Pro.di.gio. n°I Febbraio 2015

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Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R. progetto di giornale BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO I - FEBBRAIO 2015 - ANNO XVI - LXXXVIII NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT Parlare di autismo si può Tutto sta nel cercare il limite oltre le diversità pagina 2 Sesso e disabilità Intervista a Maximiliano Ulivieri, parlarne per non renderlo un tabù pagina 3 Viaggiare in treno Accessibilità ieri e oggi pagina 5 Walk in progress Continuano con gran successo le escursioni in montagna con NuoveRotte e l’Ass. Insieme pagina 8

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Pro.di.gio. dal '99 è un bimestrale di informazione sociale indipendente che ha l'obiettivo di raccontare il mondo della disabilità attraverso persone, associazioni, progetti e proposte, in Trentino ma non solo. -------------------------------------------------------- In questo numero parleremo di accessibilità, tra criticità passate e sfide attuali, conosceremo meglio le tematiche legate all'autismo e di come l'affettività sia un bisogno di tutti.

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BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAPNUMERO I - FEBBRAIO 2015 - ANNO XVI - LXXXVIII NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT

Parlare di autismo si puòTutto sta nel cercare il limite oltre le diversità

pagina 2

Sesso e disabilitàIntervista a Maximiliano Ulivieri, parlarne per non renderlo un tabù

pagina 3

Viaggiare in trenoAccessibilità ieri e oggi

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Walk in progressContinuano con gran successo le escursioni in montagna con NuoveRotte e l’Ass. Insieme

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AUTISMO

Proprietà: Associazione Prodigio OnlusIndirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 TrentoTelefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437Sito Internet: www.prodigio.itE-mail: [email protected]. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).

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Direttore responsabile: Francesco Genitoni.Redazione: Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Carlo Nichelatti, Giuseppe Melchionna, Luciana Bertoldi, Sara Caon, Martina Dei Cas. Vignette a cura di: Maurizio MenestrinaHanno collaborato: Fabio Pipinato, Elisa Stefanati e i volontari di “Walk in Progress”, Giovanna Giugni(Consigliere Comunale Trento), Giusy Versace, Roberta Ziller, Massimiliano Ulivieri, Paola Maria Bevilacqua, Walter Venturelli, Dott.ssa Irene Colizzi-Coordinatrice Centri A.G.S.A.T. Onlus.In stampa: venerdì 30 gennaio 2015.

ACCESSIBIL ITÀ

Un probema ignorato e sottovalutato

Parlare di autismo si puòA cura di Lorenzo Pupi

Una lettera scritta con sincerità, amore ed amarezza, che ci ac-compagna nell’intimità di una

situazione difficile vissuta da migliaia di famiglie in tutta Italia.

Giusy Versace, ha voluto sfondare un muro di indifferenza che circonda l’e-sperienza di vita, sua, della sua famiglia e soprattutto di suo fratello autistico. Il suo appello è diretto, e da quando è stato pubblicato in rete, le sue parole hanno fatto il giro del web, colpendo l’attenzione di famiglie che vivono si-tuazioni simili, il mondo del giornalismo e del terzo settore. Abbiamo chiesto all’autrice della lettera di spiegarci bre-vemente cosa l’ha portata a condividere i suoi pensieri, le sue ansie e paure nel tentativo di aprire un dibattito duraturo sul tema dell’autismo in età adulta coin-volgendo l’opinione pubblica, il mondo

della ricerca e delle istituzioni. A tal proposito abbiamo ritenuto opportuno coinvolgere nel dibattito, A.G.S.A.T. On-lus, ente attivo nella provincia di Trento che si occupa di autismo, e che grazie al contributo della Dott.ssa Irene Colizzi, Coordinatrice Centri Agsat, ci chiarirà alcuni punti cardine di questa condi-zione. Un punto di vista sull’attuale situazione, aprirebbe un ponte comuni-cativo tra diverse esperienze regionali. Speriamo che spunti e sinergie possano in qualche modo aiutare o almeno dare una prospettiva alle tante famiglie che ogni giorno vivono o convivono con l’autismo.Ciao Giusy, innanzitutto grazie di aver condiviso con noi le tue parole, cosa ti ha portato a mettere nero su bianco questa storia e a condividerla in rete?

“La lettera nasce da un intimo sfogo,

per l’angoscia e la sofferenze che accom-pagnano tutte le famiglie che, come noi, condividono la disabilità, e in particolare l’autismo.

Ma non vuole esser solo quello e quindi rimanere fine a se stesso, ma vuole spro-nare le conoscenze, vuole accendere una luce e rompere il silenzio assordante che avvolge le persone come noi. Le famiglie sono isolate e non hanno i mezzi e le tutele per prendersi cura in modo idoneo per i loro figli. Mi auguro quindi,che finalmente si possa concretizzare qualcosa per tutti questi “invisibili dello Stato”. Perché le Isti-tuzioni governative, regionali e comunali hanno il dovere di occuparsi e rispondere alle necessità dei deboli. Dobbiamo esser uniti perché noi abbiamo le soluzioni ed amiamo incondizionatamente i nostri figli, ed insieme “il Diritto di vita”.

Con stima, Versace Giusy

A.G.S.A.T“La realtà di una persona autistica è una massa interattiva e confusa di eventi, persone, luoghi, rumori e segnali. Niente sembra avere limiti netti, ordine, significato” (Therese Joliffe in Temple Grandin)

Gran parte della vita delle persone con autismo è dedicata allo sforzo nel riordinare questo caos, nello scoprire le leggi che governano il mondo, le

persone e le relazioni poiché, a differenza delle persone “neurotipiche”, nell’autismo manca un programma che permetta di comprendere tutto questo in maniera in-tuitiva. Un autistico quindi, nel suo percorso di crescita può avere la fortuna e le risorse per riuscire a creare questo ordine, nei pensieri e nelle percezioni, tanto da poter raggiungere un adeguato livello di autonomia e un soddisfacente livello di qualità di vita. Alcuni perso-naggi famosi sono testimonianza di questo percorso (Temple Grandin, Donna Williams, Einstein), purtroppo però, per tanti, questo non accade e il mondo resta un luogo minaccioso ed imprevedibile. Quello che tuttavia accomuna tutte le persone autistiche (e anche i “neurotipici”) è il bisogno di autorealizzazione. Se il bambino ha la necessità di rassicurazione, protezione e contenimento, l’autistico adulto, come qualsiasi altro essere umano, ha bisogno di trovare il proprio spazio nel mondo e di sentirsi competente in qualcosa: dalle cose più piccole come riuscire ad essere autonomo nella cura della propria persona a cose più impegnative come attività lavorative. Ovviamente il sentirsi competenti passa attraverso la relazione con l’altro e cioè il fatto di sentirsi riconosciuto, valorizzato e parte di un gruppo, insomma “ingranaggio del mondo”.In tutto questo mi chiedo cosa possiamo fare noi per favorire questo processo? Come possiamo fornire un aiuto adeguato?In primis, a mio parere, è necessario riconoscere che i bi-sogni speciali nell’autismo sono ancor più speciali rispetto ad altre disabilità. Questo non vuole essere un giudizio di valore o un criterio di priorità bensì il riconoscimento di una maggiore complessità nel rapportarsi a questo tipo di disturbo rispetto ad altri. Da questa considerazione nasce poi la necessità di avere un bacino di professionisti altamente specializzati.

Secondo: osare, rischiare, ovvero creare opportunità, mettersi in discussione. Ogni autismo, così come ogni persona, è particolare e singolare e non esiste un trat-tamento o un’attività che possa andare bene per tutti. Il rischio maggiore è quello di fermarsi all’apparenza della persona autistica (che altro non è che il nostro pregiudizio) e proporre qualcosa di standardizzato e al di sotto delle potenzialità, che, per quanto nascoste, sono infinite.

Dott.ssa Irene Colizzi, Coordinatrice Centri A.G.S.A.T. Onlus

Le amare considerazioni di chi convive con l’autismo

Lettera a mio fratello

Ciao, sembra strano, ma alla fine ho deciso di scriverti. Si, ho deciso che saranno le parole a mostrare il mio

amore per te. Non sarà tutto rose e fiori, ti avverto però, lo faccio anche perché difficilmente potrai replicare, perché tu non leggerai mai questa mia ricerca disperata di te.

Perché tu non leggi, eppure senti, per-ché non scrivi, ma a tratti parli. In certi momenti mi guardi, ed è li che colgo la parte più intima e profonda della tua ani-ma e per un millesimo di secondo appari uguale a noi.

Però una cosa te la devo dire, quando urli non mi piace per nulla. Quando co-minci a dare i pugni sul tavolo e sulle porte delle stanze, gridare vocalizzi senza sen-so, di giorno e di notte, andando avanti e indietro per casa, quando prendi a botte i nostri genitori e ripeti ossessivamente le stesse cose Bhe.. questo non mi piace proprio.

Alla fine del tuo show chiedi scusa e piangi come un bimbo piccolo, ti avvicini a mamma, le accarezzi il collo e le dici: “scusa Mamma... scusa “

Sai gioia mia, noi vorremmo aiutarti, vorremo cercare di rasserenare la tua esi-stenza, proteggerti da un mondo intorno a te che non ti merita, perché ha paura di te. Ti definisce un “mostro” un “diverso”. Ti usano per il loro business, monetizzano la nostra sofferenza, perché loro sono i Dottori, sono i cosiddetti “esperti” che do-vrebbero aiutarti ed aiutarci. Ma poi che fanno, demandano tutto a teorie illogiche fatte di trattati, di cinismo. Dell’ego di chi ascolta solo se stesso manipolando chi gli sta di fronte, sicuri del fatto di essere più forti, perché non toccati dal dramma, dalla vergogna, dall’insicurezza e dal bisogno disperato di aiuto.

Tu questa gente spietata l’hai cono-sciuta bello mio, hai avuto la disgrazia di imbatterti in educatori senza morale, in psichiatri e psicologi falliti che utilizzano la loro laurea, pluridecorata, solo per esercitare la loro smania di ambizione o servilismo al potere delle lobby farma-ceutiche, imbottendoti di quelle pillole gialle e bianche, in modo da annullare il tuo spirito e renderti un automa sotto il loro controllo.

Per te loro erano il tuo mondo le tue certezze e loro hanno distrutto la nostra vita, il nostro progetto. Ti hanno scaricato

come si fa per un pacco andato a male, senza nessuna carità, senza alcun rimorso. Le stesse persone che ti hanno detto di volerti bene alle quali ti abbiamo affidato con l’amore e la fiducia che si ha per chi si rispetta e stima. Sai, loro non ti soppor-tavano più, si erano stufati del tuo modo di essere, ti volevano zitto, silenzioso, un vegetale che non desse noia e fatica.

Eppure tu sei così speciale, perché sei una creatura che ha semplicemente biso-gno di amore, di punti fermi, di qualcuno che ascoltasse di più le tue esigenze, che poi non sono nulla di che: chiedono solo pace, stabilità, metodicità, pazienza, passione, contatto, attenzione.

E adesso siamo soli, noi e te,... te con noi che, spaesato e stordito non comprendi il perché e noi non riusciamo a darti quelle certezze che tu chiedi. Perché tu non sarai mai una persona come le altre, tu non andrai mai al cinema da solo, tu non “caz-zeggerai” mai con i tuoi amici, non avrai mai una ragazza, non farai mai forca, non potrai mai avere dei figli, avere un lavoro e stressarti della quotidianità, attivarti per gli altri, fumarti una sigaretta, casomai di nascosto dai nostri genitori. Non potrai mai tornare tardi a casa, viaggiare da solo e vivere con i limiti e le insicurezze di noi definiti “normodotati”.

Tu non sarai mai un fratello, tu sei un “Autistico” tu non avrai mai una vita vera. Ma cosa ne possono sapere gli altri, nulla.

Possono solo darci quello schifo di pietà che solo i vili riescono a dare. Solo noi ti amiamo vita nostra, solo chi ti ha dato alla luce riesce veramente a capirti, ma loro sono soli, beffeggiati non considerati ed umiliati da coloro che si definiscono “esperti”. Costretti a metter in piazza il loro dolore per ricevere attenzione. Disperati perché si sentono impotenti e a volte responsabili, in colpa e logorati dalla paura di non riuscire a difenderti in modo giusto.

Chi vive con te, chi vive di te ha la solitudine a fargli compagnia, e quello Stato “amico” si sciacqua la bocca con populismi di basso livello senza saper un beato corno di voi, di Noi, facendo finta che non esistiate inducendo i disperati ad un unica soluzione: il suicidio e l’omicidio per porre fine a tutto.

Ma io ti giuro che non permetterò mai che ciò accada, e ti prometto che finché avrò fiato mi batterò per te, per voi. Cer-cando di arruolare sempre più soldati e guerrieri ed insieme sconfiggeremo questi “mostri”.

Ti voglio un mondo di bene piccolo mio, perché per noi tu sei e sarai sempre il nostro piccolo di casa ed il tuo, raro ma unico, sorriso scalda i nostri cuori e ci rende più forti e pronti alla battaglie che verranno.

Giusy Versace(sorella di un ragazzo autistico)

i ragazzi di AGSAT appena terminata la creazione dello spaventapasseri da regalare all’orto del Ristorante Al Barba.

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Sfogliare un giornale di alcuni anni fa do-vrebbe essere un tuffo nel passato, come aprire un album di foto che non vedi

da tempo, ma purtroppo capita di guardarsi indietro e scoprire di non aver fatto poi tanta strada.

