Pro.di.gio. n°III Giugno 2014

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Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R. progetto di giornale BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO III - GIUGNO 2014 - ANNO XV - LXXXIV NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT Anffas apre le porte L’occasione di avvicinarsi al mondo della disabilità e di conoscerla da vicino pagina 2 10, 100, 1000 passi… In cammino contro il pregiudizio pagina 5 Forza e coraggio Giacomo Sintini ci racconta la sua vicenda personale e di come ha superato la malattia pagina 9 Cacao amaro L’esperienza e l’impegno di Martina Dei Cas in Nicaragua pagina 11 Il carattere inaccessibile della “Trento Antica” si estende fino ai giorni nostri: scopriamo la direttrice secondaria, che da Piazza S. Maria Maggiore, attraverso Porta Santa Margherita e il vicino sottopasso, conduce alle sponde dell’Adige. S toricamente considerato passaggio secondario, luogo di scontro e incontro, informazione e controinformazione, talvolta degrado, microcriminalità, ma anche luogo di musica di strada, scambio di sorrisi ed esperienze: il sottopasso all’intersezione tra via Santa Margherita e via Tommaso Gar, è uno dei passaggi che, insieme a Porta San Lorenzo e il sottopasso di Via G. Verdi, uni- scono il centro storico al fiume Adige e da lì al quartiere di Piedicastello. Ripercorriamo questa direttrice secondaria e riscopriamo il suo carattere inaccessibile: passato il tempo delle vecchie cinte murarie che limitavano l’ac- cesso all’urbe, oggi spetta al vicino sottopasso di epoca moderna svolgere tale funzione. Una barriera architettonica per molte persone con disabilità e non solo. Poco distante da qui, c’è Porta S. Marghe- rita. Esempio di architettura antica, accoglie il passante che giunge dal fiume. È il primo luogo storico ben conservato che si incontra andando verso il centro, situata nella parte occidentale della città, è stata risparmiata, insieme a Port’Aquila, dall’abbattimento dell’Ottocento, perché in posizione secondaria rispetto alle maggiori direttrici del traffico cittadino. Testi- monia l’antica presenza delle mura duecentesche che proteggevano Trento. La porta, è sovrastata da una torre quadra che si apriva nella cinta muraria urbana e conduceva, fino alla deviazione dell’Adige del 1858, nelle aree agricole a ridosso del fiume. Inserita tra costruzioni ottocentesche, fu in parte interrata dalle ripetute alluvioni. Il suo carattere secondario è legato ad un aneddoto dal sapore antico. Durante il XIX Concilio ecumenico di Trento, si racconta, che il Cardinale Madruzzo per dare prestigio e carattere austero alla riunione vescovile, decise di espellere temporaneamente dai quartieri del centro, tutti i poveri e i miserabili, i cosiddetti baroni del sol, concentrandoli oltre l’Adige nell’attuale quartiere di Piedicastello. Molti di loro passarono presumibilmente da Porta Santa Margherita, considerata uscita secondaria, distante dagli sguardi dei cardinali e funzionari. In un confessionale nella Chiesa S. Maria Maggiore sarebbero incise un gruppo di sette cifre per indicare il disprezzo che Martin Lutero nutriva per il Presidente del Concilio: Maledetto Madruzzo Martino Mai Muterà Meglio Morire! Nel tempo, il passaggio si trasforma e muta di funzione, da porta d’accesso all’Urbe, a luogo storico; tuttavia rimane testimone di una tendenza a mantenere inaccessibili gli spazi. È un passaggio pedonale certamente rapido, per chi da piazzale exSIT, vuole accedere al centro, alle università, agli uffici pubblici e ai luoghi storici e culturali che Trento offre. Oggi, la direttrice è collegata con la sponde dell’Adige, da un sottopasso pedonale all’inter- sezione con Via Tommaso Gar, che non costi- tuisce certo esempio di uno spazio accessibile. Il passaggio non prevede al momento ausili per persone con disabilità, è attrezzato con un passa mani e una canaletta per spingere le bici. A parte questo, una persona in carrozzina da qui non può passare. In verità, anni fa era presente una pedana elettrica per carrozzine, ma il degrado della zona, i ripetuti atti vandalici e la non troppo comoda fruibilità del disposi- tivo, hanno portato alla sua rimozione. Senza prevedere alternative. Una persona con disabilità che lavora o tran- siti in centro città, è logico che, come chiunque altro, scelga un parcheggio comodo e in parte gratuito come l’exSIT, per evitare così il traffico congestionato del centro (vedi percorsi alter- nativi su mappa). La sua posizione strategica e la fruibilità stessa del parcheggio, permettono di accogliere ogni anno numerosi visitatori e pullman di comitive turistiche. Il passaggio pedonale più vicino è proprio il sottopasso di Via Tommaso Gar. Peccato che sia inaccessibile in carrozzina, causa una doppia rampa di scale senza ausili. Le alternative certo esistono, ovviamente facendo un po’ più di strada. C’è la possibilità di passare un centinaio di metri più a nord, sul Ponte di San Lorenzo, o a sud lungo il sotto- passo di Via Verdi. Si sfida comunque qualsiasi persona normodotata a provare cosa vuol dire muoversi con una carrozzina a mano o elettrica lungo le pendenze trafficate di queste due direttrici. Pur essendoci il regolamentare mar- ciapiede, sono pensate più per le automobili Sopra l’accesso da via Tommaso Gar. A fianco la doppia rampa di scale. continua a pagina 2 Storia di un sottopasso

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Pro.di.gio. il primo bimestrale di informazione sociale partecipata, continua il viaggio nel racconto delle persone, delle realtà associative e delle proposte attive presenti sul nostro territorio e non solo. Progetti nuovi e nuova energia si respira nell'aria grazie all'impegno degli enti no-profit, che senza grandi risorse sanno reinventarsi e proporre soluzioni concrete. Un' occasione di scambio di idee e sensibilità, per realizzare un futuro più equo, più accessibile e attento alle tematiche sociali.

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BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAPNUMERO III - GIUGNO 2014 - ANNO XV - LXXXIV NUMERO PUBBLICATO WWW.PRODIGIO.IT

Anffas apre le porteL’occasione di avvicinarsi al mondo della disabilità e di conoscerla da vicino

pagina 2

10, 100, 1000 passi…In cammino contro il pregiudizio

pagina 5

Forza e coraggioGiacomo Sintini ci racconta la sua vicenda personale e di come ha superato la malattia

pagina 9

Cacao amaroL’esperienza e l’impegno di Martina Dei Cas in Nicaragua

pagina 11

Il carattere inaccessibile della “Trento Antica” si estende fino ai giorni nostri: scopriamo la direttrice secondaria, che da Piazza S. Maria Maggiore, attraverso Porta Santa Margherita e il vicino sottopasso, conduce alle sponde dell’Adige.

Storicamente considerato passaggio secondario, luogo di scontro e incontro, informazione e controinformazione,

talvolta degrado, microcriminalità, ma anche luogo di musica di strada, scambio di sorrisi ed esperienze: il sottopasso all’intersezione tra via Santa Margherita e via Tommaso Gar, è uno dei passaggi che, insieme a Porta San Lorenzo e il sottopasso di Via G. Verdi, uni-scono il centro storico al fiume Adige e da lì al quartiere di Piedicastello. Ripercorriamo questa direttrice secondaria e riscopriamo il suo carattere inaccessibile: passato il tempo delle vecchie cinte murarie che limitavano l’ac-cesso all’urbe, oggi spetta al vicino sottopasso di epoca moderna svolgere tale funzione. Una barriera architettonica per molte persone con disabilità e non solo.

Poco distante da qui, c’è Porta S. Marghe-rita. Esempio di architettura antica, accoglie il passante che giunge dal fiume. È il primo luogo storico ben conservato che si incontra andando verso il centro, situata nella parte occidentale della città, è stata risparmiata, insieme a Port’Aquila, dall’abbattimento

dell’Ottocento, perché in posizione secondaria rispetto alle maggiori direttrici del traffico cittadino. Testi-monia l’antica presenza delle mura duecentesche che proteggevano Trento. La porta, è sovrastata da una torre quadra che si apriva nella cinta muraria urbana e conduceva, fino alla deviazione dell’Adige del 1858, nelle aree agricole a ridosso del fiume. Inserita tra costruzioni ottocentesche, fu in parte interrata dalle ripetute alluvioni.

Il suo carattere secondario è legato ad un aneddoto dal sapore antico. Durante il XIX Concilio ecumenico di Trento, si racconta,

che il Cardinale Madruzzo per dare prestigio e carattere austero alla riunione vescovile, decise di espellere temporaneamente dai quartieri del centro, tutti i poveri e i miserabili, i cosiddetti baroni del sol, concentrandoli oltre l’Adige nell’attuale quartiere di Piedicastello. Molti di loro passarono presumibilmente da Porta Santa Margherita, considerata uscita secondaria, distante dagli sguardi dei cardinali e funzionari. In un confessionale nella Chiesa S. Maria Maggiore sarebbero incise un gruppo

di sette cifre per indicare il disprezzo che

Martin Lutero nutriva per il Presidente del Concilio: Maledetto Madruzzo Martino Mai Muterà Meglio Morire!

Nel tempo, il passaggio si trasforma e muta di funzione, da porta d’accesso all’Urbe, a luogo storico; tuttavia rimane testimone di una

tendenza a mantenere inaccessibili gli spazi. È un passaggio pedonale certamente rapido, per chi da piazzale exSIT, vuole accedere al centro, alle università, agli uffici pubblici e ai luoghi storici e culturali che Trento offre.

Oggi, la direttrice è collegata con la sponde dell’Adige, da un sottopasso pedonale all’inter-sezione con Via Tommaso Gar, che non costi-tuisce certo esempio di uno spazio accessibile. Il passaggio non prevede al momento ausili per persone con disabilità, è attrezzato con un passa mani e una canaletta per spingere le bici. A parte questo, una persona in carrozzina da qui non può passare. In verità, anni fa era presente una pedana elettrica per carrozzine, ma il degrado della zona, i ripetuti atti vandalici e la non troppo comoda fruibilità del disposi-tivo, hanno portato alla sua rimozione. Senza prevedere alternative.

Una persona con disabilità che lavora o tran-siti in centro città, è logico che, come chiunque altro, scelga un parcheggio comodo e in parte gratuito come l’exSIT, per evitare così il traffico congestionato del centro (vedi percorsi alter-nativi su mappa). La sua posizione strategica e la fruibilità stessa del parcheggio, permettono di accogliere ogni anno numerosi visitatori e pullman di comitive turistiche. Il passaggio pedonale più vicino è proprio il sottopasso di Via Tommaso Gar. Peccato che sia inaccessibile in carrozzina, causa una doppia rampa di scale senza ausili.

Le alternative certo esistono, ovviamente facendo un po’ più di strada. C’è la possibilità di passare un centinaio di metri più a nord, sul Ponte di San Lorenzo, o a sud lungo il sotto-passo di Via Verdi. Si sfida comunque qualsiasi persona normodotata a provare cosa vuol dire muoversi con una carrozzina a mano o elettrica lungo le pendenze trafficate di queste due direttrici. Pur essendoci il regolamentare mar-ciapiede, sono pensate più per le automobili

Sopra l’accesso da via Tommaso Gar. A fianco la doppia rampa di scale.

➽ continua a pagina 2

Storia di un sottopasso

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che per i pedoni.Il sottopasso in esame potrebbe

certamente rappresentare “la porta”, in chiave moderna, attraverso cui la persona, indistintamente dalla sua condizione fisica, entra nella città e dove può maturare una prima im-pressione di ciò che l’aspetta. Oggi, non troverà ad attenderla una cinta muraria, che ormai ha lasciato spa-zio ad edifici più recenti, ma noterà tutta una serie di elementi che gli indicheranno che quel passaggio non è per tutti.

Qui le persone con disabilità motoria, ma anche mamme col passeggino e molti anziani, non passano. Non solo per la difficoltà fisica nell’affrontare una doppia rampa di scale, ma anche per tutta una serie di motivi di disagio sociale legati all’architettura del quartiere e al suo carattere secondario. Quella della “sicurezza in aree popolate” è una tematica che entra in gioco e risulta più viva che mai a Trento: ri-guarda la percezione urbana di aree secondarie o comunque ritenute tali. Vi sono precisi studi al riguardo, che relazionano lo spazio urbano al degrado sociale e alla presenza di microcriminalità. Non essendo quest’articolo, il luogo opportuno per analizzare questo aspetto, si rinvia al reportage sulla Conferenza di eCrime che segue nelle prossime pagine.

Riflettere sull’accessibilità dei luo-ghi, implica certo un dibattito sulle soluzioni architettoniche e quindi sull’abbattimento delle barriere fisi-che e culturali. Le implicazioni sono di carattere sociale a trecentoses-santa gradi. Un luogo più comodo,

accessibile e vivibile per tutti, abbassa sicuramente la soglia del disagio percepito.

Il sottopassoAvvicinandosi a questa struttura, appare subito evidente il suo carattere architettonicamente non accessibile, soprattutto con riguardo delle persone con disa-bilità motoria, che necessitano di ausili meccanici. Man non solo. Il discorso, infatti, poco cambia se guardiamo alle difficoltà di accesso che possono riscontrare madri con il passeggino, infortu-nati temporanei o anziani.

L’ingresso, lato Adige, è costi-tuito da un’arcata tubolare protettiva in plexiglas che scende inclinata lungo una doppia rampa di scale. Si accede così al tunnel sotto i binari della ferrovia. Lungo una quindicina di metri, ter-mina con un’altra rampa di scale, che riemerge fianco la Facoltà di Lettere e poco distanti dalle facoltà di Giu-risprudenza, Economia e Sociologia. Non a caso il sottopasso è percorso ogni giorno anche da molti stu-denti, docenti, personale pubblico e commercianti. Nonostante sia uno spazio curato dalla pubblica am-ministrazione, appena si scendono i primi gradini, pare di entrare in un luogo “sospeso”, dove il meglio e il peggio della società possono esprimersi. Poco illuminato di notte, anche se di recente hanno installato nuove luci. Non ci sono tele-camere di sorveglianza. Poster

dal sapore revisionista-fascista e di lotta anarchica, slogan politici, tags, stencils, nonché cartelloni da circo, ricoprono ogni centimetro quadrato a disposizione sulle pa-reti. A volte, gli odori pungenti e il frastuono provocato da un treno in transito, incoraggiano un passo svelto verso l’uscita. Un’altra rampa di scale, qui attende. Si riemerge in via Tommaso Gar, vicino alla Facoltà di lettere e ad un centinaio di metri

dalla chiesa del Concilio, in pieno centro. Si può proseguire, quindi, attraverso Porta Santa Margherita, che è ormai solo custode delle cinte murarie dell’urbe: ora come allora essa è testimone di una tendenza all’inaccessibilità fisica e mentale degli spazi.

