I “Ponti pensili” nella Valle di Kathmandu...

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10 N. 7 - 2009 Con la conquista del potere da parte della fami- glia Rana intorno alla metà dell’Ottocento, il Ne- pal iniziò un nuovo corso caratterizzato da profonde innovazioni stilistiche e tecnologiche. La politica dei Rana consolidò ulteriormente l’isola- mento del paese ed instaurò stretti rapporti con la Gran Bretagna, i quali favorirono l’introduzione nel paese dello stile anglo-indiano nell’architettu- ra, da tempo affermatosi nella vicina India. Con tale stile vennero costruiti nuovi e grandiosi pa- lazzi residenziali, isolati in ampi giardini e arredati internamente con suppellettili provenienti dall’Eu- ropa (1). Anche l’antico palazzo reale di Kath- mandu venne ampliato con tale stile. Ma le inno- vazione apportate dai Rana non si limitarono alla costruzione di nuove residenze ma si estesero a livello urbano con la realizzazione di nuove stra- de, ampi spazi pubblici, dighe, acquedotti e ponti. Durante questo periodo vennero rinnovati lungo il corso della Bagmati, il fiume che attraversa la Valle, i ghat. Queste opere, di notevole importan- za socio-religiosa nella vita culturale della popo- lazione, si caratterizzano per una successione di scalee lungo le sponde del fiume che discendono verso l’acqua dove l’uomo si reca per compiere riti e abluzioni. Sempre lungo il corso del fiume vennero co- struite varie dighe, la prima di queste raccoglie le acque del fiume Bagmati del suo percorso mon- tano per poi essere incanalate in un lunghissimo tubo in ghisa fino ai piedi della collina nei pressi del villaggio di Sundarjal, dove vengono depura- te, e poi inviate a Kathmandu. Altri sbarramenti sul fiume sono stati realizzati a Gokarna, luogo importante per il complesso templare qui situato prima di una stretta gola rocciosa, e a Pashupati- nath, uno dei luoghi più sacri e frequentati, cono- sciuti anche fuori dal Nepal. Scopo di tali chiuse, oltre a regimare lo scorrimento delle acque del fiume, avevano l’obiettivo di creare degli ampi specchi d’acqua nei due luoghi sacri dove, oltre ai complessi templari, si trovano dei ghat. Di tutte queste opere quelle che si distinguono maggiormente sotto il profilo tecnico e tecnologi- co furono la costruzione di ponti sospesi, fortuna- tamente ancor oggi conservati. Tali ponti hanno la loro origine concettuale nelle antiche opere largamente diffuse nella regione hi- malayana, dal Ladakh al Nepal al Sikkim, Buthan e Tibet. Ne sono testimonianza le descrizioni di I “Ponti pensili” nella Valle di Kathmandu (Nepal) Valerio SESTINI Nel corso dell’Ottocento, con l’ascesa al potere della famiglia Rana (1845-1951), numerose furono le opere innovative nella valle di Kathmandu sotto la spinta di quanto avveniva in India ed in Europa, sia a livello urbano che architettonico, nonché tecnico e tecnologico. Con la costruzione di nuovi palazzi, venne introdotto un nuovo stile, lo stile neoclassico. Questi furono inseriti in grandi parchi e giardini, arredati con mobili di stile europeo e lo stesso costume di vita si adeguò al nuovo corso. Numerose furono le nuove opere a carattere pubblico, sia con l’apertura di strade a Kathmandu o la creazione di ampi spazi per manifestazioni, il restauro dei grandi opere, come i ghat cittadini sulle sponde del fiume Bagmati, la regimazione delle acque di questo lungo il suo percorso, la realizzazione di ponti e acquedotti. Parole chiave: NEPAL, KATHMANDU, PONTI. Fig. 1 - Ponte di radici e rami in Sikkim (da J.D. HOOKER, Hima- layan Journals, Londra, 1893) Fig. 2 - Ponte di canne sul Rungeet presso Dajeerling (India) (da C. D’ALVIELLA, Inde et Himalaya, Parigi, 1877) (1) BONAPACE C., SESTINI V., L’architettura nepalese nel periodo Gurkhali, in “bollettino ingegneri”, n° 10, Firenze, 2000.

