Sakamoto l’ultimo visionario - eastwest.eu · E proprio ascoltando il canto della terra si...

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primitivo e raffinato, critico e fatalista, melo- dico e attratto dal rumore, sorgente viva al contempo di felicità e malinconia. In que- sta intervista esclusiva Sakamoto parla della sua musica ma anche di politica, di costume e di ecologia. di Francesca Lancini 116 . east . europe and asia strategies numero 30 . giugno 2010 . 117 S e questa intervista potesse avere un accompagna- mento sonoro sarebbe probabilmente Forbidden Colours, perché non si dovrebbe mai leggere di Ryuichi Sakamoto senza aver ascoltato prima la sua mu- sica. È lì che il genio avanguardista giapponese esprime la sua poesia dell’essenza e la sua forza vitale che scatu- risce dalla reazione chimica fra corpo e mente. Compo- sitore, musicista, produttore, attore, ambientalista e pa- cifista, nel suo sito viene definito un uomo rinascimen- tale del Giappone contemporaneo. E a ragione. Le paro- le per descriverlo si sprecano e sono spesso in contrad- dizione fra loro. Minimale e sperimentale, primitivo e raffinato, critico e fatalista, melodico e attratto dal rumo- re, sorgente viva al contempo di felicità e malinconia. Na- to 58 anni fa in un Giappone devastato dalla guerra, già ventenne si distingue per il suo spirito visionario, pub- blicando il primo disco Thousand Knives e fondando la band Yellow Magic Orchestra, ispiratrice di elettronica a venire. Verso le sue radici orientali ha un atteggiamen- to rispettoso e dissacrante: lascia intendere che non con- divide il nazionalismo e la dipendenza psicologica del suo Paese dagli Stati Uniti, ma prende ispirazione sia dai suoni tradizionali giapponesi che da quelli rockeggianti della swinging London. A partire dagli anni Ottanta esprime la contaminazione di generi e culture in colon- ne sonore indimenticabili: Furyo (in cui recita con David Bowie), L’ultimo imperatore (con cui vince l’Oscar nel 1987), Il tè nel deserto e Piccolo Buddha di Bertolucci, Tacchi a spillo di Almodóvar. Come il protagonista di Li- sbon Story, girando per il mondo ne registra continua- mente i suoni, ma nella mente, anziché con gli strumen- ti di field recordings. E proprio ascoltando il canto della terra si innamora di essa e inizia la sua battaglia ambien- talista. Per protestare contro i cambiamenti climatici par- tecipa a una spedizione in Groenlandia per registrare la musica dell’acqua sotto e sopra la superficie del Mare Ar- tico: «Secondo una leggenda – racconta – la dea più im- portante vive negli abissi. Quando ho registrato il suono del vento che soffiava sul ghiacciaio, mi è sembrato di sentirne la voce». Nascono così i progetti Zero Landmi- nes contro le mine antiuomo, More Trees a difesa delle foreste e Commmons, la sua etichetta discografica eco- friendly. Il suo impegno contro il nucleare è il frutto na- turale di questo attivismo, che si estende anche alla li- bertà di fruizione dell’arte. Secondo l’artista, grazie a in- ternet, oggi viviamo come in un unico piccolo villaggio, dove la musica è inevitabilmente “tribale”, ovvero acces- sibile a tutti. Per questo non ha più senso l’esistenza del copyright, retaggio di un mondo anacronistico. Nel Giap- pone Sakamoto sembra riflettersi come in un padre, trat- teggiando con estrema lucidità somiglianze e differenze: l’avanguardia e l’esplorazione da una parte e il tradizio- nalismo estremo con i suoi inaccettabili schematismi Sakamoto , l’ultimo visionario Compositore, musicista, produttore, attore, ambientalista e pacifista, nel suo sito Ryuichi Sa- kamoto viene definito un uomo rinascimentale del Giappone contemporaneo. Le parole per descriverlo si sprecano e sono spesso in contraddizione fra loro: minimale e sperimentale, GIAPPONE S dall’altra. In poche parole questo figlio svela l’insospet- tabile: la società giapponese è molto meno ricca di quanto si pensi e le persone lavorano fino allo sfini- mento senza uscire mai dalla povertà. Le tendopoli in- torno a Tokyo ne sono la prova. Negli ultimi sessant’anni (circa la sua età) il Giappone è diventato la seconda potenza economica mondiale e il luogo del futuribile e dell’innovazione estrema. Si sente figlio di questo contesto? In parte. Sono uno dei bambini del Giappone demo- cratico ed economico del dopoguerra. Sono nato nel 1952, quando finì ufficialmente l’occupazione statuni- tense, lasciando i suoi strascichi. Io, invece, non ho mai nutrito ammirazione per la cultura americana come le vecchie generazioni di allora, che impazzivano per El- vis Presley e tutto il resto. Si è sempre definito outernationalist, ovvero cittadino del mondo. Ma che importanza hanno per lei le sue origini? Cosa la lega di più alla sua terra? Dal Rinnovamento Meiji (periodo illuminato dell’im- pero dal 23 ottobre 1868 al 30 luglio 1912, in cui fu ri- formata la struttura politica, sociale ed economica, NDR), musicalmente parlando, i giapponesi parlano la lingua europea senza conoscerla. La musica tradiziona- le giapponese fu distrutta non solo dagli europei, ma dai giapponesi stessi. I miei connazionali pensavano che la musica locale fosse inferiore e primitiva rispetto a quella del Vecchio continente. Quindi, il punto è, di nuovo musicalmente parlando, che la mia musica non ha radici in quella giapponese. Non ho mai ascoltato

