PREALPI Una Montagna di Sport

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PREALPI iEdition TURISMO EDIZIONI & officinadanova 25 iEdition n. 00

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La rivista multimediale di chi ama la montagna.

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PREALPI iEdition

TURISMO EDIZIONI & officinadanova 25 iEdition n. 00

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Suggerimento per l’utilizzo.

Caro lettore, il nuovo formato di PREALPI, nella sua versione multimediale, richiede alcune attenzioni per una corretta lettura, completa di tutte le opportunità di informazione che i nuovi strumenti mettono a disposizione.

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Potrai riconoscere i link e i collegamenti ipertestuali da cliccare di colore rosso, per accedere alle gallery fotografiche, ai filmati e per visualizzare altri elementi multimediali.

Per gli utenti iPad, suggeriamo di scaricare le applicazioni Google Earth e Adobe Reader, facilmente reperibili sulla piattaforma iTunes.

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EDITORIALE

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Il nuovo anno inizia con un’importante novità che ci riguarda, e che riguarda anche i lettori di PREALPI: dopo 6 anni di pubblicazioni cartacee, abbiamo deciso di invadere la rete con una nuova edizione telematica. Non è una minaccia… ma una scelta strategica dettata da alcune considerazioni di cui vogliamo rendervi partecipi. La tecnologia e i nuovi metodi di comunicazione si stanno spostando sempre di più sulla comunicazione multimediale e diretta ai reali fruitori delle informazioni. Internet e la condivisione online cresciuta con la diffusione di tablet e smartphone, ci spinge verso questa direzione. Oltre alla nuova edizione di PREALPI scaricabile dalla piattaforma iTunes per la consultazione con tablet iPad e Iphone, pubblicheremo una versione in formato pdf per tutti i possessori di pc. A queste, saranno affiancati un blog e un profilo Twitter. Una strategia di divulgazione più diretta e immediata, nel momento della pubblicazione delle notizie. Ultima, ma non per ordine di importanza, la scelta solidale di ridurre l’abbattimento di alberi per la produzione della carta e tutto quanto consegue ai consumi industriale per stampare i periodici. In tempo di crisi economica, inquinamento atmosferico e il tentativo di abbattere la famigerata co2, vorremmo dare il nostro (piccolo) contributo alla tutela del pianeta e alla salvaguardia della natura. Speriamo, cari lettori, che possiate e vogliate condividere con noi questo cambiamento volto a far crescere PREALPI - Una Montagna di Sport.

Marco Spampinato

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KeynoteClicca sul logo per avviare la presentazione progetto editoriale.

Video

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MONTE FARNO CON LA NEVE

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MOUNTAIN BIKE IN VAL GANDINO

di Roberto Lorenzi

Foto

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In questo articolo desidero proporre una uscita in mountain bike particolare e diversa dal solito, una bella esperienza entusiasmante che non può mancare nel curriculum di un biker: pedalare sulla la neve. Il percorso proposto non si svolge su una facile e piatta pista ciclabile innevata ma sulla cima del monte Farno a 1400 metri di quota. Il monte Farno è perfetto per questa esperienza poichè si trova nella media val Seriana ed è quindi raggiungibile velocemente e v i t a n d o l e l u n g h e c o d e necessarie per raggiungere le località sciistiche più rinomate in alta valle, inoltre si sale su una ampia strada asfaltata al sole che viene mantenuta pul i ta per permettere agli sciatori di fondo di raggiungere le piste, quindi transitabile sia con l’auto che con l a M T B . U n l u o g o p o c o frequentato e tranquillo che ci farà rilassare con i suoi panorami sulla valle Seriana molto suggestivi, in poche parole un vero paradiso! Dopo i sei chilometri di salita necessari per raggiungere i parcheggi della ex colonia ed oltrepassato il rifugio Farno, dovrete superare un breve tratto impegnativo in salita ma poi il

percorso prosegue poi con lievi saliscendi e su fondo battuto pedalabile con la neve, Raggiunte le piste da fondo si sale a destra lungo la dolce salita battuta fino al rifugio Parafulmine. Al

ritorno, quando il sole comincia a scendere, percorrete la ripida discesa dedicata agli escursionisti a piedi che sicuramente vi osserveranno un poco confusi, in questo tratto dovrete utilizzare al m e g l i o i l v o s t ro s e n s o d i equilibrio, male che vada si cade nella “soffice” neve. Raggiunto l’asfalto e percorsi alcuni tornanti, all’altezza delle antenne si svolta a destra percorrendo a tutta velocità la vecchia mulattiera sterrata che raggiunge la strada dell'andata dietro la chiesa di Barzizza. L’itinerario è da fare solo nel tardo pomeriggio in modo da non rovinare le piste da fondo, quindi percorrere il tratto innevato sul bordo delle piste da fondo

quando la giornata sta per finire e poco prima che passi il gatto delle nevi, di conseguenza dovete essere in dirittura di arrivo al rifugio parafulmine mezzora - un ora prima del tramonto per poter tornare quando ancora c’è luce. Se trovate una bella giornata

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Si inizia a pestare la neve.

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durante il ritorno avrete modo di gustarvi un tramonto stepitoso con gli ultimi raggi di sole della giornata a scaldare il vostro viso...ed i vostri occhi. Al rifugio Parafulmine troverete ristoro e cortesia, prima di fare ritorno un the caldo vi aiuterà a sopportare il freddo durante la discesa. Quasi tutti gli anni ci vado, neve permettendo, e negli ultimi anni la neve non è proprio mancata. L’ideale è fare questo giro quando in basso la neve è scomparsa ed è rimasta solo in quota e quando fa veramente freddo per far si che si trovi una neve compatta. Viceversa, se la neve è marcia, si fa una fatica immane per pedalare e rimanere in sella. Per verificare se c’è neve Sul Farno è sufficiente fare visita al sito del rifugio parafulmine e guardare la webcam aggiornata ogni 5 minuti a questo link.Come eseguire il percorso: Raggiungere il paese di Gandino verso le 14 - 15 in auto oppure in bici percorrendo la pista ciclabile della valle Seriana che parte da Ranica e mettendo in conto 1 ora e 20km in più, percorrere i 6 km di dura salita asfaltata in bici fino alla ex colonia ed iniziare a sentire lo scricchiolio della neve sotto le nostre ruotone ben artigliate percorrendo le piste da fondo tra le ore 16 - 17 (un’ora prima del tramonto, dipende dal periodo) in modo da arrivare in cima e tornare indietro prima che arrivi il buio. Ovviamente potete arrivare in auto fino alla ex colonia ma personalmente ritengo un peccato saltare la parte della salita e poi della discesa percorrendo la vecchia mulattiera sterrata che raggiunge Barzizza.

Consigli utili: Consigliato l’utilizzo di copertoni larghi e ben artigliati, una dotazione e vestiario adeguato alle basse temperature e magari un paio di stivali da neve caricati nella rete porta casco del vostro zaino. Portate con voi faretto anteriore e posteriore casomai il buio vi colga di sorpresa o dobbiate percorrere la ciclabile al ritorno. Eseguire il percorso quando fa freddo in modo da essere sicuri di avere un fondo compatto. Non rovinare i binari da fondo per nessuna ragione, pedalare sul bordo

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Verso il rifugio Parafulmine.

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e sul lato opposto dei binari facendo attenzione di non rovinare il fondo battuto delle piste, se non vi lasciano passare, utilizzate la salita diretta per gli escursionisti a piedi (quella utilizzata anche per il ritorno.La scheda:partenza e arrivo: Gandino (BG) 502mt slmlunghezza tracciato: 21 km - dislivello: 1100 mtpunto più elevato: rifugio parafulmine, 1527mt slmdifficoltà medio-alta - sentieri percorsi: CAI 545

MultimedialeScarica la traccia GPS

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Rifugio conquistato.