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Con la conquista del potere da parte della fami-glia Rana intorno alla metà dell’Ottocento, il Ne-pal iniziò un nuovo corso caratterizzato daprofonde innovazioni stilistiche e tecnologiche. Lapolitica dei Rana consolidò ulteriormente l’isola-mento del paese ed instaurò stretti rapporti con laGran Bretagna, i quali favorirono l’introduzionenel paese dello stile anglo-indiano nell’architettu-ra, da tempo affermatosi nella vicina India. Contale stile vennero costruiti nuovi e grandiosi pa-lazzi residenziali, isolati in ampi giardini e arredatiinternamente con suppellettili provenienti dall’Eu-ropa (1). Anche l’antico palazzo reale di Kath-mandu venne ampliato con tale stile. Ma le inno-vazione apportate dai Rana non si limitarono allacostruzione di nuove residenze ma si estesero alivello urbano con la realizzazione di nuove stra-de, ampi spazi pubblici, dighe, acquedotti e ponti.Durante questo periodo vennero rinnovati lungo ilcorso della Bagmati, il fiume che attraversa laValle, i ghat. Queste opere, di notevole importan-za socio-religiosa nella vita culturale della popo-lazione, si caratterizzano per una successione discalee lungo le sponde del fiume che discendonoverso l’acqua dove l’uomo si reca per compiereriti e abluzioni.

Sempre lungo il corso del fiume vennero co-struite varie dighe, la prima di queste raccoglie leacque del fiume Bagmati del suo percorso mon-tano per poi essere incanalate in un lunghissimotubo in ghisa fino ai piedi della collina nei pressidel villaggio di Sundarjal, dove vengono depura-te, e poi inviate a Kathmandu. Altri sbarramentisul fiume sono stati realizzati a Gokarna, luogoimportante per il complesso templare qui situatoprima di una stretta gola rocciosa, e a Pashupati-nath, uno dei luoghi più sacri e frequentati, cono-sciuti anche fuori dal Nepal. Scopo di tali chiuse,oltre a regimare lo scorrimento delle acque delfiume, avevano l’obiettivo di creare degli ampispecchi d’acqua nei due luoghi sacri dove, oltreai complessi templari, si trovano dei ghat.

Di tutte queste opere quelle che si distinguonomaggiormente sotto il profilo tecnico e tecnologi-co furono la costruzione di ponti sospesi, fortuna-tamente ancor oggi conservati.

Tali ponti hanno la loro origine concettuale nelleantiche opere largamente diffuse nella regione hi-malayana, dal Ladakh al Nepal al Sikkim, Buthane Tibet. Ne sono testimonianza le descrizioni di

I “Ponti pensili” nella Valle di Kathmandu (Nepal)

Valerio SESTINI

Nel corso dell’Ottocento, con l’ascesa al potere della famiglia Rana (1845-1951), numerose furono leopere innovative nella valle di Kathmandu sotto la spinta di quanto avveniva in India ed in Europa, sia alivello urbano che architettonico, nonché tecnico e tecnologico.

Con la costruzione di nuovi palazzi, venne introdotto un nuovo stile, lo stile neoclassico. Questi furonoinseriti in grandi parchi e giardini, arredati con mobili di stile europeo e lo stesso costume di vita si adeguòal nuovo corso.

Numerose furono le nuove opere a carattere pubblico, sia con l’apertura di strade a Kathmandu o lacreazione di ampi spazi per manifestazioni, il restauro dei grandi opere, come i ghat cittadini sulle spondedel fiume Bagmati, la regimazione delle acque di questo lungo il suo percorso, la realizzazione di ponti eacquedotti.

