pro.di.gio maggio-giugno 2016

12
BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO III - GIUGNO 2016 - ANNO XVII - 96° NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT “ABITO QUI” Vivere sotto lo stesso tetto condominiale offre opportunità di natura economica e sociale. “Tutta la Clarina che c’è” Una grande festa di partecipazione colora via Gramsci pagina 3 pagina 4 Welfare a Km Zero Un percorso volto a sostenere e rafforzare la cultura e la pratica del welfare comunitario pagina 8 In Medias Res Indagine sul consumo di suolo e l’impatto demografico in Trentino pagina 11 PROGETTO DI GIORNALE Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R. INVESTIRE INNOVARE CONDIVIDERE DONARE RISCHIARE FORMARE INCLUDERE PARTECIPARE CREARE COMUNICARE RACCONTARE CREDERCI SOSTENERE

description

Pro.di.gio. è dal 1999 un bimestrale di informazione partecipata che ha come obiettivo principale quello di sensibilizzare alle diversità e al rispetto e valorizzazione delle stesse: attraverso il racconto di esperienze dirette e proposte progettuali; reportage e promozione di percorsi nel segno dell'inclusione e della condivisione.

Transcript of pro.di.gio maggio-giugno 2016

Page 1: pro.di.gio maggio-giugno 2016

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP

NUMERO III - GIUGNO 2016 - ANNO XVII - 96° NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT

“ABITO QUI”

Vivere sotto lo stesso tetto condominiale offre opportunità di natura economica e sociale.

“Tutta la Clarina che c’è”

Una grande festa di partecipazione colora via Gramsci

pagina 3 pagina 4

Welfare a Km Zero

Un percorso volto a sostenere e rafforzare la cultura e la pratica del welfare comunitario

pagina 8

In Medias Res

Indagine sul consumo di suolo e l’impatto demografico in Trentino

pagina 11

PROGETTO DI GIORNALE

Aut

. del

Trib

. di T

rent

o n.

105

4 de

l 5/6

/200

0 - P

oste

Ital

iane

sp

a - S

ped

izio

ne in

ab

bon

amen

to p

osta

le -

70%

- DC

B Tr

ento

. C

ontie

ne I.

R.

INVESTIRE

INNOVARE

CONDIVIDEREDONARE

RISCHIARE

FORMARE

INCLUDERE

PARTECIPARE

CREARE

COMUNICARE

RACCONTARE

CREDERCI

SOSTENERE

Page 2: pro.di.gio maggio-giugno 2016

Proprietà: Associazione Prodigio OnlusIndirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 TrentoTelefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437Sito Internet: www.prodigio.itE-mail: [email protected]. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).

pro

.di.g

io. Abbonamento annuale (6 numeri)

Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT 25 O 08013 01803 0000 6036 2000 intestato a “Asso-ciazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Aldeno e Cadine indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”.

Direttore responsabile: Francesco Genitoni.Redazione: Giuseppe Melchionna, Luciana Bertoldi, Carlo Nichelatti, Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Antonio Dossi, Maurizio Menestrina. Hanno collaborato: Fabio Pipinato, Francesco Gabbi, Alessia Vinante, Domeni-co Recchia, Milena Rettondini, Fabiola Motta, Martina Dei Cas, Olga Paris, Lucio Simonato, Marilena Bianchi, Sara Berlanda, Milena Boller, Francesca Bortolini.In stampa: 1 giugno 2016.

INNOVAZIONI NEL SOCIALE

Grandi innovazioni sociali cresconoLa stufa che favorisce il risparmio energetico, cova le uova e adesso carica anche il cellulare

NEWS

Sommario

/in copertinaCome si coltiva l’innovazione sociale?

Chi fa impresa sociale studia il passato, gestisce il presente e prepara il futuro. Gli obiettivi

da porsi devono essere raggiungibili, misurabili e condivisi. Ma se proprio volete fallire, ci sono delle regole che vanno assolutamente seguite.Un decalogo infallibile per riuscire, a fallire! Non investire, non innovare, non formarsi, isolarsi, non rischiare,

non ricambiare i vertici, non donare, appoggiarsi solo ai fondi pubblici, appoggiarsi solo alla politica, diffida-re di chi è diverso. Percorrendo alla lettera questa traccia, il fallimento è assicurato. Come diceva Lucio Anneo Seneca “La fortuna non esiste, esiste il momento in cui la preparazione in-contra l’opportunità”. Ecco seguendo o non seguendo questi presupposti ci si avvicina ad una realtà complessa difficilmente inquadrabile, ma sicura-mente ricca di innovazione e spunti di coesione. Quando si parla di sociale, si può parlare di tutto come di nien-te, questo perché il primo passo è la conoscenza delle variabili in gioco. Infatti, quello che molti forse ridutti-vamente chiamano “terzo settore” in una logica tripartitica industriale, è in realtà un mondo complesso fatto di relazioni e intrecci possibili. Se si ritie-ne interessante approcciarsi a questo mondo, il primo passo è certamente informarsi e conoscere nel concreto di cosa si sta parlando, dando mai niente per scontato. Questo numero, senza alcuna pretesa di completezza vuole, attraverso la pratica dell’infor-mazione partecipata e della condivi-sione di conoscenze, fornire esempi di uno spaccato di realtà territoriale che con le sue idee e progetti sta contri-buendo a definire l’evoluzione futura del settore sociale. Una realtà ancora in bilico tra valori di inclusione e in-certezze economiche, ma con enormi possibilità di coinvolgimento in ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Un cambio di paradigma fatto di per-sone che vogliono superare l’indivi-dualismo e l’indifferenza.

COME SI COLTIVAL’INNOVAZIONE SOCIALE ?

INVESTIRE

INNOVARE

CONDIVIDEREDONARE

RISCHIARE

FORMARE

INCLUDERE

PARTECIPARE

CREARE

COMUNICARE

RACCONTARE

CREDERCI

SOSTENERE

/in evidenza

progetti efundrasing

DONA QUI

I l progetto già presentato da www.trentinoco-operazionesolidarieta.it ora è anche in grado di ricaricare i cellulari. È questa la nuova “sfida”

promossa dall’Istituto Pace Sviluppo e Innovazione (IPSIA) delle ACLI trentine in partenariato con Fonda-zione Fontana e l’associazione Tree is Life in Kenya. Ad accettare la sfida è stato l’artigiano Gianni Gecele in collaborazione con altri volontari, che ha apportato alla già famosa “stufa che cova le uova” un’innovazione al passo coi tempi. La stufa che cova le uova è un successo internazionale. Presentata a Papa Francesco in Vaticano e all’EXPO di Milano, fu premiata nell’ottobre 2014 a Nairobi con il Green Innovation Award e riconosciuta dalle Nazioni Unite (Agenzia Unwomens) per il contributo che dà nel migliorare le condizioni di vita delle donne (sono loro che macinano chilometri per recuperare la legna per riscaldarsi e cucinare). La “cucina” è una tecno-logia sociale aperta, free, come un software a codice aperto per un computer. Chiunque può costruirsela. E migliorarla. Ecco perché con il passaparola è arriva-ta anche in altri paesi della Rift Valley come Uganda, Tanzania e Malawi. Semplice nel suo funzionamento, fa risparmiare legna rispetto alla stufa tradizionale africana; riscalda l’ambiente nelle notti degli altipiani e fa da incubatrice prima alle uova e poi ai neonati pulcini. Fabbricata con “malta-in-paglia” su una sem-plice struttura in legno, possiede un paio di vasi di ma-teriale refrattario, in cui viene bruciata la legna. Alla sua base ha anche uno spazio che, come nelle stufe trentine, doveva servire per asciugare la legna e che poi s’è rilevato importante incubatore dove nascono i pulcini.In un paio d’anni migliaia di stufe sono state auto-co-struite e certificate dall’organizzazione kenyota “Tree is Life” nelle comunità di Laikipia e Nyandarua, dove viene realizzato il progetto“Promuovere l’uso di cuci-ne a risparmio energetico e di altre tecnologie dome-stiche e agricole eco sostenibili per la riduzione della povertà e la tutela dell’ambiente in Kenya”. Progetto sostenuto dalla Provincia Autonoma di Trento e Fon-dazione San Zeno.Volontario di IPSIA del Trentino, Gianni Gecele ha pre-sentato i primi passi per l’innovazione della stufa – che

dà la possibilità di ricaricare il cellulare - al recente Fe-stival dell’Etnografia del Trentino realizzato al Museo degli usi e costumi di San Michele all’Adige. “Abbia-mo saputo che in Malawi hanno realizzato un sistema per generare energia elettrica a partire dalla stufa, e questo mi ha dato un input per questa sfida” -afferma Gecele -. Dopo mesi di studio, in collaborazione con volontari, e tentativi si è arrivati ad implementare la stufa con un prodotto venduto in internet completo di uscita USB, già usato in Africa, che produce un’e-nergia utile a ricaricare il cellulare. Applicandolo alla stufa e accendendo il fuoco per cucinare è possibile ricaricare gli apparecchi elettronici tramite un uscita USB a 5 volt”. In Africa ci sono un miliardo di persone e negli altipia-ni della Rift Valley è freddo di notte e caldo di giorno. Se guardiamo il continente dall’alto – dall’aereo o con Google Earth - possiamo constatare quanto l’energia elettrica sia presente solo attorno alle città principali e in genere “c’è campo” per i cellulari solo in prossimità delle strade asfaltate grazie ai ripetitori ivi installati.“Eppure sia il contadino africano che il pastore ha un cellulare di proprietà per rimanere in contatto con i propri cari o per i propri business. Il suo problema è ri-caricare il telefonino ogni volta che raggiunge un cen-tro urbano o un pannello solare comunitario. A volte si parla di decine di chilometri se non centinaia prima d’incontrare un punto luce. Se questa innovazione riu-scirà a ridurre ancora i suoi costi d’installazione, come accaduto con l’invenzione, frutto della collaborazione tra Trento e Nyahururu, della prima incubatrice a le-gna con la stufa che cova le uova, potremmo miglio-rare non poco la qualità della vita di molti che abita-no in zone rurali. Utilizzando semplicemente il fuoco; l’energia che è presente in tutte le case o baracche africane”, ribadisce il presidente di IPSIA del Trentino, Fabio Pipinato.

Chi fosse interessato a supportare il progetto può fare una donazionea Ipsia del Trentino

IBAN:IT29 G083 0401 8070 0000 7335 132

Gianni Gecele e la stufa ricarica cellulare

Grandi innovazioni sociali crescono

Il progetto Abito

Tutta la Clarina che c'e'FuocoammareTempi d'argilla

Redazione accessibileWelfare a Km Zero Il colore dell'erbaRubrica carcere

Con i loro occhi, con la loro voceAlla ricerca della felicitA'

Esperienze di quartiEre

Rubrica ambiente

p.1

p.2

p.3

p.4

p.9

p.10

p.11

2

Page 3: pro.di.gio maggio-giugno 2016

INNOVAZIONI NEL SOCIALE

Il progetto “ABITO QUI” vincitore del ban-do “FOVOL 2016 per il finanziamento di progetti a fini sociali con l’apporto o per

la valorizzare del volontariato”, si basa sull’i-dea che una comunità condominiale orga-nizzata e coesa abbia un potere di acquisto maggiore rispetto a quello di un singolo abitante. Utilizzando l’escamotage della costituzione di gruppi di acquisto condo-minialei e del relativo risparmio ottenibile nell’acquisto congiunto di beni e servizi di uso comune, il progetto intende favorire la nascita di relazioni di qualità fra vicini che possano migliorare la vivibilità dei contesti abitativi. Il progetto si concentrerà proprio su di una palazzina ITEA di Via Gramsci. I protagonisti saranno proprio gli abitanti di questo contesto che, opportunamente formati e attivati dai promotori in qualità di “volontari di quartiere” si faranno essi stessi portavoce del risparmio di condominio e così facendo stimoleranno il contatto tra i

vicini di casa che condividono situazioni di fragilità famigliare. Il progetto si dividerà in fasi: 1. analisi dei consumi e dei bisogni comuni. In questa fase è prevista la realizzazione di momenti di incontro conviviali per presen-tare le finalità del progetto e avere un primo coinvolgimento di abitanti che si candidino spontaneamente ad essere portavoce del progetto coinvolgendo gli altri abitanti. In queste occasioni ed in altre verranno som-ministrati agli abitanti dei questionari rela-tivi alle spese quotidiane e da queste verrà stilato un profilo aggregato di condominio. 2. Elaborazione del progetto di risparmio della comunità. Grazie ai dati raccolti ver-ranno individuati degli argomenti di spesa che possano aggregare la domanda resi-denziale dei nuclei coinvolti. Questi capitoli di spesa verranno quindi sottoposti agli abitanti e individuati quali effettivamente verranno trasformati in acquisto collettivo

tramite la piattaforma “www.abito.me” o of-fline grazie all’aiuto dei volontari.I partner del progetto sono la Cooperati-va FAI, ITEA, CBS srl (progetto abito), PRO-DIGIO Onlus, Kaleidoscopio cooperativa Sociale. Il progetto “ABITO QUI” rientra in una sperimentazione più ampia avviata nel nord Italia da CBS (www.cbs.tn.it), una start up di innovazione sociale trentina vincitri-ce del bando europeo Seed Money 2014. Abito (www.abito.me) ha avuto diversi rico-noscimenti a livello nazionale in fatto di in-novazione sociale. In trentino in particolare è stata attivata di pochi mesi una sperimen-tazione con ITEA volta alla sperimentazione di un modello di intervento abitativo inno-vativo, non centrato tanto sulla mediazione dei conflitti tra residenti, bensì sulla promo-zione della cura diffusa dell’abitare e del risparmio come strumento per avvicinare le persone e creare così legami relazionali più forti.

