Il Breviario Mediterraneo è saltato sui Balcani - eastwest.eu · riuscito dappertutto a superare...

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8 V iviamo in tempi di interdipendenza. Per la sicurezza, lo sviluppo economico e sociale, l'ambiente, le tecnologie, i mer- cati. "Non esiste libertà né eguaglianza, né protezione dalla tirannia né sicurezza dal ter- rore sulla base della sola indipendenza, dei vecchi confini degli Stati nazionale e delle singole comunità", spiega Benjamin R. Barber, uno dei più attenti e severi politologi americani. "Non c'è oramai storia personale che non vada letta e costruita nel contesto di storie più generali, di relazioni e conflitti che si sviluppano nei vari Paesi del mondo e che finiscono, in un modo o nell'altro, per inve- stire ognuno di noi", aggiunge Predrag Matvejevic, uno dei più grandi scrittori e sto- rici contemporanei, il maggior saggista del mondo slavo. Eccolo, il ritratto del mondo globale. In cui contano le scelte, le afferma- zioni, le responsabilità, dei singoli cittadini. Nessuno al riparo. Nessuno escluso. Matvejevic è nato a Mostar, in Bosnia Erzegovina, da padre russo e madre croata. Docente di letteratura francese all'universi- tà di Zagabria, dissidente sotto il regime di Tito e poi costretto nel ’91 all’esilio dai nazionalisti del nuovo regime croato. Professore alla Sorbona di Parigi. E poi dal '94 alla Sapienza di Roma. Il suo Breviario mediterraneo è un classico: della storia dei popoli e dei Paesi, delle civiltà e delle cultu- re su cui si fondano gran parte dei pensieri che animano le intese e i conflitti con cui, ancor oggi, facciamo i conti. Mediterraneo come mare esemplare: glo- bale e locale, nel corso del tempo. Guerre e commerci. Idee e ideologie. Rovine e speranze. Perché? Lungo le coste di questo mare passava la via della seta, si incrociavano le vie del sale e delle spezie, degli olii e dei profumi, dell’am- bra e degli ornamenti, della sapienza e della conoscenza, dell’arte e della scienza. Gli empori ellenici erano a un tempo mercati e ambasciate. Lungo le strade romane si dif- fondevano il potere e la civiltà. Dal territorio asiatico sono giunti i profeti e le religioni. Sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa. Una storia di confronti e conflitti. I fonda- chi e le guerre sante. È difficile scoprire ciò che ci spinge a provare a ricompattare continuamente il mosaico mediterraneo, a compilare tante volte il catalogo delle sue componenti, a verificare il significato di ciascuna di esse e il valore dell’una nei confronti dell’altra: L’Europa e lo “scontro di civiltà”. L’Iraq e il terrorismo fondamentalista. Beslan e le ambizioni della nuova Russia di Putin. Predrag Matvejevic, il maggiore saggista del mondo slavo, affronta i temi più caldi del momento. E ricorda che gli europei, in Bosnia, hanno buttato al vento un’occasione storica non riconoscendo l’esistenza di una delle comunità islamiche più laiche al mondo. Così oggi... Il Breviario Mediterraneo è saltato sui Balcani a cura di Antonio Calabrò CULTURA

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V iviamo in tempi di interdipendenza. Perla sicurezza, lo sviluppo economico esociale, l'ambiente, le tecnologie, i mer-

cati. "Non esiste libertà né eguaglianza, néprotezione dalla tirannia né sicurezza dal ter-rore sulla base della sola indipendenza, deivecchi confini degli Stati nazionale e dellesingole comunità", spiega Benjamin R.Barber, uno dei più attenti e severi politologiamericani. "Non c'è oramai storia personaleche non vada letta e costruita nel contesto distorie più generali, di relazioni e conflitti chesi sviluppano nei vari Paesi del mondo e chefiniscono, in un modo o nell'altro, per inve-stire ognuno di noi", aggiunge PredragMatvejevic, uno dei più grandi scrittori e sto-rici contemporanei, il maggior saggista delmondo slavo. Eccolo, il ritratto del mondoglobale. In cui contano le scelte, le afferma-zioni, le responsabilità, dei singoli cittadini.Nessuno al riparo. Nessuno escluso.Matvejevic è nato a Mostar, in BosniaErzegovina, da padre russo e madre croata.Docente di letteratura francese all'universi-tà di Zagabria, dissidente sotto il regime diTito e poi costretto nel ’91 all’esilio dainazionalisti del nuovo regime croato.Professore alla Sorbona di Parigi. E poi dal'94 alla Sapienza di Roma. Il suo Breviario

mediterraneo è un classico: della storia deipopoli e dei Paesi, delle civiltà e delle cultu-re su cui si fondano gran parte dei pensieriche animano le intese e i conflitti con cui,ancor oggi, facciamo i conti.