Parole chiave: NEPAL, KATHMANDU, PONTI.

Fig. 1 - Ponte di radici e rami in Sikkim (da J.D. HOOKER, Hima-layan Journals, Londra, 1893)

Fig. 2 - Ponte di canne sul Rungeet presso Dajeerling (India) (daC. D’ALVIELLA, Inde et Himalaya, Parigi, 1877)

(1) BONAPACE C., SESTINI V.,L’architettura nepalese nel periodoGurkhali, in “bollettino ingegneri”, n°10, Firenze, 2000.

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viaggiatori, studiosi e religiosi del ‘700 e del seco-lo successivo, le quali spesso sono corredate an-che da disegni e schizzi, mentre molte delle pub-blicazioni effettuate in tempi più recenti numerosesono le immagini fotografiche. I ponti descritti nel-la letteratura sette-ottocentesca illustrano ponti acatene di ferro o in fibra vegetale, questi ultimioramai scomparsi (2). Nel loro insieme un patri-monio tecnico-culturale di questa estesa regioneorientale.

La più antica testimonianza è dovuta al padregesuita Kircher, contenuta nella sua opera Chinaillustrata del 1667 in cui, nel capitolo De pontibusreliqisque prodigiosis Sinensium fabricis, ne de-scrive uno realizzato con “crassisimis ferreis cate-nis ad annulos”(3). Di questo ponte ne tentò una ri-costruzione grafica nel 1735 lo Schramm (4) trami-te un disegno che, come la descrizione del Kircker,appare alquanto fantasioso sia nella sua realizza-zione che nell’ambiente di inserimento.

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ottenute dall’intreccio di sottili elementi vegetali. Aquesto argomento dedica il capitolo IV del LibroII: De’ fiumi del Thibet e loro barche e ponti. Il De-sideri illustra minuziosamente il sistema di realiz-zazione di queste opere, individuandone conchiarezza tutti gli elementi costituenti la struttura,i materiali impiegati, il modo corretto e meno peri-coloso per attraversarli, notando infine anche glieffetti che sorgono al passaggio di persone (6).

Esaurienti descrizioni di opere analoghe, realiz-zate nelle valli himalayane, si hanno attraverso gliscritti lasciati da missionari cattolici che si recaro-no, fin dall’inizio del Settecento, a Lhasa in Tibet.

Nel “Giornale” di Padre Cassiano da Macerata,un padre cappuccino, sono contenute le sue os-servazioni sul Tibet effettuate tra il 1736 ed il 1738.Nella redazione dei suoi scritti padre Cassiano sidimostra un valente etnografo e geografo, nono-stante la mancanza di una specifica preparazionedi carattere scientifico. Nel viaggio tra Kathmandu,in Nepal, e Lhasa, nel traversare la catena hima-layana, ha occasione di attraversare numerosiponti dei quali uno sospeso realizzato con “duegrosse catene di 156 anelli di ferro di forma bislun-ga, lungo ciascuno più di un piede” (5).

Ma una maggiore documentazione sui ponti ti-betani ci perviene tramite il padre gesuita IppolitoDesideri che ha lasciato una vasta testimonianzasui ponti osservati. Questa è contenuta sia nelle“Lettere”, inviate in più riprese al Ponteficie ed alPadre Generale dell’Ordine, che nella “Relazio-ne”. Nei vari libri che costituiscono la “Relazione”,il Desideri descrive più volte ponti di tipo sospe-so, sia realizzati con catene di ferro che con funi

Una ulteriore testimonianza di ponti con cateneci perviene dal Turner in relazione ad un ponte inBhutan sul fiume Tehintchieu (7) con due immagi-ni in cui nella prima si ha una visione d’insiemecon l’opera inserita nell’ambiente, mentre la se-conda, rappresentata geometricamente in scala,mostra i principali elementi che compongono l’o-pera. In questa si nota una evoluzione rispetto aquella descritta dal Desideri sia nell’impostazio-ne, che permette una migliore utilizzazione chenei particolari di ancoraggio delle catene.

