Non ci saranno invasioni barbariche - eastwest.eu · invasioni barbariche CANTIERE EUROPA di...

7
52 L ’allargamento dell’Unione Europea ad Est è destinato a influire profondamen- te sugli equilibri economici e sociali dei Paesi membri,con implicazioni ora appena percepite. I dieci Paesi entranti sono esposti a forti contraccolpi nei loro assetti tradizio- nali, proprio perché sono sollecitati ad acce- lerare il loro sviluppo e la loro modernizza- zione. Anche i Paesi originari della Comunità devono affrontare i rischi di una convergenza difficile e valorizzare l’enorme bacino di risorse umane ed economiche che fa dell’Europa allargata un “grande merca- to” per rafforzarsi nella competizione mon- diale. Per affrontare queste sfide servono politiche economiche e sociali nuove che chiamano in causa la responsabilità sia delle istituzioni pubbliche, sia degli operatori economici e finanziari di entrambe le aree. Tali politiche dovranno essere capaci di accelerare il difficile processo di transizione nei nuovi Paesi, e la convergenza verso gli obiettivi di sviluppo indicati dai membri storici, che peraltro essi stessi faticano a perseguire. Il successo di queste politiche nei nuovi Stati membri condizionerà le vicende complessive dell’Europa e potrà accrescere il potenziale economico del gran- de mercato e gli stimoli alla crescita anche dei 15 Paesi originari. Di queste sfide economiche e sociali fa parte a pieno titolo l’immigrazione: que- stione già pressante per tutti i Paesi della comunità e ora complicata dall’allargamen- to. La gestione dei flussi migratori e più in genere dei rapporti fra mercati del lavoro dei 25 Paesi, è destinata ad incidere sul futuro economico e sociale dell’Unione, non meno che il governo dei flussi di capitale e di merci. Anche se quella ha ricevuto meno attenzione di questa ed è stata oggetto più di polemiche e reazioni impaurite che di proposte positive. L’Italia è investita più di altri Paesi dal fenomeno. Non a caso già un terzo dei nostri immigrati viene dai Paesi dell’Est, e viene dall’Est il 60% di quelli che hanno beneficiato della sanatoria del 2002/03. I nuovi Paesi europei accedono all’Unione con comprensibili aspettative di migliorare la loro condizione di lavoro e di essere inse- riti in una comunità integrata a cui si sono a lungo preparati accettando il complesso acquis di regole proprie dell’Unione. Ma la loro entrata nella comunità è stata limitata in un aspetto essenziale della vita economi- ca e sociale quale è la libertà di trasferirsi Prosegue la pressione migratoria dall’Est. Ma non ci sarà alcuna invasione. È vero invece che le caratteristiche della nuova immigrazione possono risultare utili alla “vecchia” Europa. Che ha bisogno di tempo per riformare welfare e mercato del lavoro. L’economia italiana, poi, dovrebbe privilegiare la ricerca di immigrati ad alta scolarizzazione e professionalizzati. Perché così facendo… Non ci saranno invasioni barbariche di Tiziano Treu CANTIERE EUROPA

Transcript of Non ci saranno invasioni barbariche - eastwest.eu · invasioni barbariche CANTIERE EUROPA di...

52

L ’allargamento dell’Unione Europea adEst è destinato a influire profondamen-te sugli equilibri economici e sociali dei

Paesi membri,con implicazioni ora appenapercepite. I dieci Paesi entranti sono espostia forti contraccolpi nei loro assetti tradizio-nali, proprio perché sono sollecitati ad acce-lerare il loro sviluppo e la loro modernizza-zione. Anche i Paesi originari dellaComunità devono affrontare i rischi di unaconvergenza difficile e valorizzare l’enormebacino di risorse umane ed economiche chefa dell’Europa allargata un “grande merca-to” per rafforzarsi nella competizione mon-diale. Per affrontare queste sfide servonopolitiche economiche e sociali nuove chechiamano in causa la responsabilità sia delleistituzioni pubbliche, sia degli operatorieconomici e finanziari di entrambe le aree.Tali politiche dovranno essere capaci diaccelerare il difficile processo di transizionenei nuovi Paesi, e la convergenza verso gliobiettivi di sviluppo indicati dai membristorici, che peraltro essi stessi faticano aperseguire. Il successo di queste politichenei nuovi Stati membri condizionerà levicende complessive dell’Europa e potràaccrescere il potenziale economico del gran-de mercato e gli stimoli alla crescita anche

