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DOSSIER 95 numero 26 . ottobre 2009 pescare”. La dirigenza cinese ha pianificato e adottato una strategia internazionale per assicurarsi un accesso privi- legiato alle materie prime e alle risorse energetiche in gra- do di garantire al Paese un lungo ciclo di crescita struttu- rale. Pechino si propone sempre più come punto di rife- rimento per i Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina esercitando il proprio soft power, termine che in- dica una strategia che implica impegno economico, ed in- sieme politico e diplomatico, volto a costruire benevolen- za, consenso, confidenza e cooperazione. La strategia della Cina nell’Africa subsahariana n questi ultimi anni si è andato rafforzando un ve- ro e proprio asse tra la Cina e alcuni Paesi africa- ni. I buoni rapporti commerciali fra Cina e Africa non sono in sé una novità: la Cina è stata presente nel con- tinente da quando, nell’era post-coloniale, cominciò a proporsi come guida dei Paesi del Terzo Mondo. Ma og- gi, in parte come risultato dell’accelerazione dei commer- ci fra tutti i Paesi emergenti del mondo, la dimensione e la velocità dei flussi di scambi e di investimenti tra Afri- ca e Cina sono sorprendenti. Gli scambi commerciali tra le due aree hanno cominciato ad accelerare attorno al 2000 e da allora sono cresciuti con una percentuale an- nua di circa il 30%, un aumento singolare considerato che la crescita media globale del commercio nello stesso pe- riodo di tempo è stata solo del 14%. Secondo gli ultimi bilanci diffusi a gennaio 2009 dal mi- nistro del Commercio cinese Chen Deming, il volume de- gli scambi tra la Cina e i Paesi africani ha raggiunto nel 2008 la quota record di 106,8 miliardi di dollari, l’equi- valente di 81,2 miliardi di euro. Il petrolio da solo rappre- senta circa l’80% del traffico commerciale di risorse na- turali tra Cina e Africa subsahariana, mentre il restante 20% è costituito prevalentemente da legname e minera- li. Di conseguenza, ora la Cina dipende dall’Africa per cir- ca il 30% delle sue importazioni di petrolio. L’Africa sub- sahariana è seconda per importanza solo al Medio Orien- te e al Nord Africa come fornitore di petrolio alla Cina, ed è l’Angola finora il principale partner commerciale, se- guito dalla Repubblica del Congo, dalla Guinea Equato- riale, dal Sudan e dal Sudafrica. A dare la spinta decisiva è stato il Forum sulla coopera- zione tra la Cina e l’Africa (Focac) che si è svolto a Pechi- no nel novembre 2006. In quella occasione la Cina ha pro- messo un pacchetto di iniziative di grande interesse, da realizzarsi entro il successivo vertice sino-africano pre- visto per novembre 2009 al Cairo. In particolare, a parti- re dal 2006 la Cina ha assunto un ruolo emergente come 94 east . europe and asia strategies razie ad un processo di modernizzazione e indu- strializzazione che sembra non aver ancora rag- giunto il suo apice, oggi la Cina presenta il tasso di crescita economica più elevato del mondo. L’unico se- rio limite allo sviluppo cinese, dopo decenni di autosuf- ficienza, sembra essere l’esaurimento delle risorse natu- rali. La Repubblica popolare rappresenta, infatti, il 40 % della popolazione attiva agricola mondiale, ma possiede solo il 9% dei terreni coltivabili di tutto il mondo. Inoltre, l’agricoltura cinese sta vivendo un periodo di crisi dovu- to sia a fenomeni ambientali, come l’inquinamento atmo- sferico, delle risorse idriche e la desertificazione, sia a fe- nomeni socio-economici, come l’urbanizzazione e il cambiamento delle abitudini alimentari. Ogni anno sono circa 15 milioni i cinesi che abbandonano le campagne per trasferirsi nelle metropoli industriali e per poter go- dere di un consistente aumento di reddito. Trasformato- si nel corso degli ultimi vent’anni da gigante contadino a una nazione in piena rivoluzione industriale, il Paese of- fre, dunque, un settore primario in continua contrazione, sia occupazionale che produttiva, a favore di un’industria che cresce a ritmi sorprendenti. La Cina è, inoltre, un Paese povero di petrolio e ricco qua- si esclusivamente di carbone, il quale, tuttavia, non basta a saziare la fame di energia dei suoi 1,3 miliardi di citta- dini. Da quando la Cina è diventata la principale piatta- forma manifatturiera mondiale, il suo fabbisogno energe- tico è infatti aumentato vertiginosamente. L’Agenzia in- ternazionale per l’energia (Aie) ha annunciato che il Pae- se, esportatore netto di petrolio appena quindici anni fa, sta per superare gli Stati Uniti nella domanda di combu- stibile e che entro il 2030 il consumo di energia dei cine- si sarà più che raddoppiato. Per soddisfare le esigenze crescenti di imprese e cittadi- ni la diversificazione geografica nell’approvvigionamen- to di commodities è diventata una scelta obbligata. E co- sì, come dice un noto proverbio cinese “meglio andare a casa a farsi una rete piuttosto che tuffarsi nello stagno per Africa: safari a caccia di energia di Giampietro Garioni ha collaborato Selena Bortoletti Appoggio al regime di Mugabe nello Zimbab- we. Fornitura di armi al Sudan in cambio di pe- trolio. Invio di ingegneri e tecnici nel Darfur. La politica espansionistica della Cina in Africa prosegue senza andare troppo per il sottile. L’obiettivo è quello di anticipare un Occidente incerto e diviso nello sfruttamento delle risor- se del continente africano. I risultati economi- ci sembrano darle ragione, visto che nel 2008 gli scambi hanno superato gli 80 miliardi euro. G I A novembre si svolgerà il vertice sino-africano. Per quella data dovrebbero essere portate a termine una serie di iniziative promesse dalla Cina durante il vertice tenutosi nel 2006 a Pechino. Dal 2006 la Cina ha assunto un ruolo emergente come principale finanziatore di opere nel continente africano, come il teatro nazionale a Dakar. Afp Photo / Grazia Neri / T. Eng Koon Afp Photo / Grazia Neri / Seyllou