C’è di buono che il passante, che ogni giorno transita per il sottopas-so, col buono o cattivo tempo, è accompagnato dal suono balcanico di una fisarmonica. Il suo esecutore è un simpatico e bonario signore dell’Est, che suona nello spazio “riservato” dal Comune di Trento ai musicisti di strada. Certo potrebbe rappresentare un buon punto di partenza, un connubio tra arte di strada e architettura urbana, ed è sicuramente una bella iniziativa. Ma si può in tutta onestà essere portati a credere che anche in questo caso

la scelta del luogo ricalchi perfettamente la tendenza, di cui prima, a considerarlo solo un passaggio secondario.

Ecco, riflettere su questi spazi ci dovrebbe portare a non considerarli più in ter-mini di “riservati a”, “dedicati a”, “accessibili per”, ma come luoghi per tutti, senza di-stinzione sociale o fisica. Il sottopasso dovrebbe avere la precisa funzione di facilitare il passaggio a chiunque, solo su questa base di rispetto si costruisce l’incontro, lo scam-bio di sguardi e di intenti, che invogliano visitatori, studenti e lavoratori ad entrare in una città che sappiamo essere accogliente e sensibile.

Lorenzo Pupi

Dall’alto: Porta Santa Margherita - antico accesso mura medioevali. Dentro il tunnel. Mappa con i percorsi alternativi dal parcheggio ExSit verso il centro storico: -- Ponte San Lorenzo, -- Sottopasso via G. Verdi, -- Sottopasso via T. Gar non accessibile.

➽ segue dalla primja pagina

Mappa Porta Santa Margherita

ACCESSIBIL ITÀ

Proprietà: Associazione Prodigio OnlusIndirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 TrentoTelefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437Sito Internet: www.prodigio.itE-mail: [email protected]. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% p

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Direttore responsabile: Francesco Genitoni.Redazione: Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Carlo Nichelatti, Giuseppe Melchionna, Luciana Bertoldi. Hanno collaborato: Maurizio Menestrina, Sara Caon, Maurizio Franchi, Dorotea Maria Guida, Piergiorgio Gabrielli, Ivana Tabarelli, Daniele Biasi.In stampa: giovedì 29 maggio 2014.Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).

CITTADINANZA

L’occasione di avvicinarsi al mondo della disabilità e di conoscerla da vicino

Il 28 marzo 2014 l’associazione Anffas trentino onlus, Associazione famiglie di persone con disabilità intellettiva

e relazionale del Trentino, ha aperto le porte delle sue strutture permettendo a bambini, adulti, vicini e curiosi di visitare e toccare con mano la realtà del centro. L’Open-day è stato non solo un modo di presentarsi alla comunità, ma un’occasione di divertimento sia per i grandi che per i più piccoli che, attraverso vari giochi, hanno avuto l’occasione di avvicinarsi al mondo della disabilità e di conoscerla da vicino. Han-no potuto sperimentare quanto possa essere difficile un banale gioco, come la pesca di sagome di legno a forma di pesce “pulitore”, se realizzato utiliz-zando la mano sinistra, se si è destri, e viceversa se si è mancini. Ed è proprio questa particolare specie di pesce (che si nutre facendo pulizie negli acquari) il fiero simbolo di Anffas che, ormai da quasi cinquant’anni, prosegue il suo cammino senza mai tradire la filosofia che lo anima, ovvero fornire sostegno e aiuto alle più diverse forme di disa-bilità attraverso il riciclo di materiale di scarto. Alcuni esempi concreti sono un letto con funzione rilassante, chiamato “ecoergorelax”, realizzato utilizzando in-teramente scarti di cartone, o riportare

in vita un tratto di siepe maltenuta in via Gramsci, contribuendo così a pro-muovere un’idea di cittadinanza attiva e di salute ambientale all’interno della comunità e nel quartiere.

Durante l’apertura, sono state molte le persone che hanno avuto occasione di visitare il microcosmo del centro, dai giovani della scuola primaria “Clarina”, i quali hanno partecipato a una caccia al tesoro in cui raccoglievano i “pezzi” di una sagoma che, se ricomposta, pren-deva le sembianze di un uomo. Gli arti rappresentavano la disabilità manuale e motoria e la testa la disabilità intel-lettiva. Presenti anche le autorità con il Comandante della Polizia Municipale Lino Giacomoni e l’Assessore con delega per le materie di istruzione e sport, Pao-lo Castelli. Tutti hanno avuto occasione di divertirsi, ma sempre nella più totale tranquillità e nel rispetto dell’ambiente, creando quello che è il “gioco” della socializzazione. Ed è stata proprio la tranquillità e la calma che hanno accom-pagnato l’iniziativa, una delle più grandi conquiste della giornata che si è svolta senza disturbare o mettere a disagio i ragazzi del centro, pur facendo divertire intere classi di bambini, facendo respi-rare un’aria in Anffas meno legata al disagio e più vicina allo stare insieme al

di là delle disabilità. Ma i progetti per promuovere la conoscenza del lavoro svolto da Anffas non si fermano qui. Già da qualche anno i ragazzi e gli operatori realizzano piccole opere di riciclo di legno a forma di pesciolino sul quale è inscritta la frase “grazie di cuore”. È un oggetto divenuto simbolo che viene donato a tutti coloro che visitano il centro o che in qualche modo lo vengono a conoscere e così facendo vanno ad allargare la schiera degli amici di via Gramsci. Un piccolo gesto che porta il rice-vente dentro la realtà di Anffas e lo proietta al contempo fuori dal contesto territoriale, promuoven-do a sua volta il “pesce grazie”, nei luoghi più diversi: le foto arrivano perfino dal Giappone!

Intanto gli operatori hanno iniziato perfino a “colleziona-re” gli scatti. “Pescizzare” diviene un’azione: fotografare insieme al pesce tutti coloro che si uniscono agli amici di via Gramsci è diventato il modo privilegiato, ma non l’unico, attraverso cui il centro si fa conoscere dalla comunità, e tra i “pescizzati” vi sono nomi di spicco come Papa Fran-cesco, Zygmunt Bauman, Don Mazzi, Angelo Branduardi, Margherita Hack e molti altri che una volta compresa la ragione della foto prestano volentieri la loro immagine e un secondo del loro tempo a questa iniziativa. Ma basta molto meno per aiutare questa realtà. Anche semplicemente parlando con amici e coetanei, si contribuisce a far conoscere l’associazione, diventando in

questo modo i suoi “biglietti da visita”. Una comunità in crescita e che sta per regalare il millesimo pesce alla comu-nità di San Patrignano, la cui sede in località San Vito, Pergine Valsugana sta per chiudere, e con cui già da qualche tempo Anffas collabora in un progetto di “pet therapy”. Sostegno, interesse per la comunità e divertimento sono stati i motori dell’Open-day, il quale in futuro contribuirà ancora a rompere la diffiden-za iniziale con la disabilità e a rendere tutta la comunità di via Gramsci, e non solo, promotrice del mondo di Anffas.

D.B.

Giuseppe Melchionna con Maurizio Menestrina e col Comandante della Polizia Municipale Lino Giacomoni

Anffas apre le porte

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I primi risultati dell’indagine condotta nell’ambito del progetto “eSecurity” sulla sicurezza oggettiva e soggettiva nel comune di Trento

Sono stati presentati il 3 aprile scorso presso la Facoltà di Giurisprudenza i risultati della prima rilevazione sul tema “Vittimizzazione, senso d’insicurezza

e percezione del disordine” che si è svolta a Trento nell’ambito del progetto eSecurity.

L’indagine nasce dalla collaborazione di eCrime, gruppo di ricerca di criminologia, con Fondazione Bruno Kessler e con la Questura e il Comune di Trento.

Al seminario di presentazione dei primi dati erano presenti il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, il Questore Giorgio Iacobone, Giuseppe Espa, responsabile delle rilevazioni relative al progetto e professore di Statistica Economica del Dipar-timento di Economia e Andrea Di Nicola, professore di Criminologia presso la Facoltà di Giurisprudenza e coordinatore scientifico del pro-getto eSecurity.

Fondamentale per l’indagine il coinvolgimento della popolazione, che ha contribuito compilando un questionario. La prima rilevazio-ne, iniziata il primo ottobre 2013, consisteva nel somministrare a 4.000 cittadini residenti di Trento un questionario, online o tramite intervista telefonica, riguardante la vittimizzazione e il disordine urbano percepito; durante la prima fase sono state raccolte più di 1500 compilazioni, un tasso di risposta quindi del 38%.

La stratificazione, consistente nel raggruppare le singole unità in gruppi, è av-venuta per genere, età e circoscrizione di re-sidenza, per avere una mappatura completa del territorio comunale, Gardolo, Meano, Bondone, Sardagna, Ravina - Romagnano, Argentario, Povo, Mattarello, Villazzano, Oltrefersina, San Giuseppe - Santa Chiara e Centro storico - Piedicastello. La divisione in fasce d’età, dai 18 ai 36 anni, dai 36 ai 55 anni o superiore a 56, permette di identificare sia le categorie maggiormente vittimizzate, sia quelle più sensibili al disordine e all’insicu-rezza, che sono percepiti in modo molto diverso da una generazione all’altra.

L’indagine ha rivolto l’attenzione a fenomeni di delinquenza urbana come i furti di oggetti personali, i furti di veicoli e di oggetti da veicoli, furti in abitazione, borseggi, aggressioni verbali e fisiche, mo-lestie sessuali verbali e fisiche. Questi dati indicano la sicurezza oggettiva, legata alla criminalità effettiva e ai reati subiti, e hanno permesso di determinare il nu-mero oscuro, cioè la quantità dei crimini non denunciati alle forze di polizia. Un esempio sono i borseggi, secondo la pri-ma rilevazione solo il 60,9% delle vittime sporge denuncia, mentre il 39,1% decide di non informare le forze dell’ordine.

Con sicurezza soggettiva s’intende invece quella percepita dai cittadini; per raccogliere queste informazioni nel questionario sono state poste domande sul senso d’insicurezza e sulla percezio-ne del rischio di criminalità, che hanno evidenziato come il 24% dei residenti nel comune si senta a disagio a camminare da solo nel proprio quartiere di sera. Altre domande riguardavano la percezione del disordine urbano fisico, come ad esempio le zone della città abbando-nate o i beni pubblici danneggiati, e del disordine urbano sociale, rappresentato dai comportamenti devianti come lo spaccio di droga o la prostituzione.

Può capitare quindi che un luogo nel quale si verificano meno crimini possa essere consi-derato più insicuro dai residenti, creando uno scarto tra il rischio reale e quello percepito. Dall’indagine emerge però che i trentini sono realisti, i cittadini residenti hanno consape-volezza dei rischi riguardanti le zone effetti-

vamente più vittimizzate. Solo nelle zone di Sardagna e Povo si nota che il rischio percepito dalla popolazione è sproporzionato rispetto all’effettivo livello di criminalità, mentre le circoscrizioni più “coerenti” sembrano essere quelle del Centro storico – Piedicastello, dove avvengono un maggior numero di reati e dove, infatti, il senso di insicurezza è più marcato. La zona del Bondone registra invece un minor timore da parte dei residenti a fronte del basso tasso di vittimizzazione.

Il progetto eSecurity prevede altre tre inda-gini con cadenza semestrale, ad aprile 2014, ottobre 2014 e aprile 2015, di modo da tenere

sotto controllo gli andamenti della crimina-lità e sul senso di insicurezza.

Tra gli obiettivi primari di questa tipologia di ricerche vi è sicuramente la prevenzione della criminalità e della devianza nelle città, che permette a enti locali e di polizia di co-ordinare in maniera più efficiente le risorse e di agire in maniera mirata per diverse tipologie di reato.

Parte della ricerca aveva lo scopo di in-

dagare le opinioni dei residenti riguardo alle possibili misure, da loro ritenute idonee, a migliorare la vivibilità di Trento. L’85% delle ri-sposte ha indicato come possibile soluzione un

pattugliamento più frequente da parte delle forze dell’ordine; sono sentite come necessarie anche una maggiore illuminazione pubblica ed un accrescimento delle azioni a tutela

dell’ambiente urbano. Sono invece state considerate poco utili le ronde di cittadini volontari. Le informazioni sulla vittimizzazione e sul disordine diventano un forte alleato nella gestione della sicurezza urbana se unite ai dati di polizia. “eSecurity” è il primo progetto al mondo di sicurez-za urbana predittiva, che consente quindi di combattere la criminalità prevedendone le mosse, potendo così anticipare i comportamenti devianti e criminali ed evitarne le conseguenze dannose sulla società.

Fonti: elaborazioni eCrime di dati del progetto eSecurity.

È possibile consultare i dati della prima rilevazione sul sito www.esecurity.trento.it

Giulio Thiella

ACCESSIBIL ITÀ CITTADINANZA

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Vivere sicuri a Trento

Da sinistra: Giorgio Iacobone, Alessandro Andreatta, Andrea Di Nicola, Giuseppe Espa

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Pagina a cura del Comune di Trento

Sito Internet delComune di Trento:

www.comune.trento.it

Numero Verde800 017 615

IN IZ IATIVE SOCIALI

Linea 8, si sdoppia e si semplifica il percorso

Cambia e si semplifica il percorso della linea 8. Due le principali modifiche: uno sdoppia-

mento del percorso dell’autobus su via Nazionale, a Mattarello, per servire la zona sud ed est del sobborgo, a corse alterne, e un nuovo tragitto nella zona di piazza Dante, per ridurre il percorso e migliorare i tempio di percorrenza.

Per quanto riguarda le modifiche nella zona di Mattarello lo sdoppiamento del percorso è previsto su via Nazionale, all’altezza dell’incrocio con via della Rozola, in corrispondenza del quale una corsa girerà a sinistra su via della Rozola proseguendo su via della Torre Franca fino al capolinea in piazza Perini, mentre la corsa suc-cessiva proseguirà su via Nazionale fino al nuovo capolinea realizzato recentemente a Mattarello sud per poi tornare lungo via Catoni in direzione nord con fermata davanti alla chiesa.