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primitivo e raffinato, critico e fatalista, melo-

dico e attratto dal rumore, sorgente viva al

contempo di felicità e malinconia. l In que-

sta intervista esclusiva Sakamoto parla della

sua musica ma anche di politica, di costume e

di ecologia. l di Francesca Lancini

116 . east . europe and asia strategies numero 30 . giugno 2010 . 117

Se questa intervista potesse avere un accompagna-mento sonoro sarebbe probabilmente ForbiddenColours, perché non si dovrebbe mai leggere di

Ryuichi Sakamoto senza aver ascoltato prima la sua mu-sica. È lì che il genio avanguardista giapponese esprimela sua poesia dell’essenza e la sua forza vitale che scatu-risce dalla reazione chimica fra corpo e mente. Compo-sitore, musicista, produttore, attore, ambientalista e pa-cifista, nel suo sito viene definito un uomo rinascimen-tale del Giappone contemporaneo. E a ragione. Le paro-le per descriverlo si sprecano e sono spesso in contrad-dizione fra loro. Minimale e sperimentale, primitivo eraffinato, critico e fatalista, melodico e attratto dal rumo-re, sorgente viva al contempo di felicità e malinconia. Na-to 58 anni fa in un Giappone devastato dalla guerra, giàventenne si distingue per il suo spirito visionario, pub-blicando il primo disco Thousand Knives e fondando laband Yellow Magic Orchestra, ispiratrice di elettronicaa venire. Verso le sue radici orientali ha un atteggiamen-to rispettoso e dissacrante: lascia intendere che non con-

divide il nazionalismo e la dipendenza psicologica delsuo Paese dagli Stati Uniti, ma prende ispirazione sia daisuoni tradizionali giapponesi che da quelli rockeggiantidella swinging London. A partire dagli anni Ottantaesprime la contaminazione di generi e culture in colon-ne sonore indimenticabili: Furyo (in cui recita con DavidBowie), L’ultimo imperatore (con cui vince l’Oscar nel1987), Il tè nel deserto e Piccolo Buddha di Bertolucci,Tacchi a spillo di Almodóvar. Come il protagonista di Li-sbon Story, girando per il mondo ne registra continua-mente i suoni, ma nella mente, anziché con gli strumen-ti di field recordings. E proprio ascoltando il canto dellaterra si innamora di essa e inizia la sua battaglia ambien-talista. Per protestare contro i cambiamenti climatici par-tecipa a una spedizione in Groenlandia per registrare lamusica dell’acqua sotto e sopra la superficie del Mare Ar-tico: «Secondo una leggenda – racconta – la dea più im-portante vive negli abissi. Quando ho registrato il suonodel vento che soffiava sul ghiacciaio, mi è sembrato disentirne la voce». Nascono così i progetti Zero Landmi-nes contro le mine antiuomo, More Trees a difesa delleforeste e Commmons, la sua etichetta discografica eco-friendly. Il suo impegno contro il nucleare è il frutto na-turale di questo attivismo, che si estende anche alla li-bertà di fruizione dell’arte. Secondo l’artista, grazie a in-ternet, oggi viviamo come in un unico piccolo villaggio,dove la musica è inevitabilmente “tribale”, ovvero acces-sibile a tutti. Per questo non ha più senso l’esistenza delcopyright, retaggio di un mondo anacronistico. Nel Giap-pone Sakamoto sembra riflettersi come in un padre, trat-teggiando con estrema lucidità somiglianze e differenze:l’avanguardia e l’esplorazione da una parte e il tradizio-nalismo estremo con i suoi inaccettabili schematismi

