State of the World 99

39
Worldwatch Institute Edizioni Ambiente Stato del pianeta e sostenibilità. Rapporto annuale Lester R. Brown e altri Edizione italiana a cura di Gianfranco Bologna World the S tate of 99

description

State of the World 99, stato del pianeta e sostenibilità.

Transcript of State of the World 99

Page 1: State of the World 99

All’avvicinarsi della fine del secolo, il celebre gruppo di ricerca-tori del Worldwatch Institute riprende l’analisi dei principa-li trend che hanno messo l’economia globale in rotta di collisio-ne con gli ecosistemi della Terra. L’edizione di quest’anno delloState of the World propone ai lettori una mappa di riferi-mento per affrontare i problemi di una nuova economia soste-nibile.Nel ventesimo secolo l’uomo è sbarcato sulla luna, ha inventatosempre più potenti microprocessori al silicio, ha affrontato il tra-pianto di patrimonio genetico. Ma non è riuscito a fornire acqua potabile a un miliardo di perso-ne, né a rallentare l’estinzione di migliaia di specie, né a trovaresoluzioni energetiche compatibili con gli equilibri atmosferici.

State of the World ’99 testimonia l’esistenza e la praticabi-lità di una concezione completamente nuova dell’economia. E’possibile ipotizzare una Rivoluzione ambientale che influenzi loscenario economico tanto quanto ha fatto la Rivoluzione indu-striale, responsabile della nostra attuale insostenibilità. Gli autori affermano che la transizione ad una economia am-bientalmente sostenibile può e deve rappresentare la più gran-de opportunità di investimento della storia.Paese per paese, comunità per comunità, vengono delineati iprimi mutamenti in corso. Da un’economia centrata sui combu-stibili fossili, sull’automobile e sullo spreco ad un’economia basa-ta sulle energie rinnovabili, sull’uso combinato di ferrovia e bici-clette, sul riuso e riciclo.

Il Worldwatch Institute è nato nel 1974 ed è da decenni con-siderato il più autorevole punto di osservazione dei trend ambien-tali del nostro pianeta.L’Istituto ha come obiettivo istituzionale quello di appoggiare l’e-voluzione verso una società ambiental-mente sostenibile nella quale si dia ri-sposta ai bisogni umani senza minaccia-re l’ambiente naturale o le prospettivedelle generazioni future.L’Istituto opera attraverso ricerche inter-disciplinari sui temi emergenti di in-teresse globale.

Lester R. Brown è tra i fondatori delWorldwatch Institute e ne è il direttore.

W o r l d w a t c h I n s t i t u t e

Edizioni Ambiente

Stato del pianeta e sostenibilità.Rapporto annualeSt

ate

ofth

eW

orld

’ 99a

cura

di

L. R

.Bro

wn

Lester R. Brown e altri

Edizione italiana a cura di Gianfranco Bologna

World

theState ofState of

World’99

Edi

zion

iA

mbi

ente

the State of the World, oggi tradotto in 30lingue, è l’annuario più qualificato sul-lo stato dell’ambiente ed è uno stru-mento di analisi scientifico-economicautilizzato da docenti, economisti e lea-der politici.

99

Lire 40.000 (Euro 20.66)

copertinaStatex99 9-03-2004 18:33 Pagina 1

Page 2: State of the World 99

World’99theState of

Stato del pianeta e sostenibilità.

Rapporto annuale questo

volume è

raccomandato

dal WWF

Italia

Edizioni Ambiente

Page 3: State of the World 99

StaffJanet N. AbramovitzEd AyresRichard BellChris BrightLester R. BrownLori A. BrownMary CaronSuzanne CliftElizabeth DohertySeth DunnBarbara FallinChristopher FlavinHilary F. FrenchGary GardnerJames Gillespie

Joseph GravelyBrian HalweilMillicent JohnsonReah Janise KauffmanSharon LapierLisa MastnyAshley Tod MattoonAnne Platt McGinnMolly O’MearaMichael RennerDavid Malin RoodmanCurtis RunyanPayal SampatAnne SmithAmy Warehime

Dirigenti operativiLester R. Brown, DirettoreChristopher Flavin, Vice Direttore senior, settore ricercheHilary F. French, Vice Direttore, settore ricerche

Richard C. Bell, Vice Direttore, settore comunicazioniJames Gillespie, Vice Direttore, amministrazioneReah Janise Kauffman, Vice Direttore, settore eventi speciali e segreteria generaleBarbara Fallin, Assistente tesoriere

DirettivoAndrew E. Rice, Presidente, Stati UnitiLester R. Brown (Ex Officio), Stati UnitiGilbert Butler, Stati UnitiEdward S. Cornish, Stati UnitiCathy Crain, Stati UnitiThomas Crain, Stati UnitiØystein Dahle, NorvegiaHerman Daly, Stati UnitiOrville L. Freeman, Stati UnitiLynne Gallagher, Stati UnitiHazel Henderson, Stati UnitiAbd-El Rahman Khane, AlgeriaScott McVay, Stati UnitiIzaak van Melle, OlandaWren Wirth, Stati Uniti

State of the World ’99Direttore del progetto Lester R. BrownCodirettori del progetto Christopher Flavin, Hilary F. FrenchCuratore dell’edizione originale Linda Starke

Contributi di Janet N. Abramovitz, Lester R. Brown, Seth Dunn, Christopher Flavin,Gary Gardner, Ashley Tod Mattoon, Anne Platt McGinn, Molly O’Meara, MichaelRenner, David Malin Roodman, Payal Sampat, John Tuxill

Edizione italiana a cura di Gianfranco Bologna

Worldwatch Institute

Page 4: State of the World 99

State of the World ’99Stato del pianeta e sostenibilità. Rapporto annuale.a cura di Lester R. Brown, Christopher Flavin, Hilary Frenche dei ricercatori del Worldwatch Institute

Titolo originale: State of the World ’99 A Worldwatch Institute Report on Progress Toward a Sustainable Society© Copyright 1999 Worldwatch Institute, Washington, USAAll rights reserved

Edizione italiana a cura di Gianfranco Bologna

Traduzioni: Davide Forno (capitolo 9), Eleonora Fragalà (capitolo 6), Chicco Funaro (capitolo 1), Gianni Mastino (capitolo 10), Dario Mazzone (capitolo 7), Ombretta Polvara (capitolo 5), Daniela Rossi (capitolo 4), Brunella Saccone (capitolo 3), Claudia Scifo (capitolo 8), Alberto Severin (capitolo 2).

Redazione: Simona Molinari, Rossana FranzoniProgetto grafico: Isa Coizet

© Copyright 1999, Edizioni Ambiente srlvia Guerrazzi 27, 20145 Milano tel. 02/33602977fax 02/33604241

sito internet: www.reteambiente.ite-mail: [email protected]

Ufficio stampa e promozione: Tina Corti, Genio snc, Milano

Concessionaria di pubblicità: Argentovivo, via Bordighera 6, 20142 Milanotel. 02/89515424, fax 02/89515565sito internet: http://www.argentovivo.it/ambiente

Distribuzione: PDE, via Tevere 54, loc. Osmannoro50019 Sesto Fiorentino (FI)tel. 055/301371 fax 055/301372

Finito di stampare nel mese di marzo 1999 presso la Tipografia Lucchi, via Cialdini 82, 20161 Milano

Stampato in Italia - Printed in Italy

Questo libro è stato stampato su carta riciclata 100%

Page 5: State of the World 99

1. Una nuova economia per il nuovo secoloLester R. Brown e Christopher Flavin

pagina 1

L’accelerazione della storiaIl secolo della crescitaLa sopraffazione della terraIl profilo di una nuova economiaRipensare il progresso

2. La reinvenzione del sistema energeticoChristopher Flavin e Seth Dunn

pagina 23

I primi segnaliIl cambiamento sistemicoUn’industria trasformataGeopolitica e potereEnergia e società

3. Per una economia dei materiali sostenibiliGary Gardner e Payal Sampat

pagina 47

La costruzione di un secolo materialeIl lato oscuro del consumoUna rivoluzione materialeCambiare marcia

4. La riformulazione del mercato dei prodotti forestaliJanet N. Abramovitz e Ashley T. Mattoon

pagina 69

L’evoluzione negli scenari della produzione del legnoGli alberi nelle nostre caseCarta: dalle reti da pesca al silicioEnergia dal legnoIl futuro dei prodotti forestali

5. Oceani: una gestione diversaAnne Platt McGinn

pagina 93

Il valore economico ed ecologico degli oceaniUn mare di problemiIl dominio dei mariCostruire una volontà politica

6. I benefici della biodiversità delle pianteJohn Tuxill

pagina 115

Verso l’estinzione di massaCibo e agricolturaFarmaci e altri beniL’aumento della bio-uniformitàMagazzini a salvaguardia della biodiversitàMantenere la diversità nell’ambiente autoctonoSpartire i benefici

7. Nutrire nove miliardi di personeLester R. Brown

pagina 137

Un secolo di crescitaIpernutriti e denutritiLa terra: una risorsa limitataL’acqua: una crescente limitazione alla crescitaAumentare la produttività della terraCambiare rotta

Sommario

VII - Indice delle figure e delle tabelle

IX - “Tutto esaurito” di Gianfranco Bologna

XIX - Introduzione di Lester Brown, Cristopher Flavin, Hilary French

XXII - Elenco degli acronimi e delle abbreviazioni

Page 6: State of the World 99

8. Una nuova idea della cittàMolly O’Meara

pagina 159

Un mondo in via di urbanizzazione Migliorare l’approvvigionamento e la qualità dell’acquaDa discariche a fonte di materie primeMuovere persone e merciCostruire quartieri miglioriRealizzare la nuova idea di città

9. Alt ai conflitti armatiMichael Renner

pagina 181

La guerra nel ventesimo secoloPace e disarmo nel nostro secoloLa mutevole natura della sicurezzaChe cosa richiede una politica per la sicurezzaUn mondo senza confini

10. Costruire una societàsostenibile David Malin Roodman

pagina 201

Cogliere i giusti segnaliReinventare la normativaSfide globali, collaborazione globale Una rivoluzione eco-industrialeUna società civile per una società sostenibileIl potere di una cittadinanza informata

Note e riferimentibibliografici

pagina 225

Indice analiticopagina 273

Page 7: State of the World 99

VII

Capitolo 1. Una nuova economia per il nuovo secolofigura 1.1. Popolazionemondiale, 1900-98figura 1.2. Prodotto globale,1900-97figura 1.3. Temperaturemedie sulla superficie dellaTerra, 1866-1998

Capitolo 2. Lareinvenzione del sistema energeticofigura 2.1. Produzionemondiale di petrolio

e stime delle risorse, 1500-2500 figura 2.2. Concentrazione di anidridecarbonica nell’atmosfera, 1000-1997 figura 2.3. Capacità mondiale diproduzione di energia eolica, 1970-97 figura 2.4. Fornitura di energiafotovoltaica mondiale cumulativa,1970-97figura 2.5. Consumi mondiali di energia, 1900-97

Capitolo 3. Per una economia dei materiali sostenibilifigura 3.1. Produzione mondiale di materiali, 1963-95

Capitolo 4. La riformulazione del mercato dei prodotti forestalifigura 4.1. Fonti di fibra per la produzione globale di carta,metà anni Novanta figura 4.2. Trend nell’uso pro-capite di carta nei paesi industrializzati e nei paesi in via di sviluppo, 1975-2010

Capitolo 7. Nutrire nove miliardi di personefigura 7.1 Produzione mondiale pro-capite di cereali, 1950-98figura 7.2 Area pro-capite a cereali,1950-98 e proiezioni al 2050figura 7.3 Area mondiale di coltivazione della soia, 1950-98figura 7.4 Area mondiale irrigata pro-capite, 1900-98 e proiezioni al 2050figura 7.5 Esportazioni di cereali da Argentina, Australia, Canada,Unione Europea e Stati Uniti, 1960-97

Capitolo 9. Alt ai conflitti armatifigura 9.1 Armamenti nucleari globali,1950-97

Capitolo 10. Costruire una societàsostenibilefigura 10.1 Tasso di fertilità in rapportoal livello di scolarità della madre in alcuni paesi

Capitolo 1. Una nuovaeconomia per il nuovosecolotabella 1.1. I venti paesi piùpopolati, 1998, e proiezionial 2050tabella 1.2. Trend nell’uso dienergia per fonte dienergia, 1990-97

Capitolo 2. Lareinvenzione del sistema energeticotabella 2.1. Uso mondiale dienergia, 1900 e 1997 tabella 2.2. “Microsoft” delsettore energetico

tabella 2.3. Maggiori società mondiali, 1997

Capitolo 3. Per una economia dei materiali sostenibilitabella 3.1. Crescita della produzionemondiale di materiali, 1960-95 tabella 3.2. Crescita dell’uso di materiali negli Stati Uniti, 1900-95 tabella 3.3. Minerali estratti e produzione di rifiuti dei relativimetalli a livello mondiale, 1995 tabella 3.4. Ipotetico uso globale di materiali se riferito ai consumi pro-capite statunitensi, 1995 tabella 3.5. Miglioramentinell’efficienza di materiali per alcuni prodotti e fattori che diminuiscono i miglioramenti

figure

tabelle

Indice delle figure e delle tabelle

Page 8: State of the World 99

XVIII

pianiCostantino C., F. Falcitelli e A. Femia, 1998, Statistica ufficiale, contabilità am-bientale e contabilità dei flussi dei materiali in Italia, Atti del Simposio “Ambiente,energia, economia: un futuro sostenibile”, Roma 12-13 ottobre 1998, ENEA;154-188Daly H., 1981, Lo stato stazionario, SansoniHille J., 1995, Sustainable Norway, The Project for an Alternative FutureHille J., 1997, The Concept of Environmental Space, European EnvironmentalAgency (Expert’s Corner n.2/1997)IUCN, UNEP, WWF, 1991, Caring for the Earth. Prendersi cura della Terra,WWF ItaliaMcLaren D., S. Bullock e N. Yousuf, 1998, Tomorrow’s World, EarthscanMeadows D. e D. e J. Randers, 1993, Oltre i limiti dello sviluppo, Il SaggiatoreMyers N. con J. Kent, 1998, Perverse Subsidies, International Institute for Sustai-nable DevelopmentOrnstein R. e R. Thompson, 1987, Il cervello e le sue meraviglie, RizzoliPeccei, A., 1981, Cento pagine per l’avvenire, MondadoriRifkin J., 1998, Il secolo biotech, Baldini e CastoldiRoodman D.M., 1998, La ricchezza naturale delle nazioni, Edizioni AmbienteVan Dieren W. (a cura di), 1995, Taking Nature into Account, Copernicus, Sprin-ger-Verlagvon Weizsacker E.U. , A.B. e L.H. Lovins, 1998, Fattore 4, Edizioni AmbienteWackernagel M. e W. Rees, 1996, L’impronta ecologica, Edizioni AmbienteWackernagel M. ed altri, 1997, Ecological Footprints of Nations, The Earth Coun-cilWilson E., 1993, La diversità della vita, RizzoliWuppertal Institut, 1997, Futuro sostenibile, EMI

Page 9: State of the World 99

XIX

Introduzione

Stiamo lavorando all’edizione del Millennio, ma siamo ben consci che il con-cetto stesso di millennio è arbitrario, poiché basato sul calendario cristiano. Seusassimo il calendario ebraico saremmo nel 5759, lontani da qualunque finedi millennio. Se fossimo indù, saremmo nel 5101; e se invece appartenessimoalla religione islamica ci troveremmo appena nel 1377.