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www.valleserianabike.it

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VACANZA OUDOOR

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TURISMO A VILLACH

a cura della Redazione

Video

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Per chi ama passare le proprie vacanze all’aria aperta, lontano dalla città e dal suo vivere rumoroso e caotico, Villach offre diverse attività, dal trekking, al campeggio, al golf. A pochi chilometri dal confine italiano di Tarvisio, un vero e proprio paradiso per gli amanti dell’outdoor accoglierà chi del contatto con la natura fa un vero e proprio stile di vita. Gerlitzen Alpe e il “Sentiero degli assaggi”, per stare in forma gustandosi la buona tavola! L’Alpe Gerl i tzen con la stagione estiva diventa la meta ideale per chi vuole coniugare una passeggiata i n m o n t a g n a a l l a degustazione di piatti tipici della cucina carinziana. Qui il "Kostale Weg" (letteralmente "Sentiero degli assaggi") offre, con i suoi tre rifugi, agli escursionisti una carrellata di ottime pietanze locali: si parte dalla bistecchina di bue alpino al Neugartenstüberl di Hans Maier, famoso anche per le sue mucche dipinte che scendono veloci dai pascoli solo al suo richiamo! Originali menù "alternativi" dell'oste che ogni anno fa dipingere con colori assolutamente atossici alcune delle sue mucche da un artista di Villach. Basta

dare uno sguardo ai tranquilli ruminanti per sapere quale meraviglia sfornerà la sua cucina! Il sentiero dove potranno essere avvistate è facilmente percorribile da tutti perché si sviluppa costantemente ad una quota compresa tra i 1.750 e i 1.850 metri. Una volta lasciate le simpatiche e colorate mucche e

le loro malghe, si prosegue con i tortelloni carinziani al formaggio proposti dal rifugio Pöllingerhütte per concludere con i dolci del rifugio Gipfelhaus (tre buoni per altrettante degustazioni costano all’incirca 15 Euro). Scoprire gli animali nel loro habitat sul Monte Dobratsch -Il Parco Naturale del monte Dobratsch, nella regione di Villach, si distingue per la sua particolare flora e fauna e per le sue diverse fasce climatiche. Qui tutti gli amanti del trekking potranno seguire facili itinerari alla scoperta delle numerose specie animali che lo abitano. Salendo lungo i pendii

del Dobratsch sarà impossibile non soffermarsi ad ascoltare il silenzio e respirare i profumi che rendono uniche le sue escursioni. L’“Alpengarten” della Villacher Alpe che si raggiunge facilmente a piedi dal parcheggio n.6, indicato anche sulle piantine, è un vero e proprio gioiello botanico. Drava, Faak,

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FilmatoI primi 3 minuti della nuova presentazione di Villach.

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Ossiach e Afritz, tanti itinerari per tutti gli amanti delle uscite sui pedali Per gli appassionati del cicloturismo, Villach offre diverse piste ciclabili e itinerari. Per un’escursione completamente immersi nella natura ecco ad esempio i circa 30 chilometri della pista ciclabile intorno al Lago di Ossiach, collegata alla ciclabile della Drava, un percorso di circa 366 chilometri che seguendo l’omonimo fiume dalle sorgenti a Dobbiaco, attraversa il Tirolo Orientale e la Carinzia per giungere a Maribor in Slovenia. Anche il Lago di Faak ha diversi percorsi ciclabili che seguono le sue sponde, lungo le quali ci si potrà anche fermare a riposarsi e rinfrescarsi presso uno dei numerosi locali presenti. Pedalando lungo questi itinerari si potrà ammirare l’isola al centro del lago. Per i più giovani e per tutti gli amanti della mountain bike irrinunciabile una tappa ad Afritz, dove è stata allestita una pista permanente di downhill, una vera sfida per i mountain biker più temerari! La maggior parte dei treni che attraversa la Regione di Villach ha una o più carrozze riservate alle biciclette, dando quindi la possibilità agli amanti del cicloturismo di raggiungere facilmente le località da cui partire per le proprie escursioni. In relax sul green -Il campo da golf a 18 buche Schloss Finkenstein, situato tra Villach e il lago di Faak è la meta ideale per tutti gli amanti del green. Sei laghetti, oltre ad abbellire il paesaggio, costituiscono una sfida per il gioco. Ogni buca dispone di sei battute, ideale in eguale misura per rookies e pros. La residenza “Schloss Finkenstein” dà il nome al campo e conferisce alla struttura un’atmosfera nobile e signorile. L’edificio ha circa 200 anni e oggi ospita la club house e il ristorante. La scuola di golf è

gestita da Gary Foster e il suo team. Per informazioni: www.gcfinkenstein.at . Sognare dormendo sotto le stelle -Villach apre le porte all’estate e con lei, anche a tutti coloro che vorranno passare le proprie vacanze sulle soleggiate sponde dei suoi laghi. Durante il periodo estivo ci si può cimentare con corsi di windsurf, sci nautico, sub (corsi organizzati esclusivamente sul Lago di Ossiach) o canoa.

Tutte le informazioni sono consultabili al link www.region-villach.at

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Trekking sui sentieri.

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Da tempo sentivo parlare dell’antico regno di Lo, di persone che lo visitavano per vedere il mondo come era stato, per fare una sorta di viaggio nel tempo, in questo lembo di terra nella parte nord occidentale del Nepal, ai confini con il Tibet, qui ci si sente tagliati fuori dal resto del mondo, tutto è rimasto fermo da

secoli… Finalmente i tempi sono maturi, sono decisa, si parte alla scoperta dell’antico regno Himalayano: il Mustang aperto ai visitatori solo nel 1992, con accesso limitato e un permesso costoso. Partiamo il 29 ottobre al termine del monsone estivo, siamo in sei guidati da me che ormai qui sono di casa. La

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ImmagineCanne d’organo verso Yara.

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compagnia aerea Qatar ci porta a Kathmandu alle pendici dell’Himalaya, città di transito di molte spedizioni alpinistiche. Immediato è l’impatto con la popolazione locale che ci accoglie con un caloroso Namastè… Due giorni di sosta nella città ci permettono di visitarla nei suoi molteplici aspetti, la città ci stupisce con evidenti contrasti: i suoi suoni, le immagini e i suoi colori ci danno emozioni forti. Sulla cima della collina sorge l’antico stupa di Shawanbhunath con dipinti sui quattro lati gli occhi di Buddha che vegliano in ogni direzione. A Durban Square respiriamo la quasi magica atmosfera della piazza circondata da magnifici templi, santuari, palazzi reali. Bodhnath centro religioso per eccellenza è il più grande stupa al mondo, qui nell’aria risuona il mantra “ om mani padme om” tra un volteggiare multicolore di preghiere che sopite dal vento salgono al cielo. Come buon auspicio, da bravi pellegrini anche noi ci accingiamo a compiere la sacra Kora, ossia il periplo. Con un bus di linea ci trasferiamo a Pokara, cittadina circondata da splendide montagne che si riflettono nelle acque del lago Pewa, vi giungiamo appena in tempo per assistere al magnifico scenario creato dalla luce del tramonto che illumina le pareti di ghiaccio e il triangolo roccioso del Machapuchare, sicuramente una delle montagne più fotografate dell’Himalaya che nonostante la quota relativamente modesta di 6887 metri, spicca con la sua eleganza e il suo slancio sulle altre cime che racchiudono il santuario dell’Annapurna. Kepy la nostra guida ci indica che là, proprio alle loro spalle vi è il Mustang. Finalmente domani andremo alla scoperta di questo regno, tanto decantato, avvolto nel mistero e