Tali prime testimonianze, insieme ad altre suc-cessive, sono dovute tutte ad una attenta osser-vazione e dimostrano la notevole diffusione diopere di questo tipo nel Seicento ed oltre. Questesi sono mantenute pressoché inalterate fino anon molti anni orsono quando, notevoli cambia-menti socio-economici, hanno portato ad unaprofonda trasformazione, tanto che su vari fiumisi possono osservare oggi ponti moderni di nuovaconcezione.

Alle antiche relazioni fece riferimento il Naviernella sua “Memoria sui ponti pensili” quando inEuropa, sotto la spinta di nuove esigenze, in par-ticolare dei trasporti, si imposero nuove soluzioni

Fig. 3 - Ponte con catene in una raffigurazione attribuita allo Sch-ramm nella regione cinese dello Yun Nam

Fig. 4 - Ponte a catene in Bhutan sul fiume Tehintchieu (S TUR-NER, Ambasceria al Tibet e al Butan, Milano, 1817)

(2) SESTINI V., Origine dei siste-mi costruttivi dei ponti nelle regionihimalayane e loro evoluzione tipolo-gica e strutturale, in “CostruzioniMetalliche”, n° 6, Milano, 1975.

(3) KIRKER A., China Monumen-tis, Amsterdam, 1667. Il titolo com-pleto dell’opera è China Monumen-tis, quo sacris qua profanis. Necnon variis naturae et artis spectacu-lis, aliarumque rerum memorabiliumArgomentis Illustrata. Amsterdam,1667. La descrizione del ponte acatene si trova nella parte V : De Ar-chitectonica Caeterisque MecanicisArtibus Sinensium.

(4) Una immagine del disegnodello Schramm è contenuta nell’o-pera: MEHRTENS G.C., Eisen-bruckenbau, volume I, Lipsia,1908;Questa immagine si trova nell’operadello Scharamm stesso HistorischeShauplatz edita a Lpsia nel 1735.

(5) PETECH L., I cappuccini mar-chigiani, parte IV, pag. 66.

(6) “Tali ponti sono della manierache segue. Da una banda e dall’al-tra del fiume vi sono o due torri, manon molto alte, o due grosse mura-gli di pietra. A queste torri o mura-glie sono attaccate dall’una parte edall’altra due grosse catene di ferro,distanti l’una dall’altra per lo spaziodi due braccia in croce. A questedue catene principali stanno attac-cate per traverso altre catene sottili,che da una capo sono raccomanda-te alla catena maestra / di man de-stra; dipoi si piegano pendendo al-l’ingiù a maniera d’un grand’arco,indi risalendo dall’altro capo s’attac-cano alla catena maestra di man si-nistra. Queste catene trasversalinon son contigue, ma distanti fra diloro per lo spazio d’un cubito circa.Sopra d’esse, nell’arcata che fannoal fondo, vi son’alcuni travicelli o ta-vole larghe circa un palmo. Il mododi passar / su questi ponti è porre ilpiede sopra le tavole o travicelli,splancar le braccia in croce, e conla man destra e con la sinistra affer-rar ben bene l’un’e e l’altra catenamaestra” (cfr. PETECH L., op. cit.,parte VI, pag. 16).

(7) TURNER S., An account of anEmbassy to the court of the TeshooLama in Tibet, Londra, 1800. Tradu-zione italiana: Ambasceria al Tibet eal Butan, Milano, 1817.

