Pro.di.gio. n°3 giugno 2015

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progetto di giornale BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO III - GIUGNO 2015 - ANNO XVI - 90° NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT Associazione AIESEC Un’esperienza di volontariato internazionale pagina 3 Horus Technology Le startup al servizio del sociale pagina 4 APAS 1985-2015 Festeggia i primi 30 anni di attività l’Associazione Provinciale Aiuto Sociale pagina 8 Walk in progress Lo sport per tutti di NuoveRotte e Insieme pagina 11 Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R. Come far rivivere un quartiere

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Pro.di.gio. è una redazione attiva dal 1999, nata con l'obiettivo di dare voce al mondo della disabilità e del disagio sociale, raccontando le realtà e le iniziative delle associazioni e delle cooperative impegnate in questi campi sul territorio trentino.

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progetto di giornale

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAPNUMERO III - GIUGNO 2015 - ANNO XVI - 90° NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT

Associazione AIESECUn’esperienza di volontariato internazionale

pagina 3

Horus TechnologyLe startup al servizio del sociale

pagina 4

APAS 1985-2015Festeggia i primi 30 anni di attività l’Associazione Provinciale Aiuto Sociale

pagina 8

Walk in progressLo sport per tutti di NuoveRotte e Insieme

pagina 11

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Come far rivivere un quartiere

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COMUNITÀ

Proprietà: Associazione Prodigio OnlusIndirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 TrentoTelefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437Sito Internet: www.prodigio.itE-mail: [email protected]. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).

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io. Abbonamento annuale (6 numeri)

Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT 25 O 08013 01803 0000 6036 2000 intestato a “Asso-ciazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Aldeno e Cadine indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”.Pagamento con carta di credito su www.prodigio.it.

Direttore responsabile: Francesco Genitoni.Redazione: Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Carlo Nichelatti, Giuseppe Melchionna, Luciana Bertoldi, Sara Caon, Martina Dei Cas. Vignette a cura di: Maurizio Menestrina per Cse Via Gramsci AnffasHanno collaborato: Antonio Dossi, Giulia Masciavè per AIESEC Trento, Daniela Amosso- FAI Cooperativa Sociale, Paola Maria Bevilacqua, Sara Caon, Elisa Stefanati (NuoveRotte), Nicola di Ass. Insieme, Alessandro Graziadei per Unimondo, Andrea, Simona ed Elena di “Pupa-ma-n-Cur”.In stampa: lunedì 1 giugno 2015.

ASSOCIAZIONI E OSPITALITÀ

Sommario L’editoriale

Rafforzare il senso di comunitàa cura della redazione

Attraverso le pagine di pro.di.gio. cerchiamo di dar voce alle realtà più silenti, di rafforzare il

senso di comunità, di riavvicinare le persone tra loro e renderle più unite.

Dai bambini agli anziani, dal politico al detenuto, al disabile, una società non può definirsi comunità se non vi è più contatto tra tutte le sue diverse realtà. È importante quindi ristabilire quei legami che permettono a chiunque di non sentirsi un’entità a se stante, ma una parte attiva e partecipativa per la collettività, rappresentante ognuno dei suoi speciali bisogni e in grado di mettere a disposizione le proprie capa-cità per il prossimo, non più estraneo ma vicino.

Un bellissimo esempio ne è stata la festa Prima&Vera in via Gramsci, che ci ha coinvolto con entusiasmo insieme a tantissime associazioni e persone che credono nell’importanza della comuni-tà e dei suoi inscindibili legami.

In questo numero troverete anche il punto di vista di chi decide di lasciare il suo paese per fare un’esperienza di volontaria-to all’estero, grazie all’aiuto dell’Associazione internazionale AIESEC, o la storia dei ragazzi di Horus Technology, che hanno deciso di met-

tere in gioco le loro competenze tecnologiche a favore dei non vedenti.

Ma non vi anticiperò altro, e vi auguro come sempre una buona lettura.

La festa di quartiere in via Gramsci si tinge di colori, musica e partecipazione

Prima&Vera 2015 Reportagea cura di Lorenzo Pupi

Nasce con spontaneità la proposta di far rivivere il quartiere della Clarina

a Trento sud, una zona della città rimasta nel bene e nel male ai margini, vuoi per la sua posizione e per la sua distanza dal centro storico o per la sua destinazione ad area pretta-mente residenziale. Negli ultimi anni viene però rivalutata per la sua vicinanza ad aree verdi e al torrente Fersina, attrazzata di aree cani, ambulatori, scuole materne e d’infanzia, supermercati e piccole attività commerciali. Ha vissuto in passato, episodi di disagio so-ciale, talvolta solitudine e degrado urbano.

Negli anni ha saputo però accogliere numerose esperienze positive alimentate dalla presenza di una comunità ancora legata a certi valori indissolubili di scam-bio e condivisione. Non è un caso che qui, siano nate e si siano sviluppate importanti realtà associative e cooperative che hanno cercato a loro modo di risolvere alcune problematiche sociali, operando fin da subito nel quartiere e non solo. Mi riferisco ad importanti enti dediti all’assistenza alla persona come la FAI, la SAD e il CSE di via Gramsci Anffas, il Girasole. Il quartiere è ben rappresentato, esiste un sub strato di realtà senza scopo di lucro costituite dagli stessi abitanti della Clarina.

Un esempio di presenza nel quartiere è ben rappresentato, dall’Ass. La Casota, che riunisce gli anziani attivi del quartiere nel mantenere le tradizioni con occasioni di incontro, la cura degli orti comunitari, gli eventi di musica e teatro. Così come i giova-ni delle scuole d’Infanzia e scuole Primarie che collaborano a progetti educativi per il riciclo e la cura dei beni comuni con l’aiuto e la guida di un Comune attento. Ci sono poi le Circoscrizioni culturali e sportive, gli alpini, i Commercianti, centri diurni per il dopo scuola e tanti altri soggetti che fanno della gratuità dello scambio un’abitudine costante.

l’Associazione PRODIGIO da almeno tre anni consecutivi promuove la festa di quartiere che rappresenta un’occasione di scambio e confronto, trovando sempre nuovi spunti ed energia nell’appoggio concreto delle realtà cooperative, associative e commerciali della Clarina. Questa festa credo abbia rap-presentato un piccolo esempio di rete effettiva sul territorio

spontanea e autonoma. Attraverso una disponibilità ripartita e gratuita in termini di tempo e risorse è stato possibile creare occasioni ad alto impatto sociale: gli ospiti dell’Anffas hanno mostrato le loro abilità nella scultura della pietra Leccese, riciclo e riuso per la costruzione di strumenti musi-cali insieme agli operatori della Coop. FAI, bricolage e giochi insieme ai volontari della Cooperativa Sad, lo scambio libri insieme alla Biblioteca comunale di Trento, L’impor-tanza delle aiuole e verde pubblico con il Comune di Trento, la libera informazione partecipata insieme alla redazione di pro.di.gio. Nonché tanta buona musica insieme al trio musicale tra rock, balli e un fantastico buffet gratuito fornito dal supermercato vicino.

L’augurio credo sia quello di trovare sem-pre l’energia che scaturisce dalle persone che credono in questi momenti, ritaglian-do del tempo per coltivare la comunità, soprattutto quella che si accetta per come è, trovando nelle differenze, sociali e di età un’occasione in più per essere creativi e trasmettere valori che vanno a contrastare individualismo e intolleranza.

Voglio concludere riportandovi le im-pressioni e parole, di due persone preziose che insieme ad altri, hanno contribuito a rendere possibile questa bella iniziativa di quartiere, iniziando dalle parole di Maurizio Menestrina operatore del CSE via Gramsci Anffas, per terminare con Daniela Amosso, responsabile formazione e qualità per la Coop. FAI.

Prodigio chiama e CSE Anffas via

Gramsci risponde!“Cari Voi...Gia’ il nome..un programma

curioso simpatico non scontato..un gioco di parole..”Festa di Prima & Vera”...Prima, come avvio alla nuova stagione, appena usciti, si fa’ per dire, dal lungo e pazzo inverno, e Vera perché genuina, semplice, caotica e al tempo stesso ben organizzata. Mi chiamo Maurizio Menestrina, Mene, ormai per tutti. Presto servizio da oltre un ventennio presso ass.ne Anffas trentino Onlus di Trento e an-che quest’anno fra un’attività e l’altra con i colleghi del Cse in via Gramsci è stata accolta l’opportunità di mettersi in gioco, anzi met-tersi in piazza con altre realtà associative del quartiere. Uscire dai propri quotidiani muri di professionalità e servizio alla persona e mescolarsi con una sorta di bazar, un mercato dove ogni associazione, gruppo, scuola ha dato contributo della propria voglia di farsi conoscere agli altri, in modo spontaneo, sem-plice e genuino. Per una volta l’essere umano è al centro della questione con i suoi handicap, normalità, limiti, incapacità. Presenti giovani, meno giovani, grandi e piccoli, ognuno col suo tavolo e logo di rappresentanza, in una forma di dinamismo musical-curioso. Tutti osservavano e provavano le attività, in modo informale. Una piazza dove la cittadinanza, tra residenti, semplici passanti, educatori e rappresentanti delle varie istituzioni, si sono trovati e susseguiti in un vortice spontaneo di attività. Dalla musico-terapia, alla scultura su pietra leccese, tra riciclo di materiali, lettura e confronto sull’informazione partecipata. Bè ci sono voluti quasi otto mesi di preparazione per due ore di festa riuscita nel suo obiettivo: la normale disabilità del quotidiano che sa mettersi in gioco. Il tempo avverso non ha fermato l’entusiasmo, ha ceduto anche Giove e il sole ci ha così salutato a fine festa.

Concludo ricordando che quest’anno ricorre anche il 50esimo dell’ass.ne Anffas, che coglie

l’occasione per rivolge un grazie speciale all ass.ne Prodigio per il supporto, amicizia e professionalità, dimostrata e tutto con un piccolo PesceGrazie!”

-Maurizio Menestrina-

Stare vicini con semplicità secondo la FAI

“Una parentesi di euforia e creatività sotto il porticato in Via Gramsci: musica e colori, voci di grandi e piccini che risuonano tra un banchetto e l’altro e rendono piacevole anche una mattinata di pioggia e vento. C’è spazio per curiosare, colorare, scolpire, leggere, suonare strumenti musicali insoliti stando tra “vicini di casa”. Questo il senso dell’iniziativa e della partecipazione della Cooperativa FAI: avvicinarsi e scambiare due chiacchiere magari provando a “crea-re” qualcosa insieme, meglio se nel rispetto dell’ambiente e quindi con materiale di riuso o eco-compatibile. Infatti, FAI ha proposto alcune attività legate al riutilizzo di diversi materiali: dai tappi in sughero e plastica, ai cartoni della pizza, ai tubi flessibili dei cavi elettrici assemblati per la creazione di piccoli oggetti di uso comune (come porta-chiavi, ciondoli o animaletti giocattolo per i più piccoli) e di strumenti musicali. Tanti i bambini delle scuole del quartiere che hanno partecipato all’iniziativa collaborando an-che con gli anziani nella creazione di alcuni semplici oggetti, una bella occasione per trascorrere un po’ di tempo insieme anche tra generazioni diverse.

Attraverso questo piccolo ma significativo evento la nostra rete di associazioni locali ha dimostrato quanto sia semplice e gratifican-te creare momenti di incontro che rendono vivo il quartiere, lo sostengono diffondendo la cultura della conoscenza e del rispetto re-ciproco, ormai imprescindibile dagli aspetti di sostenibilità ambientale e rispetto per il proprio ambiente di vita.”

-Amosso Daniela-

Intervista a Maurizio Menestrina

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Associazione AIESEC e le opportunità di scambio internazionali, con il volontariato all’estero si può incontrare il mondo ospitando

La storia di una Global Family trentina

AIESEC è un’associazione studentesca internazionale che si occupa di creare opportunità di scambio internazionali,

consentendo a giovani studenti e studentesse di partecipare a progetti di volontariato all’e-stero per alcune settimane.

Ogni anno, anche a Trento, accogliamo ra-gazze e ragazzi provenienti da ogni angolo del mondo pronti a vivere un’esperienza da veri Global Citizen, cittadini del mondo. Tutto que-sto fermento culturale è stato ed è possibile grazie alla collaborazione del nostro comitato con associazioni e scuole trentine, che aprono le loro porte ai nostri stagisti con accoglienza e curiosità. I nostri volontari sperimentano la realtà locale anche grazie alle loro famiglie ospitanti trentine. Aderendo alla campagna Global Family, hanno messo alla prova la loro lingua inglese e le loro abitudini con risultati molto positivi, come dimostra questa doppia intervista che Kathleen, una volontaria filippi-na, e la sua famiglia ospitante, hanno rilasciato a testimonianza di un incontro aperto all’essere cittadini del mondo.