Un esempio è quello dei trasporti pubblici, noto tasto dolente in Ita-lia, che diventa ancora più stonato quando tocca le esigenze di alcuni viaggiatori, come le persone con disa-bilità o a mobilità ridotta, che vogliono spostarsi con i mezzi pubblici.

Nel maggio del 2000 il presidente dell’Associazione Prodigio Onlus, Giuseppe Melchionna, raccontava in un articolo le peripezie di un viaggio in treno da Trento a Roma, analizzando pregi e difetti del servizio di assistenza offerto, articolo che potete leggere su www.prodigio.it.

Pur descrivendo il viaggio confortevole, non erano mancate le criticità; difatti in quegli anni per salire a bordo dell’Eurocity la persona in carrozzina doveva preventivamente avvisare la stazione, previo acquisto della carta blu che consente di viaggiare con l’accompagnatore, e presentarsi almeno mezzora prima della partenza presso il deposito bagagli. Il largo anticipo era necessario per consentire agli ad-detti di mettere in funzione il carrello elevatore e caricare la persona sul treno.

Questo spostamento lento e macchinoso veniva paragonato da Giuseppe al trasporto che si riserva ad un pacco da caricare nella

stiva insieme ai bagagli.Il sistema utilizzato allora non

permetteva quindi uno sposta-mento in vera e propria autonomia, dovendo sempre dipendere dalle tratte e dagli orari dei treni attrezza-ti e dal personale, preventivamente allarmato, per salire a bordo e ov-viamente scendere una volta giunti a destinazione.

Sebbene oggi molti treni di nuova generazione siano notevolmente più accessibili rispetto ad alcuni anni fa, molte tratte minori e regionali sono servite dai soliti vecchi vagoni, alti, stretti e inaccessibili, e ancora oggi il disabile in carrozzina viene letteralmente infilato a bordo per mezzo del carrello elevatore.

Rendere accessibile un servizio significa però prevedere le possibili esigenze di qua-lunque viaggiatore, dandogli la possibilità di muoversi in autonomia, e restando a dispo-sizione per eventuali necessità. Permettere anche a chi si muove in carrozzina di salire a bordo in maniera indipendente, prevedere il binario a livello dell’accesso al vagone, per esempio, consentirebbe a tutti di spostarsi più agevolmente, rendendolo finalmente un bene comune fruibile da parte di un numero

sempre maggiore di persone.Spesso difatti sono sufficienti tre gradini

di metallo a fare la differenza tra muoversi e restare a terra, quasi fossero incaricati di una crudele selezione all’ingresso.

Fatto sta che ancora oggi se una persona con mobilità ridotta volesse uscire di casa per pren-dere un treno, senza “allertare la protezione civile con largo anticipo” per così dire, proba-bilmente incontrerebbe una o più barriere che glielo impedirebbero; il dislivello tra il binario e il vagone, la dimensione della porta, o ancora la disponibilità o meno di posti riservati adatti ad accogliere una carrozzina non dovrebbero essere variabili da verificare prima di ogni spo-stamento, bensì servizi minimi per rispettare le esigenze di tutti i viaggiatori.

Oggi, come ieri, ci sono persone che vorreb-bero viaggiare liberamente ma non possono perché

sono costrette ad affrontare una lunga se-rie di ostacoli, se non perfino a desistere dal

compiere alcuni spostamenti in quanto im-praticabili. Al giorno d’oggi in Italia i treni sono tra i mezzi pubblici meno accessibili, e non mancano mai le critiche. Molti passeggeri con difficoltà motoria hanno fatto presente le loro

necessità, ma spesso la convinzione di essersi già adoperati a sufficienza per rispondere a queste esigenze, porta ancora a considerare strumenti come i carrelli elevatori dei validi ausili per salire su un treno.

Ancora oggi, per rendere agibili molte tratte, non si è trovato un modo alternativo rispetto alla gru gialla con luci e sirene che solleva il disabile e lo infila letteralmente nel treno, come dimostra la testimonianza di Max Ulivieri, che abbiamo intervistato su questo numero a pagina 5, in un recente articolo sul suo blog del ilFattoQuotidiano.it. Sembra impossibile che dopo 15 anni non si sia riusciti a trovare un modo più semplice per salire su un treno, quando ciò che da anni chiedono i passeggeri disabili è solo di essere messi nelle condizioni di potersi arrangiare, e viaggiare

come tutti senza dipendere sempre dagli altri.Purtroppo ci vorrà del tempo affinché i tra-

sporti vengano “sbarrierati”, e non solamente le tratte più importanti, in quanto permettere a chiunque di poter salire e scendere agevol-mente e in autonomia da un mezzo, rende-rebbe l’intero sistema più accessibile a tutti.

Sembrerebbe assurdo sfogliare un giornale di 15 o più anni fa e trovarlo ancora attuale, come nuotare anni contro corrente e accor-gersi di non essersi allontanati molto dalla riva, ma se dei bisogni non vengono ascoltati, vanno ribaditi e pretesi, a costo di doverne scrivere ancora per i prossimi 15 anni, perché non riuscire ad andare avanti è grave quasi come tornare indietro, rendendo il percorso già spesso arduo della disabilità quasi un subdolo gioco dell’oca.

L’attualità disarmante della testimonianza di Giuseppe dimostra quanta strada ci sia ancora da fare per permettere a chiunque di potersi spostare in autonomia per tutta Italia.

Giulio Thiella

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Accessibilità ieri e oggi

Viaggiare in treno

Giuseppe Melchionna nel 2000 durante le manovre di saita sul treno

Segnalazioni alla Redazione. Per abbattere le barriere architettoniche non basta conoscere le normative devono essere anche applicate

Trento accessibile?

La città di Trento riserva talvolta sor-prese sgradite ai cittadini con disa-bilità motoria. È il caso dell’Ospedale

S. Chiara che presenta un ingresso molto complicato per chi si muove in carrozzina. Parliamo dell’ospedale cittadino per eccel-lenza e sorge il dubbio che questo aspetto sia stato trascurato, forse in attesa dell’ade-guamento del NOT, il nuovo ospedale che sorgerà alle ex Caserme.

Ma anche al Tribunale di Trento le cose non vanno meglio. Il campanello per l’ac-cesso ai disabili è circondato, fin dalle prime ore della mattina, dalle biciclette, risultando inaccessibile per il disabile in carrozzina che volesse effettuare l’ingresso. Questi fatti sono oggetto di due distinte interro-gazioni comunali che hanno lo scopo di far chiarezza sugli obblighi di legge e le azioni concrete da adottare.

1. Accesso Ospedale Santa Chiara

Come dimostrato anche dalle immagini allega-te, l’ingresso principale dell’ospedale cittadino, l’Ospedale S.Chiara, è pri-vo delle entrate idonee ad essere utilizzate dai di-sabili, perché necessitano l’apertura con maniglia. Apertura che richiede una serie di operazioni difficili se non impossibili per chi si muove in modo non autonomo. Nelle strutture pubbliche, soprattutto quelle molto frequentate come gli ospedali, sono necessarie porte automatiche, do-

tate di sensori, idonee ad essere utilizzate dai soggetti a ridotta mobilità.

Trento, 16 gennaio 2015

2. Campanello Tribunale di Trento

Il Tribunale cittadino è dotato di un cam-panello per effettuare la chiamata da parte dei disabili, ma risulta quotidianamente inaccessibile per la presenza di numerose biciclette parcheggiate tutte intorno. Que-sto impedisce a chi si trovi in condizioni di ridotta mobilità di arrivare a suonare il suddetto campanello e costituisce una limitazione illegittima.

Trento, 16 gennaio 2015

“Sentirsi un pacco”di G. Melchionna,

pro.di.gio. maggio 2000

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CARCEREVITA DIFF IC ILE

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Programma d’azione sulla disabilità

Fondo per le Non Autosufficienze

Il Dpr 4 ottobre 2013 ha adottato il Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, elaborato dall’Osservatorio nazionale sulla condizione

delle persone con disabilità. Il Programma prevede 7 linee di inter-vento e 140 azioni, alla cui applicazione sono chiamati attori istituzio-nali e non, su specifici ambiti: accertamento e presa in carico, salute, scuola, lavoro, vita indipendente, autonomia personale, accesso ai servizi, cooperazione internazionale. A un anno dalla sua adozione nessuna azione è stata ancora avviata, salvo una misura presente nel decreto di riparto del Fondo per le Non Autosufficienze (Fna) 2014. Esso stabilisce, infatti, che la quota destinata al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, pari a 10 milioni di euro, sia indirizzata ad azioni di natura sperimentale volte all’attuazione del programma di azione biennale, per la linea di attività “Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società”.

Il decreto stabilisce, inoltre, che la quota del Fondo destinata alle Regioni, circa 340 milioni, venga usata in parte per l’attuazione “dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti” e in parte (40%) per “gli interventi di assistenza domiciliare diretta e indiretta a favore delle persone in condizione di disabilità gravissi-ma”. Rimangono nel decreto alcune criticità: tra le finalità troviamo voci che consentono l’uso delle risorse non per interventi diretti alla persone quanto per le “spese di struttura” come il funzionamento delle Unità di valutazione multidisciplinare (Umv) e il potenziamento dei Punti unici di accesso (Pua), oltre a contenere un’approssimativa definizione della gravissima non autosufficienza.

La spesa sociale sulla disabilità:Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2011 è stato destinato alla

disabilità il 23,2% della spesa sociale comunale, per un valore di 2.886 euro per abitante con disabilità. L’andamento della spesa per quest’area, nonostante una crescita rispetto al 2010, mostra un ral-lentamento. Inoltre, se già dal 2011 si riscontrano variazioni di segno negativo in diverse Regioni, nel 2012 secondo alcune anticipazioni fornite dall’Istat, si registra addirittura una prima diminuzione della spesa per l’area disabili a livello nazionale (-0,1%).

Il Centro e il Sud hanno la più bassa percentuale di spesa per disabilità (rispettivamente 19,5% e 19,2%) ed è al Sud che si registra la più bassa spesa procapite (777 euro contro i 5.370 del Nord-Est). Concentrandoci sulle prestazioni, a livello nazionale la spesa comu-nale per l’assistenza domiciliare rivolta alle persone con disabilità (233.579.636 euro) continua ad essere inferiore a quella destinata alle strutture residenziali (264.224.520 euro), a cui si deve aggiun-gere la compartecipazione degli utenti (51.629.262 euro, per una compartecipazione media per utente pari a 2.326 euro) e quella del Ssn (86.702.108 euro).

Anche la spesa media per utente varia notevolmente: si registrano per esempio 3.478 euro annui per utente in assistenza domiciliare socio-assistenziale contro gli 11.903 in struttura residenziale (a cui va aggiunta la compartecipazione di utenti e Ssn).

Differenze territoriali si riscontrano anche in termini di presa in carico. Fruiscono dell’assistenza domiciliare socio-assistenziale mediamente 7 persone con disabilità su 100. Mentre gli utenti delle strutture residenziali variano dallo 0,3% del Sud al 9,6% del Nord-Est.

(Fonte: Istat, Indagine censuaria sugli interventi e i servizi sociali dei Comuni singoli e associati. Anno 2011, maggio 2014)

Un confronto con l’Europa:Considerando la spesa in protezione sociale per sanità, previdenza

e assistenza, nel 2011 la spesa rivolta alle persone con disabilità è stata pari in Italia al 5,8% del totale a fronte del 7,7% della media europea, collocandoci tra i paesi con le quote più basse di spesa destinata alla disabilità:

Secondo i dati Eurostat, tra il 2003 e il 2011 la spesa per disabilità ha registrato in Italia un incremento superiore al 20%: la spesa complessiva pubblica è passata da 21,2 miliardi di euro a quasi 26 miliardi di euro. Eppure la spesa pro capite italiana che si aggira sui 413,90 euro, se messa a confronto con i principali paesi europei, si attesta su livelli piuttosto contenuti. In Francia si spendono 551 euro, in Germania 700 euro, in Svezia 1.163 euro, e anche in Spagna si spende di più, 417,28.

(Fonti: Istat, Rapporto annuale 2014, maggio 2014; Censis, Unipol, Integrare il welfare, sviluppare la white economy, luglio 2014)

La Redazione

Tra utopia e tutela dei diritti un’interessante proposta di azione nasce in seno al gruppo di lavoro “Sbilanciamoci 2015 “

Reddito minimo garantito?

Come usare la spesa pubblica per i diritti, la pace, l’ambien-te? La contromanovra del

gruppo di lavoro “Sbilanciamoci 2015” rappresenta un esercizio di democrazia dal basso frutto di un lavoro collettivo che abbraccia diversi temi social e le rispettive competenze. Le proposte avanzate sono il frutto collettivo del lavoro di molte persone che appartengo-no a 46 organizzazioni diverse tra cui Libera, WWF, Unione Studenti, Cnca, Altraeconomia, Antigone, Reorient, Arci, FISH e molte altre, che si confrontano ogni giorno con i danni e i disagi provocati dalle scelte economiche dell’Europa e dell’Italia, che continuano a privilegiare gli interessi di pochi ai danni dei diritti della maggioranza. Secondo il grup-po di lavoro è la democrazia la prima vittima dell’Europa monetaria, che condiziona con le sue azioni, i tempi e le procedure di scelte che influen-zano la nostra vita senza consentirci di partecipare. Seguire questa dire-zioni implica dare soluzioni attuabili e sostenibili. Tra quelle che ci hanno colpito di più vogliamo riportare la sperimentazione del reddito mini-mo garantito.