dei 15 Paesi originari.Di queste sfide economiche e sociali faparte a pieno titolo l’immigrazione: que-stione già pressante per tutti i Paesi dellacomunità e ora complicata dall’allargamen-to.La gestione dei flussi migratori e più ingenere dei rapporti fra mercati del lavorodei 25 Paesi, è destinata ad incidere sulfuturo economico e sociale dell’Unione, nonmeno che il governo dei flussi di capitale edi merci. Anche se quella ha ricevuto menoattenzione di questa ed è stata oggetto piùdi polemiche e reazioni impaurite che diproposte positive.L’Italia è investita più di altri Paesi dalfenomeno. Non a caso già un terzo deinostri immigrati viene dai Paesi dell’Est, eviene dall’Est il 60% di quelli che hannobeneficiato della sanatoria del 2002/03. Inuovi Paesi europei accedono all’Unionecon comprensibili aspettative di migliorarela loro condizione di lavoro e di essere inse-riti in una comunità integrata a cui si sonoa lungo preparati accettando il complessoacquis di regole proprie dell’Unione. Ma laloro entrata nella comunità è stata limitatain un aspetto essenziale della vita economi-ca e sociale quale è la libertà di trasferirsi

Prosegue la pressione migratoria dall’Est. Ma non ci sarà alcuna

invasione. È vero invece che le caratteristiche della nuova immigrazione

possono risultare utili alla “vecchia” Europa. Che ha bisogno di tempo

per riformare welfare e mercato del lavoro. L’economia italiana, poi,

dovrebbe privilegiare la ricerca di immigrati ad alta scolarizzazione e

professionalizzati. Perché così facendo…

Non ci saranno invasioni barbariche

di Tiziano TreuCANTIERE EUROPA

53

nei Paesi comunitari per motivi di lavoro.L’unica regola che i vecchi Paesi sono staticapaci di concordare di fronte al fenomenomigratorio dall’Est è stata di prevedere unperiodo di moratoria, variabile da 2 a 7anni, entro il quale i lavoratori subordinatidei nuovi Paesi comunitari continuano aessere considerati extracomunitari e assog-gettati quindi a forti limiti nella possibilitàdi emigrare per motivi di lavoro. Questascelta limitativa appare contraddittoria conun principio da sempre fondamentale perl’Unione quale la libertà di circolazionedelle persone; lo è ancora di più con l’ideadi una unione europea ispirata a un model-lo sociale avanzato, fondato sui diritti fon-damentali civili e sociali, ora sanciti anchenel trattato costituzionale.Senza dire che la rinuncia dell’Unione a fis-sare regole comuni in tema di emigrazione,aggrava i rischi e le contraddizioni nellagestione del fenomeno migratorio. Lasciarein vigore regole nazionali molto diverseoperanti nei vari Paesi, che pure sono espo-sti a pressioni simili, è destinato ad accen-tuare squilibri nei flussi migratori e com-portamenti opportunistici degli immigrati;favorisce la loro ricerca dei Paesi con regolepiù permissive che diventano “porti dientrata” nell’Unione, da cui i lavoratori sipossono distribuire senza controlli nel restodella comunità.Regole comuni sono invece essenziali se sivuole promuovere una mobilità ordinata dicui l’Europa ha grande bisogno e ottimizza-re le potenzialità dei flussi migratori pertutti i Paesi e i soggetti.La dimensione della possibile “ondata”migratoria dall’est non è prevedibile concertezza. Ma la grande parte degli analistitendono ad escludere che i 10 nuovi Statipossano causare un salto nella pressionemigratoria. I primi dati di Paesi come laGran Bretagna che hanno rinunciato adesercitare il diritto di moratoria e hannoaperto subito le frontiere ai Paesi dell’Est,sembrano confermare questa diagnosi.Inoltre, la manodopera proveniente dainuovi Stati membri, come la loro popola-zione, presenta un tasso di scolarizzazionemedio alto: più elevata delle medie italiane.Il che cambia radicalmente la qualità delfenomeno migratorio rispetto alla tradizio-ne e alle stesse esperienze recenti italianeprevalentemente caratterizzate da immigra-