“ABITO QUI” Contrariamente a quanto comunemente si pensa, vivere sotto lo stesso tetto condominiale non presenta solo svantaggi,

ma offre opportunità di natura economica e sociale.

D al convegno “Ricamare Comunità” organizzato dalla Cooperativa Fai al progetto di fondazione Trentina

Volontariato: “Buongiorno a tutti, mi chiamo Francesco Gabbi, sono un ricercatore e mi sono sempre occupato di politiche urbane e sociali. Nell’estate del 2013 assieme a due colleghi ri-cercatori, Francesco Minora e Tania Giovannini, abbiamo partecipato al bando Seed Money, bandito da Trentino Sviluppo sui Fondi Europei di Sviluppo Regionale per favorire la nascita di imprese che perseguissero innovazione sociale e siamo risultati tra i soggetti vincitori. Da lì, nel giugno 2014 abbiamo fondato la nostra start-up: Community Building Solutions. Il proget-to con cui abbiamo vinto è “Abito”. Il risparmio su misura”, che cerca di lavorare all’interno dei contesti residenziali, nello specifico i condomini. Siamo infatti partiti da un problema: nell’imma-ginario popolare il condominio è associato alla litigiosità. Quattordici milioni di famiglie – più del 50% degli Italiani – vivono in condominio, un sistema che produce annualmente più di 200.000 cause giudiziarie che vanno ad appesantire il sistema giudiziario italiano. Come fare a risolvere questa situazione, che riguarda la maggior parte di noi? La soluzione più semplice potrebbe essere quella di evitare il problema alla radice: abbandonare i condomini per vivere in case unifamiliari. Una soluzione però tan-to onerosa quanto, a nostro parere, pure no-

iosa. Abito cerca di dare una risposta diver-sa, introducendo nei contesti residenziali dei meccanismi che provano a mettere a valore il vivere assieme ad altre persone. Come funziona? Il primo step è quello di pren-dere le misure del condominio, analizzando at-traverso un questionario quali sono le spese più comuni e le abitudini di quello specifico con-testo residenziale. Sulla base di questi risultati stiliamo un profilo di comunità del condominio, definendo costi e inefficienze. Il secondo step è quello di “cucire” l’Abito: attivia-mo assieme ad altri professionisti ed esperti una serie di convenzioni, strategie e progetti studiati per lo specifico condominio, che mettano a va-lore il vivere assieme e generino risparmio attra-verso le economie di scala. Il terzo passaggio è quello di crere un fondo che si alimenterà del risparmio generato attraverso l’acquisto colletti-vo di beni e servizi di uso comune. Questo fondo vincolato di condominio potrà essere usato se-condo regole stabilite dai condòmini stessi. Le strategie che Abito utilizza sono principalmente tre:

Sharing: cioè incentivare la condivisone e la fruizione congiunta di beni e servizi di uso quotidiano. Ad esempio attrezzature sportive, per l’hobbistica, utensili da cucina che utilizzia-mo poco e che potrebbero essere utili ai nostri vicini. Anziché occupare spazio, questi oggetti possono risolvere alcuni piccoli problemi delle

persone che vivono attorno a noi, evitando di spendere per l’acquisto di altri oggetti.

Pooling: facilitare la costituzione di gruppi di acquisto di beni e servizi residenziali. Ad esem-pio una linea Wi-Fi, o la parabola comune a tutto il condominio, attivare delle convenzioni con l’assicurazione per abbassarne il prezzo, avere una badante o una babysitter in comune. In più è meglio!

Commoning: l’ultimo passaggio è quello che trasforma il risparmio prodot-to in un fondo comune. In pratica quello che i condòmini risparmiano con le pre-cedenti strategie va in un fondo comune del condominio che il condominio potrà decidere di utilizzare in base ad un rego-lamento per interventi di manutenzione straordinaria, come ordinaria. Per tenere insieme tutte queste strategie, Commu-nity Building Solutions metterà a dispo-sizione dei condomini aderenti una piat-taforma informatica, www.abito.me, dove i condòmini potranno avere tutte le

informazioni sul proprio condo-minio, aderire alle convenzioni e renderlo più social scambian-dosi oggetti, servizi e novità. Il sistema Abito è remunerato da una percentuale sul risparmio generato, dunque di conseguen-za non implica dei costi di avvio

per gli aderenti. Nonostante l’enfasi che Abito pone a livello comunicativo sul-la dimensione del risparmio, l’obiettivo del progetto è profondamente sociale, ovverosia quello di creare dei contesti abitativi più vivibili e più socialmente col-laborativi. Abito cerca però di perseguire questo obiettivo non dicendo: “andate d’accordo e vivrete meglio!”, un appello che anche durante la nostra esperienza professionale abbiamo visto avere pur-troppo un appeal piuttosto scarso per molti nuclei familiari, ma dicendo: “se voi andate d’accordo, avrete anche un picco-lo vantaggio economico”. La nostra sfida è basata sulla sicurezza che nel momento in cui le persone iniziano a collaborare, a parlare tra di loro, a cascata, si creerà un clima più sociale e vivibile all’interno degli stessi contesti abitativi. D’altra parte poi, “Abito” parte anche da un’altra constatazione, ovverosia che il modello dominante di fruizione di beni e servizi, che presuppone l’acquisto indivi-duale, sia sempre più messo in crisi dalla congiuntura economica: ci sono sempre meno persone che riescono, soprattutto nell’ambito assistenziale, ad acquistare in-dividualmente questo tipo di beni. Mettersi d’accordo con i propri condòmini per condividere le spese di un operatore sanitario, di una babysitter, ma anche di

un idraulico può essere un modo per ridurre del-le spese e per creare quei legami che possono dare qualità alla nostra vita nel senso più pieno del termine. In questa prospettiva di invecchiamento gene-rale della popolazione, “Abito” si pone inoltre come un modello alternativo a quello del “se-nior cohousing”, un modello che non prevede lo spostamento delle persone all’interno di una re-sidenza che per condividere le proprie esperien-

ze, le spese di cura, ma cerca di agire, ottimiz-zandolo, sul patrimonio immobiliare esistente. Noi siamo una piccola sperimentazione, ci siamo costituiti da poco, entrando da poco in moltepli-ci realtà nel Nord Italia. Il nostro obiettivo per il 2015 è testare il sistema su cinque condomini di modo di essere pronti dal 2016 per esportare il nostro sistema anche in altri contesti. Grazie a tutti!

Francesco Gabbi- CBS

MA

RK

ET

ING

SA

ITCome fare buona impresa sociale in Trentino?

Raccontiamo il progetto “Abito”: nato da un’idea di start-up trentina mette insieme il valore del vivere assieme al risparmio condominiale

VIDEO

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | GIUGNO 2016 - n. 3

3

Page 4: pro.di.gio maggio-giugno 2016

La testimonianza di Olga, una volontaria di PRODIGIO che ha partecipato alla festa “Tutta la Clarina che c’è” descrive bene ciò

che si è riusciti a realizzare unendo le forze e la positività delle tante persone che si sono dedica-te a rendere questa mattinata così speciale. Si è tenuta anche quest’anno il giorno 13 Mag-gio, la festa di Primavera organizzata dall’Asso-ciazione PRODIGIO intitolata “tutta la Clarina che c’è”. La giornata era iniziata con una pioggia incessante ed io ero al lavoro in ansia per la festa. Il mio morale non era dei migliori ma la voglia di rivedere tutti era tanta, perciò mi sono diretta in macchina in Via Gramsci 46. Scendendo dalla macchina, la pioggia era ormai finita e nell’a-ria sentivo freschezza, musica e risate e il mio sguardo ha incrociato con stupore molti visi di ragazzi, anziani, bambini, studenti e insegnanti, genitori e figli, ragazzi disabili e volontari. Era veramente presente “tutta la Clarina che c’è”, e lo stupore di vedere così tanta partecipazione ed energia è stato forte. L’obiettivo della giornata era proprio quello del confronto, dello scambio e della condivisione fra le associazioni tra le qua-li PRODIGIO, il CSE Anffas, la Cooperativa Fai e SAD di via Gramsci, e inoltre il coinvolgimento e partecipazione di tante altre realtà del territorio: Case Itea, Il Girasole, La Casota, le scuole d’infan-zia ed elementari della Clarina, gli esercizi com-merciali del quartiere, l’Assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute, Protezione Civile, Università Popolare Trentina sede di Trento, Giardini e Ver-

de pubblico del Comune di Trento, Gruppo “Cani da vita”, il Gruppo Pietra, gli amici del Paese di Oz, la Biblioteca Comunale C10 Clarina, Dolomiti Energia, il Muse, Abito, Social Street San Pio X, la LILT sezione Trento e tanti cittadini curiosi. Nel cortile interno dell’Itea in una cornice di colori erano disposti tavoli delle associazioni dove ognuno aveva portato qualcosa da esibire, re-galare e distribuire, come opuscoli per informa-re, lavoretti manuali, giochi di divertimento. La festa è iniziata con i saluti istituzionali del Sin-daco Andreatta e poi ha preso il via la festa con tamburi, foto, chiacchiere e del buon sano cibo. La festa procedeva con successo perché il tutto avveniva in modo naturale, ognuno era libero di provare i giochi, curiosare fra i libri, parlare con i vicini e i volontari e dare una mano come poteva: il risultato è stato strabiliante. L’impatto emotivo è stato forte perché essendo tutti uni-ti, le difficoltà di alcuni si erano trasformate per

incanto in risorsa e ricchezza da condividere, ognuno aveva qualcosa da donare e da dare a tutti con lo scopo di trovare un bene comune. Ho visto persone in difficoltà ridere e giocare con le bolle, bambini girare con il pesciolino Grazie dell’Anfass, i cani per la pet-therapy scodinzola-re felici, presenti anche fiori e del verde per rav-vivare l’aiuola di via Gramsci. Lo scambio di idee

e la partecipazione si fa proprio come in questa festa: partendo dal basso, puntando al piccolo e coinvolgendo in primo luogo il proprio vicino, in un’atmosfera semplice ma curata in ogni suo aspetto e il risultato è creare come è avvenuto in me un senso di apparenza e un senso di legame con le realtà della comunità non sentendosi più soli. E’ stato un giorno di festa per far passare il messaggio che grazie alla creatività, manualità, pro-gettualità e condivisione di obiettivi si può riattivare il tessuto sociale creando rete e non lasciando fuori

nessuno ma cercando insieme nuove soluzioni per creare un nuovo quartiere sempre più attivo

e partecipe alle esigenze di tutti. Sono state due ore emotivamente intense, in cui ho capito e spero, anche ognuno di voi lettori, quan-to sia importante collaborare, dare qualcosa ed essere partecipi con i piccoli gesti sia per noi stessi sia per tutta la comunità di cui faccia-mo parte, qualsiasi essa sia. Se c’è crisi economica non c’è però crisi di idee e voglia di fare.

Olga Paris

“Tutta la Clarina che c’è” Una grande festa di partecipazione colora via Gramsci

Fuocoammare è il ritratto della dignità della gente co-mune, di ciò che le istituzioni

promettono a parole e i cittadini fanno concretamente. Così esor-disce il Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz durante la proiezione istituzionale a Bruxelles del documentario firmato dal regista Gianfranco Rosi, vincitore dell’Orso d’oro al Festival del cinema di Berlino, edizione 2016. Il documentario, in un crescendo narrativo carico d’angoscia e tensione, racconta gli sbarchi che quasi quotidianamente avvengono sulle nostre coste. Nel mondo ci sono circa 70 milioni di rifugiati: nel solo 2015 ben 1,3 milioni di loro hanno varcato i confini dell’Unione europea. Fuocoammare è un appello a che le loro storie e quelle di chi si trova a dover gestire la prima accoglienza non si infrangano tra i flutti dell’oblio e dell’indifferenza. Il documentario, interamente girato a Lampedusa, prosegue su binari paralleli, destinati

a non incrociarsi, se non negli occhi di chi guarda. Da una parte si sviluppa la storia dolce-amara di una famiglia di pescatori, legata a doppio filo alla terra e al mare, ricca di sapori genui-ni, canzoni popolari e paesaggi moz-zafiato, nell’esasperante lentezza dei ritmi della natura e della vita rurale. Dall’altra stanno il frenetico ronzio delle pale delle motovedette, i corpi scuri e macilenti avvolti nelle coper-te termiche dorate e scricchiolanti, i rituali del riconoscimento e dell’iden-tificazione in tutta la loro disumana monotonia e disperazione. Nel mezzo stanno i lampedusiani che, volenti o nolenti, hanno imparato a convivere con queste due dimensioni config-genti, ma al tempo stesso ricche di elementi comuni, con lo stoicismo di chi, cresciuto da generazioni di ma-rinai, ha imparato a raccogliere tutto ciò che viene dal mare, sia esso una tempesta, una pesca abbondante o un essere umano. Emozionanti gli spezzoni che ritraggono il dottor Pie-

tro Bartolo, ginecologo e medico con-dotto di Lampedusa, mentre visita le donne incinte appena sbarcate. “Ho fatto più autopsie di qualsiasi collega in Europa” racconta, le mani strette a pugno come a trattenere le lacrime “un primato che nessun medico vorreb-be mai vantare. Eppure ogni volta che faccio un’ecografia o vedo un bambino sorridere nella sala giochi improvvisata che ho allestito in ospedale, sento che il mio lavoro è il più bello e gratificante del mondo!”. Fuocoammare è l’odissea che quotidianamente scegliamo di non vedere e che invece dovremmo sforzarci di guardare con attenzione, è una tortura che per noi spettatori dura solo 106 minuti, mentre per mi-lioni di uomini, donne e bambini rap-presenta la storia di una vita.