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95numero 26 . ottobre 2009

pescare”. La dirigenza cinese ha pianificato e adottato unastrategia internazionale per assicurarsi un accesso privi-legiato alle materie prime e alle risorse energetiche in gra-do di garantire al Paese un lungo ciclo di crescita struttu-rale. Pechino si propone sempre più come punto di rife-rimento per i Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’AmericaLatina esercitando il proprio soft power, termine che in-dica una strategia che implica impegno economico, ed in-sieme politico e diplomatico, volto a costruire benevolen-za, consenso, confidenza e cooperazione.

La strategia della Cinanell’Africa subsahariana

n questi ultimi anni si è andato rafforzando un ve-ro e proprio asse tra la Cina e alcuni Paesi africa-ni. I buoni rapporti commerciali fra Cina e Africa

non sono in sé una novità: la Cina è stata presente nel con-tinente da quando, nell’era post-coloniale, cominciò aproporsi come guida dei Paesi del Terzo Mondo. Ma og-gi, in parte come risultato dell’accelerazione dei commer-ci fra tutti i Paesi emergenti del mondo, la dimensione ela velocità dei flussi di scambi e di investimenti tra Afri-ca e Cina sono sorprendenti. Gli scambi commerciali trale due aree hanno cominciato ad accelerare attorno al2000 e da allora sono cresciuti con una percentuale an-nua di circa il 30%, un aumento singolare considerato chela crescita media globale del commercio nello stesso pe-riodo di tempo è stata solo del 14%.

Secondo gli ultimi bilanci diffusi a gennaio 2009 dal mi-nistro del Commercio cinese Chen Deming, il volume de-gli scambi tra la Cina e i Paesi africani ha raggiunto nel2008 la quota record di 106,8 miliardi di dollari, l’equi-valente di 81,2 miliardi di euro. Il petrolio da solo rappre-senta circa l’80% del traffico commerciale di risorse na-turali tra Cina e Africa subsahariana, mentre il restante20% è costituito prevalentemente da legname e minera-li. Di conseguenza, ora la Cina dipende dall’Africa per cir-ca il 30% delle sue importazioni di petrolio. L’Africa sub-

sahariana è seconda per importanza solo al Medio Orien-te e al Nord Africa come fornitore di petrolio alla Cina, edè l’Angola finora il principale partner commerciale, se-guito dalla Repubblica del Congo, dalla Guinea Equato-riale, dal Sudan e dal Sudafrica.