Mediterraneo come mare esemplare: glo-bale e locale, nel corso del tempo. Guerree commerci. Idee e ideologie. Rovine esperanze. Perché?Lungo le coste di questo mare passava la

via della seta, si incrociavano le vie del sale edelle spezie, degli olii e dei profumi, dell’am-bra e degli ornamenti, della sapienza e dellaconoscenza, dell’arte e della scienza. Gliempori ellenici erano a un tempo mercati eambasciate. Lungo le strade romane si dif-fondevano il potere e la civiltà. Dal territorioasiatico sono giunti i profeti e le religioni.Sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa.

Una storia di confronti e conflitti. I fonda-chi e le guerre sante.È difficile scoprire ciò che ci spinge a

provare a ricompattare continuamente ilmosaico mediterraneo, a compilare tantevolte il catalogo delle sue componenti, averificare il significato di ciascuna di esse eil valore dell’una nei confronti dell’altra:

L’Europa e lo “scontro di civiltà”. L’Iraq e il terrorismo fondamentalista.

Beslan e le ambizioni della nuova Russia di Putin. Predrag Matvejevic, il

maggiore saggista del mondo slavo, affronta i temi più caldi del momento.

E ricorda che gli europei, in Bosnia, hanno buttato al vento un’occasione

storica non riconoscendo l’esistenza di una delle comunità islamiche

più laiche al mondo. Così oggi...

Il Breviario Mediterraneoè saltato sui Balcani

a cura di Antonio CalabròCULTURA

l’Europa, il Maghreb e il Levante, il giudai-smo, il cristianesimo e l’islam; il Talmud, laBibbia e il Corano; Gerusalemme, Atene eRoma, Alessandria, Costantinopoli, Venezia;la dialettica greca, l’arte e la democrazia; ildiritto romano, il foro e la repubblica; lascienza araba; il Rinascimento in Italia, laSpagna delle varie epoche, celebri e atroci;gli Slavi del sud dell’Adriatico e molte altrecose ancora. Qui popoli e razze per secolihanno continuato a mescolarsi, fondersi econtrapporsi gli uni agli altri, come forse innessun’altra regione di questo pianeta. Siesagera evidenziando le loro convergenze esomiglianze e trascurando invece i loroantagonismi e le differenze. Il Mediterraneonon è solo storia.

Cosa resta, allora, d’attualità? Cosa conse-gna il Breviario mediterraneo all’agendadella politica attuale e delle scelte dicostruzione di un migliore futuro?In ogni periodo, sulle varie parti della

costa mediterranea ci imbattiamo nelle con-traddizioni. Da un lato la chiarezza e laforma, la geometria e la logica, la legge e lagiustizia, la scienza e la poetica, dall’altrotutto ciò che a queste particolarità si contrap-pone. I libri sacri della pace e dell’amore e leguerre di religione, crociate e jihad. Un ecu-menismo generoso accanto a un ostracismoferoce. L’universalità e l’autarchia. L’agorà eil labirinto. La gioia dionisiaca e il macigno diSisifo. Atene e Sparta. Roma e i barbari.L’impero d’Oriente e quello d’Occidente. Lacosta settentrionale e quella meridionale.L’Europa e l’Africa. Il cristianesimo e l’islam.Il cattolicesimo e l’ortodossia. La tradizionegiudeocristiana e la persecuzione degli Ebrei.Sul Mediterraneo il Rinascimento non èriuscito dappertutto a superare il Medioevo.

CULTURA

_Questa immagine ha fatto il giro del mondo ed è diventata sim-

bolo di una ferocia terroristica che sembra non avere più limiti.

Esattamente come accadde, l’11 settembre 2001, con le immagi-

ni degli aerei che si schiantavano sulle Torri Gemelle

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A guardar bene ai fatti più recenti dellacronaca mediterranea, possiamo trovarenumerosi esempi d’una tale dialettica,ancora irrisolta. Rinascimento, per esem-pio, è l’inaugurazione della nuovaBiblioteca di Alessandria d’Egitto, catalogoesemplare di sapienze orientali e occiden-tali. Le iniziative politiche, culturali edeconomiche in vista di quel 2010, oramaivicino, in cui il Mediterraneo dovrebbeessere “area di libero scambio” tra i PaesiUe e le nazioni del Maghreb che si affac-ciano sul grande mare comune. EMedioevo, invece, l’aggravarsi del conflit-to in Medio Oriente. I drammi della povertàe dei conflitti etnici che spingono migliaiadi disperati a cercare rifugio, protezione esalvezza sulle sponde europee. L’emergeredi nuovi e vecchi fondamentalismi. E l’an-tisemitismo e il razzismo che si espando-no, allarmanti, anche in terra d’Europa.Potrei dire, come Carlo Levi, che il futu-

