Nuova Proposta luglio agosto 2016

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale n. 7/8- 2016 anno XLII Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC LA FATICA DELLE TUE MANI Ora ci siamo necessari non solo per i garofani non solo per cercare miele: ci occorrono le nostre mani per lavare e accendere il fuoco. Che si azzardi il tempo duro a sfidare l’infinito di quattro occhi e quattro mani. Pablo Neruda

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Bollettino ufficiale

dell’UNEBA

Unione Nazionale

Istituzioni e Iniziative

di Assistenza Sociale

n. 7/8- 2016

anno XLII

Poste Italiane SpA

spediz. in abb. post.

70% - C/RM/DBC

LA FATICA DELLE TUE MANIOra ci siamo necessarinon solo per i garofani non solo per cercare miele:ci occorrono le nostre maniper lavare e accendere il fuoco.Che si azzardi il tempo duroa sfidare l’infinitodi quattro occhi e quattro mani.

Pablo Neruda

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Aprire Amoris laetitia (di seguito AL) escorrerne le pagine –per una prima, ve-

loce lettura- può procurare due tipi di rea-zione: quella di chi -ancora sotto l’effetto delbombardamento mediatico “comunione sì,comunione no”-resta deluso nel cercare unarisposta secca e precisa alla domanda; quelladi chi, abituato alla logica di un “documentosul matrimonio o sulla famiglia”, si trovaspiazzato di fronte a un testo che invita ad en-trare in una considerazione, in senso ampio“pastorale” e “morale” della questione del-l’amore. Ciò che immediatamente colpisce è il lin-guaggio. Il cardinale Schönborn definiscel’esortazione un “evento di lingua”: c’è unafreschezza, un’immediatezza di linguaggio,che colpisce e che affascina. Si sente che ilPapa è un uomo che ha insegnato la lettera-tura, che ama i poeti, gli scrittori. Il suo lin-guaggio ha il sapore della vita: si sente chechi scrive è stato tanto vicino alla gente.

La parola chiave di tutto il documento èamore: Amoris Laetitia. Ed è significativoche il Papa parli dell’amore, nella pienezzadei sentimenti e degli atteggiamenti nella cop-pia e nella famiglia.La lunga meditazione sull’Inno di San Paolonella Prima Lettera ai Corinzi, sulla carità esull’amore (cap.IV dell’Esortazione), è il nu-cleo del documento. Papa Francesco credenell’amore, nella forza attraente dell’amore.Per questo può essere critico nei confronti del-l’atteggiamento di chi vuol risolvere tutto conle norme. No, dice il Papa: “Questo non attira;ciò che attira è l’amore”. L’orientamento nel-l’agire umano si fa attraverso l’attrazione delbene, della felicità. Quello della famiglia cri-stiana, della coppia, non è un ideale astratto, èil profondo desiderio dell’uomo, una meta chesi raggiunge passo passo, mano a mano. Perquesto, una delle parole-chiave del documentoè “accompagnamento”: quello che i genitorifanno con i loro figli, i pastori con i fedeli, ilPapa con la Chiesa. Accompagnamento su una

strada in cui ci sono tutti: chi vive situazioni difatica o di “irregolarità”, chi ha la fortuna divivere in una situazione familiare serena, nellafede e cammina bene… Per tutti c’è bisognodi conversione, per tutti c’è bisogno di mise-ricordia.In quest’ottica, prevale largamente la novitàdi una descrizione ammirata del “positivo del-l’amore”, rispetto alla precisazione sdegnatadel negativo. In tutti i passaggi più delicati –di carattere biblico, dottrinale, spirituale o di-sciplinare– il testo mantiene questa“vocazione alla integrazione”, che assume unruolo di “discrimen”. In una Chiesa che haconosciuto “due vie” –escludere o integrare–le contingenze attuali impongono, più chemai, una scelta molto netta a vantaggio dellaintegrazione. Per questo è necessario un im-pegno non solo “pastorale”, ma “teologico”di qualità diversa. Il testo, già nella sua primapagina, riconosce «la necessità di continuaread approfondire con libertà alcune questionidottrinali, morali, spirituali e pastorali. La ri-flessione dei pastori e dei teologi, se è fedelealla Chiesa, onesta, realistica e creativa, ciaiuterà a raggiungere una maggiore chia-rezza» (AL 2).Del resto, dal principio di misericordia come“architrave dell‘edificio ecclesiale” deriva lanecessità di un ripensamento strutturale delrapporto tra dottrina e pastorale. La dottrina,che non cambia, ha bisogno di parlare una lin-gua diversa e di essere compresa con un pen-siero diverso. La insistenza, lungo tutta laEsortazione, a non trasformare la dottrina “inpietre”, facendole invece assumere un profilo“materno”, non ne fa semplicemente una “ri-sorsa pastorale”, ma riguarda la interpreta-zione del senso e della portata della dottrinastessa, sul matrimonio, sulla famiglia e sul-l’amore.

Spostamenti di accentiUna lettera troppo bella fino a sembrare sullenuvole? Tutt’altro: Amoris lætitia, “La leti-zia o gioia dell’amore”, col sottotitolo

La libertàdi amare

di don Antonio Mastantuono (*)

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«Esortazione apostolica postsinodale sul-l’amore nella famiglia». Uno spostamentod’accento rispetto a encicliche precedenti:dall’accento su matrimonio e famiglia, ossiasu istituzioni e sulle loro leggi, a quello sul-l’amore dentro matrimonio e famiglia. In ve-rità Papa Francesco sposta vari accenti eattese in tutta la lettera (e non solo in questa).Così provoca nuove riflessioni anche dottri-nali, nuove ricerche, nuove vie per la predi-cazione e l’azione della Chiesa, insieme areazioni negative, da parte di chi si sente…spostato…

L’amore nella famigliaIntanto, il Papa ripropone –non assecon-dando un certo laicismo nostrano– l’idealedella famiglia fondata sul matrimonio tra unuomo e una donna: matrimonio come sacra-mento per i cristiani, in ogni caso unionefondata su un consenso serio tra sposi anchenon cristiani. La lettera parla a lungo delledifficoltà e delle crisi attuali del matrimonioe della famiglia, ma sposta l’attenzione so-prattutto sulla gioia del volersi bene. Se-condo accento: più che guardare alladottrina e alle leggi occorre considerare ilcammino concreto di una coppia più o menoirregolare, il cammino del loro cuore: stannocamminando verso un amore serio e almenoun po’ in linea con quello insegnato daGesù? In base anche a questa domanda ilparroco o il confessore, se li conosce, potràrispondere sì o no alla loro eventuale richie-sta di ammissione ai sacramenti: misericor-dia e serietà a braccetto!

L’educazione dei figliAltro spostamento di accento riguarda l’edu-cazione dei figli. Problema grave e spesso an-gosciante, per il quale nemmeno il papa puòscrivere ricette, ma solo offrire orientamenti

(AL nn. 259-290). Muovere intanto dai valorievangelici, nei quali i genitori cristiani cre-dono o dovrebbero credere (altrimenti i figlinon si fiderebbero delle loro parole…), senzatrascurare un sano realismo: i nostri giovanivivono in un contesto in cui TV, internet, mes-saggini, notizie quotidiane, scuole, branchi diamici, la società, insomma, tendono a elimi-nare la mentalità tradizionale su amore, ma-trimonio, famiglia, religione, autorità..Ignorare tutto ciò sarebbe impossibile e va-namente illusorio. Piuttosto, allora, che inte-ressarsi al “dove”, allo spazio cioè, dei proprifigli, dare “tempo al loro cammino”, chiedersiquale cammino stanno compiendo? Versoquale tipo di libertà e di amore? Con qualiconvinzioni umane o/e religiose? In questopercorso «la famiglia è la prima scuola dovesi impara il buon uso della libertà, a comin-ciare dai loro primissimi anni… Lì si imparaa recuperare la prossimità, il prendersi cura, ilsaluto; lì si rompe il primo cerchio del mor-tale egoismo per riconoscere che viviamo in-sieme ad altri, con altri che sono degni dellanostra attenzione, della nostra gentilezza, delnostro affetto» (AL 276), lì si impara a consi-derare in modo sanamente critico i messaggiche piovono addosso.

L’educazione della sessualitàInterno al precedente, è lo spostamento d’ac-cento sul tema della sessualità, forza meravi-gliosa e sconvolgente che irrompe a una certaetà. Il Papa invita a considerare bene la diffe-renza tra indispensabile informazione ed edu-cazione sessuale: «Non serve riempire i figlidi dati senza lo sviluppo di un senso criticodavanti a una invasione di proposte (…). Igiovani devono potersi rendere conto chesono bombardati da messaggi che non cer-cano il loro bene e la loro maturità. Occorreaiutarli a riconoscere e a cercare le influenze

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positive, nel tempo stesso in cui prendono ledistanze da tutto ciò che deforma la loro ca-pacità di amare» (AL 281). Si passa così dallapreoccupazione per una purezza legalistica erelegata al campo fisico-corporeo (e quindi aipeccati per la violazione di leggi), a quella perla vera libertà e capacità di amare. In questolavoro educativo serviranno parole, dialogo,discorsi, ma soprattutto la forza dell’esempio:quello di genitori diventati capaci di amareanche alla grande, e di tante altre persone si-mili a loro dedite al servizio del prossimo contutta la loro vita. Il confronto con questi tipi dipersone potrà far maturare nei giovani unascelta consapevole, seria, generosa, destinataa durare nel tempo.

Qualche riflessioneDa parroco, una volta letta l’Esortazione,mi sono chiesto cosa essa chieda alla vita diuna parrocchia. Direi che essa esige di met-tersi all’opera per riprogrammare un po’ dicose con le famiglie oltre che per le fami-glie, accollandosi la zavorra di chi chiede isacramenti perché li deve ricevere, ma valo-rizzando chi li vuole celebrare ed è disponi-bile a farsi coinvolgere: quei genitori chenon hanno battezzato i figli alla nascita, masi “riavvicinano” per la messa di prima co-munione che gli stessi figli hanno chiesto;quei fidanzati che hanno salutato la chiesasubito dopo la cresima (o anche prima), masono disponibili a mettersi in gioco per lapreparazione al matrimonio. E tra questi unsempre maggior numero di conviventi, diconviventi con figli, di già sposati col ritocivile…È chiaro che non esistono più “autostradepastorali su cui viaggiare col pilota automa-tico”: bisogna essere all’altezza delle ri-

chieste (distinguendole dalle pretese), fles-sibili; essere in qualche modo una “Chiesaliquida” per una società liquida (Bauman) e,proprio perché liquidi, capaci di introdurciin spazi umani altrimenti soltanto fronteg-giabili. La “liquidità”, tuttavia, non ha sensocome tattica, ma soltanto nella logica del-l’incarnazione, nella consapevolezza che,per incarnarsi, bisogna abbassarsi e spo-gliarsi, convinti per fede che per questo Dioci tirerà su…

Attenzioni pastoraliPerché tutto questo possa realizzarsi, si ren-dono indispensabili alcune attenzioni pasto-rali, frutto di un discernimento comunitario inlinea con questi tempi giubilari ispirati allamisericordia:- lo sviluppo di un’autentica sinodalità, chenon può non passare attraverso il dare la pa-rola ai laici (in primo luogo agli sposi) sultema famiglia, che è loro specifica compe-tenza e missione;- il dare spessore alle occasioni d’incontrocon le famiglie, partendo dal bisogno chemolte di esse manifestano in tema di educa-zione dei figli e anche dal desiderio di con-fronto tra coppie nella quotidianità, dallaricerca di momenti di preghiera e di celebra-zioni liturgiche “a misura di famiglia”;- il mostrare accoglienza e attenzione alle per-sone, in occasione dei percorsi legati ai sa-cramenti dell’iniziazione cristiana, sapendoche continuiamo ad avere di fronte un certonumero di genitori con aspettative maldestre,soprattutto di stampo festaiolo, ma valoriz-zando la potenziale riscoperta della fede la-tente in molti di loro.