L’anno 2000 del Calendario cristiano sarà comunque il primo inizio di millen-nio noto al mondo intero: nell’anno 1000 lo stesso mondo cristiano non lo fe-steggiò perché, non essendoci la stampa, i calendari non erano diffusi. La vitaera regolata dal passare delle stagioni assai più che dal passare degli anni: benpochi sapevano allora di trovarsi nell’anno 1000.Questa volta, invece, il mondo intero celebrerà l’evento e si porrà interrogativisul futuro.

Nel progettare questo volume, non potendo ipotizzare un consuntivo degli ul-timi 1000 anni, abbiamo focalizzato l’attenzione sull’ultimo secolo, ponendocicontemporaneamente l’obiettivo di mettere a punto le principali sfide che ilprossimo secolo ci imporrà.Ciò che risulta evidente è che il modello economico sviluppatosi nel mondooccidentale si sta diffondendo al mondo intero e rischia di autodistruggersi.Così come è concepita oggi, l’economia non ci porterà molto lontano: dobbia-mo quindi porci il problema di imporle una svolta verso la sostenibilità. Nelprimo capitolo descriviamo come dovrebbe essere una economia sostenibile enel capitolo 10 le politiche necessarie ad arrivarci. Fortunatamente la necessitàdi un nuovo modello economico sta facendosi sentire anche a livello dei gover-ni e del mondo dell’impresa.

L’attenzione posta all’ultimo secolo ha fatto diminuire la specificità dell’analisiposta sull’ultimo anno, ma non tanto da ignorare alcuni dei principali feno-meni: i dati disponibili al momento dell’andata in stampa mostravano che iprimi otto mesi del 1998 sono stati in assoluto i più caldi tra tutti i periodi pa-ragonabili e che anche il confronto con l’anno precedente ha stabilito un re-cord. Nel porre i dati all’interno del grafico ci siamo accorti che si usciva daltracciato e abbiamo dovuto riformulare la scala verticale: in pratica il grafico diriferimento di questo importante indicatore, che usiamo da anni, non era piùadatto allo scopo.Le temperature più alte significano maggiore energia impiegata nel sistema cli-matico della terra: questo a sua volta si traduce in un aumento di tempeste einondazioni, poiché più umidità sale, più deve scenderne, anche se non è sem-pre prevedibile il modo in cui ciò avverrà. L’unica cosa certa è che l’acqua, pre-cipitando in zone montuose e deforestate, produce enormi devastazioni. Sap-piamo purtroppo che il 1998 ha visto alcune delle peggiori inondazioni dellastoria, particolarmente quelle verificatesi in Cina nella valle dello Yangtze, condanni stimati in 36 miliardi di dollari, circa 2500 morti e più di 56 milioni disenzatetto.Il Bangladesh è stato colpito da una stagione monsonica particolarmente lunga

Page 10: State of the World 99

XX

e pesante, che ha sommerso due terzi del paese per più di un mese e ha lascia-to 21 milioni di senzatetto. Questa inondazione, la peggiore in quest’area, hadistrutto parte del raccolto di riso e ha costretto molte aziende tessili di Daccaa chiudere per settimane, privando il paese dell’unica fonte di reddito daesportazione. In generale, 54 paesi hanno avuto gravi danni da inondazione.

Forse il peggiore esempio di ciò che ci porterà un clima più caldo è avvenutoproprio mentre stavamo andando in stampa: l’America centrale è stata colpitadal ciclone Mitch e dal suo vento da record (270 km/ora). Impedito a scaricar-si a nord dalle condizioni meteorologiche, il ciclone ha riversato in una setti-mana due metri di acqua sulle zone colpite: la forza fisica di questo diluvio hadistrutto case, fabbriche, scuole, ponti e strade, certo non progettati per tenertesta a fenomeni così gravi. Honduras e Nicaragua sono stati i paesi più colpi-ti. In Honduras si stima che siano stati trascinati via circa il 70% dei raccolti eun’enorme quantità di terra, il tutto trasformato in un’onda di fango che hacancellato dozzine di villaggi, spesso uccidendone tutti gli abitanti. Circa unterzo della popolazione è rimasta senza casa. Le prime valutazioni sono state di11.000 morti nei due paesi, e di almeno altrettanti dispersi. Il Presidente del-l’Honduras Flores ha dichiarato: “in pochi giorni è stato distrutto ciò che ave-vamo costruito in cinquant’anni”. Tutti gli osservatori concordano che saran-no necessari molti anni perché i due paesi si riprendano economicamente daquesto disastro.

L’instabilità climatica sta causando anche anomale ondate di caldo. Quest’esta-te sono morti più di cento texani a causa di temperature che hanno superatoper molte settimane i 35 gradi. In India si calcola che circa 3000 persone sianomorte durante la più violenta ondata di caldo degli ultimi cinquant’anni.Il 1998 ha visto circa 45 paesi soffrire di gravi siccità e di violenti incendi. Leforeste tropicali di solito non bruciano, ma a partire dalla fine del 1997 le con-dizioni di siccità estrema hanno provocato gravi incendi nel Sudest asiatico e,per gran parte del 1998, nella foresta amazzonica.In primavera sono scoppiati enormi incendi in Messico, tanto da provocare al-larmi per la qualità dell’aria dal Texas fino a Chicago. Nell’estate sono scoppia-ti incendi nelle foreste subtropicali della Florida e un’intera contea è stata eva-cuata.In Russia il caldo e la siccità hanno peggiorato la già drammatica situazioneeconomica del paese, che ha avuto il peggior raccolto da quarant’anni a questaparte. Nell’autunno Mosca ha dovuto chiedere massicci aiuti alimentari agliUSA e all’Unione Europea.Nell’insieme, si valuta che nei primi sette mesi del 1998 i disastri naturali cor-relati al clima abbiano provocato danni per 72 miliardi di dollari: il precedenterecord era stato di 60 miliardi di dollari nel 1996.

A metà anno, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fornito dati scioccan-ti sulla situazione dell’HIV, che nelle zone subsahariane ha raggiunto livelliepidemici. In molti paesi, tra cui lo Zimbabwe, il Botswana e lo Zambia, lapercentuale di adulti sieropositivi ha raggiunto il 20-26%. Data l’impossibilitàdi sostenere gli altissimi costi delle cure, questi paesi perderanno, nei prossimidieci anni, da un quinto a un quarto della popolazione solo a causa dell’AIDS:l’unico paragone possibile risale al sedicesimo secolo, quando le popolazioniindiane d’America vennero decimate dal vaiolo.Purtroppo l’epidemia non ha ancora raggiunto la sua punta massima e stadiffondendosi a ritmo impressionante in Asia – il continente dove vive piùdella metà del genere umano – e in India, dove più di 4 milioni di individuisono malati. Anche in Cina è iniziato l’allarme, poiché vi sono casi di malattiaormai in ogni provincia.

Forse il più grave trend con cui dovremo confrontarci sarà la scarsità d’acqua:la situazione peggiore è quella dell’India, dove le falde acquifere stanno svuo-

Page 11: State of the World 99

XXI

tandosi a un ritmo doppio di quello della ricarica. Gli esperti temono che inbreve tempo i raccolti possano diminuire fino al 25%: è una notizia terribileper un paese che ogni anno vede aumentare la propria popolazione di 18 mi-lioni di persone.

Questi dati ci dicono che, da un punto di vista ambientale, non siamo arrivatialla fine del secolo in una situazione brillante: ecco la ragione per cui in questaedizione di State of the World sottolineiamo la necessità di un nuovo modelloeconomico, in grado di portarci verso un progresso sostenibile. I nostri sforzi per una maggior comprensione delle nuove esigenze economichesembrano comunque premiati: l’Istituto ha ormai raggiunto i 160 contratti dipubblicazione (con relative traduzioni in 30 lingue) per State of the World, Vi-tal Signs, altri volumi di nostra produzione e per la rivista Worldwatch. Lamaggior parte delle nostre pubblicazioni appare regolarmente in quattro dellemaggiori lingue del mondo: inglese, spagnolo, cinese e giapponese. Stiamo an-che facendoci conoscere meglio attraverso il nostro sito web.Chiunque voglia esprimere commenti su questo volume o suggerimenti sulleprossime edizioni può contattarci via fax (202-296-7365) o via e-mail([email protected]).

Lester BrownChristopher FlavinHilary French

Worldwatch Institute1776 Massachusetts Ave., NWWashington DC 20036www.worldwatch.org

Page 12: State of the World 99

State of the World’99

Page 13: State of the World 99

Alla vigilia della Fiera Mondiale di Chicago del 1893, la American PressAssociation riunì le “menti migliori” del paese e chiese loro di dare unosguardo nel futuro di là a un secolo. Era un tempo in cui tutto era inpiena evoluzione. Il progresso aveva da poco reso possibile la traversatain treno da costa a costa del continente, il primo grattacielo era stato ap-pena costruito e l’elettricità stava diffondendosi nei quartieri delle città.Allo stesso tempo, l’economia era appena stata colpita da una grave re-cessione, le città si erano andate riempiendo di povera gente e i riforni-menti di legname e di minerale di ferro, le cui scorte fino ad allora eranosembrate inesauribili, cominciavano ad assottigliarsi.1Guardando al secolo che si profilava, i futurologi del paese erano statiquasi universalmente ottimisti: l’unanime previsione era che molti pro-blemi sarebbero stati risolti, e che l’avanzamento tecnologico e la crescitamateriale avrebbero prodotto una quasi Utopia. Tra le previsioni che neltempo si rivelarono valide, l’uso diffuso di elettricità e telefoni, l’aperturadi tutto il mondo al commercio e l’emancipazione femminile; tra le coseche non furono previste, la pillola anticoncezionale e Internet. Altre pre-visioni si rivelarono come minimo ingenue: tra di esse, la convinzioneche la vita dell’individuo si sarebbe allungata fino a toccare i 150 anni oche l’inquinamento atmosferico sarebbe stato eliminato. I lati oscuri del XX secolo – due guerre mondiali, la costruzione di armichimiche e nucleari, l’insorgenza di pericoli globali per la stabilità delmondo naturale e il miliardo di persone che lotta ogni giorno solo persopravvivere – non furono previsti da nessuno.2

Lester R. Brown e Christopher Flavin

Una nuova economia per il nuovo

secolo

1

Page 14: State of the World 99

Oggi, all’alba di un nuovo secolo, negli scritti dei più importanti com-mentatori economici predomina ancora una grande fede nella tecnologiae nell’umano progresso. Tale facile ottimismo è sostenuto dalle straordi-narie conquiste del Novecento, come la propulsione a reazione, i perso-nal computer e l’ingegneria genetica, che vanno ben oltre la più fantasio-sa previsione del 1890. Ma come i loro predecessori, i futurologi di oggiguardano avanti con un’ottica assai ristretta, che ignora alcuni dei trendpiù importanti che stanno dando nuova forma al nostro mondo. E nellaloro infatuazione per l’era dell’informazione e dell’economia globale,molti osservatori sembrano aver dimenticato che la moderna civilizzazio-ne, al pari di quelle che la hanno preceduta, è totalmente dipendente dal-le sue basi ecologiche.Dalla nostra comparsa come specie, la popolazione umana si è sempreimbattuta in limiti ambientali locali: l’impossibilità di procurasi selvaggi-na sufficiente, di coltivare abbastanza alimenti o di disporre di scorte dilegname ha portato a improvvisi crolli demografici e, in certi casi, allascomparsa di intere civiltà. Oggi può sembrare che l’avanzamento tecno-logico e il sorgere di un’economia mondiale integrata abbiano reso im-possibile il ripetersi di simili eventi: il problema potrebbe invece essersisemplicemente spostato a livello globale.

La sfida più grande, all’alba del nuovo secolo, è quella di scala. Il numero degli esseri umani è quattro volte quello di un secolo fa e l’e-conomia mondiale è 17 volte più grande. Questa crescita ha permessostandard di vita che i nostri antenati non avrebbero nemmeno potutoimmaginare, ma ha anche danneggiato gli ecosistemi ben al di là di ogniloro possibile previsione. La pesca oceanica, per esempio, si sta spingendoai limiti della tollerabilità e oltre, le falde acquifere si stanno rapidamenteabbassando in tutti i continenti, i terreni da pascolo si stanno impoveren-do a causa dell’eccessivo sfruttamento, molte foreste tropicali sono sulpunto di essere rase al suolo e la concentrazione di anidride carbonica(CO2) nell’atmosfera ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 160.000anni. Se tutto ciò dovesse continuare allo stesso ritmo, l’appuntamentostorico con il nuovo millennio diventerebbe una bazzecola al confrontodei processi che si potrebbero innescare: la più grande e improvvisascomparsa di forme di vita da quando un meteorite, circa 65 milioni dianni fa, spazzò via i dinosauri dalla faccia della Terra.3

Guardando al XXI secolo, è chiaro che soddisfare i bisogni della futurapopolazione con l’economia che abbiamo ora sarà semplicemente impos-sibile. Il modello economico occidentale (un’economia sprecona centratasull’automobile e dunque basata sul consumo indiscriminato di combu-stibili fossili), che pure ha recato notevole benessere a una parte dell’uma-nità, versa oggi in serie difficoltà. È chiaro che l’economia globale nonpuò espandersi all’infinito se gli ecosistemi da cui dipende continuano adeteriorarsi. Stiamo perciò entrando nel nuovo secolo con un’economiache non ci può portare dove vogliamo andare. La sfida è di disegnarne ecostruirne una che possa sostenere il progresso umano senza distruggerele basi su cui poggia, e che riesca a offrire a tutti una vita migliore.Il passaggio a un’economia ecologicamente sostenibile potrebbe rappre-sentare una transizione di portata pari a quella della Rivoluzione Indu-

12 S t a t e o f t h e W o r l d

Page 15: State of the World 99

striale, il processo che ci ha portato ai dilemmi che oggi abbiamo di fron-te. Resta da vedere come e quando ci riusciremo. Noi uomini ci siamo sempre differenziati dalle altre specie per l’abilità adadattarci a nuove condizioni ambientali e a nuove sfide. La prossima pro-va si sta rapidamente avvicinando.

