla modifica strutturale del nostro sistema a prestazio-ne definita. La sua tenacia la co-nosciamo bene e siamo sicuri

che, se eletta, svolgerà bene il suo mandato. Però vogliamo spendere qualche parola anche sulla lista “non ANCL”: è vero che non è una lista del nostro sindacato ma non lo è anche perché certi nomi l’ANCL li ha respinti come non graditi fin dall’inizio. Su questo biso-gna riflettere. Dopo le elezioni qualcuno ci dovrà dire perché non si è voluto fare entrare nella nostra associazione tanti colleghi. E vogliamo anche ri-cordare che all’interno di que-sta lista ci sono tre consiglieri Di Franco, Gobat e Vianello che hanno fatto parte del CdA uscente lavorando bene e con buoni risultati, per esempio nella lotta per recuperare i contributi evasi e per migliora-re l’efficienza sia degli investi-menti che della gestione del nostro ente di previdenza. Qua-le che sarà l’esito di queste ele-zioni, una cosa è certa, l’UP di Milano sarà sempre in prima li-nea, con i fatti e non solo con le parole, nello spirito di tra-sparenza e collaborazione sta-bilito dalle regole statutarie, affinché il futuro della catego-ria e dei colleghi sia sereno e sicuro dal punto di vista previ-denziale e pensionistico. L’uni-ca cosa che conta è questa.

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Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

Marco Bertucci

Al di là delle sterili polemi-che cui abbiamo assistito nei giorni scorsi, provocate – cre-diamo – da un eccesso di timo-re suscitato dalla presentazione di liste che si po-nevano al di fuori di una certa logica spartitoria pianifi-cata già da tempo (per le novi-tà, come noto, il mediocre nutre sempre un certo timo-re), vorremmo occuparci in questo breve articolo di commentare alcune iniziative, espressamente enunciate nel programma della lista “AUTO-NOMIA E PREVIDENZA”, il cui scopo è quello di dare impulso ad un concetto inno-vativo della previdenza: ci ri-ferimano, in particolare, alla cd. “solidarietà generaziona-le”. La riforma del ’95, nell’intro-durre il sistema previdenziale contributivo ai nati dopo gli anni ’60, comporterà un calco-lo pensionistico assai inferio-

re a quello garantito dal sistema retributivo, unita-mente all’incremento delle aspettative di vita che, certa-mente, non farà che determina-re ulteriori squilibri. Tutto questo ha provocato una solu-zione di continuità, se non una cesura, tra i “giovani” e gli “anziani” a tutto sfavore dei primi: ne segue che risulta fortemente auspicabile la indi-viduazione di strumenti e mezzi in grado di garantire, se non una piena “equità genera-zionale” almeno una “solidarie-tà” tra generazioni, in un generale contesto di rispetto dei vincoli e dei limiti imposti da un sistema economico e fi-nanziario sempre più globa-lizzato. L’auspicio, valido per il siste-ma previdenziale nel suo complesso, non poteva lascia-re insensibili anche coloro che si propongono come futu-ri gestori della nostra previ-

denza di categoria negli anni a venire. Il programma della lista “AUTONOMIA E PRE-VIDENZA” si caratterizza, per taluni aspetti indubbia-mente avanzati ed innovativi, per essere fortemente incentrato sulla nozione di “solidarietà generazionale”. La premessa d’obbligo che ha guidato gli estensori nella re-dazione di questi specifici punti del programma, è stata la massima attenzione alla preservazione dell’equilibrio economico-gestionale del si-stema nel complesso: non è un caso, infatti, che quasi tutte le misure proposte non richiedono oneri aggiuntivi

Un programma concreto, fatto di

misure innovative, a favore della

solidarietà tra generazioni

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"AUTONOMIA E PREVIDENZA"

PER LA SOLIDARIETA'

GENERAZIONALE

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alla spesa previdenziale dell’Enpacl, o comunque pos-sono richiederli in misura estremamente contenuta e, in ogni caso, pienamente sosteni-bile.

Uno dei punti del programma concerne la possibilità di iscrivere nell’Ente di previ-denza i giovani praticanti (che a volte, come tutti sanno, pos-sono non essere propriamente dei giovani), ai soli fini del go-dimento di una forma base di assistenza sanitaria. Si è discus-so della possibilità di iscrivere i praticanti all’Ente anche ai fini del godimento di una futura pensione, previo pagamento dei relativi contributi: a tale soluzio-ne è stato però opposta sia la (presumibile) scarsa disponibili-tà reddituale del praticante, sia il fatto che , in ogni caso, alla fi-ne del praticantato non vi è la matematica certezza dell’iscri-zione nell’Ordine e, in tal caso, non risultava chiara la sorte dei contributi versati. Nulla osta, tuttavia, che possa essere stu-diata una soluzione basata sulla assoluta volontarietà del versa-mento ai fini previdenziali da parte del praticante con la possi-bilità, in caso di mancata iscrizio-ne all’Ordine, di vedersi restituiti i contributi già versati integrati con gli interessi legali maturati.

Un’altra misura proposta, assolu-tamente innovativa, concerne la possibilità che l’Ente si faccia

promotore, assieme ad altri orga-ni apicali della Categoria, di una vera e propria Università de-gli studi giuslavoristici telemati-ca in grado di rilasciare titoli di studio universitari (di primo e se-condo livello), con preferenza per gli iscritti all’Ordine ed ai lo-ro familiari. Si noti che una tale iniziativa, che potrebbe trovare adeguata localizzazione negli ampi spazi disponibili nella grande sede in via del Cara-vaggio a Roma, non costerà as-solutamente nulla alle casse dell’Ente essendo interamente fi-nanziata sia dalle quote di iscri-zione e frequenza, sia da contributi statali o provenienti da terzi ( contributi europei, do-nazioni ec.). Alcuni hanno avanzato delle obiezioni a tale iniziativa, motivate dal fatto che non avrebbe una diretta atti-nenza con la previdenza catego-riale. Ma ove si pensi allo straordinario ritorno di immagi-ne che interesserà l’intera catego-ria, che si tradurrà in termini di maggiori iscritti, di competenze sempre nuove e qualificate ec., si converrà che tali obiezioni perdono gran parte del loro fondamento. Lo sviluppo della nostra previdenza non può pre-scindere dallo sviluppo della intera categoria ( e qui potrebbe-ro farsi lunghe digressioni sulla necessità della riforma della legge ordinamentale dei consu-lenti, la legge 12 del 1979).