(*) Parroco in Larino (CB)

La fatica delle tue mani

All’inizio del Salmo 128, si presenta il padre come un lavoratore, che conl’opera delle sue mani può sostenere il benessere fisico e la serenità della suafamiglia: “Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene”(v.2). Che il lavoro sia una parte fondamentale della dignità della vita umana,lo si deduce dalle prime pagine della Bibbia, quando si dice che “il Signore Dioprese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custo-disse” (Gen 2,15). E’ la rappresentazione del lavoratore che trasforma la mate-ria e sfrutta le energie del creato, producendo il “pane di fatica” (Sal 127,2),oltre a coltivare sé stesso.

(Amoris Laetitia, 23)

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Cosa si intende per welfare generativo? Al-cune strategie che potremmo definire “ri-

generative” sono già in uso nel lavoro sociale,in particolare nel lavoro di rete e nella meto-dologia che prevede non solo l’adesione del-l’utente al progetto individualizzato, ma anchela sua collaborazione attiva: strategia che sipuò sintetizzare nella frase “non posso aiu-tarti senza di te”. Quindi non è soltanto lapartecipazione ad un percorso, ma anche esoprattutto il riconoscimento di propriecompetenze che possono essere utilizzate econsiderate come risorse rigenerative e ri-generabili.Il welfare tradizionale, nelle forme e nei mo-delli che il nostro paese ha conosciuto e hasperimentato fino ad oggi, non è più suffi-ciente o, comunque, non è adeguato alle nuoveesigenze della società. Spesso c’è una distanzaevidente tra i bisogni dei cittadini e gli inter-venti di welfare attuati. Talvolta tale distanzaè resa ancora più ampia laddove gli interventisiano stati solo previsti dai provvedimenti nor-mativi, ma in concreto mai pianificati o mairealizzati.Il welfare non dovrebbe, comunque, limitarsiall’assistenzialismo, ma generare crescita, po-nendo il soggetto beneficiario in un’ottica at-tiva e non passiva: da semplice fruitore outente di un servizio a generatore, a sua volta,di nuovo welfare. Questo è il significato e ilsenso del welfare generativo.

Pratiche generativeEsemplificando, non ci si deve limitare al-l’erogazione di una prestazione per garantireun diritto sociale, ma collegare quella presta-zione all’attivazione del soggetto destinatario.Si supera, in questo modo, la visione assisten-zialistica del welfare come “spesa a perdere”,cercando invece di innescare circuiti virtuosinei percorsi di aiuto. Tutto questo, senza ge-nerare nuova spesa, ma utilizzando in mododiverso le risorse esistenti, così da renderleproduttive di plusvalore sociale ed economico.Si tratta di un tipo di intervento che produce

anche coesione e sviluppo di spirito solidari-stico nella società e nel perseguimento delbene comune. Gli attori istituzionali (Stato, Regioni e Co-muni), ognuno per le proprie competenze efunzioni, sono i primi a doversi responsabiliz-zare nell’attuazione di questo sistema, a par-tire dai provvedimenti normativi ed attuativi,anche per prevenire casi di welfare “de-gene-rativo”, ossia di interventi riconducibili a mo-delli di welfare gestito a costo con “consumo”di risorse, anziché a investimento sociale. Adesempio la nuova social card, nonostante unostanziamento iniziale di 50 milioni di euro afavore di 12 grandi Comuni (da nord a sud),ha presentato non poche problematiche sia ap-plicative che in termini di risultato.Per dare attuazione a questa nuova prospettivaoccorrono, invece, le “azioni a corrispettivosociale”, ossia le attività che coinvolgono ipercettori di forme di sostegno al reddito,proposte a livello locale da enti promotoripubblici e privati, nell’ambito di progettivalutati e monitorati dalle istituzioni stesse.Il rapporto 2012 della Fondazione Zancan pro-poneva come pratica generativa di welfare lapossibilità che i lavoratori percettori di am-mortizzatori sociali svolgessero attività so-ciali. Un esempio è costituito dall’esperienzadegli uffici giudiziari nella regione Lom-bardia: lavoratori in cassa integrazione e inmobilità coinvolti in esperienze lavorativepresso tali uffici. L’obiettivo è stato duplice:favorire lo sviluppo di nuove competenze pro-fessionali per i lavoratori coinvolti e al tempostesso permettere agli uffici giudiziari lom-bardi di fronteggiare la carenza di personalein ambito amministrativo. I Comuni, anche con la collaborazione e gliapporti di enti privati (viste le ricorrenti diffi-coltà delle finanze pubbliche locali), potreb-bero prevedere contributi di integrazione alreddito a persone disoccupate in cambiodell’impegno da parte del beneficiario a se-guire un programma di inclusione socialeattiva per sei mesi, attraverso borse lavoro,

Il welfaregenerativo

di Alessio Affanni

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percorsi formativi, azioni di volontariato,forme alternative di spesa (social market) epartecipazione a laboratori occupazionali.La comunità di Albinea, in provincia di Reg-gio Emilia, si è unita, invece, per un progettodi welfare a favore degli anziani. Singoli cit-tadini, associazioni, Comune, Regione Emi-lia Romagna e Fondazione Manodori si sonouniti per la realizzazione di Casa Albinea.Per far fronte alla scarsità delle risorse fi-nanziarie pubbliche, Casa Albinea è statarealizzata attraverso un innovativo modellodi welfare partecipato, che sfrutta la siner-gia tra soggetti eterogenei, unendo pubblicoe privato, aziende e istituzioni, associazionie cittadini intorno a un obiettivo comune. Sitratta della sperimentazione di un sistema diazionariato popolare che prevede l’acqui-sto di azioni, con una quota base di 100 euro,della “Società Albinea Casa Insieme s.r.l.”,società partecipata da Comune e Parrocchia,per condividere costi (presenti) e utili (fu-turi).

Nuove competenzeLe progettualità sociali di cui si sta parlandoconsistono in un insieme di attività di accom-pagnamento e facilitazione nel per-corso, reperimento e valorizzazione dellerisorse sociali non utilizzate e, infine, di con-nessione tra risorse umane e finanziarie:non molto dissimile da quanto fanno le im-prese quando investono su un nuovo proto-tipo.Per promuovere una scommessa come questaservono nuove impostazioni mentali, relativenon solo alla vision (verso dove e perché), maanche e soprattutto ai dispositivi metodologicie organizzativi (come fare). In pratica servonocompetenze nuove, sulle quali viene portata

ancora troppo poco l’attenzione e sulle qualil’università tarda a muoversi. Possiamo enun-ciare alcuni obiettivi fondamentali:• generare nuove risorse corresponsabiliz-

zando cittadini e forze della società ci-vile, con un ruolo di regia dell’entepubblico, visto non come gestore, ma comeintermediario del territorio, capace di ac-compagnare la crescita di nuove risposte edi favorirne l’autonomia all’interno di unmercato sociale co-costruito e co-gestito dapubblico, privato sociale, cittadini attivi eimprese;

• cercare collaboratori (più che utenti) concui gestire i problemi, sia nel senso che agliutenti va chiesta collaborazione, sia nelsenso che nuovi attori vanno chiamati incausa: vicini di casa, vigili urbani, gestoridi esercizi commerciali, ecc;

• andare verso i nuovi vulnerabili, anzichéattenderli in qualche struttura di servizio,individuando modalità di intervento con-cretamente utili e non stigmatizzanti;

• far transitare le istanze dei singoli dall’“io” al “noi”, favorendo la costruzione dicontesti in cui sia possibile un’elaborazionecollettiva dei disagi individuali, spesso an-cora non consapevolmente formulati comerichieste o problemi, generando risposte piùadeguate anche grazie ad una sorta di ag-gregazione della domanda;

• dare nomi nuovi a problemi nuovi e dunqueandare oltre le categorie tradizionali di in-terventi e utenti stratificatesi nel tempo al-l’interno della pubblica amministrazione,per evitare di ridursi ad un welfare in gradodi intercettare solo chi è individuato dalmandato istituzionale o solo chi (per abitu-dine, disperazione o scaltrezza) è in gradodi accedere ai servizi.

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Comprendere il valorePer decidere gli interventi occorre capire pre-liminarmente le risorse, ossia i valori, dei qualisi dispone.• Valore sociale: che si realizza con la capa-

cità di lettura ed interpretazione dei bisognidel territorio, rafforzamento delle relazionitra partners e con le istituzioni a beneficiodel progetto, capacità di relazione e coin-volgimento dei beneficiari diretti e indiretti.Come premessa, è preferibile un passapa-rola allestito tramite figure di riferimentodel paese/quartiere (ad esempio vigili ur-bani, baristi, farmacisti) rispetto a lettere diinvito (email e sms sono invece utilissimiper altri casi).

• Valore culturale: che si realizza mediantel’animazione della comunità, attraverso lapromozione della partecipazione civica,sviluppo di attività di cross fertilization,presenza di cultura della valutazione e dellatrasparenza, continuità delle attività pro-gettuali. “Agganciare” i cittadini non signi-

fica automaticamente averli a fianco comecollaboratori; la costruzione di questa di-sponibilità richiede particolari attenzioni diascolto, negoziazione, co-costruzione e al-lestimento di un set adeguato (un laborato-rio di progettazione e riflessione); se lepersone non si identificano con l’oggetto dilavoro, non si attivano, oppure lo fanno, main una posizione di dipendenza rispetto achi conduce il laboratorio; qui invece oc-corrono collaboratori in grado di fronteg-giare in modo sempre più autonomol’aumento esponenziale dei problemi dellasocietà (anche nell’acquisizione di capacitàe nell’auto-responsabilizzazione, verso unwelfare di comunità).

• Valore ambientale: inteso come valorizza-zione del capitale ambientale attraverso at-

tività educative e attività di comunicazione,informazione e formazione. Tenendo contodel fatto che nel proporre un’attività for-mativa si deve prevenire il rischio di tra-sferire contenuti o di proporre contesti chepossano apparire stigmatizzanti, col rischiodi far allontanare le persone interessate. E’preferibile una serie di incontri, anche nonformali, sulle modalità attraverso le qualirisparmiare sulle utenze fisse o per evitareil sovra-indebitamento familiare oppuresull’allestimento di uno spazio per il riusoo lo scambio di beni. Un emporio a Mo-dena mette, a disposizione degli utenti, con-sulenti esperti nel bilancio familiare e nellascelta degli strumenti finanziari oppureesperti nella difesa dei consumatori neiconfronti delle aziende e dei fornitori diservizi. Oppure, ancora, lo sportello la-voro, che offre supporto nella ricerca di unimpiego (dalla compilazione del curricu-lum alla selezione delle offerte, fino allaconsulenza per aprire una piccola attività).