A dare la spinta decisiva è stato il Forum sulla coopera-zione tra la Cina e l’Africa (Focac) che si è svolto a Pechi-no nel novembre 2006. In quella occasione la Cina ha pro-messo un pacchetto di iniziative di grande interesse, darealizzarsi entro il successivo vertice sino-africano pre-visto per novembre 2009 al Cairo. In particolare, a parti-re dal 2006 la Cina ha assunto un ruolo emergente come

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razie ad un processo di modernizzazione e indu-strializzazione che sembra non aver ancora rag-giunto il suo apice, oggi la Cina presenta il tasso

di crescita economica più elevato del mondo. L’unico se-rio limite allo sviluppo cinese, dopo decenni di autosuf-ficienza, sembra essere l’esaurimento delle risorse natu-rali. La Repubblica popolare rappresenta, infatti, il 40%

della popolazione attiva agricola mondiale, ma possiedesolo il 9% dei terreni coltivabili di tutto il mondo. Inoltre,l’agricoltura cinese sta vivendo un periodo di crisi dovu-to sia a fenomeni ambientali, come l’inquinamento atmo-sferico, delle risorse idriche e la desertificazione, sia a fe-nomeni socio-economici, come l’urbanizzazione e ilcambiamento delle abitudini alimentari. Ogni anno sonocirca 15 milioni i cinesi che abbandonano le campagneper trasferirsi nelle metropoli industriali e per poter go-dere di un consistente aumento di reddito. Trasformato-si nel corso degli ultimi vent’anni da gigante contadino auna nazione in piena rivoluzione industriale, il Paese of-fre, dunque, un settore primario in continua contrazione,sia occupazionale che produttiva, a favore di un’industriache cresce a ritmi sorprendenti.

La Cina è, inoltre, un Paese povero di petrolio e ricco qua-si esclusivamente di carbone, il quale, tuttavia, non bastaa saziare la fame di energia dei suoi 1,3 miliardi di citta-dini. Da quando la Cina è diventata la principale piatta-forma manifatturiera mondiale, il suo fabbisogno energe-tico è infatti aumentato vertiginosamente. L’Agenzia in-ternazionale per l’energia (Aie) ha annunciato che il Pae-se, esportatore netto di petrolio appena quindici anni fa,sta per superare gli Stati Uniti nella domanda di combu-stibile e che entro il 2030 il consumo di energia dei cine-si sarà più che raddoppiato.

Per soddisfare le esigenze crescenti di imprese e cittadi-ni la diversificazione geografica nell’approvvigionamen-to di commodities è diventata una scelta obbligata. E co-sì, come dice un noto proverbio cinese “meglio andare acasa a farsi una rete piuttosto che tuffarsi nello stagno per

Africa: safari a caccia di energiadi Giampietro Garioni ha collaborato Selena Bortoletti

Appoggio al regime di Mugabe nello Zimbab-

we. Fornitura di armi al Sudan in cambio di pe-

trolio. Invio di ingegneri e tecnici nel Darfur. La

politica espansionistica della Cina in Africa

prosegue senza andare troppo per il sottile.

L’obiettivo è quello di anticipare un Occidente

incerto e diviso nello sfruttamento delle risor-

se del continente africano. I risultati economi-

ci sembrano darle ragione, visto che nel 2008

gli scambi hanno superato gli 80 miliardi euro.

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A novembre si svolgerà il vertice sino-africano.

Per quella data dovrebbero essere portate a termine

una serie di iniziative promesse dalla Cina

durante il vertice tenutosi nel 2006 a Pechino.