Iniziamo dalla nostra Kathleen, una ragazza di diciotto anni proveniente da Manila che è arrivata qui ad Aprile, con la passione per l’arte, la cucina italiana e l’insegnamento.Kathleen, parlaci del progetto AIESEC a cui hai aderito.Il progetto si chiama “EduChange”: il mio ruolo consiste nell’insegnare agli studenti di una scuola superiore la lingua inglese, per aiutarli a migliorare la loro competenza linguistica. Inoltre, cerco di far conoscere loro la mia cultura e sono molto contenta di essere sommersa dalle loro domande sulle mie tradizioni.Secondo te, quali sono le differenze tra Trento e Manila?Trento è sicuramente una città più tranquilla e sicura di Manila! E apprezzo tantissimo il sistema dei trasporti pubblici, la puntualità degli autobus e dei treni me la posso sognare a Manila! E inoltre, Trento mi piace perché è una città universitaria, è molto popolata da giovani e questo la rende una città molto attiva e vivace.Tu sei ospitata da una famiglia trentina. Rac-contaci un po’ le tue impressioni.Amo la mia hosting family, ho apprezzato tan-tissimo la loro voglia di farmi sentire una di loro. Venendo dall’altra parte del mondo, avere una famiglia che ti accoglie con calore e con cura nei tuoi confronti, ti permette di non sentire la

nostalgia di casa e di ambientarti a Trento senza timori.Perché consiglieresti alle famiglie trentine di aderire alla Global Family Campaign?È un ottimo modo per conoscere un’altra cul-tura senza dover necessariamente viaggiare. E se la famiglia ha dei bambini, essi attraverso questa esperienza imparano ad avere una cultura aperte alle diversità, abbracciano un comportamento più curioso ed aperto

al mondo.Adesso è il turno della famiglia Filz ad essere

intervistata in qualità di hosting family già alla loro seconda esperienza. A risponderci è Consuelo.Cosa vi ha spinto ad aderire alla Global Family Campaign di AIESEC?Senza dubbio la voglia di conoscere ragazze e ragazzi di altre culture.La vostra routine è cambiata da quando è arrivata Kathleen?Secondo i miei figli sì, dicono che mi sforzo di cucinare meglio. Ognuno di noi, a suo modo,

cerca di essere ospitale. Per esempio, mia figlia di sei anni insegna a Kathleen la baby dance e mio figlio adolescente comunica attraverso la musica. Questo permette di creare un clima molto familiare.Kathleen ha condiviso con voi le tradizioni del suo Paese?Certo, noi siamo molto curiosi e ci fa piacere conoscere le loro tradizioni. Ad esempio, con Kathleen abbiamo parlato di magia e rituali praticati nelle Filippine. Ci confrontiamo, inoltre, sul fatto che la globalizzazione ha uniformato molto i gusti giovanili. Abbiamo riso dopo aver scoperto che certi telefilm americani ormai sono diventati un patrimonio comune.Secondo voi, quali sono le caratteristiche essenziali per diventare una hosting family?Avere voglia di mettersi in gioco, apertura men-tale, disponibilità, convivialità e riservatezza contemporaneamente.Concludiamo con una domanda già rivolta a Kathleen: perché consigli alle famiglie trenti-ne di diventare una hosting family?Perché aprirsi all’altro è un modo per conoscere se stessi, conoscere e aprire ad altre culture è appagante e stimolante. Spero che i miei figli crescano in una società multiculturale dove le differenze di qualsiasi genere siano valori aggiunti, non barriere.

Ci auguriamo che questa testimonianza stimoli numerose famiglie trentine ad ade-rire a Global Family e ad abbracciare i nostri valori di accoglienza, ospitalità e apertura al mondo. Per diventare una famiglia ospitante, è sufficiente compilare il modulo all’indi-rizzo www.aiesec.it/global-family. Per ulteriori informazioni, non esitate a scriverci a [email protected] o chiamate il nostro ufficio al 0461282250.

Giulia Masciavè

COMUNITÀ ASSOCIAZIONI E OSPITALITÀ

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Il comitato di AIESEC Trento, assieme alla signora Consuelo, che accoglie Kathleen al suo arrivo in stazione.

Kathleen in gita a Roma con Mariana, brasiliana, e Katerina, greca. Stanno facendo un progetto presso il Comune di Lavis.

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DISABIL ITÀ ED ACCESSIBIL ITÀINNOVAZIONE SOCIALE

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Matteo Giomo un piccolo grande uomo vincente

Oggi vi voglio presentare un atleta unico e speciale. Tedoforo, portatore della fiam-ma Olimpica delle Olimpiadi di Torino,

il 22 gennaio 2006 per la città di Treviso. Data storica per lui, per la sua famiglia ed anche per noi. Matteo è un portatore di Sindrome Down. Un vero sportivo che ha dato lustro al nostro Paese più volte, in moltissime manifestazioni di livello Mondiale ed in diverse discipline quali sci, basket e tennistavolo. Matteo è leggermente introverso a tratti schivo, decisamente riflessivo ed educatamente “maschio gentile”. Balla molto bene (lo so perché ho avuto il piacere di ballare con lui anni fa) è composto (adesso, da giovane era leggermente “monello”) è però rimasto decisamente ribelle alle regole e poco incline all’obbedienza. Matteo difende sempre a spada tratta le sue idee e la sua libertà, riflette ed ar-gomenta sulle cose con i suoi tempi e con la sua sensibilità e con la sua razionalità si spiega la vita ed a volte, ci permette di capirla meglio. Matteo “testardo”, Matteo però tanto vero. Ciò lo rende persona seria e credibile che difende le sue idee a prescindere da chi gliele imponga o tenti di

Horus Technology, l’occhio digitale a disposizione dei non vedenti

Startup per il sociale

Abbiamo parlato con Luca Nardelli, inge-gnere biomedico che sta lavorando a un progetto innovativo e rivoluzionario

pensato per assistere le persone non vedenti in numerosi gesti quotidiani, dall’attraversa-mento pedonale al riconoscimento di volti e testi stampati.

L’idea nasce a marzo del 2014 da Luca e dal suo amico e collega Saverio Murgia. Tornando a casa dall’Università incontrano un signore non vedente in difficoltà, perché a causa di un cantiere che modificava il percorso che era solito seguire, non riusciva più ad orientarsi e a raggiungere la stazione.

Un incontro può cambiarti la vita, e speriamo sia così anche per le innumerevoli persone che Ho-rus si propone di aiutare. Proprio quell’incontro ha acceso nei due ragazzi lo spunto per iniziare a pen-sare ad uno strumento che potesse aiutare chi non vede ad orientarsi più facilmente.

Da qui parte l’idea di Horus Technology, un dispositivo indos-sabile e poco ingombrante che possa rendersi utile in molti modi a chi lo porta.

Ma facciamoci raccontare meglio da Luca, uno dei due ideatori, nato a Lavis ma che attualmente studia e porta avanti questo progetto a Genova, in che cosa consiste e qual è l’attuale stato dell’arte.Raccontaci dell’inizio, dall’idea alla realizzazione, quali sono stati i primi passi e gli obiettivi che vi siete preposti?“L’incontro con quella persona ci ha acceso una lampadina, abbiamo subito capito la sua difficoltà, e mentre lo accompagnavamo per un tratto di strada, già pensavamo a una soluzione tecnologica che potesse aiutarlo con il suo problema di orientamento.

Entrambi abbiamo compiuto studi sulla navigazione robotica, volta per esempio ad evitare gli ostacoli, ci è venuto quindi naturale iniziare a pensare un dispositivo con la capacità di aiutare un non vedente ad interfacciarsi più facilmente con l’ambiente circostante, come ad esempio individuare le strisce pedonali e il loro orientamento, o riconoscere e leggere un semaforo.

Poco tempo dopo abbiamo coinvolto Be-nedetta Magri per sviluppare la nostra idea e iniziare a concretizzarla. Con lei abbiamo stretto contatto con diverse associazioni che si occupano di disabilità visiva, per rac-cogliere impressioni e stimoli che potessero indirizzare lo sviluppo della nostra idea.

La squadra fino a poco tempo fa era composta esclusivamente da noi tre, con Saverio nel ruolo di CEO, Chief Executive Officer, o Amministra-tore Delegato, Benedetta come CMO, Chief Marketing Officer, e io nel ruolo di CTO Chief Technology Officer, per l’ambito delle nuove tecnologie applicate all’azienda.

Dai primi incontri con l’Uici di Chiavari e di Genova, con Ageranv (Associazione Genitori Ragazzi Non Vedenti) e con RP Liguria (Asso-ciazione per la retinite pigmentosa) abbiamo ricevuto non solo impressioni molto positive, ma anche preziosi consigli e richieste sulle potenzia-lità del dispositivo. Ci siamo accorti ad esempio di un notevole interesse per la lettura dei testi stampati, che adesso è una delle funzionalità su cui ci stiamo maggiormente concentrando.

A Maggio 2014 abbiamo partecipato al primo concorso europeo ad Eindhoven, e abbiamo raggiunto il terzo posto. Questo ci ha permesso di essere inseriti nel loro network, che ci è stato sicuramente di grande aiuto per farci conoscere anche in ambito internazionale.

Durante l’estate abbiamo accelerato il lavoro sul software, insistendo principalmente sulla lettura dei testi, la funzionalità più richiesta ma anche molto complessa da realizzare.

Ad agosto abbiamo girato il primo video per una competizione, ed è stata proprio questa l’occasione per fare le prime prove della demo di lettura. Abbiamo organizzato molti incontri con enti e associazioni, distribuito un questio-nario per sondare al meglio le esigenze dei

possibili utilizzatori finali del prodotto, e messo a disposizione i primi prototipi per migliorarne la funzionalità.

Successivamente abbiamo partecipato al percorso di accelerazione #WCAP, Working Capital con Telecom Italia, con loro è poi partito il crowdfunding verso fine novembre. Abbiamo lanciato la campagna per finanziare la costru-zione di nuovi dispositivi, e grazie anche al sup-porto delle associazioni RP Liguria e Uici Liguria, siamo riusciti a raggiungere il 150% dei fondi che avevamo chiesto, ben 30.000 euro totali.

In soli 90 giorni siamo riusciti a coinvolgere donatori dagli U.S.A. ai paesi asiatici, promet-tendo in cambio, come si usa fare in queste cam-pagne di finanziamento online, dei piccoli premi per chi sosteneva il nostro progetto. Abbiamo preparato ad esempio degli occhiali stampati con la tecnica 3D, e regalato alcuni biglietti per partecipare a uno stage di danza al buio.

I soldi del crowdfunding ci serviranno prin-cipalmente per realizzare e distribuire altri prototipi alle associazioni che si sono offerte di individuare le persone più adatte a testarli.

Le competizioni sia a livello locale che in ambito europeo per startup e idee innovative sono un importante campo di prova a livello internazionale e un’ottima occasione di con-fronto e di miglioramento. Inoltre i soldi dei premi permettono di finanziare lo sviluppo.”Attualmente a cosa state lavorando, e a che

punto siete con lo sviluppo di Horus?“Lo sviluppo passo dopo passo ci ha por-tato a definire innanzitutto la struttura del dispositivo, dotato di sensori visivi e di orientamento, e comodamente indossabile grazie al design ad archetto poco invasivo. È presente poi una seconda parte, dove vengono alloggiate la batteria e l’unità di elaborazione dei dati, che può essere tenuta in borsa o in tasca.

Al posto degli auricolari, che potevano penalizzare l’udito, abbiamo preferito la tec-nologia a conduzione ossea, che permette a

Horus di comunicare con chi lo usa in modo più efficiente.

Per quanto riguarda il software stiamo differenziando lo sviluppo per le diverse funzionalità, stiamo quindi lavorando contemporaneamente alla parte che riguarda l’identificazione delle strisce pedonali e dei semafori, all’area dedicata al riconoscimento degli oggetti, che è in grado di imparare e descrivere gli oggetti di tutti i giorni.