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tecniche negli attraversamenti fluviali di notevoleampiezza. “Antica è l’origine dei ponti pensili; iponti di corde delle cordigliere, e quelli della Chi-na e del Thibet” scrisse il Navier che, dopo avernotato una certa diffusione di ponti a catene negliStati Uniti, proseguì la sua relazione ”Tal sorta dicostruzioni non tarderà ad introdursi in Francia enelle altre parti dell’Europa. Così, per effetto na-turale del progresso delle scienze e delle arti, ve-desi riprodotto presso le nazioni civilizzate unodei più antichi e più semplici ritrovati per valicare ifiumi e le scoscese valli, che era stato lungo tem-po sepolto nell’obblio” (8).

I ponti sospesi costruiti sul fiume Bagmati sonodelle passerelle pedonali con cavi costituiti datrefoli e piloni in struttura reticolare. Questi sonooggi una importante componente del paesaggiofluviale e urbano, oltre a costituire una testimo-nianza storica e tecnica di un periodo della vitadella civiltà nepalese.

Il più ampio di questi collega la città di Kath-mandu con il settore nord-ovest della città diPatan (9). Questo, denominato Kalo Pul o an-che Black Suspension Bridge per il suo colorenero, venne costruito in Francia, a Parigi, com-missionato dal primo ministro Juddha Sumsher,venne inaugurato nel marzo del 1939. L’operasi trova presso Teku Dovan in vicinanza dellaconfluenza del fiume Bagmati con l’affluente Vi-shnumati. Il ponte venne costruito per consenti-re alla popolazione di Kathmandu di raggiunge-re la “Raj Thirta”, un luogo particolarmente sa-cro sulla riva sinistra per la presenza di una sor-gente sulfurea.

L’opera, ad una sola campata di notevole lu-ce, ha le funi di sospensione formate da duegruppi costituiti ciascuno da cinque cavi distinti iquali sostengono due travi parapetto reticolaricon maglie a croce di sant’Andrea collegate traloro, in orizzontale, da una ulteriore trave retico-lare sulla quale si imposta l’impalcato. Il colle-gamento tra i cavi di sospensione e le travi reti-colari irrigidenti sono in ferro tondo. Mentre ledue travi parapetto tendono ad impedire leoscillazioni verticali, quelle orizzontali sonoostacolate da cavi posti nel piano alla stessaquota dell’impalcato e formano un catenaria an-corata alle rive opposte su ampie spalle in mu-ratura di mattoni a vista. Queste fanno partedelle opere di accesso al ponte e al sottostanteghat. Sulla sponda destra è inserita una lapidein pietra che ricorda la costruzione dell’operastessa.

Di notevole imponenza ed altezza sono i dueportali sulle rive opposte costituiti da due piloniinclinati in struttura reticolare che si congiungo-no ad una certa altezza formando una strutturaunica molto rigida. Le aste di questi sono colle-gate tra loro da bulloni. Le funi portanti si ap-poggiano sui piloni mediante selle ricurve e siancorano in apposite strutture murarie di zavor-ramento.

Fig. 5 a, b, c, - Ponte sulla Bagmati presso Teku Dovan

(8) NAVIER L., Rapport a Mr Bec-quey et memoire sur les ponts su-spendus, Parigi, 1823. Traduzioneitaliana a cura dell’ing. Corti, Milano,1840.

(9) Tra il XIV secolo e la metà delSettecento nella Valle vi erano trestati indipendenti dei quali le capitalierano Kathmandu, Patan e Bhakta-pur.

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Altri attraversamenti fluviali di tipo sospeso sul-la Bagmati si trovano più a sud. Il primo di questiattraversa il fiume all’altezza delle città di Patan eKirtipur, il secondo attraversa la gola di Chobarpresso Jalbynayak e consentendo un collega-mento tra i villaggi di Chobar e di Saibu Banjyanposti su colline opposte. Queste due opere sonosimili nel design globale e nei portali di accesso,ma si differenziano nelle loro dimensioni.