nel segreto, piccolo regno di etnia tibetana. Con un piccolo aereo di 14 posti, praticamente tutto nostro voliamo tra le nuvole: a volte non s’intravede nulla, c’è il silenzio, poi di colpo ci troviamo infilati tra i colossi della catena dell’Annapurna e del Dhaulaghiri lasciandoci alle spalle il mondo moderno, non abbiamo parole, siamo tutti a bocca aperta davanti a tanta imponenza, sembra di sfiorarle con un dito tanto siamo vicini. Dopo 25 minuti di volo, vediamo la pista incavata nel fondo della valle del Kali Gandaki: una rapida virata che lascia con il cuore in gola ed eccoci sani e salvi a Jomson a 2800 metri; qui troviamo i nostri portatori e i muli. Si apre davanti a noi un nuovo mondo tra il torreggiare del Nilghiri, percorriamo la valle del Kali Gandaki il canyon più profondo del mondo. Dopo tre ore di cammino giungiamo a Kagbeni a 2810 metri, cittadina ricca di fascino, vera e propria porta d’ingresso del Mustang, un regno che proviene direttamente dal passato. Da qui in poi si fa sul serio, il trekking entra nel vivo, d’ora in poi saremo circondati da estensioni enormi a cui faranno corona possenti vette himalayane, il vento ci fa da compagno. Incuriositi da un suono di tromba, ci dirigiamo al gompa del paese ed in silenzio con le gambe incrociate assistiamo alle cerimonie serali, lasciandoci trasportare dai mantra, rotti solamente da qualche “brontolio di pancia”, è ora della cena. Il piatto base è il riso, ciapati, noodless, uova, formaggio di yak, ai quali noi aggiungeremo alcune fette di bresaola e qualche spicchio di parmigiano reggiano, very made italy! La mattina seguente dobbiamo registrare la nostra entrata a tutti gli effetti al posto di polizia, io sono la 1014 turista che

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calpesta questa terra. Lasciamo il posto di controllo con un namastè…il cammino prosegue per buona parte a mezza costa tra continui saliscendi, molta solitudine, tanto tanto vento. Dopo parecchi chilometri troviamo una serie di chortèn colorati di nero, b ianco, rosso che caratterizzeranno tutto i l Mustang e saranno per noi un c o s t a n t e s e g n a v i a d e l percorso. Siamo a Tange a 3060 metri, l’abitato è un dedalo di vicoli stretti che si snodano tra case intonacate, campi di grano saraceno, coltivazioni di orzo, frumento e frutteti. Al primo impatto pare disabitato, giro tra i vicoli in silenzio per non disturbare questa quiete, cercando di cogliere alcuni particolari: sulle porte d’ingresso di molte case sono appese delle corna di pecora e numerosi rametti

intrecciati e legati a forma di croce, il loro n o m e è Z o r e l a credenza popolare vuole che essi catturino gli s p i r i t i m a l i g n i c h e minacciano la casa. A circa un’ ora da Tange si t rova i l v i l laggio d i Chuksang a 3100 metri, villaggio sormontato da p a r e t i r o c c i o s e e a b i t a z i o n i r u p e s t r i scavate da chissà quale e r e m i t a ; q u i raggiungiamo i nostri portatori con il cuoco che ci ha preparato il pranzo. L’itinerario abbandona la valle del Kali Gandaki, superato un ponte, si sale al villaggio di Chele a 3300 metri, arroccato su belle rocce rossast re t ra campi di grano e orzo. Non perdiamo tempo,

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Bodhnath.

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montiamo l’accampamento e prepariamo la cena per poi ammirare il cielo stellato. Sembra quasi che le stelle ci cadono addosso da quanto sono vicine. Come ogni mattina la sveglia è alle sei ed oggi ci attende una tappa lunga ed interessante, caratterizzata da canyon, torrioni rocciosi giallo ocra, spettacolari strapiombi; valico dopo valico dal Chele La 3630 metri a Yamdo La 4010 metri di quota, raggiungiamo il Shyangmoche a 3850 metri per poi scendere rapidamente al villaggio di Gelino a 3600 metri; da lontano spicca il gompa che sovrasta le case imbiancate sparse qua e là nella valle. Proprio vicino ci accamperemo per la notte. Alle prime luci del mattino dopo una ricca colazione a base di chiapati, miele, marmellata, porridge…ma è ancora aperta la caccia al barattolo di nutella che da alcuni giorni non si trova…un dubbio ce l’hò !! che il mitico mister toblerone ossia lo Zio Franco abbia ceduto alla tentazione e assalito in piena notte da una crisi di cioccolato, abbia frugato nel sacco viveri e pappato tutto d’un colpo il barattolo!!! Chissà ! Conoscendolo… resta il fatto che non ce né neppure l’ombra. Fa molto caldo, si sale a due passi il Nyi La 4020 metri e il Ghemi La. Ogni volta che oltrepassiamo un valico, le guide lanciano in aria sassi per scacciare gli spiriti maligni urlando : Sciò! Sciò! Sciò! Per avvertire gli Dei del nostro passaggio tra lo sventolare multicolore delle bandiere di preghiera blu, verde, rosso, giallo e bianco, colori che indicano acqua, legno, fuoco, terra, etere. Ora ci attende la discesa sull’omonimo villaggio di Ghemi a 3520 metri, dove siamo ospiti per il pranzo dalla cugina del re, che insistentemente tenta di venderci pezzi del suo monastero. Dopo

trattative ed acquisti proseguiamo tra colline dai toni giallo grigio; spesso durante il percorso incontriamo carovane di locali con cavalli carichi di sale, orzo, mele. Sembra di essere su di una grande via carovaniera dell’Asia del passato. Questa gente cammina per giorni, prima di raggiungere i mercati, dove scambierà i prodotti della terra con ciò che serve loro per la sopravvivenza; il tutto avviene a cavallo unico mezzo di trasporto. Passo dopo passo giungiamo a Drakmar, circondata da un anfiteatro di falesie di roccia rosa e rossa, qui la natura ha dato il meglio di sé! Montiamo le tende e subito siamo circondati da bambini incuriositi della nostra presenza; sui loro volti si vedono i segni del gelo, del vento, del sole ma anche stupendi occhi dallo sguardo profondo e intenso. Ci prendono per mano come fanno gli amici di vecchia data e ci accompagnano alla scoperta di canyon rosso fuoco, falesie blu lapislazzuli in questo meraviglioso spettacolo di madre natura. In particolar modo qui a Drakmar il contatto con gli abitanti è spontaneo, la gioia di vivere è disegnata sul volto di tutti. Anziani, donne, bambini esprimono una naturale simpatia nonostante la povertà con cui devono convivere. Le condizioni ambientali sono le principali cause per la popolazione locale di infezioni oculari, bronchiti, polmoniti, malattie della pelle ed i più esposti sono i bambini e gli anziani, solo i più forti sopravvivono. Medici e medicine sono pressoché sconosciuti mentre vengono usati tradizionali rimedi naturali, tanto vegetali quanto minerali, con l’aiuto degli ancora presenti sciamani. Nonostante tutto i bambini hanno e danno il piacere del loro sorriso…appena la nostra carovana e con essa i nostri sacchi

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spediz ione ci raggiungono, radunati tutti grandi e piccini in fila indiana su di un muretto nell’aia di un cortile, prendo le veci di “ Babbo Natale” ed inizio a distribuire berretti, occhiali, maglioncini, pantaloncini, doposci ed in un attimo tutti sono messi a nuovo! Si guardano l’un l’altro, la cosa gli suona strana, poi iniziano a sorridere, a correre nel cortile, non sanno più come ringraziarmi. C’è addirittura chi s’inginocchia, ma il grazie più grande è il loro Namastè ormai diventato Tashi-telè con le mani giunte, il loro sguardo fisso negli occhi colmi di gioia…che riempie il cuore, è inevitabile commuoversi! La mattina seguente a malincuore lasciamo al le nostre spal le D r a k m a r, i p i ù p i c c i n i c i accompagnano tenendoci per mano sino all’imbocco nel canyon colorato di rosso oro dalle prime luci del sole e poi tutti in fila come per formare una barriera davanti a

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Dhakmar.

