Kathmandu fuga fra le nevi - eastwest.eu · Tenzin ha dieci anni, ... no più piccoli. ... tani...

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stata cancellata, mentre centinaia di mona- steri e opere d’arte sono andati distrutti. . Continuano le urbanizzazioni forzate di una popolazione prevalentemente nomade. . testo di Francesca Lancini foto di Lorenzo Maria Dell’Uva 106 . east . europe and asia strategies T enzin ha dieci anni, occhi vispi che sorridono e le gote arrossate dal sole himalayano. A gesti e con qualche parola di inglese si offre di farci da guida a Boudha, il quartiere tibetano di Kathmandu. A quel- l’ora le scuole sono ancora chiuse e i genitori indaffarati in una delle tante botteghe della zona. Anche lui è pro- fugo, fuggito dal Tibet pochi anni addietro e ora residen- te in questa cittadella sul versante orientale della capita- le nepalese. Un mondo a parte che si svela inaspettata- mente attraverso il suo stupa immenso, il più grande del Nepal e uno dei più preziosi al mondo. Qui in epoche lontane i mercanti tibetani si fermavano a ringraziare Buddha per aver attraversato sani e salvi l’Hi- malaya, invocando protezione per il ritorno. Ma dopo la repressione cinese di fine anni Cinquanta, questo viaggio impossibile è stato intrapreso dagli esuli del Tetto del Kathmandu , fuga fra le nevi Pechino considera da sempre il Tibet una sua regione e vanta di aver modernizzato una so- cietà di stampo feudale e teocratico. . Nonostante la complessità del tema, sottolineata a suo tempo anche dal grande antropologo e amante del Tibet Fosco Maraini, si può dire che la “sinizzazione” ha comportato gravi violazioni dei diritti umani. . La libertà di culto è T Mondo, tra cui molti bambini dell’età di Tenzin o persi- no più piccoli. La luce calda del primo mattino fa brilla- re i filari di bandierine tesi da una casa all’altra, mentre i pellegrini muovono le ruote di preghiera, mormorando i mantra. L’energia è palpabile e Tenzin sembra contento del nostro stupore di fronte a un universo così vivace e spirituale. Il simbolismo ci circonda coi suoi dipinti, le sue incisioni e le sue offerte alla divinità. Una visita al tempio è indispensabile per iniziare a capire le radici cul- turali da cui provengono tanti tibetani della diaspora, so- lo in Nepal almeno 25mila. Salutato Tenzin, che ha dovuto lasciarci per entrare in classe, ci dirigiamo verso la Tashi Boarding School, una grande casa di accoglienza per minori tibetani, in gran parte orfani o emigrati dagli altopiani senza genitori. Molti provengono dal monte Kalash, sacro ai buddhisti, o da altre regioni himalayane al confine. Vitto, alloggio e istruzione sono garantiti a 145 ragazzini, in età compre- sa fra i quattro e i dodici anni. Tashi Tsering Lama, fon- datore del centro, con il supporto dell’italiana Butterfly onlus, ci prepara a quanto sentiremo: «Le storie sono co- sì dure che alcuni bambini non riescono a raccontarle. Altri hanno cercato di rimuoverle». Sulla terrazza della scuola, da cui si domina un’estesa valle, beviamo in sua compagnia del tè salato mescolato al ghi, burro chiarificato: «Sono nato cinque giorni dopo l’invasione cinese (10 marzo 1959, NDR)», racconta il mo- naco. «Appartenevo a una famiglia nobile e per questo mio nonno fu ucciso. Sentendosi in pericolo, i miei ge- nitori presero in braccio me e mio fratello correndo per tutta la notte. La loro fuga durò venti giorni. Cammina- A FRONTE Lo stupa di Boudhanath alle porte di Kathmandu è il più grande del Nepal e il tempio più sacro per i buddhisti tibetani al di fuori del Tibet. HIMALAYA . 2

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stata cancellata, mentre centinaia di mona-

steri e opere d’arte sono andati distrutti. .Continuano le urbanizzazioni forzate di una

popolazione prevalentemente nomade. .testo di Francesca Lancinifoto di Lorenzo Maria Dell’Uva