In ambedue i casi i portali sono costituiti da pilo-ni reticolari che si rastremano verso l’alto dove,alla loro sommità, sono collegati da un trave reti-colare. Su ciascun pilone è stato collocato un ele-mento decorativo formato da una sfera e da unsovrastante cono, questi contribuiscono a dareun maggiore slancio ai portali di accesso. In que-ste due opere non ci sono una travi irrigidenti, mal’impalcato poggia su due funi con curvatura con-trapposta rispetto alle portanti, costituite anch’es-se da due cavi, la cui pretensione assicura la sta-bilità nel senso verticale, mentre quella orizzonta-le è invece ottenuta da tiranti ancorati in più puntialle funi inferiori e alle rive opposte.

Queste opere vennero realizzate in Scoziapresso una fabbrica di Aberdeen da Luis HarperAmice, come documentano le targhe poste sui pi-loni di ambedue i ponti. La targa sul pilone delponte presso la gola di Chobar, attribuisce la su-pervisione dell’opera al Col. Kumar Nashing.Questa esattamente riporta:

CHUNDRA BRIDGE, JUNE 1906,ERECTED BY BRIG.DR.KUMAR

NURSHING RANA BAHADUR C.E.A.I.C.E.M.S.A. – SUPERINTENDING ENGINEER

GOVERNMENT OF NEPAL, KATHMANDU

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Fig. 6 - Ponte sulla Bagmati tra le città di Kirtipur e Patan

Fig. 7 a, b - Ponte sulla Bagmati presso la gola di Chobar

Fig. 8 - Targa su di un pilone del ponte presso la gola di Chobar

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Con l’applicazione di targhe poste su questeopere moderne si perpetua una antica tradizionenepalese di documentare l’origine e la storia diimportanti opere architettoniche, o sui loro re-stauri, mediante targhe in bronzo o lapidi in pie-tra, non avendo nella tradizione culturale dellapopolazione nepalese un sistema archivisticocartaceo.

Sul fiume Bagmati vi sono ulteriori due ponti so-spesi, situati ancora più a sud, dopo il villaggio diBungamati.

Sulla Vishnumati, affluente della Bagmati cheattraversa marginalmente Kathmandu, un ulterio-re ponte sospeso documenta ancorala presenzadi tali opere. Questo è a due campate, con pilonisempre in struttura reticolare, collegati tra di loroda croci di sant’Andrea; i cavi che sorreggonol’impalcato hanno una notevole monta e sono col-legati ai cavi portanti con tondini in ferro.

Fig. 9 a, b - Ponte sulla Vishnumati, affluente del fiume Bagmati Fig. 10 a, b - Ponte a Panauti sul fiume Punyamata

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La diffusione di tali opere è dimostrata dallapresenza di altre in valli adiacenti, come a Pa-nauti, villaggio lungo il corso del fiume Punyama-ta. Questo non si caratterizza per la sua ampiez-za o per particolari aspetti tecnologici, ma per isuoi portali di accesso in muratura di mattoni a vi-sta in cui si evidenziano modeste decorazioni ca-ratteristiche dell’epoca della costruzione.

Oltre ai ponti sospesi costruiti sulla Bagmati aKathmandu è da segnalare un ponte a strutturareticolare in ferro, realizzato nel 1905 da ChandraSumsher in località Thaphatali tra Kathmandu ePatan, demolito oramai da vari anni. L’opera, perla sua forma e concezione, costituiva una testi-monianza legata ancora alla cultura ottocente-sca. Infatti la sua struttura reticolare metteva inparticolare evidenza la funzione delle aste incli-nate, tese o compresse, mostrandone così la fun-zione statica. L’opera, denominata “The RedBridge”, per il suo colore rosso, era stata importa-ta dall’Inghilterra. Anche questo ponte venne rea-lizzato con la supervisione del Col. Kumar Nar-shing Rana, uno dei primi ingegneri nepalesi for-matosi in una scuola di studi di modello occiden-tale in India, il Roorkie Institute of Engineering. Ilponte era stato costruito in sostituzione di un’ope-ra precedente costruita per conto della regina La-lit Tripur Sudari e del generale Bhimsen Thapanel 1817, come testimonia una iscrizione su diuna stele alla cui sommità vi è l’immagine di unleone con una bandiera, situata nei pressi delponte stesso sulla sponda destra.