Quello che forse manca è una po-litica e un mercato capaci di andare in questa direzione. Di certo investire sulle persone e sul benessere po-trebbe rappresentare un’occasione di riscatto sociale e di investimento per un futuro, in cui la forbice tra le disuguaglianze è sempre più ampia. È difficile porsi all’esterno del sistema economico e provare a ridisegnare strade alternative, che vedano la tutela dei diritti umani e ambientali come un investimento primario sul welfare e un’occasione di crescita.

La sperimentazione del reddito minimo garantito e il rapporto in oggetto, nasce in concomitanza di una crisi economica pesante. Da un lato vi è l’urgenza di aumen-tare l’occupazione e alzare i salari, dall’altra è necessario riflettere su quali siano le forme istituzionali più ade-guate a garantire ai lavoratori disoccupati, inoccupati, pre-cari e inattivi una prospettiva di reddito e condizioni di esistenza dignitose, anche in presenza di una discontinuità lavorativa.

Stando a quanto affermato nello studio, il nostro sistema di welfare è, per frammenta-rietà e categoricità dell’inter-vento, del tutto insoddisfa-cente nell’offrire tutele adeguate ai soggetti più esposti ai rischi di esclusione sociale, espulsi dal mer-cato del lavoro o che non riescono ad entrarvi.

Il reddito di cittadinanza e il red-dito minimo garantito, sembrano essere concepiti per essere coerenti con il mercato del lavoro attuale e per contrastare la pauperizzazione crescente nella società. Il reddito di cittadinanza consiste nel garantire un reddito incondizionato e univer-sale a tutti i residenti. I suoi pregi consistono nella capacità di ridurre rapidamente le disuguaglianze re-distribuendo la ricchezza. In questo scenario vi sarebbe una condivi-sione da parte della società, come dividendo sociale, dei benefici della produttività del lavoro, oggi esclusi-vamente appropriata dal profitto.

Invece i limiti risiedono nei costi elevati, nella necessità di ridisegnare

tutto il sistema di protezione sociale e nella ricerca di un sostegno politico oggi assai limitato.

I costi del reddito di cittadinanza sono elevati, sia per la connessa diminuzione delle entrate fiscali sia per l’ampiezza della popolazione che ne beneficerebbe come con-tributo pubblico. Prendendo come riferimento i dati delle dichiarazioni fiscali dei redditi 2011, si stima che la platea potenziale dei beneficiari del salario di cittadinanza a carico dello Stato sarebbero, nell’ipotesi di 500 euro mensili, circa 25-27 milioni di persone: 20 milioni che non hanno redditi, 2,2 milioni con redditi fra 0 e 1000 euro l’anno e la metà degli

individui con un reddito fra 1000 e 6000 euro l’anno per un costo lordo di circa 150 miliardi di euro oltre a circa 600 milioni di minori introiti fiscali.

A questo ammontare andrebbero sottratti i minori oneri per il sussidio di disoccupazione, per la cassa inte-grazione e per le altre agevolazioni previste dal sistema di welfare, con un costo netto di 120-130 miliardi di euro.

L’introduzione del reddito mini-mo garantito sarebbe finalizzata a ridurre la povertà nei periodi di disoccupazione e ricadrebbe inte-ramente nella sfera del welfare. Do-vrebbe trattarsi di un beneficio per gli individui in cerca di occupazione, sia i disoccupati che gli “occupabili”, per un periodo temporale definito e condizionato dall’effettiva attività di ricerca lavorativa.

Il reddito minimo garantito, nel

caso di una prima sperimentazione, potrebbe essere erogato solo agli individui in famiglie che si ritrovano nella condizione di povertà assoluta, ovvero con una capacità di spesa mensile inferiore a un paniere di beni di “sussistenza” e che sono in cerca di occupazione. Questo si traduce in termini monetari in un intervento di circa 4 miliardi di euro a beneficio di circa 764 mila persone. Estendere il reddito minimo garantito alle per-sone in cerca di occupazione, con l’esclusione dei soggetti inattivi sul mercato del lavoro, ne porterebbe l’impegno a oltre 13,5 miliardi di euro. Nell’ipotesi più ampia, stando ai dati emersi dall’indagine, il reddito

minimo garantito si rivolge-rebbe a una popolazione di circa 6 milioni di individui, di cui 3 milioni di disoccupati e 3 milioni di inattivi in cerca di lavoro, non considerando i 3 milioni di scoraggiati e richiederebbe, nell’ipotesi di un reddito minimo di 500 euro mensili, circa 36 miliardi lordi annuali.

All’atto pratico il discorso va calato nello scenario attua-le italiano. Il finanziamento del reddito di cittadinanza richiederebbe la rivisitazio-ne dell’intero sistema delle politiche del lavoro, sociali e fiscali e un investimento ingente, improbabile nell’at-tuale contesto economico e politico. “Sbilanciamoci

2015!” propone quindi la sperimen-tazione dell’introduzione di un red-dito minimo garantito di 500 euro per restituire dignità e assicurare un livello minimo di sopravvivenza a circa 764 mila persone che si trovano in condizioni di povertà assoluta e che sono in cerca di un’occupazione.

Tutto questo rappresenterebbe certamente un grande passo nella redistribuzione delle risorse mo-netarie e nell’investimento sulla persona, a patto però che non si tramuti nell’ennesimo sistema as-sistenziale che nel lungo periodo potrebbe rappresentare un pozzo senza fondo. Bisogna tendere ad un modello che incentivi invece l’auto-nomia e l’autodeterminazione della persona, in modo tale che il reddito minimo garantito sia un volano per contribuire allo sviluppo e crescita di una società più equa.

Lorenzo Pupi

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CARCEREVITA DIFF IC ILE

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L’importanza di avere qualcuno vicino

Apriamo il carcere agli affetti

Il 1 dicembre 2014 si è tenuto presso il carcere padovano Due Palazzi il convegno “Per qualche metro e un

po’ di amore in più”, un’occasione per riflettere sulla situazione di profondo disagio che si viene a creare quando un componente del nucleo famigliare viene ristretto.

Il convegno, organizzato da Ristretti Orizzonti, ha permesso di approfondi-re la questione degli affetti in carcere

grazie al contributo e all’intervento di esperti e rappresentanti delle istituzio-ni, di detenuti e famigliari che vivono ogni giorno sulla loro pelle la distanza incolmabile di un fratello, un figlio o marito che deve scontare una pena in prigione.

Permettere a chi è stato privato della libertà personale di coltivare gli affetti anche da dentro, passando un po’ di tempo con i propri figli e compagni, è un importante investimento per il fu-turo, in quanto questo legame affettivo spesso è l’unica cosa che collega ancora il detenuto al mondo esterno, e l’unico punto di riferimento una volta libero.

Durante il convegno sono stati individuati diversi punti di criticità riguardanti l’attuale sistema di visite e di comunicazione con la famiglia, ed è stato quindi stilato un elenco di misure auspicabili dirette a migliorare questi aspetti della vita dietro le sbarre.

Un primo punto molto importante sollevato durante il convegno riguarda le telefonate, concesse oggi esclusiva-mente su telefono fisso, previa doman-dina scritta e per non più di 10 minuti a settimana. Un’evoluzione augurabile riguarda quindi la possibilità di contat-tare più spesso l’esterno, permettendo

anche le telefonate ai cellulari.Molto sentita è stata anche

la proposta di raddoppiare le ore di visita mensili, da 6 a 12. Questo è un punto cardine della detenzione in quanto la famiglia rappresenta la rete di salvezza, il punto da cui ripartire una volta liberi, e se questo rapporto viene meno è probabile che il detenuto, una volta uscito, si ritrovi nuovamente senza alternative al reato.

Condivisa dagli esperti è anche la proposta di riforma per introdurre le visite intime; in Italia non sono previste visite riservate senza controllo visivo e della durata di alcune ore, come invece succede in gran parte del mondo. Poter passare del tempo da soli con il proprio compagno o compagna è forse il modo migliore per preservare e consolidare quei rapporti che rischiano di rompersi a causa di un lungo periodo di separa-zione forzata e poter coltivare i rapporti coniugali anche dietro alle sbarre aiuta a migliorare e spesso a ristabilire quei legami che la lontananza rischia di indebolire, nonché a vivere più serena-mente la permanenza lontano da casa.

Durante la conferenza, sperando in una riforma di questi aspetti, è stato stilato un elenco di misure immediata-mente attuabili da parte dell’Ammini-strazione penitenziaria, senza bisogno di ricorrere ad una riforma legislativa. Aumentare le telefonate e la durata di esse, allestire postazioni per permette-re ai detenuti di comunicare via Skype, abbattendo così anche i costi delle comunicazioni, o anche solamente migliorare le sale colloqui e permettere i pranzi con i parenti. Tutte queste misu-re potrebbero rendere la permanenza dietro le sbarre meno logorante per i detenuti e per i loro cari, cercando di mantenere saldi quei rapporti così importanti per il reinserimento nella società. Cercare di rendere il carcere un luogo più vivibile è possibile, tute-lando i legami e aiutando la famiglia in quell’opera di rieducazione che le pene detentive non riescono ad attuare.

Giulio Thiella

Un’analisi sugli sviluppi dell’ordinamento penale vigente

Il sistema sanzionatorio penale tra riforme in atto e prospettive evolutive

Il 16 e 17 ottobre 2014 si è tenuta presso la Facoltà di

Giurisprudenza di Tren-to la conferenza di diritto

penale “Il sistema sanzionatorio penale tra riforme in atto e pro-spettive evolutive”.

Per l’importante occasione sono giunti a Trento esperti e rappresentanti delle Istituzioni di tutta Italia come il prof. Francesco Carlo Palazzo, ordinario di diritto penale all’Università di Firenze, il prof. Luciano Eusebi, docente di diritto penale all’Università Cat-tolica del Sacro Cuore di Milano e il prof. Marco Pelissero, ordinario di diritto penale dell’Università di Genova.

Ad aprire i lavori la dott.ssa Daria De Pretis, nel suo ultimo impegno istituzionale da Rettrice, prima della nomina a giudice del-la Corte Costituzionale avvenuta il 18 ottobre con la chiamata del Presidente della Repubblica Napolitano.

Presenti alla conferenza anche la dott.ssa Antonia Menghini, professore aggregato di diritto penitenziario e il prof. Gabriele Fornasari, entrambi professori dell’Università ospitante.

Il prof. Palazzo ha lucidamente analizzato le principali criticità del sistema sanzionatorio vigente, in-quadrando il maggiore problema nella contraddizione che si viene a creare tra il sovraffollamento delle strutture carcerarie italiane e la sempre più diffusa convin-zione dell’ineffettività delle pene detentive per prevenire i reati e per rieducare chi li ha commessi.

È stato analizzato criticamente anche il ricorso alla detenzione domiciliare, in quanto fortemente discriminante verso chi un domi-cilio non lo possiede, andando a

creare una netta disparità di trattamento rispetto alle stesse tipologie di reato.

Un passo nella direzione giusta è rappresentato dal crescente ri-corso al modello di giustizia ripa-rativa, come sistema di soluzione delle controversie che mira a far incontrare e confrontare autore e vittima, cercando di riparare al danno causato dal reato.

Dopo l’intervento di Palazzo ha preso parola il professor Eu-sebi, che ha ricordato come negli anni ‘90 fossero ancora pochi gli studiosi che davano rilevanza al modello di giustizia riparativa, vista come una via difficilmen-te percorribile nell’ambito del diritto penale. L’illustre docente si è dimostrato soddisfatto dei passi avanti compiuti in questa direzione negli ultimi vent’anni, auspicandosi come il collega che l’ha preceduto che il diritto penale assorba sempre più i prin-cipi riparativi proposti da questo modello.

Il prof. Eusebi ha fornito una panoramica chiara ed esaustiva delle maggiori criticità da lui rile-vate riguardo la determinazione della pena, ciecamente applicata in maniera aritmetica, diventan-do così un raddoppio del male inflitto e non più un corrispettivo per il danno realmente causato,

che non verrà quindi adeguata-mente riparato.

Concepire quindi le pene non unicamente come privative della libertà permetterebbe di rallen-tare il flusso di ingressi in carcere e di abbattere gli alti tassi di recidiva causati dalla detenzione.

Una norma è autorevole non quando punisce più severamen-te determinati comportamenti, bensì quando è sentita come giusta da parte della popolazio-ne, ottenendo quindi consenso e rispetto.

Il prof. Eusebi lancia anche un appello, affermando la necessità di utilizzare strumenti che si sono dimostrati molto funzionali in altre esperienze europee, come ad esempio gli istituti della mes-sa alla prova o della mediazione penale, entrambi con l’obiettivo di trovare un’alternativa convin-cente alla carcerazione.

Le riflessioni dei docenti e degli esperti che sono intervenuti in questi due giorni di conferenza hanno permesso ai numerosi partecipanti di approfondire l’evoluzione legislativa che ha caratterizzato gli ultimi anni e che ha messo le basi per un di-ritto penale meno repressivo e più attento alla rieducazione e al reinserimento.

