SalutePiù - Marzo 2012

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1 MONTENERO SABINO CHIESA DI SANTA MARIA DEL COLLE POLICISTOSI OVARICA GINECOLOGIA DELL’INFANZIA TRAUMATOLOGIA DEL CALCIO NEVI CUTANEI E MELANOMA CARDIOPATIA ISCHEMICA

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La traumatologia del calcio, con i contributi dell’ortopedico e del radiologo, apre questo numero di SalutePiù mentre il medico dello sport discute l’approccio necessario per minimizzare i possibili infortuni. Nevi cutanei e melanoma sono trattati dal chirurgo mentre la cardiopatia ischemica, con le sue caratterizzazioni dell’angina pectoris e dell’infarto è discussa dal cardiologo. La policistosi ovarica (pco) e l’ecografia intestinale chiudono la parte di SalutePiù dedicata alla medicina. La Valle Santa, la Chiesa di Santa Maria del Colle a Ponticelli ed il borgo ed il castello di Montenero Sabino rappresentano la parte di SalutePiù dedicata alla Sabina. La rivista ospita anche l’intervista a Ugo Mancini, sindaco di Montenero e l’articolo dell’architetto Stefano Eleuteri sul restauro del castello. Infine, un sentito tributo a Piero D’Inzeo a cui il comune di Montelibretti a attribuito la cittadinanza onoraria

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MONTENERO SABINOCHIESA DI SANTA MARIA DEL COLLE

POLICISTOSI OVARICAGINECOLOGIA DELL’INFANZIA

TRAUMATOLOGIA DEL CALCIO

NEVI CUTANEI E MELANOMA

CARDIOPATIA ISCHEMICA

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TERME DI CRETONETERME DI CRETONE

Cure Termalida Marzoal 30 Novembre

CureInalatorie - Doccia nasale

Insu�azioni - IrrigazioniFanghi - Idroterapia

Centro benessereEstetica

Saune - Idromassaggio

Chiusura del centro benessereil 30 Novembre 2011Riapertura il 1 Marzo 2012

Piscineda Maggioa Settembre

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Sommario

SALUTE PIÙ - BENESSERE CULTURA COSTUME Anno III - Num. 12 - Marzo 2012Direttore Responsabile Fabrizio SciarrettaSegreteria di Redazione Filippa Valenti [email protected] T 06 90625576Art director e impaginazione Alessia GerliEditore Laboratorio Clinico Nomentano Srl Via dello Stadio 1 00015 Monterotondo (RM)Iscritto al registro della stampa e dei periodici del Tribunale di Tivoli n. 97/2009 Stampa Graffietti Stampati S.n.c. S.S. Umbro Casentinese km.4.500 01027 Montefiascone (VT)Per la pubblicità su questa rivista rivolgersi a: GERLI COMUNICAZIONE [email protected] T 338 5666568

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Hanno collaborato con noi

Traumatologia del Calcio

Nevi cutanei e Melanoma

Cardiopatia Ischemica

Policistosi Ovarica (PCO)

Ecografia Intestinale

La Valle Santa

Raccolta occhiali Lions

Montenero Sabino

La Chiesa di Santa Maria del Colle a Ponticelli

La Cittadinanza Onoraria di Montelibretti al Colonnello Piero D’Inzeo

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MONTENERO SABINOArch. STEFANO ELEUTERI

L’Arch. Stefano Eleuteri è nato e risiede a Rieti, dove svolge prevalentemente la propria attività professionale. Si è laureato all’Università di Roma con Laurea in Architettura - Tutela e Recupero del Patrimonio Architettonico con relatore il Prof. Enrico Guidoni. Ha collaborato con la cattedra del Prof. Cesare Feiffer per la redazione di Tesi di Laurea di Restauro. La sua attività lavorativa si rivolge prevalentemente al recupero dei centri storici, alla redazione di piani urbanistici ed alla progettazione e consolidamento di edifici storici monumentali.

LA CARDIOPATIA ISCHEMICADott. ANTONIO SAPONARO

Il dottor Antonio Saponaro si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e specializzazato in Cardiologia presso la seconda Facoltà di Medicina dell’Università “Sapienza” di Roma. E’ in servizio presso il reparto di cardiologia del Policlinico Militare “Celio”. Svolge la sua attività professionale presso il Poliambulatorio

ECOGRAFIA INTESTINALEDott. ssa ILARIA STALTARI

Laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sa-pienza” con il massimo dei voti, la dott.ssa Ilaria Staltari si sta specializzando presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” in “ Radiodiagnostica”. Svolge la sua attività clinica prevalentemente sull’imaging addominale e gastrointe-stinale nelle sezioni di TC multistrato (64 s), Risonanza Magnetica (1.5 e 3 T) ed ecografia. Ha partecipato come autore alla pubblicazione di abstract ed articoli sulle malattie gastrointestinali ed in par-ticolare sulla malattia di Crohn.

TRAUMAUTOLOGIA DEL CALCIODott. FABIO SCIARRETTA

Il Dott. Fabio Sciarretta è specializzato in Ortopedia e Traumatologia presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Chirurgo ortopedico, ha prestato servizio in qualità di dirigente sanitario presso l’Ospedale San Giovanni Battista di Roma, presso il Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Civile di Velletri e presso l’Ospedale Israelitico di Roma. Svolge attualmente la sua attività professionale presso diverse case di cura romane. E’ stato relatore in oltre 40 congressi nazionali ed internazionali ed ha al suo attivo 38 pubblicazioni.

Hanno collaborato

LA POLICISTOSI OVARICADott.ssa ANTONELLA CARNEVALE

La Dr.ssa Antonella Carnevale, si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, e successivamente si è specializzata in Ginecologia ed Ostetricia nel medesimo ateneo con il massimo dei voti. Esercita la sua attività presso diverse case di cura ed ambulatori specialistici della capitale nonché nell’ambito della Branca di Radiologia del Poliambulatorio Specialistico Nomentano per quanto attiene l’ecografia ginecologia ed ostetrica.

TRAUMAUTOLOGIA DEL CALCIOIL PUNTO DI VISTA DEL RADIOLOGODott. FRANCESCO VULTERINI

Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con il massimo dei voti, il dottor Francesco Vulterini si è specializzato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma in “Scienza delle Immagini - Radiologia Diagnostica”. Ha operato prima presso la USL RM 30 nei presidi di Colleferro-Valmontone e dal 1996 presso il polo ospedaliero Palestrina-Zagarolo della USL RMG. Dal 1999 presta servizio presso l’Ospedale Nuovo Regina Margherita di Roma nel reparto di Radiologia. Consulente radiologo dell’IPA, l’istituto di previdenza per i dipendenti del Comune di Roma e della Clinica Mater Dei, è Responsabile dela Branca di Radiologia del Poliambulatorio Specialistico Nomentano.

LA VALLE SANTALORENZO SCIARRETTA

Studente del Liceo Scientifico “Righi”Pratica lo squash e l’arrampicata, DJ e fotografo.. Partecipa al progetto “Colour your life” -Scuola dei talenti, nell’ambito del quale ha approfondito il tema delle “vie” come percorsi di comunicazione ma anche di crescita spiritruale

DIAMO UN CALCIO AGLI INFORTUNIDott. EMANUELE GRAZIANI

Il Dottor Emanuele Graziani è laureato in me-dicina e chirurgia e specializzato in medicina dello sport, ha conseguito un master in “ago-puntura e moxibustione”. Fa parte dell’Equipe Medica della Federazione Italiana Scherma e collabora in progetti che vedono le attività sportive condotte in ambienti climatici parti-colari. Esercita la sua attività di Medico dello Sport presso il Poliambulatorio Specialistico Nomentano.

LA CITTADINANZA ONORARIA DI MONTELIBRETTI AL COLONNEL-LO PIERO D’INZEOTen. Col. Gaetano CASCINO

Il Ten. Col. Gaetano Cascino proviene dai corsi regolari dell’Accademia Militare di Modena (161° corso “ESEMPIO”). Si è laureato presso l’Università di Torino in Scienze Strategiche. Nel 1999 ha conseguito anche un master in Diritto Internazionale Umanitario presso International Institute of Humanitarian Law (IIHL) di Sanremo. Ha svolto servizio presso i Reggimenti di Cavalleria “NOVARA (5°) e AOSTA (6°). Ha inoltre prestato servizio sia in Operazaioni Fuori area che presso Organismi Internazionali (ONU e NATO). E’ attualmente vice Comandante del Centro Militare di Equitazione a Montelibretti ed Ufficiale addetto alla pubblica informazione.

NEVI CUTANEI E MELANOMADott. ANTONINO GATTO

Il Professor Antonino Gatto, Primario Chirurgo del Presidio Ospedaliero SS. Gonfalone della ASL RMG; è specialista in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso, in Urologia ed in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva. Nell’ambito della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale dell’Università degli Studi di Tor Vergata di Roma è titolare dell’insegnamento di Chirurgia d’Urgenza. E’ autore di oltre 60 pubblicazioni scientifiche di interesse chirurgico e la sua la sua casistica operatoria consta di oltre 6.000 interventi chirurgici di media ed alta chirurgia generale, vascolare, toracica, urologia e plastica. Il Professor Gatto svolge la sua attività specialistica anche presso lo Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

Specialistico Nomentano ed in altri ambulatori romani. Ha al suo attivo alcune pubblicazioni sul Giornale di Medicina Militare e su Minerva Cardiologica.