CANTIERE EUROPA

Con

tras

to

54

NON CI SARANNO INVASIONI BARBARICHE

1. Media annuale per i periodi 1990-94 e 1995-992. Comprese le correzioni3. A partire dal 2001, cambia la definizione della migrazione: fino al 2000, solo cambiamento di resi-denza permanente. A partire dal 2001, cambiamento di residenza abituale4. I dati si riferiscono al periodo annuale che termina in aprile5. Per l’emigrazione, solo popolazione maggiore di 15 anni6. Migrazione per residenza permanente7. I flussi migratori per il 1990-1992 includono la migrazione interna con la Rep. Ceca8. Dati che si riferiscono agli ultimi risultati del censimento

FONTE EUROSTAT

immigrazione emigrazione90/94 95/99 2000 2001 2002 90/94 95/99 2000 2001 2002

Eu 25 - - - - - - - - - -Eu 15 - - - - - - - - - -Eurozona - - - - - - - - - -Belgio2 65,4 62,6 68,6 77,6 - 46,2 52,4 56,5 52,7 -Rep. Ceca3 7,7 11,0 7,8 12,9 44,7 3,2 0,9 1,3 21,5 32,4

Danimarca 43,2 53,9 52,9 56,0 52,8 32,8 38,4 43,4 44,0 43,5

Germania 1.263,5 914,6 841,2 879,2 842,5 694,8 710,0 674,0 606,5 623,3

Estonia - - - - - - - - - -Grecia - - - - - - - - - -Spagna 32,9 66,5 362,5 414,8 483,3 - - - - 36,6

Francia - - - - - - - - - -Irlanda4 34,5 41,2 42,3 46,2 50,5 40,1 28,7 22,3 19,9 20,7

Italia 121,4 154,7 227,0 - - 59,5 49,6 56,6 - -

Cipro5 - - 12,8 17,5 14,4 - - 8,8 12,8 7,5

Lettonia 12,1 2,7 1,6 1,4 1,4 39,4 11,3 7,1 6,6 3,3

Lituania 7,5 2,6 1,5 4,7 - 26,0 25,1 21,8 7,3 -

Lussemburgo 10,4 11,0 11,8 12,1 12,1 6,3 6,9 8,1 8,8 9,5

Ungheria 20,9 15,4 20,2 21,2 - 5,3 2,4 2,2 2,6 -

Malta - 0,9 1,0 1,0 0,9 - - - - -

Paesi Bassi2 114,6 113,3 132,9 133,4 121,3 73,5 82,8 79,0 82,6 96,9

Austria - - 79,3 89,9 - - - 62,0 72,7 -

Polonia6 5,4 8,2 7,3 6,6 6,6 21,0 22,3 27,0 23,4 24,5

Portogallo - - - - - - 7,4 4,7 5,8 8,8

Slovenia 4,2 6,6 6,2 7,8 9,1 4,0 4,2 3,6 4,8 7,3

Rep. Slovacca6 7 8,1 2,4 2,3 2,0 2,3 7,8 0,5 0,8 1,0 1,4

Finlandia 14,7 13,6 16,9 19,0 18,1 6,7 10,4 14,3 13,2 12,9

Svezia 60,1 46,0 58,7 60,8 64,1 27,6 36,1 34,1 32,1 33,0

Regno Unito8 - 360,0 483,4 479,6 512,8 - 264,3 320,7 307,7 359,4

Islanda 3,1 4,0 5,2 5,0 4,2 3,3 3,9 3,5 4,0 4,5

Liechtenstein - - - - - - - - - -Norvegia 27,4 32,5 36,5 34,3 40,1 19,4 21,4 26,9 26,3 22,9

EEE - - - - - - - - - -Svizzera 150,2 101,4 110,3 122,5 126,1 104,5 97,6 90,1 82,2 78,4