Contestualmente è stata attivata una sempli-ficazione del percorso nell’area di piazza Dante: l’autobus n. 8 gira direttamente da via Romagnosi a destra su via Vannetti, proseguendo fino a piaz-za Centa e ricollegandosi al percorso originario all’altezza con via Ambrosi, non sostando più in piazza Dante lato stazione. Per questo è stata rea-lizzata una nuova fermata del trasporto pubblico in piazza Centa (dove è stato ampliato il marcia-piede con una penisola), è stata posizionata una pensilina di attesa per gli utenti e sono state installate sonde per l’attivazione del semaforo in corrispondenza dell’incrocio con via Ambrosi in modo da agevolare e mettere in sicurezza la manovra di immissione dell’autobus sulla via.

Al mio parco ci penso anch’io

I parchi sono di tutti e tutti possiamo contribuire a renderli migliori. È con questa idea che l’Am-

ministrazione comunale propone l’iniziativa “Al mio parco ci penso anch’io”, invitando tutti i cit-tadini che frequentano gli spazi verdi cittadini a dare una mano per renderli più puliti e accoglien-ti. Con un semplice gesto: raccogliere cartacce, lattine e piccola spazzatura (non pericolosa) che viene gettata fuori dai cestini, dopo il passaggio degli operatori che curano la pulizia.

Nei 90 parchi, in sostanza tutti quelli della città che hanno un’area giochi per bambini, sono stati messi a disposizione dei comuni guanti di polieti-lene, come quelli che si trovano al supermercato per la frutta e verdura. Ne sono stati distribuiti 140 mila. Tutti i rifiuti potenzialmente pericolosi, invece, vanno segnalati ad un apposito numero comunale.

Il comune con il servizio Parchi e Giardini con-tinuerà a svolgere il consueto lavoro di pulizia e cura, con uno o due passaggi giornalieri.

IUC: il nuovo tributo localeChe cosa è, quando si paga

Alla fine di aprile, il Consiglio comunale ha ap-provato il regolamento che disciplina i nuovi

tributi locali. Questa decisione si è resa necessaria per adeguarsi alle decisioni prese dallo Stato con la Legge di stabilità 2014. Adesso c’è la IUC, che significa Imposta Unica Comunale. Nella IUC, di fatto, ritroviamo tre prelievi, due già conosciuti e uno nuovo: l’IMUP, che non cambia, e la tariffa rifiuti, che cambia solo nome: da TARES a TARI. La vera novità è costituita dal terzo prelievo, la TASI, una sigla che sta per “tassa sui servizi indivi-sibili”. In sostanza, lo Stato ha deciso di chiedere ai contribuenti di finanziare una parte dei servizi che non posso essere suddivisi, cioè non possono essere pagati con una tariffa, come ad esempio l’illuminazione delle strade, la sicurezza o il verde pubblico. La TASI avrà la stessa base di calcolo dell’IMUP, ma l’aliquota sarà più bassa: l’1 per mille, con 50 euro di detrazione, per le abitazioni principali (che però non pagheranno più l’IMUP, tranne che per le abitazioni di lusso) e l’1,5 per mille per tutti gli altri immobili. Va detto, inoltre, che dal 2014 è abolita anche la maggiorazio-ne sulla tariffa rifiuti che i contribuenti hanno pagato assieme alla seconda fattura del 2013. Le aliquote deliberate dal Consiglio comunale collocano Trento in fondo alla classifica nazionale per pressione fiscale: per quanto riguarda i tributi locali, in altre parole, siamo fra le città italiane che pagano meno. Fra le cosa da sapere ricordiamo soprattutto che:

�non pagheranno la TASI i fabbricati utilizzati per attività produttive rilevanti ai fini IVA

(tranne quelli in categoria catastale C/1 e D/5 ed occupati da attività bancarie e assicurative), per venire incontro ai soggetti economici in un momento particolarmente difficile; �non pagheranno la TASI nemmeno gli occu-panti dei fabbricati (tranne, naturalmente, nel caso in cui l’occupante coincida con il proprietario);Le scadenze di pagamento di IMUP e TASI sono

state fatte coincidere per non complicare la vita ai contribuenti: entro il 16 giugno si dovrà pagare la prima rata, in acconto, ed entro il 16 dicembre si dovrà versare il saldo. Chi vuole, però, potrà pa-gare in un’unica rata alla scadenza del 16 giugno.

Come per gli anni scorsi, il Servizio Tributi spe-dirà a casa dei contribuenti il calcolo dell’imposta dovuta (IMUP + TASI) ed il modello di pagamento F24 precompilato. Va ricordato che, per legge, è compito dei contribuenti controllare che le infor-mazioni in possesso del Comune siano corrette e comunicare eventuali variazioni. Per la TARI, invece, le scadenze - due all’anno - restano quelle fissate con le fatture emesse da Trenta S.p.A.

IUC = IMUP + TARI (già TARES) +TASIQUANDO SI PAGA

� IMUP E TASI entro il 16 giugno la 1° rata, entro 16 dicembre 2° rata �TARI due fatture l’anno nelle date indicate da Trenta spa

ALIQUOTE � IMUP = 7,38 PER MILLE per tutti gli immobili tranne l’abitazione principale che è esente dall’imposta e XX PER MILLE PER ABITAZIONI SFITTE DA XX ANNI �TASI = 1 PER MILLE per le abitazioni principali con 50 EURO DI DETRAZIONE E 1,5 PER MILLE per tutti gli altri immobili

Lo Sportello affetti speciali cerca volontari

accoglientiAll’interno del servizio Attività sociali l’acco-

glienza familiare aiuta bambini e ragazzi pro-venienti da famiglie in temporanea difficoltà, costrette a rivolgersi ai servizi sociali per chiedere un sostegno. Fra le varie possibilità è previsto l’aiuto da parte di volontari, che permette ai bambini, e ai loro genitori, di vivere relazioni significative e di mantenere il legame con la propria famiglia.

Lo Sportello affetti speciali raccoglie le segna-lazioni di bisogno e di necessità di intervento rilevate dai servizi sociali territoriali, solitamente in aumento durante il periodo estivo, e la dispo-nibilità di chi offre il suo tempo. Un incontro che in questi anni ha visto crescere legami che con-tribuiscono silenziosamente ma concretamente a far crescere la rete di solidarietà nella nostra città.

I volontari accoglienti possono essere singoli o famiglie, con o senza figli, anche appartenenti a culture diverse dai bambini accolti.

A loro vengono offerti momenti formativi e di confronto, una copertura assicurativa e un eventuale contributo spese.

L’accoglienza si può articolare nell’arco di un’in-tera giornata o di una parte di essa, per alcuni giorni alla settimana o quotidianamente, nei fine settimana, in forma residenziale per periodi brevi e limitati e può concretizzarsi in modi diversi, a seconda delle esigenze delle famiglie che chie-dono aiuto e della disponibilità dei volontari.

Per maggiori informazioni o per segnalare la propria disponibilità: Sportello affetti speciali, corso Buonarroti n. 55, n. tel. 0461/889948, [email protected], www.comune.trento.it

Un concorso fotografico per raccontare la qualità

della vita nelle città alpineQuali sono gli elementi veramente importanti

per la qualità della vita? Quattordici città che lavorano insieme per lo sviluppo sostenibile dello spazio vitale, economico, culturale e natu-rale delle Alpi cercano risposte con un concorso fotografico.

È questa l’originale iniziativa che l’Associazione Città alpina dell’anno propone agli abitanti delle città socie (Annecy, Bad Aussee, Belluno, Briga-Glis, Bolzano, Chambéry, Gap, Herisau, Idrija, Lecco, Sonthofen, Trento e Villach), con l’obietti-vo di rafforzare la consapevolezza dell’unicità e straordinarietà delle Alpi.

La sfida è quella di fissare con l’obiettivo foto-grafico cosa rende così speciale la qualità della vita della nostra città. Ogni partecipante deve risiedere nel comune di Trento ed essere l’autore delle fotografie inviate.

Potrà consegnare un massimo di due fotografie dedicate alla propria città. Alle fotografie, della risoluzione di almeno 300 dpi, devono essere allegati nome dell’autore, residenza, indirizzo e-mail, anno di nascita, e città fotografata.

Può essere inserita una breve descrizio-ne dell’immagine (massimo 200 caratteri, spazi inclusi). Le fotografie devono essere inviate entro venerdì 5 settembre all’indirizzo [email protected].

Il materiale pervenuto sarà valutato da una giuria che coinvolge rappresentanti di diverse città alpine: fotografi, esperti di comunicazione, collaboratori dell’Associazione.

Le immagini più belle ed originali saranno presentate ad Idrija il 17 e 18 ottobre.

La fotografia migliore di ogni città sarà pre-miata con un viaggio gastronomico: il vincitore riceverà un cesto regalo con specialità gastrono-miche da un’altra “Città alpina dell’anno”, che sarà consegnato nel mese di novembre.

Al termine del concorso, tutte le fotografie rimarranno di proprietà del Comune di Trento ed entreranno a far parte dell’archivio fotografi-co comunale. Potranno essere utilizzate a scopi promozionali e senza fini di lucro in occasione di manifestazioni e per pubblicazioni dell’Am-ministrazione comunale o dell’Associazione Città delle Alpi, con l’obbligo di riportare nella didascalia il nome dell’autore.

Il regolamento completo del concorso è dispo-nibile sul sito www.alpenstaedte.org.

Per ulteriori informazioni:Uf f icio Turismo, via Belenzani 19, tel .

0461/884594, [email protected]

Porta tuo figlio in Galleria civica!

Nel cuore della città, la Galleria civica non è solo una delle sedi espositive del Mart, ma anche un luogo accogliente per le famiglie, con un artico-lato programma di attività dedicate ai più piccoli.

Ogni sabato pomeriggio dalle 16 alle 17.30 alla Civica c’è Little Mart: dei laboratori creativi sem-pre diversi per giocare e imparare con i linguaggi dell’arte, offrendo occasioni di incontro, di svago e di apprendimento.

Little Mart ha un costo di 3 euro a bambino ed è gratuito per gli adulti accompagnatori che vogliano fermarsi. Altrimenti mamma e papà possono approfittare della visita guidata, sempre dalle 16 alle 17.30, al costo di 4 euro.

P e r p r e n o t a r e : M a r t e d u c a z i o n e , [email protected], tel. 0461/985511

Un altro servizio alla famiglia è rappresentato dalla nostra colonia diurna. Dopo aver esordi-to durante le vacanze di Pasqua, il servizio di colonia torna alla Civica in versione estiva: dal 14 al 18 luglio Play Mart Summer propone un modo diverso di trascorrere le vacanze in città, vivendo un’esperienza creativa ed educativa a tutto tondo.

I bambini dai 5 ai 12 anni potranno frequen-tare la Civica dalle 9 alle 14, sperimentando nel corso della mattinata le tecniche e i linguaggi dell’arte, esplorando gli spazi espositivi in modo giocoso e coinvolgente, partecipando ad attività di espressione corporea, laboratori in lingua inglese e letture animate. Nel corso della settimana è prevista anche una visita ad un altro museo della città.

Il costo del servizio, che comprende una merenda di metà mattina e il pranzo, è di 100 euro a settimana (80 euro per chi iscrive più di un bambino). È possibile frequentare anche singole giornate a scelta, al costo di 20 euro al giorno.

P e r p r e n o t a r e : M a r t e d u c a z i o n e , [email protected], tel. 0464/454135-108.

Per i più grandi, fino al 21 settembre alla Galleria civica è allestita la mostra Linguaggi plastici del XX secolo, a cura di Michelangelo Lupo.

A fianco alle sculture di Melotti, Ticò, Fozzer, Winkler e De Carli, alcuni capolavori pittorici del ‘900 italiano e un intervento site specific di Davide Rivalta.

Galleria civica, via Belenzani, 44, n. tel. 0461/985511, [email protected]

Orario di apertura al pubblico: da martedì a domenica dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18, giorno di chiusura il lunedì.

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IN IZ IATIVE SOCIALI

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Il 9 e 10 maggio Trento è stata tappa di un “cammino oltre il pregiudizio”

Viaggio alla ricerca di identità, 24 ore su 24, 7 giorni su 7

L’i n i z i a t i v a n a -s ce dal la co l -laborazione di

diverse cooperative sociali del territorio che hanno deciso di aderire al percorso di Anna Rastello e di En-rica Cremonesi. Le due protagoniste hanno intrapreso un cam-mino attraverso sette capoluoghi del Nord Italia per af frontare assieme il tema del pregiudizio, confron-tarsi con realtà diverse ed interrogarsi con più persone sull’indi-vidualità e unicità di ognuno di noi.

Tra le varie tappe, tra cui Torino, Trieste, Venezia, Milano, Genova, vi era anche Tren-to, che ha accolto a braccia aperte l’iniziati-va. L’impresa consisteva nel camminare per un giorno intero, e alternarne uno di riposo. Alle ore 18 in piazza Battisti erano presenti in molti ad attendere l’arrivo di Anna ed Enrica, pronti a percorrere con loro una parte del tragitto, un’adesione simbolica all’evento itinerante di forte sensibilizzazione.

Fino alle 22 il percorso si è snodato tra le vie del Centro storico, dove i partecipanti

potevano appuntare pensieri e parole raccolte dai punti di “Ristoro dei pen-sieri”, allestiti in piazza Battisti e via in Belenzani.

Il percorso di Anna ed Enrica è poi proseguito per tutta la notte, fino a Ro-vereto, per poi fare ritorno a Trento con le prime luci dell’alba.

Sabato nel tardo pomeriggio c’è stato l’incontro pubblico, dove i partecipan-ti, gli operatori e gli organizzatori si

sono potuti confrontare sull’esperienza vissuta, nonché per ringraziare Anna prima per l’impor-tante stimolo ricevuto da lei e dalla sua inizia-tiva e augurarle buon proseguimento verso le prossime tappe del suo cammino, poi conclu-sosi il giovedì seguente ad Aosta.

Questo percorso mi-rava ad aprire gli occhi di chi ancora pensa che

le barriere siano solo quelle archi-tettoniche, e non comprende che quelle più difficili da superare sono

purtroppo mentali, di una società abituata al “normale”.

La volontà di camminare insieme significa mettersi allo stesso livello con l’altro, ma anche imparare a vedere noi stessi con i suoi occhi, confrontarsi, imparare e insegnare. La condivisione di idee ed esperienze ci permette quindi un approccio diverso nella visione dell’altro, da considerare sempre come un’unicità non etichettabile.

Giulio Thiella

A sinistra l’incontro in piazza Battisti con i partecipanti; una parte del tragitto in via Belenzani; a fianco Enrica Cremonesi e Anna Rastello.