106 . east . europe and asia strategies

Tenzin ha dieci anni, occhi vispi che sorridono e legote arrossate dal sole himalayano. A gesti e conqualche parola di inglese si offre di farci da guida

a Boudha, il quartiere tibetano di Kathmandu. A quel-l’ora le scuole sono ancora chiuse e i genitori indaffaratiin una delle tante botteghe della zona. Anche lui è pro-fugo, fuggito dal Tibet pochi anni addietro e ora residen-te in questa cittadella sul versante orientale della capita-le nepalese. Un mondo a parte che si svela inaspettata-mente attraverso il suo stupa immenso, il più grande delNepal e uno dei più preziosi al mondo.Qui in epoche lontane i mercanti tibetani si fermavano aringraziare Buddha per aver attraversato sani e salvi l’Hi-malaya, invocando protezione per il ritorno. Ma dopo larepressione cinese di fine anni Cinquanta, questo viaggioimpossibile è stato intrapreso dagli esuli del Tetto del

Kathmandu,fuga fra le neviPechino considera da sempre il Tibet una sua regione e vanta di aver modernizzato una so-

cietà di stampo feudale e teocratico. . Nonostante la complessità del tema, sottolineata

a suo tempo anche dal grande antropologo e amante del Tibet Fosco Maraini, si può dire che

la “sinizzazione” ha comportato gravi violazioni dei diritti umani. . La libertà di culto è

T

Mondo, tra cui molti bambini dell’età di Tenzin o persi-no più piccoli. La luce calda del primo mattino fa brilla-re i filari di bandierine tesi da una casa all’altra, mentre ipellegrini muovono le ruote di preghiera, mormorando imantra. L’energia è palpabile e Tenzin sembra contentodel nostro stupore di fronte a un universo così vivace espirituale. Il simbolismo ci circonda coi suoi dipinti, lesue incisioni e le sue offerte alla divinità. Una visita altempio è indispensabile per iniziare a capire le radici cul-turali da cui provengono tanti tibetani della diaspora, so-lo in Nepal almeno 25mila. Salutato Tenzin, che ha dovuto lasciarci per entrare inclasse, ci dirigiamo verso la Tashi Boarding School, unagrande casa di accoglienza per minori tibetani, in granparte orfani o emigrati dagli altopiani senza genitori.Molti provengono dal monte Kalash, sacro ai buddhisti,o da altre regioni himalayane al confine. Vitto, alloggio eistruzione sono garantiti a 145 ragazzini, in età compre-sa fra i quattro e i dodici anni. Tashi Tsering Lama, fon-datore del centro, con il supporto dell’italiana Butterflyonlus, ci prepara a quanto sentiremo: «Le storie sono co-sì dure che alcuni bambini non riescono a raccontarle.Altri hanno cercato di rimuoverle».Sulla terrazza della scuola, da cui si domina un’estesavalle, beviamo in sua compagnia del tè salato mescolatoal ghi, burro chiarificato: «Sono nato cinque giorni dopol’invasione cinese (10 marzo 1959, NDR)», racconta il mo-naco. «Appartenevo a una famiglia nobile e per questomio nonno fu ucciso. Sentendosi in pericolo, i miei ge-nitori presero in braccio me e mio fratello correndo pertutta la notte. La loro fuga durò venti giorni. Cammina-

A FRONTE Lo stupa di Boudhanath alle porte di Kathmandu

è il più grande del Nepal e il tempio

più sacro per i buddhisti tibetani al di fuori del Tibet.

HIMALAYA . 2

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A FRONTE IN ALTO Lhasa, il Potala. È stato residenza del Dalai Lama;

oggi è un museo spoglio occupato dall’esercito cinese.

A FRONTE IN BASSO Giovani monaci nella scuola di Chorepatan,

un villaggio di rifugiati dal Tibet, vicino Pokhara, Nepal.