Un’altra caratteristica che renderà il dispositivo molto versatile è l’individua-zione dei volti, stiamo implementando le capacità di rilevazione e del successi-

vo riconoscimento, volte alla descrizione della persona che si ha di fronte. Partendo dai tratti del viso, questa tecnologia permetterà all’oc-chio di Horus di distinguere uomo e donna, di stimare l’età del soggetto, o di comunicare se si sta avvicinando una persona conosciuta e quindi memorizzata dal dispositivo, o qualcu-no che ancora non si conosce, e comunicare tutto questo all’utente attraverso una descri-zione per sommi capi della figura.

La lettura dei testi è una parte interessan-tissima, ma che necessita di una notevole rielaborazione di dati e che sta impegnando molto del nostro lavoro. Il software si basa sulla tecnologia OCR, che consiste nel riconosci-mento automatico dei caratteri, proprio come fa uno scanner. Il suo limite però è rappresen-tato dalla capacità di leggere solo documenti piatti, mentre Horus è in grado di riconoscere testi su libri e giornali, quindi con inclinazioni

e piegature tipiche delle pagine. Per fare questo bisogna passare molto tempo a programmare il software, affinché sia in grado di compiere le azioni di localizzazione, di compensazioni delle rotazioni prospettiche e delle possibili distorsioni del foglio, dovute alle inclinazioni di quest’ultimo rispetto alla videocamera. Stiamo sviluppando gli algoritmi per la compensazione della curvatura delle pagine e per la lettura di diversi formati di stampa, per esempio a colonne o a pagina intera. Dobbiamo “insegnare” più cose possibili al dispositivo, di modo che sia in grado da solo di capire se nel suo campo visivo è presente un testo, e all’occorrenza guidare poi l’utente nel posizionare e orientare il libro di modo da agevolarne la lettura.

Tutte queste azioni saranno eseguite in locale, senza quindi collegarsi ai server di rete, e le ela-borazioni dei dati e la successiva comunicazione dei risultati all’utente dovrà essere molto veloce e precisa.

La lettura dei testi è una delle sfide più complesse su cui stiamo puntando molto, ma è anche una delle risorse più promettenti che caratterizzerà Horus come un valido ausilio alla persona.

Recentemente abbiamo assunto dei ragazzi per aiutarci a sviluppare le tante funzionalità, ma essendo tutti specializzati in software, non abbiamo i mezzi e le competenze tecniche per realizzare delle componenti hardware apposite

Per il momento i componenti dei nostri proto-tipi sono tutti industriali, le piccole videocamere vengono dal campo della robotica, mentre la

custodia l’abbiamo fatta stampare in 3D, ma il nostro obiettivo per la fine del 2015 è iniziare la miniaturizzazione dei componenti, e quindi la creazione ad hoc dei supporti digitali.

Per questo motivo stiamo contattando diverse realtà specializzate nella creazione di hardware su misura, e abbiamo iniziato a stringere con-tatti con un’azienda in particolare che potrebbe aiutarci in questo. Hanno la tecnologia e l’espe-rienza per supportarci in questo step decisivo di progettazione e preparazione dei supporti, ma per questo servono mesi di lavoro e molti fondi, perché impegni un’intera azienda sul tuo progetto per un lungo periodo.

Miniaturizzando le componenti apposite saremo in grado di offrire un dispositivo molto potente e maneggevole, in grado di elaborare ad alte prestazioni una grande quantità di dati, e iniziare finalmente la commercializzazione prevista per il 2016.

Nei prossimi mesi quindi ci concentreremo sullo sviluppo del software e parteciperemo ad altri concorsi per farci conoscere sempre più in ambito internazionale. Tra poco parteciperemo ad esempio alla finale della Global Social Ven-ture Competition, competizione per business sociali che si svolge a Berkeley, dove saremo presenti noi e un’altra startup italiana.”Uno strumento davvero innovativo e pensa-to interamente per rispondere alle esigenze delle persone non vedenti. Perché credete che questo strumento verrà apprezzato e adottato da molti?“Speriamo sia così! La lunga preparazione e i continui test e confronti ci hanno permesso di riunire in un unico oggetto moltissime funzio-nalità diverse, ognuna in grado di semplificare alcuni dei gesti più quotidiani. Questo per-metterà a chi indossa Horus di avere sempre a disposizione un aiutante poco invasivo, che ci si dimentica di avere indosso, ma utile a favorire l’autonomia negli spostamenti e l’indipendenza nella vita di tutti i giorni.

Almeno questo è quello che ci dicono i collau-datori dei nostri prototipi!

La capacità di Horus di apprendere e memo-rizzare, per esempio oggetti e volti, unito alla facile interazione che lo rende uno strumento molto accessibile, saranno i punti di forza di questo dispositivo funzionale e maneggevole.

Per ora abbiamo trovato sempre grande en-tusiasmo e incitamento verso il nostro progetto, e il nostro obiettivo nel breve termine è anche quello di distribuire un numero maggiore di prototipi, per avere più feedback possibili.

Cerchiamo di sviluppare più presto possibile, ma le idee sono tante e i bisogni a cui possiamo rispondere pure. Abbiamo ancora tanto lavoro e tanti sogni.”

Giulio Thiella

Sito di Horus Technology

Luca Nardelli con il Pesce Grazie del C.S.E. Anffas di via Gramsci.

A destra il logo Horus.Sotto il dispositivo Horus nella versione ad archetto

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DISABIL ITÀ ED ACCESSIBIL ITÀINNOVAZIONE SOCIALE

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imporgliele. I nostri giovani normodotati spesso non sono forti e deciso come lui. Matteo Giomo è un porta-tore di Sindrome Down dei tempi moderni, utilizza il computer, lavora in un pun-to commerciale, frequenta palestre ed è pieno di amici ed apprezza il “gentil sesso”. Su Matteo è stato svolto ed ancora continua. Un grande lavoro fatto dalla famiglia che lo segue da sempre con affetto e con un passo indie-tro per lasciare a lui la libertà di crescere a volte anche sbagliando. Va riconosciuto ai suoi genitori che avendo anche un altro figlio, si sono sacrificati cercando di bi-lanciare amore ed attenzioni verso entrambi, in egual misura e ci sono certamente riusciti. Ascoltiamo Matteo in un’intervista in cui lui ha detto esattamente ciò che vuole che si sappia di lui. Come avrete capito lo stimo molto e ve lo presento con grande rispetto.

Matteo Giomo “So che la sindrome di down vuoi dire aver un cromosoma in più il numero 21, una sera guardando la trasmissione di Costanzo (n.d.r Costanzo Show) c’erano dei ragazzi down e ho detto alla mia mamma: Mamma anch’io sono down!?. Lei mi ha ri-sposto semplicemente di si e mi ha spiegato che avevo

un cromosoma in più; allora mi sono messo a piange-re gli ho detto “Levamelo! Perché me l’hai messo? Non lo voglio.. Avevo capito che avevo qualcosa di diverso. Poi passando allo sport che già praticavo, mi sono reso conto che anch’io potevo vincere le gare e prendere le medaglie e poi andare all’estero (Alaska, Giappone) lavorare e così essere felice ma, il cromosoma in più lo avevo sempre in mente. Se se non lo avessi avuto non sarei andato in Alaska e in Giappone dicevo tra me, però non ero contento,

poi con il tempo sono entrato nella categoria c21-(cromosoma 21) ho pensato tanto e dopo qualche gior-no ho detto alla mamma: Ho deciso che il cromosoma in più me lo tengo e non se ne parli più, così ogni 21 del mese festeggeremo, così avremmo 12 compleanni fasulli è uno vero. La mia mamma mi ha abbracciato ed insieme abbiamo ripreso questo magnifico viaggio che è la vita. Io dico sempre: basta cancellare una S perché le cose cambino e la sfortuna diventi fortuna. Ciao amici sono Matteo Giomo portatore di Sindrome Down, uomo, atleta, amico della vita.

Paola Maria Bevilacqua

Matteo Giomo con la Fiaccola Olimpica.

Patrizia Saccà ed il tennistavolo come terapia riabilitativa per tetra e paraplegici

La disabilità positiva

Intervisto Patrizia Saccà lasciandola parlare liberamente. É una bella donna intelligente e molto curata.

Sorride spesso e mi guarda dritto ne-gli occhi comunicandoci la sua forza interiore. Una forza che solamente lo sport riesce a dare, un fiume in piena inarrestabile. Un esempio di disabilità vincente. “Ciao Patrizia ci parli del ten-nistavolo e di te?” Mi chiamo Patrizia Saccà ho avuto un incidente all’età di 14 anni. Ho attraversato per qualche anno il tunnel della depressione fino a che ho deciso che questo dolore sordo che avevo dentro dovevo ri-uscire a farlo zittire oppure dovevo combatterlo con forte armi. Ho iniziato a coniugare la mia vita con i dolori che mi affliggevano alla schiena confron-tandomi su diverse discipline sportive quali: nuoto, tiro con l’arco, subacquea, vela, basket ed infine col mio grande amore il tennistavolo. Ho iniziato a giocare a cavallo della fine degli anni 1988-1990. Ho partecipato a due Para-limpiadi (Barcellona 1992, riuscendo a vincere la medaglia di bronzo nella mia categoria, e Pechino). Ho partecipato a diversi Italiani, Europei e Mondiali. Ma le medaglie sono state tante e non voglio annoiarvi con la noiosa elen-cazione del mio Palmares, con l’elen-cazione delle innumerevoli medaglie che ho portato al collo. Vi voglio invece parlare del mio sport il tennistavolo. La Federazione Italiana tennistavolo si chiama Fitet. Ci sono 700 società sportive ed oltre 80 strutture dedicate in tutta Italia. Oltre 20.000 tesserati tra atleti, arbitri e dirigenti e circa 400.000 il numero dei praticanti amatoriali. Il Tennistavolo è diventato Sport Olimpi-co nell´edizione delle Olimpiadi di Seul del 1988. In tale contesto l´Italia è in crescita, sia di iscritti che di risultati. La FITeT coordina tutte le attività del Ten-nistavolo Italiano. Lattuale dirigenza, che dal dicembre 2004 è guidata dal Presidente Francesco Sciannimanico, ha avviato diversi piani di lavoro mirati al conseguimento di risultati di alto livello ed al potenziamento di imma-gine e promozione della disciplina. La FITeT è una struttura federale centrale suddivisa in settori (tecnico, agonisti-co, arbitrale, propaganda e rapporti scuola, stampa, organi di giustizia), diretta dal Presidente e dal Consiglio Federale eletti ogni quadriennio olimpico. La Saccà continua leggendo un libricino con degli appunti che si è scritta: “Vi è un protocollo d’intesa fra il Comitato Paralimpico e la Fitet. Il CIP (Comitato Italiano Paralimpi-co) nella sua riunione del 10 luglio 2009 ha riconosciuto la FITeT quale Federazione Sportiva Paralimpica. A decorrere dal 1°ottobre 2009 il CIP ha trasferito alla FITeT la gestione tecnico-organizzativa-formativa e finanziaria

del “Tennistavolo Paralimpico”, sia a livello nazionale che internazionale. La FITeT sostituirà il CIP quale organismo di rappresentanza nazionale nei con-fronti della ITTF (International table tennis Federation). Lattività delegata verrà gestita secondo le deliberazioni degli organi FITeT, in ottemperanza ai regolamenti tecnici vigenti ITTF ed in linea con I principi informatory e le direttive del CIP e dell´IPC. A seguito dell avvenuto riconoscimento, il Presi-dente FITeT siede di diritto all´interno del Consiglio Nazionale del CIP. Ho voluto raccontarvi alcuni dettagli tecnici di questo sport per farvi capi-re che non parliamo più di un gioco da oratorio ma di una vera e propria disciplina sportiva. Io ho vinto tante medaglie come vi dicevo prima ma medaglie d’argento e di bronzo, come atleta non sono mai riuscita a prendere la “gold medal”. Invece da allenatore ho centrato questo obiettivo ambi-tissimo. Sono istruttore dal 2000 e già da allora ho iniziato a recarmi al USU (Unità Spinale Unipolare) di Torino. In questa unità spinale ho iniziato come la chiamo io la “ping- pong terapia”. Ho incominciato a fare corsi come istrut-tore che mi hanno portato a scoprire atleti di fama mondiale. Sono in grado senza falsa modestia di scoprire talenti agonistici ma anche di far giocare ragazzi autistici, ragazzi portatori di Sindrome Down, atasici. Insegno ping-pong a tutto tondo ed è questa la mia medaglia d’oro più ambita. Vedere la gioia negli occhi di genitori innamorati dei propri figli disabili, oppure vedere il sorriso su di un volto contorto da attac-chi di spasticità di un atleta che riesce a dire:” ma allora posso farlo anch’io “mi riempie d’orgoglio. Concludo dicendo-vi che amo lo sport e che credo che sia l’unico strumento che possiamo usare per combattere i dolori che la disabilità ci “regala”. La disabilità è parte attiva del mondo sociale ma ricordatevi che non è un mondo a parte. Viviamo in società, siamo la società, siamo disabili e siamo vivi.