Convegno “Investire nella comunità: dalle microazioni al cambiamento per una nuova dimensione del welfare”

Lunedì 31 marzo scorso, si è tenuto il convegno “Investire nella comunità: dalle microazioni al cambiamento per

una nuova dimensione del welfare” alla cui organizzazione hanno partecipato diverse cooperative. Scopo del convegno è stato quello di far nascere e sviluppare una rifles-sione sull’idea di salute, intesa come benessere globale del singolo e della comunità, cercando di focalizzare l’attenzione non tanto sulle risorse e sui servizi, ma sulla ricchezza delle relazioni sociali, della vita collettiva e delle potenzialità che la comunità ha al suo inter-no. Ad introdurre l’argomento è stato Franco Riboldi, collaboratore AGE.NA.SA, il quale ha ribadito l’importanza dell’appartenenza ad una comunità e il ruolo fondamentale che gioca l’individuo al suo interno nel creare le relazioni e nel prendersi “cura dell’altro”, sostenendo come la partecipazione di tutti costituisca un fattore “strutturale”, sostanziale e condizione per la vita stessa della comunità e del suo benessere.

Riboldi ha sottolineato, inoltre, l’importanza della salute, facendo riferimento alla sua ac-cezione più ampia, quella di benessere della persona e della comunità che abita. In tal senso la salute, viene intesa come bene comune, e ragion d’essere della collettività e trova il suo fondamento nel sistema di welfare che ogni comunità si dà, come strumento ed evidenza di democrazia. Sempre secondo Riboldi, il welfare non deve essere concepito come un costo ma come un investimento fatto dalla collettività, un’ insieme di regole, di forme concrete di relazione, basate sull’uguaglianza e sulla reciprocità, e un orientamento delle risorse per garantirne l’effettiva pratica sociale. Del secondo intervento è stato protagonista Diego Agostini, Direttore della Cooperativa

Sad di Trento, che ha parlato inizialmente di un percorso intrapreso in collaborazione con altre cooperative, al fine di promuovere una riflessione sullo stato attuale del welfare e sulle possibili strategie future per definire un dise-gno comunitario di salute. Il Direttore ha am-messo che in un primo momento il progetto, incentrato soprattutto sulle tematiche relative ai problemi della continuità assistenziale e le prospettive di assistenza ad una popolazione che invecchia sempre di più, non ha riscontrato grande successo, non riuscendo a stimolare la consapevolezza e l’impegno nelle persone. La causa ti tale insuccesso è da ricollegarsi, secondo Agostini, all’errato approccio adottato nei confronti dei temi affrontati, la riflessione infatti non sarebbe dovuta partire dalle risorse e dai servizi, ma dalla comunità e dalla ricchez-za delle relazioni sociali che la compongono, dai valori e dalle potenzialità che la comunità ha al suo interno e dalla sua capacità di pro-gettare il futuro. Al convegno è stato invitato il Docente di Sociologia dell’università degli studi di Parma, Sergio Manghi, il quale ha fatto una profonda riflessione sul welfare e sulla sua

evoluzione passata e futura. Il Professore ha sottolineato come la prima struttura di welfare degli anni ‘40-’70 di carattere verticale sia pro-fondamente mutata negli anni, essendo stato messo in discussione il principio gerarchico che caratterizzava il rapporto tra cittadini

e autorità. Secondo la nuova scena relaziona-le, il rapporto che lega cittadini ed enti è di tipo gerarchico circolare ca-ratterizzato da maggiore incertezza. Sono inoltre mutate le prospettive, l’attenzione era rivolta ai servizi intesi come apparati di erogazione di prestazioni al fine di sod-disfare i desideri e i biso-gni individuali in modo efficiente e razionale, l’intero sistema si basava sul singolo individuo. Col tempo ha preso piede il principio universalistico, e il punto di vista si è

spostato sulle interazioni quotidiane e sulla cura delle relazioni, dove gli individui sono considerati come soggetti concreti e non più astratti.

Come esempio concreto degli investimenti fatti a favore della comunità e delle persone più bisognose si può fare richiamo all’esperienza vissuta dell’Assessore alle Politiche Sociali della Comunità della Valle di Non, Stefano Graiff. Con la sua presenza al convegno si è voluto mettere in evidenza il lavoro e l’impegno di quelle comunità di valle, di cui spesso si discute ma alle quali raramente si richiede il pensiero ed il parere.

Quest’ultimo sostiene che il primo passo che deve essere fatto prima di compiere qua-lunque azione sia di comprendere l’idea di cosa rappresenti la comunità, e sia necessario identificare in esse l’obbiettivo e il senso stesso del nostro agire prendere coscienza del fatto che le stesse trovano senso negli individui che le compongono, egli inoltre ritiene che sia fondamentale porre al centro dell’agire la persona, poiché essa è anima, senso e valore delle comunità. Il sindaco pone come prima sfida quella di evitare che le piccole comunità montane divengano masse dove i singoli individui scompaiono. Diventa quindi neces-sario lavorare per ricostruire il tessuto sociale, quella rete di vicinato che le hanno sempre contraddistinte e che oggi la cultura della massificazione sta via via compromettendo. L’individuo perciò deve essere al centro del

progetto; la persona è intesa, come soggetto attivo, e capace di dare vita e di intessere reti di relazioni in tutti i contesti sociali. Un pensiero, questo che deve valere per tutte le politiche, siano esse sociali, che economiche o di territo-rio. Investire nella comunità, quindi, significa anche avere fiducia nelle risorse e nelle realtà che la identificano; significa individuare in ognuna di esse il partner con cui costruire una rete capace di farsi carico dei bisogni delle persone. Ha poi preso la parola il presidente del CSV Giorgio Casagranda (centro servizi per il volontariato).

La missione della CSV della Provincia di Trento è promuovere, sostenere e qualificare le associazioni di volontariato e le diverse espressioni di cittadinanza attiva del territorio trentino. L’ente poggia sulla legge 266/91 la quale prevede che sia presente un CSV per ogni provincia (78 in Italia) e che il 15% dei proventi delle fondazioni bancarie locali venga destinato al finanziamento dei CSV. Tale fondo speciale viene amministrato da un comitato di gestione(Co.GeVo) attraverso il quale vengono finanziate ben 5000 associazioni spalmate su tutto il territorio del Trentino. Altro invitato al convegno il cui intervento è stato particolar-mente significativo è stato quello di Ezio Ziglio presidente dell’OMS, il quale ha presentato il progetto salute 2020 i cui obbiettivi stra-tegici sono: promuovere la salute riducendo le iniquità e rafforzare l’intersettorialità per la salute. Nel suo discorso Ziglio ha mostrato come la salute sia il risultato di molti fattori di rischio di partenza (povertà, bassa educazione, discriminazione, ecc.) a cui si sommano rischi di natura biologica (fattori genetici, ipertensione, ecc.), di natura comportamentale (fumo, alcol, cattiva dieta, ecc.) e di natura psico-sociale (isolazione, ecc.).

La proposta dell’OMS a tale situazione è quella di un potenziamento dei sistemi socio-sanitari (accesso, trattamento, risultato, costo) per affrontare le crescenti vulnerabilità e uti-lizzare un approccio sistematico sui cicli di vita che non trascuri le fasce d’età che fin ora sono state ignorate. L’obbiettivo è quindi cambiare l’ approccio “settoriale” della società moderna tramite mezzi quali fondi comuni, budget in-tegrati e risorse umane co-finanziate. E quindi riposizionare la salute come elemento chiave nelle strategie di sviluppo, sia economiche che sociali.

In ultima istanza il convegno è stato un momento utile di riflessione e di scambio tra i vari enti che lavorano sul territorio oltre che di costruzione di un ideale di welfare che sia vicino alla comunità e che sia rafforzato da essa.

Ivana Tabarelli, Daniele Biasi

Daniela Bottura con Erio Ziglio

La comunità come protagonista del welfare

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6...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

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tti)Direttive 2014 per

l’assistenza odontoiatrica in provincia di Trento

Le prestazioni erogate in ambito odontoiatrico come assistenza diretta dell’Azienda sanitaria si sono assestate su una media di 70.000 all’anno, per un totale, nel periodo 2009-2013 di

373.333, alle quali si devono aggiungere altre 285.593 prestazioni erogate, fra il 2009 e il 2013, da studi convenzionati (che sono au-mentati dai 5 del 2009 a 23 nel 2013) e circa 3.000 da studi privati. La Giunta ha approvato le direttive per il 2014 riguardanti la legge provinciale 22/2007 “Disciplina dell’assistenza odontoiatrica in provincia di Trento”, che confermano sostanzialmente l’assetto organizzativo a regime dal 2010, ma introducono specifiche novità, soprattutto riservano un’attenzione particolare alla promozione e alla prevenzione odontoiatrica con il mandato di costruire la rete odontoiatrica pediatrica. Le direttive entreranno in vigore con il 1° luglio 2014. Le risorse assegnate per il 2014 sono quantificate in 13,5 milioni di euro.

Nell’ottica del continuo miglioramento organizzativo ed eroga-tivo dell’assistenza odontoiatrica, ad integrazione di quanto già progressivamente disposto nelle direttive adottate fra il 2008 e il 2013, sono state introdotte ulteriori misure.

La prima riguarda la fissazione in numero di 34 su scala provin-ciale delle strutture (studi/ambulatori) cui è possibile conferire l’accreditamento istituzionale per l’erogazione dell’assistenza odontoiatrica ai sensi della legge provinciale 22/2007; questo numero consente il bilanciamento fra l’esigenza di governare la domanda di prestazioni e l’esigenza di disporre di un numero potenziale di erogatori (autorizzati e accreditati) compatibile con il numero di accordi contrattuali annuali per l’erogazione delle prestazioni in nome e a carico del servizio sanitario provinciale; il numero di accordi annuali viene confermato in 25, in funzione della localizzazione distrettuale delle rispettive sedi e questo in considerazione del fatto che nell’anno 2013, a fronte di un numero di contratti programmato in 25, sono stati effettivamente stipulati 23 accordi negoziali con studi privati.

Vengono poi precisati gli aspetti organizzativi ed erogativi riferiti alla promozione e prevenzione odontoiatrica, assegnando all’A-zienda provinciale per i servizi sanitari i seguenti compiti specifici:

� costruzione e attivazione di un modello organizzativo odonto-iatrico per l’età evolutiva (rete odontoiatrica pediatrica) che pre-veda l’individuazione e destinazione di professionisti dedicati in via esclusiva o prevalente alla popolazione in età 0-18 anni per le attività di prevenzione, assistenza odontoiatrica e ortodontica e, all’interno di questa fascia, ai targets più significativi in termini di bisogno e rilevanza clinica; � realizzazione di una specifica campagna di informazione, pro-mozione e sensibilizzazione, il cui primo modulo dovrà riguar-dare alimentazione, igiene dentale, fluoroprofilassi, sigillatura sochi, visite periodiche, mentre il secondo modulo verterà sugli aspetti organizzativi, di formazione degli operatori e sulle modalità di accesso; �dare evidenza, nell’ambito delle risorse finanziarie destinate all’Azienda sanitaria, alla quota destinata alla rete odontoiatrica pediatrica quale area prioritaria di intervento individuata dalla legge provinciale 22/2007.Infine vengono introdotte alcune specifiche modifiche di ca-

rattere tecnico: � fissazione, nell’ambito del budget complessivo destinato all’attività erogata in regime pubblico diretto dagli studi privati convenzionati, di quote massime di attività/finanziamento per le singole macroaree o tipologie di attività e prestazioni; � richiesta di allineamento della reportistica sulle attività di assi-stenza odontoiatrica svolte direttamente dall’Azienda sanitaria alla reportistica abitualmente fornita con riguardo alle attività svolte dalle strutture private convenzionate; questo al fine di poter definire indicatori complessivi di performance, di con-

fronto nonché standard di riferimento; � aggiornamento delle “linee guida”; � aggiornamento e allineamento

della modulistica relativa alla presen-tazione delle domande di accesso all’assistenza odontoiatrica e alla compartecipazione alla spesa (indi-catore Icef).

Buoni di servizio per la conciliazione estesi

anche ai neonati

Tra gli strumenti di conciliazione finalizzati al mantenimen-to ed incremento dell’occupazione femminile, i Buoni di Servizio, o voucher, finanziati attraverso il Fondo sociale

europeo hanno un ruolo di primo piano. Introdotti in Trentino dieci anni fa, i Buoni di Servizio hanno registrato un incremento notevole negli ultimi anni, con una crescita nel 2012 e 2013 di oltre il 23 % annuo. Lo scorso anno ne sono stati assegnati 5.325 per circa 7.000 minori complessivamente coinvolti ed una spesa a carico dell’Amministrazione provinciale di oltre 4.700.000 euro. In totale, considerando l’intero periodo di programmazione 2007-2013 del FSE, la Provincia ha reso disponibili oltre 17 milioni di euro per garantire la copertura dei servizi di cura e custodia fi-nanziati attra-verso i Buoni di Ser vizio. Ora, al fine di continuare a garantire tale indispensabi-le supporto in particolare a l l e d o n n e che lavora-no, la Giunta provincia le ha provvedu-to - approvando una delibera proposta dal presidente - a rica-librare lo strumento apportando alcune modifiche. Le novità riguardano l’introduzione di un servizio di assistente materna (baby sitter) rivolto ai bambini da 3 a 12 mesi di età figli di madri lavoratrici, la riduzione da 16 a 14 anni dell’età massima dei mi-nori inseriti nella fascia C (minori oltre i 6 anni), l’incremento dal 10 al 20 %, in misura variabile in base alle fasce di servizio, della quota di compartecipazione obbligatoria a carico delle famiglie, nonché la proroga fino al 31 dicembre 2014 dei contratti già in essere con gli enti erogatori di servizi tramite i voucher e la riapertura dei termini (fino al 30 settembre) per l’inserimento nell’apposito elenco di altri enti.