Una sperimentazione inte-ressante in questo campo èstata avviata recentementepresso un Emporio di Parma.“Adotta un lavoratore” èun progetto che mira a favo-rire l’incontro tra domanda eofferta di piccoli lavori do-mestici, che possono esseresvolti dagli utenti stessi, inbase alle proprie compe-tenze. La prestazione si ri-chiede tramite un modulointernet e viene pagata attra-verso i voucher emessi dal-l’INPS. Per incoraggiarel’iniziativa, l’organizzazionedell’Emporio si prende ca-

rico delle pratiche burocratiche. Le tariffe,dignitose per il lavoratore ma vantaggioseanche per il consumatore, vengono definitein base alla natura della richiesta.

L’obiettivo non deve essere “risolvere il pro-blema dei… giovani” o “… degli anziani” maoffrire strumenti per permettere ai cittadini(che siano giovani, anziani o in difficoltà eco-nomica) di essere coinvolti in iniziative chevalorizzino il loro apporto in tutti gli aspettidella vita della comunità. Perché proprio daloro, diretti interessati, possono venire le mi-gliori soluzioni. Nelle pieghe della crisi eco-nomica e istituzionale può crescere (e daqualche parte sta già avvenendo) un welfaredifferente, pensato, gestito, sostenuto ed ero-gato da tutta la comunità.

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Negli ultimi tempi si è fatto vivace e con-troverso il tema della competenza pas-

siva per gli oneri dei ricoveri nelle RSA.Le controversie, in genere, traggono origineda alcune decisione giurisprudenziali che –se-condo l’interpretazione data da chi le invoca-affermerebbero che gli oneri di degenza inRSA dovrebbero ricadere, sempre e per intero,sul Servizio Sanitario Nazionale; in virtù ditale assunto parecchi ricoverati (o, per essi, iloro congiunti) hanno sospeso il pagamentodella quota di costo sociale, ancorché previstada obbligazioni regolarmente assunte all’attodel ricovero; in taluni casi, poi, si è addiritturarichiesta la restituzione dei contributi in pre-cedenza versati, in quanto gli stessi costitui-rebbero una sorta di indebito pagamento.Diametralmente opposto è il generale orienta-mento delle Regioni e degli Organi del S.S.N.;secondo queste Autorità il Sevizio SanitarioNazionale dovrebbe assumere, sempre e solo,la quota di costo riferibile alla prestazione sa-nitaria (in genere il 50% ex D.P.C.M.14/02/2001 e 29/11/2001), il restante costo –riferibile all’assistenza alberghiera e sociale-dovrebbe integralmente ricadere sui ricoverati(o sui loro congiunti) e, in caso di loro inca-pacità economica, sugli Enti Locali.In effetti negli ultimi anni si sono avuti indi-rizzi giurisprudenziali che, ad una prima ed af-

frettata lettura, parrebbero frequentemente af-fermare tesi fra di loro opposte e contrarie.In particolare chi ritiene riferibile l’interocosto al S.S.N. invoca le pronunce Cass.22/03/2012 n.4558; Cons. Stato, III,26/01/2015 n. 339; Cons. Stato, III,15/02/2013 n. 930; Cons. Stato, 09/07/2012 n.3292; Cons. Stato 31/07/2006 n. 4695; Cons.Stato, V, 13/05/2014 n. 24561.Di contro vengono invocate, fra le altre, Cass.,

Problemi attualiper gli oneri

di assistenzanelle RSA

di Avv. Bassano Baroni (*)

1 Fra le altre, Cass. 4558/2012 in questi termini: “L’attività prestata in favore di soggetto gravemente af-fetto da morbo di Alzheimer ricoverato in istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria, quindidi competenza del S.S.N., ai sensi dell’art. 30 della l. n. 730 del 1983, non essendo possibile determinarele quote di natura sanitaria e detrarle da quella di natura assistenziale, stante la loro stretta correlazione,con netta prevalenza delle prime sulle seconde, in quanto comunque dirette, anche ex art. 1 D.P.C.M. 8agosto 1985, alla tutela della salute del cittadino; ne consegue la non recuperabilità, mediante azionedi rivalsa a carico dei parenti del paziente, delle prestazioni di natura assistenziale erogate dal Co-mune”.

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18/09/2014 n. 19642; Cass., 07/11/2004,n.21764; Cons. Stato, III, 23/04/2015 n. 2046;Cons. Stato, III, 15/05/2014 n. 2456; Cons.Stato, III, 27/08/2013 n. 4273; ecc.2. Secondotali ultime decisioni, anche se in termini nonsempre omogenei, viene affermato il comuneprincipio della normale frazionabilità del costodi degenza fra S.S.N. (per la quota sanitaria) ecompetenze socio-assistenziali (per la quotaalberghiera – sociale).La lettura attenta delle decisioni intervenute inmateria non porta, tuttavia, a riconoscere unipotetico ed insanabile conflitto giurispruden-ziale, ma induce a ritenere che le decisioni ap-parentemente discordi siano riconducibili adun unico e coordinato indirizzo interpretativo.Nelle varie decisioni intervenute è continua egenerale l’affermazione che le disposizioni le-gislative disciplinanti la materia sono costi-tuite dalla L. 730/1983, dal D.P.C.M.08/08/85, dall’art. 3 septies del D.Lgvo 502/92(come modificato con D.Lgvo 229/2009) e daiD.P.C.M. 14/02/2001 e 29/11/2001 (questi ul-timi anche con valenza di L.E.A.).

Tali norme sanciscono, in primoluogo, che, nei servizi socio-sani-tari, va riferito al S.S.N. il costodell’assistenza sanitaria; soggiun-gono, poi, che l’onere di tali rico-veri ricade, per intero, sul S.S.N.“in caso di elevata integrazionesanitaria a causa della particolarerilevanza terapeutica ed intensitàdella componente sanitaria” (exart. 3 septies, comma IV, D.Lgvo502/92 e successive modifiche).In ogni altro caso l’onere va ripar-tito fra competenza sanitaria ecompetenze personali o sociali.L’art. 3 del D.P.C.M. 14/02/2001rinnova tale prescrizione attri-buendo al S.S.N. una partecipa-zione parziale (nella misura

percentuale indicata dalla tabella allegata alD.P.C.M.) in caso di normali lungodegenze e,invece, accollando l’intero costo al S.S.N. neicasi di elevata ed intensa integrazione sanita-ria.Ne deriva che –per i ricoveri in RSA- non vigeun unico criterio per la copertura dei costi, mache, di contro, è possibile, anzi dovuto, un trat-tamento differenziato a seconda del grado dibisogno sanitario proprio della persona inte-ressata.La giurisprudenza, nel suo complesso, è con-forme e coerente alle linee ricordate.L’apparente contrasto di pronunce non è, cioè,determinato da divergenze sull’interpretazionedelle regole, ma tende ad affermare che la dif-ferenziazione di trattamento è imposta dallenorme vigenti in relazione al tipo e al grado dibisogno sanitario presente nei casi concreti.La prevalenza delle Sentenze interessate, cioè,dapprima riconferma i principi ricordati senzareali distinzioni e perviene, poi, a soluzioni ap-parentemente diverse in funzione esclusiva deicaratteri del singolo caso sottoposto ad esame;

2 Di contro, Cass. 18/09/2014 n. 19642 in questi termini: “La legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva delServizio Sanitario Nazionale, ha introdotto la regola della gratuità delle prestazioni sanitarie da esso ero-gate a tutti i cittadini, senza tuttavia cancellare del tutto l’istituto della rivalsa, previsto dall’art. 1 dellalegge 3 dicembre 1931, n. 1580, che trova ancora residuale applicazione negli interventi socio-assi-stenziali non immediatamente e prevalentemente diretti alla tutela della salute del cittadino, tra cui rien-trano le spese per l’attività di sorveglia e di assistenza non sanitaria resa in favore di un anzianoultrasessantacinquenne”.Inoltre, Cons. Stato, III, 23/04/2015 n. 2046 in questi termini: “La malattia di Alzheimer non si presta alleprestazioni di elevata integrazione sanitaria di cui all’art. 3, D.P.C.M. 14 febbraio 2001 atteso che nonha una fase post-acuta o comunque di durata breve e definita, nella quale interviene in modo intensivo,ma richiede lunga assistenza, così da risultare riconducibile agli interventi di ospitalità alberghierapresso strutture residenziali e semiresidenziali di adulti e anziani con limitazione dell’autonomia, non as-sistibili a domicilio”.

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l’affermazione sulla riconducibilità dell’interoonere al Servizio Sanitario Nazionale non di-scende affatto da un ipotetico vincolo in talsenso fatto dalla Legge per le prestazionisocio-sanitarie, ma può discendere solo dal-l’accentuato bisogno sanitario della personainteressata.Nel panorama giurisprudenziale meritano par-ticolare attenzione le Sentenze di Cons. Stato23/04/2015 n. 2046 e la Sentenza di Cass.,07/11/2004 n.21764.La prima (particolarmente elaborata e costi-tuente la più recente affermazione giurispru-denziale) contiene, in termini precisi,l’affermazione sulla possibile duplicità di trat-tamento praticabile per gli oneri delle degenzein RSA3.A sua volta Cass. 07/11/2004 n.21764 meritadi essere annotata perché non riferentesi –come nella pressoché totalità delle decisioniintervenute ad un caso singolo- ma perché ri-ferentesi a una pretesa avanzata da una collet-tività di circa 30 ex degenti, tutti convergentinel richiedere la restituzione dei contributi daloro versati, sul presupposto della piena e ge-nerale competenza passiva del S.S.N.La Cassazione –dopo aver svolto un’analisidella normativa vigente coerente agli indirizziin precedenza ricordati– ha affermato che nonpoteva essere assunta una decisione uniformeper l’intero gruppo dei richiedenti, ma che do-vevano essere singolarmente, caso per caso,

analizzate le condizioni di ogni ricorrente perstabilire il trattamento a ciascuno competente;la Cassazione ha quindi annullato la decisionedella Corte di merito che aveva trattato inmodo uniforme tutti i ricorrenti ed ha rimessola causa ad altra Corte per stabilire, previaCTU, la reale condizione di bisogno sanitariodei singoli ricorrenti4.La Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio,dopo lo svolgimento di CTU, ha stabilito chesolo per meno della metà dei ricorrenti pote-vasi riconoscere la sussistenza di una partico-lare condizione di bisogno sanitario tale dalegittimare il pieno riferimento dell’onere alS.S.N., mentre per la prevalenza dei ricorrentidovevasi confermare la ripartizione dellaspesa fra competenze sanitarie e competenzesociali e quindi riconoscere la legittimità delcontributo.E’ utile annotare che, purtroppo, nella giuri-sprudenza intervenuta non è riscontrabile unareale convergenza nello stabilire quando e perquali motivi ricorre o meno la condizione dinecessità di prestazioni ad elevata integrazionesanitaria; addirittura esistono indirizzi con-traddittori.Solo esemplificativamente possono compa-rarsi le pronunce di Cass. 4458/2012 e diCons. Stato, III, 2046/2015; entrambe le deci-sioni prendono in considerazione fattispeciedel tutto omogenee e, cioè, il caso di soggettiaffetti da Alzheimer con complicazioni analo-

3 Da Cons. Stato, III, 2046/2015: “In particolare occorre stabilire se la qualificazione delle prestazioni,nel caso in esame, debba ricavarsi: a- dall’art. 3, comma 1, del D.P.C.M. 14 febbraio 2001, che considera “prestazioni sanitarie a rilevanza

sociale” tutte le prestazioni assistenziali, comprese quelle (che, pur non lasciando presagire la gua-rigione o la riabilitazione del paziente), siano quanto meno finalizzate al “contenimento di esiti de-generativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite”, affermando che i relativi oneri sono dicompetenza ed a carico delle USL; e dall’art. 3, comma 3, del medesimo D.P.C.M., che individua le“prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria” in modo tale da ricomprendere anchequelle caratterizzate “dalla indivisibilità dell’impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali suirisultati dell’assistenza e della preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell’assistenza”-come sostiene l’Istituto appellato;

b- oppure, dalla tabella di cui all’art.4, comma 1, del D.P.C.M. 14 febbraio 2001 e dell’Allegato 1C delD.P.C.M. 29 novembre 2001, dove si prevede che agli anziani ed alle persone non autosufficienti conpatologie cronico-degenerative ad essi assimilate, nelle forme di lungo assistenza semiresidenziali oresidenziali, si applichi una ripartizione forfettaria del costo complessivo, pari al 50% a carico delS.S.N. e al 50% a carico del Comune (con la compartecipazione dell’utente secondo la disciplina re-gionale e comunale)- come sostengono la ASL appellante e la Regione Lombardia”.