QUI IN ALTO Orario settimanale (in inglese)

nella Tashi School a Boudhanath, Kathmandu.

rono senza mai fermarsi per poi trovare rifugio in Nepal».Tashi ha studiato per venticinque anni nei monasteri del-l’India, diventando un pittore molto noto. Dal ’94 vivetra Kathmandu e Votigno, vicino a Reggio Emilia, dovesorge una Casa che vuole preservare la cultura del Tibet,ed è presidente della comunità tibetana in Italia.

lcuni studenti ci raggiungono durante le pausedalle lezioni. Timidamente entra nella stanza ungruppo di bambini. La più preparata a raccontar-

si, Sonam Tsamchoe, dieci anni, ne aveva sette quandosi è messa in cammino con altri undici ragazzini, suanonna e un accompagnatore incaricato di portarli allafrontiera. Di solito le “guide” sono due: la prima condu-ce i profughi dai loro villaggi al confine nepalese, dove liriceve il secondo sherpa per farli arrivare fino a Kathman-du, presso la comunità tibetana. Non tutti i fuggitivi, pe-rò, giungono a destinazione, come spiega Sonam: «Ab-biamo camminato per undici giorni prima di salire suun’auto. È stato molto difficile avanzare a migliaia di me-tri d’altitudine, nella neve e nonostante il freddo. Mianonna non ce l’ha fatta perché le si sono congelate le gam-be. In Tibet sono rimasti solo mia madre e due fratelli, po-veri e malati. Poiché non riuscivano a mantenermi mihanno fatta fuggire».Come in quasi tutta l’Asia buddhista spesso i figli vengo-no affidati a pagode e monasteri per farli sopravvivere estudiare. I motivi economici, però, non sono i soli a spin-gere le famiglie tibetane ad abbandonare i loro bambini.Sanno che in Nepal e in India potranno crescere come ti-betani, ovvero imparare la loro lingua, praticare il bud-dhismo ed essere liberi di esprimersi. Tutti diritti negatidall’amministrazione cinese. Secondo Claudio Cardelli,presidente dell’Associazione Italia-Tibet, «il viaggio è ri-schioso, ma la disperazione è più forte. I tibetani non vo-gliono scomparire come popolo, perciò sono disposti a farpartire anche i bambini. Dopo l’occupazione di Pechino,l’attaccamento alla loro cultura si è esacerbato». Le storiedegli allievi della Boarding School sono tutte tragicamen-

te simili. Accanto a Tashi Lama è seduto un monaco dal-l’aspetto possente ma dallo sguardo sofferto: «A partiredal 2003 sono andato a prendere molti ragazzini al confi-ne col Tibet», spiega emozionato Geshe Nawang Thardoe,illustre insegnante di buddhismo a Sowayambu. «Alcu-ne volte i profughi erano così provati dal viaggio che misono chiesto se ne era valsa la pena per loro affrontare unatale odissea». A questo punto le lacrime ricoprono il suoviso, impedendogli di proseguire nel racconto.L’esodo tibetano comincia dopo la repressione cinese del1959, quando il quattordicesimo Dalai Lama, capo poli-tico e spirituale del Tibet, fugge seguito da decine di mi-gliaia di persone. La maggior parte dei profughi trova ri-fugio in India, dove nel Nord, a Dharamsala, si insedia ilgoverno tibetano in esilio. I continui arrivi, che hannoportato oggi a una popolazione di oltre 100mila esuli

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sparsi nella federazione indiana, spingono la massimaautorità tibetana a trovare un riparo per i più giovani ri-masti senza a genitori o separati dalle loro famiglie du-rante la diaspora. È così che parte l’esperienza dei Tibe-tan children’s villages gestiti da Tsering Dolma Takla, lasorella più anziana del Dalai Lama: il 17 maggio 1960 ar-rivano nella prima nursery 51 minori malati e malnutri-ti che vivevano nel campo profughi di Jammu. Con l’au-mento delle donazioni, provenienti soprattutto da bene-fattori occidentali, quelle che erano solo delle inferme-rie di primo soccorso si trasformano in veri e propri vil-laggi, con abitazioni e scuole. Al momento sono quasi17mila i bambini ospitati in queste comunità.

ndia e Nepal non hanno firmato la convenzionedi Ginevra sui rifugiati, ma gestiscono il flusso distranieri in base a leggi locali. «New Delhi garan-

tisce tutti i diritti tranne quello di ottenere la nazionali-tà indiana e di votare», spiega Tashi Lama, che probabil-mente si è ispirato all’opera di accoglienza dei Tibetan

children’s villages. «In Nepal, invece, ci sono più limita-zioni. Tutti i profughi tibetani, compresi i miei bambini,non avranno mai la cittadinanza nepalese né la possibi-lità di acquistare della terra, una casa o di essere assuntiin uffici pubblici». Kathmandu considera i profughi de-gli ospiti temporanei, destinati a essere trasferiti in unPaese terzo, cioè l’India. Da poco uscita da una guerra ci-vile decennale, la giovane e piccola repubblica nepaleserimane per molti tibetani un luogo di passaggio, il primoapprodo in una terra straniera. La responsabile dell’onlus Apeiron, Barbara Monachesi,che vive qui da cinque anni, dichiara: «Il Nepal è un Pae-se minato dall’instabilità e dalla povertà. Il processo didemocratizzazione è in bilico. Le ferite del conflitto fra