Paola Maria Bevilacqua

Le barriere architettoniche secondo me...

Come rendere un condominio accessibile

Abito in Viale Verona a Trento in un condominio di cinque piani che si trova in una strada inter-na. Ogni giorno, quando esco di casa mi trovo

ad affrontare diverse barriere architettoniche, tra cui l’ascensore e il portone d’ingresso che in autonomia mi risultano molto difficili da aprire e chiudere.

Il portone precedente era molto più leggero e più facile da aprire, infatti, riuscivo ad aprirlo e chiuderlo autonomamente.

Da quando è stato rifatto lo hanno appesantito ed è diventato più scomodo, ma tutto sommato in qualche modo riesco ad arrangiarmi...

Per quanto riguarda invece l’ascensore trovo che sia molto malagevole in quanto è vecchio e ha una porta manuale. Purtroppo non posso usare le scale per salire e scendere perché per farlo ho bisogno della supervisione di qualcuno. Infatti, la porta mi risulta difficile da aprire e chiudere in autonomia e senza l’eventuale aiuto di qualcuno, non riesco a risolvere totalmente il problema.

Ho provato in tutti i modi a sensibilizzare sulla questione durante le assemblee di condominio, ma gli altri condomini non sono molto sensibili ad adattare queste barriere a misura di disabile.

Questa cosa mi fa stare male perché mi rendo conto che non riesco a muovermi autonomamente e ho sempre bisogno dell’aiuto dei miei parenti, di amici od operatori.

Spero nella prossima assemblea di riuscire a con-vincere i miei vicini ad adattare almeno alcune parti del condominio.

Penso che mettendosi insieme si potrebbe riuscire a risolvere il problema facendo magari una sorta di colletta, e riducendo al minimo le spese di ognuno.

Per me l’idea di condominio accessibile si rea-lizzerebbe poter usufruire di un ascensore con le porte automatiche, comodo ed accessibile anche alle persone con una disabilità temporanea o alle mamme con passeggini e agli anziani. Mi piacerebbe fosse presente anche un portone automatico dotato di sensore e telecomando. Forse queste resteranno solo delle speranze ed io continuerò a cavarmela come tutti i giorni, spingendo con forza il portone, sbattendo nell’ascensore e comunque facendo affi-damento sulle mie forze e sull’aiuto di amici e parenti. Ma credo anche che cambiando poco nella vita delle persone, anche fosse per aiutare una sola persona che ha reale bisogno, la vita di tutti può divenire migliore e sicuramente più comoda e accessibile.

Mi piacerebbe che questo articolo servisse come stimolo per tutte le persone, che come me, hanno esigenze di accessibilità e vogliono che la discussione su questa problematica porti a un miglioramento concreto della vita collettiva.

Antonio Dossi

La redazione di pro.di.gio. si arricchisce di un nuovo volontario

Mi chiamo Antonio Dossi, ho 22 anni. Abito a Trento in Viale Verona con mia mamma. Sono un ragazzo affetto da una paralisi

celebrale infantile da parto.Ho frequentato l’Istituto “Antonio Tambosi” di

Trento e mi sono diplomato in perito turistico.Sono venuto a conoscenza della redazione di

pro.di.gio. attraverso mia madre ed alcuni miei amici e conoscenti del quartiere, mi è sembrata un’occasione per fare volontariato e allo stesso tempo cimentarmi nella scrittura di stampo gior-nalistico, una delle mie passioni.

Collaboro già come volontario in altre redazioni: presso il centro “Franca Martini” di Trento e la cooperativa sociale “La Rete”.

Scrivere articoli mi piace molto, mi fa sentire libero di esprimere le mie idee e le mie ambizioni per il futuro. Oltre a questo, penso sia una attivi-tà utile ed importante per parlare di tematiche poco trattate e un’ occasione per sensibilizzare la collettività. Con questo percorso mi aspetto di dare un contributo a questa redazione, cercando di esprimere le mie idee attraverso la sensibilità maturata su varie questioni, in particolare riguar-

do il mondo della disabilità e dell’accessibilità agli spazi comuni.

Page 6: Pro.di.gio. n°3 giugno 2015

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | giugno 2015 - n. 3

6...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

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Expo Milano 2015 val bene una visita...con il treno trentino

Expo Milano 2015 è molto più vicina al Trentino, grazie alla

corsa speciale del treno che Trentino Trasporti ha organizzato ogni sabato e domenica, dal 2 maggio fino al prossimo 31 ottobre, per favorire la visita all’e-sposizione. In sole tre ore di treno e al costo di 17 euro si arriva direttamente ad Expo. Il tragitto prevede la partenza da Trento o da Ro-vereto, con le sole fermate ad Ala, Peschiera del Garda e Desenzano, Milano Sta-zione Garibaldi ed Expo. La corsa speciale è prevista nelle giornata di sabato e domenica, con partenza alle 7.03 ed arrivo ad Expo alle 10.05. Il rientro da Expo è alle 17.53 con arrivo a Trento alle 20.48. I visitatori trentini avranno 7 ore di tempo disponibili per visitare l’esposizione universale o una parte di essa, con la possibilità di pernottare a Milano e rientrare la domenica. Sempre in treno.

Il servizio ha pensato anche ai biglietti per Expo Milano 2015, acquistabili alle biglietterie delle stazioni di Trento e Rovereto: per le comitive scolastiche il prezzo è da grandi

saldi, 10 euro. Non è previsto alcun cambio, l’arrivo è diretto a Fiera, con la possibilità di una fermata anche a Milano Garibal-di, altra area ripensata per Expo nel cuore della città.

I treni utilizzati saranno quelli “Flirt” di Trentino Tra-sporti che copriranno la di-

stanza di quasi 250 chilo-metri in poco meno di 3 ore.

Ogni giorno invece c’è anche Euregio Bus che col-lega Innsbruck, Alto Adige e Trentino all’esposizione universale.

Di seguito gli orari delle fermate del Bus Euregio in Trentino ed i relativi costi dei biglietti (Bus Egregio A/R + Biglietto Expo).

Andata: San Michele all’Adige/Casello A22 Ro-tonda Parcheggio (06:05 ca), Trento Nord Casello Autostrada A22 (06:15 ca),

Trento Parcheggio Ex Zuffo (06:23 ca), Trento Stazione FS (entrata) (06:20 ca), Trento Sud A22 Parcheggio (06:25 ca), Rovereto Nord Casello autostrada A22 (06:40 ca), Rovereto Sud Casello autostrada A22 06:45 (ca).

Ritorno: Partenza da Expo Milano 2015 (17.30), Rovereto Sud Casello autostrada A22 (20:00 ca), Rovereto Nord Casello autostrada A22 (20:05 ca), Trento Parcheggio Ex Zuffo - Fermata autobus (20:20 ca), Trento Stazione FS (entrata) (20:25 ca), Trento Sud A22 Parcheggio (20:30 ca), Trento Nord Casello Autostrada A22 (20:30 ca), San Michele all’Adige /Casello A22 Rotonda Parcheggio (20:40 ca).

C’è anche la possibilità di prenotare solo l’autobus (55,00 €), oppure scegliere tra corsa in andata in un giorno e ritor-no in un altro giorno: prezzo di una corsa 33,00 €.

Al sito altoadigebus.it si possono prenotare i biglietti, inserendo “EXPO MILANO 2015″ come “Regione di de-stinazione”.

Info sul sito di Expo Trentino 2015: http://www.expo2015.tn.it/it/trentino-in-expo/in-viaggio-verso-expo/

Presentato il nuovo programma di screening

«Cardio 50»

Presentato, nella sede dell’APSS, il programma provinciale di screening «Cardio 50», un nuovo intervento di prevenzione destinato inizialmente ai nati nel 1964 ma che sarà via via

esteso a tutti coloro che compiranno i cinquant’anni.«Sono fiero di presentare questo nuovo programma di medicina

d’iniziativa - ha detto Luciano Flor, direttore generale dell’Apss - che integra l’offerta di servizi nel campo della prevenzione fornendo un sostegno per individuare precocemente i fattori di rischio car-diovascolare. Come tutte le iniziative di questo tipo anche questo programma si rivolge a persone che non manifestano segni di malattia. Trattandosi di un intervento di medicina d’iniziativa è caratterizzato da un invito attivo a tutti i soggetti rientranti in uno specifico target - in questo caso i nati nel 1964 - e si propone di indivi-duare coloro che, senza saperlo, hanno fattori di rischio per malattie cardiovascolari e, conseguentemente, consente di suggerire azioni per ridurli o eliminarli». Marino Migazzi, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Apss che per la provincia di Trento coordina lo screening, ha evidenziato che «Nonostante i dati epidemiologici dimostrino l’elevata mortalità a causa di malattie cardiovascolari, vi è nella popolazione una bassa percezione del rischio di ammalarsi e una scarsa informazione sui fattori predisponenti. Per questo la provincia di Trento ha deciso di organizzare, assieme ad altre undici regioni italiane, per un totale di 22 Asl, un programma per individua-re e prevenire possibili malattie cardiovascolari. Nel mese di aprile sono iniziate le spedizioni delle lettere d’invito, che saranno circa 600 al mese per un totale di 7.700. Saranno chiamate ad aderire allo screening tutte le persone nate nel 1964 e residenti nella provincia di Trento, eccetto quelle alle quali sono già state diagnosticate patologie quali ipertensione, diabete, neoplasie o affezioni del sistema cardiocircolatorio. Le valutazioni, effettuate da operatori sanitari (assistenti sanitari e infermieri) appositamente formati, sono iniziate il 5 maggio in 14 ambulatori dei diversi ambiti territoriali». «Il programma - ha proseguito Migazzi - prevede, accanto all’analisi del rischio cardiovascolare e alla valutazione dello stile di vita della persona attraverso un questionario, la misurazione della glicemia, della pressione arteriosa, della circonferenza addominale e il calcolo dell’indice di massa corporea (BMI) e un counselling sull’adozione di sani stili di vita nei confronti dell’alimentazione, fumo e attività fisica. Al termine della valutazione verrà consegnato un referto riportante i valori rilevati e contenente una classificazione che sarà utilizzata per indirizzare le persone verso percorsi specifici di prevenzione in relazione a tre gruppi di rischio: classe A, rinforzo dello stile di vita; classe B, counselling individuale specifico, consegna di materiale informativo e un controllo dopo sei/dodici mesi per valutare l’impat-to del counselling ed effettuare un ulteriore rinforzo dei messaggi educativi; classe C, invio al medico di medicina generale per gli approfondimenti diagnostici. Mi preme inoltre evidenziare che in questo screening saranno coinvolti con una modalità di assistenza integrata oltre al Dipartimento di prevenzione i distretti sanitari, i medici di medicina generale e le cardiologie ospedaliere».

«Parlare di prevenzione per le malattie cardiovascolari è sicura-mente vincente - ha detto Roberto Bonmassari, direttore dell’Unità operativa di cardiologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento - per-ché con questi interventi si è determinato un allungamento nella vita delle presone. Le malattie cardiovascolari costituiscono un rilevante problema di sanità pubblica: in Italia rappresentano una delle principali cause di morte e le evidenze scientifiche hanno dimostrato l’importanza di interventi di tipo preventivo per impe-dirne o ritardarne l’insorgenza».

Alla conferenza stampa era presente Marco Zeni presidente dell’Associazione per la lotta alle malattie cardiovascolari (Almac) che ha espresso soddisfazione per la partenza di questo intervento di prevenzione e ha evidenziato l’importanza della collaborazio-ne tra servizi sanitari e associazioni di volontariato nel sostenere l’adesione all’iniziativa e nel veicolare messaggi sui corretti stili di vita volti a prevenire l’insorgere di possibili malattie.

Per richiedere informazioni o modificare l’appuntamento fis-sato con la lettera sono stati attivati un numero verde e un’email: 800243625 attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 12; [email protected].