Un’altra misura concerne la pos-sibilità di istituire asili nido per

l’assistenza dei bambini delle giovani professioniste che, impegnate nel loro lavoro pro-fessionale ed ancora alle prese con una presumibile situazione reddituale non del tutto soddi-sfacente, difficilmente possono conciliare il tempo da dedicare ai loro bimbi con il tempo da dedicare al lavoro, né possono permettersi costose baby-sitter o strutture di assistenza private.Anche la misura di assistenza prevista a favore di consulenti non autosufficienti promuove, a ben vedere, una solidarietà intergenerazionale ( magari dal consulente in piena attività al consulente meno fortunato, ge-neralmente anziano).

In conclusione un complesso di misure, talune estremamente innovative, che dimostrano l’attenzione, sul piano dei contenuti e sul piano della sensibilità sociale, che la lista “AUTONOMIA E PREVI-DENZA” riserva alle tematiche della solidarietà generazionale. I lettori, in piena coscienza, cre-diamo sapranno apprezzarne i contenuti.

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Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma14

Vittorio Vianello

L’approssimarsi dell’appunta-mento elettorale contribuisce più del solito ad accrescere la fantasia dei candidati nella stesu-ra di programmi e impegni, spes-so difficilmente attuabili, che tendono prevalentemente ad impressionare gli elettori e che spesso vengono disattesi nel corso del mandato.L’assunto vale per qualsiasi mo-mento elettorale ma, nel caso del nostro Ente di previdenza, realtà complessa per struttura, materie e finalità proprie, credo che la valutazione del pro-gramma proposto vada ana-lizzata criticamente soprattutto in relazione a quanto si è fino ad ora realizzato.Non proseguire un percorso avviato da anni significa ritorna-re indietro, perdere i risultati del

lavoro portato a termine ed ammettendo che chi subentra nella gestione abbia le idee chia-re, cosa difficilmente immagina-bile se non ha precedenti esperienze dirette, ripartire daccapo rinunciando, di fronte alla struttura, a quella credibili-tà faticosamente guadagnata in questi anni, indispensabile per condurre in porto i progetti in fa-se di attuazione. Ecco il motivo per il quale alcuni di noi, consi-glieri uscenti, hanno deciso di ri-proporsi. Nonostante le spesso pretestuo-se polemiche, le insinuazioni, gli sforzi per screditare i ri-sultati del nostro lavoro, spinti fi-no al più recente tentativo di far “saltare” il bilancio tecnico (fatto che avrebbe evidente-mente procurato un grave danno di immagine e di sostanza a tutta la categoria), questa consi-gliatura ha ottenuto diversi ri-sultati e molti altri, che richiedono evidentemente più lunghi tempi di attuazione, sono in fase di avviata realizzazione.Il recupero dei crediti contributi-vi ha comportato la riesumazio-ne delle vecchie cause, un nuovo coordinamento tra struttu-ra e legali per avviare nuove pro-

cedure di recupero della contribuzione soggettiva (7.437 ricorsi per decreto ingiuntivo di cui 1.690 negli ultimi 2 anni, per recupero contribuzione 1997/2008 per € 32.583.370,00), e dal 2010 è stata avviata la fase accertativa del contributo integrativo ( a fronte del raffronto con i dati agenzia entrate) per le annualità 2005-2008 e di conseguenza, nei primi mesi di quest’anno, sono stati affidati i dati e i docu-menti ai legali dell’Ente che stanno provvedendo alla fasci-colazione di 1.479 ricorsi che presto verranno depositati in Tribunale (totale richiesto € 8.810.106,00).La definizione della domanda di rateazione dei contributi do-vuti, che in questi giorni è resa applicativa attraverso i canali te-lematici presenti sul sito dell’Ente, costituisce un altro importante passo per far rientra-re molti dei colleghi morosi ri-ducendo il vergognoso importo di crediti da incassare accumu-lato nel corso di tanti anni.Sul fronte dell’efficienza interna è stato avviato un nuovo schema organizzativo che oggi si confronta con le difficoltà co-

No ad uno sterile confronto polemico: la nostra Previdenza ha bisogno di espe-rienza e concretezza

ALLE POLEMICHE

RISPONDIAMOCON I FATTI

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photo by EnglishGirlAbroad on Flickr

stituite da una mentalità legata a vecchi schemi di derivazione pubblica. Uno sforzo compiuto che, nell’eventualità di un to-talmente rinnovato consiglio di amministrazione, sarebbe sicura-mente vanificato. Sulla comunicazione, intesa co-me mezzo di divulgazione di no-tizie e informazioni agli iscritti, non c’e bisogno di commenti, ba-sta accedere al sito dell’Ente per verificare e valutare il lavoro svolto solo attraverso l’impegno del personale interno ed inoltre, per la prima volta l’Ente si è do-tato di un processo di analisi della customer satisfaction.Per entrare poi nel merito della vera “mission” dell’ENPACL, tutti parlano di riforma nelle più diverse accezioni ma, a parte alcune pur interessanti ed elabo-rate proposte presentate da singo-li delegati, nessuno sa delineare nel dettaglio gli interventi che intende proporre.Si eccede in termini come “strutturale”, “equa” ; “flessibi-le” .. etc. ma in realtà si idea-lizza un sistema che promette di più pagando di meno, prendendo magari ad esempio altre casse che si alimentano con sistemi di contribuzione ben più onerosi, a volte richia-mati come panacea e che, guarda caso, recentemente hanno dichiarato una grave cri-si di sostenibilità e sono co-strette ad interventi immediati. Ciò che più intimorisce è il termi-ne “riforma strutturale”, che ri-porta alla mente di coloro i quali hanno qualche capello bianco agli anni in cui, molto più giova-ni, si proponeva la “riforma della legge 12”….. eh già, di-menticavo…, ancora oggi la stia-mo cercando ma, come un miraggio, ogni volta che sembra