4 In particolare Cass. 21764/2004 ha affermato il principio: “che non deve ritenersi conforme a diritto, chel’erogazione di prestazioni sanitarie in favore di malati psichici ormai stabilizzati ricoverati in una strut-tura di tipo ospedaliero comporti il totale carico alle Asl anche delle spese relative alle connesse pre-stazioni socio-assistenziali”. La Corte ha quindi affermato che tali prestazioni sono gratuite unicamente quando la malattia sia in faseacuta o comunque sia ipotizzabile una ripresa, cui sia funzionale una terapia sanitaria intensa accompa-gnata da interventi socio/assistenziali.

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ghe; in rapporto a tale situazione la Cassazioneafferma la necessità di forti misure sanitarie e,quindi, l’integrale riferibilità del costo alS.S.N.; Cons. Stato, invece, esclude che l’Al-zheimer, anche se con complicazioni, possaconsiderarsi di alta intensità sanitaria, con laconseguenza della ripartizione dell’onere fraS.S.N., Enti Locali ed utenti.E’ importante, poi, considerare quali compor-tamenti pratici siano da osservare, da partedelle RSA, nello svolgimento dell’attività ge-stionale.I diversi Organi del S.S.N. –per quanto constain modo generale ed uniforme- si attengono alprincipio secondo cui il concorso del fondo sa-nitario degli oneri delle RSA debba in ognicaso essere contenuto nel 50% del costo (exD.P.C.M. del 2001) e che il residuo 50% vadasempre riferito gli utenti o, in caso di loro in-digenza, agli Enti Locali.Non è poi formulabile la previsione che dettiOrgani possano, nell’attuale situazione legi-slativa e giurisprudenziale, spontaneamenteassumere atteggiamenti di maggior compren-sione.Ne consegue che –ove gli Enti ricoveranti so-

prassedessero, all’atto del ricovero, dal richie-dere l’obbligazione dei ricoverati o degli EntiLocali per la quota sociale– le RSA si trove-rebbero esposte al forte e generale rischio dipossibile perdita di parte considerevole deiloro costi.E’, quindi, suggeribile che le RSA continuinoad osservare i criteri tradizionali esigendo, dairicoverati o dagli Enti Locali, l’impegno a cor-rispondere la quota del costo sociale.Al riguardo pare utile osservare che il ricor-dato suggerimento non discende da sempliciconsiderazioni di opportunità, ma è anche coe-rente al normale e generale assetto della ma-teria5.In particolare secondo la fondamentale defini-zione sui compiti e sulle funzioni delle RSAportata dal D.P.R. 14/01/1997 i compiti di as-sistenza tutelare ed alberghiera non vengonoconcepiti come meramente funzionali adun’esclusiva finalità sanitaria, ma costitui-scono uno dei due oggetti di intervento delleRSA (livello medio di assistenza medico-in-fermieristica e livello alto di assistenza tute-lare ad alberghiera). Di conseguenza, gli Entinon potrebbero spontaneamente accettare le

5 In particolare ex D.P.R. 14/01/1997 le RSA sono “presidi che offrono a soggetti non autosufficienti, an-ziani e non, con esiti di patologie, fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio, un li-vello medio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un livello “alto” diassistenza tutelare ed alberghiera, modulate in base al modello assistenziale adottato dalle Regioni eProvince autonome” e “sono destinate a soggetti non autosufficienti, non curabili a domicilio, portatoridi patologie geriatriche, neurologiche e neuropsichiatriche stabilizzate”.

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richieste di restituzione di contributi versati néprescindere da esigere il pagamento dei con-tributi promessi, anche ricorrendo per il recu-pero –ove necessario- a Decreti ingiuntivi.In caso di opposizione ai Decreti ingiuntivi,dovrà essere evocata in giudizio anche il com-petente Organo del S.S.N per stabilire, inmodo incontrovertibile e nel contraddittoriofra le parti interessate, la sicura soluzione delproblema della competenza passiva per glioneri.Nel quadro dei problemi attinenti alla compe-tenza passiva delle parti private vanno svolteconsiderazioni particolari per quanto riguardal’esistenza o meno di un obbligo a contribuirea carico del coniuge o dei figli. Secondo l’art. 3, comma 2 ter, del D.Lgvo109/1998 “per gli oneri di ricovero in RSA ri-spondeva il solo ricoverato, coi soli mezzi per-sonali della persona assistita, con esenzionedei figli da oneri contributivi; l’onere restavaquindi a carico dei Comuni”.Si è ritenuto, dalla prevalente dottrina, edanche da buona parte di giurisprudenza, che ledefinizioni portate dal D.Lgvo 109/98 aves-sero la dignità di LEA e che, di conseguenza,i criteri fissati da detto provvedimento fosseroinsuscettibili di deroghe neppure ad opera dieventuali Leggi Regionali.Tuttavia, la Corte costituzionale ha recente-mente escluso, con Sentenza 19/12/2012 n.296, che l’art. 3, comma 2 ter del D.Lgvo109/98 costituisca un LEA6.Ne consegue che:- sono ammissibili Leggi Regionali volte a

stabilire la partecipazione dei congiunti

negli oneri assistenziali secondo criteri emodalità difformi da quanto previsto dalD.Lgvo 109/98 (come risulta essere avve-nuto, fra l’altro, in Lombardia, in Toscana enelle provincia di Bolzano);

- che in assenza di specifiche norme regio-nali, è inderogabilmente da osservarsi il cri-terio limitativo previsto dall’art. 3, comma 2ter, del D.Lgvo 109/98.

Tra l’altro è utile annotare che il Consiglio diStato ha stabilmente dichiarato che l’art. 3,comma 2, D.Lgvo 109/98, è norma immedia-tamente applicabile anche in assenza del De-creto del Presidente del Consiglio dei Ministriprevisto dal precitato decreto7.Va, peraltro, segnalato che recenti eventi legi-slativi hanno fortemente circoscritto la dispo-sizione agevolativa di cui all’art. 3, commi IIe III, del D.Lgvo 109/98; tale norma è stataora modificata e sostituita dall’art. 6 e dall’all.2 del D.P.C.M. 05/12/2013 n. 159 che ha ri-pristinato, accanto alla responsabilità del co-niuge, una responsabilità dei figli,responsabilità che è comunque di livello atte-nuato, specie per effetto delle detrazioni pre-viste dall’all.2.Ciò porta a ritenere che, nella gestione delleRSA, sia opportuno accentuare l’obbligo di-retto dell’utente (in genere pensione o inden-nità di accompagnamento) e che, ancora, siaprudenziale –in caso di insufficienti risorsedell’utente- richiedere l’impegno per unaquota integrativa a carico dei congiunti, daidentificarsi nel solo coniuge e nei soli figli.

(*) Presidente Regionale UNEBA Lombardia

6 Corte Costituzionale 296/2012: “Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14,comma 2, lett. c), l.reg. Toscana 18 dicembre 2008, n. 66, censurato, in riferimento all’art. 117, comma2, lett. m), in quanto dispone che nel caso di prestazioni di tipo residenziale a favore di persone disabili“la quota di compartecipazione dovuta dalla persona assistita ultrasessantacinquenne è calcolata te-nendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea rettaentro il quarto grado”. La questione è sollevata sulla base di un presupposto interpretativo –quello chela disposizione dell’art. 3, comma 2 ter, d.lg. 31 marzo 1998 n. 109, costituisca, anche in assenza del pre-visto D.P.C.M., un livello essenziale della prestazioni relative ai servizi sociali a favore degli anzianinon autosufficienti e delle altre categorie protette ivi indicate – erroneo, in quanto il principio di rilevanzadella situazione economica del solo assistito espresso dalla norma statale non costituisce livello essen-ziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorionazionale, dovendo lo stesso essere armonizzato con la finalità di favorire la permanente dell’assistitopresso il nucleo familiare di appartenenza (sentt. n. 287 del 2004, 50, 168 del 2008, 124, 322 del 2009,121 del 2010, 203 del 2012).

7 In particolare, Cons. Stato, III, 8/11/2013 n. 5355, Cons. Stato, III, 21/12/2012 n. 6674, Cons. Stato4071/2012, 4077/2012, 4085/2012, 5782/2012 nonché Cons. Stato, V, 1607/2011 e 5185/2011, concor-dano “in favore dell’immediata percettività del principio di cui all’art. 3, comma 2 ter, del D.Lgvo n.109/1998, di evidenziazione della situazione economica del solo assistito, anziché di quella del nucleofamiliare, in relazione alle modalità di contribuzione al costo di determinate prestazioni rivolte a per-sone con disabilità grave e anziani non autosufficienti”.

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Nel mese di aprile Papa Francesco a sor-presa si è recato nell’Isola di Lesbo per

incontrare i tanti profughi che fuggono daiPaesi in guerra. Lesbo come Lampedusa siprodiga nell’accoglienza.L’evento mi ha fatto ricordare gli inizi di unintervento della Caritas italiana, organismocreato da mons. Giovanni Nervo, su deci-sione nel 1971 di Paolo VI. Nervo ne fu pre-sidente nella fase operativa dal 1973 fino al1976 e successivamente vice presidente finoal 1986, quando fu deciso che la presidenzaformale dovesse essere assunta da un ve-scovo. Perché ho ricordato mons. Nervo e la Caritas?Il motivo è nell’impegno della Caritas, e diNervo in particolare, nel soccorrere alla finedegli anni ’70 del secolo scorso i profughi delVietnam del Sud (ne furono salvati circa3500, tra i quali molte donne con bambini,anche di pochi mesi). Mons. Nervo riuscì, conla sua tenacia, a coinvolgere l’allora presi-dente del Consiglio Giulio Andreotti, checoinvolse la Marina italiana nel salvataggiodi molte vite umane, consentendone lo sbarcoin Italia.