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noi ci salutano con le mani giunte ed un forte tashi-telè. Alcune lacrime dal profondo dell’anima scendono sul mio volto…per loro la vita continuerà a scorrere seguendo ritmi naturali per noi inconcepibili, scanditi dal sorgere e tramontare del sole… i loro volti resteranno e saranno per sempre nel mio mio cuore e faranno parte del libro della mia vita. Dopo un lungo giorno di cammino ci accoglie un forte vento, arriviamo al passo Chogo La a 4320 metri, in lontananza finalmente avvistiamo Lo Manthang a 3790 metri con i suoi tre gompa dipinti di rosso, circondata da mura e campi d’orzo mossi perennemente dal vento; la capitale del regno, fondata nel 1400 vero proprio cuore del Mustang presenta al visitatore una visione d’altri tempi, dove oggi il veneratissimo regnante, re Jinghe Palbar Bishta ha più potere carismatico che amministrativo. Sostiamo nella capitale un giorno per riposare…ho i miei dubbi! Nel nostro vocabolario riposare non esiste! Ed infatti decidiamo di visitare a cavallo dei monasteri più a nord, verso il confine con il Tibet… immaginatevi di essere sul tetto del mondo, ove gli spazi sono infiniti, deserti senza inizio e senza fine, che si perdono nel blu intenso del cielo. Questo è l’alto Mustang, già da lontano si possono scorgere magnifici monasteri di un rosso fuoco, alcuni arroccati, incastonati tra le rocce. Visitiamo il gompa di Jampa Lhakhang ove dal suo tetto si gode una magnifica vista sull’intera vallata, il gompa di Thubchen e di Choprang proseguendo verso nord-ovest sino al paesetto di Phuwa dove incontriamo donne in costume tipico, sempre scuro tendente al viola, ma ravvivato da scialli e grembiuli multicolori; per usanza portano tra i capelli grossi turchesi come protezione

dalle malattie e dagli spiriti. Ci osserviamo a vicenda incuriosite… Facciamo una tirata unica sino al rientro in capitale, dopo cinque ore a cavallo siamo tutti abbastanza provati, ma tra di noi c’è ancora chi ha voglia di gareggiare. A Lo Manthang ritroviamo papà Enrico che invece di venire con noi, stanco di giorni a base di riso, ha pensato bene di acquistare una capra, della legna e alcune casse di birra Everest. Ha invitato un po’ di locali e in serata abbiamo festeggiato tutti insieme mangiando, bevendo e intonando qualche canzone tra danze italo-nepalesi. Con le prime luci dell’alba lasciamo Lo Manthang e riprendiamo il cammino per la via di ritorno, lungo un sentiero a mezza costa, poco battuto e più faticoso sempre in quota, in un paesaggio molto arido dove acqua e vento hanno scavato i fianchi della montagna creando solchi profondi simili a canyon, canne d’organo, lunghi enormi pendii, estesi altipiani. Superato il Lo La a 3950 metri ora ci attende una discesa che ci porta rapidamente a Dhy e poi a Yara ove pernotteremo. Lo spirito di adattamento durante il trekking ha provato tutti: notti in tenda con temperature molto basse, assenza d’acqua per igiene personale, ma anche questo è il Mustang. Oggi la tappa è molto lunga e quindi partiamo presto. Ci dirigiamo verso Tange. Siamo messi alla prova da alcuni guadi che dobbiamo attraversare…denti stretti, scarponi alla mano e via! Poi si risale nuovamente a 3850 metri di quota e percorriamo immensi altipiani. Attraversiamo un bellissimo canyon che mi ricorda Brice park in America, per poi scendere al villaggio a 3285 metri. E’stata una giornata dura, ma la vista da questa posizione ripaga appieno le nostre fatiche; ad accoglierci tre chorten

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colorati lungo le rive del Kali Gandaki, ci sediamo a contemplare il magnifico panorama con le luci del tramonto… Sveglia all’alba, oggi ci aspetta una lunga via, dieci ore di cammino, saliamo sino al passo Phan La a 4200 metri. Il panorama ci offre una vista a 360° e giù a Tetang. Ci dirigiamo verso il Gy La 3980 metri, il sentiero sembra non finire mai, pietra dopo pietra, nevaio dopo nevaio, l’aria che si respira è frizzante, alla fine il terreno si distende, il panorama si allarga all’improvviso; davanti a noi si erge solitario il Dhaulaghiri con tutta la sua maestosità e imponenza, qui il nostro pensiero va a Sergio Dalla Longa che da lassù ci saluta con il suo indimenticabile sorriso; alla nostra sinistra l’imponente Annapurna e il Thorong La, la nostra meta di domani. Alcuni passi ancora ci conducono al grande chorten del valico, ornato da centinaia di bandiere di preghiera; il cuore è subito rinfrancato dalla fatica alla vista di tanta bellezza. Un’ultima discesa e finalmente raggiungiamo Muktinath a 3800 metri, l’imponente centro religioso sia induista che buddista, punto di passaggio del trekking dell’Annapurna, è d’obbligo la visita dei luoghi sacri: il tempio Juwala Mapa. Curiosiamo tra le vie di questo villaggio che mi ricorda il far-west con tanto di sceriffo e saloon, aspettando sera assistiamo ad una macellazione di yak a cielo aperto tra un silenzio infranto dal battito di un telaio manuale. Nel cuore della notte, con 20° sotto zero saliamo al Thoron La a 5450 metri di quota nell’anfiteatro dell’Annapurna. Alle tre iniziamo la dura salita di 1600 metri di dislivello. Sarà la nostra vetta perché è il punto più alto del trekking. Lo scenario è mozzafiato, foto di rito e poi giù ritorniamo a Muktinath dove ci

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Kagbeni.

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attendono i portatori con un’ottima torta di mais per festeggiare tutti insieme. Ci incamminiamo verso Jomson ove l’aereo ci riporterà nella cosiddetta civiltà lasciandoci alle spalle questo Shangri-La… Ultimi giorni a Kathmandhu che dedichiamo alla visita delle antiche capitali Patan e Baktaphur, piccoli gioielli d’architettura e a Pashupatinath ove assistiamo in silenzio e con rispetto ad una cremazione. Dedichiamo due giorni a Nagargot per godere a 360° l’alba sull’Himalaya e per finire effettuiamo un volo panoramico nella valle del Kombu, dopotutto non potevamo ripartire senza prima salutare a naso la Dea madre Sagarmatha ossia il Monte Everest. Come sempre è ora di partire, siamo già in volo e c’è già chi tra di noi pensa alla prossima avventura. Emozioni, sensazioni, immagini di questi luoghi e di questo popolo umile ed accogliente, gli sguardi penetranti ed il loro sorriso rimarranno impressi nel cuore di ognuno di noi. Namastè.

