La prima volta del Kgb - eastwest.eu · RUSSIA . 3 Loscorso 29 novembre, a Sofia, un organismo dal...

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Recentemente è stato reso accessibile un memorandum del Kgb sulle Brigate rosse, tra i tanti redatti dai servizi segreti sovietici sul terrorismo italiano. delle conquiste democratiche” e “ha rinunciato alle for- me di lotta armata”. Questo “elemento di opportunismo nell’azione del Pci ha influito decisamente sull’ideologia e sulla posizione politica di coloro che erano pronti a dare la vita per il fu- turo socialista dell’Italia e li ha disarmati politicamente, spingendoli sulla via del terrorismo”. Con l’assunzione, verso la metà degli anni Settanta, di un “carattere di massa” del terrorismo, si è così manife- stato “l’interesse di determinate forze politiche nell’usare il terrori- smo al servizio dei propri interessi politici, indirizzarlo nell’alveo del- la lotta contro il Pci”. In questo sen- so si sarebbero mossi i servizi se- greti, operando in maniera seletti- va, reprimendo alcuni gruppi e la- sciando mano libera ad altri. econdo il Kgb l’utilizzo del terrorismo è legato ai cam- biamenti nella scena politi- ca italiana: infatti “si nota una spic- cata regolarità nel fatto che il netto aumento del numero degli atti di terrorismo si verifica precisamente in quei momenti nei quali il Pci po- ne la questione di un ingresso dei comunisti nel governo”. Questo, in sintesi, il memoran- dum del Kgb. Ancora una volta le carte provenienti dagli archivi de- gli ex Paesi comunisti non hanno suffragato quella vasta letteratura fiorita in Italia che allude a regie straniere del terrorismo italiano, creando una vera e propria scuola di dietrologia. La documentazione fino ad oggi disponibile non fa cer- to pensare a una “eterodirezione” ti recentemente a Sofia, emergono piuttosto ingenuità e approssimazioni sulla lettura del- la situazione politica italiana negli anni Set- tanta. . di Fernando Orlandi 24 . east . europe and asia strategies numero 34 . febbraio 2011 . 25 La prima volta del Kgb sulle Brigate rosse Per anni si è pensato che dietro al terrorismo rosso italiano potessero nascondersi le trame del controspionaggio russo. . Ma i documenti a disposizione e le risultanze processuali ten- dono a escludere responsabilità di Mosca. . Anzi, tra i documenti ufficiali del Kgb resi no- RUSSIA . 3 L o scorso 29 novembre, a Sofia, un organismo dal no- me infinito e dall’acronimo impronunciabile – la Commissione per la divulgazione dei documenti e l’annuncio dell’affiliazione di cittadini bulgari con la Si- curezza di Stato e i Servizi di intelligence dell’Esercito nazionale bulgaro – ha “declassificato” e fatto circolare fra gli studiosi una serie di documenti sul terrorismo in- ternazionale conservati negli archivi bulgari. Una sorta di assaggio, perché a marzo verranno rilasciate altre 3mi- la pagine. Fra i documenti divenuti accessibili se ne tro- vano alcuni che riguardano l’Italia, e tra questi un memo- randum del Kgb dell’Unione Sovietica sulle Brigate ros- se. Un testo di dieci pagine dattiloscritte, redatto nel 1980 e inviato alle dirigenze dei servizi di sicurezza degli altri Paesi del Patto di Varsavia. Si tratta del primo documen- to del Kgb sul terrorismo italiano divenuto accessibile. Alla lettura del testo l’analisi si rivela povera, segnata da ingenuità e stereotipi ideologici, a discapito dei fatti: non viene affatto colta la complessità della situazione ita- liana nel 1979-80. Secondo il Kgb in Italia il terrorismo ha preso vita alla fine degli anni Sessanta perché in quel periodo si è avu- to un “notevole rafforzamento delle forze politiche di si- nistra, del Pci”. La destra, con il sostegno di Washington e con l’obiettivo di “imporre un regime autoritario alla guida del Paese”, si è appoggiata alle forze armate e a quelle di polizia, per “riportare indietro il Paese ai tem- pi del fascismo”. Per questo il Pci deve essere pronto al- le situazioni di illegalità, al ritorno “alla lotta clandesti- na”. Invece il partito italiano “non è riuscito ad elabora- re un programma costruttivo per un ulteriore sviluppo sovietica del terrorismo italiano, neppure per interposto Stato. E nello stesso senso vanno tutte le acquisizioni giu- diziarie e le sentenze dei processi. Era comunque un’ipotesi legittima: in certi momenti la Guerra fredda è stata anche decisamente “calda”, com- battuta da ambo le parti senza esclusione di colpi. In al- cuni casi il nemico del mio nemico, non importa quan- to poco presentabile esso fosse, diventava un amico. Non ci si poteva non interrogare sull’eventualità che l’Unio- Il momento dell’arresto del brigatista Renato Curcio. L S Ansa / Corbis