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Una brutta caduta, un salto sbagliato. un contrasto di gioco ma, più frequente-mente, una brusca decelerazione od un

improvviso cambio di dire-zione del calciatore possono provocare la rottura del lega-mento crociato anteriore e, con minore frequenza, del le-gamento crociato posteriore, responsabili, più il primo del secondo, della stabilità del ginocchio.Gli ultimi studi hanno stabi-lito che tali lesioni sono più frequenti nelle categorie di-lettantistiche ed amatoriali piuttosto che nei giocatori professionisti e più frequenti nelle calciatrici che nei cal-ciatori. Nel primo caso ciò è dovuto al minor lavoro svolto come preparazione, alla diversa forma fisica e alla variabile e diversa natura e condizione del terreno di gio-co. Nel caso delle giocatrici entrano, invece, in gioco fat-tori diversi: la diversa confor-mazione muscolare e sche-letrica, la più elevata lassità

mento rotto con altri tendini prelevati attraverso una bre-ve incisione di 1 cm oppure mediante sostituti sintetici e consente al calciatore di ri-tornare in campo entro 4-5 mesi dall’intervento.Una caduta all’indietro, un arresto improvviso, un cam-bio di direzione od un con-trasto in cui la caviglia venga forzata in una rotazione ver-so l’interno con la punta del piede spinta in equinismo (il cosiddetto movimento di “inversione”), causano, inve-ce, la lesione dei legamenti di stabilizzazione anteriori della caviglia, principalmente il legamento peroneo-astra-galico anteriore e, con minor frequenza, nei puri movi-menti di rotazione esterna, la rottura dei legamenti dell’ar-ticolazione che tiene insieme le estremità finali della tibia e del perone, la sindesmosi tibio-peroneale ed in partico-lare il legamento tibioperone-ale anteriore. Anche in questi casi, ovviamente, si impone una diagnosi rapida, precisa e dettagliata. L’ortopedico,

esperto in traumatologia del-lo sport, deve subito effettua-re quelle manovre in grado di stabilire una valutazione quantitativa della gravità del-le lesioni, che si traduce in scelte di trattamento radical-mente differenti. Ciò va sot-tolineato perché è, invece, molto frequente, nella mia pratica clinica, il riscontro di gravi instabilità legamentose di caviglia risultato di pre-gressi e ripetuti traumi, il più delle volte sottovalutati e non

trattati adeguatamente. Nelle lesioni di I e II grado, si ricorre alla crioterapia locale, il riposo articolare, l’immobi-lizzazione dell’articolazione in un taping funzionale o in tu-tori specifici con stabilizzatori laterali, assistiti dalla mobiliz-zazione attiva e passiva e da una ginnastica propriocettiva guidate da un fisioterapista esperto. Nel III grado, invece, il trattamento diviene chirur-gico. Ed è soprattutto In que-ste lesioni dove la collabora-

zione fattiva tra ortopedico e radiologo diviene essenziale. Infatti, in mani esperte, un semplice esame ecografico può essere utile conferma dell’esame obiettivo e con-dividere la successiva ne-cessità di effettuare esami di risonanza magnetica o radio-grafici dinamici sotto stress per accertare e confermare la rottura legamentosa, che troverà, in queste situazioni, risoluzione in un intervento mini-invasivo di artroscopia

articolare e la componente ormonale. La traumatologia è in assoluto assai spesso la conseguenza di una scelta errata del tipo di scarpe più adatte allo specifico campo di gioco.L’esperienza di decenni ci ha insegnato che i legamenti crociati rotti, responsabili di ripetuti cedimenti e di una instabilità recidivante dell’ar-ticolazione interessata, ac-compagnata da frequenti dolori e versamenti artico-lari, devono essere riparati. Infatti, se non si interviene in tempo, l’articolazione va incontro ad un progressivo deterioramento, con usura delle superfici cartilaginee che compongono l’articola-zione, generando, in un pe-riodo variabile di 10-15 anni, un’artrosi dell’articolazione.Effettuata la diagnosi me-diante una visita specialistica ortopedica e, qualora ne-cessario, confermata da un radiologo esperto di risonan-za magnetica, l’operazione viene eseguita in artroscopia e prevede di sostituire il lega-

Giocare a calcio è da sempre uno sport particolarmente dif-fuso nella popola-zione maschile e, da qualche anno

a questa parte, lo sta di-ventando anche tra quella femminile. Inoltre, al classi-co calcio a 11, riservato in molti casi a giocatori che, se non professionisti, sono comunque piuttosto allenati, si sono piano piano aggiunte varianti di diversa tipologia numerica, quali il calcio a cinque o a otto che hanno aperto la strada del campo di calcio anche a praticanti più “domenicali” o “serali”Anche le caratteristiche dei campi da calcio o calcetto sono mutate con superfici più dure e dimensioni più ri-dotte che portano ad un gio-co più “nervoso” e veloce. Così, i traumi o comunque gli incidenti di gioco, sono a mio

parere aumentati in maniera rilevante negli ultimi decenni. In particolare i traumi che più frequentemente giungono alla osservazione del radiolo-go sono quelli alla caviglia, al ginocchio, alla spalla ed alle mani in quest’ordine.È parere diffuso che la prima indagine da eseguire per va-lutare un evento traumatico articolare, sia la “radiografia” o, come si suol dire la “la-stra”. È in tale maniera possi-bile escludere la presenza di fratture più meno importanti. In seconda istanza, la meto-dica più usata è sicuramen-te l’ecografia. Risulta infatti particolarmente agevole, in mani esperte, valutare in maniera ottimale il comparti-mento legamentoso soprat-tutto dell’articolazione della caviglia e della spalla. Con-testualmente si può esclude-re o confermare la presenza di una quota fluida di versa-

mento intra articolare. Nell’articolazione del ginoc-chio gli ultrasuoni conferma-no o escludono la presenza di una quota di versamento e sono particolarmente indica-ti nella valutazione del com-partimento dei legamenti collaterali esterni, interni e del legamento sotto rotuleo.Qualora lo specialista orto-pedico ritenga opportuno eseguire ulteriori approfondi-menti diagnostici, la metodi-ca più indicata è sicuramen-te la risonanza magnetica: infatti, la risoluzione spaziale e di contrasto nelle artico-lazioni suddette, è ottimale, permettendo una eventuale valutazione pre operatoria particolarmente fedele. La ri-sonanza magnetica è peral-tro la metodica da eseguire nel decorso post operatorio e nelle non auspicabili com-plicazioni.

Il punto di vista del radiologoDott. Fabio SciarrettaChirurgo Ortopedico

Dott. Francesco VulteriniRadiologo - Responsabile Branca di Radiologia Poliambulatorio Specialistico Nomentano

TRAUMATOLOGIA DEL CALCIO: IL FALLIMENTO DEI LEGAMENTIIl calcio, è esperienza

comune, può essere

responsabile di

numerosi traumi in

grado di provocare la

rottura dei legamenti

del ginocchio

o della caviglia.

della caviglia e plastica dei legamenti laterali, che, ove possibile, saranno reinseriti sull’osso mediante utilizzo di speciali e millimetriche an-corette. Al termine dell’inter-vento si ricammina subito, protetti da un tutore, e si in-comincia immediatamente il programma riabilitativo che diverrà, con il passare dei giorni, sport-specifico, con ripresa guidata degli allena-menti e della pratica sportiva normale.

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Dott. Emanuele GrazianiMedico dello SportPoliambulatorio Specialistico Nomentano

ra basata sul running. Numerosi studi scienti-fici, pubblicati in altret-tante autorevoli riviste del settore, dimostrano come pochi minuti de-dicati ad esercizi sem-plicissimi, siano in gra-do di ridurre in modo drastico l’incidenza di infortuni sia a livello le-gamentoso, che ten-dineo-muscolare nel calciatore dilettante. Per approfondimenti, consiglio la visione del sito istituzionale del-la FIFA: http://f-marc.com/11plus , dove è possibile consultare e scaricare tutto il ma-teriale per svolgere un corretto “The 11+”.

Diamo un “calcio” agli infortuni

NOMENTANOLABORATORIO CLINICO

Chiunque abbia giocato a calcio in ogni sua de-clinazione (cal-cetto, calciotto, ecc.), sa che il ri-

schio di tornare a casa con dolori più o meno seri è molto elevato. L’incidenza degli infor-tuni dipende dall’inten-sità e dalla velocità di gioco, dalle condizioni

Distorsioni, rottura dei legamenti crociati del ginocchio, lesioni muscolari: è abbastanza facile farsi male mentre si gioca a calcio.