Dal 2006 la Cina ha assunto un ruolo emergente

come principale finanziatore di opere nel continente africano,

come il teatro nazionale a Dakar. Afp

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di dollari per la costruzione di dieci enormi progetti direti idriche con più di 6000 megawatt di capacità instal-lata. Se completati, questi progetti incrementerebbero cir-ca del 30% la capacità produttiva totale di energia idricadisponibile nell’Africa subsahariana. La Cina è ritornatasulla scena, inoltre, nel settore ferroviario finanziandoprogetti da 4 miliardi di dollari, per quasi 3mila chilome-tri di binari, che porterebbero l’intera rete ferroviaria afri-cana a circa 50mila chilometri. Gli accordi più importan-ti sono stati raggiunti in Nigeria, Gabon e Mauritania. Nelsettore Ict (Information and Communication Technolo-gy) il coinvolgimento della Cina riguarda principalmen-te la vendita di impianti a soggetti pubblici, attraversonormali contratti commerciali oppure attraverso finan-ziamenti intergovernativi legati ad acquisti di tecnologiecinesi da parte di entità statali delle telecomunicazioni.

principale finanziatore di opere infrastrutturali di inte-resse strategico nel continente africano. Differenze fon-damentali tra le due regioni nella dotazioni di risorse, la-voro e capitali ne fanno dei partner complementari. Dauna parte, l’Africa presenta un enorme deficit infrastrut-turale e la Cina può aiutarla ad affrontare questa sfida per-ché ha sviluppato una delle industrie di costruzione piùcompetitive al mondo, soprattutto nei lavori civili. Dal-l’altra parte, invece, la Cina ha un settore manifatturieroin forte sviluppo che genera un’ingente domanda di pro-dotti primari e l’Africa, con un miglioramento delle in-frastrutture, può soddisfare questa richiesta sviluppan-do ulteriormente il suo potenziale di grande esportatricedi materie prime.

er quanto riguarda la distribuzione settoriale, unalarga parte dei finanziamenti dalla Cina viene de-stinata a progetti infrastrutturali multisettoriali,

nell’ambito di accordi di cooperazione bilaterale che as-segnano le risorse in base alle priorità dei governi. Tutta-via, i due settori che traggono maggior beneficio sonochiaramente il settore dell’energia, in particolare quellaidrica, e il settore dei trasporti, principalmente quello fer-roviario. Nel 2007 la Cina ha fornito almeno 3,3 miliardi

Lo yuan globale,nuova arma economicadella Cina

La crisi economica e finanziaria globa-le indebolisce ulteriormente i legami

dell’Africa con l’Occidente e spinge le na-zioni africane verso i mercati emergenti,in primis la Cina. La recessione interna-zionale rappresenta, dunque, per la Re-pubblica popolare un’opportunità perrafforzare il proprio ruolo economico nelmondo. Per contrastare la crisi la Cinastringe nuove alleanze bilaterali e multi-laterali, puntando sul proprio ruolo dipartner commerciale e accompagnandoalla penetrazione dell’export quella del-

la sua moneta. Per la prima volta nellasua storia Pechino interviene in una que-stione globale (la riforma del sistemamonetario internazionale), affermandoil suo nuovo ruolo di superpotenza. LaPeople’s Bank of China (Pbc, la Bancacentrale cinese), guidata dall’infaticabi-le governatore Zhou Xiaochuan, ha ma-turato una politica del doppio binario: daun lato esercitare pressioni sul FondoMonetario Internazionale e sui consessiinternazionali (il G20, il G8 allargato aL’Aquila) per aumentare il ruolo del Dirit-ti Speciali di Prelievo come valuta di ri-serva e di regolamento del commercio in-ternazionale; dall’altro giungere ad ac-cordi bilaterali con i principali Paesi

emergenti per promuovere l’utilizzo del-le rispettive valute nell’interscambio re-ciproco.

Gli accordi di swap firmati con diversiPaesi rappresentano un segnale

della decisione della Cina nella scalataverso la proiezione della sua influenzaglobale. Cina e Argentina hanno firmatonel marzo scorso un accordo di currencyswapper 70 miliardi di yuan (10,2 miliar-di di dollari Usa) attraverso il quale l’Ar-gentina potrà pagare l’import cinese inyuan, anziché in dollari Usa, come acca-deva in precedenza. Con altri cinque Pae-si (Indonesia, Malaysia, Hong Kong, Co-rea del Sud e Bielorussia) sono stati fir-mati accordi simili per altri 90 miliardi di

