Rivista DMA - PER LA FELICITA’ DI TUTTI (Marzo - Aprile 2013)

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RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE PER LA FELICITÀ DI TUTTI damihi animas 2013 Anno LX Mensile n. 3/4 Marzo/Aprile Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2 - DCB Roma

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Rivista delle Figlie di Maria Ausiliatrice

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PER LA FELICITÀ DI TUTTI

damihianimas

2013Anno LX Mensilen. 3/4 Marzo/Aprile

Poste Italiane SpASpedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n° 46)art.1, comma 2 - DCB Roma

4EditorialeGrazie, Madre Marinella!Giuseppina Teruggi

5DossierPer la felicità di tutti.“Beati voi...”

13Primopiano14Uno sguardo sul mondoDa una società della solitudinead una società del legame

16Anima e dirittoUnioni gay e adozioni

18Costruire la PaceL’oro blu e i conflitti armati

20Filo di AriannaPer vivere meglio

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dmaRivista delle Figliedi Maria Ausiliatrice

Via Ateneo Salesiano 8100139 Roma

tel. 06/87.274.1 • fax 06/87.13.23.06e-mail: [email protected]

Direttrice responsabileMariagrazia Curti

RedazioneGiuseppina TeruggiAnna Rita Cristaino

CollaboratriciTonny Aldana • Julia ArciniegasPatrizia Bertagnini • Mara BorsiCarla Castellino • Piera Cavaglià

Maria Antonia ChinelloEmilia Di Massimo • Dora Eylenstein Maria Pia Giudici • Palma LionettiAnna Mariani • Adriana Nepi

Maria Perentaler • Loli Ruiz Perez Debbie Ponsaran

Maria Rossi• Bernadette SangmaMartha Séïde

2RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

sommario

27In ricerca 28CultureLe virtù: La temperanza

30PastoralmenteL’urgenzadi un punto di vista

32In MovimentoLa storia del MGS nelle Filippine

34In dialogoInterviste a...

35Comunicare36Si fa per direComunicazione e comunità felici

38Donne in contestoDal Kenya a Costa Ricaper imparare la pace

40Video La parte degli angeli

42ScaffaleRecensioni video e libri

44LibroFinchè le stellesaranno in cielo

46Camilla

n.3/4 Marzo Aprile 2013Tip. Istituto Salesiano Pio XIVia Umbertide 11,00181 Roma

ASSOCIATAUNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Traduttricifrancese • Anne Marie Baud

giapponese • ispettoria giapponeseinglese • Louise Passero

polacco • Janina Stankiewiczportoghese • Maria Aparecida Nunesspagnolo • Amparo Contreras Alvareztedesco • ispettorie austriaca e tedesca

EDIZIONE EXTRACOMMERCIALEIstituto Internazionale Maria AusiliatriceVia Ateneo Salesiano 81, 00139 Roma

c.c.p. 47272000Reg. Trib. Di Roma n. 13125 del 16-1-1970Sped. abb. post. art. 2, comma 20/c, legge 662/96 – Filiale di Roma

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se sapremo sensibilizzare tutti alla co-munione ecclesiale, che ha il suo centrodi unità nella Chiesa universale legata al Pa-pa” (C 687).

“Aiutiamo i giovani a scoprire la bellezzadi una vita donata agli altri e coopereremoa migliorare la società, nella quale essi por-teranno un soffio di speranza” (C 779).

“La gioia salesiana è frutto di un amore im-pegnato nel dono totale e sereno di sé. Lepersone più serene che ci vivono accan-to non sono quelle che rifuggono la sof-ferenza, ma quelle che ne hanno capito ilvalore salvifico” (C 741).

“Il nostro impegno, personale e comuni-tario, ci porti ad addentrarci sempre piùnella cultura che ci circonda, nel guarda-re il positivo che la caratterizza per saper-ne cogliere i valori e permearli di veritàevangelica” (C 775).

Madre Marinella Castagnoè nata a Bagnolo (Cuneo) il 21 maggio 1921.Morta a Nizza Monferrato (Asti) il 5 febbraio 2013, è stataSuperiora generale dell’Istituto FMA dal 1984 al 1996.

Grazie, Madre Marinella!

GRAZIE dalla Rivista DMA: per anni, l’haicurata con passione e orientamenti chia-ri. Con te, da “Rivista per la Pastorale gio-vanile”, è diventata Rivista delle Figlie diMaria Ausiliatrice: una parte di te che siprolunga ora nella storia dell’Istituto.

Un dono che continua nel tempo, eco del-la tua ”vita vissuta in pienezza di dono alSignore e all’Istituto, che hai servito conamore, intelligenza, fine intuito, audacia,freschezza ed essenzialità evangelica”,come ha evidenziato Madre Yvonne.Oggi torni a ridirci quanto scrivevi nelletue circolari, dove leggiamo il segretodel tuo essere donna di sconfinati orizzon-ti, madre capace di tenerezza e forza.

“Scoprire il Risorto, anche nei segni dimorte che ci circondano, è generare in noiuna sorgente di speranza, è gustare la vi-ta di Dio” (Circ. 701).

“Ogni giorno come Istituto rinnoviamo ilnostro affidamento a Maria con fede vivae speranza grande. Solo con l’aiuto dellaMadre nostra potremo essere quali il Si-gnore ci vuole” (C 703).

“La bella realtà di comunità educante saràvalida soltanto se ci sentiremo ‘Chiesa’ e

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editoria

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Per la felicitàdi tutti

due weekend. Quando sono con loro mi vie-ne il desiderio di sapere di più sulla religione.Prego anch’io perché voglio sentirmi parte del-la famiglia, ma mi rendo conto che senza l’e-ducazione cristiana non posso capire. Cioè so-no ignorante proprio a livello di catechismo.La mia famiglia non è molto religiosa e non miha mai insegnato nulla a questo riguardo e perla preparazione alla prima comunione avevocatechisti non preparati. Come posso fare persapere di più sul Cristianesimo?Quando ho cominciato la formazione VIDES,sono sincera, volevo solo scappare dallamia situazione familiare, mentre ora, qui, hopensato a tanti modi per migliorarla al mioritorno, ispirandomi a cose che ho visto e fat-to qui. Non ho più astio dentro di me, mi sen-to libera, piena di speranza, forte!!» (VIDESInternazionale,Thailandia 2012).L’incontro con persone credenti offre la pos-sibilità di un altro sguardo, di andare più inlà di se stessi, del proprio orizzonte, di da-re un senso nuovo alla propria vita.Mairead Corrigan Maguire, Premio Nobelper la pace nel 1976, insieme a Betty Williams,scrivendo a suo figlio Luke indica la via percercare di rispondere alla domanda di Fla-via: «Come posso fare per sapere di più sulCristianesimo?». Non solo con le parole, masoprattutto con il proprio modo d’essere.

La differenza cristiana

«Caro Luke, stai crescendo in un ambientedi tradizione cristiana, ti dovrai sforzare di es-sere ogni giorno di più come Cristo. Pregaperché tu riesca ad amare di più, a essere più

Per la felicità di tutti. “Beati voi…”

Mara Borsi

Siamo cercatori di felicità, appassionati emai sazi. Questa inquietudine accomuna tut-ti, uomini e donne, anziani e giovani. Si può affermare che sia la dimensione più for-te e consistente dell’esistenza, il punto di in-contro e di convergenza delle differenze. È la vita quotidiana il luogo da cui sale la se-te di felicità. Nasce con il primo anelito di vi-ta e si spegne con l’ultimo. Chi ha fede in Gesù trova nelle beatitudini dalui vissute e proclamate una via di felicità. Una via tracciata per porsi a servizio della co-struzione di un mondo più abitabile segnatoda giustizia, pace, rispetto del creato e delladignità umana.

Cercare di rispondere alla sete di felicitàdei giovani è sempre stato un impegnoconcreto per chi vive il carisma salesiano,memori delle parole che don Bosco ave-va indirizzato ai suoi giovani nel 1884:«Uno solo è il mio desiderio vedervi feli-ci nel tempo e nell’eternità».L’esperienza di Flavia, volontaria VIDES,mette ben in evidenza cosa capita e cosa puòcambiare quando si incontrano personeche vivono con semplicità la fede in Gesù.«Sono davvero felice per come è andata. Maiper un istante mi sono sentita sola. Mi sonodivertita tanto con i bambini, ma ho ancheavuto mille occasioni per pensare. Innanzi-tutto mi sono accorta che so stare con i bam-bini e i giovani. Mi sono resa conto che po-trei fare l’insegnante di lingua straniera e cheun lavoro così mi darebbe molta soddisfazio-ne. Poi qui ho conosciuto una famigliathai/americana con cui ho passato gli ultimi

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misericordioso, coraggioso, gentile, pacifico[…] ricorda che una fede fatta solo di paro-le è una fede morta. Là dove fiorisce la verafede vi è un luogo di amore e di compassio-ne per i più poveri, sia a livello materiale siaa livello spirituale» (Lettera a mio figlioLuke, 1987).Il primo mezzo di evangelizzazione resta latestimonianza quotidiana di una vita auten-ticamente cristiana, una vita fedele al Signo-re, ritmata da gratuità, giustizia, condivisio-ne, pace, una vita giustificata dalle ragionidella speranza. Solo una vita improntata aquella di Gesù può suscitare interrogativi,far nascere domande sulle ragioni e sullafonte del proprio comportamento. Per questo è importante far vedere con lapropria esistenza che la vita cristiana è“buona”: quale segno più grande di una vi-ta abitata dalla carità, dal fare il bene, dal-l’amore gratuito che giunge ad abbraccia-re il nemico, una vita di servizio generosotra la gente, soprattutto i più poveri, gli ul-timi, le vittime della storia?

Oggi noi, membri delle numerose comunitàeducanti FMA sparse per il mondo, sappia-mo mostrare una fede che plasma la vitaa imitazione di quella di Gesù, fino a far ap-parire la differenza cristiana? La nostra vita propone un modo umano divivere che racconti Dio attraverso Gesù?Come potremo essere credibili nell’an-nuncio della buona notizia se la vita del-le nostre comunità non riesce a manifesta-re la bellezza del vivere?Si tratta di far comprendere con la paro-la e con la vita che Dio non è il concorren-te della nostra esistenza, ma piuttosto neè il vero garante, il garante della grandez-za della persona umana. Annunciare è comunicare, con forza e sem-plicità, con la parola e con la vita, ciò che èessenziale: il Dio di Gesù Cristo, cioè quelDio che ci ha mostrato un amore così gran-de da incarnarsi, morire e risorgere pernoi; quel Dio che chiede di seguirlo e lasciar-si trasformare dal suo immenso amore perrinnovare la nostra vita e le nostre relazio-

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sù si dissocia dalla concezione del regno diDio che ha la gente del suo tempo, e ne pro-pone una sua originale (Luis Gallo 2012). Lastrada più appropriata per capire ciò che in-tende è rivisitare il suo modo di agire.I Vangeli, attraverso le narrazioni delle gua-rigioni da malattie fisiche, degli esorcismi edel perdono dei peccati, mettono in luce cheGesù attraverso i suoi interventi era mossodal desiderio di liberare i corpi, la psiche, ilcuore di coloro che incontrava da ciò che lirendeva infelici, e che non permetteva lorodi vivere una vita piena. Segni e gesti checonsentivano di intuire che cosa significavaper Lui il regno di Dio che annunciava.

La via di Gesù

Oltre ad agire in favore di singoli individui,Gesù agiva anche nei confronti della convi-venza sociale del suo popolo. I suoi interven-ti all’insegna del regno di Dio prendevano di

ni; quel Dio che ci ha donato la Chiesa, percamminare insieme e, attraverso la Parola ei Sacramenti, rinnovare l’intera Città degli uo-mini, affinché possa rispondere al suo pro-getto di amore (cf Benedetto XVI 2012).

L’essenziale: Gesù

Scorrendo i Vangeli si incontra l’annuncio diun Dio amante della vita. Per Gesù, Dio è Co-lui che ama con la sollecitudine e la tenerez-za di una madre (Lc 15, 20-24). Egli si interes-sa di ogni situazione umana che incontra, siimmerge nella realtà degli uomini e delledonne del suo tempo, con un affidamentopieno al Padre. Invita i suoi interlocutori adavere una fiducia illimitata in Lui, nella con-vinzione che Egli ha cura di tutti e vuole uni-camente il loro bene senza fare distinzioni.I discepoli di Gesù sono convinti che le sueparole sono parole di Dio. Quando Pietro di-ce a Gesù: «Tu hai parole di vita eterna», ècome se gli dicesse: «Io credo che ciò chedici è parola di Dio, una parola detta per lanostra felicità piena e definitiva». Coloro che vivono con lui, le folle che lo in-contrano, vedono la sua reazione ai proble-mi più disparati, vedono come parla, comesi comporta; vedono in Lui l’azione dello Spi-rito Santo, l’azione di Dio. In Lui annuncioe vita si intrecciano: Gesù agisce e insegna,partendo sempre da un intimo rapporto conDio Padre. Questo stile diventa un’indicazio-ne essenziale per noi cristiani: il nostromodo di vivere nella fede e nella carità di-venta un parlare di Dio nell’oggi. Ricordando che la fede nasce dall’ascolto, unaspetto su cui riflettere attentamente èquello dell’attuazione della Parola ascolta-ta. Infatti Gesù stesso sottolinea: «Non chidice Signore, Signore, ma colui che fa la vo-lontà del Padre».Ma qual è la volontà del Padre? Per Gesù es-sa si identifica con il regno di Dio, cuore del-la sua esistenza e della sua attività a cui egliconsacra appassionatamente tutta la vita. Ge-

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mira situazioni sociali e conflitti particolar-mente dolorosi. Si pensi, ad esempio, al con-flitto tra coloro che si ritenevano giusti e ipeccatori, tra ricchi e poveri, tra uomini edonne. Gesù si mise sempre dalla parte di chine soffriva pesantemente le conseguenze.Il regno di Dio implica il superamento deirapporti che ingenerano morte e infelicità,è l’irrompere nel mondo della benefica so-vranità di Dio che è sempre in favore dell’u-manità. Ciò che stava a cuore a Gesù era lalibertà da ogni forma di morte per una pie-nezza di vita. Egli denunciò e contestò aper-tamente gli atteggiamenti, i rapporti e lestrutture che si opponevano alla vita piena.Denunciò il modo legalista di rapportarsi conDio, largamente diffuso nel suo popolo, cherendeva la persona schiava della legge.Contestò il ritualismo, propose una convi-venza sociale opposta a quella vigente: i de-boli e i piccoli non dovevano essere esclu-si, emarginati. Un’ultima situazione con-traria al regno di Dio che Gesù denunciò eraquella del tempio di Gerusalemme, il luogodel culto ufficiale divenuto soprattutto luo-go di commercio e di sfruttamento del po-polo. L’attività e la predicazione di Gesù cir-ca il regno di Dio lo portarono ad affronta-re la croce, conseguenza di un’esistenza vis-suta fino in fondo per il regno di Dio. Essaè anche la sua massima espressione di amo-re verso il Padre e verso i fratelli. In questosenso è la manifestazione culminante dellasua maturità, della sua fecondità e della suagloria, come orienta a comprendere ilVangelo di Giovanni (cf Luis Gallo 2012).Il ricordo storico di Gesù ci dovrebbe sti-molare ad agire nella storia dell’umanità se-condo il suo stile e ad assumercene la re-sponsabilità. E il ricordo rompe la nostracecità. Non possiamo chiudere gli occhi difronte alla sofferenza che ci circonda. Il ri-cordo mette fuori gioco i criteri di giudi-zio della cultura attuale. Ci impedisce di orientarci ai potenti.