Questa prima fase di soccorso agli immigrati(i vietnamiti a fine anni 70 del ‘900) che fug-gono dalla guerra si caratterizza per l’assenzadi clamore. Nessun allarme nella popolazione,anzi disponibilità all’accoglienza.

Come per gli italiani emigrati in Europa enegli altri Continenti, anche nei confrontidegli stranieri si alternano atteggiamenti chepossono riassumersi nell’interrogativo: immi-grati, problema o risorsa?Inoltre la percezione che oggi si ha della loropresenza in Italia è quella di una invasione(sarebbero circa il 30% della popolazione delnostro Paese) a fronte di una reale presenza dicirca l’8%. Questo e altro pongono un pro-blema di informazione, tanto più quando si fa

ricadere su alcune etnie di immigrati tutti i mi-sfatti che si commettono nelle nostre città.In sintesi, sarebbe necessario sostituire allacultura della diffidenza, della intolleranza edella paura dell’altro, un atteggiamento di in-formazione, di conoscenza, di ascolto e di ac-coglienza.

Possono aiutarci a capire meglio i contornidel dramma le informazioni fornite da due im-migrate in periodi e di provenienza molto di-versi: una signora vietnamita (era unabambina di 3 anni, quando nell’aprile del 1978la carretta del mare nella quale era imbarcatacon i suoi sfiorò la tragedia); una signora ro-mena che ha raggiunto l’Italia nell’aprile2002.

Al riguardo traggo alcuni spunti dal materialefornitomi dalla signora vietnamita Mai (inquella notte di aprile del 1978 era una bam-bina, come accennavo, di soli 3 anni) oggi èfelicemente sposata con un italiano; è mammae ha un lavoro di alto livello.La signora Mai ha il merito di avermi fornito,in particolare, notizie e materiali, raccolti neglianni successivi, sulla storia di sua zia Cecilia(Yen in lingua vietnamita) allora ventenne esu quella dei profughi e del loro dramma.

Per ragioni di spazio riporto solo alcuni spunti,che ritengo significativi.

- L’inizio del dramma.Con la fine della guerra tra i due Vietnammolte famiglie del Sud cercano in quel mesedi aprile del 1978 la salvezza, imbarcandosisulle carrette del mare. L’imbarcazione, cheaccoglie le persone di questa storia, è lunga21 metri e larga solo 4. Ha a bordo 260 profu-ghi, che hanno dovuto pagare, alcuni di loro,addirittura in lingotti d’oro. Un cargo cana-dese salva quei disperati nel momento in cuisi profila il naufragio. Altre imbarcazioni con

IMMIGRATIsconosciuti, ignorati,tollerati, accolti…di Giovanni Santone

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il loro carico umano purtroppo non hanno lastessa fortuna.

- Come è stato possibile sopravvivere?Dai resoconti risulta che la prima cosa èquella di liberarsi, purtroppo, anche dei viveriper ridurre il sovraccarico in una barca giàstracolma.Ma c’è anche una sorpresa: mentre la carrettadel mare imbarca acqua e terrore, questi sfor-tunati trovano conforto in un rosario, cheporta con sé la giovane ventenne Cecilia, donoche un’anziana cieca aveva accompagnato conqueste parole: prendilo, portalo sempre con te,tutto finisce, solo questo resta.

- Quali le tappe che seguono questo salvatag-gio?La nave canadese sbarca il suo carico umanoin un campo profughi della Malaysia. Le per-sone sono ammassate in una baracca abitatada topi e piena di sporcizie. Lì rimarranno unanno e mezzo. Durante quel periodo la signoraCecilia il 16 giugno 1978 darà alla luce unbambino. Ma finalmente arriva una notizia importante:Papa Giovanni Paolo II si è interessato deiprofughi; li vuole a Roma. Un gruppetto è de-stinato a partire per l’Italia. Arrivano i bi-glietti e un po’ di soldi. In Vaticano il Papa liriceve con tanto affetto soprattutto verso ibambini. Vengono ospitati a Grottaferrata perun mese.

- E poi la destinazione finale.E’ don Giuseppe, di Vicenza, definito pretebuono e straordinario, che accoglie nel 1979la famiglia di mamma Cecilia con marito edue bambini; sono ospitati in un apparta-mento della canonica. Dice la mamma: tutti mi facevano festa, tuttimi davano una mano, la gente di Vicenza èstata splendida.Altri profughi hanno trovato altrettanta acco-glienza in Italia e in particolare in Veneto. Altriancora sono andati in America.

- Quali le difficoltà incontrate e anche supe-rate?Il problema principale è stato quello della lin-gua e anche di abituarsi alla cucina italiana.Non è mancato il lavoro, all’inizio come do-mestica, e poi lavori più qualificati e anche digrande soddisfazione e corrispondenti alle mieaspirazioni.

- Quali conclusioni trae Cecilia?La nostalgia è pari alla gioia di aver trovato laterra promessa tra tante persone che sanno

cos’è la solidarietà, che hanno accolto i pro-fughi come fossero gente di casa.

La ricerca di un mondo migliore emerge anchedall’ altra testimonianza, quella della signoraAnna, romena, anni 45, diploma di liceo.E’ arrivata in Italia nell’aprile 2002. Non haavuto problemi per raggiungere l’Italia, inquanto la Romania già allora faceva parte del-l’Europa e quindi era libera la circolazionenegli Stati dell’EU.La città che l’accolse fu Padova. Qui ha svoltovarie attività e da ultimo in prevalenza quelladi aiuto alle famiglie.

- Perché scelse Padova?A Padova c’era già un mio fratello con la suafamiglia e una mia sorella.Inoltre Padova aveva anche la base della co-munità che per me e per tanti altri connazio-nali era ed è un riferimento importante: laChiesa per i cristiani ortodossi.

- Quali furono le prime difficoltà? La più grossa barriera fu la lingua, che ho ini-ziato a imparare da sola e ora mi faccio capirenel parlare con gli italiani. Ma anche cerco discrivere in italiano.

- Mi complimento con lei per come parla ecome scrive in italiano. Sa dirmi altre notiziesulla vostra comunità a Padova?Non so quanti romeni vivono a Padova; im-magino che siamo in tanti. In strada sento par-lare da molti la mia lingua. Anche nella nostrachiesa siamo in molti che frequentano le fun-zioni religiose. Un altro segnale della presenzanotevole di romeni è stato quello dei moltiche, insieme a me, hanno votato a Padova perl’elezione del nostro presidente della Repub-blica romena.

- Quali difficoltà ha incontrato?Oltre la lingua e abitudini diverse, la paura dinon farcela a superare le prime difficoltà, chesi incontrano in un mondo nuovo. E poi anchel’illusione di trovare un lavoro che mi piacesse.Quindi all’inizio la paura di non farcela.

- Quali conclusioni trarrebbe da questa espe-rienza?A parte le prime delusioni nel lavoro, oggi misento come a casa mia e ho rapporti di amiciziae di lavoro che danno soddisfazione. Però se nonci fosse la crisi economica, chi sa cosa farei…

Una conclusione comune, che immagino ditanti altri immigrati, è il sogno di tornare alproprio paese di origine.

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Una scuola che guarda al futuro dei giovaniL’offerta formativa di una scuola moderna nonpuò che essere declinata in base alle esigenzedegli studenti e coerente con la necessità diorientarli al futuro. Superando il tradizionaledeficit di formazione on the job del nostro si-stema scolastico. La riforma della scuola chesi è avuta meno di un anno fa mutua una vi-sione integrale della formazione dei giovani inproiezione del loro ruolo attivo di adulti pro-tagonisti della società. Ribadisce la necessitàdel potenziamento delle competenze linguisti-che e di discipline fondamentali o tipiche delnostro Paese, come arte, musica, diritto, eco-nomia, così come del recupero dell’educa-zione alla cittadinanza attiva (ex educazionecivica), ai corretti stili di vita, all’attività mo-toria e all’educazione ambientale. Si guarda aldomani anche attraverso lo sviluppo dellecompetenze digitali con un investimento di ri-sorse finanziarie (90 milioni di euro subito e30 all’anno a partire da quest’anno). Vengonovalorizzate le stesse competenze maturatedagli studenti in ambito extrascolastico (vo-lontariato, attività sportive, culturali, musicali)e raccolte in un apposito curriculum digitale,utile per l’orientamento e l’inserimento nelmondo del lavoro.

Scuola e lavoro: sempre più in interazioneHa fatto notizia su Repubblica di qualchegiorno fa il successo dei giovani infermieri ita-liani assunti dall’ospedale inglese di Preston.Ve ne sono più di 100 e il dato più interessanteè che vengono assunti - come afferma la re-sponsabile del loro reclutamento - «perchéhanno una formazione molto buona, in varicampi. Diversamente da altri colleghi del restod’Europa sanno fare assistenza alla persona,se necessario anche lavare i pazienti. Inoltre,durante gli studi, hanno già fatto pratica sulcampo, altra cosa non comune». Si direbbe unsuccesso della formazione scolastica italiana,

capace di coniugare gli aspetti umanistici conle nozioni tecniche, la formazione in aula conl’esperienza pratica sui luoghi di lavoro (stage,tirocini, alternanza scuola-lavoro).L’emanazione di norme che favoriscono il rap-porto tra istituzioni scolastiche e mondo dellavoro risalgono in Italia al 1997 quando conla L. n. 196 si sono istituiti gli stage e i tirociniformativi e, a seguire, con le leggi (e loro im-plementazioni) del 2003 (n. 53 e n. 30) del2005 (L. n. 77), del 2013 (L. n. 104) fino allarecente riforma del 2015 (L. n. 107). Con lalegge n. 53/2003 si definisce l’«alternanzascuola-lavoro»: si tratta di percorsi forma-tivi che, assicurano agli studenti - oltre allaconoscenza di base - competenze spendibilinel mercato del lavoro. Tali percorsi ven-gono progettati, attuati e valutati in colla-borazione tra tutti gli attori del territorio:istituzioni scolastiche, imprese, associazionidi rappresentanza, CCIA, realtà del terzosettore. Le normative via via intervenute hanno rego-lamentato e rafforzato strumenti atti a soste-nere percorsi formativi personalizzati conperiodi on the job. Oltre a stage, tirocini e al-ternanza scuola lavoro come strumenti didat-tici per la realizzazione dei percorsi di studioè stato introdotto anche l’apprendistato ascuola e figure di sostegno alla loro attua-zione, come il «docente tutor» designato dal-l’istituzione formativa e il «tutor esterno»dell’impresa. L’ottica del legislatore non èquella di favorire un addestramento professio-nale, strumentale alle esigenze del mondo pro-duttivo, quanto una leva necessaria ad unamigliore educazione, istruzione, formazione eoccupabilità dei giovani. Con il superamentodelle barriere tra scuola e mondo del lavoro siè voluto affermare il valore educativo del la-voro e contrastare nel nostro paese preoccu-panti fenomeni di abbandono scolastico,disoccupazione giovanile e, in generale,quello dell’ampia porzione di giovani che nonstudiano e non lavorano.