dollari. Con il Brasile è stato firmato agliinizi di luglio un accordo swap, per cuil’interscambio fra i due grandi Paesiemergenti (40 miliardi di dollari) si svol-gerà in yuan e real, eliminando il dollarocome valuta di regolamento. Analoghiaccordi verranno firmati, a livello bilate-rale, fra i quattro Paesi Bric (Brasile, Rus-sia, India, Cina), come risultato del sum-mit che essi hanno tenuto a Ekaterinburgil 16 giugno scorso. Sono i primi passi perimporre le basi di una vasta circolazionedelle valute dei Paesi emergenti, stanchidella supremazia di re dollaro e consciche – solo i Bric – contano per più del 15%

dell’economia mondiale.La prossima tappa sarà rappresentata

dai Paesi emergenti dell’Africa, Egitto eSudafrica in testa.

Oggi si stanno aprendo spazi per unapolitica economica internazionale

nuova, corollario di nuove relazioni inter-nazionali tra i paesi del sud del mondo,in un primo momento, ma poi anche neiloro rapporti con i paesi del nord. Datoche gli Stati Uniti hanno trascinato nellacrisi l’intero pianeta, il Washington Con-sensus, ovvero l’insieme di prescrizionialle quali le classi dirigenti di ogni paese,specialmente quelli in via di sviluppo, sisarebbero dovute attenere, rischia di es-sere sostituito con il Beijing Consensus,di recente sviluppatosi come frutto del-la strategia alternativa adottata dalla Ci-

na rispetto a quella degli Usa. Dunque, afronte dell’attuale crisi di credibilità delmodello economico statunitense, la Ci-na potrebbe diventare il nuovo Paese diriferimento di gran parte del mondo, acominciare dai paesi africani. È un percorso ancora lungo, e punteggia-to di molti ostacoli, come la poderosaquota di riserve detenute in dollari dallabanca centrale cinese (due terzi di 2 mi-la miliardi di dollari) e la ancora non pie-na convertibilità della valuta cinese. Maè anche un cammino ben definito, su cuila finanza ed il commercio internaziona-le si sta muovendo con estrema risolu-tezza e con il quale bisognerà fare i con-ti già nei prossimi mesi. .

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Il volume degli scambi tra Cina e Paesi africani

ha raggiunto nel 2008 la quota record di 106,8 miliardi di dollari.

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coli), tra cui la linea di credito all’Angola, di valore supe-riore ai 3 miliardi di dollari.

arallelamente all’azione della Ceib si sviluppaquella del nuovo China Africa DevelopmentFund, un fondo statale cinese incaricato del fi-

nanziamento di grandi progetti infrastrutturali. Fra le pri-me opere finanziate, una centrale elettrica in Ghana, unpolo industriale tessile nel Malawi, oltre ad un prestitodi 950 milioni di dollari allo Zimbabwe.Il crescente ruolo della Cina in Africa rappresenta per iPaesi africani una forma alternativa di aiuto economicoe sociale e contribuisce al declino dell’influenza dell’Oc-cidente nel continente; mentre per l’Occidente l’Africasembra essere condannata a ricevere solo aiuti umanita-ri, gli interessi e l’approccio della Cina in Africa sono for-temente strategici e a lungo termine. Nel 2006 gli StatiUniti ottennero dall’Africa circa il 22% delle loro impor-tazioni di petrolio, mentre la Cina ne ricevette circa il

33%. In termini assoluti, la percentuale delle importazio-ni della Cina sul totale della produzione petrolifera afri-cana fu solo di circa il 9%, mentre quella degli Stati Uni-ti era del 32%. Sia Cina che Stati Uniti progettano di otte-nere una percentuale sempre maggiore di petrolio dal-l’Africa, ma la Cina sta aumentando le sue importazionipiù velocemente rispetto agli Stati Uniti. Il miglioramen-to della situazione economica africana e la rapidità concui si è sviluppata la Cina, perlomeno prima della crisi fi-nanziaria internazionale, hanno avuto un impatto signi-ficativo sul commercio della Cina e degli Stati Uniti conil continente africano. Le esportazioni degli Stati Unitiverso l’Africa si sono raddoppiate tra il 2000 e il 2006,mentre le importazioni si sono triplicate. Ma durante lostesso periodo di tempo sia le esportazioni cinesi in Afri-ca che le importazioni cinesi dall’Africa si sono più chequintuplicate.