Nel segno dell’umiltà e del dono

«Ho visto ancora una volta il mondo (e i mieiproblemi personali) da un’altra prospettivae aiutando chi davvero non ha nulla, neppu-re la famiglia, ho compreso a fondo la fortu-na di avere dei legami familiari solidi e deirapporti umani veri e sinceri, che vadano aldi là delle semplici apparenze e della super-ficialità tipica dei nostri tempi. Ho ritrovatome stessa, come mi ero ripromessa, e sonotornata a casa con lo zaino più pieno di sod-disfazioni, risate e serenità, con la consape-volezza che abbiamo il dovere di aiutare chiè stato meno fortunato di noi solo perché ènato dall’altra parte del mondo, con la cer-tezza che l’umiltà è un valore irrinunciabilese davvero si vuole fare la differenza e ren-dere il mondo un posto migliore, non così,tanto per dire, ma seriamente e consapevol-mente, con impegno, dedizione e amore»(VIDES Internazionale, Messico 2012).Le parole di Anna confermano che i giova-ni, se incontrano persone che sanno orien-tare la loro sete di vita, di autenticità, e san-no offrire esperienze adeguate in questosenso, non deludono.È necessario essere attenti a cogliere i segnidei tempi nella nostra epoca, individuarecioè le potenzialità, i desideri, gli ostacoli chesi incontrano nella cultura attuale, in parti-colare il desiderio di autenticità, l’anelito al-la trascendenza, la sensibilità per la salva-guardia del creato, e comunicare senza timo-re la gioia della fede in Dio.In questo momento della storia umana, inuna società fortemente centrata sull’avere,sull’economia, l’esperienza del dono gratui-to e del servizio disinteressato è proposta ric-ca di virtualità educative e luogo di nuovaevangelizzazione (cf Rino Fisichella 2011). Inmille occasioni le comunità educanti chepromuovono il volontariato, sperimentanoche le giovani e i giovani sono sensibili al-l’aiuto reciproco, alla compassione, alla so-

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lidarietà, alla giustizia e alla pace. L’esperien-za del servizio si rivela come l’inizio di un piùprofondo cammino di maturazione.I giovani volontari sono aiutati ad assapora-re l’umano, a coltivare cioè la capacità di co-gliere la condizione umana, le esigenzedella persona, delle comunità e dei conte-sti in cui esse vivono. Da questa cura e atten-zione scaturisce la motivazione a mobilita-re energie e risorse per rispondere a esigen-ze ignorate o non ancora pienamente con-siderate dal sistema sociale.È questo senso dell’altro, della persona di-versa da sé, colta come valore e come occa-sione di novità e di crescita, che interroga l’e-sistenza e spinge a riordinare i propri stili divita, a scrivere pagine nuove di cultura e disocialità, a vivere la gratuità come atteggia-mento di dedizione di tutta la propria esi-stenza e della propria professionalità.La giovinezza è l’età in cui si fa concreta l’al-ternativa tra due orientamenti di vita oppo-sti: la logica del dominio e il codice del do-no, ossia quell’ordine del senso che chiededi imparare a ricevere, a comunicare, a vive-re ogni circostanza dell’esistenza secondouno spirito di comunione. In questo orizzonte si apprende che «esiste-re non significa conquistare, escludere, ac-cumulare, ma è imparare a ricevere, a gode-re della sobrietà, a condividere per la libertàe il bene degli altri. Un imparare a comple-tare la propria nascita sino a farsi dono pergli altri» (cf Roberto Mancini, 2008).

La vita semplice

Gandhi, in uno degli scritti più significativie attuali, sottolinea: «I maestri di saggezzaorientali, traendo insegnamento dall’espe-rienza delle generazioni passate, eranogiunti alla conclusione che la via che condu-ce alla felicità difficilmente passa per l’accu-mulo di ricchezza. Lungi da una concezio-ne di privazione, essi hanno fatto dellasemplicità una regola dell’arte di vivere. Nel-

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Il cuore del messaggio

«In ogni carta d’identità c’è la propriafotografia. Durante la sua vita Gesù nonha voluto essere ritratto da pittori. LeBeatitudini sono il suo ritratto, la suastupenda fotografia. Solo se il cristiano,discepolo di Cristo, vive le Beatitudinila sua carta d’identità è autentica; altri-menti è falsa» (G. Nervo 2012).Le beatitudini sono il cuore del messag-gio di Gesù, sono una proclamazionemessianica, un annuncio che il regnodi Dio è arrivato. Per i profeti le beati-tudini erano al futuro, una speranza.Per Gesù sono al presente: oggi i pove-ri sono beati.- Con le beatitudini Gesù proclama chedi fronte all’amore di Dio non ci sonoi vicini e i lontani, non ci sono emargi-nati: anzi, coloro che noi abbiamoemarginato sono i primi.- Gesù non solo proclamò le beatitudi-ni, ma le visse. Egli fu povero, sofferen-te, affamato: eppure amato da Dio. Staqui il paradosso delle beatitudini: la vi-ta di Cristo dimostra che i poveri sonobeati, perché essi sono al centro del re-gno e perché – contrariamente alle va-lutazioni comuni – sono essi, i poveri,i crocifissi, che costituiscono la storiadella salvezza.Tutto questo senza perdere la consape-volezza che il regno non è di questomondo.

la tradizione classica, il contrario di uno sti-le di vita semplice non è una vita lussuosa,ma piuttosto una vita dispersiva. Un ecces-so di cose intasa la vita quotidiana, disper-de l’attenzione, sperpera le energie e nonpermette di trovare il senso della vita. Il gi-rare a vuoto e l’essere sommersi dagli ogget-ti inutili sono nemici della felicità».Uno stile di vita semplice si sposa con la ca-pacità di valorizzare i talenti spirituali e le abi-lità professionali di ciascuno, con la capacitàdi riciclare, riusare, riparare, con la sobrietàe la solidarietà che insieme abbattono il mu-ro del profitto e dell’indifferenza. Eloquente e significativa la riflessione di Joy-ce: «In termini di beni materiali, noi siamomolto fortunati in America del Nord e vivia-mo relativamente nel lusso. Voi sapete gui-dare una macchina? Voi avete un computerfisso o portatile? Voi avete un frigorifero? Nes-suno dei miei studenti cambogiani possie-de alcuna di queste cose, e di sicuro nean-che la maggioranza dei cambogiani. Molti di

loro neanche hanno idea di cosa sia un for-no a microonde; anche un apparecchio co-sì semplice, di uso comune nelle cucine delNord America, è qualcosa che loro non sipossono permettere. La maggioranza delleloro abitazioni in campagna o nei piccoli vil-laggi non ha nemmeno la corrente elettrica.Eppure, la generosità dei miei studenti misorprendeva ogni volta: avevano poco, maerano disposti a dividere con gli altri quel po-co che avevano. Vivevano in quella che ioconsidero povertà, ma erano felici, probabil-mente più felici di molti nordamericani.Quel che non possedevano materialmente,lo compensavano a livello spirituale. Io sono molto cresciuta spiritualmente nelcorso di quest’avventura. Nelle ultime die-ci settimane si è rinnovata la mia fede in Dioe negli uomini. Senza i diversivi della vita nor-damericana (il telefonino che squilla di con-tinuo, Internet, i programmi tv, ecc.), è sta-to più facile avere una chiara visione delle co-se importanti della vita, ed ero molto più at-

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tenta alle parole e ai gesti degli altri. È statoanche più facile sentirmi vicina a Dio. Spiri-tualmente, mi sento meravigliosamente rin-novata» (VIDES USA, Cambogia 2009).

Vivere per la felicità di tutti, oggi implica laconsapevolezza della necessità di orientarela globalizzazione dell’umanità in termini direlazionalità, di comunione e di condivisio-ne. È urgente rilanciare la solidarietà e la giu-stizia intergenerazionale. Papa Benedetto XVI nella Caritas in veritatesottolinea che il tema dello sviluppo, adesempio, coincide con quello dell’inclu-sione relazionale di tutte le persone e di tut-ti i popoli nell’unica comunità della famiglia

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Fonte di ispirazione perenne

Le Beatitudini non sono un codice mor-to che la Chiesa è chiamata a trasmet-tere il più fedelmente possibile; sonouna fonte di ispirazione perenne, per-ché risorto e vivo è colui che le ha pro-clamate. Ad esse si applica quello cheil poeta Charles Péguy dice di tutte le pa-role di Cristo:«Gesù non ci ha dato delle parole mor-te che noi dobbiamo chiudere in picco-le scatole e che dobbiamo conservare inolio rancido…ci ha dato delle parole vi-ve da nutrire.Le parole di vita non si possono che con-servare vive, siamo chiamati a nutrire laParola del Figlio di Dio. È a noi che ap-partiene, è da noi che dipende farla in-tendere nei secoli dei secoli, farla risuo-nare».

umana, che si costruisce sulla base dei valo-ri della giustizia e della pace.Vita semplice, sobria, avere meno per ave-re la possibilità di produrre ricchezza per tut-ti. Promuovere un’economia sostenibile edequa che rispetti i diritti della terra e di ognisingola persona, popolo, nazione, non è im-possibile. La cultura del dono non è un’uto-pia, esiste e si perpetua attraverso tanti pic-coli atti quotidiani che occorre apprezzaree valorizzare. La generosità spesso non in-segue il clamore, opera in silenzio, quasi conpudore. Ed è qui che si manifesta la differen-za cristiana: la consapevolezza di non esse-re in sintonia col pensare generale.Sono ancora le parole di Mairead CorriganMaguire a suo figlio Luke a farci cogliere lapossibilità di un mondo diverso. Sono le pa-role che anche noi educatrici ed educatoriabbiamo nel cuore, nella mente e sulle lab-bra e non ci stanchiamo mai di sussurrarle,di pronunciarle con chiarezza e alle voltepersino gridarle: «Luke, è possibile cambia-re questo mondo. Devi soltanto rifiutarti diaccettare i vecchi modi di agire e iniziare apensare e ad agire in armonia con la mera-vigliosa bontà che è in ogni uomo e in ognidonna. Tutti sanno oggi che uccidere e lasciarmorire di fame gli altri è un male, ma trop-po pochi sono pronti a cambiare se stessi ea collaborare in modo che le cose cambino.E ora, mio piccolo bambino, prima che ti ad-dormenti, lasciami dire la cosa più importan-te: sii felice, sii allegro, vivi ogni minuto diquesto meraviglioso dono della vita».Come educatrici, educatori siamo chiama-ti non a collocarci su un piano superiore ri-spetto agli altri, ma a elaborare insieme adonne e uomini di buona volontà, creden-ti di altre religioni, l’ethos di cui l’umanitàha bisogno oggi, nell’epoca della globaliz-zazione, per poter vivere nella pace, nellagiustizia e nel rispetto del creato, perchéla felicità sia di tutti.

Approfondimenti biblicieducativi

e formativi

La solitudine non è soltanto dei giovani mapervade anche altre generazioni. Per tanti an-ni la società giapponese è vissuta con unprofondo senso dell’ “Armonia”, cioè del sen-so del vincolo famigliare e del territorio. Do-po la guerra, dal 1945 in poi, il Giappone hainvestito sull’industrializzazione e i giovani,alla ricerca di lavoro, sono confluiti nellegrandi città. Si è arrivati perciò ad un tipo difamiglia mononucleare. Così, si sono spez-zati molti vincoli. Tale fenomeno viene chia-mato “società degli ignoti”. Inoltre, in questi ultimi 14 anni, si convivecon la triste realtà di oltre 30 mila personeche ogni anno si tolgono la vita. A riguardo,dopo che l’Arcivescovo di Tokyo aveva par-lato nella Diocesi di Colonia, gli venne fat-to notare che probabilmente aveva aggiun-to uno zero di troppo: forse erano 3.000 enon 30.000! Di fatto, sono 30 mila coloro chesi tolgono la vita, e fra questi ci sono ancheadolescenti. Si ritiene che questo sia il risul-tato di una società che ha perseguito soltan-to la crescita economica e materiale. Nel mondo molti giovani non possono fre-quentare la scuola per motivi economici. InGiappone invece c’è il fenomeno dei giova-ni che si rifiutano di andare a scuola per mo-tivi psicologici. Anche nelle nostre scuole, giàda alcuni anni, ci sono casi di questo gene-re, e sono in aumento. Le cause sono, com-plessivamente, di ordine familiare. Tale realtàha uno stretto legame con la solitudine deigiovani che, non volendo tornare a casa, dinotte girovagano per le strade della città, dan-dosi alla prostituzione e alla droga.