Martina Dei Cas

FuocoammareUna tortura che tutti dovremmo sforzarci di guardare

Tempi d’argillaPer sopravvivere alla crisi pensiamoci d’argilla, senza seccarci

Siamo chiamati a colmare il gap crea-tosi con la realtà la-

vorativa attuale tramite resilienza e malleabilità. Oggi inseguire i propri sogni significa lasciarsi modellare in forme che poco incontrano i nostri obiettivi, perché spesso non sono chiari i passag-gi per realizzarli. Tuttavia, inquanto lottatori consa-pevoli che una direzione va presa, decidiamo co-munque di girare sul tor-nio più accessibile senza sapere cosa ci farà diven-tare quella misteriosa ar-

tista che è la vita. Nell’incertezza l’unica cosa che ci resta davvero e ci sprona a continuare la ricerca è la nostra essenza, sognante. E’ lei il collante della materia duttile di cui occorre pensarsi (l’argilla)... si, perché noi, alla base, siamo gli stessi esseri umani di anni fa: es-seri umani con desideri semplici, che però il mutare del contesto ha reso complessi, confondendo le nostre scelte. Chi di noi ora è “in forma”? Ovvero comodo, accolto in quel calco dove ti configuri per quello che sei e che sai, pronto a dare un apporto alla società? Probabilmente lo è chi ha avuto fortuna. Tuttavia chiunque non ab-bia smesso di muoversi assieme al cambiamento potrà ad un certo punto raggiungere quel calco, immerso anch’esso nel processo, e sostarvici. Allora ricorda: se ti pensi d’argilla, prima o poi sarai “in forma”. Non seccarti e invita altri ad essere come te. Verrà premiato lo spirito di adattamento e la tua voglia di fare ti manterrà fresco e papabile. Per il tuo futuro e quello della nostra società, credici!

Alessia Vinante

Il Sindaco Alessandro Andreatta

Volontari e partecipanti all’evento di quartiere in Via Gramsci

EDUCAZIONE E SENSIBIL IZZAZIONE

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | GIUGNO 2016 - n. 3

4

Page 5: pro.di.gio maggio-giugno 2016

Pagina a cura del Comune di Trento

Sito Internet delComune di Trento:

www.comune.trento.it

Numero Verde800 017 615

-SARDAGNA- La “Busa degli Orsi” riapre in au-tunno, il panorama è da brivido Ci sarà anche un piccolo teatro all’aperto che si affaccia sulla città

La “Busa degli orsi” di Sardagna tornerà ad essere un’attrazione turistica e una meta per le escursioni dei residenti. E’ infatti pronto il progetto che valorizzerà questo straordinario punto panoramico, in stato di abbandono in seguito all’allontanamento, nel corso degli anni Ottanta, degli ultimi esemplari di orso ospitati nella fossa. Oggi è possibile sostare lungo il perimetro della fossa, ma l’area è recin-tata, chiusa e di fatto abbandonata. La “Busa” si trova sul punto più estremo della roccia, in una posizione dominante rispetto all’intera città di Trento: da qui è possibile godere di un panorama di assoluto interesse. Con l’obiettivo di sfruttare questa potenzialità e di ripristina-rei contemporaneamente una situazione di decoro per questa parte del sobborgo, nella variazione di bilancio 2015 è stata prevista la sistemazione del punto panoramico. Il proget-to prevede la realizzazione di una struttura in acciaio all’interno della “Busa degli Orsi” che consenta la sosta sulle sedute a gradoni e l’af-faccio verso il panorama circostante; la struttu-ra potrà essere utilizzata anche come piccolo teatro all’aperto, con palco e platea, per spet-tacoli o concerti. La parte più profonda della “Busa” è stata infine pensata come un percorso che inizia con la discesa attraverso una scala in acciaio, prosegue attraverso la fossa degli orsi in cemento armato e termina in un elemento a sbalzo che permette un’immersione totale nel paesaggio sottostante. Per motivi di sicurezza quest’ultimo belvedere a sbalzo è stato pensa-to come una riproposizione della gabbia degli orsi, con sbarre di acciaio che circondano l’af-faccio su tutti i lati, compreso quello superiore. Il progetto architettonico è a cura dell’architet-to Franco Voltolini (Servizio edilizia Pubblica), mentre l’ingegner Luca Cucino (libero profes-sionista) ha curato il progetto delle strutture. Il costo presunto dell’opera, che sarà realizzata nel corso di quest’estate, si aggira intorno agli 80 mila euro.

Feste vigilianeLa tradizione si rinnova

Palazzina LibertyAperto il Libercafè

Arredo urbanoI lavori in arrivo

www.comune.trento.it

LA RIVISTA DEL COMUNE

TRENTO77informa

ANNO XVI I - N. 77 - MARZO 2016

Con il Libercafè si è aperta una nuova pagina di storia per la Palazzina Liberty

È l’associazione temporanea di impresa formata da Matisse srl di Pergine Valsugana e Pepenero srl di Trento il gestore del nuovo Libercafè, il servizio di caffetteria e ristorazione al piano terra della palazz-ina Liberty in piazza Dante. Il Libercafè è un caffè culturale e letterario, non solo un locale che serve colazioni, spuntini e pranzi veloci, ma anche un vero luogo di aggregazione, che integra l’aspetto com-merciale con quello culturale e che, caso forse unico in città, si rivolge prevalentemente a una clientela composta da bambini, ragazzi e famiglie. Il capito-lato per la concessione del servizio prevede che il contratto abbia una durata di sei anni, rinnovabili di altri sei. L’offerta economica che si è aggiudica-ta la gestione è pari a 24.696 euro all’anno. L’orario minimo di apertura va dalle 10 alle 19 (estensibile fino alle 23) e prevede la disponibilità ad aperture straordinarie in occasione di eventi o in particolari periodi dell’anno. Vengono proposti menù partico-lari, colazioni e merende per i bambini, pasti veloci in pausa pranzo, prodotti di pasticceria e gelate-ria, con servizio ai tavoli obbligatorio e utilizzo di stoviglie lavabili. Non possono essere somministra-ti superalcolici né installati apparecchi per il gioco d’azzardo. Si sta già popolando il calendario degli eventi: nei mesi estivi il Libercafè organizzerà aper-itivi, matinée e serate musicali, baby parking e gio-chi in inglese, mostre fotografiche, incontri con gli autori.

Aggiornamento tessere elettoraliLa tessera elettorale, insieme ad un documento di identità, è un documento essenziale per es-ercitare il diritto di voto. È importante che ogni elettore sia in possesso di una tessera eletto-rale che riporti i dati aggiornati della residenza e della sezione in cui potrà recarsi a votare.In vista del referendum confermativo sulla ri-forma costituzionale che si terrà nel mese di ottobre, l’ufficio elettorale (piazza Fiera, 17) ri-corda che in caso di esaurimento dei diciotto spazi disponibili per la certificazione del voto è possibile fin da subito e senza aspettare il giorno della votazione, richiedere una nuova tessera elettorale.In caso di cambio di abitazione all’interno del comune l’ufficio elettorale provvede invece a consegnare un tagliando adesivo, da applicare alla tessera elettorale, che riporta la nuova res-idenza e il nuovo seggio elettorale di appart-enenza.

In Biblioteca una nuova sala di lettura per gli young-adults

La fascia di età in cui si legge di più è quella dei 15-17enni. Lo afferma il rapporto 2015 dedicato alle abitudini di lettura in Italia realizzato dall’Istituto nazionale di statistica. Elemento che condiziona in modo determinante l’esperienza della lettura è l’ambiente familiare. Ma le biblioteche pubbli-che possono con la loro presenza accompagnare e favorire ulteriormente il rapporto con i libri dei giovani, e proprio per questo la Biblioteca comu-nale ha aperto nei mesi scorsi una sala riservata ai ragazzi dai 14 ai 18 anni. Dopo il trasferimento della Biblioteca ragazzi, destinata ai lettori fino ai 13 anni, nella Palazzina Liberty, presso la sede di via Roma è stato dedicato uno spazio ai ragazzi che rientra-no nella fascia d’età definita young-adults, giovani adulti. I ragazzi in età di scuola media superiore, oltre al soppalco di sala Manzoni, hanno quindi a disposizione nella sede centrale altri 24 posti per la lettura e per lo studio, anche di gruppo. La sala si af-faccia lungo il corridoio del piano terra, è facilmente raggiungibile e nello stesso tempo isolata nella sua nuova funzione. Qui sono stati spostati i romanzi per ragazzi e ragazze dai 14 anni in su e i 750 fu-metti che si trovavano in sala Manzoni. Inoltre sono a disposizione sugli scaffali un’enciclopedia e dei dizionari.

Alloggi protetti per anziani

A Trento sono presenti due servizi residenziali per anziani denominati alloggi protetti.Si tratta di una risorsa abitativa-assistenziale che permette di: - evitare il ricorso improprio alle resi-denze sanitarie assistenziali;- prevenire o rimediare a situazioni di abbandono che possano compromet-tere il benessere psicofisico;- consentire alla persona la permanenza in un ambiente domestico individualiz-zato- mantenere, stimolare e valorizzare le risorse e le capacità dell’anziano;- partecipare a esperienze di riabilitazi-one, socializzazione, ricreazione anche attraverso i presidi sociali presenti.L’alloggio protetto non vuole essere la rispos-ta ad un bisogno solo abitativo, ma punta a consentire il massimo di occasioni di vita pos-sibili con il minimo di protezione necessaria. Il servizio è rivolto a persone anziane autosuffici-enti o in parte autosufficienti e persone esposte al rischio di emarginazione che necessitano di un ambiente controllato che assicuri sia inter-venti assistenziali programmati sia il pronto in-

tervento in caso di necessità. Le due strutture attualmente operative si trovano in via Molini (con 20 alloggi gestiti dall’Azienda pubblica per i servizi alla persona Civica di Trento) e presso il Centro polifunzionale per anziani di Povo (con 22 alloggi gestiti dall’ Azienda pubblica per i servizi alla persona Margherita Grazioli).Nel corso di quest’anno è prevista la realizzazi-one di 4 nuovi alloggi (con capienza totale di 5 persone) presso la residenza sanitaria assisten-ziali Beato De Tschiderer in via Piave.Il pagamento del canone/retta per l’utilizzo dell’appartamento protetto assicura all’utente l’utilizzo dell’alloggio e degli spazi comuni, l’erogazione di acqua, elettricità, riscaldamen-to, la vigilanza sulle necessità degli ospiti, la sorveglianza, la dotazione di cucina completa e sanitari (in via Molini l’arredo è completo, men-tre a Povo per il resto deve provvedere l’utente). È possibile un intervento economico del Co-mune allorché ve ne sia la necessità e dove sus-sistano i requisiti stabiliti.Le persone interessate ed i loro familiari posso-no rivolgersi per ogni informazione al Servizio Casa e residenze protette in via Torre d’Augus-to, 34 (n. tel. 0461 884040, 884039 e 884087). Il primo opportuno passaggio è il colloquio con gli assistenti sociali che effettuano il recapito al pubblico nei giorni di martedì e giovedì dalle 8.30 alle 12.

Casa solidale, quando un problema diventa risorsa

Nel 2009 la vita di Enrico è cambiata: la separaz-ione, la necessità di trovare un nuovo alloggio, le spese che aumentano, tanto da arrivare ad un bivio: pagare un affitto o aiutare i due figli, ancora impegnati nello studio.Enrico si sente solo. Qualcuno gli propone di rivolgersi all’associazione Ama – Auto Mutuo Aiuto, che tra i suoi progetti lavora anche con l’emergenza casa. È così che Enrico incontra Renzo, che gli offre gratuitamente l’apparta-mento lasciato libero dal figlio. Comincia una storia di amicizia che dura ancora, fatta di vic-inanza, di inviti a pranzo, di chiacchierate a cuore aperto. Dopo un anno la situazione di Enrico migliora, ma è a malincuore che lascia quell’alloggio “di emergenza” che gli ha dato molto più di un tetto. Adesso ha una casa tutta sua, ma è di nuovo solo: i figli sono partiti per l’estero per un periodo di studio. È venuto il momento di sdebitarsi con Ama e con Renzo. Come? Ospitando per un periodo un ragazzo etiope, che lavora ma non ha una casa. Anche in questo caso la convivenza dura un anno e quando quell’uomo venuto da lontano gli dice che da lui ha trovato una famiglia, Enrico, che aveva lasciato nel passato i cocci di un’altra fa-miglia, si commuove. E capisce la solidarietà è contagiosa, quando viene a sapere che anche il ragazzo etiope ha aperto la sua casa per offrire ospitalità. Sono due i progetti di auto mutuo aiuto promossi e coordinati dall’Associazione Ama – Auto mutuo aiuto in collaborazione con il Servizio Attività sociali.Casa solidale dal 2009 crea spazi di incontro tra persone desiderose di ospitare studenti o lavoratori che cercano una abitazione tem-poranea. Giovani per casa dal 2014 coinvolge giovani neo maggiorenni che hanno vissuto parte della propria vita al di fuori della fami-glia d’origine. Possono ospitare singoli, coppie e famiglie che abbiano uno spazio disponibile e il desiderio di mettersi in gioco in un’espe-rienza di coabitazione. Sono 72 le convivenze attivate in Provincia dal 2009, 42 nel Territorio Val d’Adige. Quadruplicati, da 35 a 140, i mesi di convivenza medi in un anno dal 2010 al 2015. Solo nel 2015, ben 158 persone sono entrate in contatto con il progetto. Di queste, 74 sono ri-sultate idonee a parteciparvi, e sono state regis-trate 52 richieste e 22 offerte di ospitalità. L’idea di far incontrare persone che vivono condizioni analoghe sta alla base di qualsiasi proposta dell’Associazione Ama, nella convinzione che ogni persona può essere una risorsa per sé e per gli altri.