Bulgaria - - - - - - - - - -Romania - - - 10,4 - - - - 9,9 -

Albania - - - - - - - - - -Bosnia Erzegovina - - - - - - - - - -Croazia6 - 44,7 - 24,4 20,4 - 13,2 - 7,5 11,8

A.R.Y.M. - - 0,6 0,5 2,3 - - 0,2 0,3 0,1

Serbia e Montenegro - - - - - - - - - -

IMMIGRAZIONE ED EMIGRAZIONE TOTALE, 1990-20021

SALDO MIGRATORIO DELLA UE,1960-2002

UE-15

1960/64

1965/69

1970/74

1975/79

1980/84

1985/89

1990/94

1995/99

2000

2001

2002

-0,5 0,0 0,5 1,0 milioni

UE-25

IMMIGRAZIONE ED EMIGRAZIONE INALCUNI PAESI UE, 2002

Immigrazione

Estonia

Lituania

Polonia

Rep. Slovacca

Slovenia

Finlandia

Rep. Ceca

Paesi Bassi

Danimarca

Ungheria

Austria

Belgio

Germania

Svezia

Regno Unito

Lussemburgo

Irlanda

Cipro

0 20 25per 1.000 abitanti

Emigrazione

10 155

FONTE EUROSTAT

55

ti di qualificazione medio bassa (badanti,braccianti, agricoli). Si aggiunga che laspinta migratoria maggiore proveniente daquesti Paesi è costituita da lavoratori giova-ni, fortemente motivati e disposti a unamobilità che gli europei dei 15 rifiutano permotivi noti.Questi caratteri personali confermano l’in-dicazione proveniente da molte esperienzesecondo cui l’accoglienza di un’immigrazio-ne così qualificata può migliorare la qualitàdei nostri mercati del lavoro, e colmarealcune carenze strutturali: cattiva distribu-zione geografica e professionale, carenza digiovani.Si tratta di carenze che le stesse politichenazionali devono correggere dando seguitoalle direttive europee di innalzamento deltasso di occupazione e di valorizzazione delcapitale umano essenziale per competerenella società della conoscenza. Ma proprioperché queste carenze non sono rimediabilinel breve periodo, esse possono essere cor-rette nel frattempo da una buona immigra-zione.D’altra parte tali caratteristiche tolgonofondamento a uno degli argomenti più dif-fusi che alimentano le resistenze all’immi-grazione anche fra lavoratori e loro orga-nizzazioni: l’argomento secondo cui l’emi-grazione avrebbe un effetto depressivo, nonsolo nelle possibilità occupazionali, ma sulleretribuzioni dei lavoratori nazionali.L’argomento non è sostenuto da evidenzaempirica in generale; è anzi contrastato daesempi in senso opposto, anche in Stati aforte immigrazione ravvicinata come gliUsa e il Messico, ove l’immigrazione ha sti-molato maggiore mobilità e un migliora-mento del mix professionale del Paese rice-vente con conseguenze positive sulle dina-miche retributive di molti settori.C’è un altro carattere della migrazione daiPaesi dell’Est, ma anche fra alcuni dei Paesistorici, che richiederebbe politiche diverseda quelle tradizionali.Si tratta del fatto che una parte crescente diquesti lavoratori non sono orientati a unamigrazione “senza ritorno” come per lo piùera quella del secolo scorso, ma ricercano (eaccettano) spostamenti temporanei, di dura-ta breve o media, nella prospettiva di ritor-nare ai Paesi di origine e di mantenere lega-mi stretti con questi. Questi lavoratori ten-dono a configurarsi più che come emigran-

CANTIERE EUROPA

1. Inclusi gli apolidi2. Non compresi coloro che non hanno nazionalità lettone3. I dati sono provvisori e si riferiscono al 20014. Permesso di residenza (dati provvisori)5. Migrazione per residenza permanente

FONTE EUROSTAT

IMMIGRAZIONE DI STRANIERI PER GRANDI GRUPPIDI NAZIONALITÀ, 2002

europa africa america asia oceania totale

totale totale

Eu 25 - - - - - - - - -Eu 15 - - - - - - - - -Eurozona - - - - - - - - -Belgio - - - - - - - - -Rep. Ceca 34,1 2,7 0,5 1,0 0,9 7,9 0,1 - 43,6