Da una società della solitudine ad una società del legameTeresina Wakayo Morishita

Molti dei giovani che incontriamo sono co-scienti del valore della vita e vivono in un at-teggiamento positivo desiderando essere uti-li agli altri. Attraverso le attività del teatro, del-la danza, della musica e dello sport, vivonoserenamente la loro adolescenza. Molti sono anche impegnati attivamentenel volontariato, felici di poter fare qualco-sa per gli altri; ma è inevitabile che ci sia-no anche alcuni giovani che vivono nellapovertà e nella solitudine.

Povertà e solitudine

Attualmente in Giappone è forte il fenome-no della diminuzione delle nascite. Ogni fa-miglia ha un figlio soltanto, al massimo due.Esistono famiglie benestanti, ma molti geni-tori, per poter dare ai figli un’educazione ap-propriata, devono lavorare entrambi. Spes-so la donna va a lavorare anche per soddisfa-re il proprio desiderio di fare carriera. L’as-senza complessiva dei genitori si ripercuo-te sui giovani, i quali soffrono di solitudinee, per attenuarla, si rifugiano nel computer,nel cellulare, sino ad arrivare alla dipenden-za da tali strumenti e a vivere, quindi, gravidisagi. Inoltre, a causa di una scala di valorisociali che dà più importanza allo studio chealla persona creata e voluta da Dio, molti gio-vani in Giappone soffrono di una bassa sti-ma di sé. Tanti genitori non fanno crescerenei propri figli l’autostima, soprattutto se nonriescono bene negli studi. Questo provocasolitudine nei giovani, un profondo senso diinferiorità e in alcuni casi li fa reagire con at-ti di bullismo verso i più deboli.

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Inoltre c’è il problema di giovani figli di im-migrati. Per la diversità della lingua, delle abi-tudini e della scala di valori, spesso questi ra-gazzi non riescono ad abituarsi e a dialogarecon i giovani giapponesi, i quali hanno la ten-denza a non accettare la diversità culturale.

Testimoni della speranza

In questa società, il Signore ci chiama a la-vorare per portare ‘luce nelle tenebre’. Perquesto, attualmente, la Chiesa giapponese,in collaborazione con le altre religioni pre-senti nella Nazione, è impegnata nel testimo-niare e trasmettere ai giovani il seguentemessaggio: “Dio ti ha dato la vita. Tu sei unapresenza importante. Tu non sei solo”. An-che le Figlie di Maria Ausiliatrice del Giap-pone cercano di trasmettere questa certez-za ai giovani, ai genitori e alle persone cheincontrano. Più volte la Madre, nelle sue cir-colari, richiama la missione di diventare “te-stimoni di speranza”. Si può essere ‘testi-moni di speranza’ vivendo lo spirito di fa-miglia, l’assistenza salesiana, l’accompagna-mento educativo, il Sistema Preventivo. La missione delle Figlie di Maria Ausilia-trice, inoltre, è quella di educare i giova-ni per fare sì che a loro volta possano di-ventare loro stessi ‘testimoni di speranza’.

Il disastro provocato dallo tsunami, che hacolpito il Giappone due anni fa, ha procura-to molto dolore e vittime, ma è stato per igiapponesi anche un forte richiamo a recu-perare i legami. Sia nella società sia nellachiesa, molte persone si sono chieste e sichiedono che cosa possono fare per far sen-tire la loro solidarietà verso quelli che sof-frono. Nell’ispettoria giapponese è statocostituito un centro di aiuto per i luoghi di-sastrati; attraverso questo vengono inviatenotizie sulla situazione reale, sia alle sorel-le dell’ispettoria sia ai giovani. Allo stessotempo, si sta stringendo la cooperazione conla Caritas Giappone e altri Istituti religiosi. I gruppi VIDES, le Exallieve, i genitori e i gio-vani, lavorano insieme per aiutare le perso-ne colpite dal disastro. I giovani delle scuole hanno visitato i luoghicolpiti, hanno animato momenti di festa perdare un po’ di consolazione e allegria; han-no portato aiuti materiali e aiuti spirituali,questi ultimi soprattutto mediante l’ascolto.Adesso, la gente ha di nuovo capito il valo-re e l’importanza dei legami con gli altri. Spesso si sente affermare: “ La crisi è un’oc-casione”. Possiamo dire che per il popologiapponese è stato proprio così.

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15 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

possano essere definite “famiglia”, perchéil matrimonio, oltre ad essere un “contrat-to”, è il legame istituzionale alla base del-la famiglia, nato per tutelare la filiazionee determinare diritti e doveri tra le gene-razioni.Al di là della definizione “unioni civili” adot-tata da molti Paesi per le coppie omosessua-li (quasi volendo lasciar intendere che lecoppie eterosessuali siano “incivili”), unacoppia di fattomerita tutela quanto quellesposate, a prescindere dalla sua composi-zione sessuale. Fuori da giudizi morali, è in-fatti possibile e lecito programmare una vi-ta insieme, ottenere un mutuo per l’acqui-sto di una casa, iniziare un’attività commer-ciale, ereditare anche non essendo etero-sessuali. Chiarito che nessuna discrimina-zione può oggettivamente essere mossaverso chi non sia eterosessuale, ben diver-sa è la questione dell’adozione per coppiedello stesso sesso, questione nella qualei protagonisti sono diversi, come anche idiritti da tutelare. Poiché una coppia omosessuale, per sua na-tura, non prevede filiazione, è una realtà pa-lesemente diversa dal matrimonio. Sebbe-ne poi venga invocata spesso l’uguaglian-za fra l’unione di donna e uomo con quel-la omosessuale, è altrettanto palese comela pretesa si fondi sulla negazione dell’im-possibilità oggettiva di procreare in modonaturale, visto che occorrono un ovulo euno spermatozoo. Ma negare questa impos-sibilità significherebbe negare la conse-guente differenza tra i “diritti delle perso-

Unioni gay e adozioni

Rosaria Elefante

Sempre più spesso si sente parlare di “nuo-vi” diritti, definendo in questo modo situa-zioni che finora non avevano riconoscimen-ti giuridici. Tuttavia, in nome di una libertàsempre più slegata dalla responsabilità,possono perdersi di vista i diritti “antichi”quanto l’uomo e perciò definiti “naturali”,cioè appartenenti alla natura umana inquanto tale. Il primo, fondamentale e uni-versalmente indiscusso, è il diritto alla vita.Per il resto, nonostante lo sconvolgente svi-luppo scientifico, che ha aperto scenari ine-diti, non si è riusciti ancora a “creare” un es-sere umano senza l’unione tra ovulo fem-minile e spermatozoo maschile. Al più, èpossibile la fecondazione extracorporea(esterna al corpo femminile), con l’em-brione poi impiantato nell’utero.Ma andiamo per ordine. Tra i cosiddetti“nuovi” diritti, in alcuni Paesi, ci sarebberoquelli al matrimonio e all’adozione per lecoppie di lesbiche, gay, bisessuali e transes-suali (Lgbt): matrimonio e adozione che,spesso, vengono a torto considerati facce diun’unica medaglia. Invece tutto questo vaanalizzato fuori da qualsiasi condiziona-mento ideologico o politico, fornendo gli ele-menti oggettivi per trarre il proprio convin-cimento e avendo sempre ben presentequali siano i reali protagonisti e fra loro, nelbilanciamento dei diritti, chi vada tutelato.

Coppie di fatto

Oggi si propende a riconoscere alle cop-pie omosessuali gli stessi diritti di quel-le eterosessuali. Tali unioni, tuttavia, non

camilla

Si fa per dire

16RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

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ne Lgbt” e il “Diritto del bambino”, mentrequest’ultimo ha l’assoluta priorità rispettoai primi: il bambino è universalmente rico-nosciuto “soggetto” di diritto e mai “oggetto”.

Diritto ad un padre e una madre

Anche qui si è obbligati a rimanere rigoro-si e ideologicamente distaccati: seppurenon esista nella legislazione internaziona-le una norma che espressamente vieti l’a-dozione a una coppia omosessuale, è intan-gibile il diritto di chiunque ad avere un pa-dre e una madre. Al contrario, la sorte deibambini destinati all’adozione, già privatiuna volta dei genitori, in una coppia omo-sessuale vivrebbero una condizione cheneppure offre loro la simulazione di una fa-miglia naturale. Con una pesante, doppia,“discriminazione”, in nome di cosa?Spesso il desiderio di un figlio col “propriosangue” (o di un membro della coppia) pre-vale su quello dell’adozione e conduce al-la fecondazione artificiale, che a sua voltaapre scenari “inquietanti. Col risultato di uncaos antropologico nel quale un bimbo po-

trà ritrovarsi ad avere una madre geneticadonatrice dell’ovulo, un’altra biologica cheha messo a disposizione il proprio utero, unpadre genetico donatore dello spermatozooe un secondo putativo che lo alleverà insie-me al proprio compagno.Quale sarà il concetto di genitori per il bim-bo? E quello di famiglia? Come distingueràtra coniugalità, parentela, filiazione?Non viene discussa la capacità degli omo-sessuali di amare i bambini, piuttosto il di-ritto di questi ultimi a nascere e crescereguidati da una figura femminile e una ma-schile. Fermo restando che il diritto di unbambino di conoscere le proprie origini èun diritto essenziale.

Libertà e responsabilità

È allora giusto, lecito, estendere senza limi-ti il concetto di famiglia, distruggendo l’i-dentità dell’istituzione più importantedella società e per una presunta libertàavulsa da responsabilità? E a poco valgo-no le critiche di chi invoca come simili si-tuazioni di vedovanza o divorzio: in que-sti casi i genitori ci sono o ci sono stati el’elaborazione di un lutto non può essereparagonato a un’assenza deliberatamenteimposta da chi ha manipolato la vita altrui.Se la lotta per i Diritti delle persone Lgbtè legittima, quella delle coppie omoses-suali deve necessariamente chinare il ca-po e trovare il proprio limite nel rispet-to dei Diritti degli altri, perché un Dirit-to per se stesso non può ledere quelli al-trui, tanto più trattandosi di bambini e so-prattutto perché non esiste alcun dirittoa essere genitore. Nella solitudine del caos che viviamo, è fon-damentale tenersi ancorati a riferimenti og-gettivi e inconfutabili, senza lasciare che lemistificazioni portino a credere e dire co-se impensabili e ad accettare compromes-si su valori e diritti indisponibili.

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17 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

Le cifre degli assetati

Si potrebbero definire assetati quelli chenon hanno un regolare accesso all’acqua.Adottando una concezione larga di acces-so all’acqua potabile, le statistiche delle Na-zioni Unite e le stime dei ricercatori nel set-tore idrico, rilevano che circa 1miliardo e900 milioni di persone avrebbero a loro di-sposizione solamente acqua insalubre,mentre 3,4 miliardi di persone utilizzereb-bero saltuariamente acqua di qualità insi-cura. In questo caso, l’accesso all’acqua po-tabile non verrebbe, in definitiva, garanti-to a circa la metà della popolazione mon-diale. Inoltre si stima che 200 milioni di bam-bini muoiono ogni anno a seguito del con-sumo di acqua insalubre e per le cattivecondizioni sanitarie che ne derivano.Questi dati, segnalati dal Pontificio Consi-glio della Giustizia e della Pace, durante ilForum mondiale dell’acqua del 2012, indi-cano quanto sia preoccupante la situazio-ne e ci stimolano a riflettere sulle cause.

Cause della crisi idrica

Quali sono i fattori che entrano in gioco nel-lo scatenamento di un conflitto per l’acqua?Occorre riconoscere che la situazione ècomplessa, multidimensionale e coinvolgeuna rete di problematiche e di interessi po-litici, economici, ecologici e tecnologici. Ne citiamo alcuni: la condivisione tra più Sta-ti delle risorse idriche transfrontaliere; la pri-vatizzazione e la mercificazione; l’inquina-mento dovuto allo sviluppo industriale; ladeforestazione crescente; l’aumento della po-

L’oro blu e i conflitti armati

Martha Séïde

«Le guerre dell’acqua non sonoun’eventualità futura. Ne siamo già circondati». Vandana Shiva

Quest’affermazione dell’attivista ambienta-lista indiana, Vandana Shiva, tratta dal suolibro Le guerre dell’acqua (2004) fa eco al-la storica espressione del vicepresidentedella Banca Mondiale, Ismail Serageldin chedichiarava nel 1995: «Se le guerre del ven-tesimo secolo sono state combattute per ilpetrolio, quelle del ventunesimo avrannocome oggetto del contendere l’acqua».Così, come il petrolio è stato paragonato al-l’oro nero, l’acqua si afferma sempre più co-me l’oro blu del XXI secolo.

Cooperazione nel settore idrico

Oggi il diritto all’acqua è ormai riconosciu-to a livello internazionale, ma i progressinella sua attuazione sono lenti in molte re-gioni. La scarsità e la gestione delle risorseidriche diventano sempre più fonte di insta-bilità economica e politica, quindi una mi-naccia per l’equilibrio mondiale della pace.Di fronte ad una tale sfida, si auspica che lacomunità internazionale prospetti solu-zioni sostenibili. In questo contesto il 2013,indetto dalle Nazioni Unite come l’Anno in-ternazionale della cooperazione nel setto-re idrico, rappresenta un’ottima opportunitàperché gli Stati s’impegnino nella coopera-zione per limitare i danni, prevenire e ge-stire secondo una buona governance.

camilla

Si fa per dire

18RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

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polazione mondiale; i mutamenti climatici.L’acqua abitualmente oggetto di inquina-mento, di sprechi e di speculazioni, è semprepiù contesa ed è causa di persistenti conflit-ti. Essa, invece, andrebbe custodita come unbene universale che è indispensabile per losviluppo integrale dei popoli e per la pace.

Un diritto da tutelare

Secondo la dottrina sociale della Chiesa, ildiritto all’acqua, «come tutti i diritti dell’uo-mo, si basa sulla dignità umana, e non su va-lutazioni di tipo meramente quantitativo, checonsiderano l’acqua solo come un bene eco-nomico. Senza acqua la vita è minacciata.Dunque, il diritto all’acqua è un diritto uni-versale e inalienabile» (DSC 485). Nel Forumdell’acqua del 2012, la Santa Sede ha richia-mato con forza la necessità di impostare so-luzioni per tutelare e promuovere il dirittoall’acqua contro ogni visione mercantile a fa-vore di una prospettiva integrata secondo unapproccio globale di sviluppo.