“calcio”

ambientali (pensiamo alle partite giocate in notturna, nella stagio-ne invernale), ma anche dal grado di allenamen-to e forma fisica, e da una più o meno oppor-tuna fase di riscalda-

mento pre-gara.E’ per quest’ultima ragione che l’or-gano supremo del calcio gioca-to, la Fédération

Internationale de Football Association

- meglio conosciuta come F.I.F.A - con il suo centro di ricerca e di valutazione medica, ha messo a punto un programma specifico, denominato “The 11+” (eleven plus). L’obiet-tivo non è tanto quello di migliorare le perfor-mance dei giocatori in campo, bensì quello di prevenire gli infortuni. In generale, il program-ma “The 11+” punta a potenziare caviglie e ginocchia, rendere più forti e flessibili tronco e gambe e a migliorare coordinazione, velocità e resistenza.Il riscaldamento si ar-ticola in tre fasi distin-te: una prima dedicata alla corsa, una centra-le, dedicata alla forza e all’equilibrio, e una terza, più breve, anco-

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la comparazione com-puterizzata con enormi archivi digitali d’immagini con diagnosi già nota. Sarà quindi compito del Medico stabilire l’oppor-tunità della rimozione chirurgica o viceversa di un’attenta sorveglianza nel tempo. E’ comunque opportuno che i nevi cutanei localiz-zati in sedi di frequente traumatismo mecca-nico siano asportati in-dipendentemente dalla loro benignità, in quanto il rischio di una degene-razione tumorale a se-guito di traumi ripetuti è comunque elevato. L’indicazione all’asporta-zione chirurgica è sicu-ramente valida per nevi localizzati sulle mani, sulle piante dei piedi, alla vita, sul cuoio capelluto e comunque in qualsiasi sede dove siano sogget-ti a ripetuti microtraumi. Il sanguinamento ripetu-to di un nevo rappresen-ta una valida indicazione per la sua rimozione chi-

rurgica.L’asportazione chirur-gica di un nevo avviene in anestesia locale e consiste essenzialmen-te nell’asportazione del nevo in associazione con una minima porzione di tessuto cutaneo e sot-tocutaneo sicuramente integro. L’incisione chi-rurgica avrà, in linea di massima, la forma di una piccola losanga orientata rispettando con la mas-sima accuratezza le linee di tensione della cute al fine di ottenere il miglior risultato estetico otteni-bile.Preme sottolineare come, al di là delle esigenze te-rapeutiche, sia necessa-rio prestare la massima attenzione a perseguire il miglior risultato esteti-co possibile, in quanto una cicatrice evidente ed antiestetica può incidere sulla sfera emotiva del paziente ed alterarne si-gnificativamente umore e relazioni interpersonali. Questo aspetto, malgra-do le comuni valutazio-ni più semplicistiche, è sempre molto importan-te e deve essere preso in seria considerazione indipendentemente dalla età e dal sesso del pa-ziente.Particolare importanza assume quindi la sutura cutanea che deve esse-re eseguita con la mas-sima accuratezza e con accorgimenti caratteri-

stici della chirurgia pla-stica al fine di rendere il meno visibile possibile la cicatrice. Il nevo dovrà essere sempre inviato all’esame istologico al fine di studiarne ogni più piccola caratteristica cel-lulare ed ottenerne una diagnosi certa. Preme ri-cordare che sono possi-bili degenerazioni tumo-rali, anche molto piccole, nell’ambito di nevi appa-rentemente del tutto be-

nigni; pertanto l’esame istologico è sempre indi-spensabile.Ove l’esame istologico riconosca la natura mali-gna del nevo asportato, sarà necessario un am-pliamento dell’asporta-zione dei tessuti cutaneo e sottocutaneo attorno alla cicatrice chirurgica e la ricerca del linfonodo “sentinella”. Questo linfo-nodo rappresenta la pri-ma sede linfonodale della via naturale di drenaggio linfatico dei tessuti inte-ressati e quindi il primo filtro difensivo del siste-ma immunitario – appun-to sentinella – destinato a ostacolare la diffusione a distanza del tumore.Allorché individuato il lin-fonodo od i linfonodi sen-tinella, gli stessi verranno asportati chirurgicamen-te ed avviati anch’essi

ad un accurato studio istologico per stabilirne con certezza integrità o viceversa l’invasione tu-morale.Il trattamento terapeuti-co dei melanomi cuta-nei si avvale di procedu-re integrate chirurgiche e medico oncologiche; l’efficacia ed i risultati di tali trattamenti sono de-terminati principalmente dalla precocità del-la diagnosi. In questo senso è indispensabile eseguire periodici con-trolli di tutti i nevi cutanei, stabilendo una immedia-ta sorveglianza clinica di qualsiasi variazione di forma o colore ed aspor-tando chirurgicamente qualsiasi nevo gravato da sospetti anche mo-desti.

Du n q u e , pur es-sendo il nevo una malat t ia

del tutto benigna, meri-ta una attenta sorve-glianza clinica al fine di riconoscere precoce-mente eventuali degene-razioni tumorali. I segni precoci di degenerazione tumorale di un nevo sono essenzialmente la modifi-cazione del colore con intensificazione o ridu-zione della pigmentazio-ne, perdita della normale rotondità del nevo con crescita asimmetrica, comparsa di bordi irre-golari ed un rapido au-mento delle dimensioni del nevo.

La prevenzione della degenerazione tumorale si basa essenzialmente sull’accurata osservazio-ne delle caratteristiche del nevo, ottenibile attra-verso la periodica ese-cuzione di un’accurata Visita medica e dell’esa-me epidiascopico di su-perficie od “epilumine-scenza”. L’epidiascopia di superficie consiste essenzialmente nell’ese-cuzione di immagini foto-grafiche ingrandite ed ad altissima risoluzione di ciascun nevo; è così pos-sibile ottenere un vero e proprio archivio fotogra-fico dei nevi a ciascuno dei quali viene associa-ta l’esatta localizzazione sulla superficie corporea del paziente. La ripetizio-ne periodica dell’esame epidiascopico consente di riconoscere ogni più piccola modificazione dei nevi fotografati.Inoltre, l’esame epidia-scopico può essere in-tegrato con la digitaliz-zazione delle immagini e

Dott. Antonino GattoSpecialista in chirurgia d’urgenza e pronto soccorso Specialista in urologia Specialista in chirurgia plastica e ricostruttiva Primario chirurgo del presidio ospedaliero di Monterotondo della ASL RMG.

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Nevo Melanoma

MelanomaNevi cutanei e Melanoma

Il neo cutaneo (più esattamente definito “nevo”) rappresenta una semplice concentrazione di cellule pigmentate (melanociti) nel tessuto cutaneo. Il colore del neo può variare dalla lieve iperpigmenta-zione, scarsamente distinguibile dalla cute normale, fino al nero intenso. Si tratta di lesioni benigne in cui i melanociti presentano le medesime caratteri-stiche della cute normale. Viceversa, in caso di degenerazione tumorale, si assiste alla crescita disordinata ed incontrollata dei melanociti del nevo che possono anche perdere le caratteristiche di normale colorazione. La degenerazione tumorale dei melanociti, definita melanoma, è caratterizzata da elevata aggressività e capacità di sviluppo di metastasi.

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L’Angina Pectoris

L’angina pectoris è una ma-nifestazione clinica dovuta ad una “transitoria” riduzione del flusso di sangue al muscolo cardiaco, cioè da un apporto di sangue insuf-ficiente alle richieste di quel preciso momento. Questo comporta uno stato di scar-sa ossigenazione del territo-rio di miocardio irrorato dalle coronarie che prende il nome di ischemia miocardica. Nella grande maggioranza dei casi tale evenienza si manifesta quando un vaso è parzial-mente occluso da placche aterosclerotiche; in condi-zioni di riposo esse posso-no non ostacolare il normale funzionamento cardiaco, ma durante gli sforzi fisici o gli stress emotivi impediscono di soddisfare completamente le richieste di ossigeno del muscolo cardiaco.

L’Infarto Acuto del Miocardio

Nell’infarto miocardico si ha invece la totale ed improv-visa chiusura dell’arte-ria coronarica, quindi un completo ostacolo al flusso sanguigno con conseguente danno irreversibile della por-zione di cuore interessata e morte del tessuto corrispon-dente.La cardiopatia ischemica è la più comune causa di morte nei paesi industrializzati, ed è per tale motivo che è impor-tante conoscerne le cause per poterla prevenire.