a portata di mano, per qualche motivo, una sentenza ci rispedi-sce indietro di qualche decennio (purtroppo solo professio-nalmente).Con gli interventi già realizzati oggi i nostri Colleghi possono de-cidere di versare un contributo integrativo a loro discrezione, interamente deducibile; i nostri giovani sono quelli, tra le profes-sioni economiche, che intra-prendono l’attività con i minori oneri previdenziali; con la ri-forma approvata è iniziato un percorso virtuoso che, pur attra-verso successivi interventi, condurrà in futuro ad una previ-denza adeguata e sostenuta da un prelievo contributivo compati-bile con i redditi prodotti dai no-stri studi.Pur nella convinzione che si debba muovere verso una previ-denza obbligatoria che offra maggior tranquillità economica a fronte del miglioramento delle aspettative di vita. e sia sostenibi-le, chi si è occupato seriamente di questo problema sa che non si possono realizzare i sogni, che ogni modifica della contribuzio-ne ha riflessi pesanti su un’infini-tà di fattori, che bisogna confrontarsi con la burocrazia dei ministeri vigilanti, che infi-ne, per quanto un intervento pos-sa essere apprezzabile, è un’utopia pensare che venga condiviso da tutti.Ecco il motivo per procedere con cautela, portando avanti le soluzioni migliori senza sterzate brusche, prescindendo dai falsi miti e cercando invece di intervenire via via nel tempo con soluzioni che vadano nella giusta direzione senza creare turbative che producano effetti devastanti..Ecco perché, a fronte del lavoro

svolto e dell’esperienza acquisi-ta, siamo convinti di fare un buon servizio alla categoria non scendendo ad uno sterile confronto polemico con altri colleghi che, seppur in buona fe-de, sono convinti di saper far di più e meglio. L’esperienza di far parte del C.d.A. dell’ENPACL per noi ha costituito anche un bagno di umiltà che oggi ci consente di vedere con maggior chiarezza quello di cui l’Ente ha bisogno e quindi di presentarci senza impegni fantasiosi, solo con la convinzione di lavorare su pro-grammi attuabili con maggior consapevolezza e determinazio-ne, nella speranza che la maggior parte dei Colleghi Dele-gati, come è avvenuto nel corso della legislatura, condivida e so-stenga questo nostro impegno.

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Eufranio Massi

APPRENDISTATO: IL PERCHE'

DI UN CAMBIAMENTO

Da molti anni il Legislatore na-zionale, il Governo, le Regioni e le parti sociali cercano di trova-re la c.d. “quadratura” relativa alla ipotizzazione di un contratto a contenuto veramente formativo, problema aggravato-si dopo la decisione della Corte Europea di Giustizia che, all’ini-zio del decennio passato, cancellò i contratti di formazio-ne e lavoro.Il nuovo apprendistato non è de-collato nel nostro Paese (pur se si sono registrati, nell’ultimo pe-riodo, alcune significative ecce-zioni per quello “professionalizzante”) per una se-rie di motivi, non ultimo quello che ci differenzia da altri paesi comunitari: il contratto di apprendistato riguarda lavorato-ri di un’età decisamente superio-re rispetto a quella europea, la formazione ha vissuto (e vive) un rapporto estremamente “distorto” più legato al rispetto della forma che della sostanza

con Regioni che, puntando sull’art. 117 della Costituzione che assegna loro la competenza primaria in materia di formazio-ne professionale e su un paio di sentenze della Consulta, hanno elaborato, nei loro territori, leggi regionali, talora “disartico-late” dallo stesso impianto normativo scaturente dalla contrattazione collettiva, con pro-cedure formative certificate da più soggetti, cosa che ben cono-scono tutti gli addetti ai lavori. L’apprendistato non ha funzio-nato, oltre che per le gli inestrica-bili grovigli normativi anche per la scarsità delle risorse pubbli-che destinate alla formazione “esterna”. In questi anni gli interventi “ma-nutentivi”, successivi alla legge n. 196/1997, sono stati parecchi (basti pensare a ciò che è avve-nuto con il D.L.vo n. 276/2003, ma anche con altri provvedi-menti successivi), ma tutto è stato inutile a fronte di normati-

ve regionali lacunose (che in Calabria ed in Sicilia neanche ci sono) e ad una frammentazione tra i due livelli nazionale e re-gionale che hanno creato soltanto problemi di interpreta-zione (affrontati anche con più circolari amministrative) ed hanno svolto una funzione di de-terrenza nei confronti di chi intendeva assumere attraverso l’apprendistato professiona-lizzante, anche per godere (è questo un elemento “cardine”) i corposi incentivi di natura contributiva ed economica.Ora, tralasciando qualunque considerazione sull’attuale qua-dro normativo e, avendo pre-sente che per effetto dell’art. 46 della legge n. 183/2010 l’Esecu-tivo è delegato ad emanare, nel

