Nuova Proposta marzo aprile 2015

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale n. 3/4 - 2015 anno XXXXI Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC Dolci evasioni

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Il bimestrale di Uneba - www.uneba.it

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Bollettino ufficiale

dell’UNEBA

Unione Nazionale

Istituzioni e Iniziative

di Assistenza Sociale

n. 3/4 - 2015

anno XXXXI

Poste Italiane SpA

spediz. in abb. post.

70% - C/RM/DBC

Dolcievasioni

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3 L’economia bianca5 Il cerchio perfetto8 Chi controlla il terzo settore?

10 Pubblica e (tuttavia) privata trasparenza12 Dentro la regole14 TerSo settore15 La misurazione del valore economico del volontariato17 Dottor Treno20 Norme giuridiche e Giurisprudenza22 Inidoneità all’esercizio della mansione24 Colpo d’ala

Foto in copertina:Detenuti del carcere di Padova impegnati nel reparto pasticceriapromosso e gestito dal Consorzio sociale “Giotto”.

SOMMARIO

Alcune frasi del discorso di insediamentodi SergioMattarella aPresidente dellaRepubblica. LaSua attenzione ai poveri è stataparagonata aquella di La Pira.

Auguri,Presidente!

Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato. La responsabilità di rappresentare l’unità nazionale innanzitutto. Ma anche l’unità costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini.

L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze.

La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente.

Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del Capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione. L’arbitro deve

essere - e sarà - imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza.

Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo.

Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle Istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani:

il volto di chi lotta contro le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto.

Auguri,Presidente!

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di Paola Springhetti

«Il welfare non è una spesa ma un in-vestimento. Se capiremo questo, in-nanzitutto cominceremo a non con-

siderare il welfare come il luogo dal qualeandare a prendere con facilità risorse per de-stinarle ad altro». Era dicembre quandoMonsignor Nunzio Galantino, segretario ge-nerale della Cei, diceva queste parole, pur-troppo inascoltate.Che il welfare sia in crisi lo si dice da anni,affrettandosi ad aggiungere che bisognapensare forme nuove e a volte alternative.Nel frattempo, il nostro Paese ha sempreavuto un punto di riferimento certo: la fami-

glia, altro istituto sicuramente in crisi, maancora capace di farsi carico dei membri fra-gili o in difficoltà – anziani, disabili, malatinel corpo e nell’anima, giovani inoccupati eadulti disoccupati… Insomma, il welfare sirestringeva progressivamente, lasciandosempre più aree del bisogno scoperte, ma lafamiglia teneva duro, e anzi spesso allarga-va il proprio carico di cura. Almeno fino apoco tempo fa, perché ora anche il welfare

familiare è in crisi.

Lo dicono i dati del Censis (Rapporto «Wel-fare, Italia. Laboratorio per le nuove politi-che sociali», in collaborazione con Unipol e“Rapporto sulla situazione sociale del paese2014), che forniscono un paio di indicatoriimportanti.Il primo è che le famiglie italiane nel 2013hanno diminuito la spesa sanitaria, cioè han-no rinunciato ad analisi e prestazioni medi-che private e cure (- 5,7%) per un ammonta-

re di quasi 7 milioni di euro. Si tratta di pre-stazioni non indispensabili, ma che purepossono influenzare fortemente la qualitàdella vita, come quelle preventive o quelledentistiche. Ma perché le famiglie devonoricorrere alle prestazioni private? Perché ilservizio pubblico non ce la fa: il 73% dellefamiglie italiane ha fatto ricorso almeno unavolta negli ultimi due anni a visite speciali-stiche o a esami diagnostici a pagamento,soprattutto perché (nel 75% dei casi) i tempidelle liste d’attesa erano talmente lunghi davanificarne l‘utilità. Inoltre il 31% delle fa-miglie ha dovuto rinunciare almeno una vol-ta negli ultimi due anni a visite specialisti-che, a esami diagnostici o a cicli di riabilita-zione e il 72% dichiara che si troverebbe indifficoltà se dovesse sostenere grosse spesemediche.Il secondo indicatore riguarda un settoretradizionalmente demandato al privato e inparticolare alle famiglie stesse: quello dellacura degli anziani. Il numero delle badanti èdiminuito: 4mila in meno nel 2013, dopoanni di crescita che avevano portato il loronumero a oltre 960mila. Del resto, anche laspesa delle famiglie per la salute era andataaumentando negli ultimi anni, parallelamen-te ai tagli alla sanità e al welfare: tra il 2007e il 2012 era aumentata di oltre il 9%. Poi,la contrazione, come abbiamo già detto.Sarebbe bello pensare che la contrazionedella spesa sia dovuta alla contrazione deibisogni, ma così non è. Prendiamo ad esem-pio il dato della disabilità: secondo il Censisla cifra di 4,1 milioni di persone che si stimasiano attualmente portatrici di disabilità èdestinata ad aumentare e salirà a a 4,8 milio-ni tra cinque anni. Analogamente, è destina-ta ad aumentare la domanda di assistenzaper gli anziani non autosufficienti, perché lapopolazione continua ad invecchiare: se laspesa complessiva per gli anziani serviti daassistenza a lungo termine è pari attualmen-te all’1,7% del Pil, nel 2050 l’incidenza po-trebbe arrivare al 4%.Insomma, il welfare pubblico si restringema la domanda di servizi per la salute e diassistenza si dilata. A chi toccherà risponde-re? E in quali modi?Il Censis fa notare che l‘Italia ha una quotamolto bassa di assicurazioni integrative e di

L’economia bianca

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nella white economy, e per farlo è necessa-rio integrare pubblico e non profit, e magarianche profit. Insieme possono mettere insie-me risorse e strumenti per raggiungere dueobiettivi contemporaneamente: alzare laquantità e la qualità dei servizi, ridando si-curezza e fiducia agli italiani in una settorevitale come questo e valorizzare una filieraeconomico-produttiva che può aiutarci a ri-creare sviluppo.La situazione che oggi prevale, per quantoriguarda i rapporti tra servizio pubblico e

non profit, è quella che vede quest’ultimostretto in un rapporto di sudditanza nei con-fronti del primo, costretto a lavorare conprogetti su tempi brevi, che non consentonoinvestimenti e sperimentazioni a lungo ter-mine, spesso dentro logiche di clientelatutt’altro che trasparenti o determinati dabandi che ancora puntano al massimo ribas-so, senza tenere conto della qualità ed effi-cacia dei servizi. Con pubbliche ammini-strazioni che preferiscono affidare servizialle organizzazioni di volontariato piuttostoche alle cooperative, perché così risparmia-no ulteriormente, e non importa se - per de-finizione - un’organizzazione di volontaria-to non può garantire continuità e professio-nalità.Ciò che invece serve è una collaborazionesistematica, paritaria, trasparente tra Terzosettore e istituzioni, tra mondo del sociale edecisori pubblici, per mettere le potenzialitàe le esperienze di ciascuno al servizio dellacomunità, individuando i modi più efficacidi utilizzare le risorse massimizzando i ri-sultati, costruendo sistemi di servizi alla fa-miglia e alla persona in grado di cambiaredavvero la qualità di vita – ad esempio per-mettendo alle donne di conciliare vita priva-ta a vita lavorativa - ma soprattutto deli-neando e poi realizzando un progetto di wel-fare in grado di sostenere i cittadini, dandoloro serenità per il futuro.Senza il Terzo settore tutto questo non sipuò fare, perché un’innovazione di questogenere non può essere calata dall’alto, madeve nascere dai territori, ed è proprionell’ambito del Terzo settore che si annida-no le migliori capacità di leggere i bisogni edi individuare le risposte. In fondo, ancorauna volta, ci troviamo a non fare altro che ri-badire il principio di sussidiarietà, in base alquale è compito delle istituzioni promuove-re le realtà associative sul territorio e crearele condizioni perché possano operare. Nonsolo in concorrenza con gli alti operatori –pubblici e privati – ma anche in collabora-zione con loro.

strumenti simili, sia rispetto agli Stati Uniti(oltre il 76% del totale della spesa sanitariaè coperto attraverso questi strumenti), sia ri-spetto ad altri Paesi europei (Francia 66%.Germania 40%): noi siamo fermi al 13,4%.Ma questo è solo un aspetto del problema,l’assicurazione integrativa è una risposta in-dividuale per la quale abbiamo evidente-mente poca propensione e che non sarà maiaccessibile a tutti. La risposta va cercata intermini comunitari e politici: come diceMons. Galantino, nel welfare occorre inve-stire. Perché è giusto in termini di diritti e diequità sociale, e anche perché conviene sulpiano economico.Quella che ormai viene definita white eco-nomy (cioé l’economia della salute,dell’assistenza e del benessere delle perso-ne che in Italia genera oltre 186 miliardi divalore della produzione e impiega più di 2,7milioni di addetti, tra personale medico, pa-ramedico, addetti a servizi socio-assisten-ziali, ricercatori, lavoratori nelle produzionidel biomedicale e nell’industria farmaceuti-ca ) è, insieme alla green economy, un set-tore in espansione che potrebbe dare ancorapiù frutti in termini di occupazione e di cre-scita, oltre che di servizi. Naturalmente acondizione che sappia intercettare i veri bi-sogni delle persone e di conseguenza le ri-sposte più pertinenti e anche più “utilizzabi-li” dai cittadini.Prendiamo la questione delle badanti, dicui l’Italia è il Paese che fa maggiore usotra quelli dell’area Ocse. Le famiglie le re-clutano attraverso canali informali, spessopreferendo quelle che accettano di lavora-re in nero (o devono farlo, perché non han-no il permesso di soggiorno), visto che lepagano di tasca propria e il risparmio èspesso un valore irrinunciabile nel bilan-cio familiare, senza avere la possibilità divalutarne la preparazione (leggendarie so-no le aneddotiche sui piatti grondanti bur-ro e panna cucinati con amore per anzianiche dovrebbero tenere diete rigorosissi-me). Altri dati dicono che nel campo deiservizi alla persona il lavoro irregolare èdel 40%.Cooperative e associazioni di varie partid’Italia hanno organizzato corsi di forma-zione per badanti, ma sono rimaste espe-rienze isolate e insufficienti a ridare una ve-ra risposta al problema. Politiche coerentiche sostengano progetti di vasto respiro po-trebbero, in questo e in tanti altri campi, ri-spondere a bisogni oggettivi, creare lavoroe anche legalità.Investire nel welfare oggi significa investire

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Officina Giotto raggruppa due coope-rative sociali di tipo B. La Cooperati-

va Giotto è una multiservizi nata per ope-rare nel settore del verde e del giardinag-gio, e che oggi si occupa anche di pulizieindustriali e civili, gestione di parcheggi,servizi di custodia, gestione di collegi uni-versitari, raccolta di rifiuti, costruzione dibiciclette, servizi digitali e call center.Specializzata nella ristorazione è inveceWork Crossing, che a Padova gestiscedue ristoranti (Forcellini172 e AQuattro),il Centro congressi Padova A. Luciani,una rilevante attività di ristorazione collet-tiva e catering, oltre alla già citata pastic-ceria del carcere. Le cooperative impiega-no complessivamente poco più di 500 la-voratori, di cui il 40% circa in condizionedi svantaggio, per un fatturato complessi-

vo di 20 milioni di euro circa nell’ultimoanno.Officina Giotto, il cui presidente è Nicola

Boscoletto, è però anche frutto di un cam-mino in cui competenze imprenditoriali esociali sono maturate nel corso degli anni,fino a determinare una configurazioneaziendale che ha tratti di singolarità, senon di unicità. Per approfondire questiaspetti abbiamo intervistato il responsabi-le dell’area giuridica della cooperativaGiotto, Gianluca Chiodo.