ro ha un cuore antico. Da questo punto divista la storia del Mediterraneo offre ottimiparadigmi su cui riflettere. Per cercare didare risposte alle inquietudini, ai conflitti,agli odi e ai gesti di pace che animano lenostre cronache. Il Mediterraneo ha visto ilterrore. E costruito il dialogo. La dialetticacontinua, la storia non è affatto finita.

Interdipendenze, dunque. A cominciare dalterrorismo che, dall'Iraq al Medio Oriente,dal Caucaso alle regioni dell'Asia, chiamain causa e coinvolge direttamente l'interoOccidente.Jean Paul Sarte scriveva che “di fronte

alla morte di un bambino tutti gli altriargomenti sembrano minori”. E chi tornaoggi dalla Russia dopo la tragedia diBeslan riesce difficilmente ad essere fred-damente analitico. Raramente si è vistauna tale unanimità nella condanna deldelitto, un simile dolore dinnanzi allamorte di centinaia di bambini e alle imma-gini insostenibili dei loro cadaveri.L'evento s'inserisce con forza nella lottacontro il terrorismo dei fondamentalistiislamici e colpisce anche i popoli dai qualiprovengono i colpevoli. Così si giustifica,purtroppo, anche una politica repressivarussa nei confronti dei Ceceni, nonché ladifesa della via di petrolio caucasianoimportantissimo per la Russia, ma ancheper l'Europa e l'America.

La sicurezza è in crisi. Il dramma dellevittime di Beslan è entrato nelle nostrecase. E la violenza del terrorismo ci hafatto scoprire con dolore l'esistenza diPaesi e popoli (gli ingusci, gli osseti, oltreche i ceceni) di cui sino a ieri ignoravamoquasi l'esistenza. Il sistema di potere dellaRussia di Putin entra in crisi. Ma la suacrisi ci coinvolge.Appunto. Dal Caucaso sono venuti i

nostri lontani antenati. Dal Caucaso vieneun monito di attualità. E per quel cheriguarda il potere del presidente Putin, oggiassistiamo a un duro colpo alla sua reputa-zione: la sicurezza che prometteva ai citta-dini russi è venuta meno ancora una volta.In un Paese che stenta a promuovere unacultura civica e democratica efficiente,vediamo di nuovo gli uomini con spalline,quelli della vecchia KGB, prendere tantaimportanza: sono gli uomini che Putintiene in mano ma che a loro volta, in unperverso incrocio di destini, potrebberotenere in mano Putin. Menzogne pubbliche,

IL BREVIARIO MEDITERRANEO È SALTATO SUI BALCANI

_Pedrag Matvejevic, nato in Bosnia da padre russo e

madre croata, è uno dei maggiori scrittori contemporanei

L’Europa e il Mediterraneo

si sono scissi e sono

esplosi in seno ai Balcani.

Nei conflitti scoppiati qui

in genere era assente la

fede, ma non la

discordia religiosa.

Bosnia, Kosovo, Croazia:

conflitti che non hanno

avuto niente a che fare

con le guerre di religione

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pagine oscure sulla vicenda di Beslan,imposizione di gravi limiti alla libertà distampa. Tutto questo si svolge in unmomento in cui si cerca e si richiede dinuovo la grandezza della Russia e la suaimportanza nel mondo. E la cultura russa,purtroppo, non riesce ad acquisire la volon-tà e la possibilità di farsi presente in similisituazioni e d'impegnarsi realmente.

Le vicende cecene e la crisi della Russiafiniscono per avere un effetto molto direttoanche sull'Europa. E soprattutto su queiPaesi dell'Europa centrale che sono entratinella Ue dopo il crollo dell'impero sovieti-co e l'integrazione occidentale. Un altrodei capitoli dell'“interdipendenza”. È vero. La sorte dell'Est europeo non

dipende più, come nel passato, dall'influen-za dell'Unione Sovietica. E la Russia, non-ostante cerchi ancora di impersonare ilruolo di grande potenza (e riesca, entrocerti limiti, ad esserlo), non è evidentemen-te il colosso del passato. Ma i legami sem-pre presenti, specialmente nell'area balcani-ca, ne fanno un interlocutore da non sotto-valutare.