Il 5 maggio scorso è stato presentato uno

schema di decreto le-gislativo che riforma

l'apprendistato

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rispetto di alcuni principi prefis-sati, una sorta di Testo Unico sull’apprendistato, si ritiene opportuno soffermarsi sul provve-dimento, approvato in prima lettu-ra dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 5 maggio 2011: esso si può considerare “aperto”, nel senso che sia le Regioni, che le parti sociali che, ovviamente, il Parlamento nel passaggio obbli-gato nelle commissioni, po-tranno dire la loro.L’articolato che ha il pregio (art. 7, comma 6) di abrogare tutte le disposizioni in materia di apprendistato precedenti, nonché quelle altre, nazionali e regionali, incompatibili con il nuovo quadro normativo, afferma nel primo articolo una co-sa già conosciuta ai lavori ma che è bene sia chiaramente espli-citata: il contratto di apprendi-stato è a tempo indeterminato, a prescindere dalla tipologia (per l’ottenimento della qualifica pro-fessionale, professionalizzante o contratto di mestiere, di alta formazione e ricerca).Da tale asserzione discendono due conseguenze.La prima è che il rapporto può essere sciolto al termine della fa-se formativa, mediante periodo di preavviso intimato ex art. 2118 c.c., in difetto del quale il rapporto continua senza soluzio-ne di continuità. L’inserimento in azienda è, indubbiamente age-volato dagli sgravi contributivi (la contribuzione è del 10%, ma nelle micro imprese fino a nove dipendenti, nel primo biennio è, rispettivamente, dell’1,5 e del 3%) ed economici (la retribuzio-ne può essere fino a due livelli in meno rispetto a quello finale o, in percentuale correlata all’anzianità), ma in una logica di scambio, si chiedono formazio-

ne e competenze acquisite du-rante il percorso e spendibili sia all’interno dell’azienda che co-me patrimonio professionale. La formazione va intesa come inve-stimento per l’azienda anche in una logica di turn-over” genera-zionale.La seconda concerne un’eventua-le provvedimento di licenzia-mento dell’apprendista durante il periodo di formazione: es-sendo un contratto a tempo inde-terminato l’eventuale risoluzione del rapporto per giu-sta causa o giustificato motivo (art. 2, lettera h) segue, in caso di giudizio, la strada della tutela “reale” o della tutela “obbligato-ria”, a seconda dei limiti di-mensionali dell’impresa.Ma quale è la strada elaborata dal legislatore delegato (almeno a come traspare dalla prima lettu-ra uscita dal Consiglio dei Mini-stri)?Sono le parti sociali che attra-verso gli accordi interconfedera-li o la contrattazione collettiva a livello nazionale, territoriale o aziendale dalle associazioni dato-riali e dei lavoratori comparativa-mente più rappresentative, disciplinato la materia sulla base di alcuni principi (già presenti, in gran parte, nel D.L.vo n. 276/2003) che possono così sinte-tizzarsi:a) forma scritta del contratto e del piano formativo individuale;b) divieto del cottimo;c) possibilità di inquadrare il lavoratore in due livelli retribu-tivi inferiori a quello finale o con una paga in percentuale ri-spetto al qualificato, correlata all’anzianità;d) presenza di un “tutor” o di un referente aziendale;e) possibilità, anche con il

concorso delle regioni, di fi-nanziare i percorsi formativi aziendali attraverso i fondi pari-tetici interprofessionali;f) registrazione dei risultati formativi sul libretto formativo del cittadino;g) possibilità del riconosci-mento, sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze professionali acquisite ai fini del proseguimento negli studi e nei percorsi di istruzione degli adulti;h) divieto di recesso du-rante il periodo di formazione se non per giusta causa o per giusti-ficato motivo;i) possibilità di recedere dal contratto di apprendistato al termine del periodo di formazio-ne esercitando la previsione contenuta nell’art. 2118 c.c. .Con il nuovo ordinamento, si cerca di superare anche la vecchia distinzione tra formazio-ne interna ed esterna che tanti equivoci ha prodotto, causando continue “diatribe” tra Stato centrale, Autonomie Locali e parti sociali, affidando alle regio-ni un nuovo compito di controllo della effettività dei percorsi aziendali e di progetta-zione, almeno per quel che concerne l’apprendistato profes-sionalizzante, delle competenze di base e trasversali da fornire per il primo anno ed il secondo anno con un monte ore che sarà, rispettivamente, di quaranta e venti..Il disegno perseguito da chi ha scritto la prima stesura del Testo Unico (che conferma i prece-denti limiti massimi numerici previsti dal D.L.vo n. 276/2003) è quello di pensare un contratto

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ove il connubio tra sistema formativo e mercato del lavoro si realizzi in maniera efficace e le prime risposte delle parti socia-li autorizzano ad un cauto ottimi-smo. Ma detto questo, reputo necessa-rio soffermarmi su alcuni aspetti della nuova disciplina iniziando dall’apprendistato per qualifica professionale (art. 3) praticabile in tutti i settori di attività, anche per l’assolvimento dell’obbligo scolastico, di durata non superio-re a tre anni, con soggetti che abbiano compiuto i quindici anni. La regolamentazione dei profili formativi è rimessa alle Regioni ed alle Province Autono-me, al termine di un iter procedi-mentale che vede coinvolti, con diversa intensità, il Ministero del Lavoro, quello dell’Istruzio-ne e le parti sociali, nel rispetto di alcuni principi che faranno ri-ferimento sia alla definizione della qualifica professionale, che alla previsione di un monte ore di formazione, esterna od interna all’azienda, che al rinvio alla contrattazione collettiva anche all’interno degli Enti bi-laterali, riferita alle modalità di erogazione.Per l’apprendistato professiona-lizzante (o contratto di mestiere) attivabile in tutti i settori con i giovani di età compresa tra i di-ciotto ed i ventinove anni (chi è in possesso della qualifica profes-sionale ex D.L.vo n. 226/2006 può essere assunto anche un anno prima) la strada maestra sa-rà rappresentata dalle determina-zioni della contrattazione collettiva sia per quel che ri-guarda i contenuti formativi re-lativi alla qualificazione professionale da conseguire, che per la durata che non potrà supe-

rare i sei anni. La formazione sa-rà svolta sotto la responsabilità dell’azienda e, come si diceva prima, l’offerta formativa pubbli-ca da parte delle Regioni, sarà obbligatoria e finalizzata, se-condo il monte ore sopra ri-portato, alle conoscenze di base e trasversali.Con l’art. 5 si cerca di rilanciare anche l’apprendistato di alta formazione e ricerca, possibile in tutti i settori pubblici e pri-vati, finalizzato al consegui-mento di un titolo di studio di livello secondario superiore, di ti-