Giulio Thiella

Il professor Luciano Eusebi Il prof. Palazzo e il prof. Fornasari

Per introdurre il tema dell’affet-tività abbiamo chiesto a Max Ulivieri di parlarci del suo libro

“LoveAbility - L’assistenza sessuale per le persone con disabilità”, con il quale cerca di far luce su questo aspetto fondamentale della vita di tutti.Ciao Max, ci racconti brevemente chi sei e da dove nasce l’idea e il bisogno di scrivere il libro “LoveAbility”?Mi chiamo Maximiliano Ulivie-ri, ho 44 anni. Vivo a Bologna da 4 anni ma sono nato e cresciuto in Toscana. Ho una patologia che si chia-ma C.M.T. - 1A. Questa malattia mi ha portato a non camminare fin da piccolo, pesare 33 kg. e diventare un “mucchietto di ossa storte”. Mi piace definirmi così. Sono sposato da 6 anni. Lavoro nel campo del turi-smo accessibile dal 2009 con il portale da me creato www.diversamenteagibile.it che si occupa di raccogliere reportage di strutture e viaggi accessibili a persone con disabilità. Negli anni ho spesso scritto in un mio blog personale, raccontando della mia vita, anche a proposito dell’affettività e la sessualità. L’ho sempre fatto nel modo più diretto e schietto possibile. Questo mi ha portato a ricevere molte mail e commenti di persone che vivono le stesse problematiche. Ho iniziato a scoprire sempre più questo mondo troppo spesso nascosto per timori, tabù. Ho pensato da prima di creare un contenitore di queste storie, pubblicandole su www.loveability.it. L’idea è quella di mostrare come molte persone con disabilità se ne hanno

l’occasione, la possibilità, l’aiuto e anche la fortuna, possono vivere l’affettività e la sessua-lità in modo soddisfacente per se stessi e per il proprio/a partner. È questo il primo messaggio che voglio far passare. La società si deve attivare per garantire le capacità di muoversi, comuni-care, vivere la quotidianità delle persone con disabilità. Questo farà sì che ci sia più possibilità di avere relazioni. Alcune persone però per una serie di motivi, oltre a quello della disabilità, anche familiari, non hanno mai potuto vivere la sfera dell’affettività e della sessualità. Il libro è il punto di riferimento per chi vuole sapere cosa

sia l’assistenza sessuale alle persone con disabilità.Partendo dal fatto che la legge 104/92, che sancisce i diritti del disabile, non tratta degli aspetti relativi all’assistenza sessuale, quale evoluzione normativa auspichi?Sancire i diritti è una cosa, farli rispet-tare un’altra. Quello che mi auspico è che l’Italia rispetti la dichiarazione dei diritti mondiali, che tra l’altro ha firmato. Mi riferisco a questa:

World Association of Sexology, 1999. I diritti sessuali sono diritti umani fon-damentali ed universali. “La sessualità e parte integrante della personalità di ogni essere umano. Il suo pieno sviluppo dipende dalle soddisfazioni dei bisogni umani basilari come il

desiderio di contatto, intimità, espressione emozionale, piacere, tenerezza e amore. La ses-sualità si costruisce attraverso l’interazione tra l’individuo e le strutture sociali. Il pieno sviluppo della sessualità è essenziale per il benessere indi-viduale, interpersonale e sociale. I diritti sessuali sono diritti umani universali basati sulla liberta, sulla dignità e sull’ uguaglianza propri di ogni essere umano.”

Noi abbiamo presentato un Ddl in Senato con cui vogliamo regolamentare la figura dell’assistente sessuale. Nel libro c’è il testo. Nel frattempo però una Regione può creare delle

leggi apposite per sperimentare que-sta figura. Ho già iniziato un percorso di questo tipo in Toscana e ho chiesto pure alla Regione Emilia Romagna di fare altrettanto. Mi auspico che altre Regioni mi contattino.Ci sono realtà in Europa e nel Mon-

do a cui l’Italia potrebbe ispirarsi?In Europa esiste l’assistenza sessuale da 10 anni e più. Esiste in Svizzera, Danimarca, Germania, Olanda. Non esiste però una legge apposita che la definisca e la inquadri a livello giuridico istitu-zionale. In questo senso noi siamo dei pionieri.Dal tuo punto di vista, la mancata presa di posizione su questo tema è sintomo di una minore sensibilità o frutto di una barriera culturale ancora da abbattere?È frutto di totale ignoranza. Le persone con di-sabilità vengono con fatica connesse a ciò che riguarda affettività e sessualità. Di questi temi si parla spesso nei convegni di associazioni ma poco in contesti con una visibilità di pubblico diversa da quella di settore. Per questo negli ultimi 2 anni ho fatto interviste su canali tv, giornali e radio che vengono ascoltati e letti da un pubblico che non è abituato a parlare di questi argomenti.Ti ringraziamo per la disponibilità e per l’impegno che dimostri ogni giorno, vuoi mandare un messaggio ai nostri lettori?Non abbiate timore dei vostri desideri. Ho biso-gno di voi per far comprendere come la disabilità non precluda la possibilità di saper amare e vivere la sessualità e se per una serie di motivi la vostra sfera affettiva sessuale è stata costretta a rimanere inespressa, non abbiate timore a rac-contarlo. Apritevi. Solo così la percezione della società verso queste tematiche può cambiare.

Maximiliano Ulivieri

Intervista a Maximiliano Ulivieri

Sesso e disabilità, parlarne per non renderlo un tabùdi Giulio Thiella

Maximiliano Ulivieri con il libro LoveAbility

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6...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

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i) Progetto vita indipendente per le persone con disabilità

Supportare la domiciliarità attraverso gli strumenti dell’integra-zione socio-sanitaria e sostenere l’autonomia e il progetto di vita delle persone con disabilità. È quanto persegue il discipli-

nare approvato dalla Giunta provinciale, su proposta dell’assessora alla salute e solidarietà sociale, Donata Borgonovo Re: “L’obiettivo - commenta l’assessora - è quello di sperimentare un nuovo modello di intervento per l’inclusione nell’ambiente sociale e nella vita di comunità delle persone con disabilità, per favorirne un ruolo attivo”. Il progetto, il cui costo totale è di 92.000 euro, viene finanziato per l’80% dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e per il 20% dalla Provincia autonoma di Trento.

La sperimentazione di un modello di intervento in materia di vita indipendente si inserisce in una prospettiva più ampia di sostegno alla domiciliarità e contrasto all’istituzionalizzazione, e vuole ricono-scere alla persona un ruolo attivo nelle scelte della sua vita e della propria assistenza.

L’intervento è rivolto a persone disabili in condizione di non auto-sufficienza, intesa come limitazione nello svolgere autonomamente le normali attività relative alla cura del proprio corpo e alla mobilità, ma che opportunamente sostenute possono condurre una vita au-tonoma favorendone l’autodeterminazione, il miglioramento della qualità di vita, la permanenza nella propria casa e nell’ambiente sociale di riferimento.

L’avvio di questa sperimentazione si inserisce in un percorso di promozione della vita indipendente già attivo in provincia di Trento e parte da una proposta inviata al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali dal Dipartimento Salute e solidarietà sociale e dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari. La proposta, che ha ricevuto positiva valutazione, è stata finanziata dal Ministero con l’obiettivo di avviare un nuovo modello di intervento a favore della vita indipendente.

Destinatarie dell’intervento sono le persone adulte di età com-presa fra i 18 e i 64 anni a cui è stata riconosciuta un’invalidità civile al 100%. Il progetto individualizzato viene costruito dall’Azienda sanitaria attraverso l’U.V.M. (Unità Valutativa Multidimensionale) del Distretto sanitario territorialmente competente, con il coinvol-gimento dei diretti interessati. L’obiettivo non vuole avere natura assistenziale bensì quello di favorire il più possibile l’indipendenza della persona disabile e la sua partecipazione alla vita di comunità intesa come attività lavorativa, di studio e di tempo libero.

Una delle principali novità consiste proprio nell’applicazione sperimentale di un modello di valutazione che trova le basi in alcuni domini dello strumento dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health - Classificazione internazio-nale del Funzionamento, delle Disabilità e della Salute) elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dalla portata innovativa e multidisciplinare. La misura dell’intervento sarà quantificata in relazione all’indicatore ICEF che considera la condizione economico patrimoniale del nucleo familiare.

L’utilizzo di questi due strumenti, rispetto ai progetti di vita indi-pendente attualmente in essere, permetterà di misurare in maniera oggettiva i bisogni e le reali necessità delle persone disabili richie-

denti, rispondendo in maniera più equa e sostenibile.

L’auspicio è quello di implementare ulteriormente strumenti di intervento in linea con il Programma nazionale di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Conciliazione tra vita e lavoro: 1,4 milioni per i buoni di servizio

Un milione e 400 mila euro per i buoni di servizio sono stati messi a disposizione dalla Pro-

vincia autonoma di Trento. Lo stan-ziamento sulla program-mazione 2007-2013 è stato deciso dalla Giunta provinciale, su propo-sta del presidente Ugo Rossi, al fine di colmare il periodo di attesa per l’avvio della program-mazione 2014 - 2020. Lo strumento risulta apprezzato ed è stato confermato nel nuovo Programma Operativo del Fondo sociale euro-peo per il periodo 2014-2020, approvato dalla Commissione europea il 17 dicembre scorso. Il programma è concentrato sulle azioni a favore dell’occupazione, inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e for-mazione e capacità amministrativa.

Per l’attuazione dello strumento si applicano i criteri approvati dalla Giunta nella primavera del 2014 che hanno esteso il finanziamento anche ai servizi di cura dei neonati fino a 12 mesi, mentre la compartecipazione delle famiglie rimane basata sull’Icef.

Tra gli strumenti di conciliazione i Buoni di Servizio, o voucher, finanziati sia attraverso il Fondo sociale europeo che con risorse provinciali, hanno un ruolo di primo piano. Introdotti in Trentino dieci anni fa, i Buoni di Ser-

vizio hanno registrato un incremento notevole negli ultimi anni, con una crescita nel 2012 e 2013 di oltre il 23 % annuo. Lo scorso anno ne sono stati assegnati 5.325, per circa 7.000 minori complessivamente coinvolti, ed una spesa a carico dell’amministrazione provinciale di oltre 4.700.000 euro. In totale, considerando l’intero periodo di programmazione 2007-2013 del FSE, la Provincia ha reso disponibili oltre 17 milioni di euro per garanti-re la copertura dei servizi di cura e custodia.

Attualmente i Buoni di Servizio coinvolgono 130 Soggetti Erogatori di Servizi che impiegano circa 500 risor-se professionali. I servizi si articolano

su tre fasce di età: � i servizi per la pri-

missima infanzia, per i bambini dai 3 mesi ai 3 anni, che nel 2013 hanno assorbito oltre il 50% delle risorse fi-nanziarie, per garantire i servizi di conciliazione “asili nido”;

� i servizi per l’infan-zia, per i bambini dai 3 anni ai 6 anni: per que-sti le risorse coprono essenzialmente i servizi per i bambini attivati

nei periodi di chiusura delle scuole materne (estate); � i servizi estivi per i bambini/ragazzi dai 6 anni ai 14 anni, laddove le risorse coprono essenzialmente i costi per le colonie estive e per i servizi chiamati “compiti insieme” attivati nei periodi di chiusura estiva degli istituti scolastici o durante l’anno scolastico, generalmente il venerdì pomeriggio.Lo stanziamento approvato per-

mette di dare continuità al servizio nel periodo ponte tra la vecchia e nuova programmazione, che anzi si pensa di potenziare prevedendo che i servizi di cura dei neonati vengano portati dagli attuali 12 mesi a 36 mesi.

La disabilità? Una risorsa. Due cortometraggi fra Tanzania e Lagorai.

Restituire dignità alla debolezza, alla fragilità ed alla vulnerabili-tà, condizioni che fanno parte

della disabilità ma che possono, se solo vogliamo incontrarle, trasfor-mare gli individui e le comunità. È questo il messaggio uscito dalla Sala di Rappresentanza della Regione in occasione di “InternazionAbilità, per andare oltre i propri confini”. Organizzato in occasione della Gior-nata internazionale della disabilità per sensibilizzare su questo tema nel contesto della cooperazione internazionale, l’evento ha offerto al pubblico un duplice punto d’os-servazione: quello di un volontario di CEFA onlus che, dopo aver perso l’uso delle gambe in un incidente stradale in Tanzania intraprende, a ventun anni di distanza, un viaggio in handbike attraverso il paese africano portando di villaggio in villaggio un messaggio di speranza ai disabili africani; e quello di un gruppo di utenti, familiari, volontari e opera-tori del Servizio di Salute Mentale di Trento che attraversano invece la catena del Lagorai con sei asinelli, un trekking che diventa via via un percorso terapeutico che valorizza la partecipazione e il protagonismo delle persone coinvolte.

Due esperienze forti e coinvol-genti, raccontate attraverso due cortometraggi presentati dal gior-nalista Giuliano Beltrami: “Less in more, crossing disability in Tanzania” del regista Luca Vasco e realizzato da CEFA onlus; “Voci del Lagorai” realizzato dall’Associazione A.M.A.

Salute Mentale onlus. In sala, dove siedevano un centinaio di persone, anche le assessore alla Salute e so-lidarietà sociale Donata Borgonovo Re e alla Cooperazione allo sviluppo Sara Ferrari.

Alla fine della proiezione sono state le due assessore a fare il punto della situazione. Per Sara Ferrari occorre passare dalla logica del biso-gno, a cui si risponde con l’aiuto, alla logica del diritto, a cui si risponde con la politica. Mentre la cooperazione internazionale diventa una leva per un cambiamento concreto ma anche uno strumento di pressione perché le autorità dei vari Paesi si assumano le proprie responsabilità in questo campo. “Mi piace pensare che la disabilità, più che un peso, sia una risorsa per la società” ha concluso l’assessora.

Le ha fatto eco Donata Borgonovo

Re che ha parlato di salto culturale sulla disabilità, perché da problema diventi una risorsa per la comunità. E indicando una ragazza sulla car-rozzina presente in sala ha aggiunto: “Questa ragazza è una risorsa per tutti noi”.