E come potrebbe materializzarsi questosuo ruolo?Molto dipende dalla sua evoluzione

interna. Si possono ipotizzare diverseRussie del domani. Sarà essa una verademocrazia o una semplice democratura?Sarà tradizionale o moderna? Santa o pro-fana? Ortodossa o scismatica? Più biancache rossa o viceversa? Meno slavofila cheoccidentalista o viceversa? Tanto asiaticaquanto europea o il contrario dell'una edell'altra? Una Russia che "la ragione non èin grado di comprendere appieno e nellaquale possiamo solamente credere" (comediceva magnificamente il poeta Tjutchev nelXIX secolo), oppure quella "robusta e dalgrosso fondoschiena" cantata da AlexanderBlok durante la Rivoluzione? "Con Cristo"o "senza la croce"? Semplicemente russa(russiskaja) o "di tutte le Russie"(Vserossiskaja)? Qualunque cosa la Russiadiventi, si dovrà fare i conti con tutto ciòche l'ex Unione sovietica le ha lasciato etutto ciò di cui l'ha privata. E delle conse-guenze di tutto ciò sui Paesi ai confini conla Russia, verso il Caucaso, l’Europa centra-le e i Balcani”.

Parliamo dei Balcani, adesso. E del lororuolo nella cornice europea: un ruolo con-flittuale, drammatico, ancora oggi caricodi tensioni.

I Balcani vengono spesso identificati aoriente dell’Europa, in funzione dell’ango-lazione dalla quale li si osserva e dal puntodi vista che si adotta. È stato detto più volteche, vista dal centro del nostro Continente,questa zona turbolenta comincia già aMonaco di Baviera o a Vienna (si ricorda lafamosa battuta di Metternich su unaVienna più balcanica che mitteleuropea).Gli abitanti di queste due città spostanoquesta frontiera incerta verso Lubiana eZagabria, mentre gli Sloveni o gli stessiCroati la spingono ben più a est, versoBelgrado o Sarajevo, non senza qualchesecondo fine. Dal lato orientale della peni-sola, persone più avvedute replicano talvol-ta che nei Balcani è nata la stessa Europa.Alle differenze etniche e linguistiche siaggiungono divergenze immaginarie emitologiche. Ognuno pretende di avereradici più profonde dell’altro, ragioni piùconvincenti per impadronirsi dei territorivicini: uno Stato e un potere che affondanonelle brume del passato, dominando le tribùdisperse nei dintorni. Gli avvenimenti realie le loro rappresentazioni fittizie si sostitui-scono così gli uni alle altre. La storia e ilmito si confondono e le rivendicazioni sibasano tanto sulla prima quanto sul secon-do. Gli argomenti che si invocano e le proveche vengono fornite sono considerati irre-futabili o addirittura sacri: ci si impone innome del diritto storico; oppure si rivendicain nome del diritto naturale. Con la pretesadegli uni di detenere la verità della storia edegli altri di possedere il diritto assoluto. IBalcani ne sono stati vittime tante volte,molto spesso per loro stessa colpa.

Winston Churchill, con realismo critico euna punta di cinismo, scriveva che lo spa-zio dei Balcani "produce più storia diquanta non ne possa consumare", vivecioè in modo lacerante il suo passatosenza riuscire a elaborarlo, digerirlo,risolverlo in una coscienza storica com-piuta che non stravolga più l'attualità.Ci sono processi di lunga durata che

continuano a pesare. Una delle fratture piùprofonde rimane quella provocata dallo sci-sma cristiano del 1054, che divise Chiese e

IL BREVIARIO MEDITERRANEO È SALTATO SUI BALCANI

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fedi religiose, imperi e poteri, stili e scrittu-re. Nel fossato che si è creato fra Bisanzio ela latinità, all’interno del Cristianesimo cat-tolico e ortodosso, si è inserito l’Islam.L’Europa e il Mediterraneo si sono scissi esono esplosi in seno ai Balcani. Nei conflittiche sono scoppiati qui – e che continuano aripetersi – in genere era assente la fede, manon la discordia religiosa. Nel corso deisecoli, questa specie di differenza ha creatouna divisione costante fra i credenti, la divi-sione si è trasformata in opposizione, el’opposizione in intolleranza. Tutto ciò hagenerato ostilità e odio, violenze e conflitti.Così, da una fase all’altra, si può seguireun’evoluzione di questi dissensi originari.Che implicano contenuti reali, disseminatinel tempo e nello spazio e, separati dalla

loro matrice religiosa e inscritti nell’imma-ginario collettivo, buoni per varie forme dimanipolazione. I “signori della guerra” nehanno fatto abbondante uso – e in partico-lare nel corso degli ultimi conflitti inBosnia, in Kosovo, in Croazia, nell’exIugoslavia. Conflitti che non hanno avutoquasi niente a che fare con le guerre di reli-gione nell’accezione generale del termine.