All’ingegnere Kumar Narshing Rana sono stateattribuite varie opere architettoniche, realizzatetra il 1893 ed il 1923, tra cui il noto Singha Dar-bar, un imponente palazzo in stile neoclassico.

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trasporto e la difficoltà raggiungere il Nepal daiporti indiani. Ne è una importante testimonianzaquello realizzato sul fiume Bhote Kosi, nel Nepalorientale, di cui sono state rintracciati i disegni diprogetto. Il ponte venne realizzato nel 1926 dallaJhon M. Enderson e Co. LTD di Aberdeen. Que-sto ha una campata centrale di oltre 60 metri trale torri di sostegno dei cavi superiori (due perogni pilone) e sono formati da trefoli protetti dazincatura. Attualmente l’opera ha perduto laconformazione originale perdendo la monta dellefuni di impalcato per il rilassamento dei cavi verti-cali di collegamento anch’essi in trefoli. In questaopera i progettisti hanno tenuto presente le diffi-coltà ad arrivare al luogo, molto distante da Kath-mandu, raggiungibile solo dopo numerosi giornidi marcia attraverso varie valli e numerose diffi-coltà. Infatti risulta corretta la soluzione di suddi-videre i cavi principali in coppie onde ottenere fu-ni di minore peso da trasportare a spalla da variuomini, lo stesso vale per i piloni suddivisi in piùparti riassemblate in opera mediante bulloni epiastre.

L’insieme di tali opere testimoniano l’inizio di unprofondo mutamento nell’uso dei materiali e delletecniche costruttive, nonché degli stili architetto-nici, i quali erano rimasti immutati per secoli, e l’a-deguamento a nuove tecnologie già largamentediffuse altrove. Sorprende e suscita ammirazioneche molte di tali opere, addirittura costruite in Eu-ropa, siano giunte in questo paese, rimasto isola-to a lungo, sia per volontà politica che per leenormi difficoltà di accesso per la mancanza tota-le di vie di comunicazione.

Gli antichi ponti delle regioni himalayane, per-tanto, frutto di intuizioni, sono una testimonianzadi sistemi costruttivi del passato, sia pure a livelloempirico. Tali opere attestano una intuizione delleleggi che regolano l’equilibrio dei pesi e dimostra-no una appropriata tecnologia dei materiali in rap-porto alla tipologia strutturale.

Ma “ponti pensili” costruiti in Scozia nella primametà del Novecento li troviamo anche nelle vallihimalayane nepalesi, a quell’epoca quasi appa-rentemente inaccessibili considerati i mezzi di

Fig. 11 - Il Singha Darbar a Kathmandu

Fig. 12 - Ponte sulla Bhote Kosi nel Nepal occidentale

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Tali realizzazioni sono i prototipi di quelle grandicostruzioni realizzate in occidente che, sotto l’im-pulso di nuove esigenze, con il concorso di unatecnica avanzata e l’impiego di materiali con ca-ratteristiche migliori, vennero inizialmente realiz-zate anche in Europa come era stato previsto dalNavier.

Fig. 13 - Ponte a catene sulla Khimti Khola presso Those (Nepaloccidentale)

Valerio SESTINI, professore associato di Tecnologia dell’Ar-chitettura presso l’Università degli Studi di Firenze. Dal 1971 hacompiuto oltre venti missioni in Nepal compiendo studi e ricer-che sia sul patrimonio architettonico himalayano che di quellodella valle di Kathmandu i cui risultati sono stati presentati a con-vegni internazionali, pubblicati in numerosi articoli e presentati invarie mostre in Italia e all’estero. Ha partecipato a Commissionidell’Unesco e del Ministero degli Affari Esteri in qualità di esper-to sul Nepal.

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