All’ingresso della sala era presente anche un punto informativo dell’As-sociazione Prodigio sull’importanza dell’informazione sociale, per dare voce al mondo dell’handicap e del disagio sociale.

Presentato anche “With a different mind”, un network composto da Fon-dazione Fontana, organizzazioni non governative, università e istituzioni religiose che lavorano in Kenya per e con le persone disabili.

Una serata che è stata anche l’occa-sione di un confronto per le associa-zioni e per chi si occupa di disabilità e di solidarietà internazionale.

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

Cure palliative: aumentano i posti letto

Hospice è una parola inglese, derivante dal termine latino “ho-spitium”. Viene usata per definire le strutture che si occupano di cure palliative, offrendo un luogo di accoglienza e ricovero

ai malati verso il termine della vita. La Giunta provinciale, su proposta dell’assessora Donata Borgonovo Re, ha ridefinito, sulla base anche degli ultimi dati epidemiologici, il numero di posti letto per le strutture residenziali hospice in Trentino, che passano da 25 a 27.

Le strutture residenziali hospice, che offrono questo delicato tipo di servizio, sono attualmente due in Trentino: il presidio Villa Igea di Trento e la struttura hospice di Mori. È in fase di realizzazione, da parte di Patrimonio del Trentino S.p.a., una terza struttura a Trento sud che prevede una dotazione di posti letto di 10 unità. Con il prov-vedimento recente, proposto dall’assessora Donata Borgonovo Re, mediante un atto aggiuntivo al protocollo di intesa firmato nel 2008, si stabilisce l’aumento da 10 a 12 posti letto per la struttura di Trento sud, portando la dotazione complessiva provinciale, delle strutture residenziali dove si praticano le cure palliative, a 27 posti.

elettorale” dice il presidente della Provincia sul ring del PalaRotari di Mezzocorona, ricordando la riforma delle comunità di valle (“la legge è stata fatta e oggi abbiamo un sistema molto più semplice di prima”), la semplificazione urbanistica (“siamo partiti dai piani regolatori: i prossimi consigli comunali impiegheranno al massimo un anno per approvarli”), l’investimento sul capitale umano con la modifica delle norme sull’apprendistato, l’approvazione del piano trilingue. “Abbia-mo iniziato un percorso per cui le politiche economiche si orientino progressivamente dalla logica del contributo alla creazione di politi-che di contesto. Se utilizzassimo la leva fiscale al massimo livello - ha aggiunto Rossi - incasseremo come gettito 339 milioni in più di quanti non ne incassiamo oggi. Oggi il sistema trentino ha tutti gli anni uno sconto fiscale di 340 milioni di euro, la metà del gettito possibile che potremmo realizzare con le leve fiscali di cui disponiamo. Un dato superiore a quello di Bolzano”.

Quarta ripresa: l’Autonomia“Avevamo detto fin dall’inizio che sarebbero arrivati tempi duri.

Le ripetute violazioni dell’Accordo di Milano hanno originato molti nostri ricorsi ma anche la consapevolezza che era più importante stabilizzare i conti. Abbiamo lavorato per molti mesi in un ambiente difficilissimo ed abbiamo portato a casa un patto di garanzia con Roma che prevede di liberarci dal vincolo del patto di stabilità a partire dal 2016 e che il governo non possa chiederci risorse aggiuntive oltre il 10 per cento. Abbiamo cercato insomma di blindare più possibile i conti ottenendo maggiore libertà di azione ad esempio sul fronte fiscale”.

Quinta ripresa: le riformeCondividendo la sottolineatura del presidente degli artigiani sulla

necessità di sburocratizzare la macchina pubblica, Rossi ha riaffermato l’intento di por mano al riordino della dirigenza (“serve un nuovo approccio culturale, nelle prossime settimane depositeremo in Con-siglio provinciale un disegno di legge”), ha ricordato i provvedimenti in materia di riduzione del personale attraverso blocco del turn over e piano di prepensionamenti (“risparmieremo 12 milioni di euro in due o tre anni”).

Rossi: “il 2015 anno della ripartenza”

“Il 2015 è l’anno della fidu-cia, l’anno della ripartenza”. Conclude così Ugo Rossi

il “match” con Roberto De Lau-rentis. Non un combattimento tra opposte visioni (come uscire dalla crisi, le riforme da fare, il ruolo della politica, lo spazio per le imprese) come poteva suggerire il ring, con tanto di guantoni appesi alle corde, allestito nel PalaRotari per ospitare il confronto tra il presidente della Provincia e quello dell’Associazione Artigiani e Piccole imprese del Tren-tino, momento conclusivo dell’as-semblea annuale dell’associazione. Un confronto in cinque “riprese”, che ha toccato i temi della politica, del ruolo dell’artigianato, dello stato dell’Autonomia e delle risorse, delle riforme e delle necessità delle picco-le imprese. Il pubblico, artigiani tren-tini ma anche delegazioni dell’Alto Adige e di altre categorie, ha “capito” lo spirito dell’incontro, ne ha colto i passaggi più significativi, mostrando di condividere una identica visione, quella di un Trentino che può farcela solo se politica e sistema economico avranno coraggio e fiducia.

Prima ripresa: il Trentino dopo le elezioni

Per Rossi il Trentino ha “una grande possibilità: qui si puo’ dare la colpa a qualcuno in modo specifico se qual-cosa non funziona. Un imprenditore

veneto non può dire la stessa cosa, non sa con chi deve prendersela se non gli fanno una strada. Noi inve-ce abbiamo l’opportunitá di poter gestire tante competenze, in questi termini penso che la gente trentina sia ancora vicina alla politica.”

A De Laurentis che chiede alla po-litica di “accelerare”, Rossi risponde che «i cambiamenti veri una terra come la nostra li ha saputi fare, con il passo del montanaro, costante e non a strappi»

Seconda ripresa: il ruolo dell’artigianato

La slide dice tutto: le piccole im-prese del Trentino sono 13.248 per complessivi 35 mila addetti; 9940 sono le imprese artigiane aderenti all’Associazione (76 %) con 28 mila addetti; il Pil dell’artigianato vale 2,670 miliardi di euro, il 16 % dell’in-tero Pil provinciale (16,750 miliardi di euro). “Abbiamo necessità di confrontarci con la politica” spiega Roberto De Laurentis. “Numeri che rappresentano non solo un impor-tante valore economico - risponde Rossi - ma che valgono soprattutto per ciò che rappresentano da un punto di vista di identità e capacità del Trentino di fare le cose bene, è il nostro fattore di competitività più forte. Una cultura del fare le cose bene in cui gli artigiani hanno una parte importante.”

Un problema, in particolare, sta a cuore degli artigiani: l’accesso al credito. “Se le banche non ci fanno credito - ha sintetizzato De Laurentis - non possiamo fare gli investimenti, ma così andrà a rotoli tutto il sistema, banche compre-se”. “Stiamo lavorando assieme al

credito cooperativo per dare un luogo di maggiore propulsività alle imprese” - ha risposto Rossi citando l’operazione Mediocredito, il Fondo strategico e gli enti di garanzia Con-fidi -. “Il credito cooperativo qui sta facendo una scommessa molto forte: crediamo che ci manchi una banca

di dimensioni adatte a sostenere con maggiore incisività il sistema economico locale”.

Terza ripresa: cosa si è fattoSono trascorsi tredici mesi di legi-

slatura, cosa ha fatto fino ad ora la Giunta provinciale? “Siamo coerenti con quanto annunciato in campagna

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Proseguono il laboratori nell’Oltrefersina, preziose

occasioni di incontro e relazione

“RaccontArti”

Prosegue il laboratorio “RaccontArti”, organizzato dalla Cooperativa FAI in collaborazione con le realtà locali, il Comitato Associazioni e Gruppi dell’Oltrefersina, il Polo

sociale Oltrefersina Mattarello, la Circoscrizione Oltrefersina, alcuni tavoli di lavoro del quartiere e grazie ad un importante contributo da parte della Fondazione Cassa Rurale di Trento. Il laboratorio offre alle persone, tendenzialmente adulti over 50 residenti nella Circoscrizione, nei quartieri di Clarina e San Bartolameo, la possibilità di mettersi in gioco e parlare di sé attraverso diverse forme di espressione: scrittura, racconto, poesia, ballo, canto. La struttura del Laboratorio prevede una fase iniziale di ascolto dei bisogni, cui segue la creazione condivisa di un percorso ad hoc che risponde alle necessità ed ai desideri dei partecipanti. Il gruppo è guidato da due professionisti Annalisa Morsella e Paolo Vicentini attori e registi esperti di teatro, teatro-terapia, lettura interpretata, uso della voce e teatro-danza.

Dopo il primo ciclo di incontri, realizzati nel mese di settem-bre e basati sull’esplorazione e rappresentazione dei propri punti di forza e debolezza, i partecipanti hanno chiesto di proseguire il percorso. Tra ottobre e dicembre sono stati quindi proposti ed utilizzati, assecondando le esigenze dei singoli e del gruppo, diversi linguaggi legati all’improvvisa-zione teatrale, alla recitazione, alla scrittura creativa e all’uso del corpo. In particolare è stato individuato e approfondito il tema della paura, poi interpretato durante uno spettacolo (rivolto ai familiari, ai conoscenti dei partecipanti e ai partner del progetto) in cui le persone hanno potuto mettersi in gioco e far conoscere alcuni risultati del percorso intrapreso.

Il laboratorio RaccontArti è stato seguito, fin da subito, con coinvolgimento ed alti livelli di partecipazione da par-te di tutti gli aderenti. Grazie ai riscontri positivi di questa prima iniziativa FAI ha deciso di riproporre il laboratorio in altri quartieri. Si sono così avviate, tra novembre e gennaio, importanti collaborazioni nella zona di Madonna Bianca, attra-verso la partecipazione al Tavolo Torri, un tavolo di quartiere in cui si sviluppano e coltivano processi partecipativi con i cittadini. Questi momenti di confronto hanno permesso alla Cooperativa di conoscere il territorio e proporre il percorso RaccontArti anche nel contesto delle Torri. Collaborando con altri progetti attivi in quella zona, focalizzati sulle reti di vicinato come nel caso del progetto “Noi Quartiere di Con-solida” e sulle dinamiche di integrazione degli abitanti con il “Progetto Interest di Atas Onlus”, il laboratorio RaccontArti ha colto il desiderio dei cittadini di raccontare il proprio luogo di residenza attraverso la sua storia passata e presente, fatta di immagini, parole e vissuti quotidiani.

Nasce così “RaccontArti nel tuo quartiere”: le persone che hanno aderito all’iniziativa hanno proposto di descrivere il quartiere illustrandone i pregi e difetti attraverso alcune video riprese e interviste, sottolineando l’importanza del dialogo e della comunicazione per migliorare l’integrazione e la co-noscenza tra i cittadini. L’obiettivo finale è la creazione di un documentario che verrà proiettato all’interno di alcune Torri e in occasioni di ritrovo della comunità. Saranno momenti in cui gli spettatori-abitanti potranno condividere una particolare rappresentazione del proprio luogo di appartenenza in un contesto informale e conviviale, anche per conoscersi meglio e scambiarsi opinioni a riguardo.

Inoltre, a partire da gennaio 2015 è stato avviato un terzo filone del laboratorio RaccontArti grazie al confronto con alcuni volontari del Telefono d’Argento e in collaborazione con il Polo sociale Oltrefersina Mattarello. Si tratta di una proposta rivolta agli anziani e centrata sul recupero della memoria, del loro passato e presente. Gli incontri si terranno presso la Cooperativa FAI ogni lunedì dalle 9.30 alle 11.00 a partire dal 26 gennaio fino al 23 febbraio.

A seguito del successo ottenuto nei mesi scorsi FAI, in col-laborazione con il Centro Teatro di Via degli Olmi, propone la prosecuzione del laboratorio RaccontArti durante tutto il 2015. Gli incontri si terranno tutti i lunedì dal 2 marzo al 21 dicembre presso il Centro Teatro dalle 17.30 alle 19.30. Invitiamo chi fosse interessato al Laboratorio “RaccontArti” a contattare la Cooperativa Fai. Vi aspettiamo!

Roberta Ziller

Continuano con gran successo le escursioni in montagna con NuoveRotte e l’Associazione Insieme

Un anno di “Walk in progress”

Questa è stata proprio un’estate di-sastrosa. Per il tempo atmosferico, s’intende! Decisamente la peggio-

re da quando abbiamo cominciato ad effettuare le nostre camminate in montagna.

Sono ormai alcuni anni che le asso-ciazioni Insieme e NuoveRotte orga-nizzano il progetto “Walk in progress”, che prevede un ciclo di escursioni in montagna di un gruppo di giovani, composto da ragazzi con disabilità, educatori e volontari. Attraverso la conoscenza e la valorizzazione del territorio montano, i ragazzi hanno avuto la possibilità di condividere esperienze, percorsi, mettendosi in gioco e facendo comunità. Ogni gruppo era composto in media da 15 giovani, di cui 7 utenti, 3 educatori, volontari.

Il progetto prevedeva 6 escursioni giornaliere (dalle ore 8.30 alle 16.30), una delle quali dedicate a ragazzi con maggiori diff icoltà motorie. Purtroppo, a causa del maltempo, su 6 escursioni previste, siamo riusciti a effettuarne solo 4 nel periodo estivo, tentando di recuperarle in ogni modo, in un’occasione andando addirittura al MUSE e facendo attività ludico musicali al chiuso.