Per informazioni:Associazione Ama - Auto Mutuo Aiuto (Via Taramelli, 17) n. tel. 0461 [email protected],[email protected]

Page 6: pro.di.gio maggio-giugno 2016

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTOPROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

Malattie rare: la richiesta di in-dividuare una figura di riferi-mento multi competenteSindrome di Von Hippel-Lindau, rara malattia che un anno fa ha colpito a morte Dennis Pisetta, ope-ratore video e musicista . La compagna, Sonia Lu-nardelli, gli amici, coloro che hanno condiviso con lui l’esperienza della rara malattia, ne hanno tratto un profondo insegnamento. R.A.R.O., III° ed. è una tappa del percorso che ha portato un gruppo di persone ad esercitare quella cittadi-nanza attiva utile a un con-fronto costruttivo. Per pro-seguire su questo cammino l’assessore alla salute Luca Zeni si è incontrato al Caffè Bookique con la direttrice U.O.M. Pediatria Ospe-dale-Trento coord. Centro prov. Malattie Rare An-nunziata Di Palma, alcuni medici-dirigenti sanitari (P. Maccani, A. Pedrolli, F. Terrasi) e 2 rappresentanti dell’Associazione Italiana Famiglie VHL (A. Bonaci-na e A. Rasetti). “La presenza della nostra Provincia all’interno dell’area vasta interregionale per le Ma-lattie Rare, ed il centro di coordinamento provin-ciale, consentono di fornire risposte importanti ai malati. - ha detto l’assessore alla salute Luca Zeni - Le prestazioni aggiuntive individuate dalla giunta, in particolare l’esenzione della compartecipazione alla spesa per il ricovero in RSA, confermano la vo-lontà di fornire il miglior sostegno possibile. La ne-

cessità emersa dall’incontro di individuare una professionalità di riferimento multi-competente per le malattie rare era già al

vaglio dell’assessorato e della giunta provinciale. Colgo l’occasione per comunicare che è stato indi-viduato nel dottor Paolazzi, primario del reparto di reumatologia, mentre la dottoressa Di Palma, pro-seguirà nel coordinamento per l’area pediatrica. E’ dovere delle istituzioni offrire il miglior sostegno possibile a malati e famiglie che vivono un percor-so così doloroso e non inquadrabile in protocolli

standard”.La proposta fatta da R.A.R.O al Caffè letterario Bookique può essere definita come una secon-da fase del percorso costruttivo fra Amministrazione e cittadini già avviato nei mesi scorsi sul-le necessità dei cittadini affetti da malattie rare. Un cammino che proprio in seguito (anche) all’esperienza di Dennis Piset-ta (aveva trascorso gli ultimi 2 mesi in Rsa a Villa Belfonte in codice gravità Namir, pagando-

si buona parte delle spese) ha portato la Provincia autonoma a deliberare in favore dell’esenzione alla compartecipazione alla spesa per il ricovero in Rsa per soggetti di livello assistenziale Namir (Nuclei di accoglienza minima responsività), contributo forfettario sulle spese di assistenza per agevolare la permanenza a domicilio delle persone in pos-sesso dei requisiti di eleggibilità in Rsa con livello assistenziale Namir.Dopo il confronto scaturito dalla tavola rotonda “R.A.R.O. in viaggio con Dennis, un’esperienza nel mondo delle malattie rare” è poi proseguito con musica, letture, danze per ricordare la poliedrica personalità di Dennis Pisetta. Durante la serata si sono raccolti fondi a sostegno delle Associazioni che si occupano di malattie rare come AIF - VHL (Associazione Italiana Famiglie Von Hippel-Lindau)

Un “nuovo inizio” per la sanità trentina all’insegna del lavoro di squadra

“Ho ricevuto un’accoglienza straordinaria sia dal punto di vista umano che professionale, consta-tando quello che in parte già sapevo, e cioè che in questa provincia c’è un’organizzazione dei servizi sanitari di alto livello. Insieme, sono certo che po-tremo proseguire lungo questo cammino facen-do un ottimo lavoro di squadra”. Questo in sintesi il messaggio lanciato da Paolo Bordon, nuovo direttore dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, nel suo primo in-contro con i vertici azien-dali: il Comitato direttivo, il Collegio per il governo clinico, il Collegio sinda-cale, nonché i direttori di Unità Operativa ed i diri-genti amministrativi. Un messaggio raccolto e rilanciato dall’assessore alla salute Luca Zeni, che ha aperto l’incontro: “Oggi per la sanità trentina si apre un nuovo ciclo - ha detto Zeni - . L’insediamento del Direttore Generale rap-presenta un’opportunità importante per rinsaldare i rapporti tra Assessorato e Azienda sanitaria. Al contempo consentirà di affrontare con slancio rin-novato i temi cardine del sistema sanitario provin-ciale: la rete ospedaliera, il rapporto fra sanità e ter-ritorio e la riorganizzazione del sistema delle Apsp, l’attuazione del Piano pluriennale per la salute”. La necessità di unire le forze e lavorare assieme nel rispetto e nella valorizzazione dei ruoli, per il rag-giungimento di obiettivi comuni è stata sottolinea-ta anche con un breve video trasmesso in apertura, contenente un intervento del “mito” della pallavolo Julio Velasco sul tema del “fare squadra”.Audito-rium gremito quello dell’Apss di viale Verona, per il primo confronto fra il nuovo direttore, Paolo Bor-don, accompagnato dall’assessore provinciale alla salute, Luca Zeni, e i vertici aziendali. Un’occasione per porgere un saluto collettivo, questa, ma anche per tracciare le linee di indirizzo per il futuro, non-ché per raccogliere impressioni e pareri sia dalla dirigenza amministrativa sia dai primari presenti. In apertura l’assessore Zeni, dopo avere augura-to a Bordon un buon inizio del suo impegno, si è soffermato brevemente sulle principali sfide che la sanità trentina ha davanti a sé. Innanzitutto lo svi-luppo continuo della rete ospedaliera. “Dovrà esse-re garantito il corretto equilibrio tra sostenibilità e casistica, e l’obiettivo di garantire i migliori servizi sul territorio. Nelle prossime settimane sarà defi-nito il futuro dei Punti Nascita, potremmo quindi lavorare con maggiore serenità e senza incertezze”. In questa prospettiva una menzione a parte è stata dedicata al Centro di Protonterapia, ovvero al gran-de lavoro in atto per far rientrare la terapia a pro-

toni all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza e a quello futuro altrettanto importante per la piena valorizzazione dell’eccellenza da esso rappresen-tata. Per l’assessore Zeni risulta poi indispensabile interconnettere sempre più strettamente il sistema ospedaliero provinciale con i territori e con la me-dicina territoriale. L’obbiettivo è quello di favorire una presa in carico delle persone sempre più inte-grata, efficace ed appropriata non solo dal punto di vista medico, ma anche da quello socio-sanitario. “Dovremmo essere in grado di adattarci e rispon-

dere alle sfide che l’evoluzione demografica ed epidemiologica del Trentino, in linea con quel-la del resto d’Italia, comporta: aumento dei malati cronici, delle persone con plurimorbi-lità, degli anziani fragili e non autosufficienti, delle situazioni personali con bisogni complessi per la compresenza di problemi sanitari e sociali. Per fare ciò, da un lato si dovrà concretizzare

un nuovo modello delle cure primarie, dall’altro si porterà avanti il progetto di riorganizzazione del sistema delle Aziende pubbliche di servizi alla per-sona”. Infine, l’avvio della fase d’implementazione operativa del Piano della salute 2105-2025, dando rilevanza ai temi della prevenzione e della promo-zione di stili di vita sani. “Su questo -ha sottolineato Zeni - so che troverò una buona sponda prima an-cora che nel Bordon direttore generale, in quello atleta e maratoneta”. È stato quindi proiettato un video nel quale Julio Velasco, già allenatore della nazionale di pallavolo, racconta l’importanza del gioco di squadra e del svolgere il proprio ruolo con consapevolezza e rispetto. “Bordon -ha commen-tato Zeni - sarà il vostro Velasco. Avete il compito di salvaguardare, difendere e promuovere la salute dei trentini, a volte gestendo anche situazioni non facili. Noi dal canto nostro cercheremo di mettere in campo la migliore organizzazione possibile per consentirvi di esprimere al meglio la vostra pro-fessionalità nel rispondere ai bisogni dei pazienti e delle loro famiglie”. L’assessore infine ha ringraziato il direttore amministrativo Franco Debiasi per l’im-portante contributo professionale ed umano dato in questi vent’anni di vita dell’Apss. Da parte del di-rettore Bordon, innanzitutto la consapevolezza dei risultati di eccellenza già raggiunti dal Trentino. “Il mio impegno - ha detto - è quello di proseguire la tradizione di attenzione ai servizi sanitari e sociosa-nitari propria di questa provincia. Dedicherò tutto il mio tempo ed il mio impegno allo sviluppo delle progettualità esposte anche dall’assessore Zeni, che ringrazio per avermi accompagnato in questa giornata dedicata alla conoscenza dei principali collaboratori dell’Azienda. Ho censito alcune tema-tiche di particolare urgenza su cui dovremo lavo-rare nei prossimi mesi. Sono convinto che insieme potremo fare un ottimo lavoro di squadra”.

Innovazione e crescita in un’Europa senza barriereUn’Europa laboratorio di innovazione, inclusiva, capace di valorizzare la risorsa immigrazione go-vernando il fenomeno e, soprattutto, un’Europa senza barriere per non compromettere la libera circolazione delle merci e delle persone e per non contrastare il principio del libero mercato e della libera concorrenza. Nella sfida della costruzione di questa “nuova Europa”, l’Euregio può dare il proprio contributo come sistema territoriale in-tegrato e come esempio di dialogo alla ricerca non di ciò che divide, ma di quanto accomuna. Se n’è parlato al Palazzo della Regione, a Trento, alla tavola rotonda intitolata “L’Europa del libero scambio, competitività e migranti: opportunità o limite?”. L’evento ha visto la partecipazione del vi-cepresidente della Provincia autonoma di Trento Alessandro Olivi e dei rappresentanti delle orga-nizzazioni sindacali e delle categorie economi-che, e si è svolto nell’ambito delle due giornate di appuntamenti a cura del Servizio Europa per festeggiare anche in Trentino la “Giornata dell’Eu-ropa”. Punto di partenza della tavola rotonda è stata la questione delle frontiere e soprattutto della “barriera” al Brennero, con le implicazioni sulla libera circolazio-ne delle persone e le ricadute sul piano eco-nomico. Ma l’incontro è stata l’occasione - alla luce della notizia giun-ta di un ripensamento dell’Austria rispetto ai controlli al Brennero - per una riflessione di ampio respiro sul futu-ro dell’Europa, con par-ticolare riferimento alla sfera economica e al fenomeno migratorio.“Le barriere ai confini - ha detto il vicepresidente della Giunta provinciale Alessandro Olivi espri-mendo soddisfazione per la notizia sul ripen-samento dell’Austria - negano l’idea costitutiva dell’Europa. Un’Europa che ha concepito regole improntate al principio della tutela della concor-renza cadrebbe in forte contraddizione con una politica di muri. Un reale interscambio e una li-bera circolazione di merci e persone basati su principi di parità sono elementi fondamentali per un’economia costruita su una piattaforma di integrazione fra i diversi paesi. Sul fronte immi-grazione - ha aggiunto Olivi - dobbiamo renderci conto che un’Europa senza cittadini stranieri non può restare in piedi a causa della crisi demografi-ca. Serve un’Europa aperta quindi, un laboratorio di innovazione che può crescere anche grazie al contributo dei migranti. Ma per un’Europa dell’in-tegrazione delle culture dobbiamo definire un si-stema di regole e ogni paese deve cedere parte della propria sovranità sul tema della sicurezza e della circolazione delle persone”. Secondo Rober-