Nonostante la data del 1° gennaio 2000 siauna semplice invenzione dell’uomo, deriva-ta dal calendario introdotto da Giulio Cesa-re nel 45 dC, i tre zeri che comparirannoquel giorno rappresenteranno un punto di svolta: essi sono un forte indi-catore del passaggio del tempo e segnalano quanto sia accelerato il ritmodei cambiamenti dall’analogo punto di svolta di mille anni fa. Noi pen-siamo a un secolo, per non parlare di un millennio, come a un vasto spa-zio temporale. Ma l’impetuoso sviluppo del secolo appena trascorso è av-venuto tutto in un periodo che rappresenta solo l’1% del tempo trascor-so da quando l’uomo ha iniziato a praticare l’agricoltura.4In un certo senso, l’accelerazione della storia umana iniziò ben prima chefosse scritto il primo libro di storia. Gli scienziati affermano che lo svi-luppo della tecnologia accelerò improvvisamente circa 40.000 anni fa:uno sviluppo segnato dal moltiplicarsi di utensili sempre più sofisticati,usati per cacciare, cucinare e per altri usi essenziali. Con questi utensili inostri antenati crebbero fino a diventare circa 4 milioni e, a partire dal-l’Asia e dall’Africa, popolarono praticamente tutta la Terra, dagli umiditropici alle aride pianure e alla tundra gelata.5Il secondo momento di rapida crescita iniziò 10.000 anni fa circa, con losviluppo dell’agricoltura stanziale nella “mezzaluna fertile” a ridosso delMediterraneo Orientale, e poco dopo in Cina e in America Centrale. Ilprimo sviluppo dell’agricoltura sembra essere stato spronato dalla crescitadella popolazione e dalla difficoltà a reperire cibo: ma la vera e propriaRivoluzione agricola che seguì trasformò la nostra specie, portando a tec-nologie e a strutture sociali più sofisticate, tra cui la nascita dei primi vil-laggi e delle prime città. Questo progresso contribuì ad aumentare la ca-pacità del pianeta di sostentare la specie umana: il numero dei suoi abi-tanti, che era rimasto fermo intorno ai 4 milioni per decine di migliaia dianni, saltò a circa 27 milioni nel 2000 aC, continuò a salire fino ai circa100 milioni all’inizio dell’era cristiana e a 350 milioni ai primi anni diquesto millennio.6La popolazione mondiale non riuscì a crescere molto nel Medioevo, acausa delle limitate risorse alimentari e delle devastanti epidemie che col-pirono Europa e Cina, e le varie collettività ristagnarono. La successivaaccelerazione si ebbe nei secoli centrali di questo millennio, con l’aumen-tare delle conoscenze e l’emergere della scienza che portarono, nel XVIIIsecolo, ai primi stadi della Rivoluzione Industriale: nacquero le primefabbriche, le città si espansero e ci fu un notevole aumento dei commer-ci. Nel 1825 la popolazione raggiunse per la prima volta il traguardo di 1miliardo di persone. Anche allora, comunque, i cambiamenti nelle co-municazioni, nei trasporti, nell’agricoltura e nella medicina erano cosìlenti da essere scarsamente percepibili all’interno di una stessa generazio-

Una nuova economia per il nuovo secolo 31

L’ACCELERAZIONE

DELLA STORIA

Lo sviluppo

impetuoso

del XX secolo

è avvenuto

tutto in un

periodo che

rappresenta

solo l’1%

del tempo

da quando

l’uomo ha

cominciato

a praticare

l’agricoltura.

Page 16: State of the World 99

energia rinnovabile e di idrogeno, prima smetteremo di dilapidare l’ere-dità naturale delle generazioni future e lavoreremo per rendere il pianetapiù vivibile.74

I sogni degli utopisti sono il marchio distintivo della futurologia energe-tica. Nell’America di fine secolo il petrolio veniva chiamato “oro nero” ele automobili erano considerate una cura per i disagi urbani. Alla FieraMondiale di Chicago del 1893 (già di per sé un’esposizione dell’utopia)l’elettricità era il simbolo del secolo venturo, una meraviglia da diffonde-re attraverso tutto il paese quasi come una crociata religiosa. Insieme aimetalli leggeri e ai treni ad alta velocità era una delle tre meraviglie tecno-logiche più menzionate nei 160 romanzi utopici che invasero gli StatiUniti fra il 1888 e il 1900. Nel romanzo più famoso di questo filone,Looking Backwards di Edward Bellamy, il protagonista giunge in un’A-merica dell’anno 2000 dove “l’elettricità… prende il posto di tutti i fuo-chi e di tutte le luci”.75

Potremmo presto vivere il seguito dell’utopia energetica, poiché molte in-novazioni lasciano intravedere spiragli di un futuro migliore. Queste me-raviglie rappresentano qualcosa di meglio che semplici soluzioni tecnolo-giche: esse sono il simbolodi un’ottica più ampia, ali-mentata da valori antichi escelte nuove, e cioè la crea-zione di un sistema ener-getico che porti miliardi dipersone in piena luce, checonsideri l’energia un mezzoper raggiungere un fine so-ciale, che rispetti le esigenzedei sistemi naturali grazie aiquali è possibile la vita sullaTerra. Quest’ottica potrebbespingerci a compiere la nuo-va transizione energeticaprima che sia troppo tardi,come la ricerca dell’“oro ne-ro” spinse i nostri predeces-sori a realizzare la grandetrasformazione precedente.

La reinvenzione del sistema energetico 452

1900 1920 1940 1960 1980 2000

12

10

8

6

4

2

Figura

2.5

Fonte: IIASA, BP

Consumi mondiali di energia, 1900-97

mig

liaia

di m

iliar

di d

i to

nn

ella

teeq

uiv

alen

ti p

etro

lio

Page 17: State of the World 99

Immaginate un camion che ogni mattina consegni a casa vostra tutti imateriali di cui avete bisogno nell’arco di una giornata, ad eccezione delcibo e dei combustibili. Ammucchiati davanti alla porta d’ingresso ci so-no il legno contenuto nei vostri giornali, i prodotti chimici dello sham-poo e la plastica dei sacchetti con cui portate a casa la spesa. Ci sono an-che i metalli dei vostri elettrodomestici e della vostra automobile – solo laquantità relativa a un giorno della loro vita – così come la porzione gior-naliera di materiali che dividete con altri, come la pietra e la sabbia dellepareti del vostro ufficio e delle strade che percorrete. Alla base del muc-chio ci sono sostanze che non avete mai visto, come l’azoto e il potassioimpiegati per coltivare i vostri cibi, o la terra e la roccia sotto le quali lavostra quota di metalli e minerali erano sepolti.Se siete un americano medio, questa consegna giornaliera è un carico pe-sante: 101 chili, più o meno il peso di un uomo corpulento. Ma la con-segna dei materiali è appena cominciata: domani arriveranno altri 101chili, e dopodomani ancora. Alla fine del mese avrete usato 3 tonnellatedi materiali e, alla fine dell’anno, le tonnellate saranno 37. E i vostri 270milioni di connazionali fanno lo stesso, un giorno dopo l’altro. Insieme,nell’arco di un anno, ne consumate almeno 10 miliardi di tonnellate.1Americani, europei e giapponesi di oggi usano quantità di materiali deci-samente superiori a quelle impiegate dai loro antenati nel secolo scorso, edecisamente più di quanti ne impieghino oggi gli abitanti dei paesi in viadi sviluppo. Sono stati usati più metalli, più vetro, più legno, più cemen-to e prodotti chimici dall’inizio di questo secolo che in ogni epoca passa-

Gary Gardner e Payal Sampat

Per una economia

dei materiali sostenibili

3

Page 18: State of the World 99

ta. I paesi industrializzati sono i principali responsabili di questo consu-mo: solo gli americani usano circa un terzo dei materiali che alimentanol’economia globale. Un consumo così eccessivo non è necessario per of-frire alla collettività i servizi di cui ha bisogno, e tuttavia questo modelloeconomico ad alto impiego di risorse è ancora adottato e perseguito nellamaggior parte del mondo. In effetti, il diffuso appetito umano per i ma-teriali caratterizza questo secolo quanto pietra, bronzo e ferro hanno ca-ratterizzato le ere passate.2L’uso dei materiali in questo secolo si distingue anche per altri due moti-vi. Innanzitutto i materiali diventano sempre più complessi: i beni attua-li, per esempio, usano tutti i 92 elementi reperibili in natura compresinella tavola periodica, a differenza dei 20 o poco più utilizzati alla finedel secolo scorso. Ciò consente alla scienza dei materiali di spaziare oltre iclassici legno, ceramica e metalli, ma allo stesso tempo rende più difficol-toso il riciclaggio e introduce livelli di tossicità senza precedenti negli am-bienti umani e naturali. In aggiunta è aumentata continuamente laquantità di rifiuti prodotta. Ancora oggi, pur con il crescere dell’interesseper il riciclo, la maggior parte dei materiali mobilitati dalle economie in-dustriali sono utilizzati una sola volta e poi gettati.3Le caratteristiche del rapporto con i materiali che rendono unico questosecolo sono le stesse che causano un danno senza precedenti alla saluteumana e ambientale. Solo negli Stati Uniti le miniere hanno contamina-to migliaia di chilometri di fiumi e torrenti, e il disboscamento minacciahabitat vitali che spesso ospitano specie a rischio di estinzione. L’inquina-mento dell’aria e dell’acqua generato dagli impianti di produzione ha av-velenato milioni di persone, spesso accorciandone la vita. Alcuni dei100.000 composti chimici sintetici inventati in questo secolo sono unabomba a orologeria che compromette i sistemi di riproduzione animali eumani, anche nella generazione successiva all’esposizione iniziale. E losforzo per far sparire i rifiuti – bruciandoli, seppellendoli o disperdendolinell’oceano – ha generato gas ad effetto serra, diossina, infiltrazioni tossi-che e altre minacce per l’ambiente e la salute umana.4Analizzando i dati su questo secolo, un osservatore extraterrestre potrebbeconcludere che lo scopo ultimo dell’attività umana consista nella conver-sione di materie prime in rifiuti, spesso tossici. Per fortuna questo sprecoche si compie ormai da molto tempo offre ampio spazio per una riduzio-ne radicale dell’impiego di materiali. Infatti ricercatori e politici stanno giàesplorando le soluzioni per ridurre del 90% o più i flussi di materiali im-messi nelle economie industriali, nonché le conseguenze che questi hannosull’ambiente. Questo richiederà uno sforzo di immaginazione per ripro-gettare il modo in cui si offrono i servizi richiesti e per portare l’economiain uno stato di armonia con il mondo naturale che la sostiene.

L’uso intensivo dei materiali in questo secoloha profonde radici storiche. Fin dalla Rivo-luzione Industriale, i progressi tecnologici, imutamenti sociali e l’imprenditoria si sono

rafforzati reciprocamente e hanno prodotto economie che estraggono, la-vorano, consumano e gettano via enormi quantità di materiali. Le radici

348 S t a t e o f t h e W o r l d

Il modello

economico

ad alto

impiego

di risorse

è ancora

adottato

e perseguito

nella maggior

parte dei paesi.

LA COSTRUZIONE

DI UN SECOLO MATERIALE

Page 19: State of the World 99

di questa evoluzione rimontano a secoli addietro, ma la maggior parte diqueste tendenze sono emerse solo negli ultimi cento anni.5La produzione di ferro, il metallo simbolo della Rivoluzione Industriale,illustra alla perfezione come i progressi tecnologici abbiano alimentatol’uso dei materiali. Nel 1879 un ufficiale di polizia inglese, insieme a uncugino chimico, elaborò un processo per la produzione di acciaio di altaqualità – una lega di ferro più durevole e resistente – capace di usarequalsiasi qualità di minerale ferroso, anziché solamente minerali senza fo-sforo. Questo processo ridusse i costi della produzione di acciaio dell’80-90% e portò la domanda alle stelle: tra il 1870 e il 1913 la produzione diminerali di ferro in Gran Bretagna, Germania e Francia crebbe di 83 vol-te. Altre innovazioni, insieme a una domanda sostenuta, condussero a ul-teriori incrementi nella produzione mondiale, decuplicata tra il 1913 e il1995. Oggi il ferro e l’acciaio ammontano all’85% dei metalli utilizzatinel mondo e costituiscono circa un decimo, in quantità, della produzio-ne mondiale di materiali.6Le nuove tecniche minerarie hanno reso possibile estrarre metalli ancheda vene relativamente povere, a basso tenore di metallo. Nel 1900, peresempio, non era possibile estrarre rame da minerali che contenesseromeno del 3% del metallo. Ma i progressi tecnologici hanno ridotto la so-glia di estrazione a meno dello 0,5%, aumentando il numero dei siti mi-nerari esplorabili. L’estrazione di minerale a basso tenore è una delle ra-gioni che hanno permesso all’industria del rame di rispondere a una do-manda cresciuta circa 22 volte dal 1900, proveniente dall’industria auto-mobilistica, elettrica e da altri settori. Le moderne attrezzature hanno resopossibile trasformare in poche ore intere parti di foreste in pezzi di legno,o tagliare le cime delle montagne per raggiungere i depositi minerari.7Nel frattempo, lo sviluppo dei trasporti e dell’energia ha oliato gli ingra-naggi del boom dello sfruttamento delle risorse. Il completamento dellaCanadian Pacific Railway nel 1905, ad esempio, aprì allo sfruttamentominerario le province occidentali ricche di minerali. Le locomotive aiuta-rono a svuotare le miniere liberiane di minerali ferrosi da inviare in Euro-pa. Nel corso del secolo, la crescente disponibilità a prezzi abbordabili dipetrolio – un combustibile dalle prestazioni migliori di quelle del legno odel carbone – ha reso la produzione di materiali più economica che mai.I costi decrescenti dell’energia e delle materie prime hanno alimentatol’espansione dell’economia industriale e mantenuto in costante movi-mento il ciclo dell’esplorazione e della produzione.8Forse lo stimolo più potente all’estrazione di materiali nel corso del seco-lo è stato fornito dagli incentivi economici offerti dai governi ai produt-tori. Una legge statunitense del 1872 – purtroppo ancora in vigore – of-fre concessioni per lo sfruttamento di terreni minerari federali per la cifrairrisoria di 12 dollari per ettaro, senza richiedere alcun pagamento aggiun-tivo per il minerale estratto dai giacimenti. Il possesso della concessioneconsente inoltre a chi sfrutta le miniere di costruire case, usare pascoli, bo-schi e deviare le acque della zona senza ulteriori oneri. In questo secolo igoverni di ogni parte del mondo, inclusi Indonesia, Ghana e Perù, hannointrodotto incentivi e sgravi fiscali al fine di attrarre investimenti stranierinel settore minerario e forestale. Queste politiche sono tipicamente antie-conomiche: il governo americano spende molto più nella costruzione distrade per il trasporto del legno di quanto non ricavi dalla sua vendita.9

Per una economia dei materiali sostenibili 493

Nel ’900,

lo stimolo più

potente

all’estrazione

dei materiali

è stato

probabilmente

fornito

dagli incentivi

e dai sussidi

offerti

dai governi

ai produttori.