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Recentemente è stato reso accessibile

un memorandum del Kgb

sulle Brigate rosse, tra i tanti

redatti dai servizi segreti sovietici

sul terrorismo italiano.

delle conquiste democratiche” e “ha rinunciato alle for-me di lotta armata”.

Questo “elemento di opportunismo nell’azione del Pciha influito decisamente sull’ideologia e sulla posizionepolitica di coloro che erano pronti a dare la vita per il fu-turo socialista dell’Italia e li ha disarmati politicamente,spingendoli sulla via del terrorismo”.

Con l’assunzione, verso la metà degli anni Settanta, diun “carattere di massa” del terrorismo, si è così manife-stato “l’interesse di determinateforze politiche nell’usare il terrori-smo al servizio dei propri interessipolitici, indirizzarlo nell’alveo del-la lotta contro il Pci”. In questo sen-so si sarebbero mossi i servizi se-greti, operando in maniera seletti-va, reprimendo alcuni gruppi e la-sciando mano libera ad altri.

econdo il Kgb l’utilizzo delterrorismo è legato ai cam-biamenti nella scena politi-

ca italiana: infatti “si nota una spic-cata regolarità nel fatto che il nettoaumento del numero degli atti diterrorismo si verifica precisamentein quei momenti nei quali il Pci po-ne la questione di un ingresso deicomunisti nel governo”.

Questo, in sintesi, il memoran-dum del Kgb. Ancora una volta lecarte provenienti dagli archivi de-gli ex Paesi comunisti non hannosuffragato quella vasta letteraturafiorita in Italia che allude a regiestraniere del terrorismo italiano,creando una vera e propria scuoladi dietrologia. La documentazionefino ad oggi disponibile non fa cer-to pensare a una “eterodirezione”

ti recentemente a Sofia, emergono piuttosto

ingenuità e approssimazioni sulla lettura del-

la situazione politica italiana negli anni Set-

tanta. . di Fernando Orlandi

24 . east . europe and asia strategies numero 34 . febbraio 2011 . 25

La prima volta del Kgbsulle Brigate rossePer anni si è pensato che dietro al terrorismo rosso italiano potessero nascondersi le trame del

controspionaggio russo. . Ma i documenti a disposizione e le risultanze processuali ten-

dono a escludere responsabilità di Mosca. . Anzi, tra i documenti ufficiali del Kgb resi no-

RUSSIA . 3

Lo scorso 29 novembre, a Sofia, un organismo dal no-me infinito e dall’acronimo impronunciabile – laCommissione per la divulgazione dei documenti e

l’annuncio dell’affiliazione di cittadini bulgari con la Si-curezza di Stato e i Servizi di intelligence dell’Esercitonazionale bulgaro – ha “declassificato” e fatto circolarefra gli studiosi una serie di documenti sul terrorismo in-ternazionale conservati negli archivi bulgari. Una sortadi assaggio, perché a marzo verranno rilasciate altre 3mi-la pagine. Fra i documenti divenuti accessibili se ne tro-vano alcuni che riguardano l’Italia, e tra questi un memo-randum del Kgb dell’Unione Sovietica sulle Brigate ros-se. Un testo di dieci pagine dattiloscritte, redatto nel 1980e inviato alle dirigenze dei servizi di sicurezza degli altriPaesi del Patto di Varsavia. Si tratta del primo documen-to del Kgb sul terrorismo italiano divenuto accessibile.