I SOPRA La preghiera all’interno dei monasteri:

un rito che si ripete quotidianamente.

A FRONTE IN BASSO Gyantse, una piccola cittadina a ovest di Lhasa.

La questione cinese sembra lontana nelle anguste strade della città.

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guerriglieri maoisti e governo restano aperte. I nepalesisono molto segnati da questa precarietà e a volte vedonoi tibetani con distacco. Li considerano dei privilegiatiperché grazie agli aiuti dell’Occidente hanno più mezzirispetto agli autoctoni».

uttavia Paolo Pobbiati, ex presidente di Amne-sty Italia, precisa che negli ultimi due anni gliarrivi di profughi sono diminuiti: «La Cina ha

fatto pressione sull’attuale governo nepalese e sulle for-ze politiche maoiste affinché smettessero di accettare itibetani. Il giro di vite di Pechino è cominciato dopo lerivolte separatiste del marzo 2008, cui sono seguiti con-trolli polizieschi su monaci e civili, ondate di arresti econdanne a morte».«È vero», conferma Tashi Lama, mentre a Kathmanduscende la sera. «Quest’anno hanno raggiunto il nostro or-fanotrofio solo dodici bambini. I soldati cinesi presidia-no tutto il confine con il Nepal». La conferma ufficiale diquesta situazione è stata data anche da Tempa Tsering,portavoce del Dalai Lama a New Delhi, secondo il qualefino al 2008 lasciavano il Tibet ogni anno dalle 2500 al-le 3mila persone, mentre nel 2009 ne sono partite appe-na 600. Sarebbe in corso una campagna di addestramen-to della polizia di confine nepalese che riceve dal gover-no cinese equipaggiamenti e dotazioni militari.Pechino considera da sempre il Tibet una sua regione evanta di aver modernizzato una società di stampo feuda-le e teocratico. Nonostante la complessità del tema, sot-tolineata a suo tempo anche dal grande antropologo eamante del Tibet Fosco Maraini, si può dire che la “siniz-zazione” ha comportato gravi violazioni dei diritti uma-ni. La libertà di culto è stata cancellata, mentre centina-ia di monasteri e opere d’arte sono andati distrutti. Con-tinuano, inoltre, le urbanizzazioni forzate di una popo-lazione prevalentemente nomade, per permettere all’im-

ponente macchina industriale cinese di sfruttare meglioil territorio ricco di risorse idriche, minerali e foreste. Permolti difensori della causa tibetana Pechino starebbe at-tuando un colonialismo di stampo ottocentesco e i tibe-tani sarebbero nelle stesse condizioni degli indianid’America al tempo del Far West.Il sole sta calando dietro le montagne e la comunità tibe-tana esce per percorrere in senso orario il circuito ritua-le intorno allo stupa. Tashi, gli insegnanti e gli studentisi ritirano per consumare la cena. Una musica di cimba-li e mantra dalla voce profonda si diffonde nel quartiere.Con nostra sorpresa Tenzin ci aspetta alle porte di Bou-dha per salutare i suoi nuovi amici stranieri. Poi a un cer-to punto è distratto da un altro ragazzino che si sta arram-picando sullo stupa, mentre le bandiere colorate sonomosse dalla leggera brezza lasciata dall’ultimo acquaz-zone monsonico. .

PER SAPERNE DI PIÙ La Tashi Boarding School è soste-nuta dal 2005 da Butterfly onlus con un programma diadozioni a distanza. Attualmente vi lavorano 22 inse-gnanti per garantire un’istruzione primaria a circa 150bambini. Ogni dettaglio è disponibile sul sito www.but-terflyonlus.org Altri siti: www.italiatibet.org, www.casa-deltibet.net, www.amnesty.it, www.apeiron-aid.org .

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