Può delineare la fisionomia del Consor-

zio sociale Giotto?

Il consorzio nasce alla fine del 2004 con ilnome Rebus, consorzio di cooperative so-ciali (la denominazione attuale è del2013). Giuridicamente è a sua volta unacooperativa sociale, normata dall’articolo8 della legge 381/91. Non un consorziostabile quindi, né di quelli previsti dal co-dice civile. Infatti siamo anche iscrittinell’albo regionale della cooperazione so-ciale nella sezione C, riservata a questeforme giuridiche.

Come è maturata l’idea di dare vita a

un consorzio sociale?

È nata verso la fine del 2004. Con la coo-

Il cerchio perfetto

È noto soprattutto per l’attività che svolge nelcarcere di Padova, il Consorzio sociale Giotto.E in particolar modo per quella pasticceriache si è guadagnata molti premi e riconosci-menti di eccellenza. Il consorzio però, che sipropone con il brand Officina Giotto, rappre-senta anche un laboratorio imprenditoriale esociale di grande interesse.

Det enut ip as t i cci eri del carcere di Pado v a

i ns i eme al Pres i dent e

del Co ns o rz i oGi o t t o , Ni co l a

Bo s co l et t o .

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dall’amministrazione carceraria. Un siste-ma che non garantiva qualità e soprattuttoera profondamente diseducativo. Prova neè l’assoluta inincidenza ai fini della recidi-va. Per chi viene impiegato nei lavori in-tramurari infatti la recidiva è sostanzial-mente pari alla media, cioè 70 per cento,anche se ci sono ottime ragioni per pensa-re che in media gli ex detenuti che unavolta scarcerati tornano a delinquere sianoancora di più. Per i detenuti coinvolti in unlavoro vero, come quelli promossi dallacooperazione sociale in varie carcerid’Italia, la recidiva crolla al 2-3 per cento.

E la pasticceria com’è nata?

Il progetto del Ministero considerava qua-lificante ampliare l’offerta lavorativa per idetenuti con lavorazioni rivolteall’esterno, non solo ai carcerati stessi, co-me le cucine. Così abbiamo invitato gliamici della cooperativa sociale WorkCrossing, con un curriculum nella ristora-zione che già allora era di tutto rispetto euna storia imprenditoriale per certi versisimile alla nostra, di trasferire all’internodel carcere un piccolo laboratorio di pa-sticceria esistente da anni. La specialitàerano le colombe pasquali e i panettoni, diquesti ultimi si producevano circa quattro-mila pezzi l’anno.

E oggi?

Nel 2014 ne abbiamo prodotti più di 80mi-la.

perativa Giotto eravamo presenti ormai damolti anni nella casa di reclusione DuePalazzi; dal ’91 con l’annuale corso diformazione sulla gestione del verde e poidal 2001 con la prima attività lavorativa:la realizzazione di manichini artigianali incartapesta destinati al mondo dell’altamoda.

Il 2001 è anche l’anno della legge Smu-

raglia, che ha consentito la nascita di la-

vorazioni carcerarie in vari istituti ita-

liani.

Una legge benemerita, che ha permessol’avvio non solo del laboratorio di mani-chini, ma dal 2005 in poi anche di attivitàquali l’assemblaggio di valigie per Ronca-to, la costruzione di biciclette Esperia, ilcall center e altre. Ma la nascita del con-sorzio è legata più direttamente a un’altralavorazione, la gestione delle cucine delcarcere.

A che anno risale?

Al 2004, grazie a un progetto sperimenta-le Pea 14 del Ministero della Giustizia,che affidava le cucine di dieci carceri ita-liane ad altrettante cooperative sociali conl’obiettivo di rinnovare le strutture, ade-guare le procedure, elevare la qualità delservizio e formare professionalmente i de-tenuti.

Com’erano gestite prima le cucine?

Con i cosiddetti lavori domestici gestiti

Det enut i delcarcere di

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Una crescita vertiginosa. Ma torniamo

al consorzio.

Il consorzio nasce nel 2004 anche per faci-litare le relazioni con varie figure impor-tanti per il reinserimento delle personesvantaggiate, quali direzione del carcere,educatori, psicologi, psichiatri, assistentisociali, operatori dei comuni e delle Aslper quanto riguarda le dipendenze, la psi-chiatria, l’invalidità e l’handicap. Il con-sorzio inoltre nasce per fornire servizi alleconsociate, ad esempio il cosiddetto uffi-cio sociale, che si cura di selezione, ac-

compagnamento, counseling e formazionedei lavoratori svantaggiati, cioè tutti i de-tenuti e, all’esterno, i lavoratori con disa-bilità fisiche e psichiche con cui lavorava-mo fin dall’inizio degli anni Novanta.

Come si è evoluto il consorzio?

Alcune potenzialità che intravvedevamoall’inizio non si sono sviluppate, altre in-vece sono cresciute al di là delle nostreprevisioni. Ad esempio ci eravamo propo-sti che il consorzio non esaurisse la pro-pria attività in carcere ma allargasse i ser-vizi al territorio, non solo i prodotti, cosache invece hanno continuato a fare in pro-prio le singole cooperative. Nel tempo in-vece è cresciuta la fisionomia del consor-zio come referente per i rapporti istituzio-nali, soprattutto il Ministero della Giusti-zia, il provveditorato alle carceri del Tri-veneto e la direzione della casa di reclu-sione.

Quali altre funzioni svolge il consorzio

Giotto?

Soprattutto la gestione dell’attività com-merciale. Il consorzio può acquisire com-messe che poi gira alle consorziate. Lostatuto infatti prevede che possa essere di-retto contraente di servizi che reperisce sulmercato esterno e assegna alle consorziateattraverso delibere del consiglio di ammi-nistrazione, formato dai legali rappresen-tanti delle cooperative aderenti. Anchegran parte dell’attività di marketing e co-

municazione è svolta dal consorzio a be-neficio delle consorziate, penso ad esem-pio ai rapporti ultimamente piuttosto in-tensi con le testate televisive e i giornali ealla nostra presenza sul web e i socialnetwork.

Può fornirci indicazioni generali sulla

struttura finanziaria dell’opera e sul si-

stema di finanziamento?

L’anno sociale 2014 delle due cooperativesi è chiuso con un volume d’affari com-plessivo di circa venti milioni di euro. Le

cooperative sostengono lapropria struttura finanziariaquasi esclusivamente attra-verso le attività che svolgo-no, non godendo di contri-buti pubblici se non per laparte prevista dalla legge asostegno degli inserimentilavorativi di persone in con-dizione di svantaggio, attra-verso sgravi contributivi e

fiscali. Le attività nascono da commessepubbliche e private. Gli appalti pubblicisono acquisiti tramite procedure di gara oconvenzioni di inserimento lavorativo se-condo la legge 381/1991; gli appalti priva-ti derivano da rapporti commerciali o daricerche di mercato del committente.

Sembra il ritratto di un’impresa orien-

tata al mercato.

Nei rapporti con clienti, fornitori e ban-che, la Giotto ha sempre fatto fronte aipropri impegni grazie alla solidità finan-ziaria e ad adeguate risorse economicheamministrate con un attento controllo digestione. Va detto anche che fino ad alcu-ni anni fa per le cooperative di tipo B co-me la Giotto era possibile accedere a con-tributi finalizzati al sostegno di progettisociali. Oggi questi contributi si sono mol-to ridotti. Inoltre per accedervi è necessa-ria una progettazione più complessa e im-pegnativa rispetto al passato. Però siamocontenti di camminare con le nostre gam-be.

E l’aspetto sociale?

Pensiamo che il sociale residuale, assi-stenziale, abbia ormai i giorni contati nelnostro paese e non solo. Credo che oggi lasfida della qualità e della professionalitàsia uno dei più significativi banchi di pro-va per le imprese sociali.

Intervista a cura della Redazione

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zioni e facilitazioni, la promozione del rispettodelle regole e delle prassi che possono permet-tere all’intero settore di fare un salto di qualità,due principi da rispettare su tutti gli altri: de-

mocrazia e trasparenza.La democrazia, che è un concetto strettamen-te connesso prima con lo schema associativoe di conseguenza presupposto di agevolazio-ni fiscali, è ancora troppo spesso consideratacome un ostacolo per gli enti non profit piut-tosto che come fonte di ricchezza. Associa-zioni di promozione sociale, organizzazionidi volontariato, associazioni sportive dilet-tantistiche e organizzazioni non lucrative diutilità sociale sono tra le prime a dover avereun’impostazione e una struttura democratica,ma spesso sottoposte ai controlli del fisco ri-sultano essere fuori dal rispetto della loro na-tura democratica. Dove maggiormente le as-sociazioni fanno fatica ad accettare le regoledemocratiche è nell’ammissione di nuovi so-ci e nell’elezione degli organi amministrativi,tutto perché i fondatori temono che gli ultimiarrivati possano stravolgere la gestione ed iprincipi dell’associazione stessa: facile capi-re come ciò è un non senso se al centro deiprincipi associativi da rispettare mettiamo lademocrazia. Soffrono ancora di più le realtàche nascono da una esperienza vissuta dalpresidente, in tal caso la coincidenza fra asso-ciazione e individuo è pressoché sicura e lagestione del gruppo viene affidata sempre al-le stesse persone. L’associazione è un con-tratto aperto a cui possono aderire tutti gli in-dividui della collettività che ne condividonogli scopi; nello spirito della legge è fortemen-te connesso l’interesse associativo con quellodella società e l’associazione è una società(intesa come gruppo sociale) intermedia. Di-fendere l’associazione dal possibile ingressodi sempre maggiori membri della comunità diriferimento equivale a disconoscerel’associazione come formazione sociale in-termedia fra lo Stato e l’individuo in cui lepersone realizzano la propria personalità. Ec-co perché chi fa parte di un organismo di ter-zo settore non deve commettere l’errore diidentificare l’ente non profit come una pro-pria creatura, poiché ne altererebbe il signifi-

di Sergio Zanarella

Una delle più grandi agevolazioni chehanno avuto gli enti del terzo settore nel

corso degli anni è stata l’assenza di controlli,di cui hanno potuto usufruire sia i pochi, manon assenti, furbetti del quartiere, sia coloroche in buona fede hanno semplicementeignorato la necessità di rispetto delle regole,giustificata dalla causa sociale portata avan-ti, di fronte a cui adempimenti, sanzioni etassazioni sembrano dover fare un passo in-dietro. Ma tutto ciò rende effettivamente unservizio agli enti del terzo settore e ne favo-risce veramente la crescita? Bisogna dire chespesso gli enti non profit hanno fatto forticampagne per l’ottenimento di agevolazionisoprattutto fiscali e hanno perso l’occasione

di incentivare il rispetto di alcune regole

che se applicate rendono un ritorno non in-

differente in credibilità e onestà. A ciò siaggiunga che l’unico organismo che potevaavere una funzione di indirizzo e di controllo,l’Agenzia del Terzo Settore, è stata abolitadal governo Monti: quindi chi controlla e tu-tela il non profit?

