SalutePiù - Novembre 2010

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IL CARDIOLOGO La Fibrillazione Atriale IL MEDICO DELLO SPORT Camminare IL GINECOLOGO RU 486? LE INTERVISTE: Fiorello Primi -“I Borghi più Belli d’Italia” Tris d’Assi - Cicchetti, Nobili, Perilli I tre Consiglieri Regionali Reatini a confronto

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SalutePiù è focalizzata, in termini divulgativi, sui temi della salute e del benessere ma nel contempo guarda agli eventi ed alle dinamiche culturali e di costume del suo territorio di riferimento, la Sabina. In questo numero potete trovare interventi specifici sui temi del "Camminare quale medicina preventiva", la pillola RU486, la fibrillazione atriale, i benefici di areosol ed inalazioni, la sedazione con protossido nella pratica dentistica nonchè le lesioni ortopediche nella pratica della pallavolo. Inizia inoltre da questo numero l'impegno di SalutePiù per la salvaguardia dei borghi storici. Intervistiamo Fiorello Primi, Presidente del Club de' I Borghi Più Belli d'Italia ed i tre Consiglieri Regionali reatini Cicchetti, Nobili e Perilli. Infine ospitiamo un contributo sugli affreschi di Girolamo Siciolante da Sermoneta a Palazzo Orsini di Monterotondo

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IL CARDIOLOGOLa Fibrillazione Atriale

IL MEDICO DELLO SPORTCamminare

IL GINECOLOGORU 486?

LE INTERVISTE:Fiorello Primi -“I Borghi

più Belli d’Italia”Tris d’Assi - Cicchetti, Nobili, Perilli

I tre Consiglieri Regionali Reatini a confronto

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Hanno collaborato con noi

L’Ortopedico - La Pallavolo, il muro e le “insaccate”

Il Dentista - La sedazione con Protossido

Il Cardiologo - La Fibrillazione Atriale

Medicina del lavoro - Un diritto di civiltà

L’Otorinolaringoiatra - Previeni l’inverno: Aerosol-Inalazioni è il periodo giusto!

Il Ginecologo - RU 486?

Il Medico dello Sport - Camminare

Monterotondo, Federico Zeri e gli affreschi

di Girolamo Siciolante da Sermoneta a Palazzo Orsini

Un “sistema a rete” per rilanciare

il territorio e creare nuova occupazione

Tiro a segno alle Terme di Cretone

Fiorello Primi – “I Borghi più Belli d’Italia”

Tris d’Assi - Cicchetti, Nobili, Perilli

intervista ai tre Consiglieri Regionali reatini

la medicina

numero5novembre 2010

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Direttore ResponsabileFabrizio Sciarretta

Segreteria di RedazioneFilippa [email protected] 06 90625576

Art director e impaginazione:Alessia Gerli

EditoreLaboratorio Clinico Nomentano SrlVia dello Stadio 1 00015 Monterotondo (RM)Iscritto al registro della stampa e dei pe-riodici del Tribunale di Tivoli n. 97/2009

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benessere cultura costume

in sabina

terme

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24“I Borghi più Belli d’Italia”

L’Ortopedico

le interviste

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Personalmente, guardo sempre con una certa preoccupazione coloro che, un bel giorno, decidono di partire per la loro “Crociata”. Sarà perché la storia ci narra di imprese spesso non finite benissimo, sarà perché temo sempre il famoso “armiamoci e partite”, sarà perché prediligo la linea dei piccoli fatti concreti di ogni giorno alle grandi declamazioni, ma mi ritrovo sempre a guardare un po’ scettico il

gran rullar di tamburi.Così, ho deciso di ritornare sui miei passi e di non annunciarvi che SalutePiù parte per la sua personale Crociata ma, più modestamente, opto per comunicarvi che, da ora in poi, numero dopo numero, troverete sempre un impegno preciso per la difesa ed, anzi, la “ripresa” di quei tanti e suggestivi borghi che si stagliano ancora fieri sulle colline e tra i boschi della Sabina.Lo faremo secondo il metro che ci è proprio: parlando delle cose fatte bene, portando esempi ed idee concrete da seguire (anche da copiare, senza timore di finire dietro la lavagna..), incontrando e discutendo con quei personaggi che sono i protagonisti di queste iniziative.L’idea è di creare dibattito e confronto intorno al tema della preservazione storica ed artistica dei borghi ma anche (forse soprattutto) di quali condizioni vadano instaurate perché essi possano essere opportunità di sviluppo econo-mico per il territorio e luoghi d’elezione per coloro i quali cercano una soluzione di vita che consenta di godere di un contesto d’eccezione a cui la tecnologia permette nel contempo di essere in comunicazione continua con il mondo.Non parleremo, dunque, di ecomostri e scempi perpetrati ai danni del nostro territorio, né di coloro che per ignoranza o speculazione ne sono colpevoli. Faremo il contrario: parleremo dei “buoni” perché sia poi il lettore – mettendo al confronto i nostri esempi con la sua esperienza quotidiana –giudichi e, magari, si faccia parte diligente perché queste idee si “innervino” nell’agire delle nostre Amministrazioni.Così, in questo numero, partiamo intervistando Fiorello Primi, Presiedente del Club de “I Borghi Più Belli d’Italia”, per capire obiettivi e progetti di questa associazione che da dieci anni si impegna in favore dello sviluppo di oltre 200 borghi italiani. Troverete poi il tema ripreso in modo significativo nell’intervista parallela che abbiamo condotto con i tre Consiglieri Regionali reatini, Antonio Cicchetti, Lidia Nobili e Mario Perilli. Infine, affidiamo alla consumata penna di Salvatore Vicario, medico e scrittore, di narrarci degli affreschi di Girolamo Siciolante nella Stanza di Adone di Pa-lazzo Orsini a Monterotondo anche perché attualmente gli affreschi sono in fase di restauro mentre si è recentemente proceduto al restauro della torre e del cortile interno del Palazzo.Non vorrei che qualcuno temesse che SalutePiù abbia tradito il suo nome è non sia più attenta ai temi del nostro benessere: non sia mai, troverete numerosi spunti per volervi un po’ più bene !Permettetemi, per iniziare, di consigliarvi la lettura degli articoli di Rita Leonardi sugli effetti positivi di un semplice esercizio fisico quale il camminare regolarmente e di MariaGrazia Ciullo sugli effetti benefici che poche applicazioni di aereosol con l’acqua sulfurea possono avere per la nostra salute invernale.

Fabrizio SciarrettaDirettore Responsabile

HANNO COLLABORATO

“UN’ATTIVITA’ FISICA COME STRUMENTO DI PREVENZIONE E TERAPIA: “IL CAMMINARE””

Dott.ssa RITA LEONARDI

La Dott.ssa Rita Leonardi si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e successivamente ha conseguito la Specializzazione in Medicina dello Sport presso l’Università degli Studi de L’Aquila. Ha sviluppato la sua esperienza sia nella medicina dei servizi presso ASL che nella medicina generale. Svolge inoltre attività di Volontario Medico della Croce Rossa Italiana. Esercita la sa attività di Medico dello Sport presso il Poliambulatorio Specialistico Nomentano.

“LA FIBRILLAZIONE ATRIALE”

Dott. ANTONIO SAPONARO

Il Dr. Antonio Saponaro è laureato in Medi-cina e Chirurgia presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e specializzazato in Cardiologia presso la seconda Facoltà di Medicina del-l’Università “Sapienza” di Roma. E’ in servizio presso il reparto di cardiologia del Policlinico Militare “Celio”. Svolge la sua attività profes-sionale presso il Poliambulatorio Specialisti-co Nomentano ed in altri ambulatori romani. Ha al suo attivo alcune pubblicazioni sul Giornale di Medicina Militare e su Minerva Cardiologica.

“LA PALLAVOLO, IL MURO E LE INSACCATE”

Dott. FABIO SCIARRETTA

Il Dott. Fabio Valerio Sciarretta è specializzato in Ortopedia e Traumatologia presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Chirurgo ortopedico, ha prestato servizio in qualità di dirigente sanitario presso l’Ospedale San Giovanni Battista di Roma, presso il Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Civile di Velletri e presso l’Ospeda-le Israelitico di Roma. Svolge attualmente la sua attività professionale presso diverse Case di cura romane. Ha curato l’edizione italiana di oltre 20 trattati di Ortopedia e Traumatologia americani ed interna-zionali ed è stato relatore in oltre 100 congressi nazionali ed internazionali. Ha al suo attivo 50 pubblicazioni. Il suo interesse professionale è concentrato ver-so la Chirurgia del Ginocchio e l’Artroscopia, in particolare sulle tecniche di ricostruzione del legamento crociato e di riparazione delle lesioni del menisco e, successivamente, verso la Chirurgia della Cartilagine, dedicandosi alle diverse tecni-che di ricostruzione del danno cartilagineo nelle articolazioni.Nell’ultimo decennio si e’ in particolar modo dedicato allo studio dei sostituti sintetici della cartilagine.

“RU 486?”

Dott.ssa MANUELA STEFFÈ

Medico, specialista in Ostetricia e Ginecologia, la dr.ssa Manuela Steffè da quindici anni svolge la sua attività principale nell’ambito dell’infertilità, della diagnosi alle terapie di 1° e di 2° livello. Co-autrice di 27 lavori originali pubblicati su riviste nazionali ed internazionali. Ha partecipato, quale relatrice, ad 11 congressi presentando lavori originali, tutti di interesse ostetrico-ginecologico. E’ responsabile del Centro per la Procreazione Medicalmente Assistita di 1° Livello presso il Laboratorio Clinico Nomentano

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“LA SEDAZIONE CON PROTOSSIDO”

Dott. ROSARIO MELA

Il dr. Rosario Mela è laureato in medicina e chirur-gia presso l’Università di Firenze e specializzato in Odontostomatologia presso la Facoltà di Medici-na e Chirurgia dell’Università di Padova.Frequentatore di numerosi corsi specialistici di chirurgia orale ed implantologia si è perfezionato in queste discipline presso l’ università di Chieti.Ufficiale medico dell’Aeronautica Militare Italiana attualmente è capo sezione di Ortognatodonzia presso l’infermeria principale Roma.Svolge la sua attività libero professionale presso il proprio studio in Sabina e collabora in altri studi come consulente.