Alla lettura del testo l’analisi si rivela povera, segnatada ingenuità e stereotipi ideologici, a discapito dei fatti:non viene affatto colta la complessità della situazione ita-liana nel 1979-80.

Secondo il Kgb in Italia il terrorismo ha preso vita allafine degli anni Sessanta perché in quel periodo si è avu-to un “notevole rafforzamento delle forze politiche di si-nistra, del Pci”. La destra, con il sostegno di Washingtone con l’obiettivo di “imporre un regime autoritario allaguida del Paese”, si è appoggiata alle forze armate e aquelle di polizia, per “riportare indietro il Paese ai tem-pi del fascismo”. Per questo il Pci deve essere pronto al-le situazioni di illegalità, al ritorno “alla lotta clandesti-na”. Invece il partito italiano “non è riuscito ad elabora-re un programma costruttivo per un ulteriore sviluppo

sovietica del terrorismo italiano, neppure per interpostoStato. E nello stesso senso vanno tutte le acquisizioni giu-diziarie e le sentenze dei processi.

Era comunque un’ipotesi legittima: in certi momentila Guerra fredda è stata anche decisamente “calda”, com-battuta da ambo le parti senza esclusione di colpi. In al-cuni casi il nemico del mio nemico, non importa quan-to poco presentabile esso fosse, diventava un amico. Nonci si poteva non interrogare sull’eventualità che l’Unio-

Il momento dell’arresto del brigatista Renato Curcio.

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settembre 1974 (venti giorni dopo la conferenza stampa),proveniente dal Centro Cs (controspionaggio) di Bolognao quello dell’Ufficio D del marzo 1975, secondo cui Fran-ceschini aveva soggiornato in Cecoslovacchia dal giugno1973 al giugno 1974, ospite del campo di addestramen-to di Lidice, una località della Boemia centrale, a menodi 30 chilometri da Praga. Va comunque tenuto presenteche già nel maggio 1973, nel corso di un battibecco al Se-nato fra il dirigente del Pci Paolo Bufalini e l’allora pre-sidente del consiglio Giulio Andreotti, quest’ultimo ave-va fatto un cenno alla Cecoslovacchia.

Il generale Jan SejnaQualche anno dopo vengono apparentemente a confer-mare la pista cecoslovacca le rivelazioni del generale Jan

Sejna, un uomo legato a Antonin Novotny, il capo delPartito comunista cecoslovacco, che dovette lasciare ilposto a Alexander Dubcek. Più che defezionare, in real-tà, Sejna fugge dalla Cecoslovacchia, riparando in Occi-dente per evitare un arresto per crimini comuni. Il 25 feb-braio 1968, con la propria automobile, lascia il Paese. ViaJugoslavia arriva a Trieste e poi raggiunge Roma, dovechiede asilo all’ambasciata americana. Il 28 è già negliStati Uniti. Un alto ufficiale che lo conobbe, alludendoalle sue posizioni politiche antiriformatrici, ebbe a dire:«Pensammo fosse scappato a Mosca».

opo oltre dieci anni di vita a Rockville, una cit-tadina satellite di Washington, Sejna confida aMichael A. Ledeen di avere a suo tempo avuto

informazioni su un certo numero di italiani addestratinel suo paese dal Gru, il servizio segreto militare del-l’Urss. Fra questi vi sarebbe stato anche Fabrizio Pelli.Dopo avere informato Francesco Cossiga, all’epoca pre-sidente del Consiglio dei ministri, Ledeen nel 1980 di-vulga le affermazioni di Sejna in una serie di articoli pub-blicati dal Giornale. Secondo Sejna Pelli era stato istrui-to a Doupov, una base di addestramento dell’aviazionemilitare cecoslovacca, nel biennio 1966-67. Il raccontodi Sejna è poi ripreso in un rapporto del Sismi del mar-zo 1982.