Democrazia e trasparenzaIn realtà i fatti recentemente emersi a Roma,in cui una cooperativa è diventata il centro diaffari malavitosi, ci fa immediatamente pen-sare che con l’espansione delle organizzazioninon profit e della loro importanza, maggiore èla possibilità che i vizi che affliggono il Paesesi ritrovano anche in quella che dovrebbe es-sere la parte sana e virtuosa della società. Difronte alle inadempienze e alle lungaggini bu-rocratiche dello stato occorre un’autocritica

del terzo settore. Troppe volte la confusionetra i tanti soggetti ha finito per tutelare soprat-tutto le zone d’ombra e gli stessi attori del ter-zo settore hanno perso svariate occasioni perrivendicare maggiore trasparenza. Considera-ta l’importanza del non profit in Italia, che or-mai rappresenta più del 5 per cento del pro-dotto interno lordo, occorre rivendicare un in-quadramento serio e positivo del terzo settoree occorre anche che le norme e i vincoli a ca-rico degli enti non profit siano maggiormenteconosciuti e diffusi fra le associazioni stesse.Occorre affiancare alle richieste di agevola-

Chi controllail terzo settore?

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cato e ne limiterebbe le potenzialità. Ancoradi più perderebbe l’occasione di coinvolgerele persone nella gestione e nella partecipazio-ne di pezzi di vita sociale, aspetto fondamen-tale per far emergere il terzo settore comemodello culturale sostenibile e capace di uncambiamento della società. Le associazionisono da questo punto di vista delle palestre dieducazione civica in cui l’individuo può im-parare a prendersi cura di interessi più larghidi quelli personali e avvicinarsi gradualmentead un idea di Stato in cui tutti aderiamo, par-tecipiamo e decidiamo.Ed allora ecco che, per partire dalla domandache ci siamo posti all’inizio, è più facile ri-spondere, senza aver paura di nessun conflittodi interessi, affermando che il terzo settore puòcontrollarsi da solo, può aspirare ad ottenereun luogo, che sia un’agenzia, un’authority, oun organismo similare, non necessariamentedi carattere pubblico, piuttosto dotato di stabi-lità e poteri di controllo a cui partecipano sog-getti designati dagli stessi enti non profit. Tan-te leggi regionali e nazionali sul terzo settoreprevedono osservatori di diverse tipologie: ta-li organismi potrebbero essere razionalizzati edotati di poteri più concreti. Il terzo settorenon deve aver paura di auto-controllarsi, nétanto meno di fare i propri interessi, perchè sesi arricchisce il terzo settore si arricchisce lasocietà intera. Non applicherei questa pro-prietà transitiva ad una società di capitali, nétanto meno però ad una associazione che nonfaccia propri quei valori di democrazia e par-tecipazione sopra descritti.

Venditori di donazioniSiamo pronti adesso ad affrontare una secon-da domanda strettamente connessa al princi-pio di trasparenza: quanti si fidano degli en-

ti non profit? Prescindendo da dati statistici,intendo riferirmi ad alcuni comportamenti po-sti in essere da grandi enti non profit che amio parere suscitano perplessità. La domandapotrebbe essere posta in questo modo: gli entidel terzo settore riescono a porre in essereprassi e strumenti che generano fiducia nellacollettività? Su questo a mio parere si può fa-re una distinzione fra enti di piccola dimen-sione e quelli di grandi dimensioni: nel primocaso la fiducia è generata dal rapporto direttocon i donatori e i beneficiari e questo sopperi-sce anche ad alcune carenze di comunicazionedella propria mission e delle attività tipichedell’ente. Per quanto riguarda le grandi asso-ciazioni invece essendo più difficile cono-scerle da vicino, è molto importante predi-sporre strumenti, sia all’atto della raccoltafondi sia nelle attività concrete, che non gene-

rino dubbi sulla buona causa da sostenere. Daquesto punto di vista devo dire che i vendito-

ri di donazioni che spesso troviamo nellegrandi stazioni e nei centri commerciali nongenerano adeguata fiducia, così come un bus-solotto lasciato solo presso un negozio o unbar. Così come tutto il sistema di protezionecivile si sta contornando di un alone di pocachiarezza e soprattutto fa sempre più fatica arimanere dentro i canoni del volontariato. An-che in questo campo le associazioni non han-no prodotto documenti e modelli che potesse-ro agevolare la fiducia, e da parte sua il legi-slatore non si è preoccupato di normare in ma-niera adeguata la funzione del controllo deglienti non profit, tenendo in scarsa considera-zione il fatto che la gestione delle risorse daparte degli enti senza scopo di lucro è unaspetto assai delicato, poiché tali enti perse-guono spesso interessi pubblici per mezzo dicontributi ed erogazioni effettuati da soggettiterzi con uno specifico fine.In effetti gli amministratori delle organizza-zioni non profit sono equiparabili agli ammini-stratori pubblici, poiché ricevono contributi daraccolte pubbliche e devono essere in gradodimostrare come utilizzano tali fondi.Su questa materia gli enti non profit hanno do-vuto prendere spunto dalla dottrina aziendali-stica, la quale da tempo sottolinea l’importanzadi perseguire la massima trasparenza della ge-stione nell’interesse di tutti i vari partecipantiall’attività dell’impresa (stakeholders). Se latrasparenza è un valore per le imprese, lo è amaggior ragione per gli enti senza fini di lucro,poiché l’assenza di interessi proprietari implicala necessità di trasparenza per un migliorecoinvolgimento di tutti i soggetti coinvoltinell’attività dell’ente, ai fini di un più incisivoperseguimento degli scopi dello stesso.Gli enti dipendono, ai fini del finanziamentodelle loro peculiari combinazioni produttive,dai finanziamenti pubblici e degli apporti deidonatori. Tali soggetti danno, e sempre più da-ranno in futuro, risorse al mondo non profit, inrelazione alla verifica concreta di ciò che vie-ne fatto dagli enti, e di cui gli stessi rendonoconto.La trasparenza negli enti è un dovere morale de-gli amministratori, ma è anche un’opportunitàper favorire lo sviluppo degli stessi; nel mondonon profit questa esigenza non è da tutti perce-pita, anche per le lacune della normativa di set-tore.Seppure negli enti non profit vi è ancor oggiuna tendenza alla riservatezza, tale atteggia-mento non può costituirne la linea guida delleattività, pena la loro esclusione dalla comunitàcui appartengono.

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Ripartiamo dalle premesseCon la Legge n. 190 del 2012 erano stateapprovate le “Disposizioni per la preven-

zione e la repressione della corruzione e

dell’illegalità nella pubblica amministra-

zione“. Sono stati poi emanati decreti attua-tivi (D.Lgs. n. 33 del 2013, D.Lgs. n. 39 del2013, D.P.R. n. 62 del 2013) affinchél’Italia si dotasse di un sistema organico diprevenzione della corruzione, che ha porta-to all’approvazione del Piano Nazionale

Anticorruzione da parte della CIVIT (oraAutorità Nazionale Anticorruzione -ANAC). Nel 2014, a seguito diun’istruttoria con il Ministerodell’Istruzione, dell’Università e della Ri-cerca (MIUR), è stato emanato un Atto Ag-giuntivo al fine di assicurare l’applicazionedella normativa anche nelle istituzioni sco-lastiche. Discorso analogo vale per il Mini-stero della Salute, per il comparto sanitario.Gli adempimenti delle Regioni e degli Entilocali sono stati stabiliti in un’intesa in sededi Conferenza unificata (nel 2013). Si è an-che giunti all’approvazione di un documen-to tecnico che definisce gli incarichi vietatiai dipendenti delle amministrazioni pubbli-che.Per la formazione in materia di prevenzionedella corruzione è stata anche istituita laScuola Nazionale di Amministrazione(SNA).Secondo quanto programmato nel Piano Na-zionale Anticorruzione, le pubbliche ammi-nistrazioni locali devono adottare Piani

Triennali di Prevenzione della Corruzio-

ne, sottoposti a monitoraggio, anche alloscopo di rendere tali strumenti sempre piùincisivi. Per l’assolvimento di tali adempi-menti è stato appositamente creato il siste-ma informatico denominato “PERLA PA”.Il Piano Nazionale individua tre obiettivi:• ridurre le opportunità in cui si manifesti-

no casi di corruzione;

di Alessio Affanni

L’ennesimo scandalo di una pubblicaamministrazione appaltante e dei pri-

vati appaltatori ha meritato (nell’ultimocaso, quello romano) l’appellativo di ve-ro e proprio “mondo di mezzo”, defini-zione che indica non semplicementel’esistenza di un episodico o isolato mo-do di agire disonesto, ma una vera e pro-pria realtà tangibile, fatta di strategiepianificate, persone, pessime abitudini

clientelari, brama diso ld i e po tere . Unarealtà che prescindedall’ambito geografi-co e dall’appartenenzapolitico-istituzionaledi chi, con le propriemani, al di là dei pub-blici (propagandistici)proclami, di volta involta, la crea e la man-tiene in vita.Non esiste più una di-stinzione (ammesso che

vi sia mai stata) tra sud, centro o nord Italia(casi analoghi a quello di Roma, si sonoavuti a Milano, a Venezia e in molte altreparti del nostro Paese). Non esiste perciò unfenomeno isolato ma una vera e propria mo-dalità operativa diffusa, sistematica, con leovvie eccezioni, questo è chiaro. In quei ca-si, però, si tratta di tante persone oneste chericoprono ruoli o funzioni, non di categoriedi ruoli o funzioni che possano garantire oattribuire, nelle persone, qualità di impre-scindibile onestà e trasparenza. E’ evidente, tuttavia, che sembra di esserepassati da una situazione in cui alcune per-sone delle pubbliche istituzioni scendevanoa compromessi o si lasciavano coinvolgerecon fenomeni di criminalità, a una situazio-ne in cui la criminalità è collusa con le isti-tuzioni, fino, in alcuni casi, a integrarsi conesse.

Pubblicae (tuttavia) privata

trasparenza

Esistono leggi per la pre-venzione e la repressio-ne della corruzione edell’illegalità nella pubbli-ca amministrazione e nelprivato sociale. Manca-no, quindi, leggi più ade-guate o persone con lavolontà di non eluderle?

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• aumentare la capacità di scoprire casi dicorruzione;

• creare un contesto sfavorevole alla corru-zione.