toli universitari e di alta forma-zione, di dottorati di ricerca, di specializzazione tecnica superio-re, di praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche (ad esempio, consulenti del lavoro): tutto questo per i giovani di età compresa tra i diciotto ed i venti-nove anni. La regolamentazione e la durata saranno rimesse alle Regioni per i profili che riguarda-no la formazione in accordo con le parti sociali ed una serie di altri organi istituzionali tra cui le Università: mancando tale re-golamentazione le Università e le altre istituzioni scolastiche po-tranno attivare apposite convenzioni con le associazioni datoriali.Un discorso a parte va fatto per

l’art. 7 che contiene le c.d. “disposizioni finali” le quali si soffermano, innanzitutto, sull’apparato sanzionatorio. Rie-cheggiando quanto già previsto dall’art 53 del D.L.vo n. 276/2003, il Legislatore dele-gato afferma che in caso di ina-dempimento nella erogazione della formazione ascrivibile esclusivamente alla responsabi-lità del datore di lavoro, scatterà una sanzione amministrativa che, peraltro, ne assorbirà ogni altra a titolo di omessa contribu-zione, pari alla differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta al livello di inquadra-mento superiore, maggiorata del 100%.Ma cosa succederà se nel corso di un accertamento, in presenza di un contratto di apprendistato in corso, l’ispettore dovesse ve-rificare un inadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano formativo individuale? Egli sarà tenuto ad emettere un provvedimento dispositivo assegnando al dato-re di lavoro un termine per adempiere che potrà essere più o meno congruo in relazione alla carenza formativa accertata. Altre sanzioni di natura pecunia-ria saranno previste nel caso in cui il datore di lavoro non do-vesse stipulare, in forma scritta, il contratto di apprendistato, o dovesse retribuire il prestatore “a cottimo”, o al di sotto dei li-miti di livello o di percentuale “minimi” fissati dalla contratta-zione collettiva, o non dovesse affiancare il giovane ad un “tu-tor” o ad un referente aziendale: esse, contestabili da tutti gli organi che effettuano accerta-menti in materia di lavoro, sa-ranno comprese tra 100 e 600

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Previsto il ri-lancio

dell'apprendi-stato per alta

formazione e ri-cerca

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euro che, in caso di recidiva, pos-sono giungere ad un “range” che va da 300 a 1.500 euroIl contratto di apprendistato conti-nuerà ad essere escluso, salvo specifiche indicazioni legislati-ve o della contrattazione colletti-va, dal computo dei limiti numerici previsti per l’applicazio-ne di particolari normative ed isti-tuti, come, ad esempio, la base di calcolo per l’applicazione della normativa sui disabili “ex lege” n. 68/1999.Infine, una novità di particolare significato è quella che riguarde-rà i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità: se la loro assunzio-ne a tempo indeterminato sarà fi-nalizzata ad una qualificazione o riqualificazione professionale, potranno essere assunti con contratto di apprendistato, fermo restando che il datore di la-voro usufruirà delle specifiche agevolazioni previste sia dall’art. 8, comma 4 che dall’art. 25, comma 9, della legge n. 223/1991, le quali consi-stono nella contribuzione del 10% .per la quota a carico del datore di lavoro per diciotto me-si, oltre al 50% dell’indennità di mobilità, per dodici mesi, se ancora goduta. Indubbiamente, se la norma sarà confermata al termine dell’iter procedimentale appena iniziato, si potrà afferma-re che per tali soggetti non c’è il limite dei ventinove anni e che, il lavoratore potrà essere retribui-to secondo le regole in uso per l’apprendistato.L’esame, necessariamente bre-

ve, della prima bozza del nuovo apprendistato consente di espri-mere alcuni giudizi che possono così sintetizzarsi:a) la riforma dell’apprendi-stato per la qualifica professiona-le (art. 3) anticipata ai quindici anni di età a completamento dell’obbligo scolastico, se piena-mente attuata e, soprattutto, se attuata in maniera coerente con gli obiettivi formativi, potrebbe consentire un avvicinamento effettivo dei minori al mondo del lavoro: non sarà, indubbia-mente, il “sistema duale” tede-

sco (che poggia su altre basi il cui esame mi porterebbe lontano dal tracciato di questa breve ri-flessione), ma sarà un qualcosa di più rispetto al nulla attuale;b) l’apprendistato professio-nalizzante (detto anche contratto di mestiere) si presenterà in una veste del tutto nuova: non soltanto come strumento gradito dal datore di lavoro per i minori oneri contributivi e per un sala-rio più basso, ma strumento desti-nato a favorire l’occupabilità dei giovani, in termine di acquisizio-

ne “vera” delle competenze, se-condo una strada che in paesi vicini al nostro, come la Germa-nia o la Francia, vede alte percentuali di giovani con rapporto di apprendistato, sin dal compimento della maggiore età (in Italia, oggi, l’età degli apprendisti è di gran lunga supe-riore);c) l’apprendistato di alta formazione e ricerca verrà riempito di contenuti ed appare fortemente densa di contenuti la previsione sia dell’aggancio ai dottorati di ricerca che al prati-cantato delle professioni ordini-stiche;d) l’apertura del contratto anche ai lavoratori in mobilità ri-collocati a tempo indeterminato rappresenta un uso intelligente dell’istituto, soprattutto se si cre-derà fino in fondo (e le premes-se sembrano esserci) alla formazione “vera” all’interno delle mura aziendali;e) il nuovo ruolo delle Re-gioni: esso non sarà più legato alla sola ideazione di profili formativi espressi sia dalle aziende che dagli istituti e dalle scuole professionali abilitate, ma ad un controllo effettivo circa gli adempimenti relativi alla formazione, oltre che alla erogazione di competenze di ba-se trasversali nell’apprendistato professionalizzante. Il nuovo ruolo potrà essere effettiva-mente stimolante e degno di un nuovo protagonismo.