Attualmente i Buoni di Servizio coinvolgono 133 Soggetti Erogatori di Servizi che impiegano circa 500 risorse professionali. I servizi si articolano su tre fasce di età:

� la prima per i bambini 3 mesi - 3 anni (servizi primissima infanzia) che ha assorbito nel 2013 oltre il 50% delle risorse finanziarie, per garantire i servizi di conciliazione “asili nido”; � la seconda per i bambini 3 anni - 6 anni (servizi per l’infan-zia) ove le risorse coprono essenzialmente i servizi di estate bambini attivati nei periodi di chiusura delle scuole materne; � la terza per i bambini/ragazzi 6 anni - 14 anni (servizi estivi) laddove le risorse coprono essenzialmente i costi per le co-lonie estive e i servizi chiamati “compiti insieme” attivati nei periodi di chiusura estiva degli istituti scolastici o durante l’anno scolastico, generalmente il venerdì pomeriggio.Le modifiche introdotte sono relative ad alcuni aggiusta-

menti di tipo gestionale per garantire per tutto l’anno 2014 la sostenibilità dei servizi di conciliazione, mantenendo invariato il parametro ICEF. Ma cosa cambia in concreto per le famiglie con i nuovi criteri e modalità di utilizzo dei Buoni di Servizio?

1) innalzamento dal 10% al 15% della percentuale di com-partecipazione obbligatoria da parte delle famiglie per le fasce A) 3 mesi - 3 anni e B) 3 anni - 6 anni. Il che significa, per fare un esempio, che se su 750 euro di costo mensile del servizio di asilo nido la famiglia contribuiva mediamente con 75 euro, con la modifica la famiglia contribuirà con 112,50 euro (incremento di 37,50 euro mensili). Altro esempio: per i servizi 3 anni - 6 anni (scuola materna estiva) su una spesa media di 130 euro settimanali, prima la famiglia contribui-va con 13 euro, con la modifica contribuirà con 19,50 euro (incremento di 6,5 euro settimanali);

2) innalzamento dal 10% al 20% della percentuale di compar-tecipazione obbligatoria da parte delle famiglie per la fascia C) 6 anni - 14 anni. Esempio: su 150 euro di costo del servizio di colonia estiva settimanale (colonie montane, marine o linguistiche) prima della modifica la famiglia contribuiva con 15 euro settimanali, in futuro la famiglia contribuirà con 30 euro settimanali (incremento di 15 euro settimanali);

3) riduzione dell’età dei minori inseriti nella fascia C) che passa dai 16 anni ai 14 anni (corrispondente alla fine del percorso scolastico secondario di primo grado): i minori tra i 15 e i 16 anni prima trattati erano meno di 20 l’anno, permangono inalterati i servizi erogati fino ai 18 anni ai portatori di handicap;

4) istituzione del servizio baby sitter, prima non contemplato, per i minori 3 mesi - 12 mesi come introdotto dalla “legge finanziaria provinciale 2014”, per garantire l’assistenza domi-ciliare ai neonati. Si stima di attivare per tale ulteriore fascia di beneficiari circa 100 Buoni di Servizio l’anno.

“Garanzia giovani” per il lavoro: ecco i dettagli

“Garanzia giovani” è un progetto straordi-nario della Provincia autonoma di Trento, cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo,

per garantire che i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano un percorso formativo per conseguire un titolo di studio, ricevano un’oppor-tunità di inserimento lavorativo, di tirocinio, di prose-guimento degli studi, di apprendistato o servizio civile.

L’iniziativa avrà attuazione nel 2014-2015 fino all’e-saurimento delle risorse disponibili, in totale 8 milioni di euro. Per aderire occorre registrarsi sul portale www.garanziagiovani.gov.it seguendo le istruzioni. Il portale è attivo dal 1° maggio, ed entro 60 giorni il giovane verrà ricontattato per fissare un colloquio di orientamento, finalizzato alla definizione di un percor-so personale e alla sottoscrizione del Patto di servizio.

Un’iniziativa straordinaria per in favore dell’occupa-zione giovanile, quindi, tanto più preziosa in un pe-riodo di crisi quale è quello che stiamo attraversando. Cofinanziata dal Fondo Sociale Europeo, per un totale di 8 milioni di euro, essa metterà a disposizione dei giovani un ampio ventaglio di opportunità formative e per un primo ingresso nel mondo del lavoro.

Recentemente la Giunta provinciale aveva approva-to l’apposita convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Direzione generale per le politiche attive e passive del lavoro) per avviare anche in Trentino il programma Yei (Youth Initiative for Em-ployment - Iniziativa occupazionale giovani), previsto dalla raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 aprile 2013, da cui discende “Garanzia giovani”. L’ottica decisa dall’amministrazione provin-ciale è stata di concentrare gli 8.371.352 euro messi a disposizione dall’Europa (per il biennio 2014 - 2015) su alcuni dispositivi specifici, per realizzare interventi più efficaci e coerenti con il sistema trentino.

Vediamo in sintesi cosa offre “Garanzia giovani”.Attraverso l’iscrizione il giovane si candida a ricevere

entro quattro mesi: � · informazioni sul programma, sui servizi e sulle attività che la garanzia offre � · informazione orientativa sul mercato del lavoro locale � · orientamento specialistico volto a elaborare un proprio percorso professionale � · proposte di formazione mirata all’inserimento lavorativo � · proposte di tirocinio � · proposte di apprendistato � · proposte di esperienze di servizio civile � · servizi di accompagnamento al lavoro � · incentivi per l’assunzione (bonus occupazionali) rivolti alle aziende.Ogni iniziativa prevede degli specifici limiti di età.Accanto alle iniziative della “Garanzia giovani”

verranno illustrate anche le altre opportunità attivate dalla Provincia.

L’iniziativa è diretta ai giovani: di età compresa tra i 15 anni compiuti e i 29 anni (fino al giorno precedente il compimento del trentesimo anno di età) e nello stesso tempo non lavorano e non frequentano un percorso formativo per conseguire un titolo di studio.

La registrazione: dal 1° maggio, sul portale www.garanziagiovani.gov.it

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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO

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sostegno delle attività economiche messi a disposizione dai vari settori pubblici

della Provincia. “Incentivi PAT” ti darà modo di trovare in un unico luogo tutte le

informazioni con un semplice sistema di navigazione. Sono moltissimi gli incentivi

raccolti, catalogati e suddivisi in base a chi sono rivolti e alla tipologia

d’intervento… Non resta che trovare quello più adatto a te! Buona Navigazione

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SOCIETÀ

Uno sguardo sull’influenza che le lobbies esercitano sulla nostra società

Vi siete mai chiesti perché quando andiamo in farmacia abbiamo un certo timore ad

acquistare un medicinale generico? Eppure si tratta dello stesso medi-cinale e costa meno. Tentenniamo perché non lo cono-sciamo bene, mentre l’altro, quello di marca, lo apprezziamo tutti i giorni nella pubblicità e nella comunicazione in generale. Ma cosa succede quando a fare la scelta, per noi cittadini, è l’Istituzione pubblica? Presto detto, a questo ci pensano le Lobbies.

Un primo studio con-dotto su un gruppo di 65 pazienti dall’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele e il Centro Cardiologico Monzino ha definito che la sigaretta elettronica fa smettere di fumare o riduce notevolmente il numero delle sigarette. Ovviamente è solo uno studio preliminare al quale ne seguiranno altri con una tempora-neità tale da permettere di capire a fondo gli effetti delle sigarette elettroniche. Certo è che dalle premesse e dal fatto che dalle stesso studio emerge che il 60% smette di fumare completamente, la sigaretta elettronica potrebbe sembrare un tocca sana per la salute dei connazionali.

Stando a questi risultati inco-

raggianti il Governo che ha fatto? Come è “naturale” ha aumentato del 58% la tassazione sulle sigarette elettroniche.

Nonostante il calo degli incidenti del sabato sera, ciò dovuto in parte

al divieto di guidare se si ha bevuto, la “conta”, però è pur sempre alta. Le vittime, nella maggior parte, sono giovani che, dopo un sabato sera “alla grande” a base di alcol, fumo e quant’altro, ritornano a casa, ma purtroppo, non tutti. La situazione non è molto diversa in tutta Europa,

per cui l’Unione sta prendendo seria-mente in considerazione una nuova direttiva che obblighi ad apporre l’etichetta “nuoce gravemente alla salute” su ogni bottiglia che con-tenga alcol.

Figurarsi, scudi alzati e guerre sot-terranee. Sicché siamo ancora lì ad aspettare che si “muova” qualcosa, non che la semplice scritta sia davve-

ro uno stop al consumo d’alcol, ma aiuta.

C’è poi il Gioco. Quello con la “G” maiuscola. A parole tutti contesta-no l’uso delle macchi-nette mangiasoldi, ma poi, nei fatti non sono proprio “contro” anzi! Infatti, ultimamente il parlamento ha votato un emendamento del NCD che taglia i fondi ai Comuni che hanno adottato regolamenti per limitare la diffusione delle slot machine e altri giochi elettronici. Sem-bra, per altro che ciò sia stato cassato, ma non si sa bene come e quando.

Questi tre esempi, sono esplicativi di come il buon senso talvolta cozzi, contro il muro de-gli interessi economici. Appena nei diversi gradi delle Istituzioni c’è il sentore di una possibile

legge o direttiva che li potrebbero mettere in difficoltà, intervengono immediatamente i lobbisti accredi-tati e non.

Non c’è da meravigliarsi sul fatto che esistano le lobby, non è una cosa scandalosa. Anche tutti noi, nel nostro piccolo, quando toccano un nostro interesse cominciamo a pre-

occuparci e reclamiamo con qualcu-no, arrivando in molti casi di fronte al giudice. Quello che meraviglia è che in un contesto, quale quello Istituzio-nale più alto, come il Parlamento o la Commissione Europea, le lobbies o meglio i lobbisti abbiano moltissimo spazio di manovra e non sempre limpido. Queste azioni dovrebbero essere chiare, anzi trasparenti per sa-pere come sia influenzata una scelta e da chi, ma nella realtà, questo tipo di regole, mancano o quanto meno non sono molto restrittive o, come in Italia, che addirittura non ci sono proprio.

Ma che cos’è un lobbista? È un pro-fessionista che lavora. È ben pagato e se arriva agli obiettivi richiesti lo è ancora di più. Rappresenta gruppi d’interesse e si attiva ogni qual volta sia necessario esercitare un’influen-za sulle decisioni che le istituzioni stanno per prendere o prenderanno. In Europa, per esempio, i lobbisti dichiaratisi araldi delle aziende che producono tabacco e consimili sono 97. Questi sono solo la punta dell’iceberg. Nell’insieme vengono supportati da un budget notevole, 5,3 milioni di euro per fare pressione su media ed istituzioni.

Con tutto questo denaro, non si può pensare che non arrivino age-volmente nelle stanze dei bottoni che per l’Europa è la Commissione che ha sede a Bruxelles, e in misura minore il Parlamento, che ha sede a Strasburgo. Mentre per noi Italiani ogni luogo può essere quello giusto: da un salotto romano alla sede di un partito, dalle piazze davanti ai palazzi del potere fino ad arrivare magari, almeno fino a poco tempo fa, in quella più grande del Vaticano.

Cosa decisamente diversa negli Stati Uniti. Dall’altra parte dell’oce-ano la pressione si esercita sul Con-gresso di Washington. Ma se negli USA così come in Canada si è cercato di dare delle norme molto severe e precise, qui da noi si è tentato di mettere un po’ d’ordine con il risul-tato che in Europa, dopo interventi che partono dal 2001 ed arrivano al 2011, esiste solamente un’iscrizione volontaria. In Italia, invece i disegni di

legge dal 1948 al 2013 sono stati 54, ma nessuno è mai stato approvato.

Secondo Maria Cristina Antonucci, una ricercatrice dell’Università “La Sapienza” di Roma, “Le principali caratteristiche del lobbismo italiano possono essere sintetizzate così:

�è un tipo di rappresentanza non regolamentata dal punto di vista normativo; �è un esempio di pressione dei gruppi particolarmente condi-zionato dalla cultura politica nazionale; � è un modello di relazione istitu-zionale più orientato all’esercizio dell’influenza come relazione sociale che alla comunicazione come processo; �è un sistema basato sui rapporti diretti e immediati tra lobbista e decisore piuttosto che su forme indirette di pressione (grassroots lobbying).Inoltre, la capacità dei partiti politici

di fungere da aggregatori di interessi, il neo-corporativismo e la concerta-zione che hanno favorito sindacati e gruppi di datori di lavoro nella parte-cipazione alle politiche pubbliche, la presenza di importanti corpi sociali intermedi come la Chiesa cattolica, l’assenza di una legge nazionale in materia di lobby sono tutti fattori che hanno determinato il peculiare asset-to del lobbying nel sistema italiano.

Come facciano le lobbies a con-vincerci di questo o quel prodotto o quel comportamento è presto detto, intervengono direttamente su chi decide le regole. E se per i cittadini Americani le regole del gioco sono molto strette e permettono anche agli ambientalisti di utilizzare gli stessi sistemi dei tabaccai. In Italia possiamo metterci il cuore in pace; infatti il vero “Far West” è qui. Chissà se l’attuale Parlamento o il prossimo arriverà a regolamentare in maniera seria tutto questo settore dove gli “OK Corral” sono innumerevoli e comprendono la nostra capitale, le nostre Regioni, le nostre Provincie, i nostri Comuni e forse anche le nostre Pro Loco, ma di queste non possiamo dirci sicuri.