Page 20: State of the World 99

I sussidi per accedere alle risorse materiali ed energetiche, combinati coni progressi tecnologici, hanno permesso all’industria di agire su scala su-periore e promosso nuove modalità di organizzazione e di gestione dellaproduzione. Ispirato dalla modalità di costruzione in serie di fucili, basata sull’utilizzodi pezzi intercambiabili e standardizzati agli inizi del XIX secolo, HenryFord adottò il concetto di produzione in serie nelle sue fabbriche di auto-mobili. Le sue catene di montaggio e l’uso di componenti standardizzatiridussero il tempo di produzione per automobile da 12,5 ore del 1913 a1,5 ore del 1914. Anche i costi si ridussero: una Ford “Modello T” costa-va 600 dollari nel 1912 e solo 265 nel 1923, aumentando considerevol-mente la possibilità di acquisto di un veicolo; la produzione totale Fordschizzò così da 4 milioni di automobili nel 1920 a 12 milioni nel 1925,raggiungendo circa il 50% della produzione automobilistica mondiale.Ben presto il principio della produzione di serie venne adottato dai pro-duttori di frigoriferi, radio e altri beni di consumo, con risultati simili.10

Man mano che la dimensione produttiva si gonfiava, i mutamenti demo-grafici e le nuove strategie commerciali creavano un mercato capace distarle al passo. Nei primi trent’anni del Novecento la forza lavoro euro-pea e americana si urbanizzò sempre più, trasformandosi in classe mediasalariata, caratteristica che facilitò la nascita di una classe di consumatori. Le imprese incoraggiarono e capitalizzarono questa tendenza e fu ancorauna volta Henry Ford ad aprire la strada. Nel 1914 Ford introdusse unsalario giornaliero di 5 dollari – circa il doppio del livello corrente – fa-cendo ulteriormente crescere il potere d’acquisto dei suoi operai. Operòanche una riduzione delle ore lavorative credendo, come riferisce unostudioso, che “un aumento del tempo libero avrebbe sostenuto l’aumen-to della spesa dei consumatori, anche in automobili e viaggi in auto”. Al-tri datori di lavoro si opposero veementemente alla riduzione della gior-nata lavorativa, ma concessero analoghi aumenti salariali in base al prin-cipio fordiano: sostenere e favorire il consumo privato.11

Lavoratori e famiglie più prosperi divennero rapidamente il target di sofi-sticate operazioni di marketing. Grandi magazzini e cataloghi di acquistoper corrispondenza incanalarono grandi quantità di beni verso i consu-matori e il credito al consumo rese questi beni accessibili a tutti: alla finedegli anni Venti il 60% delle automobili, radio e mobili veniva acquista-to a rate. Per spingere le vendite furono impiegate strategie astute: neglianni Venti la General Motors decise di presentare ogni anno nuovi mo-delli, giocando sul desiderio dei consumatori per la novità e un più eleva-to status sociale. Intanto i pubblicitari si servivano delle intuizioni dellaneonata psicologia per assicurarsi che i consumatori “non fossero maisoddisfatti”, secondo le parole di un vice presidente della DuPont, legan-do l’identità del consumatore ai prodotti posseduti. L’abilità pubblicitarianell’influenzare le decisioni di acquisto spinse nella direzione di una spesapubblicitaria sempre più consistente, che raggiunse i 435 miliardi di dol-lari nel 1996. I costi della pubblicità sono cresciuti, di pari passo con ilmiglioramento del tenore di vita, anche nei paesi in via di sviluppo: piùdel 1000% in Cina nel decennio 1986-1996, 600% in Indonesia e300% in Malesia e Thailandia.12

I paesi industrializzati, sempre più ricchi, investirono molto nella ricercasui materiali, promuovendo lo sviluppo di materiali nuovi e più versatili.

350 S t a t e o f t h e W o r l d

Il principio

fordiano

di favorire

il consumo

privato formò

una classe

più prospera,

che diventò

subito preda

di sofisticate

operazioni

di marketing.

Page 21: State of the World 99

Durante la II GuerraMondiale furono sov-venzionate le fonderiedi alluminio per la pro-duzione di carri armati,bombardieri e aerei daguerra. Nel dopoguerra,l’uso di alluminio si dif-fuse rapidamente a tut-te le fasce di consuma-tori, anche per articolicasalinghi di scarso va-lore come lattine per bi-bite, facendo aumentarela produzione di circa3000 volte. Anche la

plastica diventò presto popolare e il suo consumo crebbe di circa sei voltedal 1960, mentre le sue forme di utilizzazione sembravano moltiplicarsiall’infinito. La crescita dell’uso di prodotti chimici di sintesi in questo secolo non èstata meno spettacolare. Dagli anni Trenta sono stati sviluppati più di100.000 nuovi composti chimici (molti per essere usati nella SecondaGuerra Mondiale), aumentando la produzione di sostanze chimiche sin-tetiche di oltre il 1000% negli ultimi sessant’anni, e questo solo perquanto riguarda gli Stati Uniti.13

Questi nuovi materiali spesso hanno rimpiazzato quelli tradizionali –plastica al posto del metallo, ad esempio – portando a prodotti più legge-ri. Ma il risparmio di risorse derivato dall’alleggerimento dei prodotti fuben presto vanificato dall’aumento del consumo, specialmente quando leindustrie belliche, nell’immediato dopoguerra, rivolsero le proprie ener-gie al settore dei beni di consumo. La percentuale di famiglie giapponesidotate di frigorifero, ad esempio, crebbe dal 5 al 93% negli anni Sessan-ta. Il possesso di automobili a livello globale è cresciuto di dieci volte dal1950 ad oggi. Le automobili sono un esempio tipico di prodotto ad altaintensità di materiali, assorbendo almeno un terzo della produzione ame-ricana di ferro e acciaio, un quinto dell’alluminio e due terzi del piomboe della gomma.14

Nella seconda metà del secolo, l’uso dell’automobile fu facilitato dalla co-struzione di abitazioni, di nuove strade e altre infrastrutture e sua voltane spinse lo sviluppo. Questo boom dell’edilizia ha portato tra il 1957 eil 1995 alla crescita della produzione di cemento di circa otto volte e dal1950 ha triplicato l’uso dell’asfalto nel mondo. Un terzo di questo asfaltoè stato versato nella gigantesca rete di autostrade americane. Nelle zone in cui queste infrastrutture promuovevano uno sviluppo abi-tativo di tipo estensivo, anziché intensivo, come è il caso delle periferieamericane, è cresciuto di pari passo il bisogno di fogne, ponti, abitazionie linee telefoniche per far fronte alle esigenze della popolazione.15

Verso la fine degli anni Sessanta, una controtendenza nell’impiego dellerisorse – il riciclaggio – ha iniziato a svilupparsi di pari passo con la cre-

Per una economia dei materiali sostenibili 513Tabella

3.1 Crescita della produzione mondiale

di materiali, 1960–95

Fonte: vedi nota 17.

materiali1

minerali3metallilegno3

mat. sintetici4totale materiali

produzione 19951

(milioni ditonnellate)

7.6411.196

724252

9.813

1aumento rispettoai primi anni

Sessanta2

(fattore di aumento)

2,5 volte2,1 volte2,3 volte5,6 volte2,4 volte

1. Solo produzione commercializzata (non indica flussi nascosti).2. I dati sui minerali e totale materiali sono riferiti nel confronto al 1963; i dati sul legno al 1961. 3. Escluso l’uso combustibile.4. Basati su combustibili fossili.

Il risparmio

di risorse

derivato dall’

alleggerimento

dei prodotti

è stato

in breve tempo

vanificato

dall’aumento

del consumo.

Page 22: State of the World 99

La fattibilità di questa trasformazione rimane, tuttavia, in discussione so-prattutto perché richiede uso di terra in un mondo in cui i raccolti di-ventano sempre più scarsi. Alcuni analisti argomentano che i rifiuti agri-coli e forestali possono fornire risorse sufficienti a sostituire i materiali diorigine petrolchimica. Come minimo, i materiali derivati dalle pianterappresentano una buona strada per ridurre molti dei rischi ambientali esanitari associati ai materiali derivati dal petrolio.54

Come in passato, i guadagni di efficienza di un’economia a minor inten-sità di materiali potrebbero però essere eliminati dall’aumento dei consu-mi, comportando un continuo declino ambientale. Dunque i consuma-tori devono essere coinvolti nella riduzione reale dell’impiego di risorse.Un’idea che può limitare il consumo di materiali, costruire uno spirito dicomunità, far risparmiare denaro e rispondere, allo stesso tempo, ai biso-gni della popolazione, è la compartecipazione dei beni. Le operazioni di condivisione di automobili condotte a Berlino, a Van-couver e in altre città rendono disponibili le auto per quei cittadini chenon ne possiedono una propria. Chi partecipa all’operazione si serve deitrasporti pubblici, della bicicletta o va a piedi per la maggior parte deglispostamenti giornalieri, ma utilizza un’automobile in cooperativa per isuoi viaggi. In Svizzera, dove questo sistema si è diffuso in modo espo-nenziale negli ultimi dieci anni, migliaia di persone hanno rinunciato allapropria automobile e adesso guidano almeno la metà di quanto facesseroogni anno in passato, prima del cambiamento. Raccontano di una mi-gliorata qualità della vita e di una maggiore flessibilità nella mobilità per-sonale, senza lo stress derivante dal possedere un’automobile. Soddisfarel’intero mercato potenziale della condivisione delle automobili significhe-rebbe togliere dalle città europee almeno 6 milioni di veicoli.55

Un’altra fantasiosa iniziativa di condivisione è la “biblioteca degli attrezzi”sponsorizzata dalle città di Berkeley in California e Takoma Park, nelMaryland: qui gli iscritti hanno accesso a un’ampia gamma di utensili ma-nuali ed elettrici. Si tratta di un’altra alternativa “leggera” al possesso, vali-da per tutti coloro che usano utensili e apparecchi solo occasionalmente.56

La ristrutturazione dell’impiego dei materialirichiederà politiche che imprimano alle eco-nomie una nuova rotta, allontanandole dalleforeste, dalle miniere e dalle riserve petrolife-

re come fonte primaria di risorse, e dalle discariche e dagli inceneritoricome opzioni economiche di smaltimento. Produttori e consumatorihanno bisogno di essere incoraggiati a ridurre la dipendenza dai materialivergini e a sfruttare l’abbondante flusso di risorse che oggi vanno sprecateattraverso il riutilizzo dei prodotti, la rifabbricazione, la condivisione o ilriciclo dei materiali.

Probabilmente il più importante passo politico in questa direzione è l’eli-minazione dei sussidi, che fanno sembrare i materiali vergini più econo-mici di quelli riciclati. Che avvenga con pagamenti diretti o consentendoaccesso agevolato alle risorse, l’aiuto alle aziende che svolgono attività mi-nerarie o forestali rende i materiali vergini artificialmente a buon mercato

364 S t a t e o f t h e W o r l d

CAMBIARE

MARCIA

Rendere

i cittadini

compartecipi

delle risorse

significa

non solamente

limitare

il consumo

di materiali,

ma anche

costruire

uno spirito

di comunità.

Page 23: State of the World 99

per gli industriali. L’infame legge mineraria americana del 1872 continuaa offrire alle società minerarie l’accesso alle terre demaniali ad appena 12dollari l’ettaro, senza richiedere ulteriori pagamenti di royalty o il ripristi-no dei siti minerari. L’effetto è quello di incoraggiare l’impiego di mate-riali vergini. Eliminando i sussidi per le attività estrattive, la collettivitàpuò ricavare un doppio vantaggio: i guadagni ambientali sarebbero so-stanziali, giacché molti danni all’ambiente si verificano al momento del-l’estrazione, e le casse pubbliche sarebbero rimpinguate da maggioriroyalty sulle attività minerarie e forestali.57

Come l’estrazione di materiali vergini, anche la produzione di rifiuti puòessere sostanzialmente ridotta fin quasi a zero in alcune industrie e città:già oggi un piccolo gruppo di imprese riporta di aver raggiunto in alcuniimpianti un livello di rifiuti prossimo allo zero. La città di Canberra, inAustralia, sta perseguendo una strategia denominata “Stop ai rifiuti entroil 2010”. E i Paesi Bassi hanno organizzato un programma di riduzionedegli sprechi a livello nazionale, proponendosi obiettivi di contenimentopari al 70-90% rispetto ai valori attuali. Uno strumento chiave per cen-trare questi ambiziosi obiettivi è la tassazione dei rifiuti in tutte le loroforme, dalle emissioni delle ciminiere ai solidi delle discariche. Le tassesull’inquinamento applicate in Olanda tra il 1976 e la metà degli anniNovanta, per esempio, sono state la causa principale della riduzione del72-99% degli scarichi di metalli pesanti nelle acque. Tasse elevate sullosmaltimento in discarica in Danimarca hanno spinto il riutilizzo dei de-triti edilizi dal 12 all’82% nell’arco di otto anni, ben al di sopra del 4%tipico di molti paesi industrializzati. Simili imposte potrebbero portare aun ingente risparmio di risorse anche negli Stati Uniti, dove si prevedeche l’impiego di materiali da costruzione tra il 2000 e il 2020 supererà laquantità totale del secolo precedente.58

A livello del singolo consumatore, una tassa sui rifiuti può prendere laforma di tariffe più alte per la raccolta dei rifiuti o, ancor meglio, di tarif-fe proporzionali alla quantità di rifiuti prodotta: le città che sono passatea un sistema del genere hanno sperimentato una sostanziale riduzione delvolume dei rifiuti prodotti. I programmi “Paga quanto getti”, in base ai quali le persone pagano persacchetto o per unità di volume di immondizia, dimostrano i diretti ef-fetti delle tasse sui rifiuti: Dover, nel New Hampshire, e Crockett, inTexas, hanno ridotto i rifiuti domestici di circa il 25% in cinque annidall’introduzione di simili programmi. Queste iniziative sono ancora piùefficaci quando vengono abbinate a programmi di riciclo: poiché losmaltimento è tassato, la gente ricicla di più. Undici delle 17 comunitàamericane con le percentuali di riciclo più alte applicano anche sistemi ditassazione sui rifiuti proporzionale al volume.59

Una versione modificata della tassa sui rifiuti è il cosiddetto “deposito”: sitratta di una tassa temporanea, che viene restituita al pagatore una voltache il materiale tassato è restituito. Alti depositi per le bottiglie di vetro inDanimarca hanno dato grossi risultati: la restituzione è intorno al 98-99%, e le bottiglie possono essere riutilizzate fino a 50-100 volte.60

Alcuni rifiuti sono così dannosi che per assicurarne il controllo sono ne-cessari regolamenti più che tasse. La messa al bando negli Stati Uniti del-

Per una economia dei materiali sostenibili 653

Il primo passo

politico da fare

è quello

di abolire

i sussidi,

che fanno

sembrare

i materiali

vergini

meno costosi

di quelli

riciclati.