Danimarca 16,6 6,9 2,4 2,5 1,7 8,4 0,4 0,2 30,6

Germania - - - - - - - - -Estonia - - - - - - - - -Grecia - - - - - - - - -Spagna - - - - - - - - -Francia - - - - - - - - -Irlanda - - - - - - - - -Italia - - - - - - - - -Cipro 10,0 7,6 0,3 0,3 0,2 1,5 0,1 0,1 12,2

Lettonia2 1,0 0,2 0,0 0,1 0,1 0,2 0,0 0,0 1,2

Lituania - - - - - - - - -Lussemburgo 9,7 8,2 0,5 0,3 0,2 0,3 0,0 0,1 11,0

Ungheria3 16,9 1,8 0,2 0,7 0,6 1,6 0,0 0,0 19,5

Malta - - - - - - - - -Paesi Bassi2 33,5 21,0 9,2 8,7 3,7 13,0 1,1 21,2 86,6

Austria - - - - - - - - -Polonia - - - - - - - - -Portogallo4 5,3 4,5 7,9 2,6 0,2 1,2 0,0 0,0 17,0

Slovenia 7,4 0,3 0,0 0,1 0,1 0,1 0,0 0,0 7,7

Rep. Slovacca5 0,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,0 - 0,5

Finlandia 6,2 1,8 0,7 0,5 0,3 2,4 0,1 0,1 10,0

Svezia 24,8 12,2 3,1 2,9 1,2 15,9 0,4 0,5 47,6

Regno Unito - - - - - - - - -Islanda 1,3 0,6 0,1 0,2 0,1 0,3 0,0 0,0 1,9

Liechtenstein - - - - - - - - -Norvegia 15,4 9,5 4,1 1,7 0,9 9,2 0,2 0,2 30,8

EEE - - - - - - - - -Svizzera 70,3 49,6 6,4 10,6 4,3 15,7 0,8 0,0 103,8

Bulgaria - - - - - - - - -Romania - - - - - - - - 6,6

Albania - - - - - - - - -Bosnia Erzegovina - - - - - - - - -Croazia5 1,8 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,2 2,0

A.R.Y.M. 1,5 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,5

Serbia e Montenegro - - - - - - - - -

senzanord

scono-sciutisenza

UE

56

ti, come una specie nuova di guest workerssemiresidenti.Tale caratteristica, se accompagnata da poli-tiche adeguate di sostegno alla mobilità,può massimizzare il contributo positivo chequesti soggetti possono apportare alle eco-nomie dei Paesi riceventi,riducendo nelcontempo le reazioni negative dei cittadinie dei lavoratori di tali Paesi. Essa può ridi-mensionare anche i “possibili” costi dellapresenza di immigrati nei 15 Paesi europeistorici.Questo dei costi degli immigrati è un altroargomento spesso usato per resistere allaloro accoglienza e all’allargamento dellequote che ne condizionano l’ammissione inmolti Paesi. Si sostiene che gli immigratipercepiscono dai vari istituti di welfare(casa, educazione, sanità, previdenza, asse-gni familiari) più di quanto contribuiscono,aggravando così la già stressata finanzapubblica e talora ponendosi in competizionecon i cittadini residenti (specie i menoabbienti).In realtà l’aggravio dei costi provocato dagliimmigrati non è affatto dimostrato. La dis-tribuzione dei costi dipende da molti fattorisettoriali e geografici. In primo luogo daiperiodi di presenza degli stessi immigrati edai cicli di vita. In un primo periodo di per-manenza essi tendono a contribuire di piùal welfare (in particolare al fisco e alla pre-videnza), specie se giovani e single; in unperiodo successivo tendono a beneficiare dipiù (assegni familiari, sanità, scuola deifigli); poi quando i figli crescono, il rappor-to tende nuovamente a riequilibrarsi.Cosicché si può dire semmai che nel lungoperiodo gli immigrati legali contribuisconoalla sostenibilità dei nostri sistemi di welfa-re (T. Boeri).Il rapporto costi/benefici dipende inoltredalla struttura del welfare nazionale. Nelcaso italiano dove molte prestazioni sonofinanziate su base contributiva (dalle pen-sioni agli ammortizzatori) la possibilitàdegli immigrati di usufruire di welfaresenza contribuire è ridotta. Nel caso dellepensioni anzi spesso hanno contribuitosenza beneficare. In ogni caso il diffondersidelle prestazioni su base universalistica chea mio avviso è auspicabile (non solo sanità,ma assistenza, ammortizzatori sociali e red-dito minimo di inserimento) richiede unapartecipazione di tutti attraverso l’imposi-