Una riforma che potrebbe

consentire un effettivo avvici-

namento dei gio-vani al mercato

del lavoro

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Pubblicazione Ufficiale del Consiglio provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma

EVASORI O CONTRIBUENTI? LA SCELTA TRA I

BANCHI DI SCUOLASe un adolescente di oggi ha le idee poco chiare su tasse e impo-ste, che contribuente sarà doma-ni? Un’indagine condotta nelle scuole rivela dati sconfortanti sulla pesante mancanza di informazione che i ragazzi italia-ni palesano nei confronti del do-vere dei cittadini di pa-gare le tasse. E, di conse-guenza, sui di-ritti che ne derivano.Proponendo a un campione di ragazzini tra i 13 e i 16 anni una rifles-sione su quale sia il reato peggiore tra il furto e l’eva-sione fiscale, più della metà afferma che sia ammissibile non pagare le tasse (56,5%), mentre il furto è giustificato (e solo in parte) esclusivamente in casi di estrema necessità (6,1%). Il punto è che pensando al furto la tangibilità del reato ri-sulta evidente, mentre con l’eva-

sione è difficile cogliere altrettanto tempestivamente il danno arrecato e soprattutto è difficile capire a chi tale danno si arreca. Alla domanda: – Perché è ammissibile non paga-re le tasse? – Molti dei ragazzi rispondono: - Perché siamo co-

stretti a pagare per quei servizi pessimi che lo Stato ci offre?- A una tale ribattuta pungente e spesso legittima dei giovani bi-sognerebbe proporre un punto di vista alternativo, spiegando loro che spesso i servizi pubbli-ci sono scadenti proprio perché

molti non proprio onesti cittadi-ni decidono di non contribuire alla salute del proprio Stato, rendendo inefficienti quei servi-zi di cui usufruiscono loro stes-si e le loro famiglie. Assai incisivo è risultato, all’interno dell’indagine,

il titolo di studio dei genitori dei ragazzi intervistati: è emerso che solo il 39% dei fi-gli di genito-ri con un basso livello d’istruzione (terza me-dia) conside-ra reato l’evasione fiscale, contro il

70% dei figli dei laureati. Ri-sulta chiara, dunque, l’importanza del livello cultura-le delle famiglie, che senz’altro influisce sul senso civico dei ra-gazzi proprio nel momento in cui la loro coscienza di cittadi-ni si forma e si rafforza. Se nes-

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Lorenzo Lelli

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suno spiega ai giovani l’importanza degli adempimenti fiscali, il peso delle sanzioni, il danno ingente allo Stato e alla co-munità, e, perché no, il valore di essere cittadini onesti a cui sia-no riconosciuti diritti proporzio-nati ai propri oneri, l’Italia non cederà mai il triste primato di Paese europeo con il più alto tas-so di evasione fiscale (in media 38%, con picchi fino al 66% al sud). Educare i giovani in que-sto senso, significa investire sul futuro del Paese. Ciò non signifi-ca impartire a ragazzi tredicenni lezioni di economia o istituire materie finanziare nelle scuole medie, ma semplicemente foca-

lizzare la loro attenzione sui ge-sti quotidiani, da cui il buon senso civico ha origine. E allora ogni genitore o insegnante do-vrebbe prendersi l’incarico e la responsabilità di spiegare ai gio-vani l’importanza di esigere lo scontrino da un negoziante del quartiere, di pagare il biglietto sui mezzi pubblici, di richiedere la fattura al proprio dentista. Occorre insinuare nelle co-scienze dei cittadini, ragazzi e adulti che siano, l’idea che l’eva-sione fiscale non è meno grave del furto, non è legittima in nes-sun caso, non è opinabile né soggettiva. È un reato a tutti gli effetti, è un furto allo Stato e ai

suoi cittadini. Bisogna sensibi-lizzare i ragazzi a tal punto che tutte le volte che il medico o l’avvocato proporrà loro l’alternativa di un prezzo scontato, ma senza fattura, avranno la prontezza e la convinzione di rispondere che preferiscono rinunciare allo sconto piuttosto che contribuire al reato di un professionista disonesto. In conclusione biso-gnerebbe proporre ai giovani cittadini un’ultima domanda: “Sottrarre risorse a se stessi e al proprio futuro non è forse più grave ancora che rubare agli altri?”

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La Fontana di Trevi vista dalla parte dell’acqua vergine

Molti di noi sono abituati a vivere la nostra città e le sue eterne meraviglie, senza saper trovare sempre l’occasione di collegare tutti quei piccoli e grandi pezzi di storia che nel divenire della vi-ta, si leggono sui libri, o ci vengono raccontati e si strutturano, anche sul piano sensoriale, sensa-zioni e ricordi. Passando vicino a straordinarie ricchezze d’arte e di storia che la nostra città eterna ci offre, siamo permeati e continuamente stimolati dal “profumo della storia” e dalla vibra-zione dell’Arte.Mons. Pietro Amato – direttore del Museo Stori-co Vaticano ed illustre pr ofessore d’ic onogra-fia e d’icono-lo- gia, nella pre- sentazio-ne della Mo-stra Romana de- dicata a “Sa n Seba-stia n” che lo scor so anno ha avuto luo-go in Sala San ta Rita e che ha visto il grande on ore di una straordi-na- ria pre- fazione a cu- ra dell’Illustre Professor Antonio Paolucci – Diretto-re dei Musei Vaticani dello Stato Città del Vatica-no, ha definito l’Arte come “Essenza di Luce che fa risplendere la materia”. Orbene, ogni giorno, siamo circondati nella nostra Roma Capi-tale da secoli di storia sui quali, a volte, forse non ci soffermiamo abbastanza a contemplare la