Quindi le norme esistono: come mai, allora,ancora questo dilagare di fenomeni di ille-galità? Alcuni sostengono che le norme an-ticorruzione determinano un eccesso di pro-cedure, che vessano gli amministratori one-sti mentre rischiano di offrire coperture achi ha bisogno di opacità. Da un lato è vero.Esiste una carenza di risorse umane nellaP.A. ma in altri casi una certa inefficienza,ad esempio laddove i Comuni anziché pre-disporre il Piano Triennale di Prevenzionedella Corruzione si limitano a riprenderlo,senza elaborazione specifica, da altri Co-muni (prassi operativa sanzionatadall’ANAC).Qualcuno rileva anche che ci possono esse-re norme non del tutto efficaci, anche invirtù di successivi aggiornamenti. Ad esem-pio il Decreto n. 33/2013 ha abrogato un ar-ticolo del Decreto Legge n. 83/2012: lanuova normativa, studiata per rendere il piùpossibile tracciabili le spese della P.A., hadi fatto ridotto i dati a disposizione dei cit-tadini, in quanto non è più obbligatoriopubblicare i contratti stipulati con i fornito-

ri di prestazioni o servizi (è prescritto solol’obbligo di pubblicare le informazioniin tabelle riassuntive).Vi sono quindi norme che possono rimane-re inattuate, oppure inefficaci o efficaci maaggirabili. Esiste infatti una volontà elusi-va delle leggi da parte dei cosiddetti “fur-betti”… che sarebbe meglio definire “fara-butti” (che ricoprano ruoli istituzionali omeno), anche per ripristinare una giustascala di valori e non esaltare sempre lascaltrezza, che spesso si traduce in capacitàdi agire disonestamente restando impuniti(come se si trattasse di una virtù anziché diun disvalore). Un esempio di vincoli eludibili, a vantaggiodi chi vuole trarne ingiusto profitto, a dannodella collettività? Le S.p.A. private parteci-pate da amministrazioni pubbliche possonoottenere l’affidamento in gestione, da partedi un ente pubblico, della realizzazione diun grande evento (fiere o eventi sportivi in-ternazionali, ecc.) o della costruzione diun’opera, una struttura o un’infrastruttura. Per tali S.p.A. partecipate c’è la possibilitàdi fruire di ordinanze (e risorse) straordina-rie in deroga alle leggi vigenti, normalmen-te previste in caso di calamità naturali. Inol-tre l’affidamento dei lavori può avvenire incerti casi senza osservare le norme di dirit-

Anco ra una fo t o

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nel cal l cent erdi “Gi o t t o ”.

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te promessa” o “recuperati” a seguito dimancate elezioni politiche.Quindi al di là delle leggi contro la corru-zione, occorrono misure e strategie di pre-venzione e di contrapposizione.

Responsabilità degli enti privatiAnalogamente, per gli enti privati ,nell’ordinamento italiano, esistela responsabilità penale derivante da ille-

cito amministrativo, introdotta dal Decre-

to Legislativo n. 231 del 2001 e dalla Leg-

ge n. 146 del 2006. All’ente può venir im-putata la responsabilità per fatti illeciticommessi dai propri amministratori, effet-

to pubblico che prescrivono la selezionemediante gara d’appalto. In ogni caso puòsempre esserci una gara d’appalto che siconclude con l’assegnazione ad amici, incambio di ricompense in favori o denaro.Rintracciare, poi, i soldi dispersi o trafuga-ti dai bilanci pubblici è pressoché impossi-bile.Un’insidia analoga per la trasparenza dellaP.A. è anche quella dei dirigenti assun-ti senza concorso pubblico, possibile in de-roga alle norme vigenti ma divenuta poiprassi consolidata. Alcuni di questi, nonoccorre nemmeno precisarlo, scelti nonsempre per competenza ma per “preceden-

Cosa sono le regole? Chi le fa? Chi le fa ri-

spettare? Quando si inizia a conoscere le

regole?

Queste sono domande sempre all’ordine delgiorno tra genitori e insegnanti.Quali sono le differenze tra obbedienza, buonaeducazione, rispetto delle regole che poi, da gran-di, diventeranno anche rispetto della legalità?Da sempre il primo soggetto che ha avuto ilcompito di educare alle regole, anche per lapropria sopravvivenza, è stata la famiglia.Alla famiglia si è poi affiancata la scuola. Cisono stati e ci sono anche altri “attori educa-tivi”, che in taluni casi sono molto importan-ti (la Chiesa, le organizzazioni sociali, politi-che e sindacali che si sono occupate di dareopportunità di aggregazione e formazioneper i giovani).Oggi il ruolo della Chiesa è, almeno in parte,scemato, mentre è divenuto quasi irrilevante ilruolo educativo di altre forme organizzative.Inoltre oggi “educare alle regole” è moltodifficile per diversi ordini di motivi: sonotempi di grande caos sociale e politico, in cuii riferimenti democratici e istituzionali sonomessi a dura prova (abbiamo ancoranell’anima gli eventi della la tragica vicendadegli attentatori di Parigi). In più se guardia-mo alle istituzioni, punto di riferimento natu-rale in ogni Paese e in ogni tempo, si fa mol-ta fatica a trovare degli esempi da seguire eda indicare ai più giovani.E quindi i genitori e gli insegnanti sono chia-mati a riempire un vuoto, che sembra diven-tare una vera e propria voragine. E’ quindiuna sfida epocale, ma la sconfitta non èun’opzione ammissibile.

Ma educare vuol dire far rispettare le re-

gole? La scuola deve avere fra le sue prio-

rità il rispetto delle regole?

Credo che lo Stato sia lo scheletro della so-cietà: è lo Stato che attraverso le sue leggi e isuoi regolamenti tiene in piedi il corpo socia-le e permette il vivere collettivo. Il corpo sociale ha bisogno di un’ossaturamolto forte per permettere a ogni individuodi mettere a frutto la proprie capacità, cercan-do di realizzare le proprie aspirazioni, senzapregiudicare la libertà degli altri, e garanten-do a tutti di vivere una vita dignitosa e sicura.Per questo lo Stato deve avere leggi e proce-dure prestabilite, per assicurarsi che questeleggi siano rispettate. Le sanzioni, tra cui il carcere, sono alcuni deiprincipali strumenti che lo Stato utilizza perevitare che le sue regole non siano rispettate.Per evitare che le ossa siano colpite… e rotte.Ma nessuna legge viene rispettata di per sé e,peggio, nessuna sanzione può evitarne la tra-sgressione. Il rispetto delle leggi è innanzitut-to rispetto del vivere civile e questo è uno deifrutti del lavoro delle famiglie e della scuola.

Ed ecco come scuola e famiglia educano al

vivere civile.

In famiglia la testimonianza dei genitori: so-no fondamentali il loro rispetto reciproco e ilrispetto delle regole e delle promesse fattecol bambino stesso (le leggi alla fine sonopatti), rispetto dei suoi spazi e dei suoi tempi.Poi la vita di tutti i giorni ci dà una serie diopportunità educative straordinarie: rispetta-re le regole del Codice della strada (soprat-tutto quando non corriamo il rischio di incor-

DENTRO LE REGOLEdi Giulia Forino

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enti, soprattutto di grandi dimensioni, po-trebbero preferire il rischio di commettere ilreato piuttosto che adattarsi (si perde quindil’intento deterrente della norma).La legge non specifica quali modelli vada-no attuati, stante anche la notevole differen-za dei soggetti a cui si rivolge: si ritiene, co-munque, che sia l’organo assembleare (oquello amministrativo, nel caso delle fonda-zioni) a dover decidere le modalità di auto-controllo.Nel caso in cui vengano accertati comporta-menti illeciti sono previste sanzioni pecunia-rie o interdittive (che, sebbene più efficaci,offrono scappatoie, in quanto si può effettua-

re una scissione parzialedell’ente, isolando il ramod’attività nel quale è statocommesso il reato). Previstoanche il commissariamento,malgrado sia discutibile che ilcommissario, nominato daltribunale, possa trovarsi adagire affiancato dalla dirigen-za che ha commesso il reato osotto la quale il medesimo èstato commesso.

Esistono rimediefficaci?Come ovviare a tutto questorischio di corruzione, sianell’ambito pubblico che inquello privato? In ambitopubblico si sta pensandoai “whistleblowers”, termineinglese che si può tradurrecon dipendenti che rivelanofatti di corruzione di cui sianovenuti a conoscenza nei lorouffici. In alcuni paesi ha fun-zionato: ben lungi dall’essere“spioni” si tratta di “osserva-tori delle regole” (non dela-zione ma assunzione di re-sponsabilità). Certo va caute-lata sia la persona segnalata,affinché non rimanga vittimadi segnalazioni strumentaliz-zate e mendaci, così come vagarantita la riservatezza dicoloro che rivelano fatti di ef-fettiva corruzione. Giàl’Agenzia delle Entrate avevautilizzato questa misu-ra attivando una e-mail perraccogliere le denunce deipropri dipendenti.Un altro elemento, pensato

tuati anche a illecito vantaggio dell’entestesso. Pertanto viene richiesta l’adozionedi organismi e procedure interne di control-lo. Queste disposizioni hanno funzione siapreventiva che attenuante, in caso di fattoillecito accertato. La normativa si rivolgead associazioni con o senza personalità giu-ridica, fondazioni, società di persone o dicapitali ed enti pubblici economici. E anche su queste disposizioni vi sono alcu-ne perplessità: la predisposizione di talistrumenti interni, atti ad evitare commissio-ni di reato, può comportare notevoli costiche, a volte, possono anche superarel’entità della sanzione. Per cui determinati

rere in una multa), ma anche soccorrere chiha bisogno, mettersi il casco, la cintura di si-curezza, far sedere una persona anziana, unbambino, pagare il biglietto dell’autobus, la-sciare il proprio nome se si riga una macchi-na in una manovra di uscita dal parcheggio…Questa testimonianza continua crea unamentalità in cui è chiaro il senso delle regole.La scuola insegna educazione civica fin dallamaterna, anche se magari non lo si sa, non es-sendo ancora un orientamento di insegna-mento definito e diretto: ma l’educazione ci-vica inizia già alla scuola materna, nel rispet-tare se stessi e rispettare le cose degli altri,dividersi in compiti e svolgerli, ascoltare chiparla, aspettare il proprio turno, non esseremaneschi. Nelle classi successive il percorso educativoprosegue attraverso lavori di gruppo, con lapossibilità di vivere un micro-universo che èproprio la classe, con persone in difficoltà,persone che mentono, persone che non sannomentire, con chi vuole fare una cosa, chiun’altra: ed allora che si fa?Ottime sono quelle realtà dove le regole ven-gono decise insieme da bambini ed insegnan-ti e si stabiliscono anche le conseguenze perchi non rispetta le regole che ci si è datiDarsi delle regole a scuola e in famiglia nondeve essere il fine, ma il mezzo per costruireun pensiero, un esercizio nell’uscire da sestessi e dai propri bisogni, per capire che pervivere insieme bisogna perdere un po’ sestessi e accordarsi su principi comuni.

Non può finire qui, perché una società in

cui si rispettano le regole e basta è una so-

cietà morta.

Ma non può finire qui perché è fondamentaleanche saper superare le regole: ci si pongonodomande, si ascoltano le domande, ci si pen-

sa, ci si confronta, si costruisce un pensierocritico. Tutto questo affinché non si faccianoaccettare le regole in modo coercitivo o perterrore, ma nella lenta comprensione dei suoisignificati più profondi e così quelli del mi-glior vivere per tutti.Quindi lo Stato deve mettere i paletti affin-ché chiunque sappia che esistono delle rego-le che tutelano la vita comune e che chi nonle rispetta verrà allontanato: violando un di-ritto, ne pagherà le conseguenze. La famiglia e la scuola insegnano a pensare(tirare fuori) e decidere come è giusto com-portarsi, quindi accettare le regole che ci sia-mo dati anche se può essere impegnativo, fa-ticoso o limita la nostra libertà. Se la scuola o la famiglia perdono il loro ruo-lo e si orientano verso un comportamentosanzionatorio e punitivo non ci sarà nessunoche compia il faticoso dovere di insegnarecome si sta al mondo e perché. Rischiamo di avere generazioni future chenon comprendendo il senso del rispetto delleregole le osserveranno fino a quando nontroveranno la possibilità di evaderle, senzaessere visti. Accoglienza, condivisione, ri-spetto per il bene comune e per gli altri po-trebbero non essere mai compresi ed assorbi-ti, impedendo così alla nostra società di evol-vere e di sviluppare comunità sempre piùcooperative e collaborative, dove il bene co-mune diventa più importante del bene e delbisogno personale.Per evitare questo rischio occorre fare un sal-to di qualità: occorre anche insegnare a tra-sgredire. Se non si è d’accordo con delle re-

gole inique o illegittime, occorre avere il

coraggio di trasgredirle e testimoniare ilnostro disaccordo, con l’accettazione delleconseguenze, affinché vi sia un mondo piùgiusto.