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MONTE BARBAROSSA

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SCIALPINISMO IN VAL DI SCALVE

di Vincenzo Aliberti

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Ci sono diversi modi di andare in montagna d’inverno: con ciaspole e bastoncini ripercorrendo i sentieri estivi; con picca e ramponi sugli itinerari più impegnativi e “ghiacciati”; con gli sci e le pelli per andare ovunque. Quest’ultimo è sicuramente il sistema più semplice e divertente per conoscere la montagna in veste invernale ma, soprattutto, per scoprire la soddisfazione dello scivolare a valle con gli sci in presenza di diverse condizioni di neve: prima di tutto l’entusiasmo della discesa nella “polvere” invernale, poi l’impegno nella conduzione degli sci in presenza di neve ventata o crostosa, e ancora l’energia messa nel tracciare serpentine in quella “pesante”, più bagnata. Una volta che si è imparato a riconoscere lo stato della neve che si deve affrontare, a volte con cambiamenti repentini dovuti, per esempio, alla diversa esposizione del pendio, il “gioco” della discesa diventa sempre più divertente e appagante. In questo caso parliamo del monte Barbarossa (2.148 m) in val di Scalve; si tratta di un itinerario tipicamente invernale, ultimamente molto frequentato, e con pericoli oggettivi facilmente individuabili; anche in caso di abbondanti nevicate è possibile la scelta dell’itinerario migliore per evitare la possibilità di incappare in distacchi spontanei dalle verticali pareti del vicino Pizzo di Petto (2.270 m) anche questo bellissima cima scalvina meta di scialpinisti nel periodo invernale. Nonostante l’ importanza del nome (probabilmente la toponomastica fa riferimento all’imperatore Federico Barbarossa che nel 1154 concesse grandi privilegi a tutta la Valcamonica dopo i violenti e sanguinosi scontri tra il vescovo di Brescia e Bergamo che allargava sempre di più l’influenza politico

commerciale verso le terre bresciane) questa cima è stata per parecchio tempo considerata “minore” rispetto alle vicine dolomitiche Presolana, Ferrante, Pizzo di Petto, Pizzo Camino e tutte le altre splendide vette scalvine; ma la sua particolare posizione e l’offerta nella sua ascensione di sempre diverse caratteristiche morfologiche e ambientali la rendono perfetta per la pratica dello scialpinismo invernale. A parte la qualità della neve, che a volte si presenta farinosa (in pieno inverno) anche per la “protezione” offerta dalla muraglia del Pizzo di Petto che rimedia all’esposizione a est del tracciato con un’influenza più “settentrionale”, a volte, proprio a causa della sua esposizione, già trasformata. Quello che rende interessante il Barbarossa è un terreno sempre diverso che va dal bellissimo bosco iniziale agli ampi pendii intermedi con divertenti salti di pendenza al caratteristico “colle” che lo divide dal vicino monte Pizzul, alla sottile e non difficile cresta che porta in vetta, e che, in presenza di rigelo notturno consiglia l’utilizzo dei ramponi per un breve tratto finale. Ma iniziamo dal parcheggio di Teveno dove lasceremo le auto: lo troveremo facilmente vicino il campo di calcio del paese che avremo raggiunto da Colere per la val Notte o da Vilminore. Calzati gli sci la salita lungo il primo pendio (vecchia sciovia dismessa) ci porta ad attraversare un torrentello sulla nostra sinistra (salendo) e a continuare a seguire una comoda mulattiera che con diversi tornanti ci fa attraversare una radura che vede sulla sinistra le strapiombanti pareti del pizzo di Petto; saliamo ancora nel bosco e infine usciamo sui prati aperti che con un ultimo strappo ci portano alla Malga Bassa di

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27Oltre il colle delle Oche.

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Barbarossa (1.704 m) dove è obbligatoria una sosta perché lo sguardo inizia a spaziare su tutte le cime circostanti ( in caso di cattivo tempo il riparo è ottimo visto che il benevolo malgaro ha lasciato sotto l’ampia tettoia anche una vecchia poltrona da noi scherzosamente chiamata la “poltrona dello scilapinista”). Adesso si continua a salire sfruttando il dosso che limita la conca sulla destra e che con pendenze più modeste ci fa raggiungere la malga Barbarossa alta (1.830 m) da dove è oramai visibile la cima e il passo che collega l’itinerario con Lizzola in alta val Seriana; al passo ( Colle delle Oche 2.050 m) ci arriveremo dopo diversi zig zag per superare gli ultimi ripidi pendii; a questo punto, normalmente, si lasciano gli sci e ci si appresta a percorrere (con i ramponi se necessario) la breve cresta, facile ma affilata, che conduce alla vetta . Per chi è in possesso di ottima tecnica sciistica è possibile anche la discesa con gli sci direttamemente da una decina di mt. sotto la vetta, ma, in questo caso il manto nevoso deve essere assolutamente stabile. Dal colle che divide il Barbarossa dal Pizzul (possibile anche una breve puntatina a questa cima) inizia la discesa vera e propria; normalmente la sciata in discesa ripercorre la traccia di salita, ma se le condizioni lo permettono e se le pareti del Pizzo di Petto sono completamente scariche di neve, è possibile scendere nel vallone sotto le strapiombanti pareti partendo dalla quota della malga bassa . Dalla baita, avvicinandosi alla parete, si imbocca la parte più ripida del canalone della Divinata che con divertente discesa ci riconduce alla mulattiera all’altezza della radura attraversata in salita. Con questa deviazione evitiamo un buon tratto di bosco e,

poco dopo, ci ritroviamo sull’ampio pendio finale delle vecchie piste; a questo punto le serpentine non hanno più costrizioni e spaziano da un lato all’altro della discesa !!!! Siamo arrivati al parcheggio felici per una gita sci alpinistica “completa” in un ambiente, quello della val di Scalve, che sa regalare emozioni indimenticabili.

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Dalla malga bassa.

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RegioneLombardia – Prov. Bergamo – Orobie – val di Scalve

Partenza  Teveno (Vilminore di Scalve) (1.148 m)

Quota arrivo 2.148 m (Monte Barbarossa)

Dislivello 1.000 m

Difficoltà BS

Esposizione in salita EstEsposizione in discesa Est

Orario indicativo3 ore

Periodo consigliatoDicembre-Marzo

Valutazione itinerario

Tipico itinerario invernale importante per la grandiosità dell’ambiente in cui si svolge e per le caratteristiche del terreno sempre diverse che permettono un utilizzo completo delle tecniche sci alpinistiche. Inoltre permette una buona valutazione della traccia da seguire in caso di n e v i c a t e r e c e n t i o d i n e v e trasformata (cresta finale percorribile anche con ramponi in caso di neve trasformata e rigelo notturno) e permette sempre un’ottima sciata anche in condizioni non perfette.

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OLTRE I 19.000

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INTERVISTA A BATTISTA MARCHESI

di Marco Spampinato

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1 9 . 0 0 0 ? G i à , 1 9 . 0 0 0 chilometri a piedi, per battere un record che Battista sta inseguendo da qualche anno ma che, per incidenti di percorso, non è a n c o r a r i u s c i t o a ragg iungere . Pe r o ra . Abbiamo incontrato Battista Marchesi durante uno dei suoi quotidiani allenamenti e, con la tranquillità e d e t e r m i n a z i o n e c h e contraddistinguono questo atleta di 69 anni, ci siamo fatti raccontare come sta p r e p a r a n d o e c o m e affronterà la nuova sfida con l’asfalto.

Dopo due tentativi, lungo il p e r i p l o d i M o n t i s o l a , interrotti per cause esterne, è nuovamente intenzionato a battere questo record?

S i , c o r r e r e è l a m i a

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Scarpe

Supporter

Immagine interattiva

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passione e non sarà certo una frana (che lo ha investito, durante l’impresa del 2009, ndr.) a fermarmi. Mi sto allenando, come ogni giorno, con grande impegno fisico e mentale, per affrontare nuovamente questo obiettivo: superare il record del francese Serge Girard, che ha percorso 19.097 chilometri.

Come ha programmato la strategia di corsa?

Nei due precedenti tentativi, riuscivo a correre in media 75 chilometri al giorno e questo ritmo mi permetterà di raggiungere il traguardo in 260 giorni.

260 giorni? Ma sono praticamente 8 mesi!

Si, sarà una lunga performance ma mi sento ancora in forma fisicamente e sarò supportato da uno staff tecnico che comprende anche un massaggiatore che mi aiuterà a sciogliere i muscoli…

L’anno prossimo cambierà il percorso?

Si, ho deciso di diversificare il tracciato e il “paesaggio”, anche per un discorso mentale: psicologicamente è meglio variare per non “annoiarsi” e puntare al nuovo obiettivo. La mia corsa sarà divisa in 4 tappe: i primi due mesi li trascorrerò a Lovere, per correre lungo la pista ciclabile della val Camonica; il terzo mese ritornerò a Montisola, e ripetere il periplo. Per un mese correrò lungo la pista ciclabile della valle Brembana, spingendomi verso la bassa valle, fin verso Dalmine.