Discordie etniche e religiose. Ma nonfede profonda, dunque. Pretese nazionali– la “grande Serbia”, la “grandeAlbania”, la “grande Macedonia” – eambizioni di potere degli autocrati. Macon ascolto attento, con partecipazionepopolare diffusa.La stessa balcanizzazione è legata ai fatti

di cui abbiamo parlato, che non sono sem-pre visibili a occhio nudo. La maggior partedelle popolazioni di questa regione non haconosciuto delle autentiche tradizioni lai-che. Non si tratta unicamente di una man-canza di laicità rispetto alla fede. Si osserva

CULTURA

_Sarajevo è stata assediata per più di 1.300 giorni,

7.000 cittadini di Srebenica sono stati fucilati dagli

estremisti serbi e nei pressi di Mostar quelli croati hanno

costruito campi di concentramento

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un analogo atteggiamento nei confronti diun’idea nazionale concepita in senso reli-gioso e, al tempo stesso, di un’ideologia(non solo nazionale) praticata in quantoreligione. Si può osservare la trasformazio-ne di alcuni aspetti della cultura nazionalein un’ideologia della nazione. La letteratu-ra, a sua volta, si riduce a una letteraturanazionale in senso stretto. Le energie, siaindividuali sia collettive, si ritrovano cosìassorbite dal solo nazionalismo. Questifenomeni sono riscontrabili anche al di làdella penisola, lungo tutte le coste mediter-ranee, e altrove.

C’è una letteratura del “sacrificio” in nomedella religione e dell’identità. E molti, neiBalcani di religione cristiana, ricordanocome il loro fare da “frontiera” nei con-fronti dell’Islam abbia salvato dalla domi-nazione islamica il resto d’Europa.Uno dei primi capitoli de Il ponte sulla

Drina di Ivo Andri c (scrittore di originecroata e bosniaca, serbo di adozione eiugoslavo di vocazione, premio Nobel per laLetteratura nel 1961), descrive spietata-mente l’impalamento di un serbo ribellesotto l’impero ottomano: "Un palo di quer-cia lungo circa tre metri, ricoperto di ferrobattuto, con una punta sottile e aguzza"; unuomo vivo "infilzato a questo palo come unagnello allo spiedo, solo che la punta nongli usciva dalla bocca, ma dalla schiena, – enon erano stati lesi in modo grave né l’in-testino, né il cuore, né i polmoni". La vitti-ma deve sopravvivere così alcuni giorni:"gonfia, impettita e nuda fino alla cintola","fissata tra due travi" sputando "una schiu-ma bianca", gridando e ringhiando. È lasorte che aspetta il ribelle. Se ne possonoimmaginare a migliaia di questi esseri nelcorso dei secoli, lungo le strade fangose deiBalcani, nei loro crocevia variopinti. La sof-ferenza incarnata dalla sorte, il male inte-riorizzato in questo modo, la rivolta o lavendetta che suscitano, tutto ciò non è“conservato” o “decantato” solo all’interno

IL BREVIARIO MEDITERRANEO È SALTATO SUI BALCANI

_Winston Churchill, (foto a destra), affermava che i

Balcani vivono in modo lacerante il proprio passato

senza riuscire a risolverlo in coscienza storica compiu-

ta. Ivo Andric (foto nella pagina a fianco), Nobel per

la Letteratura nel ‘61 ha narrato nelle sue opere l’i-

dentità balcanica in perenne conflitto. Con

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del corpo o nel fondo della memoria, maanche da qualche altra parte: non sappiamoesattamente né dove né come! Un giorno lecircostanze risvegliano questi stati torbidi etraumatizzanti, li attivano sotto forma diresistenza o di aggressione, di sacrificio o dicrudeltà. A scuola ci hanno insegnato che,proprio grazie ai supplizi subiti dai nostriavi, Vienna non è mai stata conquistatadalle "orde asiatiche", così come Venezia oTrieste: che senza questi sacrifici non cisarebbero stati il Rinascimento in Italia enemmeno la prosperità della Mitteleuropa."L’abbiamo pagata con il nostro sangue".Abbiamo contribuito così a "salvarel’Europa e la sua civiltà". Più a nord, furo-no “i nostri fratelli russi” a frapporre unoscudo analogo, ancora più resistente, allecrudeli invasioni dei popoli delle steppe aldi là degli Urali, proteggendo così i Paesiche sarebbero diventati la parte più progre-dita del Continente. Mi ricordo che quan-d’ero adolescente seguivo questo insegna-mento e accettavo – ahimè! – con un certoorgoglio alcune delle sue argomentazioni.