I fattori di rischio

Vi sono numerosi fattori co-siddetti “di rischio” che pre-dispongono all’insorgenza di questa malattia. Alcuni di questi non sono modificabi-li, è il caso per esempio del

ti forme di presentazione, angina ed infarto: entrambi si manifestano con dolo-re toracico simile ad una sensazione di peso o di forte stretta nel petto, ti-picamente viene descritta come una “morsa” (“angina” vuol dire costrizione). Può essere irradiato al collo, alle spalle, alle mandibole e agli arti superiori, più spesso è coinvolto il braccio sinistro, talvolta sono accompagna-ti da sudorazione fredda e affanno improvviso. I dolori dell’attacco anginoso dura-no solo alcuni minuti, men-tre quelli dell’infarto durano assai di più e possono non passare con i farmaci che solitamente risolvono i sin-tomi dell’angina. Il dolore è comunemente sordo, a par-tenza interna, non interessa le strutture ossee superficiali, non si modifica con i cambia-menti di posizione e con gli

sesso maschile, dell’età e della predisposizione gene-tica. Su altri fattori di rischio invece è possibile intervenire per modificarli, ridurli o ab-batterli. Valori di colesterolo superiori alla norma, l’iper-tensione arteriosa, il fumo di sigaretta, il diabete, lo stress e la vita sedentaria sono alcuni di questi fattori modificabili da terapie igieni-co-sanitarie e da un più cor-retto stile di vita. Tra i fattori di rischio modificabili è op-portuno citare il consumo di alcune sostanze stupefacen-ti, in particolare della cocaina il cui consumo è sempre più diffuso, in particolare nelle fa-sce di età più giovani.

Come si presenta: i sintomi

La sintomatologia della car-diopatia ischemica ha ele-menti comuni nelle differen-

atti del respiro.Nelle forme più comuni i do-lori anginosi compaiono in relazione ad un maggior la-voro cardiaco: lo sforzo fisi-co, un intenso stress emotivo o anche più semplicemente con l’esposizione al freddo; altre volte il dolore toracico può comparire in condizioni di completo riposo. E’ impor-tante sottolineare che il per-sistere del dolore per più di 5-10 minuti deve far im-mediatamente sospettare un infarto e quindi indurre il paziente a rivolgersi imme-diatamente alle cure del 118.Talvolta i sintomi dell’infarto possono essere localizzati a livello dello stomaco, simu-lando un’indigestione ed as-sociarsi a nausea, vomito e pallore cutaneo: è consiglia-bile non sottovalutare questi segnali, specie in persone che normalmente non soffro-no di disturbi digestivi.

Come si fa la diagnosi

Dalla minuziosa raccolta del-le caratteristiche dei sintomi accusati dal paziente e dei fattori di rischio dello stesso, durante la visita specialisti-ca, il cardiologo può trarre informazioni preziose per sospettare una cardiopatia ischemica e proseguire con gli accertamenti diagnostici del caso.Il primo esame da eseguire è l’elettrocardiogramma a riposo che nel paziente asintomatico non sempre evidenzia segni di danno miocardico; un altro esame di fondamentale importanza è l’ecocardiogramma co-lor/Doppler che permette di valutare la contrattilità globa-le e distrettuale del miocar-dio. Il deficit di movimento di una delle pareti che formano le camere cardiache è un se-

La Cardiopatia IschemicaLa cardiopatia ischemica è una malattia determinata da un ridotto apporto di sangue al cuore per l’ostruzione o il restringimento delle arterie che nutrono il muscolo cardiaco. Queste arterie, chiamate coronarie, sono soggette, come quelle di altri distretti corporei, ad un processo di irrigidimento e di deposizione di grassi sulle pareti, fenomeno comunemente noto con il nome di aterosclerosi, che si sviluppa abitualmente con il trascorrere degli anni.E’ utile precisare la differenza esistente fra le due forme principali di tale malattia: l’angina pectoris e l’infarto acuto del miocardio.

Dott. Antonio SaponaroCardiologo, Branca di Cardiologia, Poliambulatorio Specialistico Nomentano Nomentano

La Coronarografia

La coronarografia è l’esame più indicato per studiare la gravità della malattia coro-narica. L’indicazione all’ese-cuzione di quest’ultima me-todica deve essere sempre posta da un cardiologo dopo aver attentamente studiato la situazione clinica del pazien-te. La coronarografia è un esame invasivo che consi-ste nell’introdurre attraverso un’arteria periferica, previa anestesia locale, una serie di cateteri, che vengono so-spinti fino al punto di origi-ne delle coronarie: a questo punto viene iniettato nelle stesse un mezzo di contra-sto che consente di visualiz-zare l’albero coronarico e gli eventuali restrigimenti a cari-co delle principali arterie co-ronarie. Questa metodica, di utilizzo comune nello studio della cardiopatia ischemica, presenta come altre meto-diche simili alcuni rischi che vanno valutati nel rapporto costo-beneficio per ogni sin-golo paziente. Scopo della coronarografia è quello di valutare la presenza e l’enti-tà delle lesioni riservandosi la possibilità di procedere alla risoluzione delle medesime mediante l’angioplastica coronarica, l’impianto di una rete metallica circolare che ripristina il calibro origi-nale del vaso oppure invian-do il paziente all’attenzione di un cardiochirurgo per il suc-cessivo intervento di by-pass aorto-coronarico.

gno importante di sofferenza ischemica in atto o pregres-sa. Se anche l’ecocardio-gramma dovesse risultare normale, o in aggiunta alle informazioni derivate da que-sto esame, è opportuno per completare l’iter diagnostico, effettuare un elettrocardio-gramma sotto sforzo (o Test Ergometrico). Lo sforzo fisico ha, infatti, il fine di fare aumentare i battiti cardiaci e quindi il consumo di ossi-geno del muscolo cardiaco con di conseguenza rendere manifesta una condizione di ischemia evidenziabile con il tracciato elettrocardiografi-co e/o con l’insorgenza dei sintomi precedentemente descritti. Qualora i risultati ot-tenuti da quest’ultima meto-dica diagnostica dovessero lasciare dei dubbi interpre-tativi si può sottoporre il pa-ziente ad un’indagine più fine: la scintigrafia miocardica. Questa consiste nell’iniettare per via endovenosa, al cul-mine dello sforzo fisico, una sostanza debolmente radio-attiva che evidenzierà le zone ischemiche del cuore.

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La sindrome dell’ovaio policistico (o policistosi ovarica, PCO) è un disturbo complesso delle ovaie (gli organi dell’apparato riproduttivo femminile deputati sia a produrre le cellule germinali femminili, dette ovociti, sia a secernere ormoni), che si manifesta tipicamente subito dopo il menarca (la prima mestruazione), ovvero in quella fase dell’evoluzione dell’essere umano che prende il nome di adolescenza.

l’aspetto morfologico delle ovaie ed individuare quindi quelle anomalie proprie del-la policistosi.Formulata la diagnosi, la scelta terapeutica prevede - per le pazienti molto gio-vani, che non abbiano desi-derio di avere figli nel futuro più prossimo - l’utilizzo del-la pillola contraccettiva che evita l’aggravamento della malattia mettendo a “ripo-so” l’ovaio. Questa terapia non solo migliora fino a ri-solverli i problemi correlati alla policistosi (acne, irsuti-smo) ma, se protratta, può anche risolvere la policistosi stessa ripristinando la re-golare attività ovarica (i cicli tornano “regolari”) e conse-guentemente migliorando la fertilità della donna. Inoltre, molto importante nelle pa-zienti obese o sovrappeso si è dimostrato il controllo del peso attraverso la dieta e l’attività fisica.Dunque, qualora si avverta la presenza di uno dei sin-tomi descritti è opportuno rivolgersi al proprio medico curante per inquadrare la patologia e, laddove neces-sario, ricorrere al supporto dello specialista ginecologo per la diagnosi definitiva e la conseguente terapia.

Dott.ssa Antonella CarnevaleSpecialista in Ginecologia e OstetriciaBranca di RadiologiaPoliambulatorio SpecialisticoNomentano

ovulazione con la conse-guente impossibilità di es-sere fecondati dallo sper-matozoo.A tutt’oggi, le cause della policisti ovarica non sono chiare. E’ stata documen-tata una condizione di “fa-miliarità”, anche se non è noto quale sia il preciso meccanismo di trasmis-sione ereditaria, ed in tale ambito è stata anche ipo-tizzata un’ereditarietà mul-tifattoriale, influenzata, cioè dall’interazione di più geni. Possiamo però dire che, in termini di probabilità, que-sta patologia si manifesta più frequentemente in don-ne con storia familiare posi-tiva per il diabete di tipo II e che il rischio risulta mag-giore se la paziente è in so-vrappeso. In sintesi, i sintomi attra-verso cui si manifesta la sindrome dell’ovaio poli-cistico sono:mestruazioni assenti (ame-norrea) o poco frequenti (oligomenorrea): le me-struazioni spesso compa-iono con una frequenza di 5-6 settimane; in alcuni casi anche solo una o due volte all’anno o addirittura mai;aumento dei peli superflui

su viso e corpo (irsutismo): localizzati sul mento, so-pra il labbro superiore, su-gli avambracci, nelle parte inferiore delle gambe e sull’addome;acne: di solito sul viso;sovrappeso/obesità: le cellule dell’ organismo sono resistenti alla azio-ne dell’’insulina, l’ormone che regola il metabolismo degli zuccheri, con la con-seguente inutilizzazione e accumulo degli stessi, sot-to forma di grasso. alterazioni dei “dosaggi or-monali” relativi agli ormoni FSH ed LH i quali svolgono sinergicamente azioni che portano alla maturazione dei follicoli e sono quindi tra gli ormoni che agisco-no sulla fertilità. La diagnosi si basa sui sin-tomi e sull’esame fisico del-la paziente, per confermarla dovranno essere eseguiti accertamenti che compren-dono lo studio della funzio-nalità ovarica, tiroidea, ipo-fisaria attraverso esami del sangue che consentano la determinazione dei dosaggi ormonali ed inoltre l’ esame ecografico delle ovaie e l’as-setto glucidico della pazien-te. Proprio l’esame ecogra-fico consente di conoscere