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Verso Capo Nord.

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Il restante periodo ritornerò a Lovere per concludere i chilometri rimanenti. Li, sarò ospite dell’Albergo Lovere, che si è reso disponibile a supportare la mia impresa.

Qualche record, però, lo ha già conquistato in passato.

A maggio del 2005 sono partito da Sedrina, il mio paese natale, e ho raggiunto Capo Nord, dopo 4.028 chilometri corsi in 59 giorni. Nel 2006 dal 9 aprile al 16 giugno, ho attraversato gli Stati Uniti, da Miami a Portland: oltre 5.500 chilometri, con una media di 81 chilometri al giorno. Ho anche compiuto il giro d’Italia in 76 giorni, dal 14 aprile al 30 giugno del 2007, percorrendo 6.400 chilometri con una media giornaliera di 85 chilometri.

Una bella impresa! E quante paia di scarpe ha consumato?

1 paio ogni 1.000 chilometri, circa. Un bel test resistenza dei materiali.

Per la nuova impresa, avrà il supporto tecnico di qualcuno o correrà sempre da solo?

All’inizio di ogni giornata di corsa normalmente preferisco partire solo; userò questa strategia anche per il nuovo tentativo. Nel corso della mattinata, sarò seguito da un amico che mi farà compagnia durante la corsa e che fungerà da supporto tecnico. Vorrei però dire che, ciò che mi accingo a compiere sarà un’esperienza che verrà condivisa anche con chi mi seguirà da casa, ovvero i miei sponsor, che vorrei ringraziare: l’Hotel Lovere,

la Edil Mac dei f.lli Maccabelli di Gorle e la Salomon che mi fornirà le scarpe tecniche, senza scordare la società sportiva Runner Bergamo.

In bocca al lupo per la nuova avventura. Non mancheremo di seguire le sue progressioni, tenendo informati i lettori di PREALPI. Ci vediamo all’arrivo!

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Da Miami a Portland.

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Spesso la disabilità è considerata come impossibilità nel compiere gesti atletici (dal punto di vista dei normali); sono diverse le occasioni nelle quali i normali non si cimenterebbero neanche sotto minaccia. Una semplice passeggiata sui sentieri di montagna per raggiungere un rifugio, può essere considerata impegnativa da chi, normalmente, può camminare e vedere. Per questo, il CAI di Bergamo ha lavorato con impegno affinché il rifugio Alpe Corte d i Va l c a n a l e p o t e s s e accogliere e ospitare turisti c o n d i s a b i l i t à , ribattezzandolo rifugio per tutti senza barriere e senza frontiere. Già da settembre 2009, il rifugio è accessibile a i d i s a b i l i , g r a z i e all’eliminazione di tutte le barriere architettoniche esistenti, alla realizzazione di scivoli e di un ascensore interno che collega il piano terra con le camere al piano superiore.

In ambito sportivo è, per esempio, il caso degli atleti ipovedenti che sciano su ripidi pendii seguendo la voce della loro guida. Ma se vogliamo spingerci oltre, possiamo citare la storia di Joch Dueck, sciatore freestyler diventato paraplegico nel 2004 a seguito di un incidente occorso durante una esibizione acrobatica. Curiosando in rete, ci siamo imbattuti in questa sua video story che dimostra come, con tenacia, allenamento e una

bel la dose di coraggio, s i possano superare ostacoli per molti insormontabili. Nonostante questo handicap guardate cosa riesce a fare: dopo otto anni, finalmente, il 3 febbraio Josh è riuscito a diventare la prima persona al mondo a fare un backflip (salto mortale) sulla neve su una “Sit Ski”. Un esempio di come le persone con alcune disabilità riescano a godersi la vita, a coltivare le passioni e fare cose incredibili, dando (a noi normali) un esempio.

Filmato - clicca sull’immagineFonte YouTube, credit Salomon Freeski.tv

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ALIMENTAZIONE E SPORT

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INTERVISTA

di Giovanni Frangi e Daniele Frigerio

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I praticanti degli sport di montagna sono sempre più numerosi, e talvolta i praticanti dell'uno si mescolano all'altro. Abbiamo chiesto a Luca Speciani, medico e nutrizionista responsabile dell'alimentazione della squadra nazionale di ultramaratona e ultratrail, se vi siano differenze importanti nell'approccio alimentare delle diverse specialità.

Innanzitutto occorre capire se stiamo parlando di alimentazione sotto sforzo o di alimentazione in genere, quella di tutti i giorni. Se parliamo del cibo quotidiano possiamo incominciare a dire che lo sportivo in genere ha esigenze e fabbisogni diversi rispetto a chi è sedentario. Ho trattato questo argomento molto in dettaglio su un libro di recente uscita scritto con Lyda Bottino dal titolo “Oltre l'alimentazione dello sportivo”. Chi fa sport deve mangiare. Non è più possibile pensare di ragionare in termini di sole calorie per stabilire quanto e cosa. Recenti studi scientifici hanno ben documentato come la normocaloricità (ovvero la copertura dell'intero fabbisogno calorico quotidiano) e la normoproteicità (ovvero la soddisfazione dell'intero fabbisogno proteico) siano strettamente correlati con lo sviluppo e la conservazione di adeguate masse muscolari, che servono poi a tutti, qualunque sia lo sport praticato.

Quindi, anche in sovrappeso, bisogna comunque che lo sportivo mangi? Molti si avvicinano agli sport outdoor anche per perdere qualche kg.

C'è un malinteso di fondo in chi vuole dimagrire, purtroppo supportato da una generale disinformazione scientifica. Per dimagrire non serve controllare le calorie. Occorre piuttosto lavorare sulla qualità dei cibi assunti, sugli orari e sulle composizioni dei pasti, e naturalmente sul movimento fisico. Quest'ultimo non come “consumatore di calorie” ma come portatore di un messaggio. Il nuovo paradigma su cui si deve lavorare se si vuole perdere del grasso superfluo richiede un approccio di messaggio, con abbandono della logica delle calorie che ha fatto tanti danni nel secolo scorso. Questi concetti sono alla base della DietaGIFT, un regime alimentare sano ed equilibrato che ho strutturato negli anni scorsi insieme a mio fratello Attilio, medico immunologo.

Allora, le calorie non contano più. Può spiegarsi meglio?

Ciò che conta non è l'apporto calorico di un cibo ma la sua capacità di indurre effetti biologici sul nostro organismo. Un litro di olio extravergine ha più o meno le stesse calorie di un litro di gasolio, ma l'effetto biologico sul nostro organismo è completamente diverso, come ciascuno di noi può facilmente immaginare. L'esempio è paradossale, ma chi di noi conosce la differenza tra le 30 kcal di un gambo di sedano e le medesime di un caffè zuccherato? Il primo si pareggia con il costo masticatorio dello stesso, il secondo genera invece uno sbalzo glicemico violento, con coinvolgimento dell'insulina e immediato stimolo all'ingrassamento. Chi vuole dimagrire deve tenere conto di

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queste dinamiche molto più che delle calorie. Il conto delle calorie invece torna buono in relazione al computo dei fabbisogni minimi di chi fa sport: l'atleta perde muscolo e motivazione se mangia in quantità inferiore rispetto ai propri fabbisogni.

Perde muscolo? Per qua le motivo?