zione fiscale. E l’equilibrio dei costi si deveraggiungere non limitando i diritti degliimmigrati, ma combattendo l’evasionefiscale e il lavoro nero, purtroppo entrambitroppo diffusi in Italia, ma non solo per gliimmigrati.D’altra parte in presenza di migrazionibrevi e reversibili, la necessità di integra-zione organica fra i soggetti migranti e icittadini residenti può essere meno pressan-te, mentre diventano centrali politiche atti-ve di sostegno alla mobilità dei migranti, diformazione continua oltre che linguistica(necessaria in ogni caso), di mantenimentodei legami con le comunità di provenienza.Inoltre si riduce quel rischio di “drenaggiodei cervelli” che è già in atto e che potrebbeimpoverire gli stessi Paesi dell’Est in caso diperdita senza ritorno di molta manodoperagiovane e qualificata.È difficile immaginare che la decisionedell’Unione Europea di imporre una mora-toria all’immigrazione dall’Est possa essererimessa in discussione a breve. Ma essa puòvenire superata dalle decisioni degli Statinazionali, che sono competenti a decidereanche in questa materia. Proprio la conside-razione dei caratteri dell’immigrazione

NON CI SARANNO INVASIONI BARBARICHE

Anche se la regolazione

generale del fenomeno

migratorio continua

ad essere competenza

delle autorità nazionali,

buona parte delle

politiche di gestione è

passata ormai

a regioni e comuni

_È necessario valorizzare le potenzialità positive dell’im-

migrazione come risorsa per la nostra economia.

Ciò può avvenire privilegiando la ricerca di un’immigra-

zione di qualità, con alta scolarizzaione e professionalità

specifiche, come già avviene in alcuni Paesi

57

dell’Est ha indotto la Gran Bretagna a libe-ralizzare subito gli accessi migratori dainuovi Paesi. Svezia e Irlanda hanno pureliberalizzato e altri Paesi stanno valutandose ridurre il periodo di moratoria rispetto alminimo comunitario (di due anni). Il nostroPaese si trova ancora una volta in posizioneambigua; e sembra voler mantenere ilperiodo di moratoria, senza valutare l’in-tensità dei propri rapporti con molti deinuovi Paesi dell’allargamento. La dimensio-ne degli interscambi di merci e di personeesistenti fra il nostro Paese e quelli confi-nanti è destinata ad aumentare con l’allar-gamento; cosicché appare irrealistico, primache politicamente sbagliato, pensare di fre-narne le implicazioni sui flussi migratori.Purtroppo la nostra legislazione recente, lacosiddetta Bossi Fini, non è utile a unagestione positiva del fenomeno migratorionon solo dall’Est; ed è auspicabile che vengacambiata subito.Le restrizioni agli accessi e alla durata deicontratti di lavoro scoraggiano una immi-grazione di qualità e ne ostacolano l’inte-grazione sociale. Al contrario favoriscono leevasioni e l’illegalità, nient’affatto contra-stabili con la minaccia di sanzioni.L’esperienza di tanti Paesi conferma comel’adozione di politiche restrittive e repressi-ve tanto formalmente pesanti quantosostanzialmente inapplicabili, sia poco effi-cace e controproducente (più strette lequote più frequenti le sanatorie). Nellostesso tempo indicano la praticabilità di unmix di politiche diverse che possono esserepiù utilmente applicabili proprio per unaemigrazione come quella proveniente daivicini Paesi dell’Est.Si tratta di valorizzare le potenzialità posi-tive dell’immigrazione come risorsa per lanostra economia e come opportunità per iPaesi di origine. Tale obiettivo richiedeanzitutto di privilegiare la ricerca di unaimmigrazione di qualità, contribuendo adalzare la professionalità media degli immi-grati e orientandone i flussi nelle aree, neisettori e nelle professionalità dove possonocombinarsi utilmente con la domanda delnostro mercato del lavoro, sostenendo taliflussi con la formazione continua, con poli-tiche di accompagnamento finalizzate allamobilità e insieme attente alle esigenze diintegrazione dei diversi gruppi di soggetti edelle loro famiglie.