CULTURA

La storia, le divisioni e

i trattati internazionali

hanno segnato

il destino dei Balcani

imponendo la mescolanza

delle popolazioni.

Unità forzate, eventi

non portati a compimento,

contraddizioni. I popoli

diventati tardi nazione

vivono una specie di

dualismo: si comportano

come popolo

e come nazione

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I Balcani, dunque, come area dalle frontie-re fragili e dalle identità perennemente inconflitto. Una miscela di difficilissimagovernabilità.Queste nazioni hanno conosciuto alcuni

problemi che oltrepassano le loro frontiereparticolari e si ripercuotono al di là dei loroterritori: rapporti fra la Bulgaria e laMacedonia, tensioni fra la Serbia e ilMontenegro in una nuova Federazioneiugoslava, conflitti fra Kosovari serbi ealbanesi, separazione delle nazionalità inBosnia-Erzegovina, disordini interni inAlbania, rapporti tesi fra Grecia e Turchia,questione ungherese in Transilvania, rume-na in Moldavia, greca a Cipro, macedone inGrecia, serba in Croazia, turca in Bulgaria,più di due milioni di esuli o di “profughi”della ex Iugoslavia, mille e un modo diassumere e di vivere un’identità post-comunista, di porre e cercare di risolvere lasempiterna questione nazionale o meglio dirivedere frontiere ritenute “ingiuste” e“mal tracciate”, di opporsi, in fine dei conti,alla famosa balcanizzazione che, al mododel Destino nelle tragedie nate sotto questicieli, continua a separare anche ciò chesembrava indiviso e indivisibile.

A rileggere la Storia si potrebbe dire che iBalcani non hanno conosciuto e interioriz-zato i processi storici che hanno segnatoil resto d’Europa: il Rinascimento,l’Illuminismo, la laicità dello Stato, i dirittidella persona indipendenti dall’etnia edalla religione.Appunto. La regione centrale dei Balcani

non si incontrò con il Rinascimento, comeinvece accadde per il litorale sul qualedominò Venezia e dove fiorì la Repubblicadi Ragusa (Dubrovnik). L'illuminismo èarrivato in ritardo in tutta la penisola, dif-ferenziandosi da un territorio all'altro erestando quasi dappertutto privo di laicità.Le nazioni si sono formate con ritardo esubendo interruzioni, cercando di conqui-stare il maggiore spazio possibile per i pro-pri Stati, trascurando gli interessi o i dirittidei vicini. I programmi nazionali, perfinoquelli che erano essenziali e positivi entrole proprie cornici, sono stati accolti dai vici-ni come minacce o congiure. I tentatividelle potenze straniere di sistemare lasituazione, di stabilire le regole di compor-tamento e di disegnare i confini, operazioni

compiute in nome dei propri interessi eobiettivi, hanno suscitato di volta in volta ilmalcontento di coloro i quali si sono sentitilesi nei propri diritti o inascoltati.

I confini delle varie realtà dei Balcanisono stati segnati sulla carta dalle grandipotenze europee, senza tenere conto né distoria né di tradizioni né di interessi loca-li?La storia dei Balcani è stata regolata da

accordi internazionali, e ciascuno di essi si èlasciato dietro questioni insolute, in gradodi produrre nuovi eventi a loro voltaincompiuti e controversi. La pace diPressburg (l'odierna Bratislava) consegnò aNapoleone, insieme a Venezia, la costaorientale adriatica e le "Provincie Illiriche".Il congresso di Vienna permise all'Austriadi occupare tutti i territori che erano statidominio del fallito imperatore e al tempostesso fu negato l'aiuto alla Serbia dovel'insurrezione fu soffocata nel sangue dallescimitarre ottomane. Il Congresso diBerlino si dimostrò abbastanza benevoloverso il Principato di Serbia a danno dellaBulgaria, rendendo al tempo stesso possibi-le alla Turchia di mantenere ancora per uncerto periodo il proprio dominio sullaBosnia. Le guerre balcaniche terminaronouna dopo l'altra più con armistizi che con

IL BREVIARIO MEDITERRANEO È SALTATO SUI BALCANI

L’Europa e gli Stati Uniti

nell’ultima guerra

balcanica non hanno

riconosciuto in Bosnia

l’esistenza di una delle

comunità islamiche più

laiche del mondo.