La Cina oggi sta sorpassando gli Stati Uniti e secondo leprevisioni si avvia ad essere il più importante partnercommerciale dell’Africa. Pechino tende a considerare lasituazione economica e politica dell’Africa in modo piùpositivo rispetto alla maggior parte dei governi occiden-tali. Grandi imprese pubbliche e piccole imprese privatedalla Cina stanno sostenendo rischi maggiori rispetto al-le controparti occidentali, come dimostra la crescita piùrapida del commercio e degli investimenti diretti esteri.Con l’erosione della presenza europea e statunitense nelcontinente nero, Pechino ha colto ogni opportunità peravvantaggiarsi in tutti i campi: non solo nel commercioestero, negli investimenti per la costruzione di infrastrut-ture e negli aiuti finanziari, ma anche nelle forniture mi-litari. La strategia della Repubblica popolare è visibilenella tragedia del Sudan, dal quale la Cina, violando l’em-bargo dell’Onu, compra due terzi del petrolio in cambiodi generose forniture di armi. Pechino è stata, inoltre, ac-cusata di aver aiutato a sviluppare la produzione di armie veicoli militari, anche tramite ditte specializzate e l’in-vio di ingegneri e specialisti, durante il periodo di violen-za nel Darfur. Appoggio politico internazionale è stato of-ferto recentemente dalla Cina anche allo Zimbabwe, fa-cendo valere il proprio diritto di veto in occasione del bal-lottaggio che ha confermato per l’ennesimo anno conse-cutivo il potere al regime di Mugabe. .

nali, i finanziamenti infrastrutturali cinesi non avvengo-no attraverso un organismo per lo sviluppo, ma per mez-zo della China Ex-Im Bank (Ceib), la quale ha il compitopreciso di promuovere il commercio.

Questi crediti, insieme alle garanzie internazionali, han-no raggiunto un totale di 26 miliardi di dollari nel 2006,facendo della Ceib una delle agenzie di credito più gran-di al mondo. La Ceib sta utilizzando sempre più un tipodi accordo, conosciuto come Angola mode o Resourcesfor infrastructure, secondo il quale la restituzione del pre-stito per lo sviluppo infrastrutturale avviene con la con-cessione per lo sfruttamento di risorse naturali. L’accor-do viene utilizzato per nazioni che non possono forniregaranzie finanziarie adeguate al loro impegno di restitui-re il prestito e che possono, invece, concedere l’utilizza-zione di risorse naturali in cambio di uno sviluppo infra-strutturale. Sono stati documentati otto accordi di questotipo garantiti da risorse (petrolio, minerali e prodotti agri-

In totale dal 2001 al 2007 le aziende cinesi del settore han-no fornito impianti del valore di circa 3 miliardi di dol-lari, principalmente in Etiopia, Sudan e Ghana. Almeno35 nazioni in Africa subsahariana hanno beneficiato deifinanziamenti cinesi o stanno ancora discutendo oppor-tunità di finanziamento. I Paesi dell’Africa subsaharianache hanno registrato i più intensi flussi di investimenticinesi sono stati la Nigeria, l’Angola, l’Etiopia e il Sudan.

L’approccio softdei finanziamenti cinesi nel continente nero

approccio della Cina al supporto finanziario è di-verso rispetto a quello dei donatori tradizionali,e fa parte di un più ampio fenomeno di coopera-

zione economica Sud-Sud tra le nazioni in via di svilup-po. I principi alla base di questo tipo di aiuto sono quin-di quelli del beneficio comune, della reciprocità e dellacomplementarietà e si concretizzano in accordi bilatera-li tra le parti. Diversamente dagli aiuti finanziari tradizio-

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Pechino sta cogliendo ogni opportunità

per avvantaggiarsi in tutti i campi:

non solo nel commercio estero, negli investimenti

per la costruzione delle infrastrutture e negli aiuti finanziari,

ma anche nelle forniture militari, come si è visto

nelle tragiche vicende del Darfur.

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