Renzi: “autonomia da valorizzare, dentro una cornice da condividere”

Mantenere e rafforzare l’autonomia e l’identi-tà dentro una cornice

da condividere, un’Autono-mia insomma da valorizzare: questo in sintesi il messaggio del presidente Matteo Renzi in visita nella nostra Regione. “Avevamo promesso che non soltanto non avremmo tolto nulla alla specificità di que-ste terre ma, al contrario che queste specificità le avremmo valorizzate”: ha detto il presi-dente del Consiglio dei ministri durante l’incontro con i presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano Ugo Rossi e Arno Kompatcher. Il premier ha preso inoltre l’impegno di fare una verifica puntuale, all’interno del percorso di riforma costituzionale e in un tavolo di lavoro condiviso, non escludendo nemmeno la possibilità di dare qualche delega in più nei settori dove si sta lavorando bene. Le autonomie vogliono fare la loro parte nel cammi-no che il Paese sta compiendo - ha aggiunto il presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi secondo il quale “Le autonomie speciali non si sentono estranee rispetto al cammino che il nostro Paese sta facendo. Con umiltà ma anche con un pizzico di orgoglio vogliamo cercare di dare un contributo positivo, come l’esperienza dimostra. Lo vogliamo fare dentro un percorso pattizio, di collaborazione con lo Stato e con il Governo, all’interno della riforma costituzionale rispetto alla quale ci sentiamo impegnati a lavorare con il nostro Paese. Credo che questo sia il modo migliore per valorizzare il futuro dell’Italia”. Con i due governatori il premier Renzi ha discusso dell’ag-giornamento del cronoprogramma legato al percorso per aggiornare l’Autonomia.

Valorizzare l’Autonomia e ampliarla lavorando assieme: è la posizione condivisa dal premier Matteo Renzi e dai go-vernatori di Trentino e Alto Adige che in merito alle norme di attuazione hanno concordato di istituire specifici tavoli di confronto e un metodo di lavoro condiviso. “Vogliamo valorizzare l’autonomia e l’identità, non togliendo nulla alle specificità ma impegnandoci invece a verificare possibili deleghe in più nel percorso delle riforme. E a farlo in una cornice di lavoro condivisa”: è quanto ha ribadito il premier

Matteo Renzi al suo arrivo all’aeroporto di Bolzano, dove ha incontrato Ugo Rossi e Arno Kompatscher. Nel colloquio - al quale ha partecipato anche il sottosegretario Gianclaudio Bressa - i due governatori hanno confermato che le au-tonomie speciali non sono estranee al cammino delle ri-forme e intendono continuare a garantire il loro contributo. Con il premier hanno pertan-to approfondito le prossime

tappe di aggiornamento dell’Autonomia e concordato un cronoprogramma che prevede entro il 2015 l’appro-vazione delle norme di attuazione riguardanti le deleghe di funzioni sull’attività amministrativa e organizzativa di supporto agli uffici giudiziari, sulle funzioni amministrative del Parco nazionale dello Stelvio. Il memorandum prevede inoltre l’approvazione delle norme di attuazione relative al ripristino delle competenze provinciali in alcuni settori: le attività commerciali (orari e licenze), gli standard urba-nistici (in particolare di distanze minime tra i fabbricati), gli appalti, le fasce di rispetto stradali, l’ordinamento e il lavoro del personale proprio e di quello degli enti di-pendenti. Accordo trovato anche sul nuovo ordinamento finanziario di Regione e Province autonome, sulla delega di funzioni per l´attività amministrativa e organizzativa di supporto alle commissioni tributarie e per l´attività delle agenzie fiscali.

Il percorso condiviso Governo-autonomie prevede inoltre la costituzione di tavoli di confronto Stato-Province di Bolzano e Trento in tema di attività venatoria, scuola e formazione degli insegnanti.

Per le autonomie speciali non si parla di diminuzione di competenze, perché non si torna indietro, bensì di salvaguardare le attuali e valutare un loro ampliamento. “Abbiamo concordato un metodo di lavoro per arrivare all’aggiornamento dello statuto, in linea con il percorso di riforma costituzionale che garantisca il principio pattizio, vale a dire l’intesa. Rispetto a questo rinnovato impegno ci sarà da lavorare, in sintonia, con le delegazioni parlamen-tari e la commissione dei 12”, hanno sottolineato Rossi e Kompatscher.

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

EXPO 2015. Un viaggio che continua tra le Dolomiti e il Garda.

Concept Store. Dal 27 maggio al 30 ottobre 2015, le eccellenze enogastronomiche del Trentino sono in mostra al Palazzo delle Albere di Trento, a pochi passi dal Muse, e al Mart di Rovereto. Prodotti, aziende del territorio e sommelier qualificati, degustazioni, laboratori, attività di formazione e informazione vi faranno incontrare e amare la cucina trentina e i suoi grandi protagonisti.

Itinerari della biodiversità. Il Trentino è un altro pianeta. Esploralo, conoscilo, gustalo in tutta la sua eccezionale varietà naturale e culturale. Passeggia sulla cresta della Dolomiti, trascorri una giornata in malga, oppure tra gli uliveti, vivi l’incanto dei castelli, scopri dove vive l’orso bruno o dove nascono le bollicine. Il Trentino ha mille itinerari. E tutti portano dove tu desideri andare.

Adesso, exponetevi all’aria aperta.

www.expo2015.tn.it

Eventi e percorsi tra cibo, natura e cultura.

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ESPERIENZECARCERE

L’Associazione Provinciale di Aiuto Sociale per i detenuti, i dimessi dagli Istituti di pena e le loro famiglie

1985-2015: 30 anni di Apas e tanti eventi in programma

L’Associazione Provinciale di Aiuto Sociale, fondata a Trento nel 1985, è giun-

ta al 30° anno di attività. Un traguardo importante, merito delle tante persone che negli anni si sono succedute per sviluppare e accrescere un servizio di solidarietà e di assi-stenza ormai assodato.

Obiettivo principale dell’as-sociazione è sostenere le per-sone che si sono scontrate con la Giustizia durante le difficili fasi della detenzione e del suc-cessivo reinserimento. Per riuscire nell’intento è indi-spensabile riuscire a creare una rete tra i servizi sociali, i volontari, gli operatori e le famiglie stesse dei detenuti, per venire incontro alle esi-genze abitative, affettive e lavorative durante e dopo la pena.

Apas dispone di alcuni alloggi protetti in cui vi-vono persone accolte nei progetti di ospitalità che permettono una maggiore responsabilizzazione e una graduale acquisizione di autonomia.

Molto importanti sono anche le attività svolte nel laboratorio e nel magazzi-no, dove gli utenti hanno la possibilità di seguire un percorso di formazio-ne per i prerequisiti lavorativi, in cui vengono valutati la puntualità e il rispetto degli orari e delle regole. Possono poi proseguire un’ulte-riore attività lavorativa o di tirocinio presso il magazzino, se le esperienze nel laboratorio si

sono dimostrate positive.Dal 1999 è stato istituito il notiziario “Oltre

il muro. Reinserimento e alternative al carce-re”, rivista redatta dagli operatori e volontari di Apas e che si occupa di fare informazione sociale sul tema carcere.

Agli inizi del 2013 è nato “Den-tro” Parole dal carcere, progetto di giornale che cerca di coinvolgere direttamente i detenuti, dando loro la possibilità di esprimersi e di dialogare con il mondo esterno ma anche con sé stessi. “Dentro” viene distribuito tra i detenuti della Casa circondariale di Spini di Gardolo e come supplemento a “Oltre il muro”.

In occasione del trentennale sono stati organizzati diversi eventi pub-blici, con lo scopo di far conoscere le attività dell’ente a un numero sempre maggiore di persone, ma so-

prattutto per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della Giustizia e della detenzione.

Il 27 aprile si è svolto il convegno per la pre-sentazione del libro “Passi di civiltà Percorsi al-ternativi per una ridefinizione della detenzione femminile” di cui parliamo approfonditamente nell’articolo sotto.

Prossimo evento in programma è la par-tecipazione al Trentino Book Festival di Cal-donazzo, appuntamento a cui Apas aveva presenziato durante l’edizione 2014 con uno

stand. Quest’anno il 12, 13 e 14 giugno verrà installata nel centro del paese la “cella in piazza”, ri-produzione in scala reale di una vera cella tipo di una prigione italiana.

L’allestimento della struttura rispecchia fedelmente la stanza di un detenuto, per di-mensioni, servizi e arredo; naturalmente non mancano le sbarre. Questo strumento è di grande impatto, in quanto permette a chiun-que di mettere piede per qualche secondo nel-

la realtà che migliaia di persone vivono ogni giorno in Italia, e toccare con mano gli spazi in cui sono costretti a vivere, mangiare e dormire i detenuti.

Durante le giorna-te del Trentino Book Festival sarà presen-te anche Luigi Man-coni per presentare il suo nuovo libro “Abolire il carcere - Una ragionevole proposta per la sicu-

rezza dei cittadini”. Dal titolo provocatorio ma sincero, il libro cerca di far comprendere quanto sia superata, e quindi da superare, l’idea del carcere come principale risposta al bisogno di sicurezza e di automatica conse-guenza al reato. Mettere in dubbio il carcere, quindi trovandone delle migliori alternative.

L’appuntamento con Luigi Manconi e con la cella in piazza è a Caldonazzo durante il Trentino Book Festival, non mancate!

Giulio Thiella

INFO Associazione Provinciale Aiuto Sociale

Vicolo Santa Maria Maddalena, 11, 38122 TrentoTelefono e fax: 0461/239200 – 267060Cellulare sede: 338-6032139E-mail: [email protected]

L’occasione avuta durante la presentazione del libro “Passi di civiltà”

Capire la detenzione femminile

Il 27 aprile si è tenuta la presentazione del libro “Passi di civiltà - Percorsi alternativi per una ridefinizione della detenzione

femminile”. L’evento, organizzato da Apas, ha portato a Trento due delle autrici: Maria Pia Giuffrida, ex dirigente del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) e l’educa-trice penitenziaria Augusta Roscioli; le quali hanno illustrato la realtà carceraria femminile e le sue criticità, portando alla luce tematiche e difficoltà che spesso passano in secondo piano rispetto alla realtà maschile, vista la più alta presenza di uomini negli Istituti di pena.

L’apertura dei lavori è stata l’occasione per conferire al Presidente di Apas Bruno Bortoli il “Premio Solidarietà 2013”, istituito dalla Fonda-zione Trentina per il Volontariato e consegnato dalla Vice Presidente Luisa Giuliani Chiomento, come riconoscimento per il progetto “Spor-tello in carcere”, tutt’ora portato avanti da un gruppo di volontari, scelto come vincitore dalla Commissione che ne ha riconosciuto “..la volontà di affrontare con solidarietà umana, prima ancora che impegno istituzionale, una delle condizioni più dolorose dell ’attuale momento storico e sociale, caratterizzato da un alto numero di detenuti dalle provenienze più diverse, spesso sradicati dai loro contesti di vita.”

Ad introdurre il convegno è stata invitata a parlare la dottoressa Antonia Menghini, docen-te di Diritto Penitenziario presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, che ha analizzato la situazione carceraria italiana degli ultimi anni, mettendo in luce alcuni degli aspetti positivi che hanno coronato gli sforzi compiuti a livello nazionale per arginare i gravi problemi che affliggono questa realtà da troppo tempo. Una nota positiva arriva dai dati sul sovraffollamen-to, sceso notevolmente dal 2010 ad oggi grazie soprattutto all’implementazione delle misure alternative, segnale importante che rianima la speranza di quanti, ogni giorno, devono affron-tare le difficoltà che la detenzione genera nelle persone e nella società in generale. La realtà

italiana però si caratterizza ancora oggi per la massiccia presenza di soggetti in attesa di giudizio, mentre la maggior parte dei soggetti condannati in via definitiva sconta una pena per reati contro il patrimonio o legati agli stu-pefacenti, con una durata media di circa 5 anni.

Il tema centrale della presentazione è stato invece trattato da Maria Pia Giuffrida, 30 anni di esperienza nel campo dell’amministrazione penitenziaria, da assistente sociale a provve-ditore, che le hanno permesso di conoscere a fondo e da diversi punti di vista i problemi di chi è ristretto. L’autrice del libro ha analizzato

accuratamente la si-tuazione delle don-ne detenute, una percentuale molto ridotta rispetto alla popolazione totale

degli istituti di pena, ma non meno importante per la peculiarità della situazione e per il diver-so trattamento che dovrebbe caratterizzarne la permanenza in carcere.