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D i pari passo le tecniche legate all’anestesia si sono evolute ed

ora quest’ultima rende meno “dolorosa” anche la semplice visita dal dentista.Eppure, la paura del dentista continua ad esistere nella sua drammatizzazione fobica, pre-sentandosi, secondo dati for-niti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nel 15-20% della popolazione.Per le persone che ne soffro-no il dentista costituisce un vero e proprio incubo, tanto che non riescono nemmeno a formulare l’idea di sottoporsi ad una semplice visita di con-trollo.Purtroppo questa paura è ge-stita dal paziente fobico con un atteggiamento che consi-ste nel rimandare continua-mente le cure, appigliandosi a terapie farmacologiche, so-prattutto antibiotici e anti-dolorifici che, spostando in avanti la soluzione del proble-ma, portano ad un progressi-vo peggioramento del quadro iniziale, fino alle conseguenze più gravi sul piano funzionale,

connesse alla terapia prati-cata di fatto concorrono ad un innalzamento della soglia dolorifica in quanto è la pau-ra stessa a potenziare la sen-sazione dolorosa e a determi-nare ansia anticipatoria per le successive cure.Al trattamento della paura e dell’ansia bisogna aggiunge-re altre importanti azioni quali una diminuzione del riflesso faringeo e una serie di altre interessanti sintomatologie, quali la stabilizzazione del bat-tito cardiaco, della pressione arteriosa, la contrazione tem-porale e il non ricordo dolorifi-co ne il suo accumulo.Tutte queste ulteriori azioni fan-no della Sedazione Cosciente inalatoria la tecnica sedativa più prossima a quella ideale, es-sendo il paziente sia esso adul-to che bambino a godere della semplicità nella somministrazio-ne e della estrema sicurezza del protossido essendo quest’ulti-mo eliminato dal corpo umano in tempi velocissimi e non la-sciando strascichi di alcun tipo.

estetico e anche finanziario.Sicuramente il primo passo verso la soluzione del proble-ma è parlarne semplicemente con il proprio dentista. I den-tisti conoscono le problemati-che legate alla odontofobia e non ne sottovalutano assolu-tamente la gravità, proponen-do sempre nuove tecniche di intervento, spesso studiate ad hoc, per chi soffre di questo disturbo, affinché aghi e tra-pani siano sempre meno con-siderati stimoli ansiogeni.Tra le nuove tecniche capaci di alleviare l’incubo dentista e re-lative cure si deve evidenziare la SEDAZIONE COSCIENTE per via inalatoria che regala al paziente, una situazione di piacevole rilassamento psichi-co e muscolare con mante-nimento della collaborazione attiva.È il protossido d’azoto il gas inodore ed incolore noto an-che come Gas Esilarante o Aria Dolce che con potenti proprietà analgesiche ed an-siolitiche è usato per la Seda-zione Cosciente inalatoria.La Sedazione Cosciente trattando la paura e l’ansia

I tempi dell’odontoiatria legata all’improvvisazione sono, per fortuna, finiti e

col tempo la cultura della preparazione e della pro-

fessionalità si è sempre più radicata nelle coscienze

dei pazienti che sempre più desiderano una bocca sana

e curata.

Dott. Rosario MelaSpecialista in Odontostomatologia

OTTOBRE MESE DELLA PREVENZIONE - Visita Gratuita per tutto il meseStudio: VIA FERRARA, 03 - BORGO QUINZIO FARA IN SABINA (RI)Tel. 0765.39420 - Orari: ALLE 16,00 ALLE 19,00 TUTTI I GIORNI SU APPUNTAMENTO

La Pallavolo, il muro e le “Insaccate”

tecnicamente gli atleti. Per effettuare cor-rettamente il muro sarà, quindi, opportuno mantenere in massima tensione il polso e le dita della mano in modo da proteggere il più possibile le articolazioni più a rischio, le articolazioni interfalangee.Che fare nel caso delle distorsioni più frequenti, le cosiddette “insaccate” ? In genere, il dolore dopo qualche minuto si attenua e l’atleta può anche continuare la partita dopo aver applicato sulle dita lese un taping (bendaggio funzionale o cerot-taggio) che ha la funzione di rendere soli-dali il dito lesionato con il dito vicino, crean-do al tempo stesso dei tiranti che riducono le sollecitazioni sui legamenti e limitando anche la mobilità del dito danneggiato nel piano laterale, lasciando il più possibile il movimento sul piano frontale, cioè la fles-so-estensione del dito. Ciò significa, e da qui ne deriva anche l’estensione dell’uso, che il taping svolge una seconda funzione: la prevenzione delle recidive delle lesioni distorsive.Alla fine della partita sarà poi opportu-no applicare un piccolo tutore che andrà mantenuto per alcuni giorni, senza la ne-cessità di dover sospendere allenamenti e competizioni.Nel caso di traumi che coinvolgono più dita, ciò che in genere si fa è unire un dito all’altro vicino (definita “sindattilia”) median-te dei cerottaggi circolari di ancoraggio. In genere, il dito di supporto e’ quello adia-cente di maggiori dimensioni (nell’esempio del V dito lo si unisce al IV dito). Nel caso, invece, dei traumatismi più gravi sarà ne-cessario mantenere un’immobilizzazione adeguata per almeno tre settimane.Terminata la fase della immobilizzazione, sarà importante impostare un trattamen-to riabilitativo individualizzato mirante alla ripresa del movimento delle articolazioni danneggiate, allo scongiurare la comparsa di limitazioni o rigidità articolari e a recu-perare la piena efficienza e forza delle dita danneggiate. Si tratterà sempre di pro-grammi intensi, ma graduali perché l’ec-cedere negli esercizi di allungamento o di rinforzo può sempre nuovamente danneg-giare le articolazioni, la capsula articolare od i legamenti

Dott. Fabio SciarrettaChirurgo Ortopedico

Le lesioni delle dita della mano rappresentano una delle pa-tologie acute più comuni in

tutti gli sport in cui sia frequente l’impatto della mano contro il pallone nel tentativo di deviarlo, afferrarlo o fermarlo: sono, pertanto, caratteristiche della pallavolo, della pallacanestro, della pallanuoto, del-la pallamano e anche del calcio (portiere) e, seppur con minor frequenza, delle arti marziali.Si tratta per lo più di traumi distorsivi che vanno ad interessare i legamenti di soste-gno laterale delle articolazioni tra le falangi (i “legamenti collaterali”), situati sul versante interno ed esterno della capsula articolare. Le dita più colpite sono, generalmente, il mignolo e l’anulare, sede di distorsioni di I° o II° grado (le classiche “insaccate” del-le dita). Più raramente, quando l’energia traumatica è maggiore, si possono verifi-care distorsioni di III° grado con una lesio-ne legamentosa più completa oppure si possono verificare lussazioni o sublussa-zioni delle articolazioni interfalangee (che richiedono una manovra di riduzione che molto spesso è lo stesso atleta a compiere trazionando il dito quando si accorge della deformità) fino ad arrivare a vere e proprie fratture, più frequenti nella porzione pros-simale del pollice, del terzo e del quarto dito, che, se scomposte, possono richie-dere anche un trattamento chirurgico. Per questo motivo, in tutti questi traumi, è sempre opportuno un controllo medico e radiografico e/o ecografico.Sicuramente, nel corso degli anni l’inciden-za di tale traumatologia è mano a mano aumentata. Ciò e’ dovuto alla maggior ve-locità del pallone, in ragione della maggio-re fisicità degli atleti di oggi, al crescente numero di ore trascorse in allenamento e in gioco e, nella pallavolo, per la evoluzio-ne della tecnica del “muro” e degli intensi e specifici lunghi allenamenti praticati pro-prio per migliorare tale fase del gioco. Ciò da solo significa che la prima prevenzione di tali traumi deve risiedere nell’effettuare la tecnica del muro nella maniera corretta: e’ quindi compito degli allenatori preparare

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Dott. Antonio SaponaroSpecialista in Cardiologia

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La fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo cardia-co che si manifesta con

una completa irregolarità del battito del cuore. Se normal-mente la cadenza dei battiti è regolare, in corso di fibrillazio-ne atriale diventa caotica, ov-vero l’intervallo tra un battito e l’altro è continuamente diver-so. Nel cuore, normalmente, ogni battito inizia in un punto ben preciso dell’atrio destro in cui ha sede un gruppo di cellule specializzate capaci di mandare ciclicamente im-pulsi elettrici (60-80 al minuto in condizioni di riposo) che si propagano in tutto il musco-lo cardiaco provocandone la contrazione. Nel cuore in fibrillazione atriale tanti pic-coli gruppi di cellule dislocati nei due atri inviano impulsi in maniera disordinata e indi-pendente, ma dei tanti impul-si, fortunatamente solo alcuni riusciranno a propagarsi nelle restanti zone del cuore (ventri-coli) provocando un numero di contrazioni al minuto irregolari e variabili. E’ come se al po-sto di un singolo interruttore di una lampadina ce ne fos-sero tanti che si accendono e spengono caoticamente così da far accendere la lampadina in maniera disordinata.

una incidenza che va dall’ 1 al 6% tra i 60 e gli 80 anni. Gli uomini sono più colpiti delle donne. Ovviamente ci sono diverse malattie cardiache che possono determinare l’inne-sco di una fibrillazione atriale per esempio i difetti delle val-vole del cuore, in particolare la stenosi o l’insufficienza mitra-lica; la cardiopatia ischemica, ossia le stenosi delle coronarie che abbiano determinato o no un infarto; l’ipertensione arte-riosa da lunga data specie se non correttamente trattata; la pericardite, e ancora gli inter-venti di cardiochirurgia (sosti-tuzioni valvolari, by-pass aorto coronarico).Esistono poi malattie extra-cardiache che possono com-portare fibrillazione atriale, tra queste l’ipertiroidismo o l’em-bolia polmonare e numerosi fattori di rischio come l’abu-so di alcol, fumo, droghe o la sempre più frequente obesità. La fibrillazione atriale può es-sere sintomatica o asintoma-tica. I sintomi variano con la frequenza di risposta ventri-colare, con il preesistente sta-to funzionale del cuore, con la durata della fibrillazione atriale e con la percezione individua-le del paziente. Il disturbo del ritmo può avere come prima

Una delle domande più fre-quenti che i pazienti colpiti da fibrillazione atriale pongo-no allo specialista riguarda le cause della patologia che li af-fligge. E’ difficile spiegare che questa aritmia il più delle volte non riconosce una causa spe-cifica. E’ talmente tanto diffi-cile che proprio recentemente un paziente dalle chiare origini siciliane, dopo avergli spie-gato con dovizia di particolari che il suo cuore era normale e funzionava bene, che il suo elettrocardiogramma non pre-sentava elementi patologici, che il suo stato di salute era ottimale, mi ha risposto “ma allora dottori, se sto cosi bene comu dici vussia, mu dici cu è sta camurria ca mi sentu nta u piettu”. Non ho trattenuto una gran bella risata anche perché la somiglianza del paziente con Andrea Camilleri era quasi inverosimile. Sia le persone con cuore sano che quelle con cuore malato possono andare incontro a questa turba del ritmo cardia-co. Più precisamente le proba-bilità di insorgenza aumentano progressivamente con l’età, sono quasi nulle nei bambini e nei giovani non cardiopati-ci, mentre nella popolazione adulta e anziana riscontriamo

cura. Per far tornare il cuore al suo ritmo normale, detto sinusale, abbiamo a dispo-sizione i farmaci antiaritmici, la “cardioversione elettrica” (ripristino del ritmo sinusale attraverso l’erogazione di una corrente elettrica) e l’ablazio-ne. I farmaci hanno una buona probabilità di efficacia nei casi in cui l’aritmia è insorta da pochi giorni fino a 3-6 mesi. La cardioversione elettrica è altamente efficace anche nei casi di più lunga durata, dicia-mo da 6-18 mesi, si effettua in anestesia generale di pochi minuti, richiede un breve rico-vero di 24-36 ore. Altri farmaci che abbiamo a disposizione sono efficaci nel controllare la frequenza cardiaca in quei casi in cui non sia stato possi-bile o non vi sono ragionevoli possibilità di ripristinare il ritmo sinusale. L’ablazione consi-ste nella eliminazione delle vie elettriche anomale tramite ap-plicazione di calore con cate-teri che raggiungono l’interno del cuore attraverso una vena della gamba, si effettua in sale operatorie appositamente at-trezzate in centri specialistici, non richiede quasi mai l’ ane-stesia generale, necessita di ricovero di 2-3 giorni; le pos-sibilità di guarigione nel lungo periodo sono variabili da un 40 all’80% dei casi.I pericoli del convivere con l’aritmia sono prevalente-mente legati alla formazione di trombi all’interno del cuore da cui possono staccarsi dei frammenti e determinare il così detto fenomeno dell’embolia. Gli emboli possono andare ad occludere piccole e medie ar-terie del cervello, delle gambe, degli organi interni, determi-nando i quadri clinici dell’ictus cerebrale o delle ischemie de-gli arti. Anche il cuore ovvia-mente soffre della presenza della fibrillazione potendosi quindi deteriorare la sua fun-zione peculiare di pompa del sangue e comportare nel tem-po il quadro dello scompenso cardiaco con affanno e gonfio-re delle gambe. Ciò non toglie che molte persone riescano a