L’acqua per la Pace

«L’acqua è in grado di muovere milioni dipersone, facciamo in modo che si muovanoverso la Pace». M. Gorbaciov, Nobel della Pa-ce 1990, invita così a passare dal potenzialeconflitto alla cooperazione potenziale, attra-

verso un interessante progetto Water for pea-ce, con lo scopo di «affrontare gli ostacoli,identificare gli incentivi e dare impulso aglistrumenti che consentano di realizzare la ge-stione integrata, equa e sostenibile necessa-ria per fare dei corsi d’acqua internaziona-li le arterie naturali per la stabilità e per lo svi-luppo sostenibile in tutto il mondo».

Gocce di pace

Nella linea della sobrietà e della giustizia,qualche regola per non sprecare l’acqua daipiccoli gesti quotidiani:

• Chiudi il rubinetto mentre t’insaponi o tilavi i denti;

• Ripara i rubinetti che perdono: 30 gocceal minuto equivalgono a 200 litri al mese;

• Lava frutta e verdura in un contenitore,piuttosto che sotto l’acqua corrente;

• Usa lavatrice e lavastoviglie solo a pienocarico;

• Quando lavi l’automobile utilizza un sec-chio;

• Controlla periodicamente il contatore diconsumo dell’acqua;

• Innaffia il giardino a sere alterne;

• Segnala al comune della tua città ognispreco e disfunzione.

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19 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

Come esprime la nostra comunità l’impegno per la pace?

La nostra comunità esprime il suo impegno di pace con piccoli gesti di attenzioneper vivere lo spirito di famiglia, ma soprattutto con un programma di educazione eco-logica che vede bambine/i e giovani come principali protagonisti. La sesta edizionedella fiera ha avuto tra i temi, un’attenzione particolare all’acqua: “Sono una gocciad’acqua, chiedo il tuo aiuto”. Attraverso questo tema, gli allievi di ogni grado han-no potuto riflettere sulle problematiche legate all’acqua a livello locale e mondialee impegnarsi nel quotidiano a offrire gocce di pace. Le attività realizzate sono stateun vero laboratorio per imparare a lavorare insieme nella gioia e nella pace.

(Comunità educante Marie Régine – Thorland Haiti)

LUCECONTRO

emotivo di benessere chiamato felicità.Quest’ultima, secondo Argyle (1987), ilmaggiore studioso di questa emozione, èrappresentata da un senso generale di ap-pagamento complessivo che può esserescomposto in termini di soddisfazione inaree specifiche quali ad esempio la vita co-munitaria, il lavoro, il tempo libero, i rappor-ti sociali, l’autorealizzazione e la salute.

Da cosa dipende la felicità?

Il tema della felicità appassiona da semprel’umanità: scrittori, poeti, filosofi, personecomuni, ognuno si trova a pensare, descri-vere, cercare questo stato di benessere. Per tentare di definire questa condizione,alcuni studiosi hanno posto l’accento sul-la componente emozionale, come il sentir-si di buon umore, altri sottolineano l’aspet-to cognitivo e riflessivo, come il considerar-si soddisfatti della propria vita. Probabilmente chiunque, passando in ras-segna le persone che gli sono vicine, è ingrado di identificare un amico, un parenteo un conoscente che è considerato da tut-ti la persona felice per antonomasia. La per-sona che non perde il buonumore anchequando deve affrontare delle situazioni dif-ficili o fastidiose, quella che ha sempre labattuta pronta e che sembra serena inogni circostanza. Ma la felicità da cosa dipende? Esistono delle caratteristiche dell’indivi-duo che lo rendono maggiormente permea-bile a sentimenti di felicità e gioia piuttosto

Per vivere meglio

Giuseppina Fortuna

La felicità è come la verità: non la si ha, ci si è (…). L’unico rapporto fra coscienza e felicità è la gratitudine. Theodor W. Adorno

Ben-essere felici

Le emozioni sono componenti fonda-mentali della nostra vita, danno colore esapore all’esistenza anche se, in una civiltàcome quella occidentale, impostata sul pri-mato della ragione, spesso sono conside-rate con sospetto e timore. Del resto non potrebbe essere altrimen-ti: infatti se la ragione promette all’uomoil dominio su se stesso e le cose, le emo-zioni spesso producono turbamento econflitto, non sono mai totalmente con-trollabili e a volte ci trascinano a dire o fa-re cose di cui, una volta cessato l’impetoemotivo, ci si pente. Eppure, è proprio dalle emozioni, piccoleo grandi che siano, che speriamo di ricava-re nuovi stimoli che muovano le nostre gior-nate. Del resto come si potrebbe dire di vi-vere appieno se non si sperimentassero maila gioia, il tremito della paura, la forza del-la passione, il dispiacere e la sofferenza?Seppure ogni singola emozione sia impor-tante e permetta a chi la sperimenta di sen-tirsi vivo, siamo soprattutto alla ricerca diquelle sensazioni ed emozioni che ci fac-ciano star bene e ci appaghino, in una pa-rola siamo alla ricerca di quello stato

camilla

Si fa per dire

20RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

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che a sentimenti negativi? È molto difficile, probabilmente impossibi-le, rispondere in modo sufficientemente ac-curato a tali quesiti. Tuttavia le ricerche sul-la felicità mettono in luce come essere piùo meno felici non dipende in modo diret-to da variabili anagrafiche come l’età o il ses-so, né in misura rilevante dalla bellezza, ric-chezza, salute o cultura. Al contrario sembra che le caratteristichemaggiormente associate alla felicità sianoquelle relative alla personalità e in partico-lare quelle riguardanti l’estroversione, la fi-ducia in se stessi, la sensazione di control-lo su di sé e sul proprio futuro (D’Urso eTrentin , 1992).Inoltre, la felicità ha diverse ricadute posi-tive sulla vita delle persone. In effetti quan-do siamo di buon umore pensiamo alle co-se in modo molto diverso rispetto a quan-do siamo di cattivo umore. Ad esempio, siè osservato che il buon umore porta a de-scrivere in modo positivo gli eventi e a per-cepirsi come socialmente competenti(Bower, 1983). In presenza di uno stato d’animo positivo,non solo il mondo sembra più colorato edesiderabile e le azioni più facili, ma an-che le persone che ci circondano sembra-no migliori. È forse per questo che moltiesperimenti rilevano come le personefelici siano più disponibili, generose ed al-truiste e provochino negli altri una mag-gior simpatia. In ultimo, per quanto riguarda gli aspetti co-gnitivi, si è visto che il buon umore ha de-gli effetti positivi sulle capacità di appren-dimento e di memoria e sulla creatività: insostanza quando si è felici si apprende conpiù facilità, in misura maggiore e in modopiù duraturo e inoltre si è maggiormentecreativi nella soluzione dei problemi.La felicità, per quanto gratuita, non si dimen-tica e come tale diviene una sorta di model-

lo inconscio che ne motiva di nuovo la ri-cerca. È certamente vero che un bene per-duto non è restaurabile, ma ciò non toglieche proprio perché lo si è posseduto essoresta desiderabile. In questo caso può sembrare indicata la ri-flessione di Adorno: «Fedele alla felicità èsolo chi dice di essere stato felice».

La scala della felicità

La felicità, dunque, non assume la veste del-l’atemporalità immutabile, bensì è uno sta-to fluente che muta la sua intensità. La felicità, pertanto, cambia identità: daesperienza vissuta si trasforma in obiettivoda raggiungere.In questo senso, possiamo individuare unaserie di attività ed atteggiamenti che ci per-mettono di avvicinarci progressivamente al-la meta-felicità:

• analizzare la realtà non attribuendo sem-pre a noi stessi la responsabilità degli even-ti spiacevoli che accadono,

• evitare il giudizio negativo verso noistessi nel momento in cui sperimentiamoun fallimento,

• ridurre le aspettative verso situazioni epersone in base alle capacità e opportunitàpossibili,

• non aspirare alla perfezione e non prefig-gersi mete eccessivamente alte,

• comprendere tutte le cose che ci fannostare bene e iniziare a praticarle con rego-larità,

• godere dei frutti di ciò che già possedia-mo: non passiamo il tempo a confrontarela nostra condizione con quella degli altri,

• non prendiamoci troppo sul serio: ride-re di noi stessi allenta le tensioni ed aumen-ta il benessere,

• individuare quello che ci piace nel nostrolavoro e valorizzarlo,

21 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

Tilly partì e andò in cerca della felicità. La strada era molto lunga. Camminò tuttoil giorno e quando si fece sera decise di fer-marsi per riposare su una foglia, ma ben pre-sto venne svegliata da un millepiedi che leintimò di andar via con fare minaccioso. Tilly corse via spaventata. Si appoggiò su unfilo d’erba, ma goccioloni giganti cadderodal cielo e la obbligarono a cercare un al-tro riparo. Lo trovò vicino a dei sassi. Si ran-nicchiò e si addormentò esausta. La mattina seguente ricominciò il suoviaggio, ma incontrò un gallo che volevamangiarsela. Giorno dopo giorno cammi-nava, camminava, camminava. Erano ormai passati anni da quando la coc-cinella aveva lasciato casa sua, così decisedi ritornare. Camminò giorni e notti inte-ri senza fermarsi mai e finalmente giunsea casa. Andò a dormire, la mattina dopo sialzò, andò alla finestra e guardò fuori. Era una bellissima giornata: il sole splen-deva nel cielo. La coccinella tirò un sospi-ro profondo e si rese conto di essere mol-to felice! Che stupida era stata, aveva gi-rato tutto il mondo in cerca della felicitàe non si era accorta che era proprio lì aportata di mano, vicino a lei!

La felicità non è fatta di grandi cose, di av-venture, di ricchezze, di fama e noto-rietà. La felicità è quella delle piccole co-se che ogni giorno scandiscono la nostravita: lo sguardo di un ragazzo che ci sor-ride, una richiesta di aiuto a cui possiamorispondere, un grazie, un abbraccio.La vera ricerca della felicità è dentro e at-torno a noi.

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• non fermare i propri pensieri sempre sulnegativo, su ciò che non va,

• ricercare nell’altro i punti forza senza sot-tolineare i difetti.

Vi sono altri due elementi base della felicità:l’accoglienza di sè ed il sorriso.Secondo Argyle e Lu (1990) una persona èfelice quando ha un rapporto positivo, se-reno e di stima con se stesso, ha fiducia nel-le proprie capacità e crede nelle potenzia-lità ancora inespresse. La felicità, quindi, dipende da quanto la per-sona è a proprio agio con se stessa, dall’as-senza di incongruenza tra ciò che una per-sona è e come desidererebbe essere. Più il sé reale non ha scostamenti dal séideale e più la persona sperimenterà sen-timenti di adeguatezza, autostima e conse-guentemente benessere individuale. Solamente partendo da uno stato di acco-glienza verso se stessi, la persona avrà lapossibilità di vivere a pieno la propriarealtà socio-relazionale. Infatti, è stato dimostrato che una personache sta bene con se stessa è maggiormen-te proiettata verso l’altro.

Infine, chi è felice sorride spesso. In effetti il sorriso, sovente accompagnatoda uno sguardo luminoso e aperto, è la ma-nifestazione comportamentale più rappre-sentativa, inconfondibile e universalmentericonosciuta della felicità e della gioia.

La felicità è dietro l’angolo

La coccinella Tilly si svegliò prestissimo per-ché aveva deciso di partire. Era un sacco ditempo che si sentiva insoddisfatta, non erafelice perché era annoiata in quanto nelgiardino dove abitava non succedeva mainulla di interessante. Tutte le mattine la so-lita storia: si affacciava dalla finestra e vede-va i soliti animali andare di qua e di là peril giardino. Basta, era ora di andarsene!

22RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

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grazie, madre Marinella!

SIATE SEMPRE LIETI

NEL SIGNORE! FIL 4,4

grazie, madre Marinella!

Grazie, grazie Madre Marinella per quello che sei stata per la mia vita spirituale, mi hai sempre aiutata a guardare in alto, oltre il grigio, dove c'è l’azzurro! (suor Assunta)

Querida Madre Marinella, Gracias por tu sí constante, por tu entusiasmo por la vida consagrada, por tu generosa entrega, por tu testimonio

de salesianidad creativa. (Ecuador)

Ti ho sentita Madre e Sorella, sempre piena di gioiosa vitalità , che ricordavi ogni fma con il proprio nome. (suor Angela)

Gracias Madre Marinella por tu presencia fraterna tan significativa para nuestro Instituto. En mi mente y en mi corazón está el recuerdo de tu mirada viva

y penetrante, signo de que has sido de verdad una portadora del amor de Dios. (suor Delia María)

In te ho visto la verità delle parole di Madre Mazzarello: la vera pietà religiosa consiste nel compiere il proprio dovere

a tempo e luogo e solo per amore di Dio. Tu eri così: laboriosa, serena, pronta nell'intuizione di persone e situazioni

perché attenta alla presenza e alla volontà del Signore. (suor Emilia)

Thank you Mother Marinella for your gift of self to me. You have been a loving example of the love and kindness of our Founders.

You led on through difficult times in with words of encouragement and faith. You were and inspiration to me. I am deeply grateful. (suor Katherine)

Tantissimi giovani e tantissime persone ti porteranno sempre in cuore e rimarrai soprattutto ''viva" nel cuore di queste tue figlie

che hai accompagnato con pazienza, amore e tanta fiducia nella loro crescita. (suor Paola)

Madre Marinella! Uma vida inteira doada ao Instituto, ao amor e a missão. Com sua simplicidade, sabedoria e alegria,

testemunhou o amor de Deus e da Madre Mazzarello a todas nós! Obrigada pelo carinho demostrado

e compartilhado. (suor Elizabeth)

Grazie, grazie Madre Marinella per quello che sei stata per la mia vita spirituale, mi hai sempre aiutata a guardare in alto, oltre il grigio, dove c'è l’azzurro! (suor Assunta)

Querida Madre Marinella, Gracias por tu sí constante, por tu entusiasmo por la vida consagrada, por tu generosa entrega, por tu testimonio

de salesianidad creativa. (Ecuador)

Ti ho sentita Madre e Sorella, sempre piena di gioiosa vitalità , che ricordavi ogni fma con il proprio nome. (suor Angela)

Gracias Madre Marinella por tu presencia fraterna tan significativa para nuestro Instituto. En mi mente y en mi corazón está el recuerdo de tu mirada viva

y penetrante, signo de que has sido de verdad una portadora del amor de Dios. (suor Delia María)

In te ho visto la verità delle parole di Madre Mazzarello: la vera pietà religiosa consiste nel compiere il proprio dovere

a tempo e luogo e solo per amore di Dio. Tu eri così: laboriosa, serena, pronta nell'intuizione di persone e situazioni

perché attenta alla presenza e alla volontà del Signore. (suor Emilia)

Thank you Mother Marinella for your gift of self to me. You have been a loving example of the love and kindness of our Founders.

You led on through difficult times in with words of encouragement and faith. You were and inspiration to me. I am deeply grateful. (suor Katherine)

Tantissimi giovani e tantissime persone ti porteranno sempre in cuore e rimarrai soprattutto ''viva" nel cuore di queste tue figlie

che hai accompagnato con pazienza, amore e tanta fiducia nella loro crescita. (suor Paola)

Madre Marinella! Uma vida inteira doada ao Instituto, ao amor e a missão. Com sua simplicidade, sabedoria e alegria,

testemunhou o amor de Deus e da Madre Mazzarello a todas nós! Obrigada pelo carinho demostrado

e compartilhado. (suor Elizabeth)

grazie, madre Marinella!

LA LUCE DELLA FEDE CI FA COMPRENDERE

CHE OGNI ESISTENZA HA UN VALORE INESTIMABILE,

PERCHÉ FRUTTO DELL’AMORE DI DIO

BENEDETTO XVI

Letturaevangelica

dei fatticontemporanei

l’uomo aspira al più alto grado della sere-nità dell’anima». In gioco c’è la capacità dipadroneggiare il desiderio di appagare bi-sogni e istinti. La temperanza implica lo svi-luppo della padronanza di sé, che è una for-ma di libertà. La disposizione al bene pren-de forma nel crogiolo del dolore. Nella fa-tica, non certo nella spensieratezza, germo-glia e si irrobustisce la virtù della temperan-za. Essa è equilibrio nella ricerca di onoree di successo, è moderazione nell’uso dei

Le virtù: la temperanza

Mara Borsi

Il termine “temperanza”, dal verbo “tempe-rare” o “temprare”, può dare adito a equivo-ci o a interpretazioni riduttive. In molti casi risulta più comprensibile parla-re di equilibrio, di moderazione, di sobrietà.

Alla virtù della temperanza è connesso il va-lore dell’armonia, che produce pace e se-renità e permette di vivere padroneggian-do le tendenze istintive. Sant’Ambrogio af-ferma infatti che «attraverso la temperanzacamilla

Si fa per dire

28RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

in ricerca

cultu

re

L’educazione virtuosa in Giappone

La natura del Giappone è rigogliosa, ric-ca di acqua e vegetazione. Nell’animogiapponese è radicato il senso dell’armo-nia della natura che comunica un fortesenso di Dio. Come la natura si prende cu-ra della persona donando gioia, serenità,senso del bello, così anche noi giappone-si, come popolo, ci prendiamo cura in mo-do particolare della natura. Il rispettoper la natura è quindi uno dei grandi te-mi per un’educazione virtuosa.Altra spiccata caratteristica è quella di edu-care a prevenire i bisogni dell’altro. Si in-segna ai bambini che prima di agire si puòimmaginare, tentare di capire ciò che al-

29 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

La temperanza è non lasciarsi guidaredal: “Mi va”, dalle voglie, ma dalla ricerca del buono, del vero,del bello, del giusto.La temperanza è ricordare che la terra è per tutti, non soltanto per noi;e che noi siamo per tutti,non gli altri per noi.

Tonino Lasconi

essere il nodo d’oro che tiene insiemesesso-eros-amore, impedendo che la trilo-gia s’infranga, lasciando spazio a una incon-trollata sessualità oppure, al contrario, a unaeterea spiritualità disincarnata.La ricerca di questo delicato crinale o pun-to di equilibrio risiede nella capacità che lapersona ha di guidare e governare con la ra-gione e la volontà la sfera istintuale, senso-riale e passionale.Ma come avviare bambini, adolescenti egiovani a familiarizzare con questa virtù?Agli educatori oggi è richiesta pazienza, co-stanza, umiltà, rinuncia alla propria gratifi-cazione, e molte altre cose. La pratica edu-cativa, come ogni pratica, esige, per la suariuscita, delle virtù. Educare a una vita vir-tuosa è possibile, a patto che gli educato-ri si rendano conto che tocca a loro per pri-mi realizzarla se vogliono contagiarne altri.

beni materiali, soprattutto cibo e denaro.Esercitare perciò questa virtù significa evi-tare l’ostentazione, lo sperpero, l’arrogan-za, assumendo un comportamento umile,semplice, sobrio. Il cardinale Ravasi, presi-dente del Pontificio Consiglio per la Cultu-ra, afferma che la virtù della temperanza,nella sua funzione più profonda, è quella di

insieme al rispetto per gli anziani e i pro-pri antenati è la generosità.

Questo racconto tradizionale la richiamain modo eloquente.Due anziani molto avanti negli anni, pri-ma della festa del capodanno, si accorse-ro di non avere nulla da mangiare. Unoesce per vendere qualche cappello per lapioggia, ma ritorna verso casa sconsolatosenza aver potuto guadagnare un po’ didenaro. Sulla strada di casa inizia a nevi-care e sulla via incontra sei sculture, ad unamanca il cappello. Pensa un po’ e decidedi lasciarne uno dei suoi. A casa i due an-ziani possono solo scaldare un po’ d’acquae dopo averla bevuta se ne vanno a letto.Ma ecco il miracolo: le sculture si anima-no e portano ai due anziani cibo in abbon-danza. La generosità è sempre premiata.

Yoshida Ikuyo Maria FMAMaria Francesca Iguchi SCG

l’altro può far piacere. Prima di agire ci sichiede sempre: “Che effetto avrà la miaazione sull’altro?”. Questo è un tratto tipi-co culturale. Quando si insegna a scriverei pittogrammi si dice che non è solo impor-tante il segno, ma anche lo spazio biancoche c’è attorno. Questa è una metafora perfar comprendere a chi sta crescendo chenella relazione è importante anche lo spa-zio in cui essa avviene.“Fare il bene senza farlo pesare” è una ve-ra e propria arte. Il giapponese è abituato a esprimere in mo-do sobrio oppure a non esprimere. Dopoil terremoto, ad esempio, molte personenon hanno espresso le proprie esigenze, mahanno manifestato pazienza, dignità, sen-so di accettazione di ciò che era capitato.L’educazione tradizionale giapponese hamolto a che vedere con la virtù della tem-peranza intesa come senso della misura edella sobrietà nei rapporti.Altro elemento costantemente richiamato

Educare è comunicare

Questa la convinzione espressa nel Siste-ma Preventivo che sottolinea l’esistenza diun processo che investe a pari diritto e re-sponsabilità diversi interlocutori.La comunicazione educativa si attua attra-verso rapporti e processi propositivi, ra-gionevoli e amorevoli, che pongono inascolto della risposta da parte dell’inter-locutore (Cf LOME).Educazione per noi significa stabilire una re-lazione tra “educatori” e “educandi”, a pie-no titolo coinvolti in una operazione chetutti stimano indispensabile per la vita pro-pria e altrui. È un gioco interattivo, che rim-balza come guadagno personale attorno al-la vita, proprio nel momento in cui viene ac-cettato il confronto e lo scambio.

Nella prassi salesiana la comunicazioneeducativa è creazione di relazioni recipro-che e intergenerazionali, aperte e profon-de, collocate in un più ampio sistema nelquale agiscono forze sociali, culturali, isti-tuzionali ed economiche. Risponde a bisogni quali la conoscenza, ilconfronto con la diversità, lo scambio e lacollaborazione. Possiede un potenziale disolidarietà perché sfocia in iniziative che siestendono dal rapporto io-tu al gruppo, al-la comunità educante, fino alla più ampiarealtà sociale. Secondo la logica del comu-nicare, ogni ambiente educativo dovrebbeconfigurarsi come ecosistema dove è pos-sibile trovare uno spazio adatto per la pro-pria crescita (Cf LOME 53).

Rapporto tra educazione ed evangelizzazione

L’urgenza di un punto di vistaAnna Mariani

Nella tradizione salesiana educazione ecomunicazione sono radicate e profonda-mente unite nella vita di Don Bosco e diMadre Mazzarello. Nel cuore del carisma c’è Don Bosco: uneducatore e un comunicatore. Nella sto-ria della pedagogia salesiana le realtàdell’educazione, della comunicazione edell’evangelizzazione mai sono state se-parate (Cf Gong 4).

Educazione, Evangelizzazione, Comuni-cazione: un trinomio da realizzare

L’ educazione è quel processo, concorda-to e intenzionale, che sollecita la personaa scoprire le sue aspirazioni più autentichee a realizzarle con creatività, nel confron-to interpellante con le libertà e le attese de-gli altri e nel realismo delle diverse media-zioni istituzionali.Di fronte ad una crisi antropologica, che haripercussioni soprattutto sui giovani, scom-mettiamo ancora una volta sull’educazione:forza di trasformazione culturale e sociale.Restituire all’uomo di oggi la gioia di vi-vere è una piccola cosa nella mischia del-le sopraffazioni, degli intrighi, degli sfrut-tamenti. La nostra fiducia nella persona, sconfina-ta perché a fondamento religioso, cispinge a riconoscere un importante da-to: colui che è riconsegnato alla sua re-sponsabilità, alla gioia di vivere e alla ca-pacità di sperare, diventa capace di impe-gnarsi, a tutti i livelli, verso un rinnova-mento globale della società.

camilla

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Evangelizzare educando, educare evangelizzando

È l’originalità della proposta di pastoralesalesiana. Essa mira a promuovere la gio-vane e il giovane nella totalità e ha comefinalità ultima la salvezza in Cristo. L’evangelizzazione dipende in gran parteda una buona mediazione culturale che as-sicura un annuncio più comprensibiledel messaggio cristiano. Si tratta di un annuncio che accompagnasoprattutto il giovane e la giovane all’espe-rienza dell’amore di Cristo perché possa-no giungere gradualmente a conoscerlocome il senso della vita. Legata all’annuncio è la testimonianza. Il linguaggio più efficace e facilmente com-prensibile è la vita delle educatrici e deglieducatori. Non è possibile mettere da unaparte il dialogo diretto tra Dio e l’uomo edall’altra i dinamismi antropologici in cui sisvolge (Cf LOME 46 – 47).

La persona comunica con tutta la vita; perquesto, non solo le parole, ma ogni com-portamento diventa una comunicazione.Anzi, tra la comunicazione e il compor-tamento vi è interazione, e la comunica-zione è tanto più incisiva quanto più rie-sce a modificare uno stile di vita perso-nale e collettivo. Una comunicazioneche fa incontrare la vita, diventa di per sébuona novella, evangelo.La fede cristiana riconosce la grandezzadell’educazione e la forza della comuni-cazione: il fatto cioè che liberando la ca-pacità dell’uomo e rendendo trasparen-ti e comprensibili “i segni della salvezza,libera e sostiene la sua capacità di rispo-sta responsabile e matura a Dio”. L’evangelizzazione è comunicazione diuna Parola, che è qualcosa di più che unaparola. È un modo di vivere, anzi la vitastessa.

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31 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

Importanza della formazione

Alla fase di sensibilizzazione era importan-te far seguire un’“operazione di formazio-ne” per interiorizzare e fare esperienza diSGS. Si sono quindi pianificate:

• Sessioni speciali di formazione per fmaanimatrici e formande sulla SGS e su comepresentarla in modo creativo.

• A livello ispettoriale, una giornata interaal mese di formazione per le Comunità edu-canti con delegati dalle diverse comunità

• Sessioni separate per i giovani – livello ele-mentare, scuole superiori e universitario euna sessione separata per gli adulti.

• Corsi di formazione alla SGS per leader of-ferti ai giovani provenienti da ogni comu-nità per approfondire l’esperienza della SGSche li aiuterà a diventare leader migliori eanimatori di gruppi giovanili.

• Formazione di una equipe per seguire ipassi successivi.

• Formazione modulare sulla SGS con un kitpreparato dall’equipe provinciale e dallefma animatrici incluse le formande.

• Un repertorio con ritornelli, canzoni,slogan composti da fma e dai giovani: un“linguaggio” comune per la SGS.

Testimonianza di Jesha Gregorio

Jesha Gregorio ha diciassette anni ed è alprimo anno di College all’Ateneo dell’Uni-versità di Manila dove studia Scienze del-la Salute. Ex-allieva della Scuola Don Bosco

La storia del MGS nelle Filippine

Eustacia Mendoza

Il Movimento Giovanile Salesiano (MGS)nell’ispettoria delle Filippine viene alla lu-ce e si sviluppa insieme alla nascita dellastessa ispettoria e con l’incremento delleComunità educanti. Già madre Marinella Castagno nella circo-lare del 24 novembre 1989, raccontandodella sua visita in quella ispettoria scrive-va: «Il Movimento Giovanile Salesiano(MGS) è una bellissima realtà e unisce nel-la stessa spiritualità giovani e adulti, for-mando una vera famiglia, quale l’ha sogna-ta don Bosco (…). L’Ispettoria filippina èforse quella che ha trovato la formula mi-gliore per avviare e promuovere questoMovimento, che diviene palestra per laformazione di adulti impegnati nella Chie-sa e nella società e, al tempo stesso, vivaiodi vocazioni religiose». Suor Anna Maria Matiussi, prima ispettrice,e le sorelle dell’equipe ispettoriale, stimo-late dall’evento del centenario della mor-te di don Bosco si chiedevano: «Comepossiamo entrare in contatto con i giovanicon una proposta di santità?». In quel pe-riodo veniva pubblicato dall’Istituto undossier dal titolo: “Associazionismo dellefma”. Un gruppo di studio si prese quindil’impegno di approfondirlo scoprendo co-me fondamentale la proposta della Spiritua-lità Giovanile Salesiana (SGS). È stato necessario un periodo di sensibiliz-zazione che ha coinvolto tutte le fma, i gio-vani, i genitori e gli insegnanti con riflessio-ni sulla SGS e sull’importanza del gruppoper imparare a vivere la SGS.

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di Manila è una giovane animatrice sale-siana. Ecco la sua testimonianza: «Quan-do ho iniziato a studiare alla scuola DonBosco ho avuto modo di conoscere e ap-prezzare l’ambiente salesiano, e con esso,la sua spiritualità. Durante gli anni del li-ceo il MGS è diventato qualcosa di gran-de per me. Da piccola ammiravo gli stu-denti più grandi che erano leader. Ancheio volevo diventare come loro. La mia pri-ma esperienza è stata quella di chiederedi partecipare ad un workshop estivo a SanTeodoro, Mindoro Orientale nel 2010. Tutte le attività proposte mi hanno fatto ca-pire la meraviglia e la bellezza della spiritua-lità salesiana. Il fatto che le suore stesserosempre accanto a noi, raddoppiava, anzi tri-plicava l’atmosfera salesiana. Quando usoil termine salesiano voglio dire: sorrisi ed al-legria costante, giovinezza, servizio-lea-dership, invito alla santità e un amore in-confondibile per la vita. Da quel laboratorio estivo sono tornatacon la ferma volontà di mettere in prati-ca tutto quello che avevo imparato. Neglianni successivi ho dato tutta me stessa co-

me leader del MGS. Suor Nora una voltaci ha detto “È importante investire nellerelazioni” ed è stato proprio nel MGS cheho imparato a prendermi cura dei mieicoetanei e a fare piccoli sacrifici. Credo fermamente che una vita ha senso seè una vita vissuta per gli altri. Per questo hoscelto di studiare scienze della Salute. Il MGS mi ha fatto conoscere ancherealtà tristi dei giovani nelle Filippine e nelresto del mondo, e vorrei donarmi a lo-ro non solo con il cuore, ma con compe-tenze che potrebbero essere utili nel bi-sogno e sto quindi coltivando il sogno didiventare medico-missionario. Nel MGS ci viene insegnato a fare le coseordinarie straordinariamente bene. Stostudiando in una università prestigiosa, ecome altri adolescenti, vivo alti e bassidella vita. Nonostante tutto questo, stocercando di conservare la mia identità sa-lesiana e vivo giorno per giorno con il sor-riso per le persone attorno a me, offrendotutto a Dio. Ci sono momenti in cui mi sen-to un po’ frustrata perché l’università è unambiente tutto nuovo, una giungla piena diragazzi con varie personalità e diversi valo-ri: a volte questo mi provoca la tentazionedi non sfidarli e di rimanere in disparte. Ma questo non è salesiano, il modo sale-siano è investire nelle relazioni. Intantocontinuo in diverse attività di animazio-ne dei più piccoli, partecipo ad eventi delMGS quando posso e faccio ancora par-te del gruppo VIDES. Sono convinta che far parte del MGS è unprivilegio e una responsabilità. È bello immaginare diversi animatori sa-lesiani che diventano leader nei diversicollege che frequentano e nelle diverseparrocchie, dove possono ispirare il cam-biamento della società di oggi. E io voglio essere con loro».

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33 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

vivere o da avere. Andando più a fondo,ora credo di poter dire che sono tantopiù felice quando più matura, si realizzae si manifesta in me la consapevolezzache, al di là degli avvenimenti contingen-ti, c’è un Padre buono che con saggezzae mistero, provvede a me e al mondo in-tero. Inoltre mi rende felice vedere gli al-tri intorno a me felici.

In che modo la tua felicità coinvolge gli altri?

Suor MaribelSolo la testimonianza reale e quotidianapuò contagiare gli altri alla felicità o alme-no far sì che si interroghino da dove pro-viene. Non c’è altro cammino: “L’allegriaè segno di un cuore che ama molto”, perquesto quando amo nella verità mi tra-sformo in questo segno che i giovani nonhanno nessuna difficoltà a leggere e de-siderano farlo.

GabriellaCredo che il frutto della felicità sia la bontà,siano le azioni buone. E, dunque, la tolle-ranza, la compassione, la volontà di ricon-ciliazione, l’empatia, la solidarietà. In que-sto senso, la mia felicità diviene contagio-sa e coinvolge gli altri nel vortice della ca-rità. Se sono felice sono capace di rende-re felici gli altri donando loro gesti e pa-role che sanno restituire vita. Non esiste una felicità sterile. La felicità,quella vera, è feconda di bene.

Intervista a suor MaribelBarreda Ortega

e Gabriella Schettini Anna Rita Cristaino

Suor Maribel, 36 anni,da 10 anni fma, vive nel-la comunità della casa ispettoriale di Sivi-glia ed è coordinatrice ispettoriale della Pa-storale giovanile.

Gabriella, 48 anni, salesiana cooperatrice,è sposata con Sergio e ha due figlie, Valen-tia e Flavia; è nell’ambiente salesiano dasempre e attualmente si occupa dellascuola di Formazione per Animatori del-l’oratorio di Salerno.

Cosa ti rende felice?

Suor Maribel Mi rende felice il sentirmi parte del proget-to di Dio per i giovani. Mi rende felice sen-tirmi amata da Lui immensamente giornodopo giorno. E da qui, da questa offertagiornaliera, incontro la felicità nelle co-se quotidiane: in un cortile pieno di gio-vani, nei momenti condivisi con la mia co-munità, nelle riunioni e incontri dove ri-flettiamo e sogniamo per cercare cammi-ni di futuro per i giovani. È una felicitànon esente dal dolore e dalla sofferenza,perché trova senso nell’Amore ricevutodi Dio e donato agli altri. Lui è la fonte.

GabriellaMi è capitato in passato di credere che lafelicità fosse legata a qualcosa che era da

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34RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

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Informazioninotizie e novità

dal mondodei media

cità dipende dalla natura sociale dell’esse-re umano che, perciò, può conseguire la fe-licità soltanto coltivando la relazione inter-personale e proiettandosi fuori di sé, in unacomunione d’amore con chi gli vive accan-to. Per questo motivo la felicità è anzituttoun paradosso, così come suggerito da JohnStuart Mill: «la capacità cosciente di rinun-ciare alla propria felicità è la via migliore peril raggiungimento di tale felicità». E l’uomod’oggi, tanto tenacemente impegnato aconseguire la felicità, è in genere più infe-lice che nel passato. Come era bella la vita!

Essere comunità felici

Gettare uno sguardo sulle nostre comunitàe passarle al vaglio di queste premesse puòaiutare a testare il grado di felicità di cuisono capaci, la qualità di comunicazionedi cui si fanno promotrici. Il ripiegamento egoistico, un po’ nostal-gico ed autoreferenziale che talvolta con-nota le nostre “famiglie” – chiamate inve-ce a trasudare di quello spirito che inner-va il mondo salesiano – è quanto di più di-stante si possa immaginare dalle indica-zioni delle nostre Costituzioni: «... trasfor-miamo ogni istante della nostra esisten-za in un gioioso inno di adorazione e dilode e diveniamo segno dei beni celesti...»(C. 8). Nella misura in cui questa diven-ta la prospettiva entro la quale ci muovia-mo, la celebrazione di Dio come Assolu-to della nostra vita colma la misura del-la nostra felicità e ci dona una visibilitàaltrimenti irraggiungibile.

Comunicazione e comunità felici

Patrizia Bertagnini

Come era bella la vita! L’espressione tele-grafica e gioiosa di madre Enrichetta Sorbo-ne è forse una di quelle che più facilmen-te ricordiamo e più frequentemente affio-rano sulle nostre labbra. Come era bella lavita!... con la sua portata di struggente no-stalgia denota, sovente, il nostro malinco-nico ancoraggio ad un passato che custo-disce il segreto di una felicità ormai perdu-ta. Già, perché, soprattutto oggi, la felicitàè più facile perderla che trovarla!

La felicità? Un paradosso

Se con i più accreditati studiosi di antro-pologia, di filosofia e di psicologia, accet-tiamo che la felicità è un sentimento inte-riore di gioia e di letizia, di gaudio e diesultanza, che proviamo con intensitàsoltanto per brevi istanti, essa non può es-sere identificata né con il piacere corpo-reo né con la pura emozione. Con l’aumento del benessere l’uomo nonaccresce il suo livello di felicità ma, piut-tosto, manifesta un’insoddisfazione scono-sciuta fino a poco tempo fa. L’uomo con-temporaneo è travolto da una cultura chespinge verso la riduzione del contattocon l’altro, che sostituisce la reciprocitàcon il narcisismo e che, mentre enfatizzala fragilità dei legami, orienta a stili di vi-ta improntati all’egoismo. Egli sembra condannato ad essere infeli-ce, ridotto ad uno stato di solitudine edatrofizzato nelle sue capacità di instaura-re relazioni significative con gli altri. Lo stretto legame tra isolamento ed infeli-

camilla

Si fa per dire

36RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

comunicare

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per

dire

Divenire segno, cioè rimandare con lim-pida chiarezza ad un Altro che non è diquesto mondo, è dunque possibile soltan-to se accettiamo la sfida e il paradosso diuna felicità che si costruisce se ci apriamoall’altro che è in questo mondo, cioè al fra-tello e alla sorella. Una comunità felice,pertanto, «... trova la ragione profonda delsuo essere nel mistero della comunionetrinitaria» (C. 36) e si alimenta della dispo-nibilità di ciascuno dei suoi membri aproiettarsi al di là di se stesso, con «... vo-lontà di partecipazione, corresponsabilitàe comunicazione reciproca, in un serenoe leale confronto e in un’armoniosa inte-grazione dei valori personali» (C. 51).

L’ascolto empatico

Eppure, se in linea di principio difficil-mente si potrebbe obiettare a quanto sia-mo venuti fin qui dicendo, le pratiche checonducono alla costruzione di comu-nità felici sono sovente disattese e a vol-te non sono fatte neppure oggetto di as-sunzione di impegni condivisi.

Molti sono i percorsi che consentono di de-centrarsi e di tentare la strada affascinantedella ricerca dell’altro e, implicitamente, del-l’arricchimento della propria felicità. Di questi pensiamo sia fondamentale richia-mare almeno quello dell’“ascolto empati-co”, cioè della capacità di mettersi nei pan-ni dell’altro, di parteciparne il vissuto, dicondividerne la percezione emotiva. Esso sposta l’attenzione dai motivi per cuil’altro comunica, al come si esprime, abi-litando l’ascoltatore ad una maggiore at-tenzione ai moti del repertorio comuni-cativo dell’altro. Nella relazione di ascolto empatico, la com-prensione di chi viene ascoltato induceun feedback positivo e contribuisce a crea-re un buon clima nel rapporto interperso-nale; l’utilizzo di tale tipo di ascolto, inoltre,genera effetti positivi anche in chi lo attua,potenzia l’autostima e contribuisce a met-tere a fuoco i propri e gli altrui bisogni.

Beati voi...

Con troppa banalità tendiamo a collocarciin quel limbo che sta a metà strada tra la no-stalgia per la felicità che sembra perduta(Come era bella la vita!) e quella che con-sideriamo promessa in un futuro chissàquanto lontano (Beati voi...), travisando dientrambe il significato più autentico. La parola evangelica, come sostiene padreErmes Ronchi, è «la bella notizia che Dioregala gioia a chi produce amore, che seuno si fa carico della felicità di qualcunoil Padre si fa carico della sua felicità».E questo è il medesimo senso del Comeera bella la vita! di Madre Enrichetta: la fe-licità dell’esistenza si declina sulla capacitàdi lasciarsi inondare dal contatto con l’Al-tro/altro, pensando, parlando e lavorandoalla sua dolce, continua Presenza.

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37 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

munità. La mia visita a Tana ha ravvivato inme la speranza per la pace in questa regio-ne. Si sa di dover lavorare perchè ci sia la giu-stizia a Tana, ma l’atteggiamento di apertu-ra ad intraprendere il cammino da parte del-le comunità coinvolte è il migliore punto dipartenza che dà respiro e consolazione.

A livello dell’Università dove lavori, comecontribuisci alla promozione della pace?

Sono coinvolta nell’iniziativa intitolata“Kenya Youth For Peace” (Giovani Kenianiper la Pace). È promossa in modo congiun-to dal Tangaza College e dall’Università Cat-tolica dell’Africa Orientale. Il suo scopo èquello di potenziare i/le giovani universita-ri a diventare promotori/trici di pace soprat-tutto in questo periodo pre, durante e po-st elezioni. È un gruppo di giovani che hoa cuore. L’impegno per la pace che hannodimostrato in questi ultimi tempi ci lasciasenza parole. Guardando a loro, si intrave-de la speranza per un Kenya di pace per legenerazioni che verranno. In questo, cre-do di aver pienamente ereditato il cuoreeducativo del sistema salesiano.

Come esperta nelle questioni di genere e di costruzione della pace, cosa pensidel ruolo della donna rispetto alla pace?

Nelle situazioni di conflitto, generalmente,le donne e i bambini sono considerati vit-time. Questa è una percezione sbagliata.Inanzitutto è erroneo classificare le donnee i bambini nella stessa categoria di vulne-rabilità, ed è egemonico considerare le don-

Dal Kenya a Costa Rica per imparare la pace

Bernadette Sangma

Merab Ochieng, ex-allieva delle FMA del-la scuola di Embu, Kenya, finita la scuola se-condaria, si è iscritta alla Facoltà di Giuri-sprudenza e in seguito ha ricevuto la bor-sa di studio per conseguire la licenza in “Ge-nere e Costruzione della Pace” all’Univer-sità della Pace dell’ONU in Costa Rica. Da quasi un anno è ritornata in Kenya e at-tualmente lavora nel Centro per la Giusti-zia Sociale e per l’Etica dell’Università Cat-tolica dell’Africa Orientale (CUEA).Le abbiamo posto alcune domande, inquanto lei è molto attiva sul fronte della pa-ce e della riconciliazione in Kenya soprat-tutto in vista delle elezioni 2013.

Quali sono i tuoi attuali impegni verso la costruzione della pace?

Sono appena tornata da Tana Delta, una re-gione del Kenya dove, in questi ultimi me-si, ci sono stati episodi di violenza e di uc-cisioni. Sono partita solo con il desiderio diessere vicina alla gente sofferente e prova-ta di Tana, che sta vivendo momenti diffici-li e dare testimonianza semplicementecon la mia presenza. È difficile immagina-re tutte le atrocità inflitte: uccisioni, ampu-tazioni, distruzioni delle proprietà, traumipsicologici, fino a quando non hai messopiede nel posto. Spesse volte, in queste si-tuazioni, la gente invoca la giustizia, quel-la retributiva. In questo caso, però, era mol-to impressionante sentire che la gente in-vocava una giustizia “ristorativa”. Sono unaferma credente della giustizia ristorativa co-me punto di partenza per la pace nelle co-

camilla

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38RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

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ne semplicemente come vittime della guer-ra e di altri conflitti. La verità è che da sem-pre gli uomini e le donne hanno giocatoruoli diversi nelle situazioni di conflitto. Pur-troppo però, esiste il silenzio sul ruolo del-le donne. Per essere sostenibile, il proces-so di pace richiede l’indispensabile analisidei ruoli delle donne e degli uomini in mo-do che siedano insieme al tavolo dei nego-ziati per la costruzione della pace. Consta-tiamo spesso che mancano volti femmini-li, nonostante siano le donne a tessere fram-menti di accordi a livello di base. Tali pro-cessi finiscono per far perdere il focus sul-le questioni cruciali per una pace sosteni-bile. È per evitare tali conseguenze che l’ap-proccio di genere nei processi di pace è in-dispensabile. È importante che gli uominie le donne siano ambedue considerati at-tori principali in ogni stadio del processo.Tralasciare un genere a scapito dell’altro èmarciare verso l’insostenibilità.

Da questo punto di vista, a livello dei mec-canismi decisionali internazionali, si haormai maggiore coscienza dell’importanzadel coinvolgimento delle donne generan-do documenti come le Risoluzioni ONU1325 (2000) e 1820 (2008) che evidenziano lanecessità della piena cittadinanza delledonne nei processi di pace.

Che cosa ti ha spinto ad intraprendere lostudio nell’ambito di “Giustizia e Pace”?

Durante il mio terzo anno di Giurispruden-za, ho iniziato a sentire che ero fatta perqualcosa di più che la semplice pratica le-gale. Durante il quarto anno di università misono interessata alle attività di “Giustizia ePace” portate avanti dal Tangaza College. Hoviaggiato in varie parti della Nazione doveil problema è forte e a poco a poco ho sen-tito crescere la convinzione che questa siala mia vocazione. Ho pensato che la com-petenza in Giurisprudenza mi avrebbe aiu-tato ad essere dalla parte dei più emargina-ti e di lottare per la giustizia sociale. Mi so-no convinta della necessità di impegnarmiper la giustizia come via per una pace so-stenibile. È mentre ero in mezzo a questi ra-gionamenti che Dio mi ha aperto la stradain modo miracoloso con la borsa di studioper la licenza in “Genere e Costruzione del-la Pace”. Per me è stata la conferma che Diomi volesse per questa causa. Devo dire però che la mia scelta di “Giusti-zia e Pace” è anche il frutto conscio o incon-scio dell’educazione salesiana che ho rice-vuto. La convinzione della pace e non vio-lenza espressa nelle parole di Don Bosco:“Non con le percosse, ma con la mansue-tudine”, ha sempre risuonato in me. Sonosempre convinta che “Giustizia e Pace” èuno dei contesti dove il valore del princi-pio dell’amorevolezza di Don Bosco possaessere condiviso con efficacia.

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39 ANNO LX • MENSILE / MARZO APRILE 2013dma damihianimas

Ma la rassicurante presenzadella fidanzata Leonie, incin-ta di otto mesi, e soprattuttola prospettiva di paternità e diuna nuova vita sembrano con-vincere il giudice ad essereclemente e a dare un’ultimapossibilità a questo giovanecosì diverso dal tipico bullo diquartiere. È così che Robbie,astuto e determinato e soprattut-to pronto a qualsiasi cosa pur diraddrizzare la propria vita e di-

ventare il miglior padre possibile, si trova con al-tri ragazzi “difficili”, per non dire deviati e devian-ti - ad affrontare il servizio civile sostitutivo. È lì che conosce Harry, il supervisore del grup-po, una persona buona e generosa, quasi certa-mente il miglior adulto che Robbie abbia mai avu-to la fortuna di incontrare. Harry porta Robbiee il resto della gang a scoprire le ‘meraviglie delwhisky’, prima in una distilleria e poi ad una de-gustazione. E qui emerge dapprima un talentoinsospettato in Robbie: ha un tale buon palatoda distinguere a naso il tipo e la qualità del liquo-re che sta assaggiando. Poi i ragazzi scoprono l’e-sistenza di una botte rarissima, il cui contenutose venduto bene, potrebbe fruttare una fortuna. A partire da Robbie quindi, insieme ad altri 3compagni di rieducazione, nasce l’idea di un ‘col-po’ del tutto anomalo, ma capace di offrire loroun futuro diverso, sereno. «Il fascino del cinema di Loach - scrive con acu-tezza un critico in “La Difesa del popolo” il 9 di-cembre 2012, sta proprio nel saperci catapulta-re in un vissuto sociale precario e nel farcelo sen-tire, con naturalezza, “nostro”, trasmettendocil’ansia di una situazione apparentemente senzasbocco. E ancora una volta la sua proverbiale ca-

La parte degli angeli di Ken Loach, Gran Bretagna/Francia, 2012

“Premio della Giuria” a Cannes 2012, in-sieme a due nomination: miglior com-positore musicale, George Fenton, e ‘mi-glior promessa emergente’, Paul Bran-nigan (il protagonista). A gennaio 2013aggiunge il Cesar, con il riconoscimen-to di Miglior film straniero e MigliorCommedia. “L’opera – scrive Giancar-lo Zappoli – è di un affermatissimo re-gista inglese, Ken Loach, che torna ariflettere sulla commedia umana, ar-te nella quale è indiscutibilmentemaestro. Sceglie lo scenario della Glasgow che ama(Scozia), e ci offre il ritratto di uomini segnati dal-la vita, privilegiando tra tutti quello del giovaneRobbie. È a lui e a tutti quelli che questo nostromondo libero etichetta come irrecuperabili che,ancora una volta, rivolge la sua attenzione. Per-ché Loach è convinto che la possibilità di un ri-scatto sociale vada più che mai offerta in questinostri tempi in cui il dio Mercato reclama ingen-ti e quotidiani sacrifici umani”. Robbie è colpevo-le per l’ennesimo reato violento e viene condan-nato a svolgere lavori socialmente utili solo per-ché in procinto di diventare padre. Viene affida-to a Harry, responsabile del gruppo, uomo gene-roso e consapevole delle traversie che contrasse-gnano le loro esistenze: gli dà fiducia, lo aiuta.

Una gustosa commedia in cui vince la speranza

Grazie ad alcuni personaggi indovinati e ben re-si anche da attori in parte non professionisti, ilfilm riesce davvero a scaldare il cuore e l’anima.Quando il protagonista della vicenda si trova da-vanti al giudice in attesa di ascoltare la senten-za per aver selvaggiamente picchiato alcuniteppisti che lo avevano provocato, è convinto dinon avere scampo: sarebbe tornato in galera.

camilla

Si fa per dire

40RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

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Ma la rassicurante presenzadella fidanzata Leonie, incin-ta di otto mesi, e soprattuttola prospettiva di paternità e diuna nuova vita sembrano con-vincere il giudice ad essereclemente e a dare un’ultimapossibilità a questo giovanecosì diverso dal tipico bullo diquartiere. È così che Robbie,astuto e determinato e soprattut-to pronto a qualsiasi cosa pur diraddrizzare la propria vita e di-

pacità di costruire un film di finzione con l’im-printing di uno sguardo quasi documentaristi-co, si sposa con l’altrettanto straordinaria abilitàdel suo fido sceneggiatore Paul Loverty nel riu-scire a cogliere umori e dinamiche esistenziali,squarci ameni e drammatici del proletariatobritannico (scozzese per l’occasione), nel saperfar crescere piccole storie esemplari in un’istan-tanea “politica” di compiuta verosimiglianza».Loach e Loverty mettono in scena un’avventuradi intensa e sorridente umanità, sospendendo ilpubblico per l’intera durata del film alla doman-da: ci potrà essere un lieto fine per questi loro“dropout”, o emarginati che rifiutano schemi econvenzioni della società, ponendosene ai mar-

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gini? E qui il realismo di Loach si trasfigura in fia-ba, in una fiaba con il gusto profumato della vo-glia di non rassegnarsi al fatalismo ma sceglie-re di mettersi in gioco, nonostante tutto, appro-fittando delle circostanze. È su queste basi che articola, con cosciente ot-timismo, uno sviluppo di rapporti di solidarietà,spirito di gruppo e – soprattutto – generosità ericonoscenza. È nella compensazione tra l’astu-zia di Robbie e l’umorismo di altri, sommato adalcune trovate improvvise, all’energia dei dialo-ghi e alla capacità di raccontare un mondo, an-che solo attraverso un atteggiamento, che que-st’opera e il suo contagioso successo trova il giu-sto equilibrio tra risate e ottimi sentimenti.

L’idea del film

Mettere in scena un’avventura di ‘sorridente uma-nità’, in cui - per una volta - i poveri diavoli siriprendono la parte che loro spetta.

Raccontato con il suo carico di amarezza, fidu-cia e suspense, Loach fa centro, facendoci pas-sare dal dramma al sorriso. La sua militanza perle cause sociali di cui è indefesso e convinto as-sertore, poggia uno sguardo di simpatia sul “di-seredato”: il povero Robbie umanamente giu-stificato dalla durezza della realtà sociale che locirconda. Per lui, nella Glasgow operaia del do-po-Thatcher e del dopo-Blair, il futuro non puòessere che la galera. Invece? Loach, lavorandoin coppia con Paul Laverty, fa ricorso alla leva nar-rativa umanamente più forte e più credibile perl’evoluzione: il momento costituito dalla nasci-ta di un figlio. Decidere di averlo nonostante tut-to, nella situazione di Robbie, significa sperareapparentemente contro ogni speranza. È quello che farà con la sua compagna Leonie,contro il padre e i familiari di lei e l’ostilità delcontesto. In una società che conta più sulla ri-caduta del delinquente che sul suo redimersi,la giovane coppia riuscirà a trovare ancora del-le significative risorse interiori e di solidarietà.È così che il ‘dannoso’ alcool – in qualità di ‘pre-giatissimo whisky’ – finirà per diventare strumen-to di riscatto, in barba a tutti i legalismi del ‘po-litically correct’, e/o dei ‘moralisti benpensanti’.

Il sogno del film

Far cogliere ed accogliere un nuovo, accorato ap-pello a non dimenticarsi e a rispettare quegli ‘ul-timi’, che non possono più essere considerati tali.

Loach modella il tutto da par suo. «Con una invidiabile capacità di farsi insiemespecchio e riflesso della realtà – scrive la Com-missione di Valutazione Pastorale Film – di sta-re, come pochi altri, al fianco dei suoi perso-naggi. Di farli vivere, soffrire e gioire senza maiperdere di vista la speranza, il rispetto, il di-ritto alla dignità. Loach non urla, non ne ha bisogno, i suoi uo-mini e donne spesso costretti a scontare si-tuazioni di cui non hanno colpa, soffrono,pensano e si rialzano in silenzio, puntando suorgoglio, capacità razionali, rispetto per la vi-ta che nasce». Ma, sottolineiamo noi, chiama-ti a raccogliere quest’accattivante e sacrosan-ta lezione: serve un Harry. È indispensabile la disponibile solidarietàche sa offrire loro quest’uomo dal cuore di pa-dre, responsabile delle attività di recupero. Senza di lui nessun Robbie, troppo povero etroppo segnato da risse e violenze, potrebberientrare nel mondo dei cosiddetti normali,che la legge considera “puliti”.

PER FAR PENSARE

svelato seguendo un elenco di nomisconosciuti e una ricetta, quella dei dol-ci dal sapore unico e inconfondibile,che da anni si vendono nella pasticceriaereditata dalla nonna. «Ormai viveva so-lo per i giorni in cui poteva riscivolare in-dietro nel tempo e vedere coloro di cuiaveva giurato di non parlare mai più. Per-ché era là che rimaneva il suo cuore: loaveva lasciato dietro di sé, su quelle co-ste straniere, tanto tempo prima. Adesso, mentre il crepuscolo la accerchia-va, capì che era stato un grosso erroresforzarsi di dimenticare, perché quella erala chiave della sua identità. Ma ormai eratroppo tardi. Aveva lasciato tutto in quelterribile, bellissimo passato. E là sarebbe rimasto per sempre».

Una funzione di cornice

Rose, sopravvissuta all’Olocausto; Roseebrea ma anche cattolica e anche islami-ca. Forse la triplice appartenenza alle re-ligioni, alla quale tanti episodi si aggancia-no e trovano significato, potrebbe esserela tematica centrale del romanzo scritto daKristin Harmel, americana e appassiona-ta di scrittura sin da quando era bambina. E forse potrebbe essere anche il punto cri-tico del testo, l’aspetto sul quale interro-garsi perché le religioni non vengano mes-se comunque sullo stesso piano. Inoltre, il romanzo tratta dell’Olocausto,ma non in modo approfondito, il periodostorico ha più la funzione di cornice. Tuttavia la novità consiste nella rivelazio-

Kristin HarmelFinché le stelle saranno in cieloEmilia Di Massimo

La prima stella da cercare ad ogni crepu-scolo. Un appuntamento quotidiano vis-suto con stupore sempre nuovo. Lo sguardo scruta il cielo per trovare la pri-ma stella che consente di ricordare la pro-pria identità e il luogo dal quale si proviene. Quando la memoria comincia a non esse-re nitida come un tempo, la prima stellafa ritrovare ogni sera le proprie radici:«Ora che il presente era confuso e fram-mentario, sembrava che quel bellissimoscrigno di ricordi, chiuso a chiave daquasi settant’anni, contenesse gli unicimomenti di nitidezza che Rose avesse an-cora a disposizione. A volte si chiedeva se lo sforzo di dimen-ticare non avesse fatto sì che le remine-scenze sopravvivessero intatte, nello stes-so modo in cui conservare per anni un do-cumento in un contenitore ermetico ebuio poteva impedirgli di sgretolarsi».Forse non si dimentica mai veramente ciòche si è vissuto intensamente. Giungesempre un tempo interiore nel quale il de-siderio più vero che abbiamo nel cuoreesige di essere portato a compimento,chiede di mantenere una lontana promes-sa. È proprio questo che consentirà il di-schiudersi di un nuovo sogno nel qualeimprovvisamente ci si riconosce, perché«Nessuno ha la vita che si aspettava, ma èil modo in cui ci si adatta alle difficoltà adeterminare se si è felici o no». È quanto accade alla giovane Hope, uni-ca nipote dell’anziana Rose, alla quale vie-ne affidato qualcosa di inatteso che sarà

camilla

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il lib

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ne di un episodio storico sconosciuto al-la maggioranza dell’opinione pubblica:l’aiuto offerto dai musulmani agli ebrei infuga dal nazismo. Per questo narra moltodi più della tristezza provocata dall’Olo-causto, in quanto racconta la solidarietànata fra le persone in uno dei momenti piùbui della storia d’Europa, nonostante e aldi là della differenze culturali. Importante è non dimenticare l’Olocau-sto, perché quanto è accaduto non si ri-peta mai più. Occorre speranza perchédavvero sia così. Sarà Hope (speranza) chepartirà per Parigi per scoprire ciò che è av-venuto negli anni della guerra e che riguar-da così da vicino lei e le sua famiglia.

La tematica della memoria

Un romanzo poliedrico che ruota intornoalla tematica della memoria; Hope scopriràla verità sulla sua famiglia, imparando co-sì che non si può dimenticare ciò che è ac-caduto nei tempi bui del passato, ma so-

prattutto apprenderà che imparare dai pro-pri errori è l’unico modo per progredire.Un romanzo principalmente sull’amorein tutte le sue dimensioni, anche se: «Al-cuni tipi di amore sono più potenti di al-tri. Questo non significa che non sianotutti autentici. Alcuni amori tentiamo difarceli andare bene ma non calzano maidavvero a pennello. Altri sono amori frabrave persone che si ammirano a vicen-da e con il tempo imparano ad amarsi. Poi esiste l’amore che tutti abbiamo l’op-portunità di avere ma che pochi sono ab-bastanza saggi da scorgere o abbastanzacoraggiosi da afferrare. Quello è il tipo d’amore capace di cam-biarti la vita», perché la possibilità di ama-re esiste sempre, e se si ha anche il corag-gio di lasciarsi amare, si può sopportarequalsiasi cosa. Quasi.

Una scelta consapevole

Il passato è uno degli ingredienti che ci in-segna l’amore, ma Kristin Harmel è mol-to realista, per cui fa comprendere cheamare non è affatto facile; molte volte èproprio chi amiamo a ferirci profondamen-te, ma la vita può continuare a essere lu-minosa, dipende da quanto si crede nelpotere dell’amore, così definito da Rose:«È bello rammentare che non sempre haibisogno di vedere qualcosa per sapere chec’è». Dio non si vede, eppure molti credo-no che esista e vivono con Lui una relazio-ne di amore e di fiducia, due componen-ti che superano il tangibile, un filo invisi-bile che vincola. La prima stella da cercare ad ogni crepu-scolo, certo, ma non può bastare, occor-re anche la scelta consapevole di un No-me e di un Volto divino. Forse il romanzodi Kristin Harmel potrebbe costituire, aproposito, un spunto buono di ricerca.

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prattutto apprenderà che imparare dai pro-pri errori è l’unico modo per progredire.Un romanzo principalmente sull’amorein tutte le sue dimensioni, anche se: «Al-cuni tipi di amore sono più potenti di al-tri. Questo non significa che non sianotutti autentici. Alcuni amori tentiamo difarceli andare bene ma non calzano maidavvero a pennello. Altri sono amori frabrave persone che si ammirano a vicen-da e con il tempo imparano ad amarsi. Poi esiste l’amore che tutti abbiamo l’op-portunità di avere ma che pochi sono ab-bastanza saggi da scorgere o abbastanzacoraggiosi da afferrare. Quello è il tipo d’amore capace di cam-biarti la vita», perché la possibilità di ama-re esiste sempre, e se si ha anche il corag-gio di lasciarsi amare, si può sopportarequalsiasi cosa.

Una scelta consapevole

pa questo tipo di attenzione per questa mu-sica che sembrava non avere mercato per i di-scografici e ottengono il meritato successo iSalvador, Marcos Witt, Juan Luis Guerra, Ja-ci Velasquez, Daniel Calveti, Sara Torres.

Artisti a servizio della Parola di Dio

Questi cantanti, con le loro canzoni, riem-piono i palazzetti e gli stadi e riescono adiffondere la Parola di Dio attraverso tuttii generi musicali che piacciono ai giovani:hip hop, blues, heavy metal, pop, reggae,rap, rock and roll, R&B, in cui i testi si rifan-no ai valori del Cristianesimo. Nei video pre-senti su Youtube si può vedere come que-sti concerti si trasformano durante la perfor-mance in canto di lode. Questo tipo di pro-duzione si differenzia dal genere di musi-ca liturgica e dal rinnovamento portato dalConcilio Vaticano II in ambito cattolico

La musica cristiana nella Top Ten

Mariano Diotto

La classifica dei CD più venduti di solito vie-ne guardata dai discografici con occhi diver-si rispetto al pubblico che acquista la mu-sica. Per i primi è il risultato di uno sforzoorganizzativo e di management che porteràsoddisfazioni umane e personali, ma ancheun ritorno economico, per i secondi inve-ce è il poter scegliere le canzoni che comu-nicano di più e che ti permettono di vive-re particolari emozioni e sensazioni che ma-gari verranno ricordate per tutta la vita.Negli Stati Uniti non stupisce più che can-tanti di ispirazione cristiana raggiungano levette della classifica anche perché sono mu-sicisti a tutti gli effetti prodotti e curati co-me qualsiasi altro cantante.La musica d’ispirazione cristiana chiamataora Musica Cristiana Contemporanea(CCM) nasce negli anni 1960-1970 grazie adun gruppo di sensibilizzazione che si chia-mava Jesus Movement sorto nell’ambito delProtestantesimo. Questa musica non nascedal tradizionale Gospel ma dal rock and rollche imperava in quegli anni. Solo negli an-ni 80-90 le grandi case discografiche ameri-cane si accorgono di questo nuovo fenome-no e iniziano a produrre cantanti che ancoroggi raggiungono le Top Ten: Michael W.Smith, Jars of Clay, Amy Grant, Paul Baloche,Steve Curtis Chapman, Eoghan Heaslip, Sa-ra Groves, Rachel Lampa, Casting Crowns,Chris Tomlin, Brian Doerksen, Tim Hughes,Tobymac, Third Day, Avalon, Bebo Norman,Bethany Dillon, Building 429, Cece Winanssono solo alcuni dei più importanti.Anche nei paesi dell’America latina si svilup-

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«But the voice of truth tells me a differentstory, and the voice of truth says: “Do notbe afraid!” And the voice of truth says:“This is for My glory”, out of all the voicescalling out to me, I will choose to listenand believe the voice of truth.» (Ma la voce della verità mi raccontauna storia diversa. E la voce della verità,dice: “Non abbiate paura!”. E la voce del-la verità, dice: “Questo è per la mia glo-ria”. Di tutte le voci che mi chiedonosceglierò di ascoltare e credere alla vo-ce della verità).

perché non sono canti “da proporre in chie-sa” ma vogliono raggiungere un pubblicopiù vasto, anche al di là dei credenti.Attualmente, negli USA le vendite della mu-sica di ispirazione cristiana sono superioria quelle della musica classica, jazz, latina,new age e colonne sonore e sono nati ad-dirittura i Christian Music Awards che laBroadcast Music Incorporated (la societàche tutela i diritti degli autori delle canzo-ni) ha voluto, viste le copiose vendite di que-ste canzoni. Inoltre è stato istituito dal 2012un premio speciale per la Best ContemporaryChristian Music Song all’interno della premia-zione internazionale dei Grammy Awardsche è la manifestazione statunitense più im-portante di premiazione dei migliori artisti del-l’anno. Dalla fine degli anni ‘90 si è poi im-posto un ulteriore genere che si muove trala musica di lode e adorazione mixata conil rock e con il pop. I maggiori esponenti diquesto genere sono il movimento chiama-to Hillsong di cui alcune canzoni sono sta-te tradotte e attualmente sono cantate an-che nella liturgia: Shout to the Lord è solouna delle tante. I maggiori esponenti sono:Darlene Zschech, Reuben Morgan, HillsongUnited, Hillsong London, Hillsong Kids.

Casting Crowns: Musica e testi a confronto

Voice of Truth dei Casting Crowns è rima-sta per ben 14 settimane al primo posto nel-la Top Ten americana. Il loro album di de-butto dal titolo “Casting Crowns” è diven-tato velocemente uno degli album di debut-to più venduti nella storia della musica cri-stiana. Il terzo lavoro della band è intitola-to “The Altar and the Door” e ha raggiun-to al debutto la seconda posizione dellaclassifica Billboard e la prima nella classifi-ca Hot Christian Albums dopo la pubblica-zione nell’agosto del 2007. L’album “Cometo the Well” del 2011 è stato, nella settima-na del suo debutto, il secondo album piùvenduto negli Stati Uniti. Quindi un succes-so al di là di ogni più rosea aspettativa.Mark Hall, il leader dei Casting Crowns, de-finisce il loro lavoro come qualcosa di affi-ne a quello che il mondo chiama “predica-re al coro”. In conformità con il grande man-dato che Gesù ha dato ad ogni fedele, Halldescrive la loro musica come “ministero didiscepolato” per annunciare e diffonderela Parola di Dio con le parole del Mondo.

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ONE-DIRECTION

bello, frutto della nostra sapiente moder-nizzazione! Posto che non possiamo fa-re a meno della Parola così come si è ri-velata, modifichiamo la “parolina” perchéci faccia sentire in sintonia con i ragazzidei nostri cortili, delle nostre aule, dei no-stri corridoi: la “parolina” diventa “paro-laccia”. Sì, avete capito bene: ci sono so-relle veramente esperte nell’innovare ilcarisma! Sanno bene che i giovani di oggi non han-no bisogno di espressioni delicate e toc-canti, non sanno che farsene di frasi ap-passionate ed affettuose. Perciò predicano ed usano un parlare unpo’ trasandato, come il gergo giovanile, undiscorrere che non rifiuta il termine gros-solano, quando non addirittura volgare,e il vocabolo poco ortodosso, se non de-cisamente sopra le righe... Così, giusto per farsi capire dalle nuovegenerazioni, per incontrarle e stabilire uncontatto, insomma, per favorire l’annun-cio della Parola!E mi sono detta: ecco, cara Camilla, un si-stema accattivante! Così l’ho sperimentato all’oratorio: “Smet-ti di fare l’idiota!” ho gridato ad uno scal-manato in mezzo al cortile. Mi ha fissata stupito: “Ma sei una suora oche cosa?”...Non mi do pace: pensare che sembravaun modello educativo vincente!

Parola di C.

Parola, Parolina, Parolaccia

Lo confesso: ho passato tutto il mese digennaio a scartabellare tra gli interventisinodali sulla Nuova Evangelizzazione inonore di Don Bosco che è stato un fan-tastico “nuovo evangelizzatore” del suotempo, talmente nuovo da essere nuovoancora oggi, lui sì, mentre tante di noi pro-prio nuove non lo siamo più!Vogliamo abbatterci per questo? No davvero! Meglio dedicare le energiea cercare di capire che cosa si può fare pertenersi al passo coi tempi ed essereevangelizzatrici ancora nuove sebbene unpo’ acciaccate. Ebbene, sapete che cosaho scoperto? Che la soluzione è propriosotto i nostri occhi, dettata dalla sapien-za di alcune di noi che, con intuito sale-siano ammirevole, rivisitano il Fondatoree traducono nell’oggi le sue migliori tro-vate pastorali. Ma andiamo con ordine!Il motto del Sinodo è il grido paolino“Guai a me se non annuncio il Vangelo!”;perciò tutta l’evangelizzazione, nuova odatata che sia, non può fare a meno dicentrarsi sulla Parola, che deve essere fat-ta conoscere a tutti gli uomini. Se poi guardiamo a Don Bosco, lo scopria-mo capace di avvicinarsi al giovane tra-sformando la Parola in “parolina” all’orec-chio, cioè sussurrando al cuore di ogni ra-gazzo la proposta evangelica che egli sen-te rivolta proprio a lui.“Nulla di nuovo...” direte, ma qui viene il

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Nel prossimo Numero

DOSSIER: Tra Parola e parole. Il Verbo si fece carne

FILO DI ARIANNA: Il silenzio

COSTRUIRE LA PACE: Contro il peccato sociale

PASTORALMENTE: Il senso di un percorso

SI FA PER DIRE: Comunicazione e Reti di Relazione

GRAZIE, SANTITÀ, PER IL DONO PREZIOSO DEL SUO MAGISTERO ORDINARIO E STRAORDINARIO,

CHE CONTINUERÀ A GUIDARCI NEGLI ANNI A VENIRE E A CUI CI SIAMO COSTANTEMENTE ISPIRATE

COME ISTITUTO.MADRE YVONNE REUNGOAT FMA

CON TUTTE LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE

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