CANTIERE EUROPA

Con

tras

to (

3)

58

Il perseguimento di questo obiettivo puòavvalersi di forme non rigide ma flessibilidi quote, sia per l’accesso di immigrati siaper bilanciare il loro numero con quello deicongiunti, e può richiedere criteri preferen-ziali per l’ammissione tanto più efficaci inquanto stabiliti d’intesa con i Paesi d’origi-ne.Anche queste intese si possono arricchire dicontenuti complessi: di gestioni bilateralidei flussi, di reclutamento concordato neiluoghi di origine, di riconoscimento dei cre-diti formativi ottenuti negli stessi Paesi, disostegno alla formazione e al mantenimen-to di legami attivi fra gli immigrati e lecomunità di provenienza, ecc.. Queste poli-tiche attive bilaterali possono essere parti-colarmente utili per quella immigrazionenon definitiva che sta caratterizzando iflussi da molti Paesi del vicino Est.Anche i contratti temporanei possono esse-re utili a bilanciare diverse esigenze: a cor-relare meglio il numero degli immigrati ele loro professionalità con i fabbisogni cicli-ci e settoriali delle nostre economie e insie-me a permettere la persistenza dei legamifra gli stessi emigrati e i Paesi di originecontrastando il rischio di illegalità e favo-rendo l’accumulazione di capitale umanoutilizzabile nei paesi di origine.Una simile politica richiede una gestioneattiva dei mercati del lavoro di partenza e diarrivo lontana sia dalle illusioni del laisserfaire sia dalla preferenza dei contratti pre-cari favoriti dalla Bossi-Fini.Si tratta di processi non facili e di lungoperiodo, anche oltre la prima generazione diimmigrati, che richiedono sforzi convergen-ti delle parti sociali e delle istituzioni.Queste hanno responsabilità primaria percreare le condizioni strutturali favorevoli auna immigrazione di qualità e alla integra-zione di competenze linguistiche, al ricono-scimento di fondamentali diritti di cittadi-nanza e di welfare; mentre le parti sonodecisive nel favorire l’ottimizzazione delmix professionale e le condizioni di lavorodegli immigrati nonché nel contrastare l’il-legalità.Anche se la regolazione generale del feno-meno migratorio continua ad essere compe-tenza delle autorità nazionali in Italia(come altrove), buona parte delle politichedi gestione, da quelle del mercato del lavo-ro, a quelle dell’accoglienza e della integra-

zione, è passata ormai nelle responsabilitàlocali e regionali.L’intensificazione dei rapporti conseguentidell’allargamento richiede una loro piùdiretta assunzione di responsabilità; la loroiniziativa può essere decisiva nel promuo-vere forme di gestione bilaterale attiva deiflussi migratori con le vicine regionidell’Est, tanto più per le caratteristichesopra ricordate che li contraddistinguono.L’iniziativa congiunta delle regioni piùdirettamente coinvolte nella gestione del-l’immigrazione, potrebbe esercitare altresìuna pressione sulle autorità nazionali perridurre o abolire il periodo di moratoriaprevisto in sede europea: il che dovrebbeportare a una liberalizzazione concordata eanticipata dei flussi, in parallelo con lamessa in opera dei necessari accordi bilate-rali. In prospettiva potrebbe fornire ulterio-ri argomenti per superare i limiti insiti nel-l’impostazione della legislazione nazionalein materia e a sostenere buone politichecomuni all’Europa.

NON CI SARANNO INVASIONI BARBARICHE