manifestazione una compli-canza embolica (vedi dopo) o l’esacerbazione di un’insuffi-cienza cardiaca sottostante. I sintomi principali che il pazien-te può lamentare sono palpita-zioni, dolore toracico, affanno, affaticamento. L’aumentato rilascio di un ormone (peptide natriuretico atriale) prodotto all’interno delle camere car-diache può determinare un aumento della diuresi.La fibrillazione atriale può portare a una particolare for-ma di cardiopatia responsa-bile di scompenso cardiaco, la cosiddetta “cardiomiopatia tachicardia-indotta”, più fre-quente nei pazienti che non si accorgono di essere affetti dall’ aritmia. La sincope (im-provvisa perdita di conoscen-za con caduta a terra) è un evento raro ma grave, che di solito indica una eccessiva di-minuzione della risposta ven-tricolare. Sebbene certamente l’ictus cerebri costituisca la complicanza più temibile del-la fibrillazione atriale, anche lo stesso disturbo del ritmo è in grado di diminuire la qualità della vita dei pazienti affetti, sia in termini di impedimento funzionale, sia come fastidio-sa irregolarità del ritmo car-diaco associata a palpitazioni. Alcune persone, una minoran-za, non hanno sintomi, e l’arit-mia può essere un riscontro casuale durante una visita di routine o in occasione di ma-lattie emboliche come l’ ictus cerebrale o le ischemie acute degli arti inferiori. La fibrillazione atriale può du-rare pochi secondi, minuti, ore, giorni, mesi, anni fino a diventare permanente o croni-ca e che durerà quindi tutto il resto della vita della persona. A seconda della durata si par-la di fibrillazione isolata (1 sin-golo breve episodio), di fibrilla-zione parossistica (che dura al massimo 7 giorni e passa da sola), di fibrillazione persisten-te (durata di oltre 1 settimana che passa grazie ai farmaci o alla cardioversione elettrica) e di fibrillazione cronica o per-manente non più passibile di

Raddoppia il rischio di morte, moltiplica di oltre 3 volte la probabilità di scompenso cardiaco, quintuplica il pericolo di ictus. Il nemico si chia-ma fibrillazione atriale, è l’aritmia cardiaca più diffusa e colpisce da 600 mila a 1,2 milioni di italiani. Un’epidemia che aumenta al ritmo di 120mila nuovi casi all’anno, con costi annuali superiori ai 3 miliardi di euro. I pazienti sono soprattutto anziani con cuore e arterie già a rischio, ma per il 10% si tratta di under 60 in apparenza sani, a volte giovani nel pieno della vita. Non mancano poi i fulmini a ciel sereno: persone senza alcun sintomo, che all’improvviso scoprono per caso, magari con un ictus, di avere il ‘cuore che trema’. E spesso è troppo tardi.

La Fibrillazione Atriale(quando il cuore perde il ritmo)

vivere normalmente anche per anni e anni con la fibrillazione.Proprio a causa della frequen-za di eventi embolici, in parti-colare di ictus cerebri, in cor-so di fibrillazione atriale, uno dei capisaldi della terapia di questa aritmia è rappresenta-to dai farmaci anticoaugulanti orali. Lo scopo di questa te-rapia è quello di prevenire la formazione di coaguli (trombi) all’interno dell’atrio sinistro del cuore durante gli episodi di fibrillazione. L’utilizzo di una terapia anticoagulante orale, che costringe il paziente a fre-quenti esami del sangue per regolare la dose di farmaco da assumere, è un altro fattore che ha importanti implicazio-ni sulla qualità della vita dei pazienti in fibrillazione atriale. Alcuni studi mostrano che di 97 pazienti solo il 61% ha pre-ferito seguire la terapia anti-coagulante proposta piuttosto che non assumere la terapia, dunque una percentuale deci-samente inferiore a quella per cui il trattamento è raccoman-dato secondo le linee guida più recenti. In un gruppo selezio-nato di pazienti, la terapia an-ticoagulante orale può essere sostituita dalla terapia con un antiaggregante come l’aspiri-na. Questa scelta, comunque, andrebbe sempre riservata allo specialista e non lasciata alla volontà del paziente vista l’enorme portata del problema e le catastrofiche conseguen-ze che possono derivare da un evento embolico cerebrale.

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Gli “Obblighi” in sintesi

Gli articoli 17 e 18 del DL 81/2008 indivi-duano gli obblighi specifici del datore di la-voro e dei dirigenti preposti alla sicurezza. I punti che seguono, sono intesi a fornire agli interessati, in estrema sintesi, un “prontua-rio” degli obblighi in questione:valutazione di tutti i rischi legati all’attività lavorativa con la conseguente elaborazione del documento relativo (compito non dele-gabile del datore di lavoro);designazione del responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi (com-pito non delegabile del datore di lavoro)nomina del medico competente per l’ef-fettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dalla legge;designazione dei lavoratori incaricati del-l’attuazione delle misure anti incendi, pri-mo soccorso e, comunque, gestione del-l’emergenza nonché adozione delle misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei luoghi di lavoro (mi-sure adeguate alla natura dell’attività, alle dimensioni dell’azienda e al numero delle persone presenti);fornire ai lavoratori i necessari dispositivi di protezione individuale;adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento dei lavoratori e prendere misure appropriate affinché solo i lavoratori con adeguato addestramento accedano a zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;richiedere l’osservanza da parte dei lavo-ratori delle norme vigenti, delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza ed igiene e di uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali;inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medi-co competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico;prendere provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causa-re rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio;aggiornare le misure di prevenzione in rela-zione ai mutamenti organizzativi e produtti-vi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzio-ne e della protezione.

nizione data dal d.l. 81/2008, l’ “insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fat-tori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”. Tali “atti medici”, svolti da un medico speciali-sta in Medicina del Lavoro e detto “medico competente”, comprendono:

il supporto al responsabile del servizio di prevenzione e protezione per la determi-nazione dei rischi lavorativi e delle relative contromisure;la visita medica preventiva ed i connessi accertamenti diagnostici volti a consta-tare l’assenza di controindicazioni al la-voro cui il lavoratore è destinato ed fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;la visita medica periodica ed i connessi accertamenti diagnostici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed espri-mere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;l’attività formativa da effettuare a favore dei lavoratori sulle tematiche specifiche della prevenzione sanitaria.

Se, come ho già detto, garantire condizioni di lavoro rispettose della salute dei lavorato-ri è una questione anzitutto etica, non man-cano però nel nostro ordinamento sanzioni gravi nei confronti di chi non assolva agli ob-blighi previsti. Trattare questo argomento nel dettaglio richiederebbe un articola a se ma, per capire l’entità delle sanzioni, basti dire che il datore di lavoro che non predisponga il documento di valutazione dei rischi o non provveda alla nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (o svol-ga in proprio tale compito senza aver effet-tuato la specifica formazione) è punito con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro) e con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro per la mancata nomina del medico competente. Fin qui, s’intende, se l’inadempienza non viene riscontrata in seguito ad un incidente sul lavoro, perché allora le conseguenze del mancato adempi-mento aggravano le responsabilità e le con-seguenze per la dirigenza aziendale.Non credo, però, che il motivo che dovrebbe animare un imprenditore ad occuparsi atti-vamente di sicurezza sul lavoro debba esse-re quello di evitare multe e sanzioni. Credo, piuttosto, che debba essere la presa di co-scienza che un’attenta analisi dei processi produttivi della propria azienda e dei rischi ad essi connessi sia una grande opportunità per identificare nuove soluzioni organizzative e tecnologiche che, parallelamente alla sicu-rezza, siano anche in grado di accrescere la produttività.

GFS

MEDICIN

A DEL LAVORO

Credo che in una società che vo-glia definirsi “civile” sia superfluo discutere sul perché la tutela della

salute dei lavoratori sia un obbligo etico prima ancora che giuridico per qualsiasi imprenditore e dirigente aziendale. Inoltre, predisporre e garantire condizioni di lavoro sicure ed agevoli per i lavoratori è alla fine, in termini di produttività e di riduzione dei tassi di assenza dal lavoro per malattia ed infortuni, nell’interesse primario dell’azien-da. Ciò detto, l’introduzione del nuovo Testo Unico – la cui conoscenza non si è ancora purtroppo diffusa adeguatamente – credo renda utile cercare di sintetizzare i doveri dei datori di lavoro e dei dirigenti aziendali e quali gli approcci e le modalità da seguire.Innanzitutto, occorre aver chiaro che l’inte-ro sistema disegnato dal legislatore prende le mosse dalla valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza del lavoratore legati al luogo fisico di lavoro ed alle mansioni svol-te e che il datore di lavoro è personalmente responsabile di ciò. Infatti, la legge individua come responsabilità specifica del datore di lavoro (non delegabile ad alcuno) la valu-tazione di tutti i rischi con la conse-guente elaborazione del documento di valutazione dei rischi (art. 17) nonché la designazione del responsabile del

“servizio di prevenzione e protezione dai rischi” (ovvero la funzione aziendale deputata alla gestione dei rischi ambienta-li e di lavoro) qualora non svolga in prima persona questa funzione. Evidentemente, nella redazione del documento il datore di lavoro potrà avvalersi di consulenti ma la responsabilità della correttezza delle anali-si eseguite e delle decisioni conseguente-mente assunte, sarà in ultimo sua.Quali sono i contenuti del documento di valutazione dei rischi? In estrema sintesi (art. 28):

a) l’individuazione e la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute duran-te l’attività lavorativa;b) l’indicazione delle misure di preven-zione e di protezione attuate;c) il piano azioni adottato per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di si-curezza;d) l’individuazione delle mansioni che espongano i lavoratori a rischi specifici che richiedono una specifica capacità professionale.

E’ dunque sulla base di quanto definito al-l’interno del documento di valutazione dei rischi che si svilupperanno le azioni neces-sarie a minimizzare questi ultimi. In questo ambito, rientra la cosiddetta “sorveglian-za sanitaria” ovvero, per usare la defi-

Un diritto di civiltà

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Il decreto legge 81/2008 “Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro” si pone come evoluzione della più famosa legge 626 del 1994 strutturando in modo integrato l’insieme delle norme che regolano la materia.