Impararelavorando

Verso una simbiosi tra scuola-lavoro? di Renato Frisanco

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Il trend dei percorsi di alternanza è decisa-mente in ascesa, grazie all’impulso avuto nelnuovo secolo. Nell’anno scolastico 2013-2014quasi la metà degli istituti superiori italiani haofferto percorsi di alternanza (il 43,4% deiprofessionali, il 37,3% dei tecnici e il 13,4% dilicei e altri indirizzi). Più in dettaglio sono stati10.279 i percorsi di alternanza nelle scuole su-periori e hanno coinvolto più di 126 mila strut-ture di cui quasi la metà imprese (industria eturismo, in primis). Ciò è stato possibile so-prattutto nei territori a maggior densità pro-duttiva (province trivenete e Lombardia) enelle aziende non troppo grandi né troppo pic-cole. Le convenzioni a costo zero per le istitu-zioni costituisce un problema per le botteghedi artigiani che devono farsi carico degli oneridella formazione senza alcun aiuto (ad esem-pio, sgravi fiscali) o incentivo pubblico esenza un ritorno certo rispetto all’investimentoformativo.

Alternanza scuola-lavoro: opportunità per tutti gli studentiD’altra parte la “Buona Scuola”, mutuata dallarecente e tanto contestata riforma (L.107/2015) ha rafforzato tra i suoi capisaldi pro-prio il rapporto tra “scuola, lavoro e territorio”con l’intento di raccordare in modo deciso l’of-ferta formativa scolastica con il sapere tecnico-professionale e la cultura del lavoro delleimprese del territorio. L’alternanza scuola-la-voro esce dall’occasionalità e dalla opzionabi-lità ed è inserita obbligatoriamente nei pianitriennali dell’offerta formativa non solo di isti-tuti tecnici e di scuole professionali ma anchedei licei. Già da quest’anno scolastico nel se-condo ciclo dell’istruzione superiore è richie-sto un monte ore di alternanza scuola-lavororagguardevole, non solo per gli istituti tecnicie professionali - almeno 400 ore - ma anche

per gli studenti liceali (200 ore) che possonofare esperienze in musei, istituti di cultura,aziende di promozione e valorizzazione del pa-trimonio artistico del Paese; inoltre si può “im-parare lavorando” anche in estate e all’estero.Per rendere strutturale tale alternanza è statogarantito uno stanziamento di 100 milioni dieuro all’anno rispetto agli 11 milioni dell’a.s.2012-2013. L’obiettivo richiede regole e orga-nizzazione e una regia nazionale che chiama incausa la concertazione tra MIUR, Ministerodel Lavoro e Conferenza Permanente Stato-Regioni e un registro nazionale di imprese edenti pubblici e privati disponibili a svolgere ipercorsi di alternanza scuola-lavoro. Cosìcome è prevista la Carta dei diritti e dei doveridegli studenti in alternanza scuola-lavoro chepotranno così esprimere una valutazione sul-l’efficacia dei percorsi effettuati. Inoltre taleformazione viene inclusa nella terza provascritta degli esami di Stato, così che l’alter-nanza diventa una “materia” d’esame che tieneconto delle conoscenze, competenze e abilitàacquisite dagli allievi e certificate congiunta-mente dalla scuola e dalla struttura ospitante(tutor esterno).Inoltre vi è la possibilità per gli studenti discuola superiore di svolgere periodi di forma-zione in azienda attraverso la stipulazione dicontratti di apprendistato per la qualifica e peril diploma professionale come previsto anchedal JobsAct in tema di apprendistato di primolivello (oltre a quello professionalizzante).

Scuola e territorio: dialogo per lo sviluppoLa scuola in questa ottica diviene organica alterritorio, sia come risorsa che come fruitrice diapporti formativi aggiunti che completano lasua specifica formazione teorica e di base. Sicorrela così l’offerta formativa allo sviluppo

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“Garanzia Giovani” è il programma disostegno e potenziamento dell’occu-

pabilità dei NEET (Not in Education, Em-ployment, or Training), cioè di giovani chenon studiano e non lavorano, lanciato in Italiail 1° maggio 2014. Rappresenta un’innova-zione comunque positiva per l’Italia, avendoavuto il merito di affrontare la prima volta laquestione dei giovani da diversi studiosi defi-niti come una non-categoria, come soggetti acui sono state dedicate risorse progressiva-mente decrescenti, tanto da porre i presuppo-sti per un conflitto generazionale fra adultigarantiti (occupati-disoccupati-pensionati) egiovani privi di ogni garanzia presente e fu-tura. Con Garanzia Giovani i NEET diven-tano un target, un problema prima nonaffrontato. A complicare il tutto contribuisce

anche il perdurare della crisi e dell’elevata di-soccupazione giovanile (che rimane al 40%),con la conseguente emergenza italiana dei gio-vani inattivi e scoraggiati, della loro difficilericerca di prima occupazione, della loro cre-scente disponibilità alla mobilità (o fuga)verso l’estero.

La Garanzia Giovani (Youth Guarantee) è ilPiano Europeo per la lotta alla disoccupazionegiovanile. Tramite cui sono stati previsti deifinanziamenti per i Paesi Membri con tassi didisoccupazione superiori al 25%, che de-vono essere investiti in politiche attive diorientamento, istruzione e formazione e inse-rimento al lavoro. L’Italia, quindi, aderendo alprogramma deve garantire ai giovani al disotto dei 30 anni un’offerta qualitativamente

Quale garanziaper i giovani?

di Sergio Zanarella

economico ma anche culturale e sociale del ter-ritorio. Con ricadute importanti per i giovaniformandi che diventano consapevoli e diretta-mente responsabili del proprio apprendimentoe che usufruiscono di un’offerta formativa qua-lificata per rispondere ai loro diversi bisogni,con flessibilità e con una forte valenza orienta-tiva avvicinandoli al mondo produttivo. Cosìfacendo essi acquisiscono, con le nuove com-petenze, quella cultura del lavoro che ne rendepoi più facile l’inserimento effettivo. Inoltre lericadute positive riguardano anche il contestolocale perché i diversi soggetti del territoriopossono dare luogo a partenariati stabili e a du-rata pluriennale. Si instaura così una rete disoggetti che collaborano per la progettazione,attuazione e valutazione dei percorsi e si for-malizzano patti che contribuiscono allo svi-luppo del territorio. Ciò potrà realizzarsi ancheattraverso l’attivazione di “laboratori territo-riali per l’occupabilità” (stanziati 90 milioni dieuro per il 2015) per orientare le attività for-mative verso settori strategici del made in Italye per fornire servizi propedeutici all’inseri-mento del giovane nel mercato del lavoro.Aperti anche al di fuori dell’orario scolastico

tali laboratori potranno contribuire a contenerel’alto tasso di abbandono scolastico (17,6%media nazionale con punte del 30% al Sud) efare della scuola un punto di riferimento nellarealtà sociale e produttiva di una comunità ter-ritoriale. Siamo quindi ad una svolta culturale in unPaese dove solo il 4% dei giovani tra i 15 e i29 anni concilia studio e lavoro? Di certo l’al-ternanza richiederà degli anni per dare frutti,ma vi sono già esperienze significative e im-portanti nel nostro paese, come il progettoTraineeship di Federmeccanica che coinvolge50 istituti tecnici di tutto il Paese oppure la retedel “Club dei 15” nelle principali città mani-fatturiere italiane, e ancora il progetto di Con-fcooperative Toscana che ha portatoconcretamente l’impresa nelle scuole e hafatto nascere 64 cooperative scolastiche, veree proprie simulazioni d’impresa coinvolgendo1.300 studenti, 60 insegnanti, 20 cooperative e17 educatori. Si tratta ora di valutare quanto ipercorsi di alternanza possano effettivamentegenerare “valore aggiunto” per gli studenti cheli praticano. Per emularli ovunque con suc-cesso.

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valida di lavoro, proseguimento degli studi,apprendistato o tirocinio, entro 4 mesi dal-l’inizio della disoccupazione o dall’uscita dalsistema d’istruzione formale. E’ possibile ade-rire a “Garanzia Giovani” anche tramite i por-tali regionali o rivolgendosi direttamente aiservizi perl’impiego.

Un primo bilancioA distanza di due anni, volendo fornire unprimo bilancio dei risultati prodotti dal pianoeuropeo è inevitabile coglierne sia aspetti ne-gativi che positivi. E’ senz’altro interessanteleggere i dati di monitoraggio effettuati e dif-fusi dall’Isfol - Istituto per lo sviluppo dellaformazione professionale dei lavoratori. Inprimis va detto che l’indice di copertura, valea dire il rapporto tra utenti registrati e coloroche sono stati effettivamente «presi in carico»,è cresciuto nel tempo, passando in media dal40% a circa il 70%. Anche i tempi di rispostadei servizi per il lavoro hanno registrato coltrascorrere dei mesi un andamento positivo: i«presi in carico» entro due mesi dalla regi-strazione sono passati da un dato medio del42% nel periodo luglio-dicembre 2014, a ri-sultati superiori al 65% tra aprile e agosto2015.

Nei primi mesi di avvio del programma si ri-scontrava un chiaro processo di auto-selezionetale per cui gli iscritti erano soprattutto i gio-vani con minori difficoltà di inserimento la-vorativo, mentre è interessante notare come,con il passare del tempo, sia cresciuta la quotadei «presi in carico» più distanti dal mercatodel lavoro.

Uno degli impatti del programma è statoquello di avvicinare una nuova utenza ai Cen-tri per l’impiego (Cpi): il 41,5% dei giovaniche hanno sottoscritto il patto di servizio nonaveva avuto precedenti contatti. Guardando aiNEET destinatari dei servizi, i giudizi sulgrado di soddisfazione in merito al funziona-mento delle strutture coinvolte appaiono piùche buoni, con un gradimento che oscilla trail 70% e l’82%. Inoltre, gli utenti non dichia-rano di essere delusi dai servizi ricevuti: alcontrario, circa il 74% di coloro che hannoavviato o concluso una misura ha espressouna valutazione in linea o superiore con leloro aspettative. Si potrebbe obiettare che talepercezione sia stata influenzata dal generaleclima di sconforto e sfiducia che ha portato aun ribasso delle attese. Ma più dell’80% deigiovani che hanno svolto o stavano svolgendoun’attività grazie a “Garanzia Giovani” ha va-lutato tale esperienza come molto o abba-

stanza utile per aumentare le proprie compe-tenze e per accrescere la propria consapevo-lezza.

Sicuramente si poteva fare di più e meglio, tut-tavia i dati del rapporto dell’Isfol delineano ilpiano europeo come un programma che è en-trato a regime molto lentamente, ma che -quando e laddove l’ha fatto - ha incominciatoa produrre alcuni risultati, perlomeno in ter-mini di rafforzamento dell’occupabilità dellepersone (più che di creazione o promozionedell’occupazione giovanile: obiettivo nobile ecruciale, ma al di fuori dello scopo e della por-tata della “Garanzia Giovani”). In altre parole,la “Garanzia Giovani”, stando al rapporto del-l’Isfol, sembra aver prodotto un servizio di-screto nei confronti della platea di utenti che èriuscita a gestire, molti dei quali non si eranomai rivolti a un servizio per l’impiego. Rimanecomunque il problema di tutti coloro non in-tercettati dal programma o che si sono iscrittialla Garanzia Giovani senza riuscire a riceverein tempi ragionevoli una prima e adeguata ri-sposta. Così come manca ancora un’attenta ve-rifica degli esiti delle posizioni attivate, chenon dovrebbero essere valutati solo guardandoagli inserimenti lavorativi, bensì anche allaluce degli obiettivi che il programma si è pre-fissato.