to De Laurentis, presidente dell’Associazione Ar-tigiani e Piccole Imprese della provincia di Trento, “oggi l’Europa è un fatto meramente economico ed è bloccata nella crescita. Va creato del lavoro ma come farlo se le grandi fabbriche hanno de-localizzato la produzione in zone dove la mano-dopera costa poco e spesso è pure sfruttata? Ab-biamo quindi delocalizzato non solo la ricchezza, ma anche il lavoro. Ben venga il melting pot - ha concluso De Laurentis - se si esprime coniugan-do diverse sensibilità ma con la capacità di defi-nire una nazione europea che produca lavoro e ricchezza, guardando anche alle situazioni di di-sagio”. Proprio le migrazioni verso l’Europa sono state al centro dell’intervento di Milena Sega, del-la segreteria confederale della Cisl del Trentino. “I migranti - ha detto - devono essere un’oppor-tunità ma bisogna attivare dei percorsi culturali rivolti a chi arriva e a chi accoglie, tema rispetto al quale manca una visione europea condivisa ed espressa attraverso un indirizzo comune. In ma-teria di immigrazione serve dunque una visione lungimirante, tradotta in politiche che portino a pensare ad un futuro anche per gli stessi migranti nel contesto europeo”. “Il tema centrale sono le paure che attraversano l’Europa - ha affermato il segretario generale della Cgil del Trentino Franco Ianeselli - C’è una crescita di chiusura nazionale,

ma non bisogna chiudersi alle migrazioni, tenendo però presente che non possiamo considerare questo fenomeno sola-mente come un’oppor-tunità dimenticandone le implicazioni. Sul piano dei mercati, l’unione eco-nomica verrebbe limitata dai controlli ai confini. Ma una sfida importante oggi – ha detto Ianeselli - è an-che quella della costruzio-ne di un’Europa sociale. Si-

nora ogni stato ha pensato al proprio sistema di welfare in un contesto di crescita. Oggi però - ha concluso il segretario della Cgil - vanno costruiti legami transnazionali e l’Euregio può contribuire a questo percorso coinvolgendo le comunità dei tre territori che rappresenta”. Walter Alotti, segre-tario generale della Uil del Trentino, si è detto convinto della necessità dell’apporto dei migran-ti di fronte all’invecchiamento della popolazione. “Un contributo, quello dei nuovi cittadini, non solo sul piano anagrafico ma anche previdenzia-le. L’apertura dell’Europa rispetto alle migrazioni è quindi necessaria, ma altrettanto importante è una regolamentazione dei flussi in entrata. Va quindi pensata una nuova politica di sicurezza europea capace di trovare un equilibrio fra con-trollo, mercato e migrazioni. Bisogna pensare – ha aggiunto Alotti - anche a politiche di sviluppo e investimento. Serve uno “scatto” in avanti per un’Europa nuova, aperta e sociale”.

L’assessore Luca Zeni ha fir-mato un impegno con gli in-fermieri L’assessore alla salute Luca Zeni, a margine dell’assemblea annuale del Collegio degli infer-mieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia di Trento (IPASVI) di Trento, si è impe-gnato a promuovere la sperimentazione, con va-lutazione di efficacia, della figura dell’infermiere di famiglia. Lo ha fatto firmando, assieme alla presidente del Collegio IPASVI Luisa Zappini, un documento di intenti con tre punti che in-dicano la strategia da seguire nel processo di inserimento. Al centro dell’accordo c’è la speri-mentazione di un nuovo ruolo che lavorerà a stretto contatto con le famiglie e il contesto di riferimento per educare alla prevenzione e alla corretta cura degli anziani e malati in casa, al fine di migliorare la loro qua-lità di vita e diminuire i casi di cronicizzazione e ospedalizzazione. “Il progetto proposto dal Collegio IPASVI prevede la presen-za in ambito territoriale di un infermiere con le competenze necessarie per prendere in carico paziente e famiglia nell’ambito del domicilio, in collaborazione con il medico di medicina genera-le e con altre professionalità, formando un team multidisciplinare e multi-professionale, come già accade nel resto d’Europa e Oltreoceano”, ha det-to la presidente del Collegio, Luisa Zappini. “Due sono gli aspetti che vorrei mettere in luce. Da un lato la massima collaborazione con il Collegio de-gli infermieri per sperimentare un nuovo percor-so che ci porterà a valutare la possibilità d’istitu-ire una nuova figura; dall’altra la necessità di va-lorizzare al meglio la figura professionale dell’in-fermiere, sulle quali vogliamo investire attraverso progetti di formazione coerenti con i bisogni in

continua evoluzione dei cittadini”, ha sottoline-ato l’assessore provinciale alla Salute, Luca Zeni. L’argomento della riorganizzazione della sanità è stato ampliato durante il convegno “Il valore dell’infermiere di famiglia per la sostenibilità del sistema salute”, valido per l’accreditamento Ecm. Alla tavola rotonda che ha aperto l’evento hanno partecipato, oltre all’assessore provinciale Luca Zeni, Angela Panuccio del Ministero della Salute, Fabio Cembrani, direttore dell’Unità operativa di medicina legale dell’Apss, Ketty Vaccaro, respon-sabile Area salute del Censis, Mario Del Vecchio, direttore Osservatorio consumi privati in sanità

della SDA Bocconi. Dopo gli interventi di professionisti attivi in ambito locale e na-zionale, il convegno è stato chiuso dall’ex presidente della Federazione Collegio Ipasvi, nonché senatrice, Annalisa Silvestro, che si è occupata di nuovi paradig-mi clinico organizzativi. Il 12 maggio, nella sala del-la Federazione trentina del-la Cooperazione, si è svolta

l’assemblea annuale ordina-ria degli iscritti al Collegio IPASVI di Trento. L’in-contro, al quale hanno partecipato circa 200 per-sone, è stata l’occasione per scattare una fotogra-fia della professione in provincia. Attualmente gli iscritti al Collegio sono 4.344, un migliaio in più rispetto a dieci anni fa, 64 in più rispetto al 2015. La maggior parte è assunta nel settore pubblico: 2.663 dall’Azienda per i servizi sanitari, 569 in aziende per i servizi alla persona pubbliche. Im-portante è comunque anche la fetta della libera professione, con 240 occupati e altri 126 impie-gati nelle case di riposo private. La professione risulta ancora a forte predominio femminile: le donne rappresentano l’85%. Rispetto al passato, si è stabilizzato il numero degli stranieri: nel 2016 sono 253 gli infermieri arrivati dall’estero. Le na-zionalità più rappresentate sono quella rumena (127) e quella polacca (39).

Foto

Arc

hivi

o uffi

cio

stam

pa P

at (R

.Mag

rone

)

...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...

Paolo Bordon, nuovo direttore APS

Page 7: pro.di.gio maggio-giugno 2016

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTOPROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...

Page 8: pro.di.gio maggio-giugno 2016

ESPERIENZE STORIE DI MIGRAZIONE

Da sei mesi collaboro con l’Associazio-ne Prodigio di Trento e mi occupo della scrittura di articoli legati alla accessibili-

tà degli spazi. Inoltre, mi occupo anche di altre tematiche come attività terapeutiche e terapie comportamentali per i disabili. Attualmente la

redazione di pro.di.gio. risulta l’unica realtà in cui scrivo articoli giornalistici in quanto le altre attività simili che frequentavo non vengono più svolte dai centri di riabilitazione o dalle coopera-tive sociali di riferimento per la disabilità.In questo periodo mi sono trovato molto bene qui, perché durante la scrittura degli artico-li sono stato affiancato dal caporedattore del giornale e dai volontari dell’associazione che mi aiutano a coordinare il lavoro e a sviluppare me-glio le mie idee, cosa che non succedeva altrove. Sono molto soddisfatto del mio lavoro perché riesco a condividere con altre persone i proble-mi legati alla disabilità e alla accessibilità degli spazi esterni in senso più ampio di quanto non potessi fare in precedenza. Inoltre, scrivendo riesco anche a manifestare meglio le mie emo-zioni e i miei stati d’animo, infatti gli argomenti che ho deciso di trattare sono stati scelti da me,

utilizzando spesso internet per ricerche al fine di ottenere informazioni più dettagliate. Ad esem-pio ho deciso di parlare di alcune vicende legate alla accessibilità degli spazi del mio condominio: problematiche che devo affrontare quotidiana-mente e che, se non risolte, possono impedirmi di svolgere le attività abituali della vita quando non sono accompagnato da qualcuno che mi as-sista. Ho parlato dei problemi relativi al portone di ingresso dello stabile dove abito, troppo pe-sante per essere spinto da una persona con for-za nelle braccia inferiore alla media e difficoltà di deambulazione; e ho anche sollevato la que-stione dell’ascensore: questo infatti è piccolo e inaccessibile per persone in sedia a rotelle. Spe-ro di poter collaborare con pro.di.gio. per molto tempo ancora, perché credo che il fatto che ci sia, all’interno della redazione, una persona con disabilità che scrive e riporta le sue esperienze,

rappresenti un valore aggiunto e una risorsa da non sprecare. Al momento sono l’unico ragazzo con inabilità che è inserito nel progetto “reda-zione accessibile”, ma sarebbe bello che anche altre persone come me, potessero intraprende-re questa attività e raccontare le loro esperienze di vita attraverso la scrittura di articoli. Secondo me è molto importante riuscire a sensibilizzare la collettività sulle tematiche legate alla disabi-lità perché alcune persone non riescono a com-prendere le situazioni di difficoltà o di disagio in cui possono trovarsi i disabili poiché “semplice-mente” non le vivono sulla loro pelle.

Antonio Dossi

Il 6 maggio si è tenuto a Milano il primo semi-nario di formazione sulle misure di comunità in ambito penitenziario promosso dal SEAC e

organizzato dalla Sesta Opera San Fedele.L’evento è stato l’occasione per confrontarsi e conoscere più approfonditamente realtà trop-

po spesso dimenticate e marginalizzate come quelle delle misure alternative alla pena detentiva.

Dall’ampliamento di queste misure derivano diverse e maggiori responsabilità verso tutti quei soggetti che devono svolgere ad esempio lavori di pubblica utilità sociale o scontare una detenzione domiciliare. Oggi sono quasi 40 mila i soggetti in esecuzione penale esterna, quasi il doppio rispetto al 2010. Questo aumento di utenza pone gli Uffici dell’Esecuzione Penale Esterna (UEPE) al centro di una rivoluzione tanto attesa quanto difficile da affrontare. Nasce da queste considerazioni il bisogno di creare una rete a livello nazionale che coinvolga le Istituzioni del territorio, UEPE ed enti del terzo settore per far fronte alle mutate esigenze di tutti coloro i quali devono scontare una pena

all’esterno degli Istituti di pena. Lucia Castellano, Direttrice del carcere di Bollate per quasi dieci anni, ha parlato di “carcere dei diritti”, cioè di quel luogo in cui tutte le forze che operano dentro e fuori da esso, dalla magistratura di sorveglianza al privato so-ciale, dalla direzione agli uffici dell’esecuzione penale esterna, si alleino affinché la carcerazione diventi davvero l’extrema ratio del sistema punitivo vigente, così da favorire l’esecuzione della pena sul territorio.Attualmente il DAP (Dipartimento dell’Ammini-strazione Penitenziaria) spende il 97% dei fondi assegnatili per mantenere gli oltre 200 istituti di pena del territorio, quasi 3 miliardi ogni anno. Un investimento a perdere se si calcola l’altissimo tasso di recidiva, che porta gli stessi soggetti ad affolla-re nuovamente le stesse strutture dalle quali dovevano uscire in-vece rieducati e reinseriti nel contesto sociale.L’esecuzione penale esterna è ancora oggi marginalizzata, anche se ad esempio molto usata per i minori, e anche con notevole successo. Investire in ese-cuzione esterna significa anche non lasciare soli gli autori e le vit-time, mentre nel sistema attuale i primi spesso sviluppano senti-menti di vittimizzazione e i secondi si sentono abbandonati dalle

istituzioni preposte a difenderli. Durante la giornata di formazio-ne è stato presentato il libro “Accompagnare i condannati invisi-bili”, che tratta di volontariato per le pene di comunità diretto ad assistere tutti quei soggetti abbandonati dalle istituzioni durante l’esecuzione di una pena fuori dal carcere, come ad esempio chi è detenuto ai domiciliari. Per creare il carcere dei diritti bisogna quindi aprire le porte blindate e condividerne i rischi con le altre

istituzioni, nella consapevolezza che un carcere più aperto ri-duce la recidiva e produce maggiore sicurezza sociale. La dif-ficoltà di rieducare una persona in quei luoghi dove regnano ancora la negazione dei diritti e l’annullamento della persona-

lità del reo, ci obbligano ad operare un cambiamento culturale a cui oggi siamo tenuti affinché non si parli più di sperimentazioni, di eccellenze o di isole felici in cui i diritti vengono rispettati, bensì di una prassi a livello nazionale che avrebbe la forza di cambiare finalmente volto al sistema della Giustizia.

Giulio Thiella

Progetto di “Redazione Accessibile”Sei mesi come volontario in Associazione PRODIGIO mi hanno insegnato ad agire e affrontare le difficoltà attraverso la scrittura.