Le maggiori criticità riguardano la carenza, se non addirittura la mancanza di proposte culturali, lavorative e scolastiche offerte alle donne; l’unico istituto superiore in cui poter proseguire gli studi è a Genova, e mancano completamente le opportunità universitarie, a cui possono accedere solamente gli uomini, con ampia scelta in tutto il territorio statale.

Il tentativo di adattare le regole usate per

la detenzione maschile, atte maggiormente a contenere l’aggressività dal punto di vista fisico e mutuate ciecamente all’universo femminile, rende questa situazione ancora più difficile in quanto va implicitamente a negare i diversi bisogni di queste persone.

Conseguenza dell’esiguo numero di donne, che si aggirano intorno alle 2.000 unità, è an-che la presenza di molti meno istituti di pena, che obbliga spesso ad un allontanamento dal territorio di appartenenza, con il conseguente venir meno del contesto familiare che è sempre di grande appoggio in queste situazioni.

Un argomento in particolare ha animato le relatrici durante il convegno, ossia l’ancora più marginale realtà delle madri in carcere con i loro bambini.

Il riconoscimento del valore della maternità permette alla madre detenuta di accudire il proprio figlio, vittima in cella senza reato. L’am-biente in cui il minore si trova a crescere non è infatti adatto al suo sviluppo e per questo motivo è stata approvata nel 2011 una legge che istituisce gli I.C.A.M. (Istituto a Custodia Attenuata per Madri), case famiglia protette alternative al carcere in cui le donne ristrette possono allevare i bambini fino all’età di 6 anni.

Il primo problema è però rappresentato dall’eventuale separazione tra madre e figlio, qualora raggiunti i 6 anni di età non le ven-gano concesse misure alternative per uscire dall’istituto e in secondo luogo un problema pratico della presenza sul territorio italiano di un unico ICAM, presente a Milano e non ancora replicato altrove.

Appare chiaro che anche in questo caso la chiave di volta risieda nelle misure alternative, le sole in grado di tradurre in essere le esigenze di riavvicinamento alla società e di responsa-bilizzazione della persona cui il carcere non sa rispondere.

Giulio Thiella Fonte: “Oltre il muro - Reinserimento

e alternative al carcere” notiziario APAS

In alto Augusta Roscioli e Maria Pia Giuffrida.

A fianco la locandina dell’evento.

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ESPERIENZECARCERE

Disabili.com: Disabilità e startup: idee italiane tra strumenti e app.

Dallo studio alla comunicazione, passando per la cura e l’assistenza. Alla scoperta delle realtà che progettano prodotti e servizi di rilevanza sociale. C’è chi, sulla base di esperienze vissute personalmente, dà vita a un’idea innovativa, riscontrando che può essere utile anche agli altri. E chi, invece, si lancia in una nuova avventura imprenditoriale dopo aver ascoltato storie, appreso bisogni, raccolto esigenze tra la gente.

Tra queste non mancano nuove aziende impegnate nell’ambito della disabilità. Vi riportiamo alcuni esempi di queste startup, tra prodotti e servizi già disponibili e altri sul trampolino di lancio: Pedius, l’app che permette ai sordi di telefonare, o EdiTouch, tablet pensato per studenti con disturbi specifici dell’apprendimento, e KoalaCare, app che aiuta chi quotidianamente presta assistenza ai malati di Alzheimer.

Superabile.it: Nasce il “to-handbike”, primo servizio di bike sharing dedicato ai disabili.

Accade a Torino, dove tra due settimane inizierà la sperimentazione del primo servizio di noleggio di handbike, biciclette sulle quali la pedalata avviene sfruttando la forza delle braccia, anziché delle gambe. Promossa da Aips onlus e Bicincittà, l’iniziativa non ha precedenti in Italia.

Ristretti Orizzonti: Giustizia: per gli Opg una chiusura a rilento, ci sono ancora 500 internati.

A più di un mese e mezzo dalla chiusura, in arrivo i primi dati. I ricoverati erano circa 1.400 nel 2011. Sto-pOpg: “Commissariare le regioni in ritardo, in partico-lare Veneto, Toscana e Calabria”. Il caso di Castiglione delle Stiviere, trasformato in Rems: “Ha semplicemente cambiato targa”.

Lentamente, con qualche regione indietro rispetto alle altre, eppur si muove. Il superamento degli Opg, gli ospedali psichiatrici giudiziari, sta iniziando a dare qualche risultato. I ritardi ci sono, ma gli internati stan-no realmente diminuendo. Anche perché dal primo di aprile non ci sono più nuovi ingressi.

vita.it: Il co-working cambia il lavoro. E anche la vita.

La prima ricerca globale sulla soddisfazione di chi ha scelto il co-working rivela che otto lavoratori su dieci si sentono più motivati, meno soli e addirittura più felici di prima. Una recente ricerca presentata alla Conferenza internazionale sul coworking globale (Gcuc) svoltasi la scorsa settimana a Berkley, frutto di interviste a cam-pione tra gli utilizzatori di spazi di co-working negli Usa, mostra che chi sceglie di lavorare in questi spazi riporta una serie di vantaggi in termini strettamente lavorativi, di networking, di competenze e di creazione di rapporti sociali. L’84% degli intervistati ha riferito di sentirsi «più motivato e coinvolto» nel lavoro. Un altro 82% ha testimoniato di aver ampliato il proprio network professionale grazie al co-working, ricorrendo anche ai colleghi che condividono lo spazio per avere consigli e indicazioni utili (80%) e perfino nuove occasioni di lavoro (64%). Ancora più interessanti i risultati del sondaggio relativi alla vita personale: ben l’89% del campione ha infatti risposto di sentirsi più felice da quando ha scelto il co-working, l’83% si sente «meno solo» e il 78% è certo che questa scelta ha «contribuito alla propria salute mentale».

Superando.it: Nessuna persona con lesione midollare va più lasciata sola.

Sono circa 2.400, nel nostro Paese, i nuovi casi all’anno di lesioni midollari, ma appena 450 i posti letto disponi-bili e pochissime le Unità Spinali Unipolari, situate quasi tutti al Centro-Nord. Se n’è parlato durante un convegno a Perugia, ovvero in una delle otto Regioni che dispon-gono di un’Unità Spinale Unipolare, confermando una situazione preoccupante, che vede impegnata a fondo la Federazione FAIP, per far sì che nessuna persona con lesione al midollo spinale venga più lasciata sola.

Parcheggi selvaggi

“Essere grassa e brutta non ti rende disabile”

Corre l’anno 2015 nel mese di maggio ed affermo che siamo diventati un mondo di incivili e di finti difensori degli oppressi. In politica, nella vita

comune, nei talk-show televisivi vige la regola dell’urlo facile e delle offese gratuite. Prevaricare, offendere, umiliare, distruggere ed ancora offendere. Ma perchè tutto ciò? Nei social network che “violentano” la no-stra privacy troviamo che giovani donne e persino giovani maschi vengono “feriti” dal cyber-bulli. Suicidi e atti di prevaricazione fisica si susseguono filmati da sciocchi ope-ratori dai telefonini consumistici di ultima generazione. In questa società povera di contenuti chi non si vuole uniformare a tale pochezza però a volte esagerando salta la sponda e si erge a sciocco censore, dalle conclusioni facili. Vi racconto di un episodio accaduto nella multietnica e civilissima Gran Bretagna. Nella città di Londra una donna disabile è stata vittima di un atto di pura violenza morale. Una madre disabile, Sarah Metcalfe, parcheg-gia la sua auto nel posto dedicato alla disabilità, avendone pieno titolo (la donna è affetta da fibromialgia una patologia fortemente invalidante che le procura enormi dolori ovviamente non visibili) ma, non esponendo il tagliando, poiché ancora non in possesso dello stesso. Col figlio si avvia verso il centro commerciale a fare la spesa. Al loro ritorno una vera doccia fredda: un cartello incivile

campeggiava sul parabrezza della loro macchina. “Essere grassa e brutta non ti rende disabile. Parcheggia altrove”.

L’autore del biglietto o l’autrice dell’incivile messaggio, probabilmente vedendo scendere e parcheggiare la macchina alla donna nel parcheggio per disabile, avviarsi mano nella mano col giovane figlio, ed in maniera super-ficiale e decisamente ignorante ed incivile, ha deciso di ergersi a censore e difendore dei diritti villipesi. L’incivile non sa però che la disabilità non si manifesta solamente se si è seduti in carrozzina (la scrivente è disabile ma in piedi). La povera donna e il suo giovane figlio sono scoppiati in lacrime dopo aver letto questo messaggio pieno di acredine e di offese. In questa società se non sei in linea e non rispondi ai canoni standard della bellezza eterea sei “out”. Questo gesto che sicuramente voleva essere d’aiuto e di difesa per tutti quei disabili veri che hanno troppe volte visto occupato il loro posto da normodotati maleducati, lascia però l’amaro in bocca. In realtà è stato l’enne-simo esempio di come a volte invece di

giudicare bisognerebbe chiedere prima di esprimere giudizi su chiunque poiché a volte le apparenze nascondono realtà molto diverse. Prendiamo il “buono” da questo episodio, sperando in un futuro migliore. Disabili o normodotati tutti portatori di sana vita.

Paola Maria Bevilacqua

Intervista a tre ragazze ex-detenute

Ricominciare da treA cura di Giulio Thiella

“C i siamo promesse che una volta superata la soglia che divide l’uomo dalla propria libertà, avremmo cominciato una nuova vita”

Questo è il patto che vi siete fatte tempo fa, potete spiegare ai nostri lettori da dove è nata questa promessa e cosa com-porta per voi oggi?È stato dentro il Penitenziario, che un po’ per gioco e un po’ per provocazione è nato il nostro Brand...

Non abbiamo dato da subito peso a questo, poi però all’in-terno del Penitenziario, perché chiamarlo carcere fa venire i brividi, è diventato un modo di dire tra di noi, si perché la frase “Pupa-ma-n Cur” è nella nostra lingua, romena appunto, e significa esattamente “Baciami il culo”, capisci bene cosa può significare dentro ambienti dove sei co-stretta a fare i conti con te stessa e privata di ogni libertà, ma dove trovi anche, e siamo tutte d’accordo su questo, tanta Umanità che fuori raramente trovi, perché li “suntem toate pe acceasi barca”, siamo tutte sulla stessa barca, con ogni tipo di razza e colore.

Da li poi io Andreea ho cominciato a disegnarlo sulle nostre maglie, io Elena a cucire l’etichetta, e io Simona ho organizzato una specie di sfilata di sfigate come noi,...poi la sera, divertite da morire come matte, ci siamo riunite sulla branda di una di noi e ci siamo giurate che da quel momento non avremmo permesso a nessuno di cancellare il nostro sogno, diventato poi la promessa, che una volta libere, avremmo ricominciato una nuova vita e quindi diventare Sef, che significa nella nostra lingua, datore di lavoro, e proprio grazie alla voglia di essere libere, divertite e armate di tanta pazienza e voglia di riuscire, con tantissimi ostacoli, tra pregiudizi di ogni tipo perché schedate con un tatuaggio a vita, senza economia, perché nessuno aiuta ex detenuti, che è diventato un Brand a tutto tondo e che orgo-gliosamente ci tiene unite contro ogni previsione e soprattutto contro ogni pregiudizio.

Il lusso vero? La Libertà!...È potersi concedere tutti i giorni di fare un mestiere che ami esprimendo a pieno titolo la propria idea di fare work in progress!Non è facile, dopo un periodo di detenzione, trovare la forza di ricominciare e di realizzare i propri sogni. C’è stato un momento in cui avete capito di esserci riuscite?Forse la forza, anzi sicuramente, l’abbiamo trovata grazie anche all’appoggio di familiari e di un po’ di conoscenti, ma quello che ci ha dato certamente tantissima forza è stata la Paura, si perché quando sei chiusa li dentro la Paura fa la padrona di te stessa e quindi tutto il coraggio che avevi fuori li dentro svanisce in meno di un secondo.