Nelle informative del Sid si è a lungo speculato su Pel-li addestrato in Cecoslovacchia. Il giovane, dall’aprile1973 al maggio 1974, avrebbe anche lavorato a Radio Pra-ga e al Rudé právo, il quotidiano del partito ceco. Un’oc-chiata ai dati anagrafici avrebbe risolto molti problemi.Pelli nasce a Reggio Emilia l’11 luglio 1952. Nel 1966aveva dunque 14 anni.

Dalle indagini degli organi di polizia, dalle inchiestedella magistratura e dalla pubblicistica disponibile co-nosciamo molte cose della sua biografia: precario, stu-dente-lavoratore, proprio per la sua condizione persona-le fece rapidamente la scelta della clandestinità. Nel pe-riodo in cui si asseriva la sua presenza a Praga è semprerimasto in Italia, nelle grandi città del Nord, tra Milanoe il Triveneto, in particolare a Marghera. Peraltro non co-nosceva nessuna lingua straniera.

Le “rivelazioni” di Sejna hanno invece più a che farecon un caso umano o clinico. Quando non ebbe più unruolo di spicco da svolgere negli Stati Uniti, Sejna non sirassegnò alla naturale parabola della sua esistenza e ini-

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le che nei giorni del rapimento di Aldo Moro si giunse avalutare seriamente qualcosa che avrebbe dovuto essere,tutto sommato, inconcepibile: l’allora commissario An-tonio Frattasio, ascoltato nel luglio 1998 dalla Commis-sione Stragi, rivelò che alla Questura di Roma si era arri-vati a pensare a un’operazione militare contro l’amba-sciata cecoslovacca, e poco ci mancò che la sede diplo-matica venisse presa d’assalto.

La pista cecoslovacca era emersa alcuni anni prima.Quando, nel settembre 1974, a Pinerolo vennero arresta-ti i brigatisti Renato Curcio e Alberto Franceschini, l’al-lora capitano dei carabinieri Gustavo Pignero, del Nu-cleo antiterrorismo del generale Carlo Alberto DallaChiesa, “rivelò” nel corso di una conferenza stampa che“Franceschini era arrivato qualche giorno prima da Pra-ga”. Non era vero, l’inganno serviva a proteggere l’infil-trato Silvano Girotto, ma non funzionò. Per “coprirlo”,ha osservato Vincenzo Tessandori, venne “inviato allamagistratura un falso rapporto con la ricostruzione deimovimenti di Franceschini negli ultimi mesi”. Per que-sto, subito dopo l’arresto, La Stampa scrisse che France-schini “era stato seguito in diversi viaggi” che “avevacompiuto in alcuni Paesi dell’Est”.

A quel punto la falsa indiscrezione messa in circola-zione iniziò a vivere di vita propria, trovando “riscontri”in confidenti di evidente dubbio valore e traducendosiin vari appunti del Servizio informazioni Difesa (Sid), ilprecursore del Sismi, come quello recante la data del 30

ne Sovietica e i Paesi del Patto di Varsavia avessero inqualche modo favorito il terrorismo italiano. Inoltre leindiscrezioni su una supposta pista cecoslovacca risal-gono a oltre trentacinque anni fa. Ci fu una copertura,una collusione? Qualche autore ha addirittura sostenu-to che in determinati momenti ci si trovò in presenza diuna eterodirezione del terrorismo italiano, in particola-re per le Brigate rosse, da parte del Kgb sovietico.