La scelta italianaIl Governo italiano ha scelto di utilizzare ilpiano di attuazione della Garanzia Giovanicome strumento per adottare un nuovo sistemadi gestione delle politiche del lavoro, impo-stazione che appare comprensibile alla lucedella necessità di riforma del sistema dei ser-vizi per l’impiego. Questa scelta ha dunqueavuto il pregio di essere portatrice di una vi-sione di medio-lungo termine del processo dicambiamento.

Ciò che non è stato adeguatamente sviluppatoè l’analisi dei meccanismi di implementazione,calati nei contesti operativi, e dei tempi di rea-lizzazione delle misure degli interventi miratialla formazione-lavoro; difatti sin dai primimesi di lancio del programma sono emersechiare tensioni tra la possibilità di avviare ini-ziative estemporanee, che avrebbero potuto es-sere soddisfatte nel breve periodo senza peròriuscire a produrre effetti durevoli, e interventidi riforma più profonda, che avrebbero potutodare risultati solo nel lungo termine.

Con la realizzazione della “Garanzia Gio-vani” si è cercato di dare una prima rispostaa un intento molto ambizioso: avviare una

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strategia di politiche che avrebbero potutofare da apripista a un piano di intervento piùampio. Non si trattava dunque di dare sem-plicemente esecuzione a una linea di finan-ziamento di progetti e iniziative destinata aesaurirsi. Al contempo, sarebbe risultato illu-sorio credere di poter attuare una strategiacosì impegnativa senza incontrare grandi dif-ficoltà. Al contrario, era facile prevedere chela sua realizzazione avrebbe comportato nu-merose correzioni di rotta in itinere, dunque lanecessità di pensare fin dall’inizio a un ap-proccio capace di apprendere e cambiare.L’impostazione originaria della “Garanzia Gio-vani” si è infatti scontrata con alcuni limiti.

Operare in reteIl cambiamento profondo che ci si auspicava,non può essere realizzato solo con la “Garan-zia Giovani” ma occorre immaginare una pos-sibile revisione del disegno di questoprogramma, occorre farlo in connessione a unpiù complesso sistema di interventi, compostoda una pluralità di strategie in diversi settori econ il coinvolgimento di soggetti posti a dif-ferenti livelli di governo. I lavori di progetta-zione e gli incontri ministeriali con le regionisono stati infatti dedicati per lo più a definiree poi illustrare alcuni contenuti del disegno de-finito a livello statale (target, misure, principidi governance, modalità di rendicontazione),per cui il programma è stato pilotato e gestitodall’alto, mentre è fondamentale porre atten-zione a quanto indicato dagli operatori pre-senti nei vari territori.

L’incapacità dei Centri per l’impiego di ri-spondere prontamente alle attese create e losfasamento temporale tra l’annuncio di ini-

ziative e la loro concreta e parziale realiz-zazione ha creato molte delusioni e risenti-menti nei confronti di un programma che èstato dipinto dai mass media come l’ennesimaoccasione mancata. La rincorsa alla sua im-plementazione si è spesso tradotta in un’atti-vità in difesa, tipica di un’amministrazioneche opera in emergenza. Ciò ha finito con ildepotenziare, se non vanificare, la capacitàtrasformativa della “Garanzia Giovani”, cosìcome originariamente pensata.Il disegno nazionale si è rivelato non sorrettoda adeguati presupposti per poter attecchire intempi rapidi, a cominciare dal contesto eco-nomico poco favorevole e dalle scarsissime ri-sorse organizzative necessarie per far fronte alnuovo importante flusso di domande da partedei giovani. Nel 2015 sono stati stanziati dalgoverno 140 milioni di euro per i centri perl’impiego, a fronte di una spesa a regime peril personale stimata in 210 milioni di euro. Perun raffronto in termini assoluti, si consideriche nel 2013 la Francia ha speso quasi 5,3 mi-liardi di euro per i servizi al lavoro, contro i461 milioni dell’Italia.

Infine da ripensare anche la fase dei tirocini,come porta di ingresso per il mercato del la-voro, dove è emerso come manchi una culturadell’apprendistato e del tirocinio, confon-dendo l’attività formativa con quella lavora-tiva o l’indennità di stage con il salario: èchiaro che non fare chiarezza su questi con-cetti basilari ha come conseguenza che unforte impegno in termini di investimento nelfuturo e nelle opportunità per i giovani si tra-sformi nel finanziamento di stage che risul-tano poi lavoretti temporanei sottopagatiproposti dalle aziende.

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SCHOOL – BONUSIl cosiddetto “school-bonus” (art. 1, commi da145 a 150, Legge n. 107 del 2015) è un creditod’imposta a favore dei soggetti (persone fisiche,imprese individuali, società di persone, societàdi capitali, enti non commerciali) che effettuanoerogazioni liberali in denaro a favore di isti-tuti del sistema nazionale di istruzione (checomprende anche gli istituti paritari gestitidagli enti religiosi).

L’erogazione liberale deve essere finalizzata asostenere un investimento per:• la realizzazione di nuove strutture scolasti-

che;• la manutenzione ed il potenziamento di

strutture scolastiche esistenti;• interventi volti al miglioramento dell’occu-

pabilità degli studenti.

Lo “School-bonus” è riconosciuto su un versa-mento massimo di euro 100.000,00.La Legge di Stabilità ha posticipato di un anno ladecorrenza del suddetto credito d’imposta: ilbonus spetterà per le erogazioni liberali in de-naro effettuate nel triennio 2016 – 2018, nelle se-guenti misure:• 65% nel 2016 e 2017 (“due periodi d’imposta

successivi a quello in corso al 31 dicembre2015”, anziché 2014);

• 50% nel 2018 (“periodo d’imposta successivoa quello in corso al 31 dicembre 2016”, anzi-ché 2015).

Lo “School-bonus” va ripartito in 3 quote an-nuali di pari importo ed è utilizzabile con moda-lità differenziate a seconda del soggetto che haeffettuato l’erogazione liberale:• titolari di reddito d’impresa: compensazione

nel mod. F24; va sottolineato che il creditonon rileva per compensare debiti per impostesui redditi e IRAP;

• persone fisiche ed enti non commerciali chenon svolgono un’attività d’impresa: utilizzonel mod. UNICO.

In merito alle modalità di versamento delle ero-gazioni liberali, il comma 148 del citato art. 1 di-spone che: “il credito d’imposta è riconosciuto acondizione che le somme siano versate in un ap-posito capitolo dell’entrata del bilancio delloStato secondo le modalità definite con decretodel Ministero dell’istruzione, dell’università edella ricerca (MIUR), di concerto con il Mini-stro dell’economia e delle finanze. Le predettesomme sono riassegnate ad un apposito fondo… per l’erogazione alle scuole beneficiarie”.Il Decreto del MIUR dell’8 aprile 2016 è statodi recente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale edefinisce le modalità di applicazione del creditod’imposta per chi effettua erogazioni liberali indenaro in favore delle scuole (sia statali che pa-ritarie private nonché quelle degli enti locali).Il credito d’imposta, che non rileva ai fini delleimposte sui redditi e dell’IRAP, deve essere ri-portato nella dichiarazione dei redditi relativa alperiodo nel quale è effettuata l’erogazione, in trerate annuali di pari importo; la quota non utiliz-zata può essere riportata in avanti senza alcun li-mite temporale.Il credito d’imposta è riconosciuto a condizioneche le erogazioni liberali siano versate sull’appo-sito capitolo n. 3626 del bilancio dello Stato (co-dice Iban IT40H0100003245348013362600).Va effettuato un distinto versamento per cia-scun istituto beneficiario, indicando nella cau-sale, nell’esatto ordine indicato:- codice fiscale dell’istituzione scolastica be-

neficiaria;- codice della finalità alla quale è vincolata cia-

scuna erogazione, scegliendo tra C1 (realizza-zione di nuove strutture scolastiche), C2(manutenzione e potenziamento di strutturescolastiche esistenti) e C3 (sostegno a inter-venti che migliorano l’occupabilità degli stu-denti);

- il codice fiscale di chi effettua l’erogazione(persona fisica, ente non commerciale o tito-lare di reddito d’impresa).

Agli istituti beneficiari delle erogazioni sarà ero-

Scuola: donazionie detrazioni (*)

di Laura Torella *

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gato, in un’unica soluzione, il 90% delle sommeannualmente iscritte sull’apposito Fondo.Ogni scuola beneficiaria dovrà stipulare una con-venzione (il cui schema sarà definito con un suc-cessivo decreto del MIUR) con l’ente localeproprietario dell’immobile oggetto dell’inter-vento, erogandogli le necessarie risorse secondolo stato di avanzamento dei lavori.Alle scuole che beneficiano delle erogazioni inmisura inferiore al valore medio nazionale peralunno, è riservato il 10% delle somme annual-mente iscritte sul Fondo.Gli istituti beneficiari di erogazioni, infine, do-

vranno pubblicare sul loro sito istituzionale, inuna pagina dedicata, l’ammontare delle sommericevute per ciascun anno finanziario e le moda-lità del loro utilizzo, specificando le attività darealizzare o in corso di realizzazione.

DETRAZIONE IRPEF DELLE RETTE SCOLASTICHE

La legge n. 107/2015 (“la buona scuola”) ha mo-dificato l’art. 15 comma 1 lettera e-bis) del TUIR,prevedendo la deducibilità fiscale di una quotadelle rette pagate per la frequenza degli istitutiscolastici appartenenti ad ogni ordine e grado.“Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al19 per cento dei seguenti oneri sostenuti dal con-tribuente, se non deducibili nella determinazione

dei singoli redditi che concorrono a formare ilreddito complessivo: • e-bis) le spese per la frequenza di scuole del-

l’infanzia del primo ciclo di istruzione e dellascuola secondaria di secondo grado del sistemanazionale di istruzione di cui all’articolo 1 dellalegge 10 marzo 2000, n. 62, e successive mo-dificazioni, per un importo annuo non supe-riore a 400,00 euro per alunno o studente.”

• Importo detraibile nella dichiarazione dei redditi:€ 76,00 qualora siano state pagate rette annue,per ogni alunno, pari o superiori a € 400,00;19% della somma corrisposta all’istituto scola-stico, per le rette annue inferiori a € 400,00.

Recenti interpretazioni prevedono l’esenzionedalla marca da bollo da 2 euro laddove si rilascinon una quietanza dell’avvenuto pagamento, maun’attestazione / certificazione che riepilogaquanto versato, così come disposto dall’art. 11 c.1 Tabella – Allegato B:“Atti, documenti e registri esenti in modo asso-luto dall’imposta di bollo. Atti concernenti lascuola dell’obbligo e materia, le borse di studio,i presalari, gli esoneri dal pagamento, l’inse-gnamento religioso.Atti e documenti necessari per l’ammissione, fre-quenza ed esami nella scuola dell’obbligo ed inquella materna nonché negli asili nido; pagelle,attestati e diplomi rilasciati dalle scuole mede-sime. Domande e documenti per il consegui-mento di borse di studio e di presalari e relativequietanze nonché‘ per ottenere l’esonero totale oparziale dal pagamento delle tasse scolastiche.Istanze, dichiarazioni o atti equivalenti relativialla dispensa, all’esonero o alla frequenza del-l’insegnamento religioso”.