La sua importanza, ed il motivo per cui è necessario conoscere ed af-frontare questa

patologia, è che essa è si-gnificativamente diffusa in termini numerici (si stima in una percentuale del 5-10% il numero di donne interes-sate) ed è causa di inferti-lità. In termini semplici, la po-licistosi ovarica porta alla formazione all’interno delle ovaie di numerose cisti, o piccoli “follicoli”, cioè cavi-tà ripiene di liquido, sparse sulla superficie delle ovaie stesse (di solito più di 10 o 15 in ciascun ovaio), men-tre sono pressoché assenti al centro dell’ovaio. I follicoli sono piccoli e immaturi (le loro dimensioni non supe-rano i 10 mm) e raramente o addirittura mai, arrivano a maturazione e quindi all’

La Policistosi Ovarica (PCO)

Piccole donne crescono...Piccole donne crescono...Infanzia ed adolescenza sono due fasi della vita delicate e caratterizzate da problematiche specifiche. Dal punto di vista dello sviluppo femminile, il sup-porto di una specialista ginecologa può essere importante sia per prevenire potenziali malattie che stili di vita sbagliati i quali, alla lunga, risultano causa a loro volta di patologie specifiche. In questo ambito, lo specialista ginecologo deve occuparsi sia della diagnosi e della cura, laddove necessario, ma anche dedicare particolare attenzione agli aspetti psicologici ed all’impatto che tali problematiche possono avere sulle gio-vani pazienti.Il LABORATORIO CLINICO NOMENTANO, dedica a bambine e ragazze ed ai loro genitori, un momento d’incontro pensato per le loro esigenze nell’otti-ca della prevenzione medica e dell’impostazione di corretti stili di vita.

bambine e ragazze tra i 10 ed il 16 anni di età, accompagnate dalla propria madre,

potranno incontrare le specialiste ginecologhe, eseguire un’ecografia pel-vica a fini della prevenzione di possibili patologie specifiche della loro età,

e ricevere dalla specialista consiglio sugli stili di vita e le condizioni alla base di uno sviluppo femminile sano e rispettoso della propria fertilità.

Incontro ed ecografia pelvica sono proposti alla tariffa di favore di 60 euro.

Fino al 30 giugno 2012

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CONVENZIONISANITARIECONVENZIONISANITARIECASPIE

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Dott. ssa Ilaria StaltariBranca di Radiologia Poliambulatorio Spe-cialistico Nomentano

al tenue seriato (che preve-de l’ingestione di una certa quantità di bario da parte del Paziente) per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali e alla ga-stroscopia per lo studio della malattia celiaca.Oggi, la tecnica ecografica, come esame di 1° livello, ci consente – in alcuni specifici casi – una valida soluzione diagnostica priva di invasi-vità e rischi nella iniziale va-lutazione del paziente con disturbi gastrointestinali. L’esame in questione è l’Ecografia dell’Intestino: una tecnica radiologica non invasiva, poco costosa e fa-cilmente ripetibile che con-sente di indagare in prima istanza lo stato dell’intestino per indirizzare eventualmen-te verso una visita speciali-stica gastroenterologica e/o verso altre indagini più com-plesse e invasive, come la colonscopia. Tramite l’indagine ecografica possiamo studiare la parete delle anse intestinali indivi-duando segni di infiamma-zione o di rallentamento fun-zionale e, viceversa,escludere la presenza di ispessimenti parietali intesti-nali significativi o di segni di malassorbimento che rap-presentano i rilievi ecografici

più comuni. Dunque, il Medico Curan-te, avvalendosi di quanto l’ecografia ha rilevato, potrà decidere circa l’iter clinico-diagnostico successivo più idoneo.A differenza della colonsco-pia, l’ecografia dell’intestino non necessita di nessuna preparazione intestinale par-ticolare (assunzione di las-sativi etc..) ma solamente di digiuno (per cibi e solidi) da almeno sei ore; occasional-mente può essere neces-sario bere del liquido per di-stendere le anse in modo da consentirne uno studio più accurato.Ma quando e come andreb-be utilizzata? Come abbia-mo detto, l’ecografia inte-stinale non può sostituirsi agli esami specialistici propri della gastroenterologia ma piuttosto può rappresentare un’indagine di primo livello, non invasiva e rapidamen-te eseguibile, per indirizzare verso il successivo iter clini-co e diagnostico, in un pa-ziente che mostra sintomi gastrointestinali aspecifici come diarrea e/o dolori ad-dominali.

Tipicamente, le malattie intesti-nali esordisco-no con sintomi come la diarrea, i dolori addomi-nali, difficoltà a digerire, il calo di peso, l’anemia e la febbricola per-

sistente. Nel momento in cui questi eventi si manifestano, il primo passo è ricorrere al nostro Medico di Famiglia per avviare quel percor-so di anamnesi e diagnosi che consente di identificare esattamente la natura del problema e la successiva cura.Si tratta di patologie anche piuttosto diffuse basti pen-sare che in Italia la percen-tuale di persone che si rivol-gono al Medico di Famiglia per alterazioni connesse all’intestino è di circa il 20%.Fino a pochi anni fa, per ef-fettuare una “diagnosi stru-mentale” le “armi” a dispo-sizione della medicina erano tipicamente caratterizzate da una certa quantità di ra-diazioni ionizzanti sommi-nistrate al paziente e da un certo livello di invasività con conseguente comprensibi-le disagio a sottoporsi agli esami in questione. Basti pensare alla colonscopia o

Ecografia intestinaleI problemi che possono interessare il nostro intestino sono molteplici, con diversi livelli di gravità: si va dalla sindrome dell’intestino irritabile fino allemalattie infiammatorie croniche intestinali come la malattia di Crohn o la retto colite ulcerosa.

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Nelle vicinanze c’è LA FORE-STA dove il Santo soggiornò per un breve periodo presso la Chiesa di San Fabiano (il Santuario di Santa Maria del-la Foresta) e dove cominciò a comporre il Cantico delle Cre-ature.. La leggenda racconta che la vigna annessa fu de-vastata dagli abitanti, accorsi in massa per vedere il Santo. Allora Francesco dai pochi grappoli rimasti fece sgorgare miracolosamente un abbon-dante mosto. L’ultima tappa è la vetta del TERMINILLO: Pio XII nel 1939 dichiarò San Francesco Patrono d’Italia, i frati france-scani costruirono così qui il Tempio Votivo Nazionale che custodisce l’urna contenente la reliquia del corpo del Pove-rello. Il Cammino di Francesco si conclude, lasciando dentro di noi una leggerezza nell’anima, un ricordo indelebile di un pa-esaggio che stupisce, aspro e romantico … un nuovo timbro sul passaporto del pellegrino ed un cordoncino con appe-sa una minuscola TAU… ed un po’ di terra e sassolini negli scarponi da trekking.

Da sempre gli uomini percorrono il mon-do creando sulla sua

superficie le strade: l’obbiet-tivo legato alla sopravviven-za o allo scambio e quindi al commercio ha come risultato ultimo l’incontro, la comunica-zione, la conoscenza. Tutta-via, altre contrade ha percor-so l’uomo verso altri confini, meno legati alla realtà della sua esistenza fisica: sono le vie che conducono alle mete dello spirito, a cercare una ragione che spieghi il mistero della nostra effimera esperien-za umana. La strada diventa allora “la Via”, metafora cioè della vita che è veicolo, pas-saggio verso l’infinito e per chi crede verso l’eterno. San Francesco si pone proprio come “l’uomo della strada”, infaticabile nel cammino verso la conquista della sua maturità spirituale, verso la solidarietà e la fratellanza. San Francesco si innamo-rò della Valle Reatina, dove arrivò per la prima volta nel 1208, considerandola, accan-to ad Assisi e alla Verna nel Casentino, una delle sue tre patrie, tanto che la Valle è stata definita da allora “la Val-le Santa”. Il Santo attraversò numerose volte la Conca Re-atina: la prima nel 1208, seguì un lungo soggiorno nel 1223 ed un altro dall’autunno 1225 all’aprile 1226. San Francesco