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lunghi, prescrizioni e pene esigue (si veda-no anche i recenti casi di prescrizione perreati in materia ambientale, dalle discaricheabusive all’inquinamento degli ambienticon l’amianto). Infine, leggi efficaci che snelliscano le pro-cedure amministrative, affinché non sianovessati inutilmente gli operatori onesti, avantaggio di coloro che eludono le regole.

Non mancano le leggi: vanno recuperati,forse, alcuni princìpi e, comunque, vannovalorizzati quegli operatori pubblici o pri-vati che dimostrano di svolgere la loro atti-vità secondo le regole e che non si limitanoa dichiarare di condividerle. Recuperare lapremialità dei comportamenti virtuosi,quindi, ancor prima che sanzionare quelliilleciti. Evitando che il nostro diventi unPaese che si regge sull’illecito... e primache diventi tutta “terra bruciata”, dove nonc’è più niente da rubare o su cui speculare.

per le pubbliche amministrazioni ma chepuò offrire spunti anche al privato sociale,è l’iniziativa dell’Autorità Nazionale An-ticorruzione, che renderà disponibile sulproprio sito internet una raccolta ed anali-

si di buone pratiche in materia di tra-

sparenza. Una prima buona innovazione per tentaredi arginare il fenomeno di asservimentodella funzione pubblica a interessi illeciti,dovrebbe essere quella di separare le fun-zioni di indirizzo politico-amministrativo(in cui si annida la corruzione) dalle fun-zioni di controllo. Come può un responsa-bile della prevenzione della corruzione pre-venire e contrastare efficacementel’eventuale condotta illecita dell’organo diindirizzo politico se è nominato da quellostesso organo e a quello risponde del suooperato? Un’altra utile misura di preven-zione, che non può prescindere da modifi-che di legge, è quella di impedire processi

“”

Di “terzo settore” o “settore non profit” (il “primo” è quello dell’economiapubblica, di marchio statale, il “secondo” quello dell’economia di impre-sa legata al profitto) si parla molto, soprattutto per attribuirgli la chiave deltraghetto in grado di aiutarci a superare il guado della crisi. Di fronte al-la frantumazione di antichi protagonisti svuotati di credibilità, la “societàimpaurita” sembra voler offrire al non profit luoghi di approdo ideali, con

il rischio di grosse illusioni soprattutto se pretende di affidargli il ruolo promotoredi un nuovo miracolo italiano. Ruolo difficile, peraltro offuscato dalle ombre lunghedella corruzione proiettate dal falso non profit sul non profit vero.

Questa realtà ci rende evidenti almeno due necessità.La prima riguarda l’esercizio dei controlli che vanno accettati, anzi promossi, fuorida ogni presunzione di “verginità” in nome dell’assenza del fine di lucro; controlli –peraltro previsti dalle leggi e dagli statuti - da mettere in atto in primo luogo là dovele iniziative vengono decise e attuate: a partire dai soci, dai collegi sindacali e daglistessi cittadini abilitati a tale funzione da norme partecipative.La seconda è quella della testimonianza di moralità, atteso che occorrono atteggia-menti profetici, da intendere non come annuncio del futuro ma come denuncia delpresente.

In questa prospettiva il terzo settore deve dare contenuto ai propri slogan e diventa-re coscienza critica del sistema per contribuire a proporre modelli di comportamen-to nel segno della solidarietà senza ricorrere a furbizie e mimetismi.TerSo settore, appunto. Settore pulito.

GP.M.

terSo settore

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di Renato Frisanco

In un recente libro Giovanni Moro1 ha evi-denziato come il settore delle organizza-

zioni non profit (ONP) sia stato inventato trala fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90dagli accademici della Johns Hopkins Uni-versity, invenzione suffragata dai risultati diuna ricerca sul fenomeno in 13 paesi tra cuil’Italia. La tipologia di ONP proposta dagliaccademici americani è divenuta la Classifi-cazione Internazionale ed è utilizzata dagliIstituti nazionali di statistica. La definizionedi ONP è quella di organizzazione di naturagiuridica privata che non persegue il profit-to per i loro proprietari o gestori. Il punto dicriticità della rilevazione della J. Hopkins èquello di privilegiare la dimensione econo-mica di questo variegato mondo e quindi ilfatto che producano beni e servizi, favori-scano l’occupazione e contribuiscano allaformazione del PIL. Il loro valore, dunque, èessenzialmente economico e tutto rivoltoall’offerta, con almeno due conseguenze ne-gative. La prima è che non vi è alcuna di-stinzione tra i diversi tipi di ONP - in rela-zione al perché i cittadini si mettono insiemeper fare un’attività - e vengono marginaliz-zate le organizzazioni che operano per tute-lare i diritti dei cittadini, per prendersi curadei beni comuni o per promuovere o soste-nere l’empowerment dei soggetti più deboli.La seconda conseguenza è che l’assunzionedel valore di mercato non è accompagnatada misure di valutazione del benessere pro-dotto sulla comunità, di come l’attività vie-ne realizzata (vi è democraticità interna? E’espressione di democrazia partecipativa?) edi quali effetti produca e quindi del suo im-patto sociale, tutti indicatori di risultato chevanno oltre il PIL. La concezione di un uni-verso rilevante in termini economici, a fron-te della debolezza del welfare pubblico, ten-de altresì ad avvalorare la deriva verso unoStato “dimissionario”, residuale sia comeproduttore di servizi che come garante del

benessere e dei diritti dei cittadini. E’ evi-dente in questa concezione di “Stato mini-mo“ il richiamo al welfare americano.La Johns Hopkins è tornata alla ribalta nelnuovo secolo con la proposta, subito accettatain Europa, della misurazione del valore eco-nomico del “lavoro volontario”, sia quello deicittadini solidali organizzati che quello di sin-gole persone che operano informalmente. Ta-le proposta ha, prima, ispirato l’elaborazionedel “Manuale di misurazione del lavoro vo-lontario“, realizzato dall’Organizzazione In-ternazionale del Lavoro (ILO) per stabilirel’equivalenza tra il lavoro volontario e quelloprofessionale e, poi, le prime ricerche ISTATche hanno stimato il valore economico del la-voro delle ONP - e ora dei volontari tout court- e la relativa incidenza sul PIL. Tale misura-zione è in fase di perfezionamento e permet-terà comparazioni a livello internazionale.Non è un caso che questi studi valorizzino ilcontributo economico delle ONP in un fran-gente in cui il sistema di welfare è in crisi disostenibilità e in una prospettiva di riformadel Terzo settore che si annuncia favorevolein termini di risorse liberate a suo favore(dal 5 per mille istituzionalizzato,all’ulteriore incentivazione delle donazioni,ai minori oneri fiscali). Andrebbe tutto benese non fosse che il Terzo settore viene vistonell’ottica angusta - rispetto al “paradigmamorale” che lo caratterizza - di miniera oc-cupazionale, da una parte, e di pilastro fon-damentale del welfare (il “primo settore”come enfaticamente rilevato dal premier incarica), con rischi di “delega“ senza nel con-tempo far avanzare processi di concertazio-ne e di programmazione condivisa delle po-litiche sociali. In tale situazione si prospettail rischio di risposte ancora più disomoge-nee ai bisogni-diritti dei cittadini sul territo-rio nazionale. Nel paradigma morale vi è in-vece l’autentico e peculiare contributo delvolontariato e del Terzo settore come sog-

La misurazionedel valore economico del volontariato

1 Moro G.,“Contro il non profit”, Roma-Bari, Editori Laterza, 2014.

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associati (bocciofile, associazioni sportive ericreative, partiti politici e sindacali, orga-nizzazioni religiose), sia coloro che si fannocarico dell’«interesse generale» (i volontaridella protezione civile, dei servizi alla per-sona, dell’attivismo civico). E’ evidente chese faccio parte di un‘associazione bocciofilao di neocatecumenali più che donare il miotempo e le mie competenze agli altri le con-divido con gli associati. Attribuire valoreeconomico al contributo che i “volontari”così definiti offrono alla società comporta ilrischio di livellare tutto, le attività altruisti-che dei cittadini solidali e quelle pro-asso-ciative degli altri e di non considerare il “va-lore aggiunto” delle prime che alimentano ilprincipio costituzionale della solidarietàproducendo beni relazionali, fiducia e be-nessere generale, aspetti non misurabili suscala economica né monetizzabili per con-tratto o convenzione.Un altro aspetto importante da considerare èquello che enfatizzando il valore economicodell’azione volontaria in termini di ore di“lavoro” equivalente si perde di vista la va-lutazione del risultato e l’impattodell’azione volontaria, sia nell’attività ordi-naria che a seguito di progettualità innovati-ve o sperimentali che aprono nuovi scenaridi servizio e di cura dei beni comuni. Qualecambiamento genera l‘azione solidale ri-spetto al problema o al bisogno assunto?L’indagine multiscopo ISTAT citata si sof-ferma esclusivamente sulla positività dellericadute che connotano l’esperienza del vo-lontario. Emergono note positive, già ri-scontrate in precedenti ricerche, che testi-moniano quanto il volontario benefici in ter-mini relazionali, di accrescimento della pro-pria coscienza civica, di benessere persona-le («si sentono meglio con se stessi»). Ma èsufficiente a valutare l’esperienza del singo-lo volontario o della sua associazione? Nonè un po’ autoreferenziale? Non sarebberonecessarie anche serie e puntuali verifichecirca l’operato, i risultati acquisiti e docu-mentabili al fine di per migliorare quello cheviene fatto al di là dell‘autogratificazionedei protagonisti? L’accentuazione sulle ricadute positive intermini di benessere personale e di vita rela-zionale vanno sicuramente bene ai fini diuna campagna di promozione del volonta-riato ma non per dare un’idea precisadell’obiettivo a cui mira il volontariato, ov-vero il cambiamento sociale.

getti che operano in ragione di valori qualila centralità della persona, la relazione e lacondivisione, la giustizia sociale e il ricono-scimento dei diritti, l’azione profetica e in-novativa, la responsabilità nella cura dei“beni comuni”, la partecipazione alla co-struzione di comunità. Non semplicementestrumenti erogatori ma soggetti partner del-le istituzioni che a partire dai bisogni ne co-dificano la domanda, creano nuovi serviziche gestiscono in termini di qualità e coin-volgono la cittadinanza. Nel “paradigmaeconomico”, invece, vi è il rischio di favori-re un Welfare del Terzo settore piuttostoche una sua sussidiaria e incisiva presenzain termini di innovazione, di gestione inter-na virtuosa delle ONP, di partecipazione al-la governance del sistema. Vi sono poi tre aspetti di criticità in questoimpianto, in riferimento al volontariato. Ilprimo riguarda la focalizzazione sul “lavoro

volontario“ che è un ossimoro, un parados-so, una contraddizione in termini, che non acaso la legge 266 del 1991 ha affrontato di-stinguendo con chiarezza l’azione volontariadal lavoro. L’uso di questa locuzione sembradar conto della debolezza odierna di entram-bi gli “oggetti”: da una parte, la crisi del la-voro, sempre più rarefatto, atipico e precario,dall’altra, l’appannamento del volontariato,visto come attività di “utilità sociale” piutto-sto che come dono e gratuità, secondo recen-ti ricerche. D’altra parte nel 2011 si è avuta laproclamazione dell’«Anno europeo delle at-tività di volontariato che promuovono unacittadinanza attiva», non del “lavoro volon-tario”. Tuttavia la UE, che ha fatto proprio ilmanuale OIL, non brilla per coerenza perchéin altri importanti documenti è contaminatadall’approccio “occupazionomico”, metten-do insieme volontariato e imprese sociali, fa-cendo corto circuito tra lavoro e volontariatoe chiedendo di «stabilire il valore pecuniariodel volontariato»2.Vi è poi il problema della definizione di vo-

lontario adottata dalle rilevazioni degli Isti-tuti di Statistica, inteso come soggetto dellagratuità, ma non necessariamente della soli-darietà, mentre per la nostra legge sul vo-lontariato sono peculiari e necessarie en-trambe le caratteristiche per la sua identità.Tra i 6,3 milioni di “volontari”, pari al12,6% della popolazione nazionale ul-tra13enne, censiti nella rilevazione Multi-scopo ISTAT del 2013, vi sono sia coloroche perseguono l’«interesse comune» degli

2 Cfr., Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema strumenti statistici per misurare il vo-lontariato, Bruxelles, 10 dicembre 2013.