Page 24: State of the World 99

le emissioni di piombo, giudicato responsabile dei danni allo sviluppo in-tellettuale dei bambini, è uno di questi casi. Anche l’accordo internazio-nale per l’eliminazione progressiva delle sostanze che danneggiano la fa-scia di ozono ha ridotto sostanzialmente il loro impiego: si è arrivatiall’88% nel caso di clorofluorocarburi, che solo pochi anni fa erano co-munemente impiegati nei frigoriferi e nei condizionatori. Attualmente èin atto un negoziato internazionale per eliminare la produzione di 12 in-quinanti organici persistenti (POP). Quando i costi umani e ambientaliderivanti dall’impiego di sostanze particolari sono troppo alti, un bandopuò essere l’unico mezzo per ridurre la minaccia che costituiscono.61

Man mano che vengono applicati freni alle attività estrattive, allo smalti-mento dei rifiuti e alle emissioni nocive, aumenta l’incentivo a passare anuovi modi di produzione e di consumo. Ma altre iniziative statali posso-no agevolare ulteriormente questo passaggio. Se ad esempio i produttorifossero considerati direttamente responsabili per l’intero ciclo di vita deimateriali che usano, avrebbero sicuramente un forte incentivo a ridurreal minimo le quantità usate e a rendere i materiali più durevoli e ricicla-bili. Circa 28 paesi hanno promulgato leggi per il ritiro dei materiali daimballaggio, 16 lo hanno fatto per le batterie e 12 stanno pianificandol’attuazione di politiche simili per i prodotti elettronici. L’esperienza meglio documentata è la normativa tedesca sugli imballaggidel 1991: non solo essa ha portato a una riduzione sostanziale degli im-ballaggi, ma ha anche favorito la produzione di prodotti di lunga durata.L’Organizzazione Internazionale dei Contenitori della Frutta, sorta perlegge nel 1991, è diventata il principale produttore e noleggiatore di cas-se da trasporto riutilizzabili, che ora trasportano il 75% di tutti i prodottiche viaggiano in Germania. L’estensione del concetto di “responsabilitàdel produttore” a tutta l’economia potrebbe avere un effetto importantesull’utilizzo dei materiali.62

Oltre alla maggior diffusione del riciclaggio, le economie possono pro-porsi obiettivi più elevati per l’uso dei materiali riciclati nei prodotti:questo alleggerirebbe la pressione sui materiali vergini e aumenterebbeanche il valore dei materiali riciclati. In Gran Bretagna, il quinto consu-matore di carta del mondo, un disegno di legge in discussione vorrebbeaumentare l’utilizzo di carta riciclata nei quotidiani dal 40 all’80%. E laproduzione di pannelli di legno con un 70% di materiale riciclato po-trebbe ridurre la quantità di legno primario impiegata del 20% e più.63

Anche le normative sull’edilizia possono essere rivedute per consentirel’uso di materiali riciclati nelle costruzioni. Le vecchie normative spessorichiedono l’utilizzo di materiali particolari per un dato impiego piutto-sto che specificare prestazioni standard. Così oggi negli USA innovazionicome il legno plastico e i tubi per il drenaggio di plastica riciclata non so-no ancora usati in modo diffuso solo perché gli standard di sicurezza peril loro uso non sono ancora stati fissati. La revisione di questi codici –dopo test d sicurezza adeguati – potrebbe aprire la porta a un uso ampioe sicuro di materiali edilizi riciclati e metodi di costruzione alternativi.64

Per aumentare i livelli di riciclaggio di molti materiali una buona idea èquella delle “Borse dei rifiuti”, centri di informazione che aiutano a met-

366 S t a t e o f t h e W o r l d

“Paga quanto

getti”

è un sistema

di tassazione

proporzionale

alla quantità

di rifiuti

prodotta

che ha spinto

molti

a riciclare

di più

e meglio.

Page 25: State of the World 99

tere in contatto fornitori con acquirenti. Le autorità di Canberra hannorealizzato su Internet una borsa telematica delle risorse regionali comeparte integrante della loro campagna per eliminare gli sprechi entro il2010. Il governo incoraggia le imprese locali a servirsi della Borsa, che of-fre i materiali più disparati, dai rifiuti organici alle scatole di cartone.Un’iniziativa privata nella zona di confine tra Matamoros, in Messico, eBrownsville, in Texas, è ancora più ambiziosa: si serve di un modello ela-borato al computer per analizzare i flussi dei rifiuti e le richieste di mate-riali di centinaia di aziende, identificando i potenziali fornitori della cuiesistenza le varie aziende sono all’oscuro.65

Nel frattempo, alcuni ricercatori stanno effettuando indagini sullo scopostesso del consumo di materiali. Un recente studio dell’Università delSurrey, nel Regno Unito, indica che tra il 1954 e il 1994 i consumatoribritannici hanno cercato di soddisfare bisogni immateriali come affetto,identità, partecipazione e creatività servendosi di beni materiali, nono-stante sia abbastanza evidente che ciò non è possibile. Questo discutibilemodello di consumo rappresenta dunque un grossolano e inefficienteutilizzo delle risorse. I gruppi della società civile – dai gruppi religiosi alleorganizzazioni ambientali – sono i soggetti più idonei a definire i costisociali e ambientali di questi eccessi.66

Le comunità e le organizzazioni di vicinato possono aiutare a svilupparestrategie per ridurre il consumo di materiali. Un approccio particolarmen-te riuscito è il Programma Eco-Team, promosso dall’organizzazione inter-nazionale “Piano di Azione Globale per la Terra” (Global Action Plan forthe Earth, GAP). Più di 8000 gruppi di vicinato in Europa e 3000 negliUSA, ognuno composto da 5 o 6 famiglie, si incontra regolarmente perdiscutere su come ridurre gli sprechi di acqua ed energia e usare prodotti“verdi”. Il GAP riferisce che le famiglie che hanno completato il program-ma hanno ridotto i rifiuti destinati alla discarica del 42%, l’uso dell’acquadel 25%, le emissioni di carbonio del 16% e il carburante per trasportodel 15%; e hanno anche risparmiato ogni anno 401 dollari a famiglia.67

I gruppi religiosi potrebbero riflettere sul rapporto tra i consumi eccessivie l’odierno declino spirituale. Essi sono in posizione favorevole per am-monire la popolazione circa il processo di “divinizzazione” dei beni mate-riali, e la loro influenza in alcune società è enorme. Sono inoltre i soggettigiusti per trasmettere il lato positivo del messaggio sulla riduzione deiconsumi: ovvero che un consumo sano – moderazione negli acquisti espinta verso quei beni e servizi che rafforzano la crescita personale – nu-tre lo spirito e aiuta le persone a raggiungere il loro pieno potenziale.

Oltre a questi cambiamenti politici e nei comportamenti – ognuno deiquali potrebbe avere effetto immediato sull’uso dei materiali – si dovrebbeprestare attenzione anche alle conseguenze di altre decisioni, con effetti in-diretti ma comunque profondi sugli impatti materiali. Queste scelte sociali– dalle decisioni sull’uso del suolo al prezzo dell’energia, del lavoro e dellerisorse – possono influenzare il livello di utilizzo dei materiali per decenni.Consideriamo, ad esempio, la questione dell’uso del suolo. I sobborghigangliformi degli USA hanno bisogno – rispetto a modelli insediativi piùdensi – di più chilometri di strade asfaltate, più fogne, più acqua, più li-nee telefoniche, più scuole, più polizia e più caserme dei pompieri al ser-

Per una economia dei materiali sostenibili 673

Cominciano

a diffondersi

le “Borse

dei rifiuti”,

centri

che mettono

in contatto

fornitori

e acquirenti

di materiali

di scarto.

Page 26: State of the World 99

vizio di un dato numero di abitanti. Il Centro per la Tecnologia di Quar-tiere (Center for Neighborhood Technology) di Chicago ha di recentecondotto uno studio su sette contee che circondano la città, concluden-do che in un simile modello di insediamento ogni abitante consuma, inmodo diretto o indiretto, più del doppio delle risorse di quanto non av-verrebbe in un modello insediativo ad alta densità.68

Se però gli ampi spazi intorno a molte città americane rendono possibilequesto sviluppo a macchia d’olio, sono le scelte politiche che attivanoquesto modello insediativo ad alta intensità di risorse: sono i piani rego-latori e i regolamenti edilizi, per esempio, che incoraggiano lo sviluppo abassa densità. Come abbiamo visto, le sovvenzioni per i carburanti fossilirendono i prodotti edilizi derivati dal petrolio – dall’asfalto alle condotteidriche in plastica – artificialmente economici: più di 100 miliardi didollari di sussidi nascondono agli americani il vero costo dell’uso dell’au-to, facendo apparire meno svantaggioso il vivere lontano dal posto di la-voro e da altre importanti destinazioni. Le implicazioni materiali di que-ste decisioni politiche e delle sovvenzioni si estendono ben oltre la do-manda di infrastrutture pesanti: lo sviluppo di aree residenziali spessorende necessario l’acquisto di una seconda vettura, mentre case e giardinipiù grandi incoraggiano l’acquisto di sempre più oggetti per riempirli.69

Molti pianificatori urbani, funzionari locali e politici sono inconsapevolidell’impatto materiale – e quindi dell’impatto ambientale globale – delleloro decisioni sull’uso del suolo. E questa è solo una delle tante decisionipolitiche che influenzano fortemente il livello di impiego dei materiali. Il costo relativo del lavoro e del capitale è altrettanto importante. Gli ele-menti chiave di un’economia sostenibile, come i materiali riciclabili e lapossibilità di smontare i prodotti per un parziale o totale riciclo, sonospesso fattori ad alta intensità di lavoro e dunque economicamente proi-bitivi in un’economia basata su alti salari e materie prime poco costose.In un’indagine del 1998 sui consumatori americani, la metà di coloroche avevano gettato via apparecchi di ogni tipo imputavano questa sceltaagli alti costi richiesti per le riparazioni, mentre circa un terzo metteval’accento sul basso costo d’acquisto di un nuovo elettrodomestico.70

Altre decisioni politiche hanno effetti molto estesi: ai fini del consumo dimateriali, ad esempio, è ben diverso se una società sceglie l’automobile oil binomio bicicletta-ferrovia come modalità di trasporto principale. An-che il prezzo dell’energia è molto importante, giacché il basso costo del-l’energia aumenta l’impiego dei materiali praticamente in tutta l’econo-mia. E la limitata libertà dei lavoratori di poter scegliere orari di lavoro ri-dotti invece che aumenti di paga incoraggia la mentalità consumisticache incrementa l’uso di materiali. In effetti, gran parte delle attività eco-nomiche ha profonde conseguenze materiali.

Riconoscere l’assurdità del nostro passato ad alta intensità di risorse è ilprimo passo per fare il salto verso un’economia razionale e sostenibile. U-na volta afferrato questo concetto, le opportunità per dematerializzare leeconomie sono alla nostra portata. Le società che riescono a lasciar perdere il loro attaccamento alle cose e siconcentrano invece sull’offerta alla popolazione di ciò di cui ha davverobisogno potrebbero tra cento anni essere ricordate come quelle che han-no saputo realizzare le più durevoli civiltà della storia.

368 S t a t e o f t h e W o r l d

Molte scelte

di politica

sociale

possono

influenzare

il livello

di utilizzo

dei materiali

per decenni.