Piergiorgio Gabrielli

“L’Angolo del filosofo”

Bella Addormentata sì, Bella Addormentata no

Ascolto Sleeping Beauty del grup-po metal A per-

fect circle. Segue im-mediatamente dopo un’Invenzione di Bach a mia scelta, un po’ di Mogwai, Explosions in the Sky, Mozart. Cerco di fare il contrario delle persone “normali”: loro mettono ordine, io met-to caos negli impulsi so-nori che giungono alle mie orecchie e al mio cuore. Cerco di aggiungere confusione alle vibrazioni d’aria per non guardare nella confusione della mia testa: potrei perdermici senza trovare la via di casa. Oggi non sono in me, e mi chiedo se lo sono mai: mi sembra di essere per lo più negli altri, e vedere le cose solo attraverso gli occhi degli altri. Questa cosa di mettermi-nei-mocassini-altrui mi sta facendo impazzire. Letteralmen-te. Dovrei studiare, ma la Poetica di Aristotele non mi attira come dovreb-be. Sono a un punto di rottura con le consolazioni di Donna Filosofia: non mi consola come m’aspetto, non mi guarisce come speravo, non “ci mette su una pezza”, come si dice in Trentino. Arrivata a questo punto, ammetterlo bisogna, non vi posso prendere in giro né lo vorrei mai: ebbene no, non sono

una che “prende le cose con filosofia”, qualsiasi cosa significhi questa comune - e troppo abu-sata - espressione. M’ar-rabbio per un nonnulla, e se m’arrabbio allora sto (abbastanza) bene. Se non m’arrabbio due sono le alternative: o sono in-namorata, o sto male da matti. Al momento, esclu-do la prima ed escludo la seconda: sono in un lim-bo, ma sto rapidamente

prendendo velocità nella discesa verso la - tanto nominata - depressione. Sto esagerando. Ok, Bryan Adams, Hans Zimmer, i Tool. I will always return, ritornerò sempre... nah, necessito un cambiamento di colonna sonora. L’in-quietudine mi fa da padrona, niente di nuovo sul fronte occidentale da questo punto di vista. Il fatto è che vorrei essere come la Sleeping Beauty del brano che ha aperto la mia pazza voglia di caos acustico. Vorrei essere come lei, la Bella Addormentata nel Bosco, che dorme tranquilla e composta, senza un capello fuori posto, la pettinatura impomatata e perfetta, senza macchie sul vestito né sopraccigli corrugati, unghie spezzate e brufolini agli angoli della bocca, buchi nei calzini e bruciature da ferro da stiro sui lati della mano sinistra. Sì, il film del-

la Disney l’ho visto, e lei è bellissima, ag-graziata, dolce, leggiadra, bianco e oro i suoi colori. Non potremmo essere più antitetiche, noi due. “Ciao, meraviglia!”, mi ha apostrofato oggi una ragazza. Dolce. Inappropriato però. Quasi mi sento più vicina alla vecchia cattivona maniaca dei fusi. E in quanto a simpa-tie, ho sempre avuto un debole per la strega di Biancaneve (Mefisto Tango Olé!). Biancaneve? Troppo insipida per i miei gusti.You can tell everybody this is your song... bella questa frase di Elton John, anche se lui proprio non lo posso soffrire. Posso dire a tutti che questa è la mia canzone? Sì, la mia canzone è un mix di opposti impronunciabili e verità ombrose, di contraddizioni e debolezze, di chitarre elettriche che ti trapanano i timpani e voci pulite di cori gregoriani, di magistrali adattamenti orchestrali e pesanti, violente scariche metalliche di matrice nordica. Di rabbia che si scatena alla luce del sole e lacri-me dopo un bacio delle mie sorelle. La mia canzone è la commistione di una banana fritta in salsa di cocco, un panino al salame ed un pomodoro appena colto dall’orto di mio papà ed addentato come una mela, col succo e la polpa che non appena l’addenti devi stare attenta che non ti coli subito dalle labbra. Questa è la mia canzone, e questa sono io.

Sara Caon

L’intreccio mediatico dietro ad alcool e tabacco

Dalla raccolta di vignette "Solo fumo" di Maurizio Menestrina

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PROTAGONISTISOCIETÀ

Silvia Bruno, presidente del CIP Regione Piemonte, ci racconta di sport, disabilità e Paralimpiadi.

Il carisma di una donna

Anche lei è s t a t a una pro-

tagonista delle recenti Paralim-piadi di Sochi, non come at-leta ma come presidente del CIP Piemonte e giornalista de La Stampa. Una donna molto ca-rismatica Silvia Bruno, torinese d’eccezione, che ha saputo unire in un connubio efficace, passione per lo sport e desiderio d’integra-zione tra discipline Olimpiche e Paralimpiche.

Nata nel 1975 con una patolo-gia che le rende indispensabile l’utilizzo di una carrozzina a mo-tore, Silvia ha saputo riscattare la sua condizione di disabilità con una brillante carriera nel giorna-lismo e nelle associazioni sportive di persone con limitazioni fisiche.

Come ci racconta lei stessa dopo aver conseguito il diploma al liceo linguistico ha proseguito gli studi universitari laureandosi in Scienze della Comunicazione, e aggiunge: “Dal 2006 sono Giorna-lista Pubblicista. Lavoro al Comune a Torino come coordinatrice del magazine on line dell’Informagio-vani e collaboro con La Stampa per articoli sullo sport disabili”.

Sono molto incuriosita dalla sua esperienza d’inviata a Sochi ed è la prima cosa che mi faccio raccontare: “Dopo Torino, Sochi è stata la mia quarta Paralimpiade, perché ero già stata a Pechino 2008, Vancouver 2010 e a Londra due anni fa. Sono sempre bellis-sime esperienze perché spesso, come in Cina e ora in Russia, hai la possibilità di conoscere un po-chino popoli e paesi molto diversi da dove sei abituato a vivere. Per quanto riguarda la parte sportiva, a Sochi ho visto soprattutto le gare di hockey su ghiaccio - che raccontavo in articoli per il sito de La Stampa - ma sono anche andata tre volte su in montagna a vedere lo sci. Sfortunatamente l’Italia non ha vinto nessuna medaglia ma, come per ogni Paralimpiade, è senz’altro valsa la pena andare”.

La carriera di Silvia è stata un crescendo di ottime occasioni, la sua professionalità e il suo amore per lo sport l’hanno portata ai vertici del CIP (Comitato Para-limpico) della Regione Piemonte. Quali sono state le varie tappe per arrivare a questo importan-te traguardo, le chiedo, e quali i rapporti con Luca Pancalli del CIP Nazionale?“Avevo già visto qualche partita di basket in carrozzina grazie ad alcu-ni amici, ma nel 1997 sono diven-tata Delegata Provinciale di Torino grazie alla signora Paola Magliola di Biella - all’epoca Commissario Regionale del Piemonte - che mi ha trovata per caso, grazie a cono-scenti di famiglia. Dopo alcuni anni sono stata eletta Presidente Provin-ciale per Torino e, nel gennaio 2013, Presidente Regionale. I rapporti con il CIP nazionale sono ottimi, c’è un continuo dialogo con tutti gli uffici e sono soprattutto utili le riunioni con i miei colleghi Presidenti delle altre regioni. Luca Pancalli è una persona straordinaria che secondo me potrebbe dare molto all’Italia

non solo come dirigente spor-tivo; è sempre molto impegna-to e quindi ci sen-tiamo poco, ma se ho bisogno di qualunque cosa è assolutamente disponibile”.

Appassiona-ta di sport, la carr iera della

Presidente del Cip Piemonte, ha seguito di pari passo questa passione ma ci dice:“In realtà prima di avvicinarmi al CIP (allora si chiamava FISD - Fede-razione Italiana Sport Disabili) non ero una grande appassionata di sport, seguivo solo il calcio, ambito su cui avevo anche scritto la mia tesi di laurea, incentrata sui giornali delle società di serie A (a comincia-re, da buona juventina, da Hurrà Juventus). Poi ovviamente appas-sionandomi allo sport disabili ho imparato a conoscere e apprezzare un po’ tutte le discipline, anche se continuo ad avere le mie preferite”.

E, sorridendo, si riserva di dirci quali sono.

Silvia ha la grande fortuna aiu-tare nella promozione le diverse Associazioni sportive piemontesi che si occupano di sport senza ostacoli, sicuramente un fiore all’occhiello del Nordovest. Sono al passo queste associazioni con le altre presenti in Italia?“Assolutamente sì, possiamo dire che il Piemonte sia stato una delle regioni-pioniere in Italia per lo sport disabili. Abbiamo associazio-ni che operano da 30 anni sul terri-torio e che continuano ancora oggi nonostante tutte le difficoltà, non solo economiche, di questi anni”.

Quale futuro per lo sport disa-bili regionale e nazionale?“Già da alcuni anni il Presidente Pancalli è riuscito in qualcosa che fino a una decina di anni fa sembrava un’utopia: far entrare lo sport Paralimpico in gran parte delle federazioni CONI, cercando la maggiore integrazione possibile. La strada ormai è tracciata e non si può più tornare indietro. Ora il sogno sarebbe di avere un unico Comitato Olimpico e Paralimpico, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo. Da questo punto di vista il Piemon-te, come tutte le altre regioni, non può che seguire questa tendenza e direi che già si vedono molti risultati”.

Una strada possibile potrebbe essere l’investimento dei privati?“Perché no? Negli ultimi anni CIP, federazioni sportive ed enti pub-blici hanno sempre meno risorse e secondo me è ora che lo sport per disabili possa sovvenzionar-si anche con sponsor e partner commerciali, come già avviene in molti paesi”.

Un’ultima domanda. In che modo ti ha arricchito il fatto di es-sere Presidente del Cip Piemonte?“Sono Presidente Regionale da poco più di un anno e mi sembra molto di più, perché è davvero un lavoro quotidiano - anche fati-coso - fatto di decisioni, incontri, telefonate, mail... Ma poi, quando vedo ragazzi con disabilità che si divertono facendo uno sport cui non avrebbero mai pensato, sono ripagata di tutto”.

Dorotea Maria Guida

Giacomo Sintini, pallavolista in una delle più forti squadre al mondo, il Trentino Volley, ci racconta con la sua vicenda personale di come ha superato la malattia e trovato la forza per aiutare gli altri.

Giacomo Sintini, “Jack” per tifosi e amici, classe ‘79, gioca nel ruolo di Palleggiatore nella

Trentino Volley. Sposato con Alessia e padre di Carolina, torna in campo dopo una parentesi d’inattività do-vuto alla scoperta di un linfoma. Più forte che mai, scrive un libro “Forza e coraggio”, edito da Mondadori, e fonda un’associazione per il sostegno alla ricerca sul cancro.Hai recentemente pubblicato il tuo primo libro “Forza e coraggio”, fondato un’associazione che pren-de il tuo nome, giochi nel ruolo di palleggiatore nella Trentino Volley e tutto questo a soli 2 anni dal grave linfoma. Qual’è il tuo segreto?Non lo so!!! Ho una gran voglia di fare. In realtà l’ho sempre avuta, ma la malattia ha amplificato in me il de-siderio di fare sempre del mio meglio, ha aperto nuovi orizzonti e ha fatto in modo che potessi vedere opportunità dove prima non le vedevo. L’esperienza della sofferenza ha rinforzato il mio carattere e la mia determinazione.Hai vissuto momenti forti e ben distinti tra loro, ma che descrivono forse un progetto, un filo sottile che parte dalla tua esperienza persona-le, diviene messaggio di rivincita e giunge a qualcosa di concreto come un’associazione che si pone l’obietti-vo di raccogliere fondi per la ricerca su leucemie e linfomi e per l’assisten-za in campo onco-ematologico. Ci racconti i passaggi fondamentali di questo lungo viaggio?Dunque, tutto nasce dal periodo delle cure, delle chemio. Durante le lunghe degenze in ospedale abbiamo ricevuto assistenza amorevole da moltissimi estranei e siamo stati curati con una professionalità e una fratellanza che non avremmo mai immaginato. Rice-vere così tanto bene, ha fatto nascere in noi il desiderio di ricambiarlo. Così è nata l’idea dell’Associazione Giacomo Sintini, per dare una mano, per ringra-ziare, per non dimenticare. In più c’era l’idea di tornare a giocare ai massimi livelli dopo il cancro. Per me è diventato un punto fonda-mentale. Personale, perché volevo riprendermi quello che il male voleva portarmi via, ma anche qualcosa in più, volevo che le persone potessero vedere in me un lieto fine, un esempio positivo da po-ter guardare e dire: “ Guarda!!! Lui ha fatto le chemio come me, lui ha avuto un tumore e adesso gioca in serie A. Se ci è riuscito lui allora forse posso farcela anch’io...!!”. Questo messaggio di speranza per noi è la molla di tutto, il primo vero obbiettivo dell’associa-zione è diffonderlo.Dal tuo trascorso, riusciresti a tra-smettere che valore abbia signifi-cato per te la sofferenza e come sei riuscito a vincerla o semplicemente a conviverci? Che pensieri ti davano la carica?La sofferenza ti costringere a riflettere sui valori veramente importanti della vita. La sofferenza ha la capacità di fare silenzio dentro di te, le prospettive scompaiono e scopriamo brutalmente quanto poco siamo padroni del nostro futuro. Questo ti sconvolge, ma ti

permette anche di concentrarti molto sul presente e su ciò che davvero può aiutarti a resistere. Scopri che le cose veramente importanti nella tua vita, quelle per cui vale la pena tenere duro, sono davvero poche, ma sono speciali. Vincere la sofferenza non so se si posso. Io ho cercato di conviverci, di non farmi abbassare troppo la testa. Qualche giorno ci sono riuscito, altre volte ha prevalso su di me. Non ci si abitua mai veramente e anzi, il limite di sopporta-zione cala nel tempo. Io mi attaccavo a molte cose: un giorno, mi dava forza mia moglie e il non volerla lasciare, qualche volta lottavo per la mia bimba, altre volte ero semplicemente arrab-biato con il cancro, o volevo tornare a giocare, o pregavo Dio per non farmi entrare in disperazione.... Ho dato fondo a tutte le mie risorse per non cedere e alternavo spesso momenti di ottimismo e positività a momenti in cui avevo bisogno che gli altri mi tenessero su. Lottare insieme a chi ti ama aiuta moltissimo.Quale consiglio daresti a chi non riesce ad accettare la malattia?So che non è facile accettare di doversi curare ma è fondamentale farlo. Gli direi che le cose brutte capitano, a tutti, che non esistono motivi parti-colari perché questa cosa sia capitata a lui e non a qualcun altro. Prendere coscienza dell ’essere ammalato è molto importante e concentrare tutte le proprie forze nel voler guarire lo è altrettanto. Gli direi di mettere tutto da parte, di lottare con tute le proprie forze senza vergogna. La vita è la cosa più importante che abbiamo e ci sono le possibilità per salvarla. Gli direi di circondarsi di persone che lo amano e che hanno il suo stesso obbiettivo. Di non aver paura perché nel momento del bisogno siamo capaci di trovare risorse anche dove crediamo di non averne.La famiglia ha avuto un ruolo cen-trale nella tua vita, quanto incide

nell’affrontare un percorso doloroso come quello che hai vissuto tu?Per me è stata fondamentale. Senza di loro, non credo che sarei qui ades-so. Loro mi hanno accompagnato, sostenuto, motivato e protetto in ogni momento. Per prima metto mia moglie, Alessia. Lei è stata sempre con me, e quando dico sempre, è sempre. Affrontare un problema del genere avendo accanto una famiglia come la mia è stata una fortuna incredibile.Il libro “Forza e coraggio”, rappre-senta un modo per tirare le fila di quell’esperienza che ha lasciato se-gni nel tempo, o volevi trasmettere un messaggio particolare?Il motivo principale è il messaggio. Noi volevamo raccontare la nostra storia, lo abbiamo sempre fatto, da quando ho cominciato a sentirmi meglio. La nostra è una storia a lieto fine e le