Il T.U. 81/2008, in versione interattiva, è disponibile sul sito www.laboratorionomentano.it alla pagina “Medicina del Lavoro”

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Infatti i composti sulfurei vengono assorbiti attraver-so la cute, le mucose delle vie respiratorie, vaginali e

dell’apparato gastroenterico ed aiutano l’organismo a di-fendersi sia nei confronti degli stimoli infiammatori endogeni che degli agenti proinfiam-matori esterni. Hanno quindi importanti caratteristiche tera-peutiche, godendo di proprie-tà anticatarrali, mucolitiche, antinfiammatorie, riattivanti la microcircolazione mucosa, im-munostimolanti e antiossidanti (combattono i radicali liberi).In particolare, per l’apparato respiratorio sono importanti le proprietà immunostimolanti e mucolitiche – anticatarrali. L’infiammazione delle mucose rende il muco più abbondan-te e vischioso, assumendo le caratteristiche del cosiddetto catarro: l’idrogeno solforato contenuto nelle acque fluidifi-ca il muco e ne consente così l’eliminazione.Le acque sulfuree sono dun-que efficaci nel trattamento di molte patologie croniche riguardanti orecchio, naso e gola (riniti, rinofaringiti, sinusi-ti, faringotonsilliti, laringiti, otiti catarrali); bronchi e polmoni (bronchiti croniche catarrali e broncopatie ostruttive).La rinosinusite cronica, carat-terizzata da dolore facciale,

ostruzione nasale con secre-zioni catarrali dense; la rino-faringite cronica, che si ma-nifesta con dolore e senso di costrizione a livello del farin-ge; l’otite catarrale, dovuta ad accumulo di liquido sieroso o mucoso nella tuba e nella cavi-tà timpanica, che si manifesta con riduzione della capacità uditiva; sono tutte patologie che beneficiano delle acque sulfuree utilizzate sotto forma di inalazioni (aerosol) e di insuf-flazioni endotimpaniche. L’ae-rosol determina la produzione di particelle di acqua sulfurea che, per le piccolissime dimen-sioni (circa 2 micron) possono raggiungere facilmente sia le alte che le basse vie respirato-rie. Le insufflazioni consistono nell’immissione di gas sulfureo nella tuba di Eustachio e, at-traverso di essa, nella cassa

timpanica, dove, nelle otiti ca-tarrali, si accumulano le secre-zioni. Quando l’insufflazione endotimpanica con il catete-re presenta notevoli difficoltà (pazienti pediatrici, condizioni nasali sfavorevoli, ipersensibili-tà) si può ricorrere alla tecnica non invasiva detta politzer cre-noterapico sulfureo.A seconda della gravità del-le affezioni si prescrivono cicli di 10 – 12 o più applicazioni. Spesso il beneficio è evidente fin dall’inizio della cura, ma è necessario completare il trat-tamento e ripeterlo di solito con periodicità annuale per-ché queste affezioni croniche hanno sovente un substrato anatomico o biologico (espo-sizione ad agenti irritanti, de-viazione del setto nasale, iper-trofia dei turbinati ecc.) che ne favorisce le recidive.

Previeni l’Inverno:Aerosol-Inalazioni è il periodo giusto !Le acque sulfuree, cioè quelle acque che possiedono una quantità pari o superiore ad 1 mg di acido solfidrico per litro, sono in grado di produrre importanti azioni biologiche, soprattutto se utilizzate sul posto con apparecchi direttamente alimentati dalla sorgente.

Dr.ssa Mariagrazia CiulloDirettore Sanitario, Terme di Cretone

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Terme di CretoneUn “sistema a rete” per rilanciare il territorio e creare nuova occupazione

Tra i partecipanti al Forum, S.E. Mons. Lino Fumagalli, Vescovo della Diocesi Sabina – Poggio Mirteto, i Consiglieri Regionali On.li Gian-franco Gatti e Francesco Pasquali, il giornalista e moderatore della serata Carlo Argeni, il Prof. Salvatore Vicario e Giovanni, Enrico e Alessandro Sammartino proprietari delle Terme di Cretone.”

quanti hanno collaborato all’attività delle Terme o che hanno contribui-to a porre in essere iniziative, spor-tive, culturali e sociali, che rappre-sentano occasione di crescita per la realtà locale. Ne citiamo qualcu-no: Sirio Veroli, per l’associazione sportiva “Guidoni”; Remo Abbon-danza, per l’associazione calcistica “Cretone-Castelchiodato”; Umber-to Marchionni, per la scuola di cal-cio “Marchionni”; Pietro Montenau, per la scuola Fitet; Renzo Massimi, per l’associazione “La Palombella”; Letizia Gilardi, per la cooperativa “Il Girasole 2006”. Un lungo e convinto applauso è stato indirizzato ai rap-presentanti delle Forze dell’Ordine (i marescialli dei Carabinieri Angelo Squeia, Rosario Verenuso, Antonio Iannone) per l’impegno finalizzato a garantire la sicurezza nel territorio e negli scenari internazionali nei quali il Paese è presente con contingenti militari. Applausone pieno di affetto quello incassato dalla Signora Del-fa, moglie dell’Ing. Giovanni Sam-martino (festeggiatissimo da tutti), per il riconosciuto impegno sociale a favore della comunità locale. Per lei, commossa e imbarazzata da tanta attenzione, parole piene di stima da parte di Mons. Fumagalli. L’incontro si è concluso con una cena di beneficenza il cui ricavato è stato devoluto alla Caritas.

archeologia; i giornalisti Francesco Guidotti e Carlo Argeni; Antonio Ca-pitano, scrittore. Raffaele D’Ambro-sio, vice presidente della Regione Lazio, impossibilitato a partecipare, ha inviato un telegramma nel quale ha plaudito all’iniziativa e indirizzato alla famiglia Sammartino (Giovanni, Enrico e Alessandro), proprietaria dell’impianto termale, parole di sti-ma personale e di apprezzamento per il loro impegno imprenditoria-le. Gli interventi hanno offerto più spunti di riflessione. Ribadita la necessità di creare un “sistema a rete” che consenta di valorizzare le bellezze e le attività presenti nel-l’hinterland laziale, con particolare riguardo alla Sabina. Un sistema che, in sintesi, crei ulteriore ric-chezza e occupazione anche attra-verso l’indotto che può sviluppare. Sollecitata una maggiore attenzio-ne da parte delle Amministrazioni comunali, provinciali e regionali nel favorire uno sviluppo armonico del territorio in grado di promuovere turismo qualificato e di contribuire ad un significativo incremento dei livelli occupazionali. Gli On.li Gatti e Pasquali hanno confermato, in tal senso, l’attenzione della Regione alle tematiche evidenziate durante il Forum ed hanno assicurato un impegno personale per dare ade-guata risposta alle necessità evi-denziate nel corso del convegno. E’ seguita, poi, la premiazione di

Ci si può incontrare semplicemente per il “gusto” di stare insieme,per il piacere di ritrovarsi tra amici, alle Terme di Cretone questo modo di relazionarsi non è un’eccezione: è la regola.

Strategia aziendale? Ope-razione di marketing? Macché! E’ uno stile di

vita. Che si è tradotto, da subito, in una filosofia imprenditoriale. Nella struttura di via dell’Acqua Sulfurea il “valore aggiunto” è il sentirsi a casa propria. Sempre e comun-que. Non clienti ma graditi Ospiti. Questo piccolo preambolo spiega

il successo della 3a edizione del-la “Festa di arrivederci all’Estate”, tenutasi lo scorso 26 settembre nel complesso termale. Un appun-tamento che ha coinciso con la “Giornata Mondiale del Turismo”, giunta alla sua 31a edizione. La manifestazione è stata organizza-ta in collaborazione con la Diocesi Sabina-Poggio Mirteto, la Caritas Diocesana e la parrocchia “Imma-colata Concezione” di Cretone. Ol-tre 150 persone hanno partecipato alla Santa Messa e al Forum che ha analizzato i temi interessanti il turismo, la biodiversità e gli aspetti legati alla solidarietà e alle emer-genze sociali. Tra gli intervenuti: Mons. Lino Fumagalli, Vescovo della Diocesi Sabina-Poggio Mir-teto; i Consiglieri Regionali Gian-franco Gatti e Francesco Pasquali; Don Gesino Teodori, Direttore del-l’Ufficio Pastorale del Turismo; Don Rocco Gazzaneo, Direttore della Caritas Diocesana; Don Gaspare Margottini, missionario; Salvatore Vicario, medico e cultore di storia e

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Senato chiede al Governo di fer-mare la commercializzazione del-la RU 486 in attesa di un parere tecnico del Ministero della Salute circa la compatibilità con la leg-ge 194, per poter stabilire profili di utilizzo coerenti con la stessa (in particolare il ricovero obbliga-to in ospedale durante il ciclo di assunzione del farmaco). Dal 10 dicembre 2009 l’RU 486 entra a far parte dei farmaci utilizzabili in Italia.

Come si utilizza? (Aborto medico o farmacologico)

Data la precocità dei test di gravi-danza in commercio, un numero crescente di donne scopre la pro-pria gravidanza già nei primi gior-ni del mancato flusso mestruale. Per questo motivo, se richiesto, è possibile intervenire precocemen-te. Da parte sua, la legge 194/78 non fa riferimento al metodo da impiegare e nemmeno se debba essere medico o chirurgico. Il me-todo farmacologico (il cosiddetto “aborto medico”) è divenuto una alternativa alla tecnica chirurgi-ca. Proprio per la sua efficacia nelle IVG (interruzione volontaria di gravidanza) precoci, sta diven-tando in tutto il mondo il metodo più utilizzato. Per interrompere la gravidanza va assunta una dose di RU 486 seguita, due giorni dopo, da un secondo farmaco, una prostaglandina (il misopro-stol), che aiuta l’utero a con-trarsi. La sua efficacia è valutata tra il 98 e il 95% dei casi. Dopo qualche giorno avviene quindi l’espulsione, generalmente pa-ragonabile ad una mestruazione abbondante accompagnata dal-la sensazione delle contrazioni uterine che può essere diversa da donna a donna. Uno dei pos-sibili effetti collaterali è legato alla

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Opossibile ritenzione di materiale che potrebbe infettarsi; è quindi necessaria un’ecografia dopo due settimane per essere sicuri che nulla sia rimasto in utero.

Aborto chirurgico

(aspirazione)

L’intervento viene eseguito in ospedale, generalmente in day hospital. A volte, per facilita-re l’intervento, il collo dell’utero viene rilassato con un farmaco (prostaglandina), da prendersi o il giorno precedente o il giorno stesso dell’intervento. L’inter-vento operatorio avviene in ane-stesia generale, più raramente in anestesia locale. Il collo dell’utero viene dilatato con dilatatori metal-lici fino ad un diametro da 6 a 12 mm. Viene in seguito inserita una fine canula per l’aspirazione che rimuove i tessuti embrionali dalla cavità uterina. L’operazione dura circa 20 minuti. Il rientro a casa avviene tra le 2 a 8 ore seguenti l’intervento oppure il giorno dopo. E’ prescritta una visita di controllo da effettuare nelle due settimane seguenti.

Mercato nero on line!?!Per procurarsi una pillola RU 486 e poter abortire a casa, bastano internet e un centinaio di euro cir-ca. Tra i vari siti, almeno due spe-cificano che possono recapitare il farmaco in Italia. Flavia Amabile, giornalista, riferisce il 18 marzo scorso l’esito della sua indagine: con un semplice clic, ha ordinato e ricevuto l’RU 486 a casa sua senza alcun controllo! Ma il dato interessante è un altro. Trovato un laboratorio del CNR disponibile, ha chiesto un’analisi del contenu-to. Il risultato è stato “rilevata pre-senza di mifepristone”. La quanti-tà del farmaco contenuto è quindi imprevedibile, certamente scarso e quindi non efficace. Sempre che non sia dannoso. Eppure il Mini-stro della Salute il primo febbraio annunciava la nascita di una task force per evitare la vendita della RU 486 attraverso canali clande-stini come la rete !

Dott.ssa Manuela SteffèResponsabile del Centro per la procreazione medicalmente assistita di I° livello presso il Laboratorio Clinico Nomentano

L’RU 486 induce l’interruzio-ne della gravidanza bloc-cando l’attività di un ormo-

ne (il progesterone) necessario al mantenimento della gravidanza stessa. La sua azione è efficace solo nelle prime settimane di gra-vidanza, ma non va confuso con la “pillola del giorno dopo”: infat-ti, quest’ultima va somministrata entro 48-72 ore dal rapporto ses-suale e non è quindi assimilabile ad una pratica abortiva, ma bensì impedisce l’impianto ad un even-tuale concepimento. L’RU 486, invece, è utilizzata come alterna-tiva all’aborto chirurgico ed è effi-cace solo per interrompere gravi-danze non superiori ai 50 giorni (7 settimane).