La regolazione dell'accumulo o del consumo di grasso nasce a livello dell'ipotalamo, un pezzo molto importante del nostro cervello più antico, che fa da integratore di informazioni e da generatore di comandi attraverso la nostra rete neuroendocrina, indirizzando i nostri organi (tiroide, sur rene, gonadi ) ed anche l'apparato osteomuscolare verso u n m a g g i o r e o m i n o r funzionamento. I segnali a cui l'ipotalamo risponde sono gli stessi a cui rispondeva l'uomo primitivo, sempre attento a risparmiare energia. Dunque un eventuale regime ipocalorico (letto dal cervello come una carestia) segnala all'ipotalamo l'impossibilità di costruire massa muscolare, per non sprecare

energie, e l'atleta si trova nel giro di poco tempo demuscolato. Naturale che per comprendere cosa stia succedendo all'interno del corpo occorrono strumenti adeguati – come un affidabile bioimpedenziometro – che consentano di analizzare la

composizione corporea in termini di muscolo, acqua e grasso. Lo sportivo non può permettersi una dieta ipocalorica. Mai.

E sotto sforzo, che cosa succede?

Sotto sforzo le cose cambiano. E cambiano in modo differente a seconda dello sport praticato. Chi corre un trail, una skyrace o anche una semplice gara in natura, deve sottoporsi a uno sforzo cardiaco piuttosto elevato (anche 170-180 battiti/minuto), che rende minime le possibilità nutrizionali. Diverso i l caso dell'escursionista, che ha invece pause frequenti e ritmi cardiaci piuttosto bassi. Il nordic walker si

trova invece in una posizione intermedia. Più alto è l'impegno cardiaco, meno il nostro apparato digerente è in grado di processare degli alimenti. L'altra variabile è poi la lunghezza del

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Sport invernale.

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tragitto, che influenza, di solito, l'impegno cardiaco. Un'uscita di un'ora è ben diversa da quel punto di vista da una prestazione da 8-10 ore.

Che cosa possono mangiare sotto sforzo questi sportivi?

Prima di tutto va capito se p o s s o n o o n o n p o s s o n o mangiare. Il nostro organismo possiede (se le scorte sono piene) una disponibilità di zuccheri tra fegato e muscoli (sotto forma di glicogeno) pari a circa 30 kcal per kg di peso. Diciamo dunque che un adulto parte per l'allenamento o per l'escursione con circa 2000 kcal zuccherine disponibili. Inoltre ciascuno di noi dispone di scorte di grassi pressoché illimitate (150.000 kcal per un individuo magro), che tuttavia non possono e s s e r e u t i l i z z a t e s e n o n accompagnate da zuccheri. Un allenamento di durata deve dunque prevedere un consumo contenuto delle scorte zuccherine, sfruttando anche le scorte lipidiche. Ciò avviene se l'andatura è lenta. Se l'impegno cardiaco

aumenta (e in salita è pressoché inevitabile) il consumo di zuccheri sale, e si può andare incontro a un precoce esaurimento.

Dunque il fattore limitante della prestazione sono gli zuccheri?

A meno che l'uscita sia molto breve (diciamo inferiore alle due ore di impegno) si può dire di sì: in quel caso un'integrazione zuccherina può dare dei benefici, ricordando che sotto sforzo non vi è rischio di picco glicemico, come invece avviene se si assumono zuccheri mentre si è seduti sul divano. Sotto sforzo intenso o medio (corsa, sci da fondo, nordic walk ing impegnato ) che s i prolunghi oltre le due ore, può essere utile assumere zuccheri d isc io l t i in acqua a bassa concentrazione (6% circa), fino a un massimo di un litro/ora. Q u a l u n q u e c i b o s o l i d o o contenente grassi e/o proteine (le

classiche barrette) non solo non apporta energia (essendo richiesto un tempo digestivo tanto più lungo quanto più forte è l'impegno) ma soprattutto sottrae risorse richiamando sangue

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Sport estivo.

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verso l'apparato digerente e sottraendolo ai muscoli impegnati nello sforzo. Questo fenomeno, chiamato “furto di sangue”, deve essere accuratamente evitato. Della frutta molto acquosa (arancia, mela, susina, albicocca) può essere un accettabile compromesso: non implica una digestione troppo complessa, e fornisce anche minerali, antiossidanti, vitamine, che nessuna soluzione zuccherina è in grado di offrire.

Questo vale anche per l'escursionista? In montagna si vede addentare di tutto

L'escursionista è avvantaggiato dalla lentezza e durata del suo esercizio. Quando le pulsazioni sono basse, diciamo intorno alle 110-120/minuto, è praticamente possibile anche una minima funzione digestiva. Sono dunque tollerabili anche cibi solidi, purché non troppo ricchi di grassi o di proteine. No dunque al cioccolato, alle barrette complesse, al formaggio, mentre è accettabile il consumo di carboidrati (magari integrali) come pane e marmellata, biscotti secchi, barrette al miele o alla frutta e cereali, frutta disidratata o fresca (anche banane), gallette di riso/mais ecc. E' chiaro che se il camminatore fosse un cardiopatico, diabetico, obeso, che per il solo camminare manda le sue pulsazioni molto in alto, varrebbero per lui le stesse limitazioni digestive del corridore. Il nordic walker è invece una perfetta via di mezzo. Il suo gesto può essere atletico e intenso o, pur nel rispetto della tecnica acquisita, lento e lieve. Nel primo caso le limitazioni nutrizionali saranno simili a quelle del corridore, nel

secondo saranno consentiti i cibi di cui può fare uso l'escursionista.

E se poi una volta arrivati al rifugio ci si volesse tuffare su una fumante tazza di cioccolata calda?

I vincoli e le limitazioni valgono e hanno un senso fino a che siamo impegnati nel gesto sportivo. Una digestione pesante in corso può anche guastarci la giornata, o rendere il nostro gesto meno naturale e piacevole. Quando abbiamo finito, se lo sforzo è stato ben dosato, ci troviamo in una situazione di svuotamento delle nostre scorte di glicogeno. Che vanno rapidamente ricostituite. Non chiedetemi, come nutrizionista, di avallare il consumo di alimenti zuccherini fuori dall'attività sportiva: ne combatto quotidianamente l'abuso! Tuttavia se c'è un momento in cui possiamo concederci qualche stravizio è proprio nelle ore subito successive ad un'attività sportiva intensa o prolungata. Una bella cioccolata, specie in inverno, se non troppo zuccherata, può essere un accettabile compromesso. Si vive una volta sola.

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Chi è Luca Speciani

Luca Speciani, che inizia da oggi la sua collaborazione con Prealpi e con Prowalking (partner tecnico della rivista), è medico e alimentarista. Inventore del metodo DietaGIFT con il fratello Attilio, è responsabile medico nutrizionale della nazionale italiana di ultramaratona, tecnico FIDAL e istruttore di Nordic Walking. Autore di numerosi testi di medicina, sport e alimentazione, collabora con diverse riviste, tra cui Correre, Triathlete, Ciclismo. Visita nei sui studi in Lombardia (Bellusco), Piemonte (Costigliole Saluzzo) e Veneto (Revine). Il suo sito di riferimento è www.dietagi f t . i t e lo s i può contat tare a l l ' indi r izzo [email protected]

42dott. Luca Speciani.