si spostò in continuazione tra gli eremi ed i piccoli santuari della valle, disposti idealmente secondo la linea di una croce mistica. Il Cammino di Fran-cesco nella Valle, è un anello di circa 80 km, che si snoda at-torno a Rieti , com-prendendo Fonte-colombo, Greccio , Poggio Bustone, il bosco del Faggio di San Francesco a Rivodutri, la Foresta e la vetta del Termi-nillo .La prima tappa è FONTECOLOMBO, chiama-to così dal Santo perché vide abbeverarsi delle colombe ad una sorgente. San Francesco vi individuò una piccola cap-pella – la cappella della Mad-dalena - per le meditazioni, disegnando sul muro il famoso TAU, come simbolo di reden-zione. Sotto la cappella, vi è il Sacro Speco: qui, nel 1223, dopo 40 giorni di digiuno e di preghiera, San Francesco vi dettò la regola francescana. La tradizione narra che una notte il Santo sentisse tra i rami di un leccio la voce di Dio, che gli

suggeriva le norme della Re-gola, esortandolo alla povertà ed all’obbedienza. Il Cammino ci porta poi all’affascinante santuario di GRECCIO, arroccato su uno sperone di roccia a 705 metri di altezza: Francesco vi volle il primo Presepe vivente nella storia con un significativo ge-sto interreligioso. Infatti, Fran-cesco chiese che fossero por-tati un bue, un asinello e della paglia, simboli dell’Ebraismo, dell’Islamismo e del Cattolice-simo. Attraversando la Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile , arriviamo a POGGIO BUSTONE, dove

sorge il Santuario di San Giacomo. Qui Francesco, ospitato dai Mo-naci Benedettini, ricevette il perdo-no dei peccati e gli venne rivelato che il suo Ordine si sarebbe espan-

so. Quando Francesco scese dall’eremo, era una persona più forte: affrontò il Papa in La-terano ed ottenne l’autorizza-zione per la Regola del nuovo Ordine dei Mendicanti.Nel Bosco di Rivodutri vive il FAGGIO DI SAN FRANCE-SCO, unico per la sua forma incredibile. Il diametro della chioma è di 22 metri con un formidabile intreccio di rami e fogli. La tradizione vuole che la pianta modificò la sua forma, aprendosi ad ombrello, per proteggere Francesco da un violento temporale.

Lorenzo Sciarretta

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ontenero

Quando, percorrendo la provinciale del Tancia verso Rieti, Montenero appare improvvisamente tra il verde forte dei boschi, allungato sul costone tra le valli dei torrenti Riella e Petraro, il panorama non è più quello delle colline sabine coperte d’ulivi ma un irreale paesaggio alpino. Oppure, per dirla con Giuseppe Marrocco, storico vissuto nella prima metà dell’800 e che a Montenero ci dovette giungere tutt’al più in carrozza e su strade ben diverse da quelle di oggi: “Tra le fauci di montagne altissime sopra un fianco dell’Appennino, scosceso ed aspro per i dirupi, e per le balze, siede questo castello …. di là si cava una pietra focaja di color nero, che rende vantaggio all’industria dei popolani. Vi esiste una forte rocca che costituisce ora il palazzo de’ chiarissimi Mattei, la cura de’ quali hadi molto incivilito quel popolo. A vero dispetto della natura sono quelle balze e que’ scogli mirabilmente coltivati ad oliveti, e viti, talché si deve encomio amplissimo all’onorato sudore di quelli abitanti … “ .

RACCOLTA OCCHIALILIONS

Nel mondo c’è un grandissimo bisogno di occhiali usati.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha stimato che la vista di circa un quarto della popolazione del mondo può essere migliorata attraverso l’uso di lenti correttive. Sfortunatamente molti non posso permettersi un paio di occhiali perché nei paesi in via di sviluppo acquistare un paio di occhiali è un lusso.In molte aree, un cattivo o trascurato funzionamento della vista può costringere gli adulti alla disoccupazione ed estromettere i bambini dalle classi scolastiche.

C’è necessità di occhiali da vista di qualsiasi tipo di gradazione ed anche di occhiali da sole.

I LIONS, presenti in 206 paesi del mondo, ogni anno distribuiscono circa 2.5 milioni di paia di occhiali direttamente nelle nazioni bisognose.

Per donare gli occhiali che non ti servono più, puoi portarli presso:

LABORATORIO CLINICO NOMENTANO – Monterotondo, via dello Stadio 1

STUDIO POLISPECIALISTICO CAPPUCCINI – Monterotondo, v.le F. Cecconi 3

oppure contattaci allo 0690625576 per organizzare il ritiro dei tuoi occhiali.

Il Programma Lions di Raccolta e Riutilizzo degli Occhiali da Vista è stato adottato quale attività ufficiale di servizio del Lions Clubs International ad ottobre 1994, ma i Lions sono impegnati in questa attività da oltre 70 anni.

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GALILEO FABRIZIO SCIARRETTA

L’antico Castrum Montis Nigri deve probabilmente il suo nome proprio al co-lore delle montagne

tra cui è immerso oppure, for-se, alla presenza della “pietra focaia”, detta anche “pietra nera”, utilizzata fino a cento anni fa per fabbricare di accia-rini e armi da fuoco. La presenza dell’uomo in questa zona è antichissima: nell’area sorgeva il centro ro-mano di Pago ma anche molto prima di allora, in epoca prei-storica, la selce di Montenero era utilizzata per la produzione di utensili ed armi, come i ma-nufatti ritrovati nell’area dimo-strano. La crisi del mondo ro-mano ovviamente trascinò con se anche la Sabina, portando alla distruzione degli antichi, così, ben poco sappiamo de-gli eventi che nei secoli tra la caduta dell’Impero Romano e l’anno 1000 interessarono questa zona. Nel 1023 Monte-nero è citata per la prima volta in un documento dell’archi-vio dell’Abbazia di Farfa e nel 1085 è già certa la presenza di un “castello”. Si trattava del-la torre di guardia che ancora oggi si vede svettare all’interno del castello come lo ammiria-mo oggi, costruito nei secoli in-torno ad essa. Probabilmente,

la sua costruzione fu motivata dalla necessità di controllare una via di comunicazione tra l’Abbazia e Rieti – che potreb-be anche coincidere o essere stata prossima ad uno degli antichi percorsi della Salaria – esigendo l’eventuale dazio. Sappiamo per certo che Na-poleone Orsini lo acquista nel 1240 dai Camponeschi che, probabilmente, ne erano sem-pre stati proprietari. La pro-prietà passa di generazione in generazione ed il castello deve essere stato abitato in modo abbastanza continuativo tant’è che nel 1390 vi morì il cardinale diacono di S. Maria in Domnica, Tommaso degli Orsini di Manoppello. Poi, ver-so la metà del ‘400, il castello cambia uso e da residenza del “Dominus” diviene elemento difensivo dell’intero territorio, con l’impegno delle vicine co-munità ad assoldarne un cu-stode e la relativa guarnigione. Questa situazione si protrae probabilmente fino al 1500 quando appare sulla scena

Franciotto Orsini, a cui sono dovuti importanti interventi sul castello che si trasforma in pa-lazzo e residenza del signore. Gli Orsini cedono il feudo una prima volta ai Mareri, poi ne ri-prendono la proprietà, finché, nel 1644, viene acquistato dai Mattei del ramo di Paganico e, nel 1671, Papa Clemente X

concede a questa famiglia, il passaggio a ducato di Monte-nero. Nel 1755, poi, Benedetto XIV, ne autorizzò la vendita ai Marchesi Vincentini di Rieti che ne rimasero proprietari fino a pochi decenni orsono.Dal punto di vista del visita-tore, va subito evidenziata la particolare forma a “spina di

pesce” del borgo: infatti que-sto si estende per tutta la sua lunghezza su una cresta con un’unica strada a fare da dor-sale e da questa si dipartono una seri di vicoli a destra ed a sinistra che raggiungono il “giro di mura” che circonda tutto il paese.Il castello che vediamo oggi, bellissimo nella sua complessa articolazione, è un esempio “da manuale” della trasformazione di un opera originariamente di natura prettamente militare in un castello – palazzo rinasci-mentale dalla “vocazione” di residenza aristocratica. Così, intorno alla torre dell’anno 1000 si sono andati sviluppan-do in concentrico spazi adibiti alle diverse “funzioni”: apparta-menti e sale di rappresentan-za ma anche scuderie, granai, forni, cisterne, grotte e prigioni. La visione del castello dal die-tro rende molto bene l’idea di come i nuovi “volumi” si siano mano a mano andando ag-giungendo nei secoli. All’estre-mo opposto della “spina di pesce” rispetto al castello, si trova la chiesa parrocchiale di San Cataldo ornata di un cam-panile con due serie di mo-nofore. All’interno custodisce affreschi del periodo barocco.