Ancora oggi non dormiamo tanto serene sui nostri letti, non ostante siamo uscite, hai sempre il terrore che bussi qualcuno di notte alla tua porta per portarti di nuovo li, oppure quando vedi una Fiat punto grigia ti arriva la tremarella che non riesci a respirare o quando vedi una pattuglia o un carabiniere che magari prende un caffè li al bar dove stai facendo colazione, be insomma si è certamente la Paura che ci da la forza per dire

che quello che stiamo realizzando è la nostra Vita e ci fa capire di esserci riuscite!L’ambiente carcerario lascia dei segni spesso indelebili per chi vi ha vissuto. La vostra linea di abbigliamento è influen-zata dall’esperienza di detenzione?In parte si, in quella dove ci siamo confrontate e discusse su cosa sarebbe stata la nostra vita se non saremmo partite e fossimo rimaste nelle nostre case, nella nostra città, e pensi a questo e non guardi invece al futuro, poi invece scatta la reazione

contraria ad una di noi per sconvolgere le altre, una parola magari offensiva del tipo Pupa-ma-n cur che a qualcuno da fastidio, ad altri invece da il lancio a do-ver raccogliere i pezzi e mettere in piedi l’idea, che ognuna di noi aveva già da bambina e a cui non pensava più, quindi si in parte o per fortuna la detenzione ha influenzato la nostra scelta specialmente e fortemente la scelta del nome della linea Jeans. E si perché poi abbiamo

preso l’ispirazione dalla vita quotidiana, vedi le persone nella loro cultura, nei loro colori, nelle loro abitudini, e soprattutto nella loro Libertà. E di colpo la linea che pensi è ispirata alla donna, che veste per se stessa, attenta ai particolari. Ami tutto quello che non la schematizza ed è quello che vuoi tu in un certo senso, tipo sai un esempio scemo ma che non dimentichi. quando sei dentro e sconti la pena vivi da robot colazione alle 8,00 pranzo alle 11,00 e cena alle17,00, perciò ti ispiri alla linea che ti rappresenta che è essenzialmente da Donna libera, può andare in ufficio con un impeccabile Tailleur oppure indiffe-rentemente con dei jeans e T-shirt,...appunto! È una che detta le regole, non le subisce, di grande carisma, e che impone le sue tradizioni, crediamo...anzi convinte Libere di essere Donne con la D Maiuscola!

Si la scelta della linea è influenzata dall’esperienza di deten-zione!Siete riuscite ad andare avanti con coraggio e determina-zione dopo un periodo difficilissimo, avete un messaggio da lasciare, un incoraggiamento o semplicemente un con-siglio per tutte le persone che questa notte dormiranno in una cella?Il coraggio di aver paura sicuramente aiuta, almeno con ognuna di noi lo ha fatto e lo sta facendo, fissare un obbiettivo o vuoi chiamarlo sogno questo sicuramente è il segreto di una vita serena, e anche se non ti riempie rapidamente le tasche come fare illeciti, ti ripaga però con la dignità di essere una persona libera che costruisce giorno per giorno la propria vita. Dal buio arriva sempre la luce dove capisci che non devi buttare tutto alle spalle ma devi guardare sempre avanti sapendo che se guardi indietro e ci ricaschi ti fai male. Anche se con grande fatica pensi di essere un emarginato devi sapere che hai un CV che ti da più vantaggi di chi credi che ne abbia più di te... hai conosciuto la paura e la privazione della libertà, noi siamo libere e senza l’aiuto economico di nessuno ci stiamo riuscendo ad essere orgogliose di ciò che facciamo il prossimo sei tu!

Andreea, Simona, Elena

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AMBIENTECULTURA

La presentazione dell’ultimo libro di Martina Dei Cas arriva a Trento

Il Quaderno del destino

Tappa trentina per la pre-sentazione dell’ultimo libro di Martina Dei Cas,

Il quaderno del destino. Lei è classe ‘91 si sta laureando in giurisprudenza alla Facoltà di Trento, già insignita dal Pre-sidente della Repubblica del titolo di Alfiere del Lavoro nel 2010, è per il suo impegno nel sociale e in progetti educativi, Giovane ambasciatrice CIRSI dell’Interculturalità. Grazie ad un’esperienza di volonta-riato in Nicaragua, matura un nuovo modo di fare scrittura. Attraverso una sensibilizza-zione rivolta all’educazione e raccolta fondi per portare l’istruzione nei piccoli centri del centro-sud America. Ė grazie a questa vitalità e senso per la giustizia alimentati da un profondo rispetto per la scrittura e lettura che nasce il suo terzo romanzo ambientato in un Nicaragua popolato da bande criminali senza tempo, da persone che lottano ogni giorno per ritagliarsi la semplice sopravvivenza in un luogo aspro di diritti ma ricco di vita, natura e voglia di riscatto.

“... In quel quartiere sperduto alla periferia di Managua imparavi pre-sto a chi regalare la tua lealtà: non era una questione di filosofia, né di affiliazione politica o religiosa, ma di semplice sopravvivenza...”

Questo romanzo ci racconta una realtà difficile, in cui per andare avanti, devi scegliere bene i valori che vuoi abbracciare. Da una parte il narcotraffico, il malaffare, la violenza e il controllo di terre e persone. Dall’altra la sopravvivenza, il lavoro onesto e il bisogno di riscatto.

Non c’è spazio per le sfumature, per le indecisioni, la posta è sem-pre alta e le più grandi minacce in queste terre sono l’ignoranza e

l’analfabetismo. Questi aspetti emergono chia-ramente dalle pagine del libro, rappresen-tando forse un monito a non dare per sconta-te alcune certezze cui siamo tanto abituati. L’essere andati a scuola ad esempio, e l’aver ricevuto un’educazio-ne primaria. Non sono cose scontate se abiti in zone rurali del Nica-ragua, dove la terra è minacciata da interessi minerari, economici e politici mascherati da ideologia e mistici-smo: “l’obbedienza alla

gerarchia prima di tutto - ripeteva ogni mese il Diablo al suo piccolo esercito di bambini senza sogni... E loro ne erano un esempio perfetto. Pregustando l’idea di abbandonare scippi e appostamenti in favore di intimidazioni e risse vere, si allontanarono saltellando tra le pozzanghere. L’ordine del quartiere era stato ristabilito.” La parola e il pensiero fanno la differenza e per questo sono spesso appannaggio di signori e signorotti, ma in rare occasioni possono diventare cambiamento, senso di giustizia, rivoluzione. Il destino forse esiste, ma questa storia ci insegna che sono le azioni delle persone che lo costruiscono. Ecco che nella vicenda di Joaquin e Thalia, i due bambini protagonisti, ci si trova nascosti nelle foreste più inviolabili del nord Nicaragua pur di stare al sicuro, a costo di affrontare la guerra civile, le faide di bande senza scrupoli, l’incertezza di un’esistenza in bilico. Ma la lungimiranza di una donna li aiuterà a trovare l’alternativa possibile, credendo nei valori dell’educazione e del rispetto. Un futuro migliore che trova principio nella lettura e nella scrittura.

Senza svelare altro, vi consiglio di leggere questo libro senza pregiudi-zio, calandovi nel contesto di una realtà lontana nei modi, ma vicina nel tempo e negli effetti. Magari assaporate del buon caffè o del cioccolato e chiedetevi se provengono da quelle terre, sono stati raffinati dalle stesse mani che popolano questo romanzo.

Lorenzo Pupi

L’angolo del filosofo

Io filosofa nervosa e “Il piccolo libro della calma”

«I libri, loro non ti abbando-nano mai. Tu sicuramente li abbandoni di tanto in

tanto, magari li tradisci anche, loro invece non ti voltano mai le spalle: nel più completo silenzio e con immensa umiltà, loro ti aspettano sullo scaffale». Così scrive Amos Oz in “Una storia d’amore e di tenebra”. Potrebbe avermi letto nella testa. Sto infatti osservando da un po’ un piccolo libriccino quadrato di 4x4 cm che se ne sta tutto rannicchiato tra grandi tomi imponenti nella mia libreria di casa. È un libro che ho tradito, abbandonato, un libretto di cui m’ero scordata. Beh, tiriamolo fuori... che male potrebbe farmi?

Il libro in questione si intitola “Il piccolo libro della calma”, autore Paul Wilson. Sul retro si legge: «Ti senti spesso nervoso? Sei irritabile e stanco? La fretta ti assilla? Il piccolo libro della calma è il rimedio tascabile allo stress. Aprilo a caso, quando la tensione è al culmine, e miracolosamente ritroverai la pace e la serenità». Ogni libro porta con sé una storia, e questo in modo particola-re: ha accompagnato la mia infanzia ed adolescenza, un regalo sulle prime non molto gradito (poiché implicava cose di me che non ero in grado di elaborare) ma poi divenuto importantissimo. La dedica, di mia mamma, risale all’8 gennaio 2000: avevo 9 anni, nessuna idea su cosa avrei voluto fare da grande ma una grande passione, la lettura. Non sono mai stata una persona calma e tranquilla: ero preda di scoppi di rabbia incontrollata, malinconia alla massima poten-za ed un persistente senso di inadeguatezza. Ancora adesso credo di tendere all’esagera-zione piuttosto che ricercare un’aurea medietas di matrice aristotelica, eppure qualcosa è cambiato. Anche grazie al piccolo libro della calma. Anche grazie a Donna Filosofia.

«Porta con te un pezzetto di quiete». «Lasciati incantare dal tuo respiro». «Tuffati nel verde».

Il piccolo libro della calma non si legge tutto in una volta: è fatto di piccole, brevissime frasi su cui soffermarsi a riflettere giorno dopo giorno. Aforismi che a volte mi sembravano insulsi, stupidi, ma che invece sono di una pro-fondità disarmante. «Preoccupati al momento giusto». «Impara ad accarezzare». «Perdona imme-diatamente». Lo ritengo il libro di filosofia più bello che io abbia mai letto: non un libro pretenzioso, difficile, lungo e ingarbugliato, dalle parole complicate, di una logica ferrea e stringente, bensì un libro “quotidiano”, di una sempli-cità tale da far male, di una chia-rezza d’intenti da rovesciare tutti i tuoi schemi mentali. «Semplifica». «Scegli la gentilezza».

È una medicina efficace, se adeguatamente messo in pratica, macinato e rimugi-nato, ad ogni nostro nervosismo, ansia, paura, rabbia, malinconia. Ve lo dice una che l’ha provato sulla pelle, una che ha forse scelto di studiare Filosofia proprio per calmare le sue inquietudini e che ora si ritrova co-munque filosofa nervosa, ma con “Il piccolo libro della calma” sempre in tasca.

Sara Caon

Viaggia con noi

Prodigio on the road

Il pulmino attrezzato dell’Associazione PRODIGIO è a disposizione per progetti e uscite con persone disabili.Di cosa si tratta? Di un’iniziativa che vuole creare

opportunità per ampliare e migliorare la vita re-lazionale di persone disabili e sole, permettendo loro di partecipare a svaghi ed eventi culturali nella maniera più agibile ed immediata possibile.

La principale finalità per cui verrà utilizzato questo strumento è, quindi, la creazione di occasioni di socializzazione.

È pensato per essere un mezzo che aiuti ad instau-rare nuove relazioni, a differenza dei trasporti già esistenti che soddisfano le esigenze dettate dalle incombenze quotidiane (come possono essere gli spostamenti in strutture ospedaliere, scuola, centri

diurni, l’accompagnamento sul luogo di lavoro o movimenti obbligati sul territorio locale...).

Il progetto vuole offrire divertimenti, secondo il significato etimologico DI(S)-VERTERE ovvero pren-dere un’altra direzione, creare cioè alternative che esulino dalla quotidianità e che offrano proposte che comprendano visite alle città d’arte, parteci-pazioni a concerti, mostre, gite, visioni cinemato-grafiche ed eventi culturali. Per quanto possano sembrare svaghi ordinari (la loro proposta periodica e la loro organizzazione con un mezzo istituto pro-prio a tale scopo) possono incidere positivamente sul benessere psicofisico dei partecipanti più solitari, magari non per scelta, perché vengono direttamen-te coinvolti in attività propositive e collettive.

Non è quindi un progetto che vuole beneficiare singoli, ma compagnie formate da indi-vidui disposti a confrontarsi e che ver-ranno incoraggiati ad instaurare nuove relazioni personali e nuove amicizie.

L’organizzazione di tali attività verrà svolta dai volontari dell’associazione adeguatamente formati. Partecipare all’iniziativa è facilissimo!