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Il Mifepristone, meglio noto come RU 486, è uno dei farmaci che ha destato maggiore interesse nella stampa e gli aspetti scientifici sono stati oscurati da motivazioni politiche ed ideologiche. Credo sia doveroso da parte degli operatori sanitari fornire un’informazione corretta, al di là delle proprie convinzioni personali.

La sua storiaL’RU 486 viene scoperto nel 1980 e posto sul mercato in Francia nel 1988. Attualmente è utilizzato nella maggior parte degli stati europei e negli Stati Uniti. Nel 2003 l’Orga-nizzazione Mondiale della Sanità (OMS) conferma la sua sicurezza e definisce le relative linee guida. Nel 2005 la stessa OMS inserisce RU 486 e misoprostolo nella pro-pria lista dei farmaci essenziali e ne raccomanda l’uso combinato e sotto stretta osservazione me-dica: il fine è offrire un’alternativa all’ aborto chirurgico nei paesi in via di sviluppo.Nel novembre 2002 il Comitato Etico della Regione Piemonte ap-prova la sperimentazione dell’RU 486, in base alla Legge 194 del 1978, ma il progetto viene bloc-cato dal Ministero della Salute. La sperimentazione prende il via nel 2005. Nel giugno 2007 l’ente eu-ropeo per il controllo sui farmaci (EMEA) autorizza l’uso del mife-pristone e ne ribadisce la sicurez-za ed il 30 luglio 2009 la RU 486 viene approvata dall’Agenzia Ita-liana del Farmaco. Nel novembre 2009 la commissione Sanità del

Prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza, in qualsiasi forma, era consi-derata in Italia un reato. Il 22 maggio del 1978 fu invece varata la legge n. 194. Que-sta consente alla donna, nei casi previsti (tutela fisica e psichica), di poter ricorrere alla IVG, anche in anonimato, in una struttura pubblica, nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura te-rapeutica. La legge prevede inoltre che “il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite”. Il ginecologo può esercitare l’obiezione di coscienza. Questa legge è stata poi confermata da un referendum il 17 maggio 1981.

Cosa è successo dopo la legge 194/78? La legge 194 si prefiggeva di:

stroncare la criminalità dell’aborto clandestinoevitare che l’aborto fosse usato per la limitazione delle nascitepromuovere la tutela sociale della maternità consapevole.

In effetti, il numero degli aborti è in calo costante, ma l’applicazione della 194 è sempre più faticosa. Il pro-blema riguarda soprattutto la certificazione necessaria per arrivare alla IVG e l’esecuzio-ne dell’aborto nelle strutture pubbliche. Aumentano i tempi di attesa e aumenta il numero dei medici obiettori (in Italia lo sono 6 ginecologi su 10) e ciò contribuisce ad alimentare il mercato degli interventi ille-gali (o clandestini). Inoltre, le donne che si presentano con un certificato per l’IGV in una fase molto iniziale debbono

in molti casi attendere alcune settimane, arrivando quindi all’interruzione in una fase più avanzata, con un intervento più complesso e più trauma-tico fisicamente e psicolo-gicamente. Ma, nonostante ciò, l’Istat scriveva già nel 2002: “Si può quindi afferma-re che in Italia sta cambiando il modello di abortività volon-taria: si sta passando da un modello di tipo “tradizionale”, caratterizzato da un ricorso all’IVG soprattutto delle don-ne coniugate con figli, a un modello, più simile a quello dei paesi nord europei, in cui l’aborto è più estemporaneo e legato a situazioni di “emer-genza”, ovvero non viene più utilizzato per controllare le dinamiche di pianificazione familiare”.A sua volta, l’Istituto Supe-riore di Sanità afferma: “Dal-la legalizzazione fino al 1982 l’andamento delle IVG ha mostrato una più o meno ra-pida e completa emersione dalla clandestinità. Questa, prima del ’78, era stimata tra i 220.000 e i 500.000 aborti l’anno. Una conferma di ciò e della sua diminuzione dopo l’emanazione della Legge 194 può essere dedotta dal

dimezzamento delle noti-fiche di aborto spontaneo che, prima del 1978, celava-no un ricovero per le compli-canze dell’aborto volontario clandestino. Nel 1983, verifi-cata la stabilizzazione del fe-nomeno, è stato necessario quantificare l’aborto clande-stino residuo: 100.000 aborti clandestini, ridotti nel 2001 a 21.000 unità. Nel 1982 il tas-so di abortività (ossia 17,2 IVG per 1.000 donne com-prese nella fascia d’età 15-49 anni) e il numero asso-luto di IVG (234.801) hanno raggiunto i valori più elevati. Da allora si è avuto un decre-mento costante dell’abor-tività: nel 2006 sono state notificate 131.018 IVG e nel 2007 127.038, pari a un tasso di 9,1 per 1.000 don-ne tra 15-49 anni, con una riduzione rispetto al 1982 del 47,1%. Dalla legalizzazione a oggi, considerando i livelli di abortività precedenti alla legalizzazione, si può stima-re che sono stati evitati ben 3.300.000 aborti, di cui 1 milione clandestini con con-seguente eliminazione della mortalità e morbosità mater-na a esso associata”.

Che cos’è la 194?

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i è conclusa il 5 settembre la manifestazione che ha visto protagonista l’Associazione Sportiva Alessandro Guidoni

che con la collaborazione di A.S.I. Allean-za Sportiva Italiana Comitato Provinciale di Roma e della F.I.S.A.T. Federazione Italiana Storia Armi e Tiro, dall’8 agosto ha allestito due poligoni di tiro all’interno delle Terme di Cretone. Un poligono dedicato al tiro a segno con aria com-pressa, l’altro poligono destinato al tiro con l’arco. Presenti ed a disposizione de-gli Ospiti delle Terme Istruttori qualificati è Maestri Arcieri.“Un successo ed una soddisfazione al di la di ogni aspettativa - ha dichiarato Sirio Veroli, Presidente dell’Associazione Sportiva - molte persone hanno apprez-zato l’iniziativa e si sono avvicinate, grazie a noi, allo sport del Tiro a Segno. I risultati confermano la buona riuscita dell’even-to infatti in 20 giorni di attività abbiamo ospitato 754 persone, abbiamo fatto 112 lezioni di tiro a segno con armi ad aria compressa e 92 per il tiro con l’arco, han-no partecipato alle nostre Gare di Tiro a Segno 437 neo tiratori, abbiamo iscritto 9 nuovi soci all’Associazione, utilizzato cir-

ca 7000 piombini e scoccato circa 1900 frecce, il tutto con incidenti zero!”Gradito ospite della manifestazione il Maestro Arciere Giuseppe Bianchi, ex Campione del Mondo di tiro con l’arco.

www.asdalessandroguidoni.it

Generale Alessandro Guidoni

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IN SABINA

In Italia e in tutto l’Occidente sono in rapido aumento diverse categorie di malattie, quali quelle del metabolismo,

obesità, diabete, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, la depressione ed altre patologie che, in un soggetto geneticamente predisposto, trovano il modo di manifestarsi grazie alla presenza di fattori che le favoriscono, insiti proprio nelle società dei consumi e nello stile di vita che conduciamo. La prolungata inat-tività è, infatti, uno dei fattori determinanti nella genesi di alcune malattie, che oggi vengono definite malattie croniche da sedentarietà. Per combattere la sedentarietà, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ha diffuso lo slogan “Move for health”, in quanto l’esercizio fisico, essendo in gra-do di “allenare” l’apparato cardiocircola-torio e di aumentare la spesa energetica, diventa una componente terapeutica a tutti gli effetti nella cura o nella remissione di alcune malattie.Infatti, studi eseguiti sugli effetti preventivi dell’attività fisica e di una dieta adeguati hanno dimostrato che sarebbero evita-ti nel 70% dei casi i tumori del colon, il 70% di ictus cerebrale, l’80% di infarto del miocardio e il 90% dei casi di diabete dell’adulto.Oltre agli effetti preventivi è accertato che l’attività fisica è strumento efficace per curare le malattie cardiovascolari e dismetaboliche e per rimediare alle situa-zioni anormali che ne facilitano lo svilup-po. Infatti l’attività fisica riduce il grasso corporeo; permette un buon controllo

glicemico; aumenta la sensibilità all’insu-lina (consentendo ad una maggior quan-tità di sostanze nutritive di arrivare ai mu-scoli, e riducendo, per converso, quelle che saranno immagazzinate nelle cellule adipose); abbassa il colesterolo totale, colesterolo LDL (“colesterolo cattivo”) e i trigliceridi; aumenta il colesterolo HDL (“colesterolo buono”); abbassa la pres-sione arteriosa.Un ottimo mezzo per uscire dalla quo-tidiana sedentarietà, che ci permette di prevenire e curare molteplici patologie, è rappresentato dal camminare.Camminare costituisce una forma sem-plice, economica ed ideale di esercizio fisico quotidiano. E’ un’attività fisica ae-robica (cioè aumenta la richiesta di os-sigeno da parte dell’organismo) acces-sibile a tutti (si può esercitare ad ogni età, praticare durante tutto l’anno) che non sovraccarica la colonna vertebrale e le articolazioni degli arti inferiori ed è particolarmente indicata per le persone in soprappeso. Inoltre non richiede (al-meno all’inizio) tanto tempo per le uscite e, i benefici, come allenare il cuore e il bruciare i grassi di deposito, sono imme-diatamente misurabili ed apprezzabili. Al principio basta camminare 30 minuti a passo sufficientemente veloce, alme-no tre volte alla settimana, alternando i giorni. Preferire le prime ore del mattino e la sera, indossare scarpe comode e un abbigliamento che evita un’eccessiva

Una società a forte sviluppo tecnologico come la nostra, è caratterizzata dalla riduzione progressiva delle energie necessarie per svolgere le normali attività quotidiane, sia di lavoro che di svago. Siamo di fronte all’assenza di quella attività fisica regolare che caratterizza la sedentarietà.

sudorazione. La camminata può anche essere suddivisa in più frazioni, svolte in tempi diversi nell’arco della giornata (per esempio andando e tornando dal lavoro, magari allungando un po’ la strada, evi-tando le vie trafficate). La durata di ogni camminata sia però di almeno 15 minuti, una durata sufficiente a chiamare “in ser-vizio il cuore” e quindi ad allenarlo.In seguito, il camminare deve diventare una abitudine quotidiana, irrinunciabile come bere, mangiare e dormire e si de-vono arrivare a percorrere almeno 7 km al giorno anche in maniera discontinua.Già dopo un mese di costante attività si constaterà che si farà meno fatica a percorrere lunghe distanze, migliorerà l’umore e il peso comincerà a scendere.Dopo qualche mese di camminate quoti-diane si avrà un calo di peso più eviden-te, una riduzione dei valori di colesterolo totale, colesterolo LDL (quello “cattivo”), la riduzione dei trigliceridi e l’aumento del colesterolo HDL (quello “buono”). Inoltre, negli ipertesi si noterà una riduzione del-la pressione arteriosa e, nei diabetici, un facile controllo della glicemia. Gli effetti positivi sono dovuti ai migliora-menti che tale attività apporta sulla fun-zionalità cardiaca, garantendo un buon apporto di ossigeno a tutto l’organismo e con questo un buon funzionamento di tutti i tessuti (cervello, fegato, reni…) e di tutte le funzioni organiche.E’ da segnalare che, nel caso di una ma-

lattia già manifesta, l’esercizio deve esse-re adeguato alla situazione della singola persona e deve essere corredato dalla prescrizione (proprio come per un far-maco) dello specialista in medicina dello sport, in modo da evitare che l’attività fisica sia inutile e dannosa. Altresì è rac-comandabile che il medico dello sport segua coloro che praticano attività fisica regolare per valutarne gli effetti positivi, ad esempio su peso corporeo, circonfe-renza addominale, pressione arteriosa o per indirizzare coloro che per varie ragio-ni non possono camminare verso forme di esercizio alternative.Quindi, il camminare lo si può consiglia-re al sedentario, ai pazienti cardiopatici che hanno una condizione clinica stabi-le, in assenza di crisi anginose recenti, di aritmie gravi, di scompenso cardiaco con difficoltà di respiro, per chi soffre di ipertensione arteriosa e diabete mellito, per chi è in soprappeso ecc., in quanto chiunque è in grado di farlo, bastano un po’ di buona volontà e di tempo, oltre ad un parere medico favorevole, meglio se di un medico dello sport.