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L’approccio dell’inter-vento di consolidamen-to e di adeguamento sismico del Castello

di Montenero ha considerato prioritario il confronto con le vi-cende storiche dell’edificio e la conseguente antropizzazione del territorio: in questo modo si sono evidenziate le fasi della costruzione e consentita la let-tura di materiali e tecniche an-che diversi che nel tempo han-no generato comportamenti differenziati della struttura.L’intervento progettuale si è posto l’obiettivo di elimina-re gli evidenti danni e pericoli causati dagli eventi sismici e la compatibile esigenza di creare degli stralci funzionali che han-no consentito di restituire alla disponibilità della collettività un importante patrimonio. Per questo l’intervento si è con-centrato sulla ricomposizione

dei diaframmi orizzontali, so-lai e coperture, con l’obiettivo di proteggere l’immobile da-gli eventi naturali e rafforzare il comportamento strutturale dello stesso. Nell’esecuzione degli interventi si sono cerca-te con la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio le soluzioni tecniche che hanno consentito la va-lorizzazione delle componenti archeologiche, che se pur pri-ve di una analisi stratigrafica, possono consentire una lettura completa dell’edificio. L’atteggiamento culturale è stato incentrato sull’attenzione alle trasformazioni dell’edificio, cercando di preservare l’auten-ticità dell’opera ed il susseguirsi delle fasi storiche, anche le più recenti. Il finanziamento dei la-vori è avvenuto con fondi della Presidenza della Regione Lazio - Sub Commissario al Sisma

1997 affidati all’Ente attuatore che è il Comune di Montenero. La gestione dell’immobile sarà del comune di Montenero in attesa che nuovi finanziamenti ne possano consentire diversi utilizzi. I lavori hanno riguardato principalmente il grande salone del primo piano e gli ambienti affrescati dello stesso livello che circondano il grande cortile di ingresso con il corpo scala a servizio degli accessi ai sud-detti locali. A protezione degli stessi sono state recuperate le coperture, ponendo attenzio-ne alle antiche pendenze, alle tessiture dei solai ed ai mate-

riali, con il duplice obiettivo di protezione e di adeguamento antisismico.Identici principi hanno guidato il recupero dei solai, la tecnologia è stata differente per i due livelli, per le loro caratteristiche origi-narie. Nel primo livello il solaio, per preservare ritrovamenti ar-cheologici, è parzialmente co-stituito da una lamiera grecata collaborante con la struttura in profilati di acciaio ed ancorata al massetto soprastante con appositi supporti. Nel secondo livello la tecnica è differente per

le diverse esigenze strutturali, sono stati recuperati i soffitti a cassettoni, anche se la portan-za degli stessi è stata trasferita a strutture orizzontali che raf-forzeranno anche la resistenza delle travi antiche.Lo scalone che consente l’ac-cesso agli ambienti del primo piano invece è stato interessato da interventi puntuali nelle zone di maggior sofferenza, sono stati consolidati i pianerottoli e rafforzate le murature sofferenti con attenzione al recupero de-gli intonaci e degli affreschi.L’edificio è stato dotato di strutture di servizio come i ser-

vizi igienici ed un sistema di illu-minazione è stato predisposto per una puntuale attuazione nelle forme e nelle caratteristi-che scaturite dal confronto con la Soprintendenza, l’obbietti-vo è stato quello di consentire l’accesso e la fruibilità nel ri-spetto della conservazione. L’intervento ha migliorato le condizioni ambientali generali dell’abitato di Montenero elimi-nando una pericolo potenziale dal centro abitato e sia per il rischio di crolli che per la fati-scenza di alcune strutture.

All’Architetto reatino Stefano Eleuteri, che ha diretto i lavori di recupero del Castello, SalutePiù ha chiesto di raccontarne i criteri ispiratori ed i risultati raggiunti.

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Sindaco Mancini, tra pochi mesi si completerà il suo pri-mo: quali sono le principali iniziative che lo hanno caratte-rizzato?È difficile fare una classifica in quanto tutte le iniziative intraprese sono parimente importanti per il nostro paese. Inoltre sono in corso profondi cambiamenti dal punto di vista gestionale ed amministrati-vo per cui soltanto in un ipotetico domani si potrà stabilire quale delle iniziative sia stata più importante; stiamo anche lavorando per inseri-re il nostro Comune in un contesto associazionistico con altri Comuni onde poter ottemperare a quanto previsto dalle recenti normative in materia.Parallelamente, ci siamo attivati per dare al paese un’attrattiva turisti-ca e culturale sempre maggiore, curando il restiling del borgo con interventi sulla piazza, sulla via principale e sulla circonvallazione; abbiamo migliorato il sistema viario con interventi di messa in sicurezza delle strade e creando un parcheg-gio prospiciente il paese.Contestualmente abbiamo operato interventi sull’acquedotto, rifacen-do alcune linee ed un nuovo ser-batoio, così da non avere problemi di approvvigionamento e distribu-

zione idrica. Sono in corso anche lavori riguardanti il consolidamento idrogeologico a monte del centro abitato e, ahimè, sono stati ap-paltati i lavori per l’ampliamento del cimitero comunale, necessità più che mai d’attualità visto l’au-mentare dell’età media dei cittadini residenti. A tutto questo vanno ag-giunti i lavori riguardanti il Castello Orsini, di cui le dirò tra un attimo. Dal punto di vista culturale è stata aperta la Biblioteca Comunale, affi-data al Centro Sociale per Anziani di Montenero che, con la sua pre-ziosa opera e con la sensibilità cul-turale che da sempre ne distingue l’operato, consente l’apertura al pubblico della stessa. Inoltre ogni anno sono stati organizzati eventi culturali che hanno visto focalizza-to l’interesse sulle tradizioni storico - culturale - gastronomiche di Mon-tenero. In sintesi credo che questa Amministrazione abbia fatto molto, considerato che abbiamo appalta-to lavori per circa 4 milioni di Euro.

Per un comune delle dimen-sioni di Montenero temo che il reperimento delle risorse finan-ziarie sia diventato un problema di vera e propria sopravvivenza. Esiste un modo di pensare in-novativo a questo proposito? È impossibile pensare che un Co-mune così piccolo, demografica-mente parlando, ma così vasto da un punto di vista territoriale, possa sopravvivere con le proprie risorse senza l’aiuto dello Stato: se consi-deriamo per esempio che per 350 utenze idriche abbiamo oltre 40 km di acquedotto, con 4 serbatoi per la distribuzione, ci rendiamo conto che con la semplice riscos-sione delle bollette non potremmo mai coprire le spese. Il nostro è un paese che potrebbe, comunque, avere un grande sostegno se i beni demaniali presenti nel territorio Co-munale passassero, come logico sarebbe, alla pertinenza Comune:

considerando che su 2.500 ettari di territorio comunale, circa 1.500 sono di proprietà del demanio (800) e degli usi civici (700) possiamo fa-cilmente desumere, se in possesso dei terreni demaniali e con la colla-borazione dell’Ente che gestisce gli usi civici (Università Agraria), quali investimenti il Comune potrebbe fare utilizzando le risorse derivanti dal legnatico.Inoltre si può pensare allo sfrutta-mento delle energie rinnovabili, ma il Comune non ha competenza in materia in quanto il discorso è ri-servato a competenze urbanisti-co-ambientali sovracomunali. Un discorso che deve al più presto es-sere realizzato riguarda lo sfrutta-mento ai fini turistico-culturali delle risorse locali: dobbiamo essere bravi a superare i campalinismi, ma se riusciamo a valorizzare le nostre risorse in modo integrato con altri Comuni dell’Alta Sabina, potrem-mo allora avere un grande ritorno in termini occupazionali e di indotto.

SalutePiù si occupa in modo specifico della salvaguardia e valorizzazione dei Borghi Stori-ci. La sua amministrazione sarà ricordata per la “riapertura” del Castello di Montenero. Ci rac-conta la storia? Credo sia piut-tosto lunga ...Si, parliamo del nostro “gioiello”: il Castello Orsini, manufatto risalen-te al VII – VIII secolo d.C., che fu acquistato dal Comune di Monte-nero Sabino negli anni ’80. A quel punto, iniziarono lavori di restauro e consolidamento importanti, anche in virtù di un protocollo d’intesa che il Comune stipulò con l’Università “La Sapienza” di Roma per fare del Castello un importantissimo centro di studi culturali della Università stessa; purtroppo la ditta che effet-tuava i lavori fallì, subentrò il giudi-ce fallimentare e tutto si fermò per circa 20 anni; questa Amministra-zione è riuscita a risolvere la con-

troversia con il giudice fallimentare ed i lavori hanno potuto riprendere, ma l’accordo con l’Università ormai è cosa superata. Mi corre l’obbligo, parlando del Castello Orsini, fare un riferimento al Presidente della Provincia di Rieti, dott. Fabio Melilli, che sempre ha stimolato per il re-cupero del manufatto non facendo mancare le risorse economiche per i lavori, essendo lo stesso Presi-dente Melilli grande sostenitore delle risorse locali del territorio pro-vinciale, in prima persona presen-ziando ogni iniziativa.

