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Agosto il Cantico n. 8/2016 1 il Cantico online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00167 Roma- Piazza Cardinal Ferrari, 1/c www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000 Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 ISSN 1974-2339 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. Tutti i diritti riservati. SOMMARIO IL PERDONO DELLA PORZIUNCOLA - p. Lorenzo Di Giuseppe 2 FINIRÀ QUESTO DOLORE? - Antonio Diella, Presidente nazionale Unitalsi 3 FRANCESCO D’ASSISI - Un Santo inafferrabile - Lucia Baldo 4 TERRORISMO, MANNAIA DEL TERZO MILLENNIO - Giulio Albanese 5 IL CANTICO 6 IN CAMMINO CON S. FRANCESCO - Presentazione a cura di Argia Passoni 7 LE CITTÀ DELL’AMICIZIA CIVILE - Stefano Zamagni 8 MEETING DI FRATERNITÀ 9 ABITARE LA TERRA, ABITARE LA CITTÀ - Convegno Bellamonte 2016 10 RINUNCIARE AI RECINTI E AVVICINARSI ALLE FAMIGLIE - Servizio di Debora Donnini 11 PER UNA NUOVA DEMOCRAZIA - Mario Toso 13 SITO COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 13 CALENDARIO FRANCESCANO 2017 - A cura di Lucia Baldo 14 STARE NEL MONDO CON CUORE MISERICORDIOSO - Argia Passoni 15 SOSTEGNO A DISTANZA. CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL” COLOMBIA 17 VISITARE GLI INFERMI - Dario Sacchini 18 LA BIOETICA DEL TEOLOGO - Gianfranco Ravasi 19 I LIBRI DI FRATE JACOPA 20 “ESSERE FARI E FIACCOLE” PER IL CAMMINO DELL’UMANITÀ - Dalla Costituzione “Vultum Dei quaerere” 21 XXVI CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE 22 CARD. DZIWISZ: GMG SIA SEGNO DI PACE E DI UNITÀ PER IL MONDO - Intervista di Alessandro Gisotti 23 SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 24

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Agosto il Cantico n. 8/2016 1

il Canticoonline

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00167 Roma- Piazza Cardinal Ferrari, 1/cwww.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 ISSN 1974-2339

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.Tutti i diritti riservati.

SOMMARIOIL PERDONO DELLA PORZIUNCOLA - p. Lorenzo Di Giuseppe 2FINIRÀ QUESTO DOLORE? - Antonio Diella, Presidente nazionale Unitalsi 3FRANCESCO D’ASSISI - Un Santo inafferrabile - Lucia Baldo 4TERRORISMO, MANNAIA DEL TERZO MILLENNIO - Giulio Albanese 5IL CANTICO 6IN CAMMINO CON S. FRANCESCO - Presentazione a cura di Argia Passoni 7LE CITTÀ DELL’AMICIZIA CIVILE - Stefano Zamagni 8MEETING DI FRATERNITÀ 9ABITARE LA TERRA, ABITARE LA CITTÀ - Convegno Bellamonte 2016 10RINUNCIARE AI RECINTI E AVVICINARSI ALLE FAMIGLIE - Servizio di Debora Donnini 11PER UNA NUOVA DEMOCRAZIA - Mario Toso 13SITO COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 13CALENDARIO FRANCESCANO 2017 - A cura di Lucia Baldo 14STARE NEL MONDO CON CUORE MISERICORDIOSO - Argia Passoni 15SOSTEGNO A DISTANZA. CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL” COLOMBIA 17VISITARE GLI INFERMI - Dario Sacchini 18LA BIOETICA DEL TEOLOGO - Gianfranco Ravasi 19I LIBRI DI FRATE JACOPA 20“ESSERE FARI E FIACCOLE” PER IL CAMMINO DELL’UMANITÀ - Dalla Costituzione “Vultum Dei quaerere” 21XXVI CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE 22CARD. DZIWISZ: GMG SIA SEGNO DI PACE E DI UNITÀ PER IL MONDO - Intervista di Alessandro Gisotti 23SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 24

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In questi giorni i nostri pensieri si danno appunta-mento intorno alla chiesetta della Porziuncola cheS. Francesco “amò al disopra di ogni altro luogo almondo”. In essa 800 anni fa avvenne un fatto cheancora oggi vive nel cuore dei cristiani. Dovetteaccadere qualcosa che altre volte era accaduto:“Francesco si ritirò in un luogo adatto per la pre-ghiera (nella Porziuncola). Vi rimase a lungo invo-cando con timore e tremore il Signore di tutta laterra, ripensando con amarezza gli anni passatimalamente e ripetendo: ‘O Dio, sii propizio a mepeccatore’. A poco a poco si sentì inondato nell’in-timo del cuore di ineffabile letizia e immensa dol-cezza. Cominciò allora come ad uscire da sé: l’an-goscia e le tenebre, che gli si erano addensate nel-l’animo per timore del peccato, scomparvero, edebbe la certezza di essere perdonato” (FF 363). Francesco pensò ai tanti cristiani che non riuscivanoad arrivare a questa esperienza che pure nella Chiesaera un tesoro per tutti. Ebbe una intuizione spiritualeper far rendere disponibile a tutti coloro che lo voleva-no la certezza e la gioia del perdono. Siimmerse di nuovo nel Signore ed ebbe unavisione di luce vivissima: vide sopra l’altare ilCristo rivestito di luce e alla sua sinistra la suaMadre Santissima, circondati da una moltitu-dine di angeli. Francesco adorò con la faccia aterra. Il Signore gli domandò cosa desideravaper i suoi fratelli uomini. Francesco pronta-mente rispose: “Io misero e peccatore, chiedoche coloro che, pentiti e confessati, nel since-ro pentimento di tutti i peccati, entreranno inquesta chiesina, possano avere la remissionedi tutte le loro colpe” Rispose il Signore:“Non hai chiesto poco. Ti accordo quel chehai chiesto. Ma vai dal mio vicario in terra perla conferma”. Il Papa Onorio III che in queltempo dimorava a Perugia confermò questaparticolare indulgenza e Francesco, attorniatodai Vescovi dell’Umbria annunciò alla gentequesta grazia e parlando iniziò: “Voglio man-darvi tutti in Paradiso” (cf Diploma diTeobaldo). In che cosa consiste l’Indulgenza dellaPorziuncola. Al tempo di S. Francesco, laforma di penitenza imposta dalla Chiesaera intraprendere un pellegrinaggio impe-gnativo a Santiago, a Roma, e soprattutto aGerusalemme. Si trattava di un viaggiopericoloso e difficile; non poteva essere pertutti: i poveri erano esclusi. Francescoaveva in mente proprio loro e per loroaveva ottenuto che la visita orante alla chie-setta della Porziuncola fosse accessibile atutti coloro che avessero