persone che si trovano ad avere a che fare con il cancro ne hanno un gran bisogno. È un mondo pieno di cattive notizie e trovare un esempio che è andato a finire bene è una boccata d’aria fresca. Quando ero ammalato, nella mia camera d’ospedale, avrei pagato perché qualcuno fosse entrato e mi avesse detto: “Ehi, io ero come te lo sai? Adesso guardami, sono tornato alla mia vita e sto bene. Non mollare, non ti abbattere e vedrai che starai di nuovo bene!!” Per noi il messaggio di speranza è prioritario. Ovviamente ripercorrere la nostra disavventura ha fatto in modo che potessimo anche analizzarla, esorcizzarla e elaborarla. Devo dire che per noi è stato di grande aiuto l’aver avuto il coraggio di aprirci.Abbiamo accennato in apertura dell’intervista alla tua associazione “Associazione Giacomo Sintini”: chi siete e quali sono gli obbiettivi che vi prefiggete e secondo quali modalità e principi ispiratori?L’Associazione Giacomo Sintini si oc-cupa di raccogliere fondi per la ricerca medica contro Leucemie, Linfomi e Mieloma e per dare assistenza ai malati di cancro. Il nostro desiderio è quello di poter essere d’aiuto. In due anni siamo molto cresciuti, abbiamo raccolto circa 150.000 euro e ne abbiamo già donati circa 80.000. Abbiamo grandi pro-getti e cerchiamo di ampliare i nostri orizzonti ogni giorno. Siamo molto determinati e speriamo di poter essere, un giorno, una realtà di riferimento per gli ammalati di tutta Italia.Ci vuoi parlare di come funziona la raccolta fondi che permetterà di investire nella ricerca contro linfomi e leucemia?Le donazioni che destiamo alla ricerca medica le consegniamo personalmen-

te al Prof. Brunangelo Falini (Ematologo e Ricercatore di fama mondiale), Primario del reparto di Ematologia Oncologica di Perugia, dove sono stato curato. Lui è una persona speciale e un me-dico di enorme valore. Io ho fiducia in lui e nel suo lavoro, per questo sosteniamo con forza la sua equipe. Si può

donare tramite bonifico bancario a queste coordinate: Associazione Gia-como Sintini IBAN: IT 45 P 05 704 03000 000000031354Grazie per la tua disponibilità e pas-sione in ciò che fai e se vuoi salutare i nostri lettori con un pensiero o una dedica, questo è il posto e momento giusto!Grazi a voi per l’opportunità che mi avete offerto, per me è stato un vero piacere. Saluto tutti i lettori e ringrazio chiunque voglia sostenere le nostre opere di solidarietà. Insieme è più facile fare del bene e chi ne ha le forze deve sempre aiutare chi è meno fortunato. Lo penso davvero! Quando ero debole e spaventato ho ricevuto tanto aiuto e vi posso assicurare che non lo dimen-ticherò mai!!! Un abbraccio sincero, Jack Sintini.

Lorenzo Pupi

INFO Associazione Giacomo Sintini

Via Pedini 24, 06132, [email protected]@AssGSintini cell: 389 0927942Donazioni Iban:IT45P0570403000000000031354

“Forza e coraggio”

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La prima società web italiana dedicata al reclutamento di persone disabili da parte delle aziende

Jobmetoo: lavoro e disabilità, una nuova sfida

Da qualche giorno fa notizia l’investimen-to di 500mila euro da parte di 360 capital pertners in jobmetoo, la prima società

web italiana dedicata al reclutamento di persone con disabilità da parte delle aziende.

La start up è stata fondata da Danie-le Regolo, un disabile uditivo, che ha avuto modo di conoscere a fondo le esigenze delle persone con disabilità che si accostano al mondo del lavoro. Per quest’ultimo diventare imprenditore è stata una scelta fortemente consape-vole e voluta, dopo un quindicennio lavorativo faticoso e frammentato. La goccia che ha fatto traboccare il vaso può essere ricondotta alla sua ultima esperienza lavorativa, come impiegato pubblico a tempo indeterminato in un’azienda sanitaria, occasione che avrebbe dovuto costituire l’inizio di una nuova epoca per Daniele, e che invece si è rivelato il periodo più difficile della sua vita. Collocato allo sportello ospedaliero, rispettando i voleri di una rigida burocra-zia, si è trovato impossibilitato a svolgere una mansione del tutto incompatibile con la sua sordità. Trovandosi per l’ennesima volta a chiedersi come fosse possibile fornire il proprio contributo per un servizio pubblico quando lo stesso ente pubblico non era in grado di individuare il posto più adatto per i propri dipendenti, preferendo affidarsi all’im-

peccabile “pallottoliere” delle graduatorie: per uno che se ne va, un altro ne arriva. Regolo comprende quindi che era giunto il momento di prendere la prima vera decisione della sua vita, dimettendosi da dipendente pubblico a

tempo indeterminato per dedicarsi, attraverso lo strumento dell’impresa (maggior rischio, certo, ma anche maggior libertà d’azione), alla risoluzione di un’autentica emergenza sociale ed economica del nostro tempo: l’occupazione dei disabili. Secondo le più recenti stime Istat

(2004), più di 8 su 10 non lavorano. L’iniziativa intrapresa da Regolo costituisce,

perciò, non solo un’ambizione personale, ma soprattutto una sfida culturale. Il giovane im-prenditore ha voluto, più di tutti, dimostrare che disabilità non significa solo dipendenza e assistenza, ma anche energie, che si mani-festano nella capacità di fare cose con le idee e con il corpo.

Il portale, inizialmente nato come Agenzia-LavoroDisabili.it, era esclusivamente dedicato alla presentazione di candidati diversamente abili al mondo del lavoro; esce ora in una veste totalmente ristrutturata: i quasi trenta mila iscritti al vecchio sito e la vittoria alla Global Social Venture Competition del 2012 hanno imposto un cambiamento di marcia per un portale che si prefigge di diventare il riferimento di aziende in cerca di lavoratori con disabilità, oltreché svolgere un ruolo di supporto agli Uffici di Collocamento Mirato, agevolando così le istituzioni.

La piattaforma, non è altro che un servizio gratuito di inserimento lavorativo, semplice e accessibile. Si compila un curriculum vitae, si selezionano le proposte compatibili e con un clic ci si candida. Il nuovo sito oltre a presentare il candidato in modo innovativo e completo, consente all’azienda di effettuare delle ricerche molto raffinate. Lo scopo non è quello di avere un risultato di ricerca con trecento candidati, ma tre: ciascuno di questi tre dovrà essere,

però, un candidato perfetto”. Il sito offrirà inoltre una serie di servizi di accessibilità sui luoghi di lavoro, di formazione, di facilita-zione comunicativa e di coaching gestiti da professionisti con disabilità, coerentemente con la convinzione per cui “offrire alle fasce deboli l’occasione di risollevare le proprie sorti e migliorare la qualità della vita della società contenga grande valore, non solo umano. Queste “presunte” fasce deboli sono tali non per la loro posizione rispetto ad una sempre presunta normalità, ma perché non inserite in un contesto adeguatamente accessibile che favorisca la loro autodeterminazione. È a par-tire dalla realizzazione di sé stessi con le pro-prie forze che la società contemporanea può pensare di rinnovare sé stessa”. Jometoo è in effetti un esempio di quella che oggi viene de-finita “innovazione sociale”, un approccio che consiste nell’inventare soluzioni a problemi sociali irrisolti attraverso modalità innovative, che passano anche attraverso sinergie sempre più strette tra il settore pubblico, quello privato e quello del mondo no profit.

Coinvolti nell’iniziativa sono il social net-work internazionale U-start e la 360 Capital Partners che nel rilevare il carattere sociale della piattaforma ha spiegato come grazie al proprio lavoro, il disabile possa “ perseguire un cammino di autodeterminazione in una società veramente inclusiva”.

Ivana Tabarelli

Al centro, Daniele Regolo fondatore di Jobmetoo con degli amici

Più di 120 anni ad accogliere chi la società spesso rifiuta, più di un se-colo ad ospitare il dolore degli altri,

le colpe e il rimorso. Il vecchio carcere di via Pilati era un mondo nel mondo, vicino al centro pulsante della città, ma inesorabilmente escluso da esso. I registi del documentario “Voci e Silenzio” Julia-ne Biasi e Sergio Damiani hanno chiesto ad una guida molto speciale di accompagnarli nell’edificio ormai abbandonato, una persona che conosce quei corridoi come fossero parte di casa sua. Gaetano Sarrubbo è stato direttore del carcere di Bolzano prima e di Trento poi; con 35 anni di servizio alle spalle, al momento di andare in pensione ha dichiarato “in carcere ho trascorso più di un ergastolo”. Quello che forse colpisce maggiormente del documentario è proprio lo stupore dell’ex direttore, abituato per anni a sentire quelle mura rimbombare di voci, urla, canti, e che ora invece tace, producendo un silenzio assordante.

Sembra quasi dispiaciuto nel vedere quell’istituzione, che fino a pochi anni prima pullulava di vita e di storie, ormai senza vita.

L’accostamento di ricostruzioni dei momenti di vita quo-tidiana e di riprese fatte dopo la chiusura della struttura trasmettono un senso di abbandono di quel luogo che ha ospitato migliaia di detenuti e dato lavoro ad altrettanti agenti e operatori.

L’ex direttore, passeggiando tra le celle dell’ex carcere, ricorda quel concentrato di vite stipate tra le mura, ricorda come il carcere sia mutato negli anni, con l’immigrazione che ha reso quel luogo multiculturale, voci straniere che si face-vano sempre più numerose; ricorda anche i primi problemi di sovraffollamento, che costringevano gli agenti ad aggiun-gere letti in celle che non erano pensate per ospitarne di più.

Una parte fondamentale del documentario è rappresen-tata dalle interviste a chi in via Pilati ha ci ha vissuto. Persone segnate da eventi e realtà diverse, ma che finivano per incrociare le loro vite in quel luogo di pena, a riflettere sulle scelte e sugli errori che li hanno portati lì, da dove bisogna poi ricominciare.

Ciò che le immagini trasmettono è il lato umano di tutti i protagonisti, detenuti, agenti, operatori e il direttore, ognuno era coinvolto in quella realtà e formava una parte imprescindibile di essa.

Giulio Thiella

La Giornata Europea della Vita Indipendente

“Stop ai tagli sulle persone disabili”

Il 5 maggio è stata celebrata la Giornata Europea della Vita Indipendente e, con l’occasione, è stata lanciata la

Campagna “Stop ai tagli sulle persone disabili” con lo scopo di sensibilizzare le persone sugli effetti e sull’impatto che hanno avuto le misure di austerità sulla condizione delle persone con disabilità.

L’ evento è stato promosso dall’ENIL (European Network on Independent Living), in collaborazione con l’EDF (Euro-pean Disability Forum) e l’EFC (European Foundation Centre). La giornata è stata festeggiata in tutta Europa, con l’organiz-zazione di diverse iniziative ed attività.

Per il nostro Paese, l’evento centrale, intitolato la Vita Indipendente delle persone con disabilità: le richieste all’Eu-ropa, si è tenuto a Roma a cura dell’AVI di Roma (Agenzia per la Vita Indipendente), della FISH Lazio (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e dell’ ECAD (Ebraismo Culturale Arti Drammatiche).

Ad aprire l’incontro è stato Dino Bar-laam, presidente della FISH Lazio, il quale ha sottolineato l’importanza della colla-borazione con le istituzioni, affinché non siano sempre più i più deboli a pagare, e perché i Fondi Europei abbiano dei vincoli di destinazione e di riparto ben definiti con lo scopo di abbattere una volta per tutte quelle barriere culturali e mentali che impediscono ancora nel 2014 una reale inclusione sociale.

È intervenuta poi, Erica Battaglia, Presidente della Commissione Politiche

sociali e della Salute di Roma Capitale, la quale ha esplicato alcuni punti, a suo avviso, fondamentali ai fini di una nuova progettazione per la disabilità.

A seguire, in collegamento da Bruxelles,ha preso la parola Peter Lam-breghts, del Direttivo di ENIL Europa, che ha precisato le richieste del movimento europeo delle persone con disabilità, mentre Giampiero Griffo rappresen-tante del FID (Forum Italiano Disabilità) ha chiarito l’opportunità data dai Fondi Europei Strutturali Europei 2014-2020, sottolineando l’importanza che essi siano accessibili a tutti senza discrimina-zioni, e auspicando gli stessi si muovano in questa direzione.

Successivamente, Rita Visini, assessore alle Politiche Sociali della Regione Lazio ha insistito sulla necessità del coinvolgi-mento delle parti sociali “con funzione educante”.

Sono poi intervenute, nel corso del convegno, diverse e importanti perso-nalità come Germano Tosi, Presidente dell’ENI Italia, Giampiero Gioffredi, Presidente dell’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, Furio Panizzi, con-sigliere dell’Ordine Regionale del Lazio degli Assistenti Sociali, ed infine Silvia Cutrera, Presidente dell’AVI di Roma.

Tali autorità si sono tutte schierate a difesa dei diritti delle persone con disabi-lità, inneggiando al “Nulla su di Voi, senza di Voi” e rimarcando il ruolo fondamenta-le di un fronte unito della Disabilità, che

non frammenti le proposte e le istanze, rischiando di rendere vani tutti gli sforzi fatti, nel cercare di rendere indipendenti, e consapevoli i disabili e liberi quanto più possibile dall’assistenzialismo.

Se si guarda la realtà, tale obbiettivo è ancora molto distante, molteplici sono infatti sono le testimonianze di vita delle persone con handicap che ogni giorno devono affrontare barriere strutturali e mentali che ancora nel 2014 impedi-scono quell’ inclusione sociale, che per un Paese sviluppato e con un’economia avanzata dovrebbe costituire la norma.

Ancora oggi ci si trova costretti a di-fendere dei diritti, che spesso vengono considerati come delle esigenze, dei privilegi, dei “regali”. Ancora oggi c’ è chi è costretto ad umilianti visite di revisione all’ INPS, per difendere il proprio status.

Percorrere le strade dell’inclusione sociale significa sostanzialmente porre la questione della disabilità nella dimensio-ne sociale del diritto di cittadinanza, per-ché riguarda tutti coloro che partecipano alla vita sociale all’interno di un determi-nato contesto: includere vuol dire offrire l’opportunità di essere cittadini a tutti gli effetti. Ciò non significa negare il fatto che ognuno di noi è diverso o negare la presenza di disabilità o menomazioni che devono essere trattate in maniera adeguata, ma vuol dire spostare il focus di analisi e di intervento dalla persona al contesto, per individuarne gli ostacoli e operare per le opportune rimozioni.