Page 27: State of the World 99

La riformulazione

del mercatodei prodotti forestali

Attorno al 1850, nella regione nordamericana dei Grandi Laghi i pinistrobi erano così imponenti (il loro diametro arrivava a due metri) e nu-merosi che i tagliaboschi consideravano “sottodimensionati” i tronchi didiametro inferiore al metro. Oggi vengono abbattuti alberi grandi un terzo di quelle dimensioni. No-nostante le previsioni dei cronisti del tempo, secondo cui le foreste eranotroppo vaste per potersi esaurire, la disponibilità “illimitata” dei pinistrobi si è di fatto ridotta, così come si è ridotto il numero delle industrielocali che su queste inestimabili risorse si fondavano.1Modelli economici come questi ebbero inizio duemila anni fa, nell’anti-ca Grecia e a Roma. E continuano ad esistere oggi mentre la ricerca dilegname viola le ultime frontiere delle foreste antiche, da quelle tempera-te e boreali del Canada, della Russia e del Cile alle foreste tropicali diBrasile, Indonesia, Papua Nuova Guinea, Cambogia e Camerun. Quasila metà delle foreste che un tempo coprivano la Terra è scomparsa. Solotra il 1980 e il 1995 sono andati perduti almeno 200 milioni di ettari,pari a una superficie più grande di quella del Messico.2

Nei paesi industrializzati, dove viene prodotta la maggior parte del le-gname commerciale a livello mondiale, l’abbattimento di alberi è la cau-sa primaria del degrado delle foreste. Nei paesi in via di sviluppo, il di-sboscamento a fini agricoli e per la creazione di pascoli contribuisce, in-sieme alla produzione di legname, a ridurre la superficie forestale. Anchein questi paesi, ad accelerare il disboscamento dei terreni è spesso anche

Janet N. Abramovitz e Ashley T. Mattoon

4

Page 28: State of the World 99

umane) sono una risorsa preziosa. Nei paesi industrializzati, i soli scartialimentari e di giardinaggio rappresentano circa il 36% del flusso dei ri-fiuti solidi urbani. Le città europee si stanno impegnando nel compo-staggio, che trasforma i rifiuti organici in un prodotto che accresce la fer-tilità dei suoli agricoli: in molte città di Austria, Belgio, Danimarca, Ger-mania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svizzera viene praticata la raccolta dif-ferenziata di questi rifiuti, riuscendo a recuperarne oltre l’85%.39

Il compostaggio può anche accrescere la sicurezza alimentare urbana seutilizzato per fertilizzare gli orti cittadini. Il Programma delle NazioniUnite per lo Sviluppo (UNDP) stima che 800 milioni di agricoltori ur-bani forniscono il 15% dell’approvvigionamento alimentare mondiale. In alcune zone dell’Africa, l’agricoltura urbana è una strategia di soprav-vivenza: a Dar es Salaam, in Tanzania, circa il 68% delle famiglie coltivaortaggi o alleva bestiame; ci sono 80.000 orti a Berlino; a Buenos Aires iraccolti degli orti soddisfano un quinto del fabbisogno alimentare dellacittà.40

Per evitare che carta, metalli, vetro e plastiche vadano a finire nelle disca-riche, molte città promuovono il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti.Un modo è quello di tassare la raccolta indifferenziata, raccogliendo in-vece gratuitamente i materiali separati per il riciclaggio. Con questi siste-mi “chi butta paga”, in almeno 11 città statunitensi si è registrato un au-mento dei tassi di riciclaggio fino al 45- 60%, molto al di sopra della me-dia nazionale del 27%.41

Alcune città hanno fatto un ulteriore passo avanti, imponendo limiti alleindustrie che producono merci monouso o rifiuti da imballaggio. Nel1997 i funzionari municipali di Tokyo imposero ai fabbricanti e ai distri-butori di bottiglie di plastica il recupero e il riciclaggio. E a Graz, Austria,è stato ideato un programma di qualificazione per le piccole e medie im-prese: le aziende ricevono dalla città il marchio “Ecoprofit” se riducono irifiuti solidi urbani del 30% e quelli pericolosi del 50%.42

Mentre nel campo idrico e delle fognature il settore privato è nuovo sullascena, in quello della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti ha una vastaesperienza. In alcune città dei paesi in via di sviluppo, le autorità localihanno stipulato accordi di riciclaggio con società private e con operatoriecologici autonomi (vedi la tabella 8.4). A Bandung, Indonesia, i funzio-nari municipali collaborano con un’organizzazione non governativa loca-le che aiuta un gruppo di famiglie ad occuparsi di riciclaggio. Le famigliericevono sostegno finanziario e tecnico per separare i materiali in modosicuro ed efficiente, per compostare i rifiuti organici e organizzare attivitàche utilizzano i rifiuti raccolti come materie prime. Loro guadagnano e lacittà riduce il costo di gestione dei rifiuti.43

Un esiguo numero di città si sta spingendo oltre il riciclaggio, in direzio-ne della “simbiosi industriale”, dove i rifiuti di una impresa diventano lamateria prima di un’altra (vedi il capitolo 3). Il primo progetto eco-industriale si sviluppò più di venti anni fa a Ka-lundborg, in Danimarca: oggi i gas di scarico di una raffineria vengonobruciati da una centrale elettrica, l’emissione di calore della centrale ri-scalda le acque degli allevamenti ittici, mentre altre aziende utilizzano isottoprodotti della combustione per pannelli e materiali edilizi. È stato

Una nuova idea della città 1698

I rifiuti

possono

diventare

materie prime:

sia

attraverso il

compostaggio

e il riciclaggio,

sia

spingendosi

oltre, verso

una “simbiosi

industriale”

in cui i rifiuti

di un’impresa

diventano

materia prima

per un’altra.

Page 29: State of the World 99

stimato che, con un investimento di 60 milioni di dollari, questo meto-do si traduce in cinque anni in 120 milioni di dollari tra minori costi edentrate effettive. Dal 1993, più di 20 città statunitensi hanno annunciatopiani di questo tipo, sperando di rianimare le loro stagnanti economie.44

I trasporti plasmano le città. La vita dellecittà antiche era vincolata alle distanze per-corribili a piedi, mentre con la fine del XIXsecolo i binari tramviari e ferroviari hanno

conferito alle città industriali una forma a raggiera. Agli inizi del XX se-colo le “periferie tramviarie” europee e del Nord America erano ancoracompatte, con le case a pochi passi dalle fermate.45

L’automobile ha permesso alla città di espandersi in modo molto più ir-regolare, un fenomeno che si diffuse velocemente negli Stati Uniti. Neglianni Trenta l’urbanistica introdusse, tra i raggi ferroviari, la costruzionedi case e strade per chi aveva l’automobile. Bangkok ha vissuto una versione accelerata di questo fenomeno. In tem-pi relativamente recenti (nel 1959) un gruppo di esperti statunitensi os-servava: “Per una persona abituata agli standard occidentali, [Bangkok] èstraordinariamente compatta. Un buon camminatore può attraversarlada nord a sud in tre ore”. Ma l’aumento vertiginoso della popolazione hatrasformato una città concepita in funzione dei canali in una città domi-nata dagli automezzi: l’area edificata si è espansa dai 67 chilometri qua-drati del 1953 ai 426 del 1990. Oggi, nemmeno il miglior camminatoreprenderebbe in considerazione l’idea di attraversarla a piedi, visto che inauto ci si possono impiegare anche tre ore.46

L’assetto di una città influenza a sua volta la sua vivibilità e la domandadi risorse naturali: le conurbazioni che si estendono disordinatamenteminacciano sia la salute umana che quella ambientale. A metà degli anniVenti, Le Corbusier si lamentava della distruzione operata dai gas di sca-rico delle macchine: “Lungo gli Champs Élysées, metà dei castagni chefiancheggiano il grande viale hanno le foglie avvizzite… i nostri polmoniassorbono questi gas pericolosi. Ma gli alberi martirizzati gridano: ‘Atten-ti!’” Oggi i gas di scarico degli autoveicoli sono la causa principale dell’in-quinamento delle città, che ogni anno uccide nel mondo almeno tre mi-lioni di persone.47

Le strade progettate per aumentare la velocità degli spostamenti automo-bilistici sono spesso pericolose, tanto che ogni anno circa 885.000 perso-ne perdono la vita in incidenti (come se ogni giorno si schiantassero 10Jumbo) e i feriti sono molti di più. Ma c’è un’altra minaccia per la salute,anche se meno evidente: l’uso dell’auto anche per brevi spostamenti in-duce stili di vita sedentari. Secondo la British Medical Association, l’an-dare in bicicletta – persino nel traffico selvaggio – conferisce benefici allasalute (riduzione delle malattie coronariche, dell’obesità e dell’ipertensio-ne) che superano di circa 20 volte i rischi da incidente.48

La dipendenza dall’automobile alimenta anche le diseguaglianze sociali.Un terzo della popolazione statunitense è troppo giovane, troppo vecchiao troppo povera per guidare. A Boston circa il 98% di coloro che perce-piscono sussidi assistenziali vive abbastanza vicino a un mezzo di traspor-

8170 S t a t e o f t h e W o r l d

MUOVERE PERSONE

E MERCI

Page 30: State of the World 99

to pubblico, ma solamente il 32% dei potenziali datori di lavoro è rag-giungibile con facilità con i mezzi pubblici. Nei paesi in via di sviluppol’80% della popolazione può permettersi una bicicletta, ma solo il 5-10% guadagna abbastanza per poter acquistare un’auto.49

Alcuni provvedimenti adottati da gran parte delle nazioni industrializzatedevono essere al più presto allargati a molti dei paesi in via di sviluppo. Icosti dell’eliminazione del piombo dalla benzina e dell’obbligo delle mar-mitte catalitiche riducono i costi sanitari e di mantenimento delle auto inmisura proporzionalmente molto maggiore. La Banca Mondiale stimache a Manila anche minime migliorie ai veicoli e ai carburanti bastereb-bero a salvare più di 2000 vite e farebbero risparmiare almeno 200 milio-ni di dollari l’anno in spese sanitarie. In prospettiva ci saranno automobi-li più efficienti e combustibili più puliti, sotto forma, per esempio, di au-to a celle a combustibile (vedi il capitolo 2). Per quanto promettenti,queste innovazioni saranno tuttavia mirate esclusivamente a ridurre ilproblema dell’inquinamento, lasciando inalterati quelli relativi agli inci-denti, alla congestione delle strade e alle ineguaglianze sociali.50

Non è più possibile aumentare la dipendenza dalle auto: ogni anno, negliStati Uniti, strade e case prendono il posto di più di un milione di ettaridi terreno agricolo. Secondo le stime del governo, ogni anno in Cina cir-ca 200.000 ettari di terreno arabile scompaiono con l’avanzare delle stra-de e dello sviluppo urbano. I trasporti sono responsabili del 15-20% dei6 miliardi di tonnellate di emissioni annue di carbonio che provocano ilcambiamento climatico. Si prevede che, entro il 2030, la Cina avrà 828

Una nuova idea della città 1718

Tabella

8.4 Esempi di industrie di raccolta di rifiuti con partecipazione diretta delle comunità

Fonte: International Council for Local Environmental Initiatives (ICLEI), Santos (Brasile),Recycling, Dignity, and Citizenhood, Members in Action, 1996–1997, Toronto, 1997;

ICLEI, Comunità urbana di Dakar (Senegal), Participatory Solid Waste Management, CaseStudy 45, Toronto, gennaio 1997; Richard Gilbert et altri, Making Cities Work, The Role of

Local Authorities in the Urban Environment, Earthscan, Londra, 1996; Akhtar Badshah, Our Urban Future, Zed Books, Londra, 1996.

luogo

Santos, Brasile

Dakar, Senegal

Cairo, Egitto

descrizione

Le autorità di Santos hanno iniziato un programma di assunzione di raccoglitori di rifiuti riciclabili per aumentare la media di riciclo dellacittà: i raccoglitori partecipano ai profitti derivanti dalla vendita deimateriali ottenuti.

Le autorità di Dakar hanno diviso la città in zone di raccolta, a loro voltasuddivise in settori. Alle aziende di raccolta è stata offerta la possibilitàdi partecipare all’appalto per un massimo di tre zone, con l’obbligo disubappaltare il lavoro a gruppi operanti in ogni settore, richiedendo diraggiungere anche i luoghi più inaccessibili e di educare la cittadinanza.Il nuovo sistema costa meno, copre l’80% della città (15% più di prima) e ha creato 1000 nuovi posti di lavoro.

Gli Zabbaleen, arrivati al Cairo alla metà del secolo, sono da sempre ungruppo dedito alla raccolta di rifiuti. Con la collaborazione delle Agenzie di aiuti internazionali, nel 1981 la città ha lanciato un programma dimiglioramento del servizio di raccolta e di miglioramento dello standarddi vita degli Zabbaleen. Oggi questa comunità trasforma gli stracci intrapunte e si dedica al compostaggio per uso agricolo.

I gas

di scarico

degli

autoveicoli

sono

la causa

principale dell’

inquinamento

dell’aria delle

città.

L’uso dell’auto

anche per

spostamenti

brevi induce

stili di vita

sedentari, che

rappresentano

una minaccia

per la salute.

Page 31: State of the World 99

milioni di cittadini: se dovessero guidare quanto la media degli america-ni, le emissioni di carbonio da autoveicoli supererebbero, nelle sole areeurbanizzate, il miliardo di tonnellate, ovvero circa quelle rilasciate oggi datutti i trasporti nel mondo.51

Politica dei trasporti e pianificazione del territorio delle amministrazionicittadine possono proporre alternative a questo modello, inducendo unassetto urbano più pulito, più verde e più equo. Alcuni degli esempi migliori vengono forniti dall’Europa occidentale edalla Scandinavia. Nei Paesi Bassi ci sono 128 automobili per chilometroquadrato, una densità tra le più elevate al mondo. Ma la pianificazioneterritoriale dà la priorità alle piste ciclabili: le città olandesi registrano tas-si elevatissimi di uso della bicicletta (circa il 30% degli spostamenti urba-ni) contro l’1% delle città statunitensi. A Stoccolma, il consiglio munici-pale ha organizzato “insediamenti di transito” intorno alle stazioni ferro-viarie periferiche, nei quali le case possono essere costruite solo intornoagli uffici e ai negozi. La possibilità di muoversi a piedi in questi quartieriha determinato un calo degli spostamenti in macchina di 229 chilometripro-capite dal 1980 al 1990, mentre è aumentato l’uso dei mezzi pubbli-ci.52

Curitiba, in Brasile, è celebre sia per la sua rete di bus che per le piste ci-clabili. Agli inizi degli anni Settanta, diverse strade che si irradiavano dalcentro furono riservate agli autobus. Attraverso meccanismi di zoning, lacittà incoraggiò poi la costruzione di edifici ad alta densità lungo questicorridoi. Da allora numerose innovazioni – come gli autobus di grandidimensioni per le tratte ad alta percorrenza e le pensiline per il pagamen-to anticipato del biglietto – hanno contribuito a rendere il servizio piùrapido e funzionale. Le stazioni degli autobus sono collegate a un circuitodi 150 chilometri di piste ciclabili. Sebbene a Curitiba ci sia un’auto ognitre persone, due terzi degli spostamenti in città avvengono in autobus.Dal 1974 il traffico automobilistico è calato del 30%, anche se la popola-zione è raddoppiata.53

Nelle città dove è forte il sostegno ai mezzi pubblici e alla bicicletta stan-no fiorendo interessanti iniziative private. Il car-sharing, per esempio, go-de in Europa di crescente popolarità: ogni socio paga una scheda cheapre gli armadietti con le chiavi delle auto parcheggiate in varie zone del-la città: i soci telefonano per prenotare un’auto e vengono indirizzati ver-so il posteggio più vicino. La rete europea di car-sharing conta più di100.000 associati di 40 organizzazioni, diffuse in 230 città della Germa-nia, Austria, Svizzera e Paesi Bassi. Uno dei gruppi più grandi è lo Stat-tauto, con sede centrale a Berlino, che stima che ognuno dei suoi veicolisostituisca cinque auto private, con un risparmio di 510.000 chilometridi percorrenza all’anno.54

Il settore privato è stato a lungo coinvolto nel finanziamento dei trasportiurbani. Alla fine del XIX secolo, le società private sostenevano i costi dicostruzione delle reti urbane in cambio dei diritti di sviluppo edilizio ecommerciale vicino alle stazioni. Negli ultimi anni sono stati invece i fon-di pubblici a finanziare questi progetti. Qualcosa però sta cambiando: aPortland, una società sta conducendo trattative per la costruzione di una

8172 S t a t e o f t h e W o r l d

Il car-sharing

comincia

a diffondersi

in molte città:

ogni socio può

prelevare

un’auto

pubblica da

un parcheggio

cittadino

e usarla

per il tempo

necessario.