bellezza che in ogni angolo ci circonda.Nella grandezza dell’Impero Romano già si tro-vavano i prodromi della sensibilità ecologica e dell’attenzione alle risorse naturali del nostro pianeta. Pensate solo che l’acqua che veniva immessa negli acquedotti, in molti casi era perfettamente razionata a monte della sua stessa immissione, al fine di garantire che tutto e tutti potessero essere serviti, senza che si commettes-sero sprechi. Utilizzo il verbo “commettere” perché in moltissime culture, ancora oggi, lo spreco dell’acqua veniva considerato alla stre-gua di molti altri reati.A partire dalla fondazione di Roma e per i suoi 441 anni seguenti, ci informa Frontino, nel suo De aquis urbis Romae, i Romani utilizzavano le acque tratte dal Tevere, dai pozzi e dalle sorgenti”. Tutto questo sino al 312 a.C., anno in cui si rilevo’ che le risorse disponibili non erano più sufficienti a coprire il maggior fabbisogno, determinato dallo sviluppo urbanistico ed all’incremento demografico di Roma e della sua popolazione.Dionigi di Alicarnasso ci segnalava a tal propo-sito che: "Mi sembra che la grandezza dell'impe-ro romano si riveli mirabilmente in tre cose, gli acquedotti, le strade, le fognature". Successiva-mente Plinio il Vecchio poneva l’accento sul fatto che: "Chi vorrà considerare con attenzione … la distanza da cui l’acqua viene, i condotti che sono stati costruiti, i monti che sono stati perforati, le valli che sono state superate, dovrà riconoscere che nulla in tutto il mondo è mai esi-stito di più meraviglioso".Si pensi solo che dal 312 a.C., ben 11 acquedotti furono commissionati e costruiti, tali da garanti-re alla Capitale, una disponibilità di risorse idri-che, pari a circa il doppio di quella attuale. La stessa era stata contingentata e serviva le case private (solo di pochi eletti ed importanti perso-naggi della vita sociale del tempo), le numerosis-sime fontane pubbliche (circa 1.300), le fontane

Presidente

NARDINOCCHI UMBERTO

Altri componenti

PANICALI MASSIMILIANOCARLEVALE CARLO

COSTANTINI PATRIZIAMARCHETTI FEDERICOGRAZIANI GIOVANNA

QUARTARARO LUCILLA

LA COMPOSIZIONE DELLA CONSULTA I

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Fontana di Trevi by night di KostasKon

monumentali (15), le piscine (circa 900) e le terme pubbliche (11).Vi erano inoltre i bacini utilizzati per gli spettacoli come le naumachie (2) ed i laghi artificiali (3).Solo intorno al 30 a.C., con Menemio Agrippa, fu creato un servizio pubblico, successivamente strutturato e consolidato da Augusto, che si occupa-va dell’approvvigionamento idrico cittadino e di tutte le funzioni collaterali di manutenzione ed ero-gazione.Sono nell’assedio del 537 da parte degli Ostrogoti, fu decretata la fine della storia degli acquedotti antichi che furono “interrotti” per impedire l’approvvigionamento idrico della città e molte altre volte ancora, nella storia di Roma, furono ri-dotte le risorse idriche fino al IX secolo, che vide il crollo demografico e la decadenza delle risorse tecniche ed economiche necessarie, per effetto della quale, i romani dovettero tornare ad attingere l’acqua dal fiume, dai pozzi e dalle sorgenti.Orbene, la storia della fontana di Trevi, raccontata a partire dall’acqua che la alimenta, si lega in que-sto quadro di opere urbanistiche e monumentali al sesto degli acquedotti che venne commissionato da Agrippa (già tre volte console e all’epoca senza più nessuna magistratura) che lo inaugurò il 9 giu-gno del 19 a.C., a servizio dell’impianto termale del Campo Marzio.Le sorgenti che lo alimentavano si trovavano era-no all’VIII miglio della via Collatina nell’Agro Lu-cullano, a poca distanza dal corso dell’Aniene. Il nome di “acqua vergine” sembra derivi, secondo una leggenda, dalla fanciulla che avrebbe indicato ai soldati il luogo dove l’acqua sorgeva, volendo forse anche dare rilievo alla qualità di purezza dell’acqua che da li’ sgorgava.Il percorso dell’acquedotto era di 20 km, quasi tutto sotterraneo di cui 2 soli km giungevano in su-perficie. La portata giornaliera era di 2.504 quina-rie (pari a 103.916 m3 e 1.202 litri al secondo).Il percorso seguiva la via Collatina, in parte su arcate, e raggiungeva la città alle pendici del Pincio. In successiva epoca, l’Imperatore Claudio fece realizzare successive arcate di epoca claudia-na (in parte conservate in via del Nazareno) attra-

versavano il Campo Marzio- In buona sostanza , scavalcando l’attuale via del Corso (la via Lata) sull’"arco di Claudio", un’arcata dell’acquedotto monumentalizzata per celebrare la conquista della Britannia ad opera di questo imperatore.Con il taglio degli acquedotti, la decadenza me-dioevale della città e l'addensamento della scarsa popolazione in Campo Marzio, a Trastevere e in Borgo, l'approvvigionamento d'acqua di gran parte della città riprese a dipendere quasi comple-tamente dal Tevere. Fino al XVI secolo l'unico acquedotto antico che ancora continuava a dare acqua era quello dell'Acqua Vergine, che alimentava la fontana di Trevi. Il ripristino dell'acquedotto Vergine, che era stato avviato già da Niccolò V e proseguito da Pio IV, concluso nel 1570 ad opera di Pio V, fu l'inizio di un radicale mutamento della situazione.La Fontana di Trevi è il punto terminale dell'anti-co acquedotto dell'Acqua Vergine (Aqua Virgo) fatto costruire da Agrippa. L'aspetto odierno è do-vuto a Nicola Salvi tra il 1732 e il 1751, forse su progetti del Bernini.Nell’immaginario di tutti noi a questa meraviglio-sa e straordinaria fontana monumentale alla cui storia si legano tanti miti e leggende della Roma Antica e non solo, cui tanti turisti voltano le spalle per gettare la monetina con il loro desiderio di ri-tornare a Roma e che ha visto importanti attori ed attrici nei fotogrammi della storia del cinema immergersi finanche dentro, costituisce anche, a mio modesto avviso, un prezioso esempio, non so-lo dell’arte, ma anche dell’attenzione alle preziose risorse del pianeta, come terminale di un sistema complesso di acque che nei secoli hanno difeso il loro valore ed esaltato la bellezza della nostra straordinaria città.