MEDICINA DELLO SPORT

UN’ATTIVITA’ FISICA COME STRUMENTO DI PREVENZIONE E TERAPIA: “IL CAMMINARE”

Dott.ssa Rita LeonardiMedico Chirurgo, specialista in Medicina dello Sport

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A L’Europa agli inizi del Cinquecento, turbata in campo religioso dal-la Riforma luterana che ormai si diffondeva a macchia d’olio ne-

gli stati del Nord Europa, giunse a quello spartiacque della sto ria medievale che fu il sacco di Roma (1527) ad opera dei Lan-zichenecchi (luterani) che si abbandona-rono ad una saccheggio così efferato da far scrivere al Guicciardini “Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de’ san-ti, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de’ loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tede-sca infiniti vilipendi”Lo sconvolgimento religioso chiuse un’epoca anche nelle arti figurative, e non bastò a frenarlo neppure il sopravvissuto genio di Michelangelo; ma se il Buonarroti poteva anche permettersi di non recepire il vento nuovo — pur se contestato —, lo stesso non poteva accadere per i giovani artisti che s’affacciavano alla ribalta. Infatti l’esame diretto dei dipinti sacri eseguiti nel corso della prima metà del secolo XVI a Roma rivela un progressivo accentuarsi di motivi pietistici e “divozionali”.La decisa conversione dei vecchi modi di dipingere al vento nuovo e difficile spetta ad alcune personalità mino ri, nelle quali il riflesso del mondo michelangiolesco s’in-nesta sul tronco dell’eredità raffaellesca.Il primo di questi pittori è Girolamo Sicio-lante da Sermoneta, l’opera del quale si matura nella metà del secolo XVI: è il mo-mento in cui il concetto di pittura va nau-fragando verso quella “maniera” definita in senso negativo — dal Bellori — come “fantastica idea appoggiata alla pratica e non all’imitazione”. L’arte cioè sarebbe di-scesa al grado di “pratico e tecnicistico imparaticcio di imitatori”.Questo giudizio negativo sul manierismo ha coinvolto l’intero Cinquecento romano, sì che tutti i pittori di quel tempo sono stati spinti, in fascio, nel dimenticatoio. Eppure il fermento di quel tempo non poteva non mettere sul chi vive quegli artisti! Ed ecco che nell’arte, dal tronco del raffaellismo, si stacca come nuovo virgulto l’arte sa-

cra, capitolo nuovo nella storia della cri-tica dell’arte, che giudica l’opera dal suo valore “divozionale” e secondo un metro che ignora il livello di qualità e le esigenze stilistiche.Pertanto nella seconda metà del secolo XVI l’arte cosiddetta “sacra” — che quindi non è frutto di imposizione conciliare tri-dentina, come per troppo tempo s’è volu-to sostenere — era caratterizzata da una castigata semplificazione dei dati formali secondo vie che anticipano singolarmen-te i “nazzareni” e i “puristi” di più di tre-cento anni dopo. Così la pittura religiosa veniva riformata ed era resa chiaramente intelligibile a cerchie sempre più vaste, “sfrondandola della veste aulica e letterata cui l’aveva condotta l’aristocratica moda che nella seconda metà del Quattrocento aveva dettato legge dalle mura di Palazzo Medici”.Ma nel Cinquecento l’arte non era solo il prodotto della ispirazione dell’artista, anzi questo mol to spesso creava a richie-sta del committente: “le esigenze, gli interessi e le aspirazioni del commit tente venivano tramutati dall’artista in creazione pittorica”. E i gusti, nel tempo dell’ascesa al pon tificato di Paolo III Farnese, erano dettati dal quel revival neo-feudale che caratterizzò la ripresa dello Stato Pontifi-cio dopo il triste sacco.Ecco quindi due modi di dipingere, a se-conda del tipo di committenza: in Giro-lamo Siciolante ve li troviamo in maniera emblematica.Girolamo Siciolante iniziò la sua carriera sotto buona stella, protetto da Camillo Caetani, potente signo re di Sermoneta, al quale tale potenza derivava dall’esse-re cugino di Paolo III Farnese; prudente e fedele al suo protettore, quasi l’intera sua carriera si sviluppò a Roma nell’arco di 35 anni, tranne che per il tempo della realiz-zazione di due soli viaggi a Piacenza e a Bologna.Lo Zeri, che nel Manierismo Romano del pieno Cinquecento — nel quale si trovò a lavo rare il Sermoneta — evidenzia il raggiunto accordo fra raffaellismo e mi-

chelangiolismo, trova nel no stro pittore, dopo il benefico influsso derivatogli dalla conoscenza degli affreschi dell’Oratorio di S. Giovanni Decollato a Roma di Jacopi-no del Conte, “una misura e una compo-stezza che più tardi saranno la prima virtù del Siciolante”. Una virtù, un’arte pittorica che, a mano a mano che viene conosciu ta, è sempre più valorizzata sia nella sua componente “sacra” che manieristica “lai-ca”.La committenza al Sermoneta, nel campo laico, riguardò i personaggi più importanti del Vaticano (Paolo III, Pio IV, membri del collegio cardinalizio), non ché le migliori famiglie romane; fra quelle documentate cito Caetani, Colonna, Cen ci, Massimo e Orsini.La committenza Orsini di Monteroton-do, nel palazzo oggi comunale, è invece fra quelle non documentate: non ha tro-vato nulla fra le carte dell’Archivio Caetani il Fiorani, né Pier Nicola Pagliara fra quelle dell’Archivio Barberini.La restituzione del ciclo al Sermoneta è stato fatto dall’occhio infallibile di Federico Zeri.Il Pagliara, che ha pubblicato il ciclo di af-freschi nel 1981 nella Storia dell’arte italia-na (Einaudi ed.), propenderebbe a datare gli affreschi intorno al 1553-55 e ipotizza che anche il soffitto possa essere coevo agli affreschi e opera della bottega del Si-ciolante.Gli affreschi sono nella cosiddetta “stanza di Adone”. La stanza è la seconda del-l’appartamento nobile: su quattro pannelli è raffigurato il mito del dolce amante di Venere, in quello stile aulico, colto, neo-feudale tipico del momento. Gli affreschi sono adoperati come arazzi inframmezza-ti da dee in stile raffaellesco e da grandi mascheroni con putti e festoni di fiori e frutti.

Si tratta di uno stile che, lontano da quel “curioso accento ottocente sco e purista ante litteram assunte da certe sue opere destinate al culto”, gli consente di soddi-sfare i gusti di quella sceltissima “cerchia di aristocratici delle più vetuste casate ro-mane di Roma”.

Salvatore G. VicarioMedico e Scrittore

Il mito di Adone

I quattro pannelli narrano la storia di Mirra che, orgogliosa della pro pria bellezza, aveva disprezzato il culto di Venere. Questa vol le punirla facendole nascere in cuore una sfrenata passione per il proprio padre, Cinira, re di Cipro, del quale divenne amante. Riconosciuta però da questi, è inseguita nuda nell’alcova, spada in pugno. Gli dei, mossi a compassione, mutano Mirra, ferita, in albero: dall’amore incestuoso nasce Adone, bellissimo, che divie ne pastore-cacciatore. Della sua grazia se ne in vaghisce Venere, provocando l’ira e la gelosia di Marte che invia contro il giovane uno smisu rato cinghiale: nella lotta Adone rimane ferito a morte. Venere sul suo cocchio d’oro tirato da due cigni accorre presso il suo amore morente, accompagnata da Cupido e da putti che pian gono e raccolgono fiori.

Monterotondo, Federico Zeri e gli affreschi di

Girolamo Siciolanteda Sermoneta a Palazzo Orsini

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SalutePiù si pone l’obiettivo di dedicare da ora in poi uno spazio specifico a questo tema che è necessario affrontare in un’otti-ca multidisciplinare perché valorizzare que-sti borghi significa occuparsi contempo-raneamente di architettura ed urbanistica, ambiente, arte, cultura, storia, e tradizioni ma anche di sviluppo economico, comuni-cazioni, servizi sociali. Contiamo, dunque, di ospitare contributi diversi, di affrontare questo tema, che è anche un’opportunità per tutti noi, dai diversi possibili punti di vi-sta con l’impegno a creare dibattito, impe-gno ed iniziative concrete.

Presidente Primi, partiamo dalle origi-ni: quali sono i principi ispiratori e gli obiettivi che hanno portato alla costi-tuzione ormai quasi dieci anni fa del club de I Borghi più Belli d’Italia?

Il Club si è costituito all’interno dell’ ANCI (Associazione Nazionale Comuni d’Italia) per iniziativa di alcuni sindaci, tra cui il sot-toscritto, che allora ricopriva tale carica a Castiglione del Lago in Umbria. L’obbiettivo era ed è quello di valorizzare e promuovere i piccoli centri italiani che hanno caratteristi-che architettoniche, ambientali, di servizi e qualità della vita di eccellenza. La creazione di una rete, che oggi conta 200 comuni, era il mezzo attraverso il quale si pensava di moltiplicare il valore del singolo picco-lo centro che, a causa degli scarsi mezzi disponibili, non aveva alcuna possibilità di mettersi in evidenza.

In che modo il Club dà supporto ai Borghi associati? Ci sono dei “casi di successo” che potrebbero essere di ispirazione per altre amministrazioni

comunali che si pongono il problema dello sviluppo dei loro borghi storici?

Le azioni che compie il club per “vendere” sul mercato turistico nazionale ed interna-zionale la rete sono, prima di tutto, fina-lizzate all’affermazione del marchio come elemento identitario della provincia italiana dove la qualità è la principale caratteristica del borgo e del territorio.Molti sono gli strumenti in campo: dalla gui-da annuale (600 pagine e carte stradali ven-dute in circa 40.000 copie all’anno), al sito web www.borghitalia.it visitato, ogni anno, da circa 1,5 milioni di persone. Oltre a que-sto stampiamo circa 200.000 brochures e partecipiamo alla BIT, al TTI a ECOTUR ed organizziamo il festival nazionale annuale. Insomma vi sono molte possibilità per cia-scun comune di mettersi in evidenza e di “bucare” l’informazione turistica nazionale ed internazionale. Ogni anno infatti, insieme all’ENIT , organizziamo delle presentazio-ni nelle diverse capitali Europee e di varie parti del mondo ed educational tours che interessano diversi borghi nelle varie parti d’Italia. I casi di successo ve ne sono molti ma il successo vero è quello della rete.