Adesso però il problema è come rendere fruibile al pubblico questo monumento, ad iniziare dalla possibilità di visitarlo? A questo aggiungerei che se non verrà “messo a reddito” esiste-rà il rischio di vederlo nuova-mente andare in rovina?Non potendo svolgere attività di operatore turistico ed in attesa di uno “sfruttamento a reddito”, il Comune ha recentemente stipu-lato una convenzione con la As-sociazione Onlus Apidienus che prevede la possibilità di attivare nel Castello varie iniziative culturali e visite guidate, il tutto per far co-noscere e valorizzare il nostro ter-ritorio; contestualmente portiamo avanti dei contatti tesi ad affidare il manufatto a privati, che ne con-sentisse il completamento dei lavo-ri e lo “sfruttamento” dello stesso con attività compatibili con il nostro territorio ed in ogni caso approvate dalla Amministrazione Comunale in modo da averne un ritorno econo-mico, occupazionale e di indotto.

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Intervista al Sindaco di Montenero Ugo Mancini

Ugo Mancini, cinquant’anni, veterinario, dal maggio del 2007 Sindaco di Montenero, si avvicina al termine del suo primo mandato come “primo cittadino”. Con lui SalutePiù ha fatto il punto sulle attività di recupero e valorizzazione del borgo storico e del Castello Orsini.

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Dal 1916, è “Monumento Nazionale” ma di questo, evidentemente, nessuna “autorità competente” si ricorda più.Veniamo al dunque ed iniziamo la visita a Santa Maria del Colle. La facciata – di austera semplicità – è in stile romanico con il portale costituito da una cornice di pietra bianca dove, osservando i blocchi che la compongono, appare probabile che i due in basso da ambo i lati siano “gemelli” e di origine romana mentre il resto della cornice è a sua volta un unicum omogeneo. Al di sopra del portale, un arco ospita una lunetta che poteva un tempo contenere un affresco. Subito sopra, spicca un’edicola romanica, sorretta da due mensole, che impreziosisce e caratterizza la facciata.La chiesa come la vediamo oggi, è di costruzione medievale: se osservate la parte bassa del fianco destro della chiesa, vicino all’angolo con la facciata, noterete una

significative differenza nella “tessitura muraria” tra la parte più vicina al terreno e quella superiore. Ciò ha portato a ipotizzare che l’edificio sia stato ricostruito nei primi del ‘300 avendo forse la struttura precedente sofferto a seguito di guerre o terremoti. L’edificio si presenta con una pianta rettangolare ad un’unica navata (di m. 20 x 7,5), con finestre a feritoia, che termina in un’abside rotonda. Tutto intorno, sulle pareti, gli affreschi che rendono Santa Maria del Colle assolutamente meritevole della visita.Purtroppo, va detto, l’incuria umana ha profondamente danneggiato questo patrimonio d’arte. Quando, nel 1969, la chiesa, ormai pericolante, è stata completamente restaurata, il peggio era già successo con la perdita degli affreschi (del 1580) che coprivano la superficie dell’abside rappresentando Dio Padre tra Angeli, l’Annunciazione, l’Incoronazione della Vergine Assunta e gli Apostoli.Santa Maria del Colle è però fortunatamente ancora adorna di molti dei suoi tesori – testimonianza

della “vivacità” della vita di questo luogo di culto - con suggestive sovrapposizioni ed affiancamenti degli uni agli altri. Così gli affreschi si inseguono dal XIII al XVI secolo: sopra al portale d’entrata, è affrescata una Crocifissione tardo bizantina, probabilmente della fine del ‘200; all’inizio della parete di destra spicca il frammento di Annunciazione di Scuola Romana duecentesca, poi un grande S. Giorgio quattrocentesco, la Presentazione di Gesù al Tempio, la Madonna con il Bambino e san Sebastiano, la Discesa di Cristo al Limbo.Lungo la parete di sinistra, il pulpito in pietra, anch’esso affrescato, che poggia su due semicolonne romane. Al centro dell’abside spicca il tabernacolo di marmo: l’ipotesi è che sia quattrocentesco e la datazione è favorita dalla presenza alla sua base di due stemmi contenenti le “rose” simbolo della famiglia Orsini che a partire dal 1410, con Francesco, si insedia come feudataria di Ponticelli e vi permane fino a 1644 quando il castello passa a Taddeo Barberini. La botola nel pavimento rivela l’uso di chiesa cimiteriale. Infatti, Santa Maria, che aveva funzione di chiesa parrocchiale tra il ‘400 ed il ‘600, la perde nel ‘700 per essere destinata a questo scopo fino a riacquistare nel 1970 il suo ruolo di Parrocchiale.

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La Chiesa di Santa Maria del Colle a Ponticelli, vanta testimonianze che la fanno ritenere una delle più antiche della Sabina. Infatti, un manoscritto conservato presso l’Abbazia di Farfa recita: “il primo vescovo di Sabina fu San Lorenzo, siro

di nazione, il quale consacrò tre chiese fabbricate da San Prosdocimo alla Beatissima Vergine. La prima nella città di Curi, metropoli della Sabina, la seconda al Ponte Celio (Ponticelli), la terza alla Villa, ovvero Horti Salustiani”. San Prosdocimo era addirittura discepolo di San Pietro e fu attivo nel diffondere il cristianesimo in Sabina e nel reatino intorno alla metà del I secolo d. C.. La Chiesa locale si costituì poi in Diocesi intorno al V secolo (i Vescovi della Diocesi di Sabina, con sede nell’antica Nomentum, sono ricordati fin da quell’epoca) e nello stesso secolo San Lorenzo Siro, giunto in Italia, fonda Farfa. Parliamo dunque di una chiesa antichissima, legata a filo diretto con i due santi a cui è dovuta la cristianizzazione della Sabina: appunto San Prosdocimo e San Lorenzo Siro.Con tutta probabilità, il motivo che portò San Prosdocimo a fondare la chiesa nel luogo dove ancora oggi si trova sta nel fatto che Ponticelli è prossima al percorso “romano” della Salaria e la zona era ampiamente frequentata. Infatti, si tratta di un’area archeologica importante: basti pensare alla Grotta dei Massacci ad Osteria Nuova, alla villa appartenuta alla famiglia dei Bruttii Praesentes (località Monte Calvo), datata I sec. d.C., al cosiddetto Ponte del Diavolo (località Valle Ara), la maggiore “testimonianza” rimasta di opera stradale della Salaria antica datato al II sec. a.C.. La rovina – abbandonata tra i rovi al suo destino – è imponente con un’altezza di 13 metri ed una lunghezza di 20 ed una struttura in massi “ciclopici”.

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I l 27 novembre scorso, presso l’Aula Consiliare del Comune di Montelibretti, è stata

conferita la “Cittadinanza Onoraria” della città di Montelibretti al Col. Piero D’Inzeo, gloria, con il fratello Raimondo, dell’equitazione italiana e che con le sue otto partecipazioni ai giochi olimpici e le sei medaglie vinte è ancora oggi uno dei più grandi cavalieri internazionali di tutti i tempi.La cerimonia organizzata e voluta fortemente dal Sindaco di Montelibretti Prof. Antonio Catania, ha visto la partecipazione di numerose autorità militari tra cui il Gen. CA Carlo Gibellino, il Gen. B. Cutropia, il Gen. B. Guglielmo Miglietta e il Gen. CC Flavio Garello oltre ad un numeroso pubblico che vedeva anche presenti tanti vecchi dipendenti civili della Scuola Militare di Equitazione venuti a ritrovare il loro “vecchio Comandante”.La cerimonia ha avuto inizio con un breve discorso tenuto dal Gen.

Cutropia,, Comandante della Scuola di Cavalleria ed Ispettore dell’Arma di Cavalleria, dal sindaco e dalla giornalista RAI Manuela Lucchini, che hanno delineato la figura del Col. Piero D’INZEO come soldato, atleta e gentiluomo, terminando con la lettura del messaggio dell’Assessore Regionale Mariella Zezza e della delibera comunale con il conferimento della cittadinanza onoraria. Al termine della cerimonia ha preso la parola, visibilmente commosso, il Col. Piero D’Inzeo che ha dapprima ricordato gli intensi momenti che ha vissuto in uniforme, per poi ringraziare tutti i convenuti per l’onore di aver ricevuto la cittadinanza onoraria di Montelibretti, rendendosi disponibile a tutti i suoi concittadiniAl termine Sindaco di Montelibretti ha offerto presso i locali del Circolo Ufficiali del Centro Militare di Equitazione un pranzo in onore del Col. D’Inzeo.Con questa cerimonia è stata scritta una bella pagina di storia che vede sempre più vicino l’Esercito alle realtà locali, prova ne sia che al termine della cerimonia ed all’uscita dalla sala consiliare, molti cittadini di Montelibretti ed ex dipendenti civili dell’allora Scuola Militare di Equitazione, si sono stretti intorno al loro “vecchio” Comandante in un solidale abbraccio al quale il vecchio Uomo d’armi ma giovane nel cuore ha risposto assicurando sempre la propria disponibilità.

Ten. Col. Gaetano CASCINO

Il Comune di Montelibretticonferisce la Cittadinanza Onorariaal Colonnello Piero D’Inzeo

Raimondo e Piero D’Inzeo

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