Si stima

che ognuna

di queste auto

sostituisca

cinque auto

private.

Page 32: State of the World 99

ferrovia leggera di collegamento all’aeroporto in cambio della locazione diun terreno aeroportuale; una linea ferroviaria sopraelevata destinata ad at-traversare tutta Bangkok trarrà molte delle sue entrate dallo sviluppo im-mobiliare lungo la linea; e numerosi altri progetti sono in corso altrove. Il settore privato può aiutare i trasporti pubblici a funzionare meglio. ACuritiba le società private pagano le spese di gestione degli autobus,mentre la città paga le strade, l’illuminazione, le fermate e il personale dicontrollo delle società.55

A Copenaghen la partnership pubblico-privato si è estesa persino alle bi-ciclette. La città provvede alla manutenzione di un parco bici di uso pub-blico, finanziato attraverso la pubblicità sulle ruote e sul telaio delle bici-clette stesse. Il sistema piace: gli organizzatori stimano che le 2300 bici-clette vengano utilizzate con una frequenza media di una ogni 8 minuti.56

La progettazione dei quartieri è strettamentelegata ai trasporti. Costruendo strade, lineeferroviarie o piste ciclabili si decide non solocome si muoveranno le persone, ma qualisaranno i quartieri meglio serviti e più interessanti e dove occorrerannoinvece nuovi servizi. E decidendo dove costruire nuovi edifici e quale saràla loro destinazione d’uso (residenziale, commerciale, industriale), la pia-nificazione e lo zoning incidono sugli spostamenti per andare al lavoro,per fare la spesa e per provvedere alle incombenze quotidiane.57

Ai primi del Novecento, negli Stati Uniti, le amministrazioni locali adot-tarono in risposta all’inquinamento e al sovraffollamento una pianifica-zione che limitava la densità residenziale e che differenziava l’uso del ter-reno in abitativo e commerciale. L’automobile contribuì a rendere possi-bile un siffatto impiego del territorio, e le sempre maggiori distanze tracase, negozi e luoghi di lavoro resero l’auto pressoché indispensabile.Questa concatenazione ha concorso a rendere le città statunitensi tra lemeno compatte e le più dipendenti dall’automobile (vedi la tabella 8.5).Gran parte della caotica espansione urbana nei paesi in via di sviluppo èinvece dovuta al fatto che il 30-60% della popolazione urbana vive inluoghi occupati illegal-mente e che il 70-95%dei nuovi alloggi sonoabusivi. Al Cairo, soloper citare un caso, si so-no rapidamente diffusiinsediamenti non auto-rizzati, tanto da trasfor-mare un cimitero nellacosiddetta “Città deiMorti”, dove le famigliepovere stanno stipatenelle piccole stanze deiguardiani all’internodelle tombe. Contem-poraneamente, più dimezzo milione di appar-

Una nuova idea della città 1738

COSTRUIRE

QUARTIERI MIGLIORI

Tabella

8.5 Densità di popolazione e uso dell’auto in città secondo medie macro-regionali, 1990

Fonte: Peter Newman e Jeffrey Kenworthy, Sustainabilityand Cities: Overcoming Automobile Dependence, Island

Press, Washington (DC),in corso di stampa.

macroregioni dellecittà esaminate

Stati UnitiCanadaEuropaAsia industrializzataAsia in via di sviluppo

densità della popolazione

(persone perettaro)

14,726,249,9

163,9162,8

Uso dell’autoindividualepro-capite

(km guidati pro-capite)

10,8706,9464,5191,4871,611

Page 33: State of the World 99

tamenti resta vuoto perché i poveri non possono permettersi le case po-polari e perché il settore privato si occupa solo delle classi più abbienti.58

La disposizione degli edifici concorre a determinare la vivibilità di unacittà. Le strade si animano di gente se i negozi, le fabbriche, gli uffici e lecase sono a distanze percorribili a piedi e se il verde e i parchi cittadinirinfrescano le strade e ritemprano lo spirito. Al contrario, la vitalità deglispazi urbani diminuisce quando gli architetti progettano giardini e zonedi shopping riservati a gruppi di edifici ad uso ufficio o aree di solo par-cheggio. La criminalità affligge le città frammentate, che relegano i poveri in isoleseparate. La studiosa brasiliana Raquel Rolnick ha evidenziato il legametra esclusione territoriale e violenza nelle città dello stato di San Paolo. Ja-ne Jacobs, studiosa di problemi urbani, all’inizio degli anni Sessanta con-siderava un vantaggio la differenziazione presente nelle strade di Manhat-tan: molti “occhi in strada” sono un deterrente contro la criminalità.59

La progettazione dei quartieri influenza anche la richiesta di risorse. Al-cuni cambiamenti nella progettazione possono abbassare fino a dieci vol-te la domanda energetica dei trasporti e gli alberi che schermano dal solee dal vento riducono l’energia necessaria per il riscaldamento e l’aria con-dizionata. Inoltre, quartieri sparsi e a bassa densità abitativa richiedonopiù acqua, più condutture fognarie, più linee elettriche e più strade. Lecittà a crescita disordinata utilizzano anche maggiori quantità di materialida costruzione: in termini globali l’edilizia consuma circa il 40% dei ma-teriali e rappresenta un quarto della domanda di legname.60

Le autorità locali degli Stati Uniti sono spinte dai problemi di budget atrovare soluzioni. Da uno studio condotto dalla Rutgers University èemerso che una crescita compatta e strutturata farebbe risparmiare aicontribuenti del New Jersey 1,3 miliardi di dollari in vent’anni in costiper le infrastrutture. Un altro studio ha previsto che nel Maryland – se losviluppo dovesse continuare con gli attuali ritmi di allargamento subur-bano – tra il 1995 e il 2020 le nuove fognature, condutture dell’acqua,scuole e strade verrebbero a costare circa 10 miliardi di dollari in più ri-spetto a uno sviluppo compatto in termini territoriali. E l’U.S. ForestService stima che se a Chicago venissero piantati 95.000 alberi ciò porte-rebbe, nell’arco di trent’anni, a un risparmio netto di 38 milioni di dolla-ri in energia.61

Alcune città stanno cominciando a frenare lo sviluppo selvaggio, a incre-mentare gli spazi verdi e persino a migliorare la qualità degli edifici. Glistrumenti sono norme o incentivi che facilitano le costruzioni sui terreninon occupati all’interno della città e il cambiamento dei regolamenti edi-lizi urbani. L’esempio più interessante ci viene da Portland, Oregon. Unalegge statale del 1973 richiede che le amministrazioni cittadine stabilisca-no un confine all’espansione urbana in modo da evitare, anche in futuro,una eccessiva invasione nei territori agricoli. I pianificatori sono attual-mente impegnati a ridurre il ricorso all’automobile all’interno di taleconfine: un regolamento impone che le nuove costruzioni siano a nonpiù di cinque minuti a piedi dalla fermata di un mezzo pubblico; inoltrela revisione di altre norme concede la destinazione mista (appartamentisopra ai negozi) e vieta lo “zoning snobistico” che escludeva le abitazioni

8174 S t a t e o f t h e W o r l d

Alcuni

cambiamenti

nella

progettazione

dei quartieri

possono

abbassare

fino a dieci

volte

la domanda

energetica

di una città.

Page 34: State of the World 99

a più alta densità, case a schiera e condomini.62

Non è obbligatorio che le città compatte diventino impossibili giungle dicemento. Portland ha rafforzato i suoi legami con la natura deviando leautostrade che bloccavano l’accesso al fiume Willamette e imponendoagli edifici altezze sempre minori mano a mano che si avvicinano al limi-te orientale della città, allo scopo di proteggere i “corridoi panoramici” diMount Hood. E poiché lo sviluppo suburbano è circoscritto, gli abitantidi Portland non devono andare lontano per godersi la natura. Peter Newman e Jeff Kenworthy, ricercatori australiani che hanno am-piamente analizzato i trasporti metropolitani, fanno notare che alcunicentri urbani europei a più alta densità di popolazione e meno dipenden-ti dalle automobili, come Parigi e Vienna, sono tra le città esteticamentepiù gradevoli al mondo.63

Per ridurre lo sviluppo delle periferie, molte città di antica industrializza-zione offrono incentivi per la valorizzazione di lotti di terreno industrialeabbandonati entro l’area metropolitana. Nell’Inghilterra meridionale,molti nuovi alloggi di moda si trovano in aree del genere. C’è talvolta lapreoccupazione che il precedente occupante abbia prodotto inquinamen-to industriale, lasciando il terreno contaminato: ma offrendo sgravi fiscalie fondi per il risanamento ambientale, le città e le amministrazioni regio-nali possono indurre i compratori ad assumersi questo rischio, una stra-tegia che a lungo termine giova a tutta la regione. In seguito all’annunciodella U.S. Environmental Protection Agency di un’iniziativa federale dibonifica di zone contaminate, nelle città statunitensi sono state avviatecirca 228 iniziative pilota di valorizzazione.64

Le autorità locali nei paesi in via di sviluppo riconoscono sempre più ilvalore di quanto dicevano dieci anni fa i ricercatori Jorge Hardoy e Da-vid Satterthwaite: “i milioni di sconosciuti che costruiscono, organizzanoe pianificano illegalmente sono i principali costruttori, organizzatori epianificatori delle città del Terzo Mondo”. Coloro che non si possono permettere una casa secondo il mercato uffi-ciale trovano sistemazioni precarie. È improbabile che gli squatter riceva-no un ordine di sfratto, ma probabilmente non vedranno mai né con-dutture dell’acqua né linee elettriche. All’interno delle città però vi sonoquasi sempre zone dove si potrebbero sviluppare a basso costo, in quantogià vicine a trasporti e servizi, aree edificabili a bassa rendita. A Curitiba,la città conserva spazi del genere per insediamenti non definitivi.65

Non solo i quartieri possono essere meglio progettati, ma gli edifici pos-sono venir costruiti meglio. Gli edifici possiedono flussi d’acqua, di rifiu-ti e di energia autonomi e sono in realtà un microcosmo nella città. Sonoquindi particolarmente adatti all’applicazione delle nuove tecnologieenergetiche decentralizzate, come i pannelli solari e le turbine a gas natu-rale (vedi il capitolo 2). Le città possono sostenere l’edilizia ecologica fissando regolamenti di ef-ficienza energetica e imponendo una progettazione verde per l’ediliziapubblica. Il Danish Planning Institute ha pubblicato una guida all’eco-logia urbana di Copenaghen che presenta 45 edifici che utilizzano mol-ta meno acqua ed energia rispetto alle costruzioni convenzionali e chesono dotati di attrezzature per il compostaggio dei rifiuti organici.66

Nella città molto meno ricca di Kimberly, in Sud Africa, un costruttore

Una nuova idea della città 1758

Alcune città

stanno

cominciando

a frenare

lo sviluppo

selvaggio

e a migliorare

la qualità

degli edifici

attraverso

norme e

incentivi che

favoriscono

l’occupazione

di spazi vuoti

all’interno

delle città

e il

cambiamento

dei

regolamenti

edilizi.

Page 35: State of the World 99

privato ha collaborato con i residenti locali per sostituire le baracche dilatta e fango con un “quartiere solare” a basso costo per 200 famiglie. Sul-la scia di quel successo sta mettendo a punto un progetto simile per la cit-tadina di Ugie, con case a riscaldamento e forno solari riunite in gruppi disei con orti comuni. I rifiuti organici domestici, compostati in situ, ver-ranno impiegati negli orti, così come le acque di scolo filtrate. La casa noncosta più dei 3200 dollari della sovvenzione governativa che spetta agli ac-quirenti di prime case, secondo il programma di assistenza statale che mi-ra a raddrizzare le storture segregazioniste del passato. I costi rimangonobassi perché sono gli stessi residenti a costruire la propria dimora.67

Alla fine del suo libro sull’ambiente urbanodivenuto ormai un classico, The GraniteGarden del 1984, Anne Whiston Spirn ci ri-corda che “il presente ha in sé l’incubo diquello che diventerà la città se continueran-

no i trend attuali, ma anche il sogno di quello che potrebbe essere”. Por-tando a un esito apocalittico i problemi urbani di oggi, la Spirn prefigurauna “città infernale”, disintegrata dalle rivolte dei suoi abitanti cui sononegati cibo, acqua e lavoro adeguati e dove mali sociali e ambientali in-tervengono poi a peggiorare quelli che trasformano le città in lande deva-state dallo sviluppo suburbano.68

Le innovazioni nella gestione dell’acqua, dei rifiuti, dei trasporti e deiquartieri descritti in questo capitolo contribuiscono a dar forma a una vi-sione alternativa di “città sostenibile”. È una città con un straordinariosenso dello spazio: gli architetti e gli ingegneri progettano edifici e sistemidi trasporto in risposta alle richieste dei cittadini e al clima locale; ricchi epoveri condividono aria e acqua pulita e spazi pubblici pieni di vita. JohnEberhard, del Massachusetts Institute of Technology, sostiene che cosìcome la città industriale si è sostituita a quella preindustriale, sorgerà una“terza generazione” di sistemi urbani. Nella città sostenibile, questi nuovi sistemi riproducono il metabolismodella natura. Invece di consumare avidamente acqua, cibo, energia, benied espellere i resti sotto forma di sostanze nocive, la città controlla i suoiappetiti e riutilizza i suoi rifiuti. L’acqua piovana e le acque reflue filtratevengono usate per i giardini; gli avanzi di cibo diventano compost chefertilizza gli orti della città e i tetti sono abbelliti da cisterne d’acqua,piante e pannelli solari.69

Nel giugno del 1996, i rappresentanti di 171 nazioni e 579 città si sonoriuniti a Istanbul in occasione della Seconda Conferenza delle NazioniUnite sugli insediamenti umani (Habitat II) per sottoscrivere i punti es-senziali e generali del concetto di città sostenibile, ovvero “gli obiettiviuniversali di garantire a tutti un’abitazione adeguata e di rendere gli inse-diamenti umani più sicuri, più salubri, più vivibili, più equi, più sosteni-bili e più produttivi”. I delegati hanno sottoscritto l’Agenda Habitat, checompletava l’appello a favore dello sviluppo sostenibile lanciato a Rioquattro anni prima dalla Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente eSviluppo. Circa 127 governi arrivarono a Istanbul con piani nazionaliquinquennali e tutti furono concordi nel sostenere che per mettere in at-

8176 S t a t e o f t h e W o r l d

REALIZZARE

LA NUOVA

IDEA DI CITTÀ

Va facendosi

strada

una visione

alternativa

di “città

sostenibile”

con quartieri,

infrastrutture

e trasporti

a misura

di cittadino.