Sakamoto,l’ultimo visionarioCompositore, musicista, produttore, attore, ambientalista e pacifista, nel suo sito Ryuichi Sa-

kamoto viene definito un uomo rinascimentale del Giappone contemporaneo. l Le parole

per descriverlo si sprecano e sono spesso in contraddizione fra loro: minimale e sperimentale,

GIAPPONE

S

dall’altra. In poche parole questo figlio svela l’insospet-tabile: la società giapponese è molto meno ricca diquanto si pensi e le persone lavorano fino allo sfini-mento senza uscire mai dalla povertà. Le tendopoli in-torno a Tokyo ne sono la prova.

Negli ultimi sessant’anni (circa la sua età) il Giapponeè diventato la seconda potenza economica mondialee il luogo del futuribile e dell’innovazione estrema.Si sente figlio di questo contesto?In parte. Sono uno dei bambini del Giappone demo-

cratico ed economico del dopoguerra. Sono nato nel1952, quando finì ufficialmente l’occupazione statuni-tense, lasciando i suoi strascichi. Io, invece, non ho mainutrito ammirazione per la cultura americana come levecchie generazioni di allora, che impazzivano per El-vis Presley e tutto il resto.

Si è sempre definito outernationalist,ovvero cittadino del mondo. Ma che importanza hannoper lei le sue origini? Cosa la lega di più alla sua terra?Dal Rinnovamento Meiji (periodo illuminato dell’im-

pero dal 23 ottobre 1868 al 30 luglio 1912, in cui fu ri-formata la struttura politica, sociale ed economica,NDR), musicalmente parlando, i giapponesi parlano lalingua europea senza conoscerla. La musica tradiziona-le giapponese fu distrutta non solo dagli europei, madai giapponesi stessi. I miei connazionali pensavanoche la musica locale fosse inferiore e primitiva rispettoa quella del Vecchio continente. Quindi, il punto è, dinuovo musicalmente parlando, che la mia musica nonha radici in quella giapponese. Non ho mai ascoltato

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Come giudica la musicae l’arte giapponese odierne?Pensa che il suo Paese sia ancoraun laboratorio di precursori come lei?Penso che il 90% dei musicisti giapponesi sia provin-

ciale e infantile. Le loro creazioni sono di bassissima qua-lità. Ci sono pochissimi artisti che si distinguono, ma for-se accade così in tutto il mondo.

Dopo una lunga e strabiliante carrieracosa spera di lasciare alle generazioni future?Vorrei che i giovani conservassero lo stupore di fronte

alla bellezza della Terra. Spero che non soffrano per ciòche noi adulti abbiamo consumato e sfruttato. .

Con un nuovo governo, guidato dal partitosocial democratico (Dpj), dopo cinquant’anni di strapoteredella destra, e con una grave crisi economica da affrontare,il Giappone come si sta trasformando?In quale direzione sta andando in tema di valori etici?Il primo ministro e leader del Dpj, Yukio Hatoyama, è

il nipote del fondatore dell’Ldp (partito conservatore didestra, NDR) che ha controllato la politica giapponese persessant’anni dal dopoguerra in poi. Per me al potere è co-me se ci fossero sempre le stesse persone. Sicuramentela caduta dell’Ldp è stata stupefacente e incredibile, masfortunatamente il risultato è quasi lo stesso. Per esem-pio il Dpj insiste per creare nuove centrali nucleari piùdi quanto non facesse l’Ldp. Ciò è molto deludente.

musica tradizionale mentre crescevo a Tokyo negli anniCinquanta e Sessanta, ma ho sentito spesso Bach, Beetho-ven, Paul Anka e i Beatles. Insomma, il legame più forteper me con il Giappone rimane la cucina.