“Welfare a Km Zero”Un percorso volto a sostenere e rafforzare la cultura e la pratica del welfare comunitario e generativo nella società trentina

Per scoprirlo siamo andati alla presentazio-ne del progetto Welfare a KM Zero, pre-sentato lo scorso 15 marzo alla comunità

trentina dopo una lunga fase di ascolto del ter-ritorio avviata un anno fa ed entrata finalmente nel vivo. Fondazione Caritro, insieme a Fonda-zione Demarchi e Provincia autonoma di Tren-to ha allestito questo progetto e comunica con soddisfazione che la proposta di partecipare ai laboratori di progettazione che si avvieranno nel prossimo giugno, ha raccolto ben 250 candida-ture, ben oltre le aspettative in rappresentanza di oltre 100 tra istituzioni, associazioni, coope-rative, fondazioni, imprese e soggetti operanti nel mondo del welfare trentino. Il progetto rap-

presenta un’occasione, ci hanno spiegato i pro-motori, volta a sostenere e rafforzare la cultura e la pratica del welfare comunitario e generativo nella società trentina. Il Trentino è chiamato a in-dividuare nuove modalità di risposta a problemi che aumentano a fronte di risorse decrescenti. La nostra Regione, pur essendo all’avanguardia in questo settore, come ci ricorda Gino Mazzo-li psicosociologo esperto di welfare e processi partecipativi, deve fare i conti con una demo-grafia vulnerabile e con un diffuso indeboli-mento dei legami sociali, questo in un regime di contingenza economica che vede la diminuzio-ne delle risorse a disposizione delle istituzioni. Continua Mazzoli, “dobbiamo scoprire nuove risorse generandole dalla comunità nel suo in-sieme, ma questo chiede a tutti di modificare il modo con cui ci si mette in gioco. Se i fondi ca-lano, le fondazioni di origine bancaria non pos-sono più fungere da bancomat a cui attingere, ma devono diventare strumento per generare

nuove risorse, aiutando i diversi attori a conver-gere su progetti, più che a competere su bandi.” Welfare generativo significa, soprattutto in-vestire in iniziative volte non solo alla solu-zione dei problemi, ma anche a produrre le risorse relazionali e finanziarie affinché que-gli stessi problemi possano essere affronta-ti in futuro con minori contributi finanziari. Interviene poi Francesco Gabbi, staff Fondazio-ne Demarchi: “La sfida è complessa e richiede un approccio graduale, nel rispetto di tutto ciò che la comunità trentina ha costruito nel tempo. Il pro-getto prevede un percorso di ascolto del territorio attraverso un confronto coi principali attori socia-li, economici e istituzionali per costruire un’anali-si condivisa dei problemi di contesto in modo da poter poi allestire laboratori progettuali e stimo-lare la nascita di progetti concreti e sostenibili nel tempo...”.Il progetto Welfare a KM Zero, ci spiegano, par-te da alcune constatazioni di ordine pratico che hanno investito la nostra società nel corso degli ultimi vent’anni. Se da una parte diminuiscono le risorse, i problemi e i conseguenti bisogni aumentano. Essi spesso sono poco riconoscibi-li, talvolta invisibili. In sostanza, i promotori ci riportano un dato inquietante: vi è un 30% di nuovi poveri che vanno a sostituire lo spazio che una volta era individuato dal ceto medio. Come ci fa riflettere il Dott. Mazzoli: “sono venute meno molte delle reti sociali che in passato soste-

nevano le famiglie nel momento del bisogno. Vi sono dunque in generale meno reti di sostegno, un segnale che ci indica l’evaporazione dei legami familiari e sociali.”Questa esperienza condivisa rappresenta un collettore, un connettore ed un valorizzatore di risorse, attraverso una dinamica operativa che parte dal basso, dai cittadini stessi, per gestire i nuovi problemi che attraversano le comunità locali. Nuove vulnerabilità e nuovo lavoro di comunità, luoghi incubatori di comunità, faci-litazione diffusa, fare welfare in montagna, la condizione anziana: sono questi i campi d’azio-ne, le esigenze attuali, sui quali si focalizzeranno i laboratori per sviluppare progetti in grado di innovare il panorama del welfare trentino, ope-rando in un’ottica di condivisione di intenti e di scopi. Le attività dei laboratori si concluderanno con la fine dell’anno. Nel 2017, dopo un’attenta valutazione, Fondazione metterà a disposizione le risorse finanziarie, già stanziate, per l’avvio dei progetti ritenuti più promettenti e significa-tivi. Gli incontri dei laboratori, il cui calendario è disponibile sul sito www.welfareakmzero.it, si svolgeranno a Trento presso la sede della Fon-dazione Caritro inVia Calepina, 1 e della Fonda-zione Demarchi Piazza Santa Maria Maggiore, 7.

Lorenzo Pupi

Il volontariato e le misure di comunitàSeminario di formazione promosso dal Coordinamento Enti e Associazione di Volontariato Penitenziario

L’8 e il 9 febbraio scorsi è stato presentato il documentario “Il co-lore dell’erba” realizzato dalla regista Juliane Hendel Biasi con il patrocinio della Sezione di Trento dell’Unione dei Ciechi e degli

Ipovedenti.La storia è incentrata sull’amicizia di due ragazze che decidono di farsi forza a vicenda per affrontare e superare assieme alcuni ostacoli che le si pongono davanti. La scommessa del film è quella di raccontare la cecità quasi in prima persona, riuscendo a coinvolgere il pubblico nella vita quotidiana delle protagoniste Giorgia e Giona. Andare a prendere un gelato assieme, riuscire ad orientarsi e raggiungere la meta con il solo ausilio del bastone diventa per loro un simbolo di au-tonomia, e il superamento delle difficoltà l’occasione per mettersi in gioco e allo stesso tempo di crescere. Quello che qualcuno può dare per scontato si rivela essere un importante passo verso una maggio-re indipendenza, nonché una soddisfazione personale per le giovani

protagoniste. La particolarità della pellicola sta proprio nella sua re-alizzazione, pensata per attrarre anche un pubblico di non vedenti grazie alla cura posta nelle musiche e nell’audio. I cosiddetti paesaggi sonori, realizzati dal designer del suono Mirco Mencacci che ha curato suoni e musiche di film d’autore come “Le fate ignoranti” e “La finestra di fronte”, regalano agli spettatori un’esperienza sensoriale completa e unica nel suo genere. Giorgia e Giona trasmettono al pubblico energia e voglia di superare i loro vecchi limiti, mostrandosi anche vulnerabili e spaventate da quello che dovranno affrontare. Attraverso i rumori dell’ambiente, delle voci e del proseguire lento del bastone sulla stra-da, lo spettatore è immerso nella realtà delle due giovani, accolto in un’esperienza a tuttotondo molto coinvolgente. Una sperimentazione questa che sembra aver colpito nel segno, vista la grande risposta del pubblico che ha gremito la sala del cinema Astra durante entrambe le date di proiezione.

“Il colore dell’erba”Recensione del film che racconta la disabilità visiva da un altro punto di vistaa cura di Giulio Thiella

Le protagoniste Giorgia e Giona

I volontari a lavoro in redazione

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | GIUGNO 2016 - n. 3

8

Page 9: pro.di.gio maggio-giugno 2016

ESPERIENZE STORIE DI MIGRAZIONE

Ciao Lucio, come prima domanda mi viene da chiederti quanto sia secondo te im-portante testimoniare oggi le esperienze

di persone migranti che per vari motivi e in vari modi transitano o si stabiliscono nel nostro pa-ese. Hai cercato di dare uno sguardo al di là del pregiudizio?Innanzitutto il mio grazie a PRODIGIO Onlus per il gradito invito, al Presidente per la gentile partecipazione al nostro incontro, a te Lorenzo che mi dedichi impegno e spazio per questa in-tervista. Parti forte con questa domanda, cogli il senso del mio scrivere e mi fa piacere. Capita a tutti di essere giudicati per ciò che appare di noi, l’aspetto, il vestito, il taglio di capelli, ancor pri-ma ci sia data la possibilità di parlare. E questo ci dispiace profondamente e ci rende più diffi-cile essere noi stessi, ciò che siamo, persone che hanno pregi, difetti, doti e limiti. Ancor più facil-mente capita alle persone immigrate, giudicate, e purtroppo mal giudicate ancor prima possano dire qualcosa. Spesso pensiamo di saper già tut-to avendo visto il colore della loro pelle o il loro vestire variopinto, immaginiamo già chi sono da dove vengono e cosa vogliono prima anco-ra che aprano bocca. Ho pubblicato il mio libro due anni fa, da allora il libro è stato letto, e diver-se persone mi hanno chiesto di parlarne. Alcune lo hanno definito un libro di ricerca, un viaggio dentro la persona, un mosaico variopinto dalle tante sfaccettature. Tu implicitamente lo defi-nisci una testimonianza e volentieri concordo, speravo anche questo quando l’ho immaginato nella testa e nel cuore prima ancora di comin-ciare a scrivere.

Cosa ha significato per te cimentarti in quest’o-pera di scrittura? E perché hai scelto la forma dell’ intervista?Giornali, Media, il nostro quotidiano e la cultura stessa ci propinano immagini di immigrazione che condizionano il nostro pensare, io deside-ravo riportare l’attenzione al centro, alla perso-na prima che al tema. Nel libro non scrivo mai la parola “immigrato” ma sempre scrivo della “persona immigrata” perché questo è importan-te per me, ricordare prima di tutto che stiamo parlando di persone, persone immigrate men-tre spesso ci fermiamo a dati, numeri e tabelle che ci sviano. Ho sempre avuto passione per la scrittura anche se questa è la prima volta che mi

cimento con un libro, il mio primo libro. L’idea, il tema, il sogno lo cullavo da tempo come pure il fine che mi proponevo mi era chiaro. Ma non volevo scrivere semplicemente il mio pensiero, sarebbe stato possibile ma, temevo, sarebbe stato il mio pensiero e non avrebbe avuto il va-lore della testimonianza, dell’esperienza. Piutto-sto avevo constatato che l’ascolto, la conoscen-za, l’incontro dell’altro possono illuminare con una luce nuova la realtà e farci capire di più e toccarci il cuore. Dopo aver studiato il tema e i dati ufficiali disponibili, ho approfondito anche il metodo e le diverse forme di intervista, ho letto gli esempi e valutata la miglior modalità per quello che voleva essere il mio contributo. Riservando al mio pensiero la parte introduttiva e le conclusioni, ho raccolto le interviste in una sezione a sé. Senza interruzioni e commenti, ho presentato ogni singola intervista introdu-cendola solamente con una mia presentazione che la contestualizzasse. Ho scelto di intervi-stare liberamente secondo i criteri dell’intervi-sta qualitativa destrutturata, libera da schemi rigidi. In particolare nell’introduzione spiego i motivi del libro e della mia scelta di raccogliere interviste sul campo, direttamente, garantendo l’anonimato e chiedendo a tutti la possibilità di registrare per poi essere fedele nella trascrizione letterale convinto che questo sia di aiuto al let-tore. Il riascolto dell’intervista poi, mi ha poi con-sentito di cogliere anche le parole dette a mezza voce e tanti particolari che, durante, potevano essermi sfuggiti.

Cosa si può sperimentare leggendo le parole delle persone che hai intervistato?Non era facile parlare di immigrazione in modo diverso, come recita il sottotitolo, sapendo di non avere niente di nuovo da scoprire e nessun colombo da far uscire dal cilindro. Solo deside-ravo che il lettore potesse riflettere come me incontrando persone che la vita ha portato a percorrere le nostre stesse strade, a lavorare con noi, a faticare con noi per la crisi economica, a gioire con noi per le cose belle della vita. Chi leg-ge incontra persone, non parole scritte e basta. Spesso mi viene detto “mi hai fatto incontrare le persone, dopo aver letto mi è sembrato di co-noscerle”, e questo mi fa tanto piacere. Anche gli esperti del settore, chi lavora per le persone immigrate, mi dice “ho capito cose che, per abi-tudine, non avevo mai considerato”. A rischio di sembrare presuntuoso ho la consapevolezza, provata anche dai tanti bei riscontri che avuto, che chi mi legge non legge un romanzo o una raccolta di tanti romanzi, un saggio critico o una ricerca solamente, chi legge incontra le persone e, se tiene aperti la mente e il cuore, può trova-re anche tante utili risposte. Una signora, senza che io le avessi mai parlato del libro, mi ha fer-mato per strada e mi ha detto: da quando l’ho letto, se qualcuno suona alla mia porta, non fac-cio più finta di non essere in casa ma scendo, gli apro e lo faccio entrare”. Il mio libro non mi farà diventare ricco e famoso, ovvio, ma se riuscirà a scalfire il muro del pregiudizio sarò felice, quello sarà il mio successo.

Ci potresti raccontare l’aneddoto che ti ha colpi-to maggiormente?Questa domanda mi viene fatta spesso e sempre rispondo allo stesso modo non per evitare uno sforzo di memoria ma cogliendo l’occasione per spiegare ancora qualcosa. Ho raccolto e trascrit-to trentadue interviste, ho incontrato trentadue persone diverse che si sono raccontate senza avere niente in cambio, nessuna promessa di premio, rimborso o altro. Anche questo mi ha fatto riflettere, noi abituati a condizionare tutto in base al prezzo. Nessuno mi ha detto “non ho tempo, ripassa, chiama la mia segretaria e fissa un appuntamento”, tutti mi hanno regalato il loro tempo anzi, spesso, mi hanno ringraziato per l’ascolto! Ognuno di loro, chi con linguaggio stentato chi con buon uso della lingua italiana, si è raccontato parlandomi di difficoltà, di successi, di ordinarietà ma sempre con cuore. Come po-trei scegliere uno rispetto all’altro, vorrebbe dire scegliere una persona rispetto ad un’altra e non lo riterrei bello anche perché tutti sono/siamo speciali, unici per qualche motivo. Per questo ho voluto concludere il libro “ringraziando di cuo-re tutti coloro che si sono lasciati intervistare, o meglio, si sono raccontati a me con disponibilità e senza imbarazzo, senza ipocrisia. A tutti dico il mio grazie sincero, grazie per ogni parola che mi hanno regalato”. Ho scritto un libro e ne parlo volentieri, faccio quanto posso con la speranza che chi avrà la pazienza di leggermi riconosca in tutti loro persone, persone che sono anagrafica-mente straniere ma prima di tutto sono, come noi, cittadini di questo mondo.