La mensa scolastica è detraibile?La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 3/Edel 02.03.2016 ha fornito ulteriori spiegazionicirca la detraibilità delle spese sostenute per lamensa scolastica, citando “a mero titolo di esem-pio, la tassa di iscrizione, la tassa di frequenzae la spesa per la mensa scolastica” quali vocidetraibili ai sensi dell’articolo 15, comma 1, let-tera e-bis), TUIR.Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha precisato,nella citata circolare, che le suddette voci dispesa debbano risultare deliberate “dagli istitutiscolastici o dai loro organi e sostenuti per la fre-quenza scolastica…”.Le famiglie stanno richiedendo idonea certifica-zione delle rette pagate nell’esercizio solare2015 (Si veda l’utile fac-simile in questa pagina).

(*) Tratto dall’intervento di Laura Torella alConvegno Nazionale di Studio del CNEC –Roma, 18-20 maggio 2016

Su carta intestata della scuolaAi genitori di _____________________________Cognome Nome (dell’alunno)………………, lì……………/………/2016Cod. Fiscale (dell’alunno)

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 15, comma 1 lettera e-bis) del TUIR di cui il DPR22/12/86 n. 917 e successive modificazioni11 Si fa presente che ai sensi dell’art. 15,comma 1 lettera e-bis) del TUIR (“La buona scuola”) è concessa una detrazionepari al 19% della retta pagata, fino ad un importo massimo di € 76,00 per ognialunno.

la scrivente scuola certificache nell’anno ………… sono state pagate – con riferimento all’alunno intestata-rio della presente – rette di frequenza alla (barrare casella):� Scuola dell’infanzia paritaria� Scuola primaria paritaria� Scuola secondaria di primo grado paritaria� Scuola secondaria di secondo grado paritariaper un importo pari ad € …………………………22 Somme esenti da IVA ai sensidell’art. 10 n. 20 e 21, DPR 633/1972; somme esenti da bollo ai sensi dell’art. 11c. 1 Tabella – Allegato B, DPR 642/1972..Si rilascia la presente dichiarazione per gli usi consentiti dalla legge.

Per l’Ufficio / Amministrazione____________________________

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Il Consiglio di Stato si è pronunciato, di re-cente, in materia di valutazione della condi-

zione economica per l’accesso alle politichesociali agevolate – così come definite dal De-creto del presidente del Consiglio dei mini-stri n.159 del 2013 – e ha sancito che“l’indennità di accompagnamento e tutte leforme risarcitorie” non sono da considerarecome reddito e, come tali, non possono rien-trare nel calcolo dell’ISEE (Indicatore dellaSituazione Economica Equivalente).Il 29 febbraio 2016 la Sezione IV del Consi-glio di Stato ha depositato tre sentenze (n.838,841 e 842) pronunciandosi sul ricorso in op-posizione ad altrettante sentenze emesse dalTribunale Amministrativo Regionale delLazio il 21 febbraio 2015.Il TAR del Lazio, nell’insieme, aveva stabilitodi escludere dal computo dell’ISEE i “tratta-menti assistenziali, previdenziali e indennitari,incluse carte di debito, a qualunque titolo per-cepiti da amministrazioni pubbliche” (quali, adesempio, indennità di accompagnamento, asse-gni di cura, ecc.). Disponeva inoltre la non ap-plicabilità dell’incremento delle franchigie peri minorenni, a discapito degli adulti nelle me-desime condizioni, stabilita nel Decreto n. 159.Il Consiglio dei ministri, il Ministero del la-voro e il Ministero dell’economia hanno pro-posto ricorso al Consiglio di Stato, il qualeha invece respinto la richiesta confermandoquanto stabilito nelle sentenze del TAR delLazio.In particolare è stato confermato che il De-creto n.159 non poteva “considerare la disa-bilità alla stregua di una fonte di reddito” eche vi erano disparità tra le franchigie previsteper i disabili minorenni e maggiorenni (sug-gerendo l’innalzamento della franchigia ad en-trambi i casi). In concreto si indicava dirivedere il metodo di calcolo dell’ISEE utiliz-zato a partire dal gennaio 2015, accogliendole richieste avanzate più volte da molte asso-ciazioni di pazienti disabili, critiche sul De-creto n. 159 sin dall’inizio.

Il Consiglio di Stato ha anche suggerito il pos-sibile adeguamento normativo: correggerel’art. 4 del Decreto in questione, coordinan-dolo col resto delle disposizioni normative.A seguire, dando attuazione alle pronunce delConsiglio di Stato, il Senato ha inserito, al-l’interno della legge di conversione del De-creto Legge sulla scuola (n. 42/2016), unemendamento che modifica le modalità delcalcolo dell’ISEE. Il successivo passaggio allaCamera ha confermato tale disposizione: itrattamenti indennitari non rientrano nel com-puto del reddito ai fini ISEE.

Quali scenari si profilano? Attualmente l’im-porto delle indennità varia in base a diversiparametri (ad esempio età, reddito, ecc.),anche per individui che si trovano nella me-desima condizione di inabilità. Inoltre le in-dennità non vengono affatto corrisposte sel’individuo si colloca al di sotto di determinatesoglie percentuali di inabilità ed il criterio èlegato solo in parte all’incapacità di produrreun reddito.Nell’insieme dei trattamenti assistenziali dinatura economica, inoltre, rientrano provvi-denze alquanto differenti, per disabilità o ina-bilità al lavoro, che in tutti i casi compensanouna situazione di svantaggio. A parità morale,si impongono tuttavia anche valutazioni circala sostenibilità economica (per le finanzepubbliche), sull’equità (affinché siano tutelatele situazioni di maggior bisogno) e sull’ade-guatezza di questi interventi (evitando chevengano equiparate situazioni personali o fa-miliari di gravità differenti).Il Decreto n.159 diversificava le varie situa-zioni graduando le franchigie a seconda delladisabilità. L’abrogazione delle franchigie el’introduzione della maggiorazione dellascala di equivalenza per il calcolo dell’ISEEva ad alterare queste condizioni. Non consi-derare le indennità come reddito produce l’ef-fetto di un abbassamento dell’ISEE. Tuttaviala loro natura reddituale, contestata al Decreto,

Disabilità e indennità:la questione ISEEdi Alessio Affanni

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contemplava anche misure compensative, at-traverso franchigie e detrazioni, commisurateal grado di fragilità, per contenere eventualisituazioni di eccessivo favore a famiglie giàeconomicamente benestanti. Inoltre, esclu-dendo le provvidenze dal computo dell’ISEEsi potrà determinare l’impossibilità di de-trarre parte delle spese di assistenza perpersone non autosufficienti, per non parlaredelle altre spese (sanitarie, mediche o per caniguida) finora ammesse in detrazione.L’emendamento normativo, inoltre, va ad in-crementare la portata degli enunciati delle sen-tenze citate, con effetti considerevoli davalutare caso per caso. Adottando i nuovi cri-teri di calcolo potrà esservi un ISEE identicoin casi di carico assistenziale e rischio di im-poverimento molto diversi. Così come po-trebbero non esservi differenze fra chipercepisce provvidenze assistenziali elevate echi invece si giova di trasferimenti monetaripiù limitati. Ai fini del calcolo diminuiràanche l’incidenza fra coloro che sostengonomaggior spese in assistenza (documentata) echi non sostiene alcuna spesa o lo fa ricor-rendo a forme irregolari. Potrà verificarsi che,a parità di reddito e di patrimonio, le provvi-denze siano diverse come pure la spesa soste-nuta, ma il risultato dell’ISEE (calcolato con inuovi parametri) sarebbe identico.

Sulla base di queste evoluzioni, i cittadini in-teressati possono attualmente chiedere il ri-calcolo dell’ISEE, direttamente sul sitointernet dell’INPS o tramite i CAF. La pro-cedura di rettifica si chiama “contestazione”ed è attivabile direttamente dal sito internetdell’INPS, nell’apposita sezione; in alterna-tiva è possibile rivolgersi ad un CAF, chie-dendo l’attivazione della stessa procedura ecompilando un apposito quadro della DSU (ladichiarazione sostitutiva unica, che è il mo-dello di richiesta dell’ISEE).Nel frattempo si sono mossi anche il Coordina-mento Nazionale Famiglie Disabili e ADUC-

Associazione per i Diritti degli Utenti e deiConsumatori, i quali hanno avviato una colla-borazione per azioni collettive volte al ricono-scimento dei diritti delle persone con disabilitàpenalizzate dal nuovo ISEE.

Adesso, in virtù del decreto-legge definitiva-mente approvato (vedi sopra), il Ministero dellavoro dovrà fornire indicazioni all’INPS permodificare le istruzioni per la redazione delledichiarazioni ai fini ISEE e soprattutto per ag-giornare il modulo di inserimento dei dati e icriteri di calcolo. In fase successiva l’INPSprovvederà al ricalcolo delle dichiarazioniISEE emesse a far data dalle sentenze delConsiglio di Stato, mentre tutte le nuove di-chiarazioni saranno calcolate con le regole in-trodotte dal nuovo Decreto Legge, con ilpossibile risultato che il cittadino si trove-rebbe a disporre di tre diverse dichiarazioniper lo stesso anno: una redatta ai sensi del De-creto n. 159/2013, un’altra rettificata ai sensidelle sentenze e l’ultima (l’unica che alla finesarà valida) ricalcolata ai sensi del DecretoLegge n. 42/2016.Stesso discorso per le prestazioni: chi nefruiva in base alla precedente attestazioneISEE continuerà a fruirne alle condizioni pre-vigenti, fino a quando gli enti erogatori nonapproveranno le nuove delibere in base alle di-sposizioni più recenti.

In tutto questo susseguirsi di eventi, continuaa non essere adeguatamente considerato e va-lorizzato il lavoro di cura svolto a livello fa-miliare (anche ai fini del computo dell’ISEE)e resta l’impressione di un welfare che tendeverso un potenziale ampliamento di interventia fronte di fondi pubblici da gestire con dili-genza. Esempi concreti degli effetti post-sentenza epost-decreto sull’ISEE sono descritti detta-gliatamente sul sito www.handylex.org alquale si rinvia anche per attuali e futuri ap-profondimenti.

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza SocialeDirettore Responsabile: MAURIZIO GIORDANORedazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303e - mail: [email protected] - sito internet: www.uneba.orgAutorizzazione del Tribunale di Roma n. 88 del 21/2/1991Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.itStampa: Consorzio AGE - Pomezia (Roma)

Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBAFinito di stampare nel giugno 2016

Questa pagina vuole essere un “colpo d’ala”, cioè una proposta per un momento di riflessione.

Non siamo fatti per stare soli ma nemmeno per stare con chiunque.

Anonimo

Ricordare è facile per chi ha memoria, dimenticare è difficile per che ha cuore.

G.G. Marquez

Come è bello l’amore quando è sincero!E’ come un airone bianco sulla neve:l’occhio non lo separa.

Rabindranath Tagore

Dell’Amore