di Andrea Tommasini

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CONVEGNI - TAVOLE ROTONDE - INCONTRI

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Il Consiglio provinciale dell'Odine dei Consulenti del lavoro di Roma, al fine di agevolare i propri iscritti, ha sottoscritto un'integrazione alla convenzione con la EFI ADR - Camera Nazionale di Concilia-zione. In virtù di tale convenzione la EFI applicherà, ai ns. iscritti e clienti dei ns. iscritti, per le Concilia-zioni instaurate presso l' organismo, una riduzione del 25% sulle tariffe delle spese di procedura della Conciliazione, così come dettagliate nella tabella allegata alla presente. La EFI inoltre, favorirà in via pre-ferenziale per la nomina a Conciliatore gli iscritti dell’Ordine che siano stati formati da EFI Spa – Ente di Formazione accreditato, nelle materie di loro specifica competenza. Inoltre a far data dal 16 maggio p.v. sarà operativo l'Organismo di Conciliazione, per i consulenti del lavoro, presso la sede dell'Ordine.

Convegno- Martedì 17 maggio 2011 ore 09,30 - Oly Hotel – Via Santuario Regina degli Apostoli 36Il regime dei minimi: analisi di convenienza, adozione, controlli di fine anno, perdita del regime, verifiche fiscali alle porte Dott. Massimiliano Bellini – Dott. Commercialista e Revisore Contabile

Convegno- Mercoledì 18 maggio 2011 ore 14,45 – Oly Hotel – Via Santuario Regina degli Apostoli 36 Nuova modalità di invio C.I.G. ed esposizione su UNIEMENS Aldo Tomaino – Funzionario INPS

Convegno- Martedì 24 maggio 2011 ore 9,30 – Oly Hotel – Via Santuario Regina degli Apostoli 36L’accesso al lavoro degli extracomunitari con particolare riguardo al rapporto di lavoro domesticoAvv. Claudia Cermelli

Tavola rotondaIl Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma, in collaborazione con l’Unione Giovani Consulenti del Lavoro di Roma ha programmato per giovedì 26 maggio p.v., dalle ore 14.30 alle ore 18.30 circa, presso la sede dell’Ordine in Via C. Colombo 456, un incontro gratuito (con un numero di posti limitati) valido ai fini della Formazione Continua Obbligatoria dal tema:La gestione del personale: Tecniche di negoziazione Dott.ssa Luisa Macciocca

Tavola Rotonda- Martedì 31 maggio 2011 ore 9,30 - Sede Ordine – Via C. Colombo 456La Mediazione dopo il D.lgs. 28/2010: Aspetti pratici e simulazione di un caso praticoDott. Giulio Renato Fiorimanti – Dott. Commercialista, Revisore dei Conti e Dottore in Giurisprudenza

CONVENZIONE CON LA EFI - ADR

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PLURALISMOE

RISPETTOMala tempora currunt ... un'espressione latina adattissima ai tempi in cui scriviamo que-ste poche righe.

Due luminosi esempi per tutti:

1) sulla Rivista ufficiale dell'Ancl (noi non useremo il termine spregiativo "giornalino" con cui ci hanno definito perchè, differentemente da loro, rispettiamo gli altri) , l'"Os-servatore Romano" ( e il Presidente dell'ANCL Longobardi) ci hanno definito un prodotto elettorale, che "probabilmente" cesserà le pubblicazioni dopo le elezioni in modo che i colleghi potranno tornare a leggere, finalmente, "cose serie". Potremmo citare altre Rivi-ste, Sindacati o Siti Web nati per scopi elettorali ( Rinascimento ? Rinverdimento? Rinno-vamento? non ricordiamo bene...) ma evitiamo di farlo. Non ci sembra però un bell'esercizio di democrazia e pluralismo augurarsi la dipartita di una testata di stampa solo perchè non se ne condividono i contenuti;

2) l'Unione provinciale romana continua a rifiutare o a ritardare la iscrizione di molti colleghi romani con motivazioni poco comprensibili. E' un esercizio di democrazia e plura-lismo impedire ai colleghi di far sentire la loro voce quando, invece, ne hanno tutto il sa-crosanto diritto ? cosa aspettano i vertici nazionali Ancl ad intervenire su comportamenti che non fanno altro che danneggiare, in ultima analisi, l'immagine stessa e la credibilità del Sindacato nazionale (che, inoltre, si autodefinisice "unitario") ? permettere certi comportamenti non equivale a rendersene corresponsabili?

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“Sor Lello mio, quanto sèmo ‘n pena !dicheno che sète provvisori

de vita corta, che durate appenaer tempo de cantà dù Pater Glori !

A tutti noi dispiacerebbe assai:omai s’era diffuso tra la ggente

dovesse da sparì .. nun fosse mai!‘stò Monno bello der vostro Consulente !”

“Ai democratici de 'stà Fratellanzanoantri nun je dimo e nun je famo”rispose Lello “innanzi l’aroganza ce famo ‘na risata e se grattàmo.

È ‘nà regola de la democrazzia:se l’uva la Vorpe nun po’ piàllao dice ch’è ‘na granne fetenzìa

oppuramente cerca d’acciaccalla.

Nun te fà venì li mar de panza:se ce augureno de finì tra i trapassatinoi risponnemo sempre cò eleganza

augurandoje de finì ‘mmorammazzati !”

PASQ

UIN

ATE

'A risposta elegante