Di recente ha presentato per la prima volta in Italia,all’interno del festival romano Digital Life,l’installazione Life Fii-Fluid (creata con il video artistaShiro Takatani). Perché l’ha definita“qualcosa di assolutamente nuovo per il pubblico”?Perché no? La musica è sempre lineare. Mi spiego me-

glio, emerge in uno spazio bidimensionale chiamato tem-po. Tradizionalmente la musica ha sempre un inizio euna fine. Ma in Life Fii-Fluid ha tempi multipli, non c’èun unico percorso. I suoni arrivano persino a liberarsidalla dimensione temporale. È come se tu fossi circon-dato dai suoni naturali di un parco.

Qualcuno ha definito “zen” la musica di Life Fii-Fluid.Ci sono elementi buddhisti nelle sue composizioni?Non proprio. Credo però che l’installazione assomigli

a un giardino zen.

È religioso?No.

E il suono di Roma com’è?È una città in cui regna la confusione e che parla un

linguaggio chiassoso, una sorta di canzone cantata a vo-ce alta. Ma non mi dà fastidio, tutto questo non è chel’espressione della sua vitalità unica al mondo.

Ha firmato la colonna sonora di film come Piccolo Buddhae L’ultimo imperatore, con cui vinse l’Oscar nel 1987.Quali sono le sue fonti di ispirazionequando compone per il cinema?Le mie fonti di ispirazione sono sempre state i film. Per

quanto riguarda le opere di Bertolucci, mi hanno aiuta-

to molto anche le chiacchierate con lui. Per Piccolo Bud-dha mi sono dovuto informare anche su ciò che Buddhaaveva detto. Ho letto dei libri per conoscere fondamentibuddhisti come la reincarnazione.

In un altro film in cui è stata utilizzata la sua musica,Babel di Alejandro González Iñarritu,una ragazza giapponese soffre in un mondofatto di incomunicabilità e ipertecnologismo fino a tentareil suicidio. Esiste un lato oscuro del Giappone? Quale?Certo che esiste un lato oscuro del Giappone, ma come

in ogni società! È come se il mio Paese stesse tornandoindietro alla divisione in classi. Un termine in particola-re indica questa situazione: il “povero che lavora”, cioècolui che lavora duro ma non riesce mai a uscire dallapovertà. Ciò significa che sta nascendo una nuova formadi schiavitù.

Dal 1978, quando cominciò a suonare con la bandelettropop Yellow Magic Orchestra,com’è cambiata la musica?Beh, ora serve solo un laptop per fare musica. È una ri-

voluzione! Le sorgenti del suono sulla Rete non hannolimiti. Ciò prima era impensabile.

Ha detto che il copyright è “fuori tempo”. Cos’altro lo è?Le etichette discografiche, il potere nucleare, l’energia

fossile.

Il Giappone è stato un precursore dandosi una Costituzionepacifista e promuovendo il protocollo di Kyotosull’ambiente. Quando ha cominciato il suo attivismopacifista ed ecologista? Ho iniziato la mia battaglia ecologista nel 1992, affin-

ché le copertine dei cd diventassero più eco-friendly. Daallora ho percorso diverse strade. Nel 2001 ho utilizzatoenergia rinnovabile durante il mio tour. Se questa alloracoprì il 10% del dispendio energetico, nel 2005 fu utiliz-zata al 100%. Dal 2007 tutti i prodotti realizzati dalla mialabel Commmons sono carbon offset (sistema finanzia-rio per ridurre l’effetto serra che prevede il versamentodi una certa cifra calcolata per ogni tonnellata di emis-sione di anidride carbonica avvenuta in una determina-ta attività, NDR). In quello stesso anno ho fondato un’or-ganizzazione, la More Trees, per piantare alberi e preser-vare le foreste.

DA ASCOLTARE Gli ultimi due album di Ryuichi Sakamo-to, Out of Noise, assolutamente sperimentale, dovel’elettronica incontra la spiritualità, e Playing The Piano,più classico, in cui il pianista ammiratore di Debussy ese-gue alcune delle pagine più note del suo repertorio. .