In termini pratici, cosa deve fare un comune il quale, avendo ovviamente caratteristiche storico-urbanistiche di pregio, voglia entrare a far parte della vostra organizzazione?

In questo momento abbiamo bloccato le visite di certificazione e di ammissione per consolidare l’ associazione e decidere le strategie future tenendo conto che 200 comuni sono già un bel numero e la ge-stione comporta diversi problemi organiz-

zativi che oggi siamo in grado di affrontare serenamente. Aumentare il numero è una scelta che attiene alla assemblea generale dei soci.

Credo che questi quasi dieci anni di attività del club de I Borghi più Belli d’Italia vi diano un osservatorio parti-colarmente privilegiato per capire qua-li sono le tendenze in atto. Come sta evolvendo la situazione? Lei vede se-gni che ci possono lasciar ben sperare per la sopravvivenza e, magari, anche per lo sviluppo dei nostri borghi antichi più piccoli?

Il mercato turistico sta evolvendo verso de-stinazioni che abbiano “un senso”. Le per-sone oggi si muovono soprattutto seguen-do degli interessi , avendo delle motivazioni e cercando esperienze da raccontare. La vacanza come narrazione di un breve pe-riodo trascorso raccogliendo “storie” da raccontare ai propri amici e da rivivere con i propri co-viaggiatori. Per questo i borghi storici italiani e i loro territori sono assolu-tamente in linea con questa tendenza poi-ché , ciascuno, può raccontare una pro-pria storia ed è custode di tradizioni e di cultura millenarie e sicuramente originali- Il compito delle amministrazioni pubbliche e dei cittadini è quello di tutelare e valorizza-re questo patrimonio e la rete de I Borghi più Belli d’Italia ha quello di promuoverlo e commercializzarlo. L’altro impegno impor-tante sul quale focalizzare impegno ed in-vestimenti è quello di garantire un sistema di informazione ed accoglienza adeguato sia in termini di quantità che di qualità.

Con questa intervista a Fiorello Primi, Presidente del Club de “I Borghi più Belli d’Italia” inizia “ufficialmente” l’impegno di SalutePiù per creare attenzione e sensibilità intorno al futuro dei borghi della Sabina. La loro salvaguardia, la loro sopravvivenza, la possibilità che questa sopravvivenza diventi sviluppo, è solo nelle nostre mani, nella nostra capacità di difenderli.

Fiorello Primi, Presidente del Club de I Borghi più Belli d’Italia

Ascrea

Castello di Nerola

Castel di Tora

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Credo anche che Lei sia stato e con-tinui ad essere testimone di iniziative importanti e positive ma anche di gra-vi errori commessi tanto dalle ammi-nistrazioni quanto dai singoli. Cosa si dovrebbe fare di fronte ad un borgo confrontato da fenomeni di spopola-mento ed impoverimenti ma ancora forte della sua bellezza per garantirgli un futuro? Esiste un decalogo? A mio parere è una questione di priorità che la pubblica amministrazione deve fissare nel campo del governo del territorio (piani regolatori, regolamenti di igiene, piano ar-redo urbano e del traffico ecc.) e dei servizi pubblici e privati. Spesso occorre avere il coraggio di andare “contro” il parere della gente che magari chiede cose che sono contrarie ad uno sviluppo equilibrato basa-to sulla crescita di un turismo sostenibile e solidale. I piccoli centri in periferia hanno la sola chance di scegliere la qualità per avere una speranza di continuare ad essere i conteni-tori di una piccola-grande storia che vale la pena di continuare a raccontare.

GFS

Boville ErnicaCampodimeleCastel di ToraCastel GandolfoCivita di BagnoregioCollalto SabinoMonte S.Giovanni CampanoOrvinioSan Donato Val di CominoSperlongaTorre Alfina

www.borghitalia.it

Lidia Nobili, laureata in Pedago-gia, docente di Materie Lette-rarie nelle scuole secondarie, è

attualmente Preside del Liceo Clas-sico Marco Terenzio Varrone di Rieti. Tra i fondatori di Forza Italia nel 1994, in quell’anno viene eletta Consigliere Comunale di Rieti. Dal 2002 al 2007 è Presidente del Consiglio Comuna-le ed Assessore alle Politiche Scola-stiche-Attività Socio Ricreative e pari Opportunità dal 2007. E’ eletta Con-sigliere Provinciale di Rieti nel 2004. Nelle scorse elezioni regionali viene eletta Consigliere Regionale. Mem-bro del Direttivo Nazionale Unione delle Provincie d’Italia è membro del Direttivo Regionale ANCI (Associa-zione Nazionale Comuni d’Italia) e della Consulta Pari Opportunità del-l’ANCI

Antonio Cicchetti è stato consigliere comunale di op-posizione a Rieti dal 1975 al

1994. Nel 1994 è eletto Sindaco di Rieti ed il mandato gli viene rinno-vato nel 1998 quando è il sindaco più votato d’Italia con il 62% di voti al primo turno. Dopo i due mandati di primo cittadino, ha continuato a far parte dell’amministrazione comunale in qualità di Assesso-re ai Lavori Pubblici della Giunta Emili fino al 2004, In quell’anno è il candidato del centrodestra alla presidenza della Provincia di Rieti, perdendo al ballottaggio. Nel 2005 è eletto Consigliere Regionale nel-le liste di Alleanza Nazionale con 10.100 voti nel collegio di Rieti. Nel 2009 entra nel PDL e nel 2010 è ri-confermato Consigliere Regionale.

Mario Perilli, impegnato in politica fin da ragazzo, ot-tiene la sua prima carica

elettiva nel 1979 quando diviene Consigliere Comunale a Fara Sabi-na della quale è poi eletto Sindaco per due mandati dal 1988 al 1998. Nel 2000, dopo aver coordinato la Federazione PDS di Rieti, viene no-minato Vice Presidente della Pro-vincia reatina incarico in cui viene riconfermato nel 2004. Nell’aprile 2005 è eletto Consigliere Regionale del Lazio nella lista Uniti nell’Ulivo e ed ottiene l’incarico di Presidente della Commissione Agricoltura. Gli elettori lo hanno riconfermato an-che in quest’ultima tornata elettora-le e ricopre attualmente l’incarico di VicePresidente della Commissione Agricoltura della Regione Lazio.

Fabrizio Sciarretta

Cicchetti - Nobili - PerilliI tre Consiglieri Regionali reatini a confronto

TRIS D’ASSI

Dopo l’intervista parallela ai tre Consiglieri Regionali Eretini pubblicata nel numero dello scorso giugno, abbiamo incontrato i tre Consiglieri Regionali Reatini per com-pletare il giro d’orizzone su cosa “bolle in pentola”, dal punto di vista regionale, nelle due aree geografiche su cui SalutePiù è maggiormente focalizzata.Abbiamo così incontrato Antonio Cicchetti, Lidia Nobili e Mario Perilli per confrontare idee e punti di vista su alcuni degli argomenti centrali nell’agenda reatina: sviluppo economico, salvaguardia del patrimonio architettonico ed ambientale e spopola-mento dei borghi, sanità e comunicazioni. Come constaterete leggendo le interviste, i nostri interlocutori, con grande senso civico, non si sono in alcun modo lasciati andare a polemiche di parte affrontando invece gli argomenti in modo assolutamen-te concreto con proposte che quasi sempre non sono in antitesi tra di loro ma anzi assai complementari.In termini pratici, SalutePiù ha condotto tre interviste parallele, sottoponendo ai tre Consiglieri Regionali le medesime domande e pubblicando una di seguito all’altra (in rigoroso ordine alfabetico) le loro risposte.

LE INTERVISTE

Castello di Collalto Sabino

Palombara Sabina

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LE INTERVISTEa chi ne ha bisogno come case popolari. Secondo la FAO, ab-biamo bisogno di 4.000 mq. di terra coltivata pro capite. In Italia siamo già scesi a quota 2.000 mq., forse è giunto il momento di individuare soluzioni originali.Nobili. Rieti è una provincia che sta invecchiando e va spopolan-dosi sempre più, soprattutto a causa della grave crisi occupa-zionale che obbliga tanti giovani ad abbandonare il luogo nata-le, salvo poi a tornarci dopo la pensione. La conservazione dei nostri antichi borghi passa attra-verso incentivi e fondi europei e regionali, che ci sono e vengono utilizzati, ma ritengo che la vera salvaguardia di questo ricco pa-trimonio storico-architettonico paesaggistico si possa ottenere permettendo alle giovani famiglie di ricominciare a vivere nelle loro terre d’origine.Perilli. Credo che sia necessa-rio lavorare per un legge regio-nale ad hoc e questo è il mio impegno personale. Bisogna però dire che stiamo iniziando a vedere sul nostro territorio na-scere delle esperienze positive e da imitare. Mi vengono in mente gli esempi di Ritrosi, una delle frazioni di Amatrice, ed alcuni in-terventi della Comunità Montana del Turano dove si è operato il recupero dei centri storici attra-verso ristrutturazioni degli edifici e l’avvio di attività di albergo dif-fuso.La provincia di Rieti è carat-terizzata dall’avere una po-polazione molto distribuita su un territorio spesso oro-graficamente complesso. Le scelte di sanità pubblica regionale sembrano invece volgersi verso l’aggregazio-ne delle ASL e la riduzione del numero degli ospedali mentre le soluzioni per una gestione efficace del terri-torio mi sembrano ancora fumose. Cosa serve alla pro-vincia di Rieti?Cicchetti. L’unificazione delle ASL laziali con quelle romane è un progetto già evaporato. Alla provincia di Rieti serve il rispetto delle leggi che fissano il rapporto

necessario tra posti letto e citta-dini: noi, oggi, siamo al di sotto dei livelli previsti quindi le modi-fiche che la Regione certamente farà non possono passare per una riduzione delle strutture rea-tine. L’attuale rete ospedaliera regionale è stata disegnata per creare posti da primario e da infermiere: l’unico a non essere stato preso in considerazione è il malato. Oggi dobbiamo ri-pensare la rete sulle esigenze di quest’ultimo, comunque, dalla ristrutturazione della rete chi non può rimetterci è Rieti perché ha già meno di tutti.Nobili. L’offerta sanitaria reati-na è condizionata da un territo-rio orograficamente complesso, da collegamenti difficili, da una popolazione stagionale estre-mamente variabile, nei piccoli comuni. Il grave disavanzo sani-tario non ci aiuta in questo caso e il Piano di rientro appena pre-sentato certamente penalizza le zone periferiche, riconvertendo parte dei posti letto, lasciando il primo soccorso e l’osservazione breve, gli ambulatori e preveden-do, come ad Amatrice, un’elisu-perficie. L’auspicio è che possa essere ripensata la situazione dell’Ospedale di Magliano, an-che con una diversa distribuzio-ne dei posti letto regionali.Perilli. Molto chiaramente, io credo che sia assolutamente sbagliata la scelta operata dal-la Regione di unire, in termini di gestione delle infrastrutture sa-nitarie, la provincia di Rieti con Roma Nord che finisce solo per redistribuire su un’area più vasta le risorse ospedaliere di Roma Nord senza affrontare i problemi specifici del territorio reatino con soluzioni, appunto, distribuite sul territorio e non concentrare come al solito sugli ospedali. Non si può continuare a tirare in ballo il passato e l’entità del disavanzo che ciascuna giunta ha eredita-to dalla precedente: anche nel 2010 il deficit della sanità regio-nale supererà il miliardo di euro che non si risolverà riducendo i posti letto di Magliano ed Ama-trice mentre, viceversa, nessuno tiene conto delle esigenze della