Senza contare che durante le escur-sioni effettuate la pioggia non ci ha mai abbandonato, facendoci compa-gnia per almeno mezz’ora al giorno.

In ogni caso i nostri eroi non si sono persi d’animo e hanno camminato a lungo sui sentieri di Lavarone, di Spor-maggiore e lungo l’intero sentiero delle Glare che porta all’incantevole lago di Tovel. Ci hanno accompagna-to anche molti volontari, che subito hanno preso parte all’iniziativa con grande entusiasmo. In poco tempo si sono creati molti legami e le escursio-ni hanno preso una piega frizzante ed emozionante. Interessante anche la visita alla fattoria didattica “La Fonte” di Mezzomonte, dove i ragazzi hanno potuto mungere le capre per poi produrre la ricotta ed...apprezzarne il gusto!

Al termine delle escursioni estive è stata organizzata una serata conclu-siva, dove i partecipanti del progetto hanno potuto salutarsi, guardando un video dell’esperienza tutti insieme.

Ma a noi non bastava, e così, in quell’oc-casione abbiamo comunicato che le due escursioni perse le avremo recuperate nel periodo invernale, questa volta spe-rando nella neve, optando quindi per ciaspolate o sciate invernali.

Ebbene, noi le camminate invernali le abbiamo fatte...ma di neve quasi nean-che l’ombra! Insomma, le precipitazioni non arrivano mai al momento giusto.

In ogni caso, è stata una simpatica esperienza, molto diversa da quella esti-va. La neve, seppur presente in minima parte, ha portato allegria e un’atmosfera magica. Esperienza da riproporre sicu-ramente.

Alcuni numeri: hanno partecipato al

progetto 12 utenti e 18 volontari che, essendo piuttosto costanti, hanno contribuito a costruire un ottimo clima

di gruppo.Doverosi, come sempre, sono i ringra-

ziamenti alle associazioni NuoveRotte e Insieme, promotrici del progetto, alla CSA (Cooperativa Sociale Autismo Trento) e all’associazione Prodigio che hanno messo a disposizione i pulmini, agli educatori, ai preziosissimi volontari, a Monica, educatrice della Rete Trentina dell’Educazione Ambientale (APPA) e a tutte quelle persone che, in diversi modi, hanno contribuito alla riuscita del progetto.

Ora lascio la parola a loro, i veri prota-gonisti di questa esperienza...

Elisa Stefanati

L’esperienza di un volontario...

Mi è sempre piaciuto fare escursioni in montagna: mi fa stare bene cam-minare, anche per molte ore, lungo sentieri silenziosi alla scoperta di una bellezza nascosta alla vita quotidiana. Questo, poteva valere anche per gli altri?

Un giorno di primavera un’amica mi ha parlato e proposto di partecipare ad un progetto che vedeva coinvolti alcuni ragazzi disabili e che prevedeva proprio delle gite in montagna come supporto alternativo alle terapie classiche. Ho sempre vissuto con la disabilità in quanto mia madre è inva-lida e avevo già affrontato un anno di Servizio Civile presso un’associazione di inserimento lavorativo, con ragazzi con lievi disagi mentali, ma questo progetto era un’esperienza del tutto nuova che mi incuriosiva proprio per il suo approccio per me innovativo.

Ho aderito con entusiasmo con la consapevolezza che avrei sicuramen-te ricevuto molto di più di quello che avrei potuto dare e le mie aspettative non sono state tradite: ho avuto la possibilità di conoscere una realtà nuova, della quale c’è scarsa infor-mazione e verso la qualche c’è ancora troppo pregiudizio ingiustificato; ho incontrato persone semplicemente incredibili nella loro normalità; ho visitato luoghi in cui non ero mai stato e che mi piacerebbe rivedere; ho trovato delle competenze che cercherò di fare mie...E felice di poter ringraziare tutte le persone che si sono impegnate nella realizzazione di questo progetto, per il loro prezioso lavoro, il loro fondamentale supporto e la loro infinita pazienza! Grazie di cuore!

Con stima!Matteo

L’esperienza dei ragazzi...

Con il gruppo siamo andati anche al lago di Tovel, lago rosso. “Per la sua storia che si racconta su questo lago”

si narra che tanto tempo fa una strana alga rossa colorò questo lago di rosso...ed ora il lago è diventato negli anni sem-pre più come gli altri laghi. Peccato che si sia messo a piovere altrimenti restavamo ancora un po’.

È stato faticoso camminare per giun-gere fino a lì ma è stata interessante la storia a suo riguardo.

È stato bello vedere questo lago con i miei occhi.

NicolaHo fatto l’esperienza in montagna

con volontari e ragazzi disabili, abbiamo camminato in varie località della Provin-cia di Trento. Fare queste passeggiate è stato emozionante perché: ho conosciu-to altri ragazzi e persone.

Davide

DISABIL ITÀINCONTRI

Dall’alto: I volontari Walk in progress. In marcia sulle colate moreniche. Ssaluti dal Finonchio. Tutti col pulmino di Prodigio.

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Quanto pesano le problematiche

legate all’obesità?

Disabilità in sovrappeso

Per il mondo disabile due gravis-simi problemi sono, il sovrap-peso e l’obesità. Nell’opulento

mondo dell’occidente le statistiche riportano dati allarmanti. Sotto accusa ovviamente troviamo l’aumentata possibilità economica che comporta di per sé i cambiamento delle solite abitudini sociali. Una crescente offerta di ristorazione slow e fast food, attrag-gono senza remore i clienti che negli ultimi trent’anni hanno fatto registrare il drammatico allarme: sovrappeso ed obesità. Nel caso dei disabili il forzato immobilismo in cui siamo costretti, coniugato con la cattiva educazione alimentare spaventa e segnala un fenomeno dilagante in costante aumento. La ripercussione gravis-sima delle problematiche di salute legate al sovrappeso ed all’obesità, si riverberano anche sulla comunità poiché l’assistenza sanitaria è a carico dell’intera collettività. La crescente preoccupazione dei medici su casi di ipertensione, malattie vascolari, aritmie cardiache e episodi di cattiva respirazione hanno fatto dichiarare agli addetti ai lavori un momento storico drammatico. Per tentare di risolvere questo gravissimo problema, la branca della chirurgia si sdoppia e diventa, anche chirurgia bariatrica. Si tenta di dare una risposta esaustiva alle esigenze delle persone in so-vrappeso ed obese (sembra in Italia sia almeno una percentuale del 9%) con l’ausilio di psicologi e psichiatri attenti alle richieste di questo tipo di pazienti. Spesso questo stato di fatto, nasconde realtà di frustrazione, di bu-limia e di insoddisfazione cronica della propria situazione e della propria vita. Ovviamente per noi disabili il sovrap-peso non è un fattore esclusivamente estetico, ma anche ed assolutamente di sopravvivenza. Molto si deve an-cora fare per risolvere questa “piaga sociale” frutto di una società troppo consumistica dove si mangia troppo e spesso male. Condimenti troppo ricchi di grassi, calorie in eccesso, se sono nemici dei normodotati, per noi disabili diventano una vera piaga. Al passo con le richieste dei tempi, molte aziende si sono specializzate nella pro-duzione specifica per questa fascia, sempre più “corposa” d’utenza. Al-cuni ausili per i disabili in sovrappeso possono essere riassunti in: supporti per l’alzata, carrozzine con sedute più comode e profonde, deambulatori in grado di sopportare un carico di circa 300kg, alzawater rinforzati per ridurre lo spazio di “transito” del paziente in sovrappeso. Certamente gli ausili sono importanti, ma ancora di più lo sono le soluzioni che possano, dare risalto sempre di più al fattore scatenante, rendendolo materia di studio e di politiche legate al mondo giovanile.

Paola Maria Bevilacqua

L’Angolo del Filosofo

Ciò di cui non si può parlare si deve tacere

Non vi è mai capitato di trovarvi in una situa-zione così paradossale

e fuori del mondo, così strana e al contempo meravigliosa, perfetta, delicata e certa - come il fatto che in questo momento state respirando - da farvi rimanere muti, incapaci di parlare perché incapaci di trovare le parole “giuste” ed addirittura di pensare? A me è capitato proprio l’altro gior-no, in una giornata talmente scontata e banale, brutta ai livelli più infimi, che mi ha portato dritta al supermercato per cercare qualcosa di dolce e stuzzicante per il palato in modo da risollevarmi. Beh, ero al banco delle verdure, proprio vicino alle cipolle viola, le mie preferite, quando mi sono sentita

osservata insistentemente. Infastidita, pensavo: «Ecco l’ennesimo seccatore!» ed in-vece, alzando gli occhi per un attimo, mi ritrovo a guardare un ragazzo, lui davanti alle cipolle bianche, che mi scruta con il più bel sorriso - tutto denti, labbra all’insù, una fos-setta su ogni guancia e pure una fossetta sul mento - che io abbia mai visto sulla faccia di un uomo. Non vi nascondo che ho subito pensato che mi avesse scambiato per un’altra, eppure era così contagioso e talmente naturale che gli ho

sorriso anch’io..ho fatto del mio meglio, ma di sicuro il mio non eguagliava il suo. Saranno pas-sati dieci secondi, venti? e poi mi sono riscossa. Certo non potevamo stare tutto il giorno lì a

fissarci sorridendo inebetiti. Così me la sono data a gambe. Alla cassa lo ritrovo, nella fila accanto alla mia. E per la seconda volta, io che lo guardavo di sottecchi imbarazzata, lui del tutto tranquillo, i nostri sguardi si sono incrociati al di sopra dei panettoni in sconto e lui mi ha regala-to un altro sorrisone, al quale ovviamente non potevo rimanere impassibile. Inutile dirvi che non sono manco riuscita a spiccicar parola. Era un momento talmente bello che non si poteva rovinare con le parole. Così, quando è arrivato il mio turno alla cassa, ho pagato e me ne sono andata senza voltarmi indietro, senza aspettar-lo per magari dirgli qualcosa (ma cosa?), senza fare... niente. Ho taciuto. E per tutta la strada di ritorno a casa avevo uno sciocco, inebetito, as-surdo sorriso stampato in faccia. Le mie labbra in qualche modo si rifiutavano di rispondere ai miei comandi mentali e per tutta la sera sono rimaste lì dove si trovavano, all’insù.

Sara Caon

3 dicembre 2014, la giornata mondiale della disabilità a Trento sembra un film festival

InternazionAbilità: per andare oltre i propri confini

Si celebra il 3 dicembre la Giornata interna-zionale delle persone con disabilità, istitu-ita dall’Onu. È una giornata che riguarda

direttamente 3,2 milioni di italiani disabili. Un milione e mezzo dei quali sono persone che presentano limitazioni di tipo motorio, altrettante presentano una “maggiore riduzione dell’autonomia” e 900 mila con limitazioni della co-municazione.

Per difendere i diritti della persona disabile, ogni anno il 3 dicembre si celebra una giornata di riflessione e confronto sul tema con eventi, pro-getti e iniziative in tutto il mondo. A Trento, L’Assessorato alle Solidarietà Internazionale, ha organizzato pres-so la Sala della Regione, in Piazza Dante, un evento cinematografico che ha coinvolto fin dalle sue prime fasi organizzative, numerose asso-ciazioni attive sul territorio e non solo.”Internazionabilità 2014, per andare oltre i propri confini”, questo il nome del progetto di partecipazione dal basso promosso dall’assessorato provinciale e che ha visto il coinvol-gimento e la partecipazione di enti e cooperative sociali con specifiche competenze sulla disabilità motoria e mentale, fondazioni e associazio-ni che hanno sviluppato rapporti di cooperazione e collaborazione internazionale. L’obbiettivo del pro-getto? Celebrare questa giornata nel migliore dei modi, trasformando la Sala della Regione in un cinema in cui proiettare, docufilm non convenzio-nali, auto prodotti e che raccontano esperienze di riscatto tra i monti del Lagorai come nelle savane della lontana Tanzania.

Il minimo comun denominatore di queste esperienze raccontate durante la serata? La disabilità come un viaggio verso il riscatto e l’eguaglianza, come condizione che genera opportunità insieme alla comunità, un mo-mento per capire la complessità delle cose e un esempio di come la determinazione condivisa può farci andare oltre ogni ostacolo.

Questi alcuni temi trattati nei momenti di riflessione tra una proiezione e l’altra, ripresi a loro modo in una discussione aperta tra rappre-sentanti di molte associazioni e organizzazioni che operano sul territorio, e le istituzioni, qui rappresentate dell’Assessora Provinciale alla Salute e Solidarietà sociale Donata Borgonovo Re e dell’Assessora Provinciale alla Cooperazio-ne e Sviluppo, Sara Ferrari.

Emerge dal confronto la necessità di un bino-mio internazionale tra progetti svolti in Africa ed esperienze di riscatto sociale presenti sul ter-ritorio Trentino e nazionale. Una testimonianza della possibile esistenza di un ponte tra culture diverse, che cercano un canale di dialogo e riscatto proprio grazie anche all’impegno del terzo settore, quello fatto di volontari, filantro-

pi, professionisti, associazioni, enti pubblici, fondazioni, enti religiosi e cooperative senza fini di lucro. Una cooperazione internazionale che attiva progetti ad alto impatto sociale, che creano cultura, lavoro e indipendenza, affron-

tando le disabilità fisiche, mentali e culturali, generando sempre nuovi spunti applicabili anche su scala mondiale. È il caso del docufilm “Less is more-crossing disability in Tanzania”, che racconta la storia di Norberto De Angelis ex giocatore di football americano che giocò nella nazionale italiana. Nel 1992 parte come volontario per un progetto umanitario in Tan-zania, ma un incidente d’auto lo costringe su una sedie a rotelle. Inizia la sua “seconda vita”.