Ivana Tabarelli

“Il mappamondo della pace”

Nelle Marche, in provincia di Pesaro e Urbino vicino ad Avecchio si trova un grandissimo mappamondo “Mappamondo della Pace” costruito da una sola

persona, Orfeo Bartolucci.Il mappamondo si trova in un parco museo nel quale si

trovano altre opere ideate da Bartolucci, tra cui un ponte sospeso sorretto da 14 cavi in acciaio, costruito quando aveva 84 anni e chiamato “Ponte del Coraggio”.

Il “Mappamondo della Pace” è entrato nei “Guinnes dei primati” e per circa dieci anni ha mantenuto il titolo di più grande del Mondo.

Si tratta di una costruzione interamente di legno con un diametro di 10 metri e una circonferenza di 30 metri divisa

in tre piani che può contenere fino a 600 persone.

Al suo interno si trovano: la Stanza dei Proverbi, la Stanza dei Tesori, la Sala della Musica, le Grotte dei Segreti. Fra le collezioni di ogni tipo esposte nel Mappa-mondo tra le quali quella delle chiavi, dei campanelli di biciclette, di selle si può vedere un esemplare di prima lavatrice e le tavole geografiche scolpite a mano dallo stesso Bartolucci costruttore del Mappamondo.

Maurizio Franchi

Video illustrativo del mappamondo della pace

Trailer documentario presentato al Trento

Film Festival

Voci e silenzioDocumentario sulla vecchia casa circondariale di Trento

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pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | [email protected] | giuigno 2014 - n. 3

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Nicaragua: terra di contrasti, terra di speranze

Abbiamo intervistato Martina Dei Cas, studentessa di Giurisprudenza all’indi-rizzo Transnazionale di Trento, classe ‘91,

autrice di romanzi, racconti nonchè vincitrice di premi per il suo impegno nel campo del volontariato internazionale. Qui, ci svela il suo ultimo lavoro “Cacao amaro” e l’espe-rienza reale a cui si è ispirata. Scopriamo insieme a lei una terra lontana e il suo popolo, a confronto con le contraddizioni della modernità, tra tradizione, riscatto e voglia d’indipendenza.Da dove nasce la tua esperienza di vo-lontariato in America Latina, perché sei capitata proprio in Nicaragua e cosa ti ha portato questo viaggio?Sono arrivata in Centroamerica per la prima volta nel marzo 2011, con il progetto “Giovani Solidali” organizzato dal Comune di Rovereto in collaborazione con la provincia e il Centro di Formazione alla Solidarietà Internazionale di Trento. Dopo un corso di forma-zione sulla cooperazione internazionale sono partita per osservare da vicino come una ong trentina, nel mio caso l’associazione Italia-Nicaragua, operava in un Paese al di là del mare.

Ho scelto il Nicaragua perché masticavo un po’ di spagnolo e sognavo di par-lare con le persone che avrei conosciuto senza bisogno di un interprete che filtrasse la loro realtà quotidiana; inoltre condividevo in pieno i progetti dell’associazione, legati alla salute e all’istruzione.

È stata un’esperienza indimenticabile, che ha portato alla nascita del mio secondo romanzo “Cacao Amaro”, ed. Miele 2011 e del progetto “Un libro per una biblioteca”.In che cosa consiste esattamente il tuo progetto?Grazie al sostegno dei tanti lettori, scuole, as-sociazioni e biblioteche che hanno acquistato Cacao Amaro, ho potuto realizzare una fornitura di materiale didattico per i bambini e ragazzi dell’Istituto Agropecuario U. Gervasoni di Wasla-la. Abbiamo comprato i testi scolastici per il ciclo di tecnico agrario e tecnico veterinario, dizionari di inglese e spagnolo, manuali e realizzato una piccola biblioteca per la comunità cittadina, studiata soprattutto per le donne ed i bambini.

Infine, proprio in questi giorni, abbiamo acqui-stato uno stock di giochi didattici e colori per la Finca de los niños, una struttura che a Waslala ospita bambini orfani, abusati e maltrattati.

Tutto questo nella convinzione che per miglio-rare davvero un Paese bisogna partire dal basso, dall’istruzione dei giovani d’oggi, che saranno i grandi di domani.Come sei stata accolta nella comunità di Waslala, hai trovato difficoltà ad inserirti e a collaborare con le persone del luogo?Assolutamente no. Appena arrivata, potevo ap-parire come la classica ragazza bianca e magari americana. “Gringa”, è il termine che si usa in questi casi. Al contrario, quando hanno sentito che non parlavo con l’accento inglese, hanno visto in me l’origine Latina, e quando ho detto loro che venivo da oltre oceano, precisamente dall’Italia, bé, allora sono divenuta parte di una famiglia molto grande, sorridente ed estrema-mente accogliente.

E questo senso di appartenere a una grande famiglia latina è rimasto anche dopo i miei due viaggi in Nicaragua, perché grazie alle moderne tecnologie riesco a mantenere i contatti con lo staff dell’associazione a Waslala, ma soprattutto a chiacchierare con le tante persone comuni che ho conosciuto lì, che con una mail o un messag-gio facebook (quando la pioggia non è troppo insistente e la corrente salta) mi aggiornano sulla loro quotidianità.

Insieme agli altri volontari ho scoperto una realtà certamente povera, ma non per questo meno ricca di valori, motivazioni e voglia di indipendenza.

Ho visto molta dignità nei visi scavati dal sole dei contadini e nelle braccia muscolose delle venditrici di tortillas, ma anche tante contraddi-zioni. Ho conosciuto un regime politico di stampo socialista, che promuove a spada tratta la parità

dei sessi, e tante ragazze che sono già mamme a quindici anni. Le ho sentite sognare una vita migliore per le proprie figlie e raccontare

a mezza voce soprusi e ingiustizie. Certo, con me gli uomini sono stati sempre gentili, e attenti al loro savoir faire latino, ma non dobbiamo di-menticare che in Nicaragua il machismo è ancora molto forte...e in fondo basta dare un’occhiata ai nostri tg per capire che purtroppo tutto il mondo è Paese.Nel tuo ultimo libro, dal titolo evocativo “Cacao Amaro” e nato da questa esperienza, hai voluto raccontare attraverso la forma del romanzo estratti di vita quotidiana familiare che nascondono disagi profondi di una realtà lontana da noi. Da dove deriva la scelta di questo titolo ?Con questo titolo composto da due parole “ cacao” e “amaro” ho voluto trasmettere un insieme di valori, tradizioni, profumi di una cultura prevalentemente agricola, ma calata in un ruolo da protagonista nella lavorazione del cacao, visto che il Nicaragua è uno dei massimi esportatori mondiali.

Il cacao, uno dei pochi dolcetti che i meno abbienti possono permettersi, visto che cresce spontaneo nella foresta, è il punto focale da cui si ramifica una cultura semplice e tradizionale, che deve confrontarsi con le contraddizioni sociali, prodotte da una globalizzazione inarrestabile.

Amaro, perché il cambiamento in atto è pal-pabile più che mai in queste terre, e sconta le problematiche politiche ed economiche di una regione da poco uscita da lotte intestine, dove i valori di fratellanza e mutuo-aiuto rischiano di essere sopraffatti dall’individualismo dei corrotti, dal dilagare della violenza sulle donne, dal narcotraffico e dalla diminuzione del tasso di scolarizzazione.Nel tuo impegno di volontariato e nella stesura del libro dai voce a problematiche locali con riferimento, in particolare, all’im-portanza dell’educazione per i bambini come investimento sul futuro, alle violenze subite dalle giovani donne, al forte legame con la terra e l’agricoltura che conserva questo popolo. Nell’affrontare temi come questi, quanto cerchi o riesci ad essere oggettiva?Penso che, pur inserendo nei propri racconti un briciolo di magia, uno scrittore o aspirante tale dovrebbe attenersi il più possibile alla realtà, anche se a volte è difficile. Io per esempio ho fatto fatica nel descrivere la mia protagonista Viana, una ragazza che pur avendo potuto studiare ed essendo abbastanza serena negli affetti, si lascia irretire da un benestante trafficante; perché non volevo che apparisse frivola o ingenua, ma che

i lettori capissero che il suo comportamento era frutto della società in cui era cresciuta.Quale ruolo hanno le associazioni che ope-rano in quei territori? Comunicano tra loro o operano come realtà disgiunte?In Nicaragua operano a diverso titolo molte asso-ciazioni e Ong. Alcune sono aconfessionali, altre, essendo il Paese frammentato in una miriade di sette di matrice cristiana, confessionali.

Non è raro incontrare lungo il cammino qual-che suora zelante, che parla ancora con fervore quasi coloniale di crociate di evangelizzazione.

Ma sulle strade accidentate dalla pioggia ci sono anche tanti missionari e volontari che, prima di pensare a Dio e alla filosofia, cercano di provvedere alle necessità quotidiane della gente

comune. Una cosa che mi h a c o l p i t o positivamen-

te è l’alta partecipazione di nicaraguensi alla vita delle associazioni: difficilmente possono mettere il capitale, ma sono sempre pronti ad apportare suggerimenti, esperienza, creatività e voglia di fare.

In Centroamerica la gente è stufa di ricevere il pesce, o meglio... è grata per quanto fatto fin’ora, ma è pronta a impegnarsi e lavorare duro per imparare a pescare, nella convinzione che solo quest’ultima sia la strada per innestare il circolo virtuoso per uscire dalla miseria.

Per quanto riguarda la seconda parte della do-manda, tendenzialmente le associazioni cercano di venirsi incontro e ottimizzare le risorse, anche se non sempre ci riescono.In Nicaragua come in altri paesi dell’America Latina, sono presenti molte risorse naturali e dietro ad esse, vi sono gli interessi econo-mici delle multinazionali che nel bene o nel male incidono sulle comunità bersagliate dal confronto con questo tipo di modernità. Hai qualche aneddoto da raccontarci?Dunque, il problema dei prodotti agricoli è sem-pre lo stesso...sono genuini e di fondamentale importanza per il genere umano, ma sul mercato internazionale vengono pagati poco.

Ciò nonostante esistono multinazionali “buo-ne”, attente a non sfruttare troppo le risorse, che guardano più alla qualità del prodotto che alla sua quantità. Per esempio la Cooperativa per la produzione del Cacao di Waslala è riuscita a far sì che la Ritter acquisti il “cacao organico” dai suoi contadini, con risultati soddisfacenti per entram-bi. I contadini vengono pagati il giusto prezzo e possono così investire nella scuola dei figli, nelle medicine o nei filtri per l’acqua potabile. La Rit-ter dal canto suo ottiene un prodotto di ottima qualità, garantita dal fatto che i contadini per poter vendere a queste condizioni devono aver seguito un corso all’Istituto Agrario, corso che tra l’altro non insegna loro soltanto le migliori tecniche di coltivazione e l’uso dei diserbanti, ma anche e soprattutto lo spagnolo, la matemati-ca, le pratiche igieniche per evitare i parassiti e

l’educazione civica...insomma, li rende uomini e donne migliori a beneficio dell’intera Comunità.

Purtroppo non tutte le multinazionali sono così illuminate: pensate che nel XXI secolo a Waslala sta per aprire una miniera d’oro; la quale ha comprato un canale radio e uno televisivo, nonché asfaltato alcune strade del comune. Così facendo si è guadagnata la stima dei locali e ha

potuto comprare indisturbata grandi appezza-menti agricoli. Le famiglie sono state convinte a vendere la metà del terreno e a conservare l’altra metà per continuare a coltivarla a cacao, fagioli e caffè, senza informarle che nel giro di pochi anni, l’apertura delle venature comporterà l’ina-ridimento e la svalutazione anche di quei terreni e obbligherà questi contadini senza più terra ad emigrare, ingrossando l’esercito di indigenti che popola invisibile la periferia delle grandi città.Sappiamo che sei molto legata al tema della scolarizzazione, quali problematiche stanno alla base di una sua scarsa diffusione sul territorio?Sì, non mi stancherò mai di ripeterlo. Una pen-na e un libro a volte sono più potenti di armi e

minacce.Studiare, soprattutto nelle zone rurali del

Nicaragua è difficile perché il governo centrale fatica a investire nella costruzione di scuole in campagna e per la mancanza di infrastrutture e per i costi, le famiglie non possono permettersi di mandare i ragazzini a studiare in città.

Sai, intorno a Waslala ci sono 92 Comunità, il corrispondente delle nostre frazioni. Ci abitano dalle cento alle cinquecento persone e sono molto vicine geograficamente alla cittadina, ma per la completa mancanza di strade ci si arriva soltanto in moto da cross, a cavallo o a piedi dopo cinque sei ore di cammino. Le riunioni della Comunità avvengono in una grande radura circondata dal nulla, dove sorgono una cucina comune, una piccola chiesetta e una scuola elementare multigrado, frequentata da 30-50 bambini dalla prima elementare alla prima me-dia con una sola maestra. La scuola ha tre pareti di legno, una quarta parete chiusa solo dalla rete verde che qui in Italia usiamo per separare i giardini e un tetto di lamiera.

All’inizio, giocando con questi bimbi avevo paura a chiedere loro cosa volessero fare da grandi, perché il loro destino sembrava già scritto. I maschietti portavano gli stivali di gom-ma e il machete alla cintura e spesso saltavano scuola per aiutare il papà nei campi, mentre le femminucce indossavano le infradito di plastica, indispensabili per fare il bucato o l’impasto di mais al fiume.

Poi parlando con loro ho scoperto che c’erano aspiranti poliziotti, maestre, calciatori o infermie-re e ho capito che è compito di noi adulti lottare, affinché questo sogno si tramuti in realtà. Certo non sarà facile, ma da qualche parte bisognerà pur cominciare, perché come dice un famoso proverbio latino americano “Gota a gota se perforan las rocas”; “è solo goccia dopo goccia che si perfora una roccia” ed è nostro dovere convincere quei bambini che non sono solo numeri nelle stime delle Nazioni Unite, ma esseri umani che con tanta fatica, un pizzico di fortuna e soprattutto una buona istruzione, potranno davvero cambiare il destino che la vita di periferia gli ha riservato.

Lorenzo Pupi

CULTURADIRITT I C IVIL I

In alto: a cavallo nei dintorni di Waslala. Bambini di La tumba, Waslala.A sinistra la copertina del libro. Martina Dei Cas con Lorenzo Pupi.

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“Cacao amaro”

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