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di Franco Iurlaro

Afronte della stimata crescita della popo-lazione anziana gli studi sulle terapie

non farmacologiche acquisiscono un ruolocentrale e un’importanza strategica nei con-fronti delle politiche sociali per i prossimidecenni. I limiti e le controindicazioni degliinterventi farmacologici prolungati hannofatto emergere l’esigenza di esplorare e spe-rimentare nuovi tipi di interventi riabilitatividi natura non farmacologica. Una cura originale proviene dall’Olanda: èla “terapia del viaggio“, studiata in partico-lare per le persone, ospiti di residenze pro-tette, che manifestano un desiderio di fuga,ansia e irritabilità che li porta a camminareavanti e indietro. In questi casi si offrono de-gli scenari virtuali che ricreano l’idea di unimmaginario viaggio verso casa, creandouna specie di spazio ferroviario,con stimolazioni visive e uditive, per farriaffiorare emozioni sepolte e per riattivare iprocessi della memoria. In Sassonia, nell’exGermania dell’Est, si è analogamente lavo-rato sulla “terapia del treno”, anche attra-verso la dimensione di gioco che accumunagrandi e piccini nei plastici ferroviari, rea-lizzati e “vissuti” nei giardini delle residen-ze protette. Il treno come simbolo del viag-gio, come strumento della memoria, comemomento di aggregazione con gli altri resi-denti della struttura, con i familiari, con glialunni delle scuole e con il volontariato. Ta-le strumento è stato recentemente preso incarico da alcune residenze protette per an-ziani non autosufficienti del panorama ita-liano.

Train-therapy - viaggiatori nel tempo

Attraverso questo esperi-mento, attuato a Ronchi dei

Legionari (GO) dalla Resi-denza Protetta “Corradini”,si è capito come anche ilgioco con il “treno da giar-dino” possa rappresentareuna terapia non farmacolo-gica – se adeguatamente se-guita – riprendendo in sé itemi e la metafora del viag-gio, la memoria, lo scambio

generazionale quando curiosità, sorpresa edivertimento sono patrimonio comune dinonni e nipoti. Il percorso è stato intrapresocon gli obiettivi di mantenimento degliaspetti relazionali, creativi e di espressionedel sé già contemplati e raggiunti attraversola valutazione degli standard di qualità in-terni (Sistema Q&B). Gli obiettivi del pro-getto stanno nel favorire gli aspetti motiva-zionali dell’espressione di sé, promuoverela socializzazione, stimolare la creatività,favorire nuovi aspetti identificativi, garanti-re un benessere psico-fisico del qui e ora,creare una memoria storica da condividerecon il territorio e le scuole. Il segreto delsuccesso di questa attività, che è un gioco,sta nel fascino che il treno è capace di tra-smettere. Voglia di evasione, emozione diun viaggio verso l’ignoto e desiderio di co-noscenza si fondono catalizzandosi in un so-lo oggetto, protagonista incontrastato dellafantasia. Si concretizza così il contatto con iltreno, attraverso la fruizione di un viaggioreale, con una destinazione significativa pergli ospiti. A lungo termine s’intende “far en-trare” le componenti del territorio in strut-tura attraverso la collaborazione con lescuole, le associazioni ferroviarie e di mo-dellismo e con la realizzazione di un proget-to di scambio intergenerazionale tra nipotie nonni. E’ previsto l’utilizzo di una serie diindicatori di processo e di risultato, attraver-so idonee schede di valutazione, e la lororaccolta ed analisi periodica. Riguardano lepersone in cura e la loro partecipazione,l’autonomia di fruizione della postazione da

Dottor Treno

Dopo aver parlato (N.P. 1-2/2015) dellacura primaria sul territorio, proponiamoun viaggio in treno come possibile percor-so terapeutico

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Destinazione benessere

L’altro esperimento terapeutico si svolge inLombardia. Il treno virtuale è l’imprescindibile stru-mento per attuare tale terapia non farmaco-logica indicata per la prevenzione e cura dialcune problematiche generate dai disturbicomportamentali che si manifestano in an-ziani con demenza senile. Ispirandosi ai va-lori del carisma guanelliano (la centralitàdella persona, il circondare d’affetto e ilclima di famiglia), l’équipe direttiva è arri-vata alla considerazione che tale approcciorisponde in modo adeguato ai bisogni-desi-deri delle persone anziane accolte nella ca-sa di riposo. Al secondo piano della Casa di Riposo sanGaetano è stata ricreata una sala d’aspettodi una stazione e uno scompartimento di unvagone ferroviario da utilizzare come spa-zio terapeutico. Il setting comprende: pol-trone, una parete laterale con un monitorche assume il ruolo di finestrino virtuale,cappelliera con valigie di cartone, quadretticon stampe d’epoca e riviste di viaggi. Gra-zie a un sistema computerizzato scorronofilmati ad hoc di ambienti esterni ripresi datreni in movimento e sono riprodotti i suonireali del viaggio. La posizione frontale del-le poltrone favorisce il contatto visivo el’attivazione di dinamiche dialogiche tra i“passeggeri” con condivisione del rituale estimolazione dei ricordi. La valutazionedell’efficacia della terapia avviene attraver-so l’osservazione e la compilazione da par-te dell’operatore di schede d’indagine cheaiutano l’équipe a raccogliere preziosi dati(è possibile consultare il primo report sulsito www. casadirispososangaetano.it). Ol-tre al vagone ferroviario si è creato un am-biente preparatorio: suoni, tabellone conorari, foto e valigie diventano accorgimentiutili per ricreare la banchina di una stazioneferroviaria. L’équipe multidisciplinare haselezionato un gruppo di anziani. La totalitàdegli anziani coinvolti presenta un MMSEnon somministrabile, con indici della scalaNPI UCLA eterogenei in evidenze multipledi disturbi del comportamento; inoltre lamaggior parte dei soggetti presenta un defi-cit motorio che li assoggetta all’uso di car-rozzina. Ogni anziano inserito nella pro-grammazione ha un numero mensile diviaggi variabile a seconda della necessità diuna somministrazione al bisogno e della ca-lendarizzazione usuale. Dopo il rito dellatimbratura del biglietto l’anziano è invitatoa salire sul vagone e a goderedell’esperienza. Gli obiettivi che ci si pone

parte di ospiti ed esterni, i viaggi program-mati ed eseguiti, le attività programmateall’esterno. L’estensione del progetto preve-de anche attività con altre associazioni di ri-ferimento del settore modellistico e storico(https://www.treni.dagiardino.it;http://www.ferclub.eu;http://www.museoferroviario.triestecampomarzio.it).

Periodicamente l’animatore raccoglie a sé ilgruppo e raggiunge la postazione, facilitauna persona a turno a prendere possesso delquadro comandi e avvia il treno; promuovel’interazione sociale attraverso l’oggetto-stimolo “treno”, nonché il confronto sul tra-gitto che il treno dovrà seguire simulando ilviaggio reale che si andrà successivamentead immaginare e fare. L’animatore stimolagli aspetti mnemonici attraverso la rievoca-zione di viaggi e ricordi attinenti l’oggettostimolo, coinvolge gli ospiti nell’esprimerele proprie preferenze, idee, progetti perl’evoluzione dell’impianto e coordina lacorretta fruizione dell’impianto da parte ditutti i partecipanti. Sono previsti tra i 40 e i 50 minuti comples-sivi ad incontro settimanale, fatto salvo ilgioco “in autonomia”. Il successivo viaggio“reale” in treno, a piccoli gruppi, è pro-grammato attraverso il confronto con lacreatività e i desideri dell’ospite, emersinelle fasi di relazione promossedall’animatore durante gli incontri di gioco.E’ in corso anche la sperimentazione conospiti affetti da demenza, in modalità digruppo, prevedendo anche la creazione digruppi eterogenei formati da utenza con de-ficit cognitivo e residenti già autonominell’utilizzo dello strumento. La sperimen-tazione ha coinvolto sinora 15 anziani sele-zionati tra i residenti in relazione al gradodi autonomia cognitiva ( da 0 a 3 della Sca-la CPS), capacità relazionale, stato di de-pressione (punteggio medio 5 della ScalaDRS). I primi dati rilevati hanno conferma-to l’efficacia della terapia proposta con unmiglioramento evidente dello stato depres-sivo e un potenziamento delle capacitàmnemoniche/cognitive.

Residenza protetta per anziani “Corradi-ni” - 34077 Ronchi dei Legionari (GO), viaD’Annunzio 14 - tel. +39 0481 474577,mail: [email protected],facebook: Train Therapy, referenti: MauraMarangon, Esteban Marchetto, DanielaBergamasco.

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di raggiungere sono molteplici e rispondo-no a due aree: il rilassamento (o attenuazio-ne dei disturbi comportamentali) e la rievo-cazione. Il distacco dell’anziano dallarealtà, associato alla difficoltà di stare inambienti chiusi e rinforzato dal desiderio difuga, può portare all’inasprimento dei di-sturbi comportamentali. Il viaggio virtualediventa in questo senso preziosa risorsa edesperienza di vita, una rievocazione dei ri-cordi. Porta a risultati provati e documenta-ti, riducendo in alcuni casi l’uso di farmaciper contenere i disturbi comportamentali.Gli indicatori di processo e di risultato uti-lizzati sono: l’accettazione del contesto vir-tuale, il completamento del viaggio propo-sto, la presenza di spontaneità nella relazio-ne con l’operatore, il grado di rilassamento,l’assenza del disturbo comportamentale ma-nifestato prima del viaggio, la rievocazionedell’esperienza vissuta, la richiesta di potereffettuare ulteriori viaggi, il volere custodireil biglietto ferroviario consegnato alla par-tenza ed infine la riduzione o il manteni-mento del carico farmacologico. Nonostanteil progetto sia attivo da meno di un anno, iprimi risultati sono significativi e incorag-gianti. La quasi totalità degli anziani coin-

volti ha accettato la realtà virtuale (93%) ecompletato il tragitto proposto (85%). Sva-riati sono i disturbi comportamentali rileva-ti: in molti presentano disorientamento(80%) e un’importante attività motoria(60%). In percentuale minore sono presenti:deliri, allucinazioni, apatia, irritabilità, disi-nibizione e disturbi dell’alimentazione e delsonno. Da parte degli anziani coinvolti ilsorriso e i ringraziamenti non sono mancati;segni significativi della percezione di benes-sere. I viaggi positivi, ovvero le terapie chehanno avuto un alto grado d’efficacia nellostemperare i disturbi comportamentali e/onel favorire la reminiscenza si attestanoall’80%. Parte degli esiti negativi (soprat-tutto in fase iniziale) può essere imputata al-la poca confidenza degli operatori con unnuovo strumento quale il treno virtuale.