Prendendo in mano il tuo libro una delle cose che salta di più all’occhio è la copertina, con la sua semplicità e chiarezza comunicativa. Ci rac-conteresti il percorso che ha portato alla sua realizzazione e scelta.Nel mio sogno di libro, dalla prima fantasia di scrivere alla realizzazione e fino alla ricerca di una Casa Editrice, avevo immaginato una coper-tina. Una mia vecchia passione, la fotografia, mi aveva fatto pensare alla foto di due persone, una straniera e una italiana che si guardavano negli occhi. Alla fine del cammino la Cleup (Coopera-tiva Libraria Editrice Università di Padova) mi ha proposto di sottoporre il mio libro ad un Istitu-to grafico di Siena. Gli studenti, sensibilizzati al tema e ai contenuti del libro, hanno realizzato alcuni bozzetti ed io ho scelto quello che poi è stato utilizzato, mi è sembrato bello e incisivo. Due persone, distinte da due colori, che si guar-dano negli occhi e parlano tra loro, e le loro pa-role come un filo si intrecciano a mezz’aria e si incontrano. Mi ha colpito, mi è sembrata un’im-magine semplice ma di forte espressività. Io cre-do nel dialogo, credo nell’incontro e nell’ascolto quali mezzi fondamentali per abbattere i muri della diffidenza che ostacolano tutte le relazioni.

Leggendo le esperienze impresse nelle pagi-ne, è facile individuare alcuni temi ricorrenti, il viaggio, la speranza, il senso di sopravvivenza, l’importanza della famiglia. Cosa invece non ti

aspettavi emergesse parlando di migrazioni?Scegliendo il metodo di cui ti accennavo, l’inter-vista, avevo implicitamente scelto di non legare le persone ad una rigida griglia di domande la-sciandole più libere nel rispondere. Così facen-do, avrei lasciato più libero anche me stesso, in base ai temi emersi avrei potuto chiedere even-tuali approfondimenti o spiegazioni nel caso la risposta fosse stata poco chiara. Alcuni temi, sin-ceramente, me li aspettavo, per farti un esempio il tema del viaggio ricorre spesso, d’altra parte per molti è un’esperienza forte, a volte dramma-tica, come pure altri temi (la famiglia di origine, il lavoro, ecc.). Ma dare libertà di esprimersi alle persone, e l’ascolto partecipato aggiungo io, ha permesso loro di toccare anche tanti temi che stavano loro a cuore arrivando talvolta ad un’in-timità che davvero non mi aspettavo. Mi hanno parlato della famiglia, della donna nel suo esse-re mamma o pilastro della famiglia, dei bambini e della scuola, del velo, delle tradizioni, dei cibi, della cultura del paese d’origine e di tanto altro. Per questo, a chi mi chiede cos’è per me il libro, a volte rispondo “un tesoro, un forziere” tanto mi sembra ricco.

Cosa vorresti lasciasse nelle persone la lettura di questo libro?Rispondo con presunzione a questa domanda, mi scuso anticipatamente ma io sono convinto che sia un buon libro, un libro ricco come ti di-cevo sopra. Ed io vorrei che chi lo legge facesse la bella esperienza di conoscere un po’ meglio il tema dell’immigrazione da un altro punto di vista, non il mio che pure è dichiarato, ma quello delle persone che lo vivono. E se leggere il mio libro porterà a qualche porta in più che si apre, o se farà riflettere, io sarò contento e avrò raggiun-go il mio scopo.

Immagino che il processo che ti ha portato ad avere in mano le prime copie, sia stato un per-corso formativo e conoscitivo lungo e difficolto-so. Vuoi ringraziare chi ti ha sostenuto e ha reso possibile questa tua ambizione letteraria?E’ stato un bel percorso, lungo sì ma non difficol-toso. Sai Lorenzo, le fatiche fatte per un motivo ci pesano meno! Ho ringraziato e ringrazio le persone che mi hanno rilasciato l’intervista, e le persone per avermi sostenuto, potrei ricordare la mia famiglia che per due anni mi ha visto tor-nare a casa col mio prezioso registratore e lavo-rare così spesso al computer, il Prof. Valter Zanin (Sociologo dell’Università di Padova) che mi ha consigliato e seguito, la Cleup che ha creduto nel mio libro, il Ministero, la Regione, i diversi Enti Pubblici e privati che mi hanno letto, re-censito, invitato, ma vorrei ringraziare anche me stesso per la cocciutaggine che ha reso possibile un sogno, il mio libro.Grazie

Lucio Simonato

“Con i loro occhi, con la loro voce, per palare di immigrazione in modo diverso”Intervista all’autore Lucio Simonato al Cafè della Paix a Trento in occasione della presentazione del suo libroA cura di Lorenzo Pupi

Alla ricerca della felicitàSi compra? Si cerca? Si trova?

Uomini e donne che corrono in continuazione per salire sul treno della vita, un treno ad alta velocità. Vanno in fretta alla ricerca di un qualche benessere, di uno status, o forse

di un po’ di tranquillità tra casa e lavoro. Tutti alla ricerca della felicità.Ma vanno così in fretta che nessuno si ferma a controllare se ha già trovato quello che cercava. Anch’io sono su que-sto treno, come tutti sono alla ricerca, e faccio scelte pen-sando in raggiungere quello scopo. La decisione di venire dal Cile con miei figli a Trento è stata senza dubbio presa nella speranza di dare a loro una stabilità, un nuovo mon-do, nuove opportunità. Una scelta molto sofferta per me, e per i miei figli, sicuramente una decisione dal genere porterà con sé delle conseguenze e forse non sapremo mai come ha migliorato o peggiorato le nostre vite. Ma nell’affannoso lavoro di essere fe-lici, nella corsa di avere una vita felice, vorrei sapere, qualcuno sa come si fa? Perché se è vero che la felicità si compra, vorrei sapere,

quanto costa? Se invece la felicità si cerca? vorrei sapere, dove? E’ solo fortuna? Destino?Tanti filosofi, poeti, scienziati e religiosi, ne hanno parlato, provan-do a darci delle spiegazioni, concetti e metodi, senza veri risultati. Non ho nemmeno io la ricetta giusta, ma vorrei condividere con voi il mio pensiero.Credo che la felicità sia lì, sempre con noi, pronta per entrare nelle nostre vite, basta solo aprire mente ed anima ed accoglierla gior-

no per giorno. Sì! Vedere la felicità come un qualcosa di concreto, formata da tante situazioni, azioni, sensazioni giornaliere, che ci portano a trovare un equilibrio dove mente, corpo e spirito sono uno solo in completa ar-monia. Eh lo so, state pensando che queste sono solo parole, ma vi racconto un piccolo episodio come prova. Sei anni fa mi sono alzata per andare al lavoro, era una

giornata buia, freddissima. Sapete una di quelle giorna-te storte. Mi sono alzata brontolando contro la sveglia, poi me la sono presa con il freddo, con il lavoro, ma soprattutto con me stessa. “Povera me, cosa ci faccio qui? A lavorare come una matta? Dall’altra parte dal mondo? Con questo freddo? Ero sicuramen-te sulla via della commiserazione profonda. Ho preso l’autobus convinta che sicuramente quella giornata sarebbe andato tutto

storto. Ma è successo che due fermate dopo è salito Diego, un ragazzo di 23 anni sulla sua sedia a rotelle, lo conoscevo perché era un mio utente. Lui mi vede, mi guarda negli occhi e con un im-menso sorriso, felice di trovarmi mi dice “ciao, Fabiola! Come stai?Devo dirvi la verità, non stavo bene, ma in quel millesimo di se-condo prima di rispondere ho pensato, come faccio a dirgli che sto male perché mi sono alzata presto e fa freddo. Come dirlo a lui con il suo bel sorriso, a lui che ha fatto uso di tutta la sua for-za per alzarsi ed uscire di casa, così ho risposto “Ciao Diego , sto bene! Infatti sono stata bene per tutta la giornata, ma soprattutto mi sono sentita felice. A volte basta una parola, un piccolo gesto per rendersi conto della nostra esistenza e della nostra capacità di essere felice, se solo ci lasciamo andare all’universo, e a quello che la vita ci presenta. Giorno per giorno nella consapevolezza d’esistere, nutrendoci delle cose brutte della vita per crescere, ma essendo tanto felice con le cose buone che la vita ci dà, e alla fine della giornata sapere che non abbiamo fatto dal male a nessuno, e forse abbiamo contribuito alla felicità di qualcuno. Basta solo quello per ringraziare un giorno in più di vita felice.

Fabiola Motta

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | GIUGNO 2016 - n. 3

9

Page 10: pro.di.gio maggio-giugno 2016

BENI COMUNI AMBIENTE E SOSTENIBIL ITÀ

E s p e r i e n z e DI QUARTIERE a trento

1.Ciao ragazze/i! Ho notato questa sera che sul lato sinistro del lungofersina (poco distante dalle arcate) c’è un parco con un campetto da beachvolley. Potremmo organizzare qualche partitella. Che dite?2.Tornando a casa, adesso, ho visto due bimbi che innaffiavano le piante della nostra aiuola “le ortensie” sotto le arcate. È stato bellissimo! 3.Ciao a tutte/i, ieri l’ultimo incontro con gli alunni delle scuole per il progetto “Ri-generazioni partecipate”. Abbiamo accompagnato la classe 3a delle scuole Savio a ri - conoscere alcuni elementi del quartiere, per poi fare tappa in Circoscrizione dove i bambini hanno potuto confrontarsi con le signore della Coop FAI e con la presidente della Circoscrizione.

Il progetto è stato accolto con entusiasmo da parte degli insegnanti . Bambini e i ragazzi hanno manifestato tanta curiosità, vivo interesse per il quartiere. Inoltre hanno compreso in pieno lo spirito della social street, tanto da voler dare un loro aiuto concreto . Questo acrostico creato mercoledì pomeriggio da alcuni alunni della classe 4a delle scuole De Gaspari lo dimostra: LOTTERIA SOCIALE Lotteria Organizzata da Tutti pEr Tutti per Ricavare I soldi per Aiutare Social street e Organizzare Cose Insieme. Aiutiamoli a Lavorare con Emozione.4.Cari tutti, informiamo della nostra iniziativa che coinvolge i residenti della via che vede una restituzione del progetto Una poesia di strada, con letture e la creazione di un punto poesia

in Via San Pio X. C’è ancora tempo per inviare poesie, qui i dettagli del concorso http://www.ilgiocodeglispecchi.org/una-poesia-di-strada.html dove trovare anche il link per info sulla festa, il 19 giugno.5.Ciao, abbiamo voglio di iniziare a lavorare in un proietto di murales per il quartiere? Ho pensato che sarebbe bello fare un proietto colletivo, che possa partecipare chi ha capacità artistiche, di disegno o pittura ma anche chi non li ha, chi non ha mai preso un pennello in mano. Ma è imprescindibile avere voglia, di fare una cosa in tanti per tutti.6.Se varcate il ponte seguendo l’aiuola delle ortensie e la ferrovia arrivate in un posto magico: Il parco del Salè. Vi aspettiamo! per giocare, costruire, stare assieme Pituit studio

d’arti7.Grazie per avermi accettato nel gruppo! Conoscete Ni&No Nipoti e Nonni e viceversa? La piazza virtuale completamente gratuita dove è possibile scambiarsi competenze conoscenze e piccole prestazioni di lavoro occasionale dietro corresponsione di un compenso. Gli Under 29 e gli over 65 possono scambiarsi lavoro e conoscenze .. ma la fascia di mezzo può cercare nipoti per aiutare i genitori anziani o nonni per accudire i propri figli .. Questo il sito: www.nieno.it8.Guardate qui, la mappatura a San Pio X è ancora vuota! http://trentobenecomune.it/

i n v e t r i n a

Commenti dal gruppo facebook :“Residenti in San Pio X e dintorni”

RESIDENTI in via SAN PIO X e dintorni - Trento

SCRIVI LE TUE PROPOSTE, LASCIA UN TUO

CONTATTO E METTI IL RITAGLIO NELLA

Casetta "Piovono Libri" IN SAN PIO X.

PARTECIPA ANCHE TU!