Nel 2009 compie copre in sella alla sua handbike 3.798 chilometri della Route 66 da Chicago a Los Angeles, in 80 giorni. Nel 2013 gli viene chiesto di tornare in Tanzania, nei luoghi dell’incidente. Less is More documen-ta un viaggio di 750 chilometri, dalla città di Njombe sino a Dar es Salaam, percorsi con la sola forza delle braccia, nel 2013. Nei villaggi e nelle città, nelle scuole, le persone ascoltano e interrogano quest’ambasciatore venuto da lontano. Forti sono le reazioni degli stessi ra-gazzi disabili: sul loro viso si leggono sorpresa, emozione, curiosità.

Sono esperienze che ci guidano nel profon-do e che meritavano di essere raccontate e promosse ad un pubblico più ampio possibile. Per questo motivo l’evento è stato dedicato

interamente alle immagini, musiche e parole di tre docufilm ispirati da esperienze di vita con-traddistinte dal coraggio, sfida, condivisione natura e grande umanità.

Molto belle anche le immagini realizzate in Lagorai nel trentino orientale, un viaggio in compagnia degli asini tra boschi, torrenti e vette insieme a APSS, Centro di Salute Mentale. “Voci nel Lagorai” è un cortometraggio realizzato dall’Associazione Ama, insieme a “La panchina” e la “tribù delle Yurte” e presentato in una scor-sa edizione del Trento Film Festival. Il disagio mentale viene qui affrontato e descritto con assoluta naturalezza, la stessa che si può respirare nelle terre selvagge del Lagorai, confidan-dosi davanti ad un fuoco, aiutando i muli nella loro faticosa marcia e libe-randosi degli sguardi di una società impaurita dal diverso.

In questa occasione di confron-to è stato importante ricordare la forza e la voglia di cambiamento di persone che vivono costantemente a contatto con una disabilità, qui come a migliaia di chilometri di di-stanza, affrontando problematiche e proponendo possibili soluzioni, che inevitabilmente passano attraverso il senso di condivisione e l’autodeter-minazione. In”With a different mind” presentato dalla Fondazione Fonta-na, si cerca di dare dignità proprio alla debolezza, alla fragilità e alla vulnerabilità, esaltando il contesto propositivo nato del network inter-nazionale sulla disabilità tenutosi recentemente a Nairobi, Kenya. La

lente della disabilità permette di affrontare i grandi tabù della nostra contemporaneità e offre un punto di vista che contrasta la dilagante disgregazione sociale e culturale, la perdita di valori, i conflitti, le intolleranze e il pregiudizio. Unico modo per sbiadire questi mali? Attenuarli avendo la possibilità di confrontarsi, di cambiare prospettiva per un impegno sociale, per ascoltare e condividere esperienze di persone che hanno vissuto e tuttora vivono un conflitto fisico o mentale, comunque personale e al tempo stesso socia-le, da cui hanno saputo trarre nuova energia.

Questa serata ha puntato certamente sui lati positivi, le sfide superate, e le opportunità legate a questo mondo, ma serve ricordare a tutti, quanto è stato fatto o si può ancora fare perché l’inclusione della disabilità nella socie-tà sia una cosa normale. Attraverso una presa di coscienza definitiva da parte dei governi, come dei singoli individui. Far conoscere la realtà della disabilità e delle persone che la vivono costantemente, a coloro che non ne hanno esperienza diretta, è il primo passo per costruire una visione collettiva realmente inclusiva.

Lorenzo Pupi

DISABIL ITÀINCONTRI

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AMBIENTEINTERNAZIONALI

Rassegna stampa dal social-web!

Una spinta al turismo del VenetoProgetto “Gondole senza barriere”. Ancora una

volta il Veneto si dimostra tra le regioni più sensibili alle esigenze di un turismo che deve essere per tutti, in un’ottica non solo di una maggiore integrazione delle persone con disabilità, ma anche di un territorio che sappia creare ricchezza da un indotto - quello turistico - che non può ignorare le esigenze di turisti (e si parla di circa 11 milioni di persone in Europa) con bisogni particolari.

Un’ottima notizia apre quindi questo 2015, che spe-riamo possa essere un anno all’insegna della sempre maggiore accessibilità per tutti. È stato infatti approva-to dalla giunta del Veneto un provvedimento col quale la Regione contribuirà con uno stanziamento di 50 mila euro alla realizzazione di un pontile permanente a Piazzale Roma che consentirà l’accesso in gondola alle persone in carrozzina. disabili.com

Treni accessibili. il nuovo regolamento UE per agevolare i viaggiatori disabili

Novità che arrivano da Bruxelles, dove la Commis-sione Europea nei giorni scorsi ha adottato un nuovo regolamento contenente i requisiti tecnici minimi per il settore ferroviario, affinché prendere il treno sia una azione che tutti, persone con disabilità incluse, possano compiere. Sono previsti interventi nelle sta-zioni ferroviarie, con obbligo di percorsi podo-tattili a terra e mappe a rilievo per i non vedenti, ma anche all’interno dei treni, i quali dovranno essere dotati di porte più ampie per consentire l’accesso a chi abbia problemi di deambulazione e/o ausili, rampe più dolci nelle aree riservate per persone in carrozzina e più luce nei mezzi per agevolare le persone ipovedenti. Si tratta di prime indicazioni molto importanti, ma il regolamento non sarà applicato retroattivamente, ovvero a convogli e stazioni già esistenti, ma a quelli di nuova realizzazione. disabili.com

Servizio civile universaleIl 79,5% dei giovani italiani considera favorevol-

mente il “Servizio civile universale” che il Governo sta attivando. Pur essendo attualmente poco conosciuto (meno del 10% lo conosce bene e il 35% ne ha sen-tito vagamente parlare), possiede caratteristiche che la grande maggioranza dei giovani considera utili e importanti: consente infatti allo stesso tempo di esprimere valori di solidarietà e arricchisce il proprio saper essere e fare con competenze spendibili anche nel mondo del lavoro (aspetto cruciale per il 95% degli intervistati). 20 gennaio 2015 - vita.it

Parmaccessibile.org, il portale del turismo emiliano senza barriere

L’idea è di Jessica Borsi e Matteo Salini, due ragazzi parmigiani disabili, neolaureati con la passione per i so-cial e per la loro terra. Obiettivo? Aiutare le persone con scarsa mobilità a orientarsi fra le proposte turistiche della zona, tra parchi, terme, ristoranti, hotel, musei, sagre, concerti, festival, chiese, teatri, cinema, cantine, piscine e palazzetti. Jessica e Matteo - la prima tiene i contatti con le strutture e gli organizzatori di eventi, il secondo testa direttamente il tutto - non lasciano nulla al caso, e recensiscono a 360 gradi: “La nostra è una terra magnifica: tutti la devono poter godere appieno”. 15 dicembre 2014 - superabile.net

Alunni con disabilità, aumentano a BolzanoContinuano ad aumentare, in Italia, gli alunni con

disabilità. Nell’anno scolastico 2013-2014, superano le 150 mila unità, pari al 3,3% del totale. A livello terri-toriale, la percentuale più elevata, è stata rilevata per entrambi gli ordini scolastici, primari e secondari, nella Provincia autonoma di Bolzano (5,6% degli alunni nella primaria e 10,7% nella secondaria). Mentre, quella più bassa si registra in Basilicata (2,1% degli alunni della scuola primaria e 2,6% di quelli della scuola secon-daria di primo grado). Questi idei dati recentemente diffusi dall’Istat. Secondo i quali, il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio e dello sviluppo rappresenta-no i problemi più frequenti negli studenti disabili, sia delle elementari che delle medie. 22 dicembre 2014 - west-info.eu

Inventata in Trentino la stufa che cova le uova e che consuma meno legna

Un pulcino salverà il mondo

La stufa trentina che cova le uova vince in Kenya il Green Innovation Award (premio per l’innovazione verde).

L’idea è venuta dalla cooperazione tra Trentino e Kenya. I saperi più profondi del Trentino si sono incrociati con la spe-rimentazione in Kenya ed ha portato alla creazione di una stufa che costa zero euro e, quindi, di ampia diffusione.

La premessaNegli altipiani del Kenya di notte fa fred-

do e solo poche uova (3 su 10) diventano pulcini. Per diversi motivi ma, soprattutto, perché v’è uno forte sbalzo di temperatu-ra tra giorno e la notte. La stufa è fatta di materiali semplicissimi: fango, terra rossa, paglia e due scodelle in pietra refrattaria atte ad accogliere la legna. La stufa alta 70 cm circa viene a sostituire le “tre pietre” poste a terra ed al centro della capanna sopra le quali, sino a pochi mesi fa, si metteva il pentolone e che consumavano molta/troppa legna.

Ora la stufa consuma meno legna e ciò equivale a risparmio di tempo e fatica da parte delle donne nel procurarla nel bosco, meno fumo e ciò equivale a meno malattie respiratorie ed essendo ad una certa al-tezza meno “mal di schie-na” nel sollevare pesi. Ma soprattutto più pulcini! Nell’incavo sotto la stufa ove solitamente viene de-posta la legna da seccare, infatti, sono state messe delle uova da cova (fertili) e dopo 21 giorni sono nati i pulcini. Involontariamen-te è stata ideata la prima incubatrice a legna.

I saperi antichi ci sono stati d’aiuto. Nella vallate del Trentino, infatti, den-tro al cassone sotto la stu-fa si ponevano un tempo le uova. Non solo. Anche i bambini prematuri e sottopeso venivano messi dentro una scatola di scarpe sopra a della bambagia e posti accanto alla stufa. Quindi s’è sperimentata la stufa a diverse altitudini ed ha funzionato. Ad un patto...che la cavità ove si schiudono le uova venga tenuta quasi quotidianamente pu-lita dal contadino per prevenire malattie per i neo nati pulcini. In questa cavità i pulcini rimangono la prima settimana di vita. Viene loro dato mangime adeguato ed acqua. La stufa, poi, comunica con un piccolo recinto protetto delle dimensioni della stufa stessa che si trova anch’esso in

cucina. Qui la temperatura è ambiente es-sendo la gabbia all’interno dell’abitazione e contigua alla stufa. I pulcini possono crescere indisturbati ed al sicuro. Escono dalla cavità per passare al primo recinto a partire dalla seconda settimana di vita e con il passare dei giorni si allontanano sempre più dalla stufa prendendo con-fidenza con il nuovo ambiente protetto.

Questo primo recinto con rete a maglia stretta interno alla casa ed adiacente la cucina è possibile solo in Africa e non certo in Europa ove le diverse legislazioni ne vieterebbero l’allevamento per motivi di igiene, sicurezza, etc.. Il primo recinto è collegato, tramite una fessura sulla parete in legno, trattandosi spesso di baracche, ad un secondo recinto sempre a maglia

stretta protetto ed esterno alla casa ove i piccoli polli, possono tentare lo sbalzo di tempera-tura e di umidità. Questo secondo recinto ha una rete di ferro anche a pavimento onde evitare incursioni di animali preda-

tori. Il raccordo tra queste tre semplici unità: sottoforno, recinto interno e recinto esterno con relativa gradazione di tempe-ratura costituiscono l’innovazione che ha permesso allo staff di Tree is Life in Kenya di vincere il Green Innovation Award. Trattasi di una modalità molto semplice di allevamento ma, nel contempo, molto efficace. Ora si sta differenziando anche con altri uccelli da cova.

Le galline nate in queste condizioni protette sono di gran lunga più forti e sane delle loro coetanee che nascono liberamente nei cortili delle baracche

africane e che spesso diventano preda facile di altri animali. Queste crescono sot-to l’occhio del fattore, della massaia che si accorgono subito se una è malata o è debilitata. In cucina, inoltre, cadono sulla gabbia gli avanzi alimentari abituando i pulcini a cibo diversificato.

Trattasi di un allevamento che si realizza a bassissimo costo e senza la necessità di corrente elettrica; per cui accessibile ai più. In tutta l’Africa v’è una capanna, una cucina ed un focolare. Basta alzare il focolare sfruttando il calore sia verso l’alto per cucinare le pietanze e sia verso il basso per la cova delle uova.

Le famiglie che hanno sperimentato la “stufa che cova” hanno avuto un’ad-dizionale di reddito di un quarto di sti-

pendio circa. Un uovo da cova, infatti, costa meno di un euro (0,90 Kshs). Se un contadino acquista un uovo potrà rivendere il pulcino dopo un mese a 2,5 euro. L’utile, tolte le spese di mangime ed ammortamento stufa, è di 1 euro per pulcino. Moltiplichiamo il tutto per 50, tante quante le uova che stanno sotto una stufa domestica, e vedremo che l’utile per il contadino sarà di 50 euro al mese. Non male; in quanto il reddito medio delle famiglie contadine che vivono per lo più di autoproduzione è di 150 euro al mese. E, grazie alla stufa, passerebbero subito a 200 euro al mese.È stata addirittura la “first lady” del Ken-

ya Sua Eccellenza Ms. Margaret Kenyatta a consegnare il premio nelle mani del di-rettore del progetto “Tree is Life” Thomas Gichuru che ha costruito di persona le prime stufe a olle copiando un prototipo di quelle che scaldano le case trentine. L’artigiano Gianni Gecele ha aiutato il co-fondatore di “Tree is Life” Fabio Pipinato nell’implementare la stufa presso Ipsia, l’ong de le ACLI Trentine in collaborazio-ne con la Fondazione Fontana. Gianni e Fabio hanno girato il Trentino a piedi ed hanno fatto tesoro di saperi antichi che stanno tornando utili in cooperazione internazionale.