Casa di Riposo San Gaetano - Opera donGuanella, 21040 Caidate di Sumirago (VA),Via Mazzini, 14. caidate.amministrazione@guanelliani.itwww.casadiripososangaetano.it referenti:Luca Lodi, Cristina Faraco, Damiano Pit-zalis, Rosalia Arcolese, Orlando Prete.

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messaggi di allerta. L‘Osservatorio appositamente istitui-to per queste problematiche, trasferito al Ministero dellaSalute, sarà rideterminato nella sua composizione (consuccessivo decreto), assicurando la presenza di esperti an-che delle associazioni operanti nel settore. Per quanto concerne gli aiuti umanitari e le organizza-zioni impegnate in tale attività, viene stabilito che le ces-sioni di beni, destinati ad essere trasportati o spediti fuoridell’Unione Europea in attuazione di finalità umanitarie,non saranno imponibili agli effetti dell’IVA.Lo stanziamento del fondo nazionale per le politiche so-

ciali viene incrementato di 300 milioni di euro annui a de-correre dall’anno 2015. Analogamente viene incrementa-to lo stanziamento del fondo per le non autosufficienze,anche per sostenere interventi in favore delle persone af-fette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), con 400 mi-lioni di euro per l’anno 2015 e di 250 milioni di euro an-nui a decorrere dall’anno 2016.Il 5 per mille viene confermato e reso stabile, sia per il2015 che per gli anni successivi. Al fine di assicurare tra-sparenza ed efficacia nell’utilizzazione di tali risorse, condecreto del Presidente del Consiglio dei ministri sarannodefinite le modalità di redazione e pubblicazione del

rendiconto da parte dell’ente beneficiario. Previste san-zioni in caso di violazioni. Per la liquidazione della quotadel 5 per mille del 2015 viene autorizzata la spesa di 500milioni di euro. Per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale eper la disciplina del servizio civile universale viene auto-rizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2015, di140 milioni di euro per l’anno 2016 e di 190 milioni di eu-ro annui a decorrere dall’anno 2017.

REGOLAMENTO SUL MICROCREDITO

Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 279 del 1° dicembre 2014

Pubblicato il Decreto del Ministro dell’Economia e Fi-

nanze n. 176 del 17 ottobre 2014, Regolamento di disci-plina del microcredito (cioè un credito di piccolo importodestinato ad imprenditori che non possono ottenere presti-ti dalle istituzioni bancarie tradizionali), in attuazionedell’art. 111 del Decreto Legislativo n. 385 del ‘93. Il Re-golamento disciplina le modalità con le quali il microcre-dito potrà supportare l’avvio o lo sviluppo di iniziativeimprenditoriali.I destinatari di tali finanziamenti saranno le attività di

lavoro autonomo o di microimpresa, purché non in pos-sesso della partita IVA da più di 5 anni, con un numero didipendenti non superiore alle 5 unità nel caso di imprese enon superiore a 10 nel caso di società. L’ammontare mas-

STATO

LEGGE DI STABILITA’ 2015

Supplemento ordinario n. 99 alla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 300 del 29 dicembre 2014

Pubblicata la Legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (legge

di stabilità per il 2015). Per quanto riguarda le misure re-lative al lavoro è stato mantenuto per tutto il 2015 il bo-

nus IRPEF di 80 euro in busta paga per i lavoratori di-

pendenti con redditi al di sotto dei 24.000 euro annui. Ladotazione del fondo per il diritto al lavoro dei disabili

viene incrementata di 20 milioni di euro annui. Istituito ilfondo “La buona scuola”, con la dotazione di 1.000 mi-lioni di euro per il 2015 e di 3.000 milioni di euro annui adecorrere dal 2016, per il personale docente.Al fine di incentivare la natalità e contribuire alle speseper il suo sostegno, per ogni figlio nato o adottato tra il1º gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017 viene riconosciutoun assegno mensile (960 euro annui) erogato a decorreredal mese di nascita o adozione, a condizione che il nucleofamiliare di appartenenza abbia un valore ISEE non supe-riore a 25.000 euro annui. L’assegno verrà corrisposto, surichiesta, dall’INPS. L’importo mensile raddoppia(cioè 160 euro al mese) in caso di famiglia in condizionidi povertà assoluta (valore ISEE inferiore a 7.000 euro an-nui). Con successivo decreto verranno stabilite le disposi-zioni attuative.A decorrere dal 1º gennaio 2015 vengono trasferite alcunerisorse in un fondo per l’accoglienza dei minori stra-

nieri non accompagnati.Previsto anche uno stanziamento di 250 milioni di eurodedicato al mantenimento della social card.Viene inoltre istituito un fondo con una dotazione di 112milioni di euro per il 2015, da destinare a interventi in fa-

vore della famiglia, includendo lo sviluppo dei servizisocio-educativi per la prima infanzia.Il fondo per le politiche della famiglia viene incremen-tato di 5 milioni di euro dal 2015 al fine di sostenere leadozioni internazionali.Mantenute per il 2015 le detrazioni fiscali IRPEF su ri-

strutturazioni edilizie (il 50% dei costi sostenuti) e perinterventi di riqualificazione energetica degli edifici (il65%).Una quota delle risorse destinate al finanziamento del Ser-vizio sanitario nazionale (50 milioni di euro), a decorreredal 2015 sarà destinata alla prevenzione e alla cura delle

patologie connesse alla dipendenza da gioco

d’azzardo. Si prevede la sperimentazione di modalità dicontrollo dei soggetti a rischio, mediante l’adozione disoftware che durante il gioco comunichino al giocatore

Norme giuridiche e Giurisprudenzan.161

* a cura di Alessio Affanni e Sergio Zanarella

*consulenza per enti non profit - www.studiononprofit. it - www.facebook .com/studiononprofit.snp

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te, oppure avvalersi del supporto della Regione Lom-bardia per la donazione oppure, infine, procedereall’indizione di una gara pubblica;

• se il bene non è riutilizzabile, l’ente si impegna a classi-ficarlo per una sua corretta valorizzazione.

Possono richiedere i beni sia enti pubblici che privati

(inclusi enti ecclesiastici riconosciuti ed organizzazionidel terzo settore iscritte nei registri regionali).Le domande possono essere presentate in qualsiasi mo-mento dell’anno. L’assegnazione segue l’ordine cronolo-gico di richiesta. Gli enti assegnatari dovranno trasmette-re alla Regione una relazione attestante l’avvenuto utiliz-zo del bene assegnato e la Regione potrà effettuare con-trolli, anche a campione.

SICILIA

RETE REGIONALE PER LA GESTIONE CLINICADEI SOGGETTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA

Supplemento ordinario n. 29 alla Gazzetta Ufficiale Regione Sicilia n. 45 del 24 ottobre 2014

Con Decreto dell’Assessore alla Salute del 15 settem-

bre 2014 viene creata la Rete regionale (suddivisa in 4aree territoriali) per la gestione clinica dei soggetti affet-

ti da sclerosi multipla. Viene approvato il documentotecnico “Percorso diagnostico terapeutico assistenziale in-tegrato per la gestione della sclerosi multipla”, parte inte-grante del presente Decreto.Viene inoltre istituita la Commissione regionale per la

Sclerosi Multipla, con il compito di:• proporre aggiornamenti tecnici del presente documento

e dei percorsi diagnostico-terapeutici;• verificare e monitorare il corretto funzionamento dei

Centri regionali della Rete e vigilare sulla puntuale ap-plicazione di quanto disposto nel presente provvedi-mento.

UMBRIA

REGOLAMENTO PER I SERVIZISOCIOASSISTENZIALI A CARATTERE RESIDENZIALE

Bollettino Ufficiale Regione Umbria n. 52 del 12 novembre 2014

Approvato il Regolamento regionale n. 4 del 10 novem-

bre 2014 relativo all’autorizzazione al funzionamento

dei servizi socioassistenziali a carattere residenziale

per le persone adulte in situazione di disagio e marginalitàsociale. Il Regolamento stabilisce i requisiti strutturali edorganizzativi richiesti alle strutture che intendano svolge-re tali attività. Le tipologie delle strutture individuate e disciplinate sono:• la comunità di accoglienza sociale;• le strutture di pronta accoglienza.

simo del prestito è di 25.000 euro (aumentabile, in certicasi, di 10.000 euro), con una durata massima di 7 o 10anni, a seconda della finalità del prestito stesso.Previsti anche finanziamenti destinati a promuovere pro-

getti di inclusione sociale in favore di persone fisiche chesi trovano in condizioni di particolare vulnerabilità econo-mica e sociale. Il limite d’importo di questi finanziamentiè fissato a 10.000 euro (per massimo 5 anni).Gli enti erogatori dei finanziamenti devono essere iscrittinell’apposito elenco degli operatori del microcredito,disciplinato nel Testo Unico Bancario, e dovranno eroga-re anche i servizi accessori e strumentali, comel’assistenza ed il monitoraggio dei soggetti finanziati.

REGIONI

BASILICATA

SERVIZIO DI ODONTOIATRIA SPECIALE PERDISABILI E PAZIENTI A RISCHIO

Bollettino Ufficiale Regione Basilicata n. 41 del 28 ottobre 2014

Con la Legge Regionale n. 31 del 27 ottobre 2014 si èprovveduto all’istituzione del Servizio di odontoiatria

speciale per disabili e pazienti a rischio.La Regione garantisce l’assistenza di odontoiatrianell’ambito del Servizio Sanitario Regionale. L’attività diodontoiatria per disabili e pazienti a rischio è svolta, a par-tire dall’anno 2015, presso un presidio ospedaliero peracuti individuato da ciascuna Azienda sanitaria locale(ASL) nel territorio di competenza. Le ASL possono indi-viduare forme di collaborazione con le associazioni di vo-lontariato finalizzate all’assistenza di tali persone.