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PARAPENDIO MONTE FARNO

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PUBBLIREDAZIONALE

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EMOZIONI DA PRENDERE AL VOLO.Scoprire le emozioni del volo libero, guardare il mondo dall’alto, vivere una nuova dimensione: sono solo alcune delle esperienza da vivere con la scuola di volo Parapendio Monte Farno. Da più di vent’anni l’Aero Club Monte Farno di Gandino brevetta nuovi piloti e offre a chiunque la possibilità di provare il volo in parapendio biposto in compagnia dei suoi istruttori. La scuola offre agli aspiranti allievi la prima giornata di prova gratuita direttamente sul campo pratica ove cimentarsi con il primo approccio al parapendio; successivamente, si potrà decidere per l’iscrizione al corso. Il corso di volo si suddivide in due livelli: il primo si sviluppa nel week end ed eventualmente, in base alle esigenze dei partecipanti, anche nei giorni feriali. La durata approssimativa è di 7/8 giornate con circa 3 ore di lezione al giorno; durante questa fase l’allievo perfeziona le fasi del decollo e dell’atterraggio, cominciando con brevi stacchi da terra per giungere gradualmente ai primi voli alti. Questi sono i requisiti essenziale per aver accesso al secondo livello L’obiettivo del secondo livello è il raggiungimento della totale autonomia di volo e della gestione pratica e teorica del volo; questa fase si raggiunge effettuando non meno di trenta voli alti, tutti costantemente seguiti via radio dagli istruttori. Durante il volo, al fine di garantire la massima sicurezza, l’allievo verrà munito di ben due apparecchi radio collegati costantemente all’istruttore che da terra impartirà le direttive del volo. Per i piloti già in possesso

dell’attestato di volo, la scuola parapendio Monte Farno organizza corsi S.I.V. - Simulazione Incidenti di Volo - corsi di decollo alla francese e corsi di pilotaggio in termica. Il Club volo libero Monte Farno si propone come punto di aggregazione per i piloti di parapendio che praticano questo sport sulle pendici del monte Farno nella verde Val Gandino e più in generale nell’alta Val Seriana

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SHOPPING

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SCELTI DA PREALPI

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SCARPA

Del mood anglosassone ha ereditato quel mix di sobrietà ed eleganza così innegabi lmente Br i t ish. Morbida, confortevole, efficiente la London GTX di SCARPA nasce per spiriti viaggiatori. Più la si usa più diventa bella. Cosmopolita per vocazione, s i adatta a ogni situazione: dalla città agli ambienti outdoor, incurante di gelo, pioggia neve. Tomaia in pelle ingrassata o Nubuck, fodera in GORE-TEX®, suola Captive per una grip eccezionale. 155 Euro

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Per l’inverno 2011/12 un modello davvero innovativo: la ciaspola 999. Sia che si tratti di alpinisti che utilizzano le ciaspole come parte del loro allenamento o di snowboarder e freestyler che v o g l i o n o r a g g i u n g e r e v e t t e incontaminate, sono sempre di più gli amanti degli sport alpini alla ricerca di snowshoes che consentano loro di sostenere prove più impegnative. La 999 adotta l’allacciatura elastica con chiusura veloce e la vestibilità dinamica e il triplice aiuto in salita, manovrabile dall'alto sempl icemente con l ’aus i l io de i bas tonc in i da sc i . 199 ,90 Euro

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DYNAFIT

Con la linea Baltoro, Dynafit ha realizzato uno sci da escursionismo adatto a un’ampia gamma di impieghi, dedicato non solo ai professionisti, ma anche ai principianti. Dynafit per la stagione 2011/2012 ha inoltre sviluppato un set coordinato composto dallo scarpone ZZero4 C-MF, dal nuovo attacco Radical ST, bastoncino e zaino per un total look giovane e accattivante. La particolare costruzione e la struttura dell’anima in legno di alta qualità dello sci Baltoro, garantiscono un sostegno ottimale a ogni virata. Grazie alla superficie 3D, lo sci offre la massima rigidità e fluidità. L’attacco brevettato Speed Skin Fix di DYNAFIT permette inoltre di agganciare e rimuovere comodamente le pelli. È stata adottata l’eccezionale costruzione Rocker Tip - appositamente studiata da DYNAFIT per gli sci da escursionismo - che garantisce un galleggiamento ottimale dello sci e, grazie alla maggiore risposta dinamica, facilita la discesa anche ai free rider meno esperti. Lo

scarpone ZZero4 C-MF offre il perfetto mix di materiali con carbonio fa di questo versatile scarpone il 4 leve più leggero disponibile in commercio. In perfetto abbinamento, l’attacco RADICAL ST rende il sistema senza intelaiatura accessibile a tutti. Il funzionamento è intuitivo e il puntale ottimizzato facilita l’aggancio, offrendo così un maggiore sostegno. Completano al linea, il bastoncino Touring Pro e lo zaino. Linea Baltoro Sci 450 Euro - Scarpone 530 Euro - Attacco 400 Euro - Bastoncino 60 E u r o - Z a i n o 1 7 0 E u r o .

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BRIKO

Briko propone alle sciatrici che amano sfidare se stesse e gli amici sulle piste la nuova maschera K Racy Duo. Proposta con doppie lenti, potrà essere indossata in qualsiasi condizione meteorologica. K Racy Duo perfettamente abbinata al casco Kodiak Roll Fit (sinonimo di sicurezza e comfort grazie al sistema di regolazione interno) nei divertenti toni del v e r d e p r a t o , a z z u r r o c i e l o e naturalmente... rosa shocking! Un total look unico per affrontare con stile ogni sfida sulla neve. K Racy Duo: 99 Euro - Kodiac Roll Fit: 105 Euro

MOUNTAIN HARDWARE

Nit rous Jacket per passare con disinvoltura dalle piste allo street wear. Calda imbottitura in piuma d’oca, ultraleggerezza, protezione. Costruzione trapuntata, trattamento DWR, protezione salvamento in Micro Chamois™. 250 EuroSagitta Dome è un tocco di colore e di calore per completare la tenuta invernale delle active ladies. La soffice lana è abbinata alla fodera in microfibra di poliestere riciclato. Orecchie al caldo grazie all’apposita protezione. 30 Euro

POLARTEC

Difficile trovare uno strato termico più caldo: con Ladakh FZ sulla pelle calore e benessere sono garantiti, anche quando il freddo diventa gelo. I l tessuto Polartec® Thermal Pro® nasce per garantire isolamento, leggerezza, traspirabilità resistenza estrema in tutte le situazioni. Firmata Salomon, Ladakh FZ è ideale per lo sci, le escursioni in montagna, la vita cittadina nei lunghi e freddi inverni. E, quando il clima comincia a farsi più tiepido, si indossa sopra ad una T-shirt, perfetto esempio di versatilità infinita. 180 Euro

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PRIMALOFT

L’intramontabile Parka della linea /29 by Norrøna acquista una nuova identità: i materiali sono ad altissima tecnologia e il design rivisitato in chiave “active”. L’isolamento PrimaLoft® Sport, offre calore pari alla piuma d’oca persino in cond iz ion i d i bagna to es t remo, m o r b i d e z z a , l e g g e re z z a , t o t a l e i d r o r e p e l l e n z a , t r a s p i r a b i l i t à , comprimibilità. Strato esterno in tessuto GORETEX®, ghette per le mani, nuove zip in metallo YKK®. Disponibile nelle due versioni uomo e donna. 700 Euro

C.A.M.P.

Durante le attività invernali in montagna un buon utilizzo delle mani è sinonimo di benessere, di performance e di avere tutto “a portata di mano” a seconda delle situazioni : per l’alpinista, l’ice climbing, per gli sciatori o i semplici escursionisti C.A.M.P. propone una rinnovata linea completa di guanti, con prodotti tecnici che corrispondono ad ogni domanda e ad ogni utilizzo. Il design curato e la scelta dei migliori materiali offrono un prodotto efficace al 100%. G Comp Wind Legger i ed avvolgent i per compet iz ion i d i sc i a lp in ismo e a lp in i smo. P ro tez ione an t i ven to Windmit’N inserita nella parte alta del polso. 61 Euro

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COLOPHONDirettore Responsabile: Marco SpampinatoHanno collaborato alla realizzazione di questo numero:Vincenzo Aliberti, Davide Novali, Roberto Lorenzi, Giovanni Frangi, Daniele Frigerio, Milva BigoniRivista bimestrale Autorizzazione Tribunale di Bergamo n.27 del 30.08.2006www.prealpi.eu - [email protected] EDIZIONI - via Pio XII, 1 - 24044 Dalmine - Bergamo Redazione: tel. +39 349 7177035 - fax +39 035 19962633 [email protected]: officinadanovaPubblicità: Turismo Edizioni - tel. +39 348 3848389 [email protected] - Una Montagna di Sport è associata al circuito Visiotrade

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