Così hanno perso una

grande opportunità per

isolare l’estremismo

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vere paci. La pace di Versailles nel 1918favorì la Serbia alleata dei Francesi, confer-mando la nascita dello Stato dei Serbi,Croati e Sloveni (successivamente denomi-nato Regno di Jugoslavia), senza tenerconto delle altre comunità nazionali presen-ti nella Slavia meridionale e trascurandosoprattutto i piccoli popoli confinanti. LaConferenza tripartita di Yalta nella secondaguerra mondiale tentò di dividere i Balcaniin due zone di interesse, inseguendo la sim-metria là dove era impossibile che ci fosse.Nella serie rientrano pure gli Accordi diDayton che se da un lato misero fine allaguerra in Bosnia e poi nel Kosovo, oggi non

CULTURA

sono più produttivi e tanto meno sufficien-ti. Sulla scacchiera ogni mossa, ogni sposta-mento di figure, cambia la posizione com-plessiva ed apre il gioco in una direzionediversa, talvolta del tutto inaspettata”.

Uno dei migliori conoscitori dei Balcani, lostorico Jovan Cvijic , all'inizio delNovecento, ha usato una metafora effica-ce, quella della "tela del ragno", perdescrivere i contrasti balcanici: “Simili alragno, gli uomini tessono intorno a sé unaragnatela di pregiudizi storici, di vanaglo-rie nazionali, di alterati modi di vivere; equesta ragnatela può isolarli spiritualmen-te dal resto del mondo e far sì che diventi-no arcaici... Gli istinti nazionali ereditatidalle precedenti epoche storiche, anchequelli più profondamente primitivi, fino aieri addormentati, cominciano a risvegliar-si...”. È davvero così?

_L’Europa è stata concepita sul Mediterraneo: il giudai-

smo, il cristianesimo e l’Islam, il Maghreb e il Levante.

Popoli e razze per secoli hanno continuato a mescolarsi,

fondersi e contrapporsi gli uni agli altri

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Questo ammonimento dello studiososerbo si è rivelato profetico: il ragno haavvolto nella ragnatela gran parte dellapenisola balcanica, sulla quale poggia laculla della civiltà europea. Torniamo allastoria, alle divisioni, ai trattati internazio-nali che hanno segnato il destino deiBalcani imponendo la convivenza, la mesco-lanza delle popolazioni. Unità forzate.Eventi non portati a compimento.Contraddizioni. Una storia monca. I popoliche sono diventati con ritardo nazione - esopratutto Stati nazionali - vivono a lungoin se stessi una specie di dualismo: si com-portano al tempo stesso come popolo ecome nazione. Le terminologie usate neidiversi periodi (tribù, comunità, etnìa,popolo, nazionalità, nazione, gruppo nazio-nale, nazione Stato ecc.) hanno portato insé degli elementi da cui sono scaturiti equi-voci e malintesi.

La storia recente – i conflitti in BosniaErzegovina, i drammi del Kosovo – richia-mano i contrasti tra Occidente e Islam.Con atti di barbarie. E con la radicalizza-zione delle differenze.Ci sono stati veri e gravi errori, compiu-

ti dall'Europa e dagli Stati Uniti nell'ultima

guerra balcanica: non aver riconosciuto inBosnia l'esistenza di una delle comunitàislamiche più laiche del mondo. E non esse-re riusciti ad opporla in quanto tale allealtre forme, più dure e intolleranti, di reli-gione musulmana catalogate sotto il comu-ne denominatore di islamismo o fondamen-talismo. In questo caso, l'ignoranza si èlasciata ingannare dalla propaganda cheveniva soprattutto dalla Serbia diMilosevich e dalla Croazia di Tudjman, eche affermava che questa comunità bosnia-ca era un "avamposto per la penetrazionedell'Islam in Europa". Mentre gli ustascia –i fascisti croati - tentarono di farseli alleati,chiamandoli "fior fiore della Croazia". ETito finì con il riconoscere, alla fine deglianni '70, una nazione musulmana: il nomeo epiteto di Musulmano, con la maiuscola,indicava l'appartenenza nazionale dei cre-denti e anche degli atei; con la minuscolasegnalava solo la religione. Questo creava avolte una certa ambiguità, presa spesso ingiro dai nazionalisti di fede cristiana, serbio croati. Si trattava di disegnare una diffe-renza che esisteva realmente, creata dallastoria e che, in un Paese multinazionalecome quello, non poteva essere ignorata.Non ho mai sentito i nostri musulmaniparlare di Sunniti, Sciiti e, meno che mai, diWahabi. Erano semplicemente slavi di ori-gine musulmana o musulmani e basta.