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73 comuni che comprendono circa 460 borghi che in molti casi si popolano solo nei mesi estivi, un territorio di grande bellezza che arriva a lambire Roma la quale rappresenta al tempo stesso un’opportuni-tà di sviluppo economico ma anche un polo di attrazione che fagocita le aree circo-stanti. Quali sono i cardini su cui si deve fondare il futuro della provincia di Rieti?Cicchetti. Il territorio reatino è la somma di più territori con caratteristiche diverse e quindi è caratterizzato da dinamiche di sviluppo differenziate. Certa-mente, però, quando parliamo di spopolamento e di futuro, dobbiamo dire che se non si at-tiva una politica per la montagna fatta anche di significativi sgravi fiscali la gente continuerà ad ab-bandonare le zone più disage-voli: bisogna offrire opportunità, anche economiche, perché va affrontato anche il problema del-la manutenzione ambientale di questi luoghi. In caso contrario, ci esponiamo a rischi di disastri naturali. Per quanto riguarda il fu-turo, credo che dobbiamo esal-tare i punti di forza che già ab-biamo: nel turismo, ad esempio, il nostro territorio è attrattivo per il segmento della terza età ed è proprio in funzione delle esigen-ze specifiche di questi potenziali turisti che dobbiamo costruire le infrastrutture di accoglienza.Nobili. Il territorio reatino pos-siede delle innumerevoli risorse, solo parzialmente conosciute e valorizzate: bellezze ambientali incontaminate, laghi, fiumi, mon-tagne, testimonianze storico-cul-turali dall’antica Roma, ai castelli e rocche medievali; al palazzo papale di Bonifacio VIII. Il futu-ro di Rieti si dovrà sicuramente basare su un corretto sviluppo turistico, con tutto l’indotto eco-nomico-occupazionale che ciò comporta, rilanciando per primo il comprensorio sciistico del Ter-minillo e promuovendo anche il turismo religioso, legato alla Valle Santa Reatina con i suoi 4 Con-venti Francescani, il cammino di Francesco e gli altri Cammini di

Fede, che attraversando la Fran-cia, arrivano a Santiago di Com-postelaPerilli. Evidentemente, proprio il fatto di parlare di “cardini” al plurale evidenzia come sia ne-cessario muoversi in paralle-lo su più ambiti ricercando un equilibrio tra di loro. Certamente esiste l’esigenza di ripensare lo sviluppo industriale della provin-cia partendo dal rilancio del polo industriale di Rieti. Poi si tratta di puntare sull’agricoltura di quali-tà, anche in funzione delle zone di collina e bassa montagna, e sul turismo attivando, in questo caso, un grande progetto di al-bergo diffuso utilizzando le tan-te proprietà immobiliari vuote dieci mesi l’anno. Se riusciremo a muoverci su questi percorsi, sicuramente, oltre allo sviluppo economico, otterremo anche una maggiore attrattività per i nostri borghi come luoghi dove abitare o soggiornare ancora oggi.Il territorio reatino ha una for-te vocazione agricola e turi-stica. Più di recente vi è stato uno sviluppo industriale che ha visto sorgere le zone in-dustriali di Rieti e Borgorose mentre sta nascendo il polo logistico di Passo Corese. E’ pensabile che queste diverse ed in parte contrapposte vo-cazioni possano trovare una sintesi efficace? Quant’è a rischio l’ambiente naturale? Come va tutelato?

siano costretti a lasciare i propri paesi per trovare lavoro altrove.Perilli. La scelta di progettare il consorzio industriale della pro-vincia di Rieti come un nucleo policentrico che si articola su Rieti, Borgorose, Passo Corese ed in futuro Osteria Nuova è sta-ta un’intuizione importante che ci permette già oggi ed ancor più in futuro distribuire le opportunità di sviluppo industriale sull’intero territorio reatino. Viceversa non credo che uno sviluppo indu-striale programmato e controllato possa trovarsi in contrapposizio-ne con la tutela del nostro am-biente che passa invece anche per lo sviluppo di attività econo-miche, quali appunto l’agricoltu-ra di qualità, che rappresentano una difesa dell’ambiente stesso. A questo proposito, giocherà un ruolo importante l’attivazione del Distretto Rurale della Montagna Reatina, costituito da un territo-rio di 44 Comuni nella parte oc-cidentale della Provincia di Rieti per il quale sono previsti circa 800.000 euro di finanziamen-ti regionali. Disporremo così di un nuovo strumento per la pro-mozione dello sviluppo locale in un’area caratterizzata dall’omo-geneità del territorio e dalla par-ticolare interrelazione che esiste tra attività agricole, artigianali, economiche in genere ed il ter-ritorio stesso.Preservare dall’abbandono e dalla conseguente distruzio-ne centinaia di borghi è cer-tamente un compito imma-ne. Ritiene che sia possibile individuare delle soluzioni specifiche? Cosa si è fatto fin qui e cosa bisognerà fare in futuro?Cicchetti. Alcuni borghi, come quelli della Sabina, cresceranno naturalmente grazie alla loro po-sizione. Per le zone più interne, difficilmente suscettibili di muta-menti, credo che una soluzione possa essere trovata nell’edilizia popolare: invece di utilizzare ter-reni agricoli spesso altamente produttivi per realizzare nuovi edifici, bisogna rendere possibi-le la ristrutturazione di immobili esistenti nei borghi ed oggi ab-bandonati ed il loro affidamento

Cicchetti. Non vedo questa contrapposizione: una collettività si deve basare su diverse voca-zioni ed attività. Nel reatino non c’è un’industria che possiamo definire tradizionale e invece noi dobbiamo proprio arrivare a “ti-picizzare” un settore di riferimen-to. Io credo che dobbiamo rifarci all’esperienza che abbiamo avu-to nel campo dell’industria elet-tronica che ha lasciato nel nostro territorio un bagaglio importante di competenze. Dobbiamo inter-cettare aziende in questo setto-re, ovviamente senza preclusioni verso chiunque altro voglia veni-re a insediarsi nel reatino.Nobili. Solo da qualche anno si sta puntando sullo sviluppo tu-ristico reatino, l’area industriale di Rieti-Cittaducale aveva crea-to occupazione e benessere ed ottimisticamente erano state trascurate altre eccellenze che pure si posseggono. Non ultima l’agricoltura, con i prodotti più noti: vino olio, formaggi, ma an-che con colture “di nicchia” quali castagne, lenticchie, tartufo, pa-tate. Non ho dubbi sulla necessi-tà che i diversi settori produttivi, agricoltura, industria, turismo, debbano e possano trovare una sintesi indispensabile, nella sal-vaguardia e nel rispetto di un ambiente, quale quello reatino, ecologicamente indenne. Riten-go che sia la sola sfida che dob-biamo cercare di vincere, se vo-gliamo che le nostre Terre non si spopolino e i nostri giovani non

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nostra provincia in termini di au-mento della disponibilità di posti nelle RSA, nella riabilitazione e nella lungodegenza.Le strutture ambulatoria-li “private accreditate” che offrono un capillare servizio sul territorio in tutta la re-gione a costi competitivi per il Servizio sanitario Regio-nale, sono state fin qui con-dannate ad un ruolo ancilla-re e secondario rispetto alle strutture pubbliche. Ritiene che possano rappresentare una risorsa importante per la futura politica sanitaria regionale? Come?Cicchetti. La sanità lombarda ha il suo plus in una forte colla-borazione tra pubblico e privato dove il privato esercita anche funzioni tipiche del pubblico qua-le il pronto soccorso. Dobbiamo guardare a questo modello ma al privato dobbiamo chiedere di essere sempre all’altezza della situazione, Vanno poste al pri-vato condizioni più severe, ma in realtà più giuste, per ricevere l’accreditamento.Nobili. Le struttura ambulatoriali “private accreditate” in un terri-torio complesso e mal collega-to come quello reatino spesso offrono un servizio non solo più capillare, ma a volte è l’unico fa-cilmente raggiungibile dagli an-ziani o non autosufficienti, vedi centri riabilitativi o laboratori di analisi. Ritengo che sia neces-sario analizzare le diverse realtà locali, valorizzando quelle strut-ture private che possono offrire un servizio efficiente e di qualità ai cittadini, spesso anche eco-nomicamente vantaggioso.

Perilli. Purtroppo questo è un problema che a Rieti non abbia-mo: le strutture private accredi-tate sono pochissime nonostan-te nel reatino la popolazione sia distribuita in modo molto diffuso su un territorio orograficamen-te anche difficile. In più, temo che vi siano strutture che non rispondono neanche realmente alle esigenze del territorio in cui sono localizzate. E’ un tema che va rivisto nel suo complesso al-l’interno di un ripensamento del-l’intera rete di sanità territoriale regionale.I collegamenti stradali e le infrastrutture di trasporto in generale sono indubbiamen-te una condizione indispen-sabile per lo sviluppo di un territorio. Ritiene che il Rea-tino richieda nuove soluzio-ni ed interventi importanti? Quali? Come verrà garantita la minimizzazione dell’impat-to ambientale?Cicchetti. Guardi che oltre alle strade ci vogliono le idee: Bor-gorose sta sull’autostrada ma la zona industriale è deserta, Ravello è il posto più difficile da raggiungere in Italia ma è sem-pre pieno di turisti ! Ciò detto, e avendo presente i vincoli ambien-tali, il reatino è in una situazione di debolezza. Con la Rieti–Terni quasi ultimata e la Rieti–Torano programmata, bisogna ora inter-venire sulla Salaria. Il problema sono i collegamenti con la Bassa Sabina ed al suo interno: serve una Rieti – Bassa Sabina con un traforo sotto il Monte Tancia in direzione di Stimigliano per poi riallacciarsi alla A1. Leonessa, poi, ha bisogno di un collega-mento agevole con il capoluogo attraverso una galleria sotto Li-sciano. Il momento economico non è favorevole alla costruzione di grandi infrastrutture ma è ne-

cessario realizzare subito la fase di progettazione per poi passare in un momento più propizio alla realizzazione, magari affidando l’opera ai privati con una conces-sione trentennale. A quel punto saremmo entrati in un circuito virtuoso dove almeno avremmo eliminato le scuse: poi se non ci sono le idee …Nobili. Buoni collegamenti ed infrastrutture moderne indubbia-mente agevolano lo sviluppo del territorio, Rieti è isolata rispetto alle naturali vie di comunicazio-ni, verso L’Aquila, Terni e Roma. Per le prime due direzioni i lavo-ri procedono, pur con estrema lentezza, mentre il collegamento verso la capitale ha subito il con-traccolpo delle varie alternanze politiche che hanno visto proget-tata e finanziata la ferrovia fino ad Osteria Nuova, poi accantonata a favore del raddoppio della Sa-laria. Ritengo altresì che questo forzato isolamento, se opportu-namente veicolato possa favo-rire uno sviluppo turistico legato a percorsi naturalistici e paesag-gistici, in un territorio ecologica-mente intatto.Perilli. Dopo tanti anni di pole-miche spesso incomprensibili, da qualche tempo c’è una con-vergenza unanime sul raddoppio della Salaria. Il problema vero è che l’Anas e il Governo debbo-no metterci le risorse necessa-rie sarebbe opportuno che nel frattempo la Regione erogasse all’ANAS una parte dei mezzi fi-nanziari già stanziati nel bilancio regionale, in tutto 60 milioni di euro, in modo date da realizzare la progettazione definitiva consi-derato che il progetto preliminare è già stato approvato con la con-divisione di tutte le comunità ed amministrazioni locali interessate dal percorso della Salaria.

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