Per tutte le informazioni contattateci:Associazione ProdigioVia A. Gramsci 46 A e B38123 TrentoTel. ufficio 0461 925161fax ufficio 0461 1590437Cell. Presidente [email protected]

Martina Dei Cas

Copertina del libro

Durante la presentazione

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AMBIENTECULTURA

Il pericolo che si cela sui nostri tetti

Lo stivale d’amianto

Il 28 aprile non è un giorno come un altro. O forse sì. Il 28 aprile di ogni anno è un giorno come un altro visto che si muore anche oggi, in occasione di questaGiornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto nata per ricordare le morti procurate dall’inalazione di questo materiale che ha avuto un’enorme utilizzo industriale e civile “esploso” negli anni ‘50 e ‘60 e nella prima metà degli anni ‘70. Si conficca soprattutto nei polmoni e provoca infiammazioni che quasi sempre diventano tumori e in particolare mesoteliomi pleurici. La mortalità per il solo mesotelioma è ancora in costante aumento e nonostante in questi anni numerosi epidemiologi si siano cimentati con previsioni di picchi, quasi tutti sono già stati superati e vengono regolarmente spostati in avanti. Le ultime previsioni fanno riferimento al 2025/2030 per iniziare a registrare un calo dei decessi e delle denunce.

Ma  questa Giornata mondiale ci ricorda che il problema legato all’asbesto è qualcosa che riguarda le popolazioni di tutta la terra per la gravità delle conseguenze sulla salute che questo minerale ha provocato e tutt’ora provoca. Oggi, ha calcolato l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), muoiono per le conseguenze della lavorazione e l’utilizzo di amianto oltre 100.000 persone all’anno, una ogni 5 minuti. In Italia poco più di 10 al giorno. Ma questa stima appare non solo approssimata per difetto, ma anche limitata agli effetti del-

le esposizioni occupazionali ed esclude le conseguenze di quelle cosiddette para lavorative, do-mestiche ed ambientali, dandoci un’idea dell’entità della strage della questione amianto: uno dei più grandi crimini di pace del XX° secolo.

Del resto solo nel Belpaese dal dopoguerra fino al 1992, anno in

cui è stato messo al bando, l’Italia ha prodotto oltre 3,7 milioni di tonnellate di amianto e ne ha importate almeno altre 1,8. Il risultato? Tremila morti e mezzo miliardo di euro di costi all’an-no, 560mila cittadini a rischio malattia e più di 30mila strutture da bonificare. Il Ministero dell’ambiente, in collaborazione con L’Istituto Nazionale per la Prevenzione degli Infortuni sul Lavoro(Inail) e le regioni, ha censito 38mila siti contaminati, di cui 35.521 ancora da boni-ficare. Tra questi 779 sono stabilimenti attivi o dismessi a cui vanno aggiunti dodici siti di interesse nazionale. Oltre a Broni in Lombardia, Casale Monferrato e Balangero in Piemonte, ci sono l’area litorale vesuviana, l’area industriale della Val Basento, Biancavilla di Sicilia, Massa Carrara, Pitelli, Tito in Basilicata, l’Eternit di

Priolo in Sicilia e quella di Bagnoli a Napoli oltre alla la Fibronit di Bari. Ma è una fotografia molto parziale. Mancano intere regioni, i dati della Calabria e quasi del tutto quelli siciliani, per esempio, visto che le due regioni si sono dotate di un piano amianto che ha permes-so di avviare il censimento solo l’anno scorso, mancano ancora di dati certi.

A tenere alta l’attenzione su questo dramma umano costruito su un suc-cesso industriale ci pensano da anni le molte associazioni e i comitati locali che si battono non solo in tribunale per ottenere giustizia e bonifiche. L’Associazione familiari e vittime dell’amianto(AFeVa) è una di queste e ha un’in-tera parete della sua sede coperta di fascicoli che ricordano la storia dei quasi tremila abitanti di Casale Monferrato uccisi dalle fibre della Eternit lo stabilimento di cemento-amianto più grande d’Europa bonificato e abbattuto solo nel 2007. Ma la storia di Casale e dell’AFeVa non è solo fatta di memoria e della sconfitta contro i “baroni” dell’Eternit per la prescrizione del danno ambientale voluta dalla Cassazione nel novembre del 2014, ma resta il miglior modello da imitare per ricominciare a vivere e progetta-re il futuro attraverso il controllo pubblico delle bonifiche e della discarica, la ricerca medica e quella di fondi oltre alla sensibilizzazione dei cittadini che comincia dalle scuole.

Casale già nel 1987, cinque anni prima della messa al bando nazionale dell’amianto, aveva vietato la lavorazione, la commercializzazione e l’utilizzo di qualsiasi manufatto con quella fibra e oggi “La demolizione di Eternit è l’u-nico intervento di un vasto insediamento di fabbricazione del cemento-amianto portato a termine in Italia”, ha sottolineato in un’in-teressante inchiesta su Wired Luca Gianola, assessore all’Ambiente ed ex sindaco di Mira-

bello Monferrato, uno dei 48 comuni che appartengono al sito di interesse nazionale di Casale. Ma l’amministrazione comunale di Casale Monferrato è in prima linea anche nelle cure mediche e tra Casale e Alessandria ha preso il via l’Ufim, “l’Unità funzionale inte-raziendale per il mesotelioma”, un team che affianca gli oncologi e i pazienti dal momento della diagnosi lungo tutto il percorso della malattia. “Riusciamo così ad avere un servizio di assistenza, diagnosi e cura che va dalla presa in carico del reparto Oncologia al Day Hospital fino alle cure a domicilio. È un’eccellenza che ci rende fieri - ha spiegato Daniela Degiovanni, che dirige l’équipe di Cure palliative e terapia di supporto -, ma che non ci fa dimenticare la situazione del resto d’Italia, dove chi è colpito da una patologia dovuta all’amianto è spesso lasciato da solo”.

La battaglia giudiziaria non è quindi l’unica via per battere l’amianto e da Casale è partito un esempio civile ed istituzionale di giustizia e resistenza. Un percorso necessario perché oggi, a distanza di 23 anni dal varo della legge n°257 che ha proibito l’estrazione, la lavora-zione e la commercializzazione dell’amianto siamo ancora in presenza in Italia e anche nel mondo di un numero notevole di malattie correlate all’asbesto. L’esperienza italiana e quella di Casale sono per questo una lezione importante che ci ricorda come, ancora nel 2015 in questa Giornata mondiale, la prima questione da affrontare è quella di estendere il divieto d’uso di questo killer alle molte nazioni che ancora non lo hanno bandito, obbiettivo per il momento lontano ed estraneo all’agenda politica istituzionale.

di Alessandro Graziadeidel 27 Aprile 2015

su gentile concessione di Unimondowww.unimondo.org

www.unimondo.org

Il progetto “Walk in progress” dell’Ass. NuoveRotte e Insieme arriva sulle piste da sci!

Lo sport per tutti

“Sciare è una cosa strana, eccitante, qualche volta mozzafiato, adrenali-nico a seconda delle discese, duro,

impegnativo...” così Nicola descrive la sua espe-rienza da sciatore, sì perché quel giorno lo è stato veramente, così come altri sei ragazzi che con il progetto “Walk in progress” organizzato dalle associazioni NuoveRotte e Insieme hanno voluto provare l’ebbrezza di sciare.

I nostri ragazzi sono partiti da Rovereto con una certa diffidenza verso la disciplina, ripe-tendo spesso di non voler sciare. “Guardo gli altri” diceva Marco “ma sciare no eh...ho paura”.

Grazie alla grande sensibilità di educatori e volontari, nonché alle spiccate capacità di coinvolgimento dei maestri, i nostri ragazzi non solo hanno provato gli sci, ma quasi tutti sono stati in grado di percorrere una o due piste in quasi totale autonomia.

Inimmaginabili le reazioni “Eh, visto che sono capace??”, “Guardatemi tutti, sto sciandooooo”, “Io avevo il maestro migliore di tutti!”. Dai loro

visi traspirava una contentezza genuina che mai e poi mai ci saremmo aspettati. La loro autostima era alle stelle e i loro occhi brillavano di felicità.

Tornati a Rovereto, mamme e papà increduli ci guardavano come se raccontassimo chissà quale astrusa verità, mentre riportavamo le varie prodezze dei loro figli.

Ebbene sì, i pregiudizi esistono, a partire dalla società per arrivare appunto alle famiglie stesse.

D’altronde è da sempre ritenuto un difficile connubio quello tra sport e disabilità. Difficile perché gli aspetti tecnici delle discipline ap-paiono insormontabili, difficile perché spesso c’è bisogno di assistenza, difficile per i limiti del corpo e relazionali.

Talvolta però tali limiti si possono oltrepas-sare, a tal punto che anche noi restiamo basiti davanti a tale magia... il trucco sta solo nella volontà e nello spirito di farcela. Lo insegnano bene i numerosi sportivi che non si lasciano

vincere dalle malattie ma si impegnano in gare, senza lasciarsi abbattere dai pregiudizi della gente.

Oltre ad offrire un incremento della forza muscolare e della coordinazione, lo sport fa-vorisce la socializzazione, incrementa l’autono-mia, produce uno stato di benessere generale che porta al miglioramento dell’autocontrollo. Praticare sport significa superare la paura, sfi-dare i limiti, oltrepassare i pregiudizi...

Ed è da questo che la nostra associazione NuoveRotte è partita all’avventura qualche anno fa, con cicli di escursioni in montagna con ragazzi disabili. Nelle nostre escursioni spesso i ragazzi appaiono più in forma di volontari ed educatori. Questo ovviamente è motivo di scherzo e di vanto. Ed ecco che così facendo si

socializza, si fanno amicizie e si crea un gruppo che anno dopo anno si rafforza sempre di più.

Volevo terminare con una frase che mi pia-ce molto perché riassume il senso di questo scritto: “Sono pronta a sfidare i limiti. La storia li pone, gli uomini devono superarsi per gene-rare altri ostacoli che puntualmente verranno abbattuti. È lo sport, come la vita”, Valentina Vezzali.

Doverosi sono i ringraziamenti alle associa-zioni NuoveRotte e Insieme, promotrici del pro-getto, ai sensibili e attenti maestri di sci della scuola Brenta di Andalo, alla cooperativa Villa Maria e all’associazione Prodigio che hanno messo a disposizione i pulmini, agli educatori, ai preziosissimi volontari.

Elisa Stefanati

L’ESP

ERIE

NZA

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ARTE

CIPA

NTI

«Il 29 marzo 2015 ho fatto una gior-nata con le “Nuove rotte: gite in mon-tagna”. Siamo andati ad Andalo. Quando siamo arrivati abbiamo fatto una camminata per le vie del paese per quasi mezz’ora, poi ci siamo incammi-nati verso la funivia, appena arrivati in alta montagna ci siamo diretti in baita per mangiare.

Finito di mangiare siamo scesi in pi-sta con scarponi da sci, mi sono messo alla prova me stesso, mi piacciono le sfide. Sulle piste da sci sono interve-nuti i maestri di sci, i professionisti della montagna. Sulle piste da sci di allenamento sono stato seguito da un maestro professionista che portava la barba. Anche se io avevo un po’ di paura però ho portato a termine l’operato cioè l’allenamento sulle piste da sci. Al termine dell’allenamento di siamo diretti verso la funivia di ritorno e poi

siamo saliti sui furgoni per direzione Rovereto dove tutti i ragazzi della gita andranno a casa.

Per me è stato una esperienza indi-menticabile perché ho imparato i primi esperimenti o passi dell’allenamento degli SCI, anche se avevo un po’ di paura però pian piano con le rassicurazioni del maestro di sci che mi seguiva sono sparite un po’. Grazie della cortesia.»

Davide«...Alle elementari ho provato lo sci

da fondo come prima esperienza, poi non mi sono interessato più di tanto, ma quando mia sorella mi ha detto che ci sono le giornate gratis sulla neve ho voluto provare sia con il fondo che con la discesa. Tra i due preferisco la discesa perché è più intensa e adrenalinica. Unica nota negativa? Gli scarponi sono stretti e duri più di quanto ci si aspetti.»

Nicola

Il gruppo ad Andalo

Spazio VerdeRubrica a cura di Lorenzo PupiGrazie alla recente collaborazione con Unimondo, abbiamo il piacere di ospitare nuovamente nella nostra rubrica “Spazio Verde”, un articolo, che questa volta ci parla del fenomeno Amianto. La crescente attenzione da parte dell’opinione pubblica rispetto al problema, i rischi per la salute e il destino delle generazioni presenti e future; in un pezzo ricco di dati, spunti di ricerca e riflessione circa una realtà ormai certa.

Bonifica tetti dall’amianto

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