MAPPA

Ha preso il via all’inizio di aprile il progetto “NEL MIO QUARTIERE: Ri-Generazioni parte-cipate” presentato al Piano Giovani di Zona

dal gruppo Social Street di San Pio X e dintorni.Il percorso proposto na-sce dal lavoro di rete delle cooperative sociali FAI e la Sfera che insieme han-no deciso di unire le forze per sperimentare nuove esperienze di quartiere insieme al gruppo dei re-sidenti di San Pio X.“NEL MIO QUARTIERE: Ri-Generazioni partecipate” propone agli abitanti di mettersi in gioco per spe-rimentare un percorso condiviso di cui possa be-neficiare tutta la comunità interessata. Sono previstipercorsi didattico-informativi con le Scuole dell’Istituto Comprensivo Trento 3, incontri nelle scuole De Gaspari, Savio e Bronzetti e alcune passeggiate esplorative dei luoghi presi in cura dai cittadini, per creare una maggiore coscienza del quartiere e dei beni comuni.Le attività che coinvolgono i bambini delle scuole primarie insieme al circolo anziani del rione favori-

scono l’incontro e lo scambio inter-generazionale, per far sviluppare conoscenze sulla storia, sull’evo-luzione socio-demografica e sugli usi e abitudini che caratterizzavano il quartiere nel passato.

Durante le giornate del 2 e 3 aprile sono state organizzate delle inizia-tive volte al recupero di alcuni spazi urbani. Il pri-mo si è svolto nella zona del lungo Fersina, dove la coop La Rete ha realiz-zato un orto delle spezie grazie all’aiuto di volon-tari, operatori e utenti che hanno indossato guanti e imbracciato gli attrezzi per ripristinare uno spazio che prima

era abbandonato. L’impe-gno e la partecipazione di tutti hanno permesso di creare uno spazio verde nel mezzo del contesto urbano dove potersi cimentare nella coltivazione e nella cura di diverse piante aromatiche e degli albe-ri presenti.Il giorno successivo è stato dedicato alla pulizia del quartiere di San Pio X, che durante la mattinata ha visto l’intervento di diversi cittadini volontari che si sono attivati per raccogliere rifiuti e cartacce. Il po-

meriggio invece ha visto la partecipazione di tanti bambini che grazie al supporto della coop La Sfera hanno potuto abbellire le aiuole sotto i portici di via San Pio X con tante ortensie portate dall’operatore della cooperativa sociale. Uno spazio brullo e pieno di sassi si è così trasformato in una stupenda aiuola piena di fiori che i bambini si stanno impegnando

ad innaffiare ogni settimana. Questa è la dimostra-zione di quanto possa essere facile prendersi cura del proprio quartiere, beneficiando in prima perso-na di quei luoghi comuni che attraversiamo ogni giorno senza farci caso, ma che possono diventare una risorsa di aggregazione e di responsabilizzazio-ne dei beni comuni.

RI-GENERAZIONI DI QUARTIERE A TRENTO

Programma di massima

10.30 - Inizio festa e presentazione del progetto

11.00 - 13.00 Laboratori per bambini

14.00 - Dimostrazione di Break Dance

15.30 - Estrazione lotteria

16.00 - Una poesia di strada

16.30 -18.30 Concerto Curly Frog & the Blues Bringers

19.00 - Aperitivo analcolico + Microfono aperto

20.00 - DJ Set

21.00 Conclusione

URBANIRITOCCHI

SAN PIO XAIRETTOL

In collaborazione con la Circoscrizione S.Giuseppe S.Chiara

INCONTRIAMOCI AL PARCO......

SoStieni l’iniziativa e partecip a attivamente anche tu!! Scegli il tuo biglietto della lotteria

e scopri se hai vinto!

Dal 16 al 19 giugnoverrà realizzato il murale

in via De Gasperi

Parco Maso Ginocchio

I bambini all’opera per abbellire l’aiuola

I volontari della Rete inaugurano il Giardino delle spezie

Non perdetevi l’evento partecipativo del 19 giugno al Parco Maso Ginocchio dalle ore 10:30 alle 21Ogni due anni la scuola De Gaspari, per salutare

l’anno d’intense attività trascorso insieme, orga-nizza una festa di volta in volta dedicata a teatro,

musica e cinema. I promotori attivi di questa iniziativa sono tutte le classi, dalle prime alle quinte, alunni, inse-gnanti e genitori insieme. Essi infatti compongono l’As-sociazione genitori-insegnanti De Gaspari che contribu-isce attivamente durante l’anno al benessere della scuo-la, promuovendo e attivando momenti coinvolgenti con l’intento di sostenerla in tutte le sue attività innovative

e inclusive dedicate all’educazione degli alunni. Eh sì, una scuola pubblica tutta particolare, situata nel centro del quartiere di San Pio X, e che negli anni ha fatto della partecipazione e dell’educazione trasversale un vincente modus operandi. Qui possiamo trovare l’orto bio-dinamico e sinergico, cura-to dagli alunni e dagli insegnanti, che rappresenta un laboratorio costante in cui i bambini possono sperimentarsi con specie di grano e di farro rare, con piante amiche che tengono lontani insetti e animali non graditi. Hanno perfino uno stagno indipendente dove si è ricreato un delicato quanto efficace ecosistema. Per l’occasione della festa, i genitori e insegnanti insieme hanno preparato oltre 20 chili di pane e piz-za per circa 300 ospiti, il tutto usando pasta madre curata nelle cucine della scuola e usando un forno di cottura esterno realizzato con un progetto dagli stessi alunni. La serata è cominciata alle 19.00 con bambine e bambini che correvano liberi e felici negli spazi della scuola, con genitori indaffarati a offrire il cibo e tenere tutto in ordine e pulito. Proprio un bell’ esempio di collaborazione partecipata, intergenerazionale e interculturale. Un’occasione di scambio durante la quale vi è stato anche un momento di restituzione circa alcuni importanti progetti svolti durante l’anno in collaborazione con Social Street San Pio X e supervisionati dall’insegnante Marilena Bianchi. Obbiettivo di fondo? Ren-dere gli alunni sempre più partecipi e consapevoli della vita di quartiere, cercando di valorizzare la scuola come uno strumento attivo e propositivo che nel contesto urbano di riferimento può svolgere numerose funzioni di coesione e inclusione sociale. Al termine della festa è stato proiettato un breve documentario girato insieme agli studenti e alla Social Street San Pio X che racconta la collaborazio-ne con l’istituto nel contesto del progetto “ Nel mio quartiere ri-generazioni partecipate” sostenuto dal Piano Giovani di Zona San Giuseppe–Santa Chiara.

Festa di fine anno alle scuole Primarie De GaspariL’Associazione genitori-insegnanti organizza e prepara una serata tutta dedicata alla convivialità, arte e partecipazione

Tutti in festa alle scuole De Gaspari

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | GIUGNO 2016 - n. 3

10

Page 11: pro.di.gio maggio-giugno 2016

BENI COMUNI AMBIENTE E SOSTENIBIL ITÀ

L ’Associazione culturale per la divulgazione e sensibilizzazione libera e indipendente delle tematiche legate all’ambiente

L’associazione In Medias Res nasce nel Luglio del 2015 a Trento come naturale prosecuzione del progetto di media-attivismo “Agenzia di Stampa Giovanile”, realizzato da un collettivo formato da giovani con background e formazione differenti. Il progetto nasce in seno all’associazione Jangada nel 2012 e in collabo-razione con l’associazione Viração Educomunicação

in Brasile, in concomitanza con il Summit Rio+20 e cresce entrando in contatto negli anni con diversi enti, organizzazione e associazioni a livello locale ed inter-nazionale (tra gli altri l’Assessorato alla Cooperazione e allo Sviluppo della Provincia Autonoma di Trento, l’Universita di Trento, l’Osservatorio Trentino sul Cli-ma, il consorzio dei Comuni della provincia di Trento BIM dell’Adige, la Fundación TierraVida in Argentina, la Rete+Tu). L’associazione si occupa principalemtene di divulgazione libera e indipendente di tematiche le-gate all’ambiente, alla società e all’economia seguen-do un modello di giornalismo partecipativo, quello

che in inglese viene comunemente chiamato citizen journalism. Negli ultimi anni ha realizzato reportages durante il Vertice della Terra “Rio+20” e le Conferenze delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP18 di Doha, COP19 di Varsavia, COP20 di Lima, COP21 di Parigi), collaborando in tali occasioni con siti e blog, radio e web-radio, giornali e riviste di diversi paesi. A livello locale In Medias Res realizza laboratori forma-tivi nelle scuole, percorsi di educazione ambientale attraverso itinerari naturalistici (“In Cima per il Clima”) ed eventi aperti alla cittadinanza.

Quando in Italia e in Europa si parla del-la regione Trentino si è spesso portati a pensare a vallate verdi, laghi cristallini

e alte montagne, ambienti incontaminati dove la presenza umana è in assoluta armonia con la natura. Alcuni dati, però, dimostrano che la situazione non è esattamente questa. C’è un fenomeno, in particolare, che sta minacciando la regione e il nostro amato paesaggio: il consumo di suolo. Cerchiamo innanzitutto di capire perché si parla sempre più di questo fenomeno e perché è in-dispensabile proteggere questa risorsa. Il suolo è una risorsa finita ed è fondamentale per gran parte delle attività umane. Proviamo a pensare ad esempio alla produzione agricola, alla miti-gazione di alluvioni e altri fenomeni idrogeolo-gici, alla conservazione della biodiversità fino ad arrivare alle funzioni culturali paesaggistiche. Una volta “consumato”, ovvero impermeabiliz-zato, coperto da cemento, il suolo è perso. Per sempre. Niente più agricoltura, niente più bio-diversità, niente più servizi. Per riavere le stesse proprietà sarebbe necessario aspettare centi-naia, se non migliaia, di anni. Secondo l’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), in Italia ogni anno si consumano 55 ettari di suolo al gior-no. In altre parole, perdiamo in maniera irreversibile 7 m quadri al secondo del nostro territorio. I dati riguardanti la re-gione Trentino non sembrano particolarmente allarmanti ad un primo sguardo. Parliamo infatti

di un dato assoluto che registra circa un 3% di suolo consumato rispetto ad una media nazio-nale che si aggira attorno al 7%. Ma il dato as-

soluto non ci aiuta molto a capire la situazione reale della nostra re-gione. Per farlo infatti dobbiamo considerare il dato di consumo di suolo “effettivo”. Uno sguardo più

approfondito sui dati Dai dati rac-colti negli ultimi anni è emerso che il fenome-no del consumo di suolo insiste maggiormente

sulle zone pianeggianti e di bassa collina (ISPRA, 2015). Tutte le altre zone, aree a quota maggiore di 600 metri e aree con pendenza elevata,

risultano naturalmente protette da questa minaccia, a causa della loro conformazione e/o dell’alti-tudine. La percentuale del con-sumo di suolo effettivo è relativa

quindi non alla superficie totale di una regione bensì solo alla superficie su cui è effettivamente possibile costruire.

Ed è proprio considerando questo dato che la posizione in classifica del Trentino cambia net-tamente. Si passa infatti da un 3% ad un 19% di territorio consumato, risultando così la quarta regione dove si è consumato più suolo dispo-nibile, seconda solo a Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia. In altre parole risultiamo sempre virtuosi nelle classifiche nazionali perché il dato considerato non è relativo alla superficie reale potenzialmente edificabile, ma alla superficie intera del Trentino, comprese montagne, laghi, aree ad elevata pendenza ecc. Un’altra impor-tante riflessione viene fatta dall’Osservatorio del Paesaggio Trentino, che nel 2015 ha stilato il “Rapporto sullo stato del paesaggio”, facendo emergere dati decisamente allarmanti sui no-stri “comportamenti costruttivi”. Tra quelli più impressionanti troviamo un aumento della “su-perficie edificata”, dal 1960 al 2004, del 190% a fronte di un aumento del solo 20% della popo-lazione. In altre parole 320 mq ad abitante. È chiaro che, visti i dati, molta di questa superfi-cie è stata destinata alla costruzione di secon-de case e strutture ricettive legate al turismo

montano. Ma erano davvero tutte necessarie? Il danno paesaggistico: non solo suolo Una nota

particolare va al fenomeno in territorio montano. Una ferita che va oltre ai danni fisici del consumo di suolo. Basti pensare alle famose torri del Passo del Tonale, al Club Valtur di Marileva o a Primiero. Terri-tori violentati e deturpati in nome di uno sviluppo economico legato al turismo,

che hanno portato oltre al danno anche la bef-fa visto che molte di queste strutture risultano dopo anni sfitte, sotto utilizzate o addirittura chiuse. Con la divulgazione di questi dati non si sta in-neggiando ad uno fanatico conservazionismo della natura. Si cerca piuttosto di far riflettere sull’uso che se ne è fatto finora, e sul rapporto che si è avuto con essa. Ugo Morelli, presidente del Comitato Scientifico della Scuola per il Go-verno del Territorio e del Paesaggio (STEP) di Trento, sostiene che sia necessario smettere di pensare il paesaggio come una risorsa da ven-dere e che sia invece urgente riconcepirlo come spazio da vivere. Uno spazio inevitabilmente le-gato anche alla nostra identità e che necessita di un cambio di prospettiva che non consideri il paesaggio come “qualcosa” là fuori, ma che lo veda come parte integrante della nostra vita, delle nostre abitudini e quindi anche delle no-stre pianificazioni.

Milena Rettondini – In Medias Res

Il Trentino consumato Il consumo di suolo in Trentino: morte accidentale di un paesaggio

Vista panoramica su Trento da Sardagna

Alberghi a Marileva

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | GIUGNO 2016 - n. 3

11

Page 12: pro.di.gio maggio-giugno 2016