Paradossalmente, un mondo islamicoassolutamente europeo.Un caso unico in Europa. Che qualche

altra osservazione di carattere storico puòaiutare a spiegare. La Bosnia, a lungo spar-tita tra Bisanzio e Roma, linea divisoria tracristianesimo ortodosso e cattolico, rifugiodell'eresia dei bogomili (vicina a quelladegli albigesi), fu occupata dagli Ottomaninel 1463. "Cadde sussurrando", come ripor-tavano le cronache. L'islamizzazione iniziòpiù tardi, per tappe, soprattutto nei secoliXVII e XVIII. Si fermò con l'occupazioneaustriaca (1878) e l'annessione (1908). Unatestimonianza straziante su questo tema civiene dal romanzo Il derviscio e la morte,una delle opere più importanti della lettera-tura jugoslava, pubblicata negli anni '70 etradotta in varie lingue europee. Il suoautore, Mehmed Mesa Selimovic discende-va da una famiglia musulmana ma rivendi-cava anche la sua nazionalità serba: "Siamo

IL BREVIARIO MEDITERRANEO È SALTATO SUI BALCANI

Alcuni processi storici che

hanno segnato il resto

d’Europa, hanno solo

sfiorato i Balcani.

La regione centrale non si

è incontrata con il

Rinascimento e

l’Illuminismo è arrivato

in ritardo in tutta

la penisola, restando

quasi ovunque

privo di laicità

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stati separati dai nostri, ma non accettatidagli altri: come un braccio separato dalfiume da piogge torrenziali, senza più cor-renti né sbocco, troppo piccolo per essereun lago, troppo grande perché la terra loassorba. Con un sentimento confuso di ver-gogna dovuto alla nostra origine e di man-canza dovuto alla nostra conversione, nondesideriamo guardare indietro e non sap-piamo guardare avanti". I musulmani diBosnia-Erzegovina hanno sofferto orribil-mente durante la recente guerra deiBalcani. Oggi tutti sanno che Sarajevo èstata assediata per più di 1.300 giorni, che7.000 cittadini di Srebrenica sono stati fuci-lati dagli estremisti serbi di Mladic eKarazdic o che, nei pressi di Mostar, gliestremisti croati hanno costruito campi diconcentramento e che questa città, con ilsuo celebre ponte, è stata rasa al suolo permetà (la metà musulmana). Ma erano lì,prendevano parte a combattimenti sostan-zialmente difensivi. Alcuni di loro possonoaver avuto legami con Bin Laden, all'epocaalleato degli Stati Uniti contro i russi. Male due cose non vanno confuse. E le feritedella Bosnia-Erzegovina non cessano disanguinare.

L’ingresso di alcuni dei Paesi dei Balcaninella Ue può aiutare a sanare ferite, com-porre contrasti, cercare di disegnare unanuova prospettiva di convivenza pacifica edi sviluppo?È una speranza. Nel grande calderone

della marea pro-europea emergono appren-sioni tutto sommato auspicabili e positive.La volontà di uscirne a qualunque costo, diliberarsi del passato e del suo fardello, siaccompagna a quella di entrarvi a qualun-que costo e di diventare infine membri diun'Europa unita. Evidentemente vi è in taleatteggiamento anche precipitazione,improvvisazione, mancanza di riflessione emolto altro. Il primo gruppo di candidatisenza dubbio porrà meno problemi delsecondo, ma, molto probabilmente, suffi-cienti perché i ritardatari vedano prolunga-ta la loro attesa nel lungo termine. Il venta-glio delle opinioni spazia dalla convinzioneche l'Europa del futuro dovrebbe esseremeno eurocentrica di quella del passato, piùaperta agli altri dell'Europa colonialista,meno egoista dell'Europa delle nazioni, piùconsapevole di se stessa e meno incline

all'americanizzazione. Inoltre, si è convintiche sarebbe utopico prevedere che essadivenga, in tempi ragionevoli, più culturaleche commerciale, meno comunitaria checosmopolita, più comprensiva chearrogante, meno orgogliosa che accogliente,più l'Europa dei cittadini che si tendono lamano e meno l'Europa delle patrie che sisono tanto combattute l'un l'altra e, in findei conti, più socialista dal volto umano(secondo il senso che alcuni dissidenti del-l'ex Europa dell'Est davano in passato al ter-mine) e meno capitalista senza volto.

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