LOMBARDIA

UTILIZZO DEL PATRIMONIO MOBILIAREDISMESSO DALLE STRUTTURE SANITARIE E SOCIOSANITARIE

Bollettino Ufficiale Regione Lombardia n. 47 del 18 no-vembre 2014

Con Deliberazione di Giunta regionale n. 10/2637 del

14 novembre 2014 sono state fornite indicazioni operati-ve in meriato alla promozione e coordinamentodell’utilizzo del patrimonio mobiliare dismesso dalle

aziende e strutture sanitarie e sociosanitarie (indivi-duate dalla Legge regionale n. 33/2009).Viene definita la procedura: dopo aver dismesso formal-mente un bene secondo le procedure vigenti, l’ufficioaziendale preposto ne valuta e certifica lo stato conserva-tivo, in particolare per quanto riguarda arredi, apparec-chiature biomedicali e beni informatici. Saranno possibilidiversi percorsi:• se il bene è riutilizzabile, l’ente può donarlo direttamen-

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Alcune considerazioni e suggerimenti operativi

1. Come appare evidente dalla legislazione esaminata,non è previsto che sia il datore a poter richiedere unavisita di accertamento dell’idoneità alla mansione.Questa può aver luogo solo autonomamente (visiteperiodiche attuate dal medico competente) o su richie-sta del lavoratore. Pertanto il datore di lavoro resta ta-gliato fuori dal sistema fino a quando non verrà rimes-so in gioco ai fini del “repechage”.Trattasi di un ulteriore esempio della diffidenza edell’ostilità del legislatore nei confronti dell’impresa,per comprendere la quale occorrerebbe addentrarsi neicontorti meandri della psico-patologia di massa. Sal-

vo, ovviamente,appellarsi alla finealla stessa impresaper mantenere oaccrescerel’occupazione (uncollettivo “repe-chage”), come seil mantenimento ol’accrescimento

dell’occupazione fossero opzioni volontaristiche ri-messe alla discrezionalità delle imprese.Non si può invece affatto escludere che sia lo stesso ildatore di lavoro a ravvisare la necessità di una verifi-ca medica, magari constatando comportamenti ano-mali sul lavoro. Non dimentichiamo, infatti, che aleg-gia sempre sull’Ente il rischio di responsabilità ogget-tiva per danno all’ospite, laddove emergesse ad esem-pio che l’amministrazione abbia constatato o ricevutosegnalazione di anomalie sul lavoro pur non supporta-te da alcun riscontro medico (ovvero non ancora ri-scontrate), ma riconducibili a possibile assunzione disostanze stupefacenti o psicotrope senza intossicazio-ne né conclamata dipendenza. In questi casi, specie

nei più conclamati, sarà sempre opportuno allonta-

nare il dipendente dal servizio (sospensione in atte-

sa di accertamenti di idoneità, da coprire con ferie,

RoL, permessi a debito in Banca ore, ecc.).

In simili frangenti l’Ente datore di lavoro potrà appel-larsi alla Conferenza Unificata Stato - Regioni, sedu-ta del 30 ottobre 2007, ove ai sensi dell’art. 8, comma6 della legge 5 giugno 2003 n. 131, sono state tra l’altroadottate metodologie di accertamento da parte del me-dico competente circa la assunzione di sostanze stupe-facenti o psicotrope. Al comma 3 del punto “Modalitàdi attivazione ed esecuzione degli accertamenti sanita-

ri” viene prevista, con tutte le cautele e le delicatezzedel caso, una certa iniziativa del datore di lavoro.

Comma 3: Accertamento per ragionevole dub-

bio: in adeguamento alle direttive comunitarie inmateria, il lavoratore viene sottoposto ad accerta-mento di idoneità alla mansione anche (oltre al con-trollo sanitario periodico) quando sussistano indizio prove sufficienti di una sua possibile assunzionedi sostanze illecite. Le segnalazioni di ragionevoledubbio, in via cautelativa e riservata, vengono fattedal datore di lavoro o suo delegato, al medico com-petente che provvederà a verificare la fondatezzadel ragionevole dubbio e, se del caso, ad attivare gliaccertamenti clinici previsti di sua competenza.

2. Non facciamoci illusioni: in pratica, nel settore so-cio-assistenziale, fatta eccezione per alcune grandiIstituzioni, il “repechage” è una soluzione improba-

bile . Dobbiamo, al riguardo, tenere a mentel’affermazione del Tribunale di Firenze del 2003, piùsopra citata, secondo cui il rinvenimento di idonee

mansioni non deve comportare una modifica

dell’assetto organizzativo aziendale. Inoltre, ilCCNL Uneba esclude che il repechage avvenga assog-gettando l’Ente a maggiori oneri. In definitiva, non èrichiesto che il datore di lavoro eserciti la fantasianell’inventare soluzioni. Gli standard di organico, siache derivino dalla convenzione con l’Ente pubblico,sia che siano stabiliti in autonomia, sono sempre com-misurati al volume del servizio: X operatori su Y ospi-ti. Tutti i posti debbono essere coperti, tutte le assenzedebbono essere sostituite. In un simile contesto, daconsiderarsi generalizzato nel nostro settore (sempresalvo i mega – Istituti) non vi sono mansioni alternati-ve né di pari livello né di livello inferiore.3. Allo stesso modo, per caratteristiche intrinseche delservizio, non vi è differenza tra una inabilità perma-nente totale ed una inabilità permanente parziale (eu-femisticamente ma anche furbescamente definita“idoneità con limitazioni”). Risponde ai valori cultu-rali del nostro settore che l’assistenza “alla persona”richieda un’attività personalizzata, non massificata,non del tutto standardizzabile e non parcellizzabile.Salvo casi eccezionali, non è possibile che un operato-re sostituisca un altro operatore solo per alcune in-combenze. Gli Enti pertanto, al sopravvenire di unainidoneità permanente parziale, fatti gli opportunitentativi di “repechage” in mansioni diverse, la assu-meranno come se si trattasse di una inabilità totale aifini dei conseguenti adempimenti.

Inidoneità all’eserciziodella mansione

Sulla base del quadro nor-mativo e giurisprudenzialepresentato nel precedentenumero di Nuova Proposta(pp. 18-20), suggeriamo al-cune soluzioni operative.

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O 4. Da quanto precede, discende quasi con automati-smo che le inidoneità permanenti alla mansione dianoluogo, purtroppo, ad una risoluzione del rapporto dilavoro. Saranno al riguardo da tener presenti i seguen-ti accorgimenti:• L’impossibilità del ”repechage” dovrà essere “di-

mostrata” dal datore di lavoro in sede prima ammi-nistrativa e poi eventualmente giudiziale. Le ammi-nistrazioni degli Enti dovranno pertanto attrezzarsicon tutte le attestazioni documentali atte a supporta-re il provvedimento (convenzioni, standards, librounico ecc.).

• Al di sopra dei 15 dipendenti, la risoluzione per so-pravvenuta inidoneità alle mansioni costituisce li-cenziamento per giustificato motivo oggettivo (cfr.Tribunale del lavoro Perugia 7.03.2013), pertantosoggetto ad obbligatorio tentativo di conciliazioneai sensi della L.92/2012 (“Riforma Fornero”). Laprocedura da rispettare è la seguente:

L.28.6.2012 n.92 -Art. 7.

1. Ferma l’applicabilità, per il licenziamentoper giusta causa e per giustificato motivo sogget-tivo, dell’articolo 7 della legge 20 maggio 1970,n. 300, il licenziamento per giustificato motivooggettivo di cui all’articolo 3, seconda parte, del-la presente legge, qualora disposto da un datore dilavoro avente i requisiti dimensionali di cuiall’articolo 18, ottavo comma, della legge 20maggio 1970, n. 300, e successive modifica-zioni, deve essere preceduto da una comuni-

cazione effettuata dal datore di lavoro alla Dire-zione territoriale del lavoro del luogo dove il la-voratore presta la sua opera, e trasmessa per co-

noscenza al lavoratore.2. Nella comunicazione di cui al comma 1, il da-tore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di pro-cedere al licenziamento per motivo oggettivo eindicare i motivi del licenziamento medesimononché le eventuali misure di assistenza alla ri-collocazione del lavoratore interessato. 3. La Direzione territoriale del lavoro trasmette laconvocazione al datore di lavoro e al lavoratorenel termine perentorio di sette giorni dalla rice-zione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzialla commissione provinciale di conciliazione dicui all’articolo 410 del codice di procedura civile. 4. La comunicazione contenente l’invito si con-sidera validamente effettuata quando è recapitataal domicilio del lavoratore indicato nel contrattodi lavoro o ad altro domicilio formalmente co-municato dal lavoratore al datore di lavoro, ov-vero è consegnata al lavoratore che ne sotto-scrive copia per ricevuta. 5. Le parti possono essere assistite dalle orga-nizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte oconferiscono mandato oppure da un componentedella rappresentanza sindacale dei lavoratori, ov-vero da un avvocato o un consulente del lavoro.

6. La procedura di cui al presente articolo, duran-te la quale le parti, con la partecipazione attivadella commissione di cui al comma 3, procedonoad esaminare anche soluzioni alternative al re-

cesso, si conclude entro venti giorni dal mo-mento in cui la Direzione territoriale del lavo-ro ha trasmesso la convocazione per l’incontro,fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comuneavviso, non ritengano di proseguire la discussio-ne finalizzata al raggiungimento di un accordo.Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comun-que, decorso il termine di cui al comma 3, il da-tore di lavoro può comunicare il licenziamen-

to al lavoratore.

7. Se la conciliazione ha esito positivo e prevedela risoluzione consensuale del rapporto di lavoro,si applicano le disposizioni in materia di Assicu-razione sociale per l’impiego (ASpI) e può essereprevisto, al fine di favorirne la ricollocazioneprofessionale, l’affidamento del lavoratore adun’agenzia di cui all’articolo 4, comma 1, lette-re a) e b), del decreto legislativo 10 settembre2003, n. 276. 8. Il comportamento complessivo delle parti, desu-mibile anche da verbale redatto in sede di com-missione provinciale di conciliazione e dalla pro-posta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutatodal giudice per la determinazione dell’indennitàrisarcitoria di cui all’articolo 18, settimo comma,della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successivemodificazioni, e per l’applicazione degli articoli 91e 92 del codice di procedura civile.

5. E’ dunque in questa fase conciliatoria davanti allaCommissione provinciale che il datore di lavoro potràgiocare tutte le sue chances. Se impossibilitato al re-pechage, rappresenterà la propria situazione di impos-sibilità supportandola con idonea documentazione.Supponiamo tuttavia che l’Ente abbia una alternativaoccupazionale da proporre compatibile (si dovràinevitabilmente trattare di una mansione di livello in-feriore, altrimenti il datore di lavoro, a mansioniequivalenti e senza alcun declassamento né decurta-zione economica avrebbe adottato subito il provvedi-mento senza manifestare alcuna intenzione di licen-ziamento).Sarà in tale fase conciliatoria che dovrà essere forma-lizzata una clausola esplicita di demansionamento, inderoga all’art. 2103 C.Civ. La soluzione consigliabile,dopo il verbale di conciliazione, è una risoluzioneconsensuale del rapporto di lavoro corrente, con reci-proca liberatoria rispetto al pregresso, liquidazione delTFR maturato e riassunzione con nuove mansioni equalifica. Si potrà riconoscere convenzionalmente laportabilità della pregressa anzianità ai fini del TEP,ma non ai fini economici: il precedente importo scattiverrà liquidato ed azzerato, con partenza ex-novo delnuovo scatto corrispondente al nuovo livello di inqua-dramento. L.C.23

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza SocialeDirettore Responsabile: MAURIZIO GIORDANORedazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303e - mail: [email protected] - sito internet: www.uneba.orgAutorizzazione del Tribunale di Roma n. 88 del 21/2/1991Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.itStampa: Arti Grafiche Pomezia (Roma)

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Questa pagina vuole essere un “colpo d’ala”, cioè una proposta per un momento di riflessione.

Le stellee il mare

… Chiedevo solo chi metteva

i giocattoli nella calza,

ora mi chiedo Chi mette

la calza accanto al letto,

e il letto nella stanza,

e la stanza nella casa,

e la casa nel pianeta,

e il grande pianeta nel vuoto.

Una volta mi limitavo a ringraziare Babbo Natale

per pochi dollari e qualche biscotto.

Ora, lo ringrazio per le stelle e le facce in strada,

e il vino e il grande mare.

G. K. Chesterton