Le vicende del nostro Paese e in particolare l’affaireMoro sono state oggetto di numerose rivisitazioni che, aseconda dell’autore, puntano l’indice verso un compo-sito panorama di burattinai, dai servizi segreti nostranipiù o meno deviati, a quelli di Mosca e Washington, sen-za dimenticare un piccolo ruolo per Israele. Il brigatistaMario Moretti sarebbe stato “una pedina della politicasovietica in Italia e sempre del tutto in mano alla Dire-zione strategica eterodiretta da Praga”. Insomma, la vi-cenda Moro avrebbe conosciuto una solida e precisa “re-gia cecoslovacco-sovietica”. I misteri affascinano il pub-blico e godono di un certo successo editoriale, che pur-troppo, però, non viaggia in parallelo alla ricerca dellaverità. Soprattutto queste tesi non sono supportate daprove adeguate. Resta pertanto valida l’osservazione diVictor Zaslavsky: “Finché non sarà disponibile una do-cumentazione specifica in proposito, non sembra averefondamento il tentativo di spiegare il terrorismo italianocome un fenomeno eterodiretto”.

La pista cecoslovaccahe i cecoslovacchi avessero a che fare con le Brera convinzione condivisa in molti ambienti go-vernativi. Lo stesso Aldo Moro, pur non avendo-

ne le prove, riteneva che il terrorismo italiano fosse so-stenuto da alcuni Stati del blocco sovietico, “con ogniprobabilità attraverso la Cecoslovacchia”, come ebbe adire all’ambasciatore statunitense Richard Gardner il 5novembre 1977. In un documento del Comitato esecuti-vo per i servizi di informazione e sicurezza (Cesis), risa-lente alla fine del 1979, si legge che “a Milano e a Romarisiedono elementi italiani del servizio segreto cecoslo-vacco di contatto con i vari gruppi terroristici”. Questiselezionano persone, successivamente “avviate a veri epropri corsi paramilitari, in Cecoslovacchia o in altroPaese”, che al termine dell’addestramento “fanno ritor-no in Italia”.

L’attenzione verso la Cecoslovacchia fu comunque ta-

Un volantino distribuito dalle Brigate rosse

durante il rapimento di Aldo Moro, politico e statista,

cinque volte presidente del Consiglio dei ministri

e presidente della Democrazia Cristiana.

La prima pagina del Corriere della Sera

dell’11 maggio 1978: l’omicidio di Moro

e le dimissioni del ministro dell’Interno

Francesco Cossiga.

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La lettura dei documenti del Kgb

sul terrorismo italiano

resi pubblici,

rivela un’analisi

del fenomeno povera,

segnata da ingenuità

e stereotipi ideologici.

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i trattava di documentazio-ne proveniente dal Primodirettorato del ministero

dell’Interno. I fascicoli più vecchiraccoglievano richieste dall’Amba-sciata d’Italia, che reagiva a indica-zioni dell’autorità giudiziaria viaministero di Grazia e giustizia echiedeva informazioni. Altri fasci-coli collazionavano informazionigeneraliste, provenienti da fontiaperte e da strutture dei servizi ce-chi, compresi gli agenti a Roma. Lerelazioni interne indicano l’assenzadi qualsiasi rapporto con le Br. Altra

documentazione riguarda le “campagne anticecoslovac-che” messe in atto dalla stampa italiana. Si tratta di fa-scicoli aperti nella seconda metà degli anni Settanta apartire dalla pubblicazione di articoli, ad esempio quel-li del Settimanale. Non una sola carta d’archivio lasciaintendere un legame operativo o pratico con i brigatisti.

Ci sono ancora documenti che attendono di essere de-classificati, ma fino ad oggi non è emersa alcuna eviden-za sulla pista cecoslovacca o su una regia moscovita delterrorismo italiano. A dispetto di questo, continuano aproliferare le tesi dietrologiche. .

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ziò invece a fornire “informazioni” che non trovaronomai alcun riscontro, suscitando invece grande clamore,da quelle sui prigionieri di guerra americani sottoposti aesperimenti medici, alla rivelazione del grande complot-to moscovita per annichilire l’Occidente sommergendo-lo di stupefacenti. Anche le sue “rivelazioni” sull’adde-stramento di terroristi italiani in Cecoslovacchia appar-tengono a questo filone fantasioso.

Chi scrive, nel 2006, assieme ad alcuni esponenti delCentro studi sulla storia dell’Europa orientale, ebbe l’op-portunità di visionare a Praga carte sul terrorismo italia-no che all’epoca non erano ancora declassificate.