Page 36: State of the World 99

to le loro proposte sarebbero stati determinanti i piani cittadini dell’A-genda 21 stabiliti a Rio. Queste Conferenze, cui partecipano un numero eccezionale di organizza-zioni non governative, mettono bene in luce i problemi dell’ambiente edello sviluppo, dal livello globale a quello locale. E hanno aiutato a iden-tificare due ostacoli fondamentali al progresso nella pianificazione urbanasostenibile: la mancanza di volontà politica e la mancanza di denaro.70

La mancanza di volontà politica è spesso legata a un’insufficiente com-prensione dei problemi locali. Le città segnalate in questo capitolo per leloro “eco-innovazioni” hanno raggiunto risultati positivi perché hannoindividuato i problemi e le loro interconnessioni. A Curitiba, un sindacocarismatico riuscì a comprendere che lo sviluppo caotico e i trasportipubblici insufficienti concorrevano a peggiorare l’inquinamento dell’aria,e che l’uso dell’automobile aumentava con il proliferare di edifici lontanidalle fermate degli autobus. Quando anche i cittadini comprendonoquesto rapporto di causa-effetto, spesso accettano o addirittura chiedonoil cambiamento: tuttavia a gran parte delle città povere mancano i datidemografici e ambientali necessari per rendere manifesti i legami tra iproblemi. Il Centro per gli insediamenti umani delle Nazioni Unite è stato incari-cato di aiutare a raccogliere questi dati, allo scopo di esaminare i progres-si fatti dopo la conferenza. Dal 1995 Habitat sta raccogliendo i dati, cheora comprendono gli indicatori su popolazione, reddito, acqua, rifiuti,alloggi e trasporti per 237 città in 110 paesi. Per estendere questo impe-gno Habitat sta riunendo esperti governativi, docenti universitari e ricer-catori indipendenti in una Rete globale di osservatori urbani.71

Ma anche quando i dati sono sufficienti, le città possono trovarsi a cortodi idee per prospettare soluzioni: ispirarsi ad altre città può contribuire arafforzare la volontà politica. Le riforme sanitarie del XIX secolo subiro-no un’accelerazione quando scienziati e autorità locali di diverse città mi-sero a confronto le loro osservazioni: questo scambio è oggi altrettantofondamentale. Nel 1990 venne istituito l’International Council on Local Environmen-tal Initiatives (ICLEI), con sede a Toronto, il braccio ambientalista dellapiù antica associazione di municipalità del mondo, la InternationalUnion of Local Authorities. L’ICLEI diffonde informazioni sulle oltre2000 città di 64 paesi che attualmente stanno lavorando alle iniziativedella Agenda 21 locale. Un altro dei risultati immediati dell’incontro diIstanbul fu la costituzione di una banca dati delle esperienze meglio riu-scite, che ora contiene più di 650 esempi di successi urbani. Naturalmen-te ogni città è unica, e dunque le innovazioni possono solo essere adattatee non riprodotte esattamente in un’altra.72

Il contatto diretto tra autorità locali di città diverse può accelerare questoscambio di informazioni. Negli ultimi anni sono proliferate reti a favoredelle città sostenibili, organizzate da associazioni già esistenti, da ONG,da governi nazionali o da enti internazionali. La Mega-Cities Project,un’importante organizzazione non governativa con sede a New York,venne fondata nel 1987 per promuovere lo scambio tra i funzionari dellepiù grandi città del mondo. L’Europa ha alcuni dei più validi programmi di scambio tra città.

Una nuova idea della città 1778

I due ostacoli

fondamentali

al progresso

della

pianificazione

urbana sono,

come sempre,

la mancanza

di volontà

politica

e la mancanza

di denaro.

Page 37: State of the World 99

Nel 1994, più di 100 rappresentanti municipali europei si riunirono adAalborg, Danimarca, per inaugurare la Campagna europea per le cittàsostenibili (European Sustainable Cities and Towns Campaign), sostenu-ta da diverse associazioni municipali, dall’ICLEI e dall’OMS. Le reti legate ai governi o agli enti internazionali possono associare anchestrutture finanziarie: la Banca Mondiale e la Banca Europea per gli Inve-stimenti hanno riunito nel 1991 a Barcellona i sindaci delle città del Me-diterraneo per lanciare la Rete delle città costiere mediterranee (Mediter-ranean Costal Cities Network). Gli istituti di credito aiutano le città ascambiarsi informazioni, a raccogliere i dati sui problemi ambientali e atrovare soluzioni.73

Anche quando esiste la volontà politica di una parte della città, spesso lagestione amministrativa frammentaria ostacola l’azione politica. È raroche una struttura amministrativa corrisponda a un’intera regione metro-politana. Se i distretti all’interno di una zona metropolitana sono in con-correnza rispetto al gettito fiscale dello sviluppo urbano, essi tenderannoa estendere le aree edificate alle foreste e al terreno agricolo, a cementifi-care bacini idrici e ad aumentare l’uso delle automobili. Negli Stati Uniti,la città che ha fatto registrare il progresso più evidente in direzione dellasostenibilità, Portland, è anche l’unica ad avere una amministrazione me-tropolitana eletta. David Rusk, ex sindaco di Albuquerque, New Messico, ha dimostratoche le regioni con forte cooperazione metropolitana sono anche menocaratterizzate dal segregazionismo razziale e classista e sono economica-mente più fiorenti. Myron Orfield, legislatore del Minnesota, si è fattopromotore del “metropolitanismo”, un movimento che comprende so-stenitori cittadini, residenti di vecchi insediamenti decaduti che cercanodi dirigere gli investimenti verso le infrastrutture esistenti e ambientalistiche cercano di proteggere dallo sviluppo le aree extraurbane.74

Le politiche nazionali e internazionali possono poi promuovere o ostaco-lare gli sforzi di una città in direzione dello sviluppo sostenibile. Solo i più alti livelli di governo possono domare gli antagonismi che ge-nerano l’espansione urbana disordinata. La legge dello stato, per esem-pio, prescrive che Portland delimiti i suoi confini metropolitani. Analo-gamente le politiche danesi e olandesi integrano la pianificazione am-bientale e territoriale limitando lo sviluppo urbano di città come Cope-naghen e Amsterdam per preservare lo spazio verde. Il consiglio munici-pale può emanare regolamenti edilizi per migliorare l’efficienza idrica edenergetica, ma i suoi sforzi di conservazione saranno vanificati se il gover-no nazionale continuerà a sovvenzionare l’impiego di queste risorse. Lecittà che aderiscono all’Agenda 21 locale sono in genere quelle che han-no un forte sostegno a livello nazionale. Da un’indagine del 1997 èemerso che l’82% delle iniziative note dell’Agenda 21 erano concentratein 11 paesi con campagne nazionali patrocinate dallo Stato o da associa-zioni intermunicipali.75

L’altro ostacolo, la mancanza di denaro, è spesso aggravato da questa ca-renza di integrazione tra diversi livelli di governo. Negli ultimi anni i governi nazionali, sia nei paesi industrializzati che inquelli in via di sviluppo, hanno teso a trasferire funzioni alle amministra-

8178 S t a t e o f t h e W o r l d

Lo scambio di

informazioni

tra autorità

locali

di città diverse

e una banca

dati sulle

esperienze

meglio riuscite

possono

aiutare

a costruire

una rete di

città che

lavorino

insieme per la

propria

sostenibilità.

Page 38: State of the World 99

zioni regionali e cittadine, confidando che le autorità locali trovassero ifondi necessari per finanziare le diverse iniziative. Ma alle amministrazio-ni cittadine non è in genere consentito imporre tasse alte abbastanza dadisporre delle entrate necessarie. Le città si debbono confrontare con unanotevole sfida: usare le entrate esistenti e le risorse locali per fornire i ser-vizi necessari.76

Se le città hanno il controllo dei servizi che si basano sull’uso delle risorsenaturali, sono nella condizione di poter riscuotere le tariffe necessarie agliobiettivi economici e ambientali. In molti paesi industriali le tariffe im-poste ai rifiuti solidi urbani non differenziati hanno accresciuto l’impe-gno rispetto al riciclaggio. Il successo dei programmi di conservazionedell’acqua a Bogor e a Boston è dipeso da un aumento delle tariffe sul-l’acqua, il che rappresenta un sostegno anche per l’efficienza energetica.Invece di mantenere artificialmente i prezzi bassi per tutti, le aziendepubbliche che gestiscono le risorse idriche e l’elettricità possono forniresussidi mirati per consentire alle famiglie più povere di pagare le speseiniziali di allacciamento, che spesso è l’impegno finanziario più gravoso.Un’altra tattica è quella di aumentare le tariffe dei parcheggi per scorag-giare l’uso dell’auto e finanziare i trasporti pubblici.

Nel cammino verso la città sostenibile, le autorità locali confidano sem-pre più nell’intraprendenza delle comunità locali e delle ONG e nella ca-pacità del settore privato di realizzare utili: entrambi i tipi di alleanza fun-zionano meglio se si tratta di vere partnership, in cui le autorità locali siassumono la responsabilità della salvaguardia del benessere pubblico.Quando le risorse del settore privato superano invece di gran lunga quel-le della città, le autorità locali possono non essere in grado di controllarele attività delle aziende e di difendere la fornitura dei servizi per tutti. Tali preoccupazioni non sono nuove: nelle città industriali del XIX seco-lo la gente si lamentava che le compagnie ferroviarie trascuravano i pro-getti più idonei alle esigenze degli utenti. Il programma “Public PrivatePartnerships for the Urban Environment” dell’UNDP, recentementemesso a punto, sottolinea l’importanza della supervisione pubblica. Essomira ad aiutare le città dei paesi in via di sviluppo a trasformare i proble-mi ambientali in occasioni di lavoro nei servizi di gestione dell’acqua, deirifiuti e dell’energia.77

Alcune città hanno trovato un modo originale di utilizzare uno dei tradi-zionali gettiti locali, l’imposta fondiaria, per promuovere lo sviluppo dilotti liberi all’interno delle aree urbane. Le tasse sugli immobili tendono a far aumentare gli affitti e a scoraggiarelo sviluppo edilizio e la rivalorizzazione urbana: ma spostando le impostefondiarie dagli immobili ai terreni, si può dare impulso all’edilizia nellearee centrali perché si scoraggiano gli speculatori che tengono inutilizzatii lotti urbani. Questo tipo di riforma può funzionare solo se politichecomplementari proteggeranno dallo sviluppo le foreste e i terreni agricolicircostanti. Con questi strumenti combinati, le aree metropolitane sog-gette a restrizioni di crescita edilizia verranno messe in grado di trarre imigliori vantaggi.78

Naturalmente, tariffe più alte e politiche fiscali mirate non raggiungeran-no l’effetto desiderato se la gente non è in grado di pagare le bollette e le

Una nuova idea della città 1798

Spostando

le imposte

fondiarie

dagli immobili

ai terreni

si può dare

impulso

all’edilizia,

perché

non sarà più

conveniente

tenere

inutilizzati

dei lotti

urbani.

Page 39: State of the World 99

tasse: la disoccupazione e la povertà diffuse contribuiscono a mantenerein passivo le città già a corto di soldi. Secondo una recente indagine condotta dall’UNDP, gran parte dei sin-daci indicano nella creazione di posti di lavoro la loro preoccupazionepiù pressante. Come dimostra l’esperienza del Cairo nel trattamento dei rifiuti, il biso-gno di servizi ambientali può coniugarsi con l’aumento dei posti di lavo-ro. I programmi di prestito su piccola scala, i “microcrediti”, possonocontribuire a ridurre il problema della povertà che affligge le città. Piccolimutui offrono opportunità a chi non dispone delle garanzie richieste dal-le banche tradizionali: negli Stati Uniti c’erano nel 1996 250 programmiper microimprese, il doppio di quelli del 1992. Secondo la Banca Mon-diale, il 30-80% dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo lavora nel set-tore delle microimprese.79

Correggendo il sistema impositivo locale ed accrescendo la capacità deicittadini di pagare le tasse, si libera denaro per la protezione ambientale. Ad Ahmedabad, India, un funzionario municipale particolarmente capa-ce ha elaborato, negli anni Novanta, un piano per chiudere in pareggio ilbilancio della città eliminando l’oneroso problema della corruzione, ele-vando la produttività e riscuotendo le imposte. Nel 1996 la città potevacosì vantare un attivo consistente, e con i nuovi fondi inaugurò una seriedi progetti volti a migliorare l’ambiente locale e la salute pubblica. Con ilrisanamento ambientale si creò anche un clima favorevole per l’investi-mento privato, in grado di attirare ulteriori risorse per risolvere i proble-mi di Ahmedabad. Su suggerimento dell’U.S. Agency for InternationalDevelopment, la città ha poi emesso le prime obbligazioni municipalidell’India, che andranno a finanziare i miglioramenti dell’infrastrutturaidrica e fognaria.80

Alla fine del XIX secolo e agli inizi del XX, chi – come Dickens, Howarde Le Corbusier – riteneva l’inquinamento urbano una vera minaccia perla vita, temeva anche che le città potessero finire con l’autodistruggersi.Oggi non sono solo le condizioni di vita inumane a rappresentare unaminaccia, ma anche l’uso insostenibile delle risorse. Nella pianificazionedi una città sostenibile, gli sforzi per superare le barriere politiche e finan-ziarie hanno una qualità comune: il dinamismo delle persone che si im-pegnano nel lavoro comune. È questa concentrazione di energie umaneche ha permesso alle città di dar vita alla civiltà. Ed è ciò che può infinesalvarle.

8180 S t a t e o f t h e W o r l d