Sono soprattutto le donne africane, costrette quotidianamente a fare diversi chilometri a piedi per procurare legna per preparare il pranzo ad aver apprezzato il progetto co-finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento. Non cucinano più curve ed in assenza di fumo. E non è un caso che il progetto abbia ricevuto un riconoscimento anche da Unwomens (Agenzia delle Nazioni Unite per le donne) e sia stato esposto presso un expò inter-nazionale a Nairobi e presentato a Papa Francesco in Vaticano.

Fabio Pipinato

Sopra: Il Papa riceve il progetto.A fiaìnco: La prova temperatura del forno.

Alcuni dati emersi dalle ricerche Istat 2013-2014

Scuola, cresce il numero degli studenti con disabilità

Il report illustra i principali risultati dell’’indagine annuale sull’inserimento degli alunni con sostegno nelle scuole

primarie e secondarie di I grado, statali e non statali. Le informazioni rilevate si riferiscono sia alle scuole sia agli alunni con sostegno.

Il collettivo degli alunni è costituito dagli studenti che in base alla diagnosi funzionale redatta dalla ASL hanno la ne-cessità di un sostegno per raggiungere gli obiettivi scolastici previsti dai programmi ministeriali nel percorso formativo. Non rientrano nel collettivo oggetto di analisi gli alunni che, pur avendo una limitazione, una menomazione o un problema di sa-lute, non hanno necessità di un sostegno.

Nel seguito gli alunni che usufruisco-no dell’insegnante di sostegno saranno genericamente indicati come alunni con disabilità per uniformità con la termino-logia adottata dal MIUR.

Nell’anno scolastico 2013-2014 sono quasi 85 mila gli alunni con disabilità nella

scuola primaria pari al 3% del totale degli alunni, mentre nella scuola secondaria di primo grado se ne contano più di 65 mila.

Nella scuola primaria, il 21% degli alunni con disabilità non è autonomo in almeno una delle attività come spostarsi, mangia-re o andare in bagno e l’8% non è autono-mo in tutte e tre le attività. Nella scuola secondaria di primo grado le percentuali sono rispettivamente del 15% e del 5%.

Il ritardo mentale, i disturbi del lin-guaggio e dello sviluppo rappresentano i problemi più frequenti negli alunni con

disabilità in entrambi gli ordini scolastici considerati.

Circa il 10% delle famiglie della scuola primaria e il 7% circa della secondaria han-no presentato, negli anni, un ricorso per ottenere l’aumento delle ore di sostegno.

Il numero medio di ore settimanali di assistente educativo culturale o assistente ad personam è di circa 10 in entrambi gli ordini scolastici. Nella scuola secondaria di primo grado sono maggiori le differen-ze territoriali: le scuole del Mezzogiorno hanno un numero medio di ore inferiore (8,7) rispetto a quelle del Centro e del Nord (rispettivamente 10,6 e 9,5).

Si riscontra una buona partecipazione degli alunni con disabilità alle uscite didattiche brevi senza pernottamento organizzate dalla scuola. Mentre risulta invece più difficoltosa la partecipazione alle gite d’istruzione con pernottamento,, soprattutto tra gli alunni della scuola primaria.

La Redazione

Page 11: Pro.di.gio. n°I Febbraio 2015

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Racconto

L’orizzonte rubato

Zaida e Nur si dirigono al fiume. La nonna li segue, sollevando l’orlo del burka per non sporcarlo. Arriva che la nipote sta già scrivendo sulla sabbia. I tratti arzigogolati sembra-no magici, ma l’incanto dura poco. Il belato di una pecora ricorda loro che il gioco è un lusso proibito alle bimbe del Pamir.

“Cos’ha scritto tua sorella?” chiede la nonna.

Nur incespica. Il maestro Farrouk non è bravo come la maestra di Zaida, ma è nato uomo e ciò lo auto-rizza ad insegnare nella madrasa in muratura ai maschi del villaggio. Le bambine e la maestra invece devono accontentarsi di una baracca con gli spifferi.

“È una poesia”“Hai proprio una sorella studiosa!”“Sì, ma papà mi ha ordinato di non

dire a nessuno quant’è brava, che sarà la nostra disgrazia “

“Lo dice ma non lo pensa: ha solo paura”

“Di cosa?”“Delle parole, che sono più potenti

dei fucili dei talib e delle bombe degli americani.”

“Ma il maestro Farrouk ci ha detto che nessun uomo dovrebbe costrin-gere un altro ad avere paura. E che se trattiamo male le femmine Allah si arrabbia.”

La nonna ride: “A quanto pare anche nel tuo maestro si nasconde il germe della bontà, parola di vecchia analfabeta!”

“Cosa vuol dire analfabeta?” chie-de Nur sconcertato.

“Analfabeta è chi non sa leggere né scrivere; chi ha voce, ma è come muto, perché nessuno lo ascolta davvero. Voi siete le nuove voci del Paese, non lasciate che vi zittiscano”

“Va bene” promette Nur.“Ora vai a giocare” lo esorta la

nonna, spolverando il burka. È affe-zionata alla stoffa che la separa dal mondo, anche se a volte la soffoca. Vorrebbe liberarsene, ma ha paura. Al diavolo!

Tremando si scopre la testa. Il suo volto stanco si moltiplica sull’acqua fino all’orizzonte. Zaida l’abbraccia: ”Come sei bella, nonna”

Lei sorride sdentata e si chiede come sarebbe stato avere una vita piena di sogni, pianti, lotte, soddi-sfazioni. Una vita vera.

All’improvviso nella valle si ode uno sparo: qualcuno sta provando un kalashnikov.

Zaida raccoglie i secchi dell’acqua, mentre Nur grida di affrettarsi.

La nonna accarezza la poesia sul terreno prima di cancellarla, dandosi dell’illusa e avvolta nel burka del colore del cielo si riavvia verso il suo inferno quotidiano. È triste, ma non rassegnata, perché la magia delle parole incise nella terra l’ha convinta che presto un nuovo orizzonte sor-gerà per le bambine nate all’ombra dei monti Pamir!

Martina Dei Cas

La parte peggiore del Trentino raccontato in un docufilm presso il cinema Astra a Trento

Veleni in paradiso

I giornalisti d’inchiesta Andrea Tomasi e Jacopo Valenti, dopo il successo del loro libro «La farfalla avvelenata» sulla gestione dei rifiuti

industriali in Trentino, sono tornati per mettere in luce una situazione ambientale complessa e ancora poco trasparente che coinvolge diretta-mente il territorio e la cittadinanza.

Questa volta preferiscono divulgare la vicenda con il docufilm, dal titolo evocativo: “Veleni in Paradiso”. La proiezione è andata in scena prima di Natale presso il cinema Astra a Tren-to, in una sala affollata che ha saputo dare il giusto valore ad una auto-produzione frutto di un lavoro collettivo. Il film dura circa un’ora e racconta, attraverso le parole dei cittadini, comitati ed esperti, un Trentino poco cono-sciuto e trascurato: quello che ha ospitato e ospita veleni, pesticidi e rifiuti industriali dagli anni ‘70 ad oggi.

L’inchiesta si prefigge di disegnare una mappa geografica che descrive le criticità ambientali di due zone “rosse”: la Valsugana e l’industria delle mele in Valle di Non.

Nel documentario si parla della Cava di Monte Zaccon, a Roncegno Valsugana, riem-pita negli anni di rifiuti di scarto provenienti dalla famosa acciaieria di Borgo Valsugana, polpa, carta e cartone, fanghi di cartiera, rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi, terreni con idrocarburi. Stando ai dati ri-portati nell’inchiesta, delle 419.852 tonnellate di rifiuti smaltiti a Monte Zaccon tra il 2007 e il 2008, solo il 6,6% era conforme ai limiti di legge.

Ma le incongruenze riguardano anche siti incredibilmente vicini all’abitato urbano di Trento, un esempio ne è la Cava di Sardagna. Un ex sito di estrazione e lavora-zione di materiale edile destinato a ripristino ambientale. Secondo i periti, al quantitativo complessivo di almeno 177.273 tonnellate sca-ricate nel periodo 2007-2008, si aggiungono 108.499 tonnellate degli anni precedenti fino al 2006 per un totale di 285.772 tonnellate di rifiuti che vanno considerati contaminati.

Nel reportage sono riportate anche le inchieste del Nipaf del Nucleo Forestale coor-dinate dalla procura di Trento, tra le quali, per citarne alcune: ”Tridentum” (una condanna e sette patteggiamenti) l’indagine “madre” sulle discariche di Sardagna e di Monte Zaccon a Roncegno; “Fumo negli occhi”, inchiesta sulle emissioni oltre i limiti di legge dai camini dell’Acciaieria Valsugana, a Borgo: emissioni di diossine in concentrazioni mille volte superiori a quelle stabilite dal decreto ministeriale del 31 gennaio 2005. Gli ex vertici dello stabilimento pagano 57mila euro di ammenda. Nessun risar-

cimento, invece, per le parti civili che vivono, lavorano o studiano vicino a Borgo; “Ecoterra”, (due patteggiamenti) riguarda lo sversamento di terreni mescolati con scorie di acciaieria macinate in bonifiche agrarie e altre zone della Valsugana.

Ma il lavoro dei due giornalisti d’inchiesta è voluto andare oltre a quanto già emerso nella precedente ricerca, riportando dati ambientali

che riguardano l’industria delle mele in Val di Non. Ecco allora che il titolo del film “Veleni in Paradiso”, non è un caso e i dati raccolti parle-rebbero da soli: il confronto tra il consumo di pesticidi per ettaro di superficie agricola utilizza-ta a Trento è pari al 24,5 nel 2003 - 31,4 nel 2011, quando la media nazionale si attesta su valori pari a 12,0 nel 2003 - 10,8 nel 2011; i dati Istat sul

consumo di “prodotti fitosanitari” in-dicano inoltre che il consumo annuo in Trentino, di soli fungicidi, utilizzati per mele, vigneti e piccoli frutti è pari a 1400 tonnellate. Questo significa, stando sempre a fonti Istat del 2014, che vi è una presenza costante di 53,92 kg di principi attivi per ettaro ogni anno. La media italiana è di 10 kg l’anno quando in Val di Non secondo il Comitato per il diritto alla salute, si raggiungono i 90 kg/ettaro ogni anno.

Secondo invece l’indagine “Pesti-cidi nel piatto”, relazione annuale di Legambiente, le mele con più residui sarebbero quelle di Bolzano e di Trento. Il rapporto 2011 riferisce che in media in Italia il 46% delle mele

analizzate presenta residui di più pesticidi. Il re-cord è di Bolzano con l’88%, mentre in Trentino ci si attesta al 67%. In altre regioni alpine dove si coltivano mele le percentuali sono nettamente più basse e scendono al 38% in Piemonte e al 20% in Lombardia, Veneto e Valle d’Aosta. Questi sono i dati riportati nell’inchiesta e nel docufilm, e anche se non devono portare ad un incontrollato allarmismo, dovrebbero almeno aprire un dibattito serio ed argomentato in seno all’opinione pubblica.

Se è vero che siamo ciò che mangiamo, bevia-mo e respiriamo, è interesse del singolo cittadino attivarsi con i propri mezzi, per informarsi e di-

vulgare. Affinché questo tema, che implica il bilanciamento di numerosi diritti,come salute e ambiente in primis, ma anche tutela dei posti di lavoro nelle aree eventualmente sottoposte a riqualifica e ripristino ambientale, sia costantemente sotto la lente di ingrandimento della col-lettività. È un’occasione importante e fondamentale quella che propon-gono i due Giornalisti e tutti quelli che hanno contribuito alla ricerca. Forse ci hanno regalato un’occasio-ne per decidere non solo che futuro vogliamo lasciare alle nuove gene-razioni, ma anche un’occasione di riscatto per un presente trascurato. Un senso di giustizia, trasparenza

ed equità che dovrebbe responsabilizzarci tutti, nessuno escluso.

Lorenzo Pupi

Dall’alto: Andrea Tomasi e Jacopo Valenti alla prima del docufilm presso il Cinema Astra di Trento. Sardagna. La vecchia area industriale di Piedicastello.

Il Natale in Clarina con la sezione Anffas di via Gramsci è stata una festa di luci e colori

Clarina Ti riciclo!

Anche quest’anno in via Gramsci si è svolto un natale speciale, che ha coinvolto tutto il quartiere, con l’abbellimento dell’albero

con materiali di riciclo, decorazioni e addobbi originali, realizzati attraverso la sinergia di una comunità che sa stare insieme. Piccoli gesti dal

grande valore sociale, che hanno saputo riunire spon-taneamente i bambini delle scuole materne del quartiere sud di Trento, gli operatori, ospiti, familiari e volontari dell’Anffas di via Gramsci, gli operatori commerciali che hanno fornito i materiali per il riciclo e la forza e volontà di uno spazio fatto prima di tutto di persone, realtà associative e cooperative attive nella zona e non solo. Un’occasione importante per ricordare alla comunità tutta, che non biso-gna mai arrendersi al disagio, ma piuttosto cercare sempre nuove sinergie, investendo nelle forze delle persone e nel loro senso di appartenenza.

Lorenzo Pupi

Fuori dal Centro Anffas di Via Gramsci si riunisce il quartiere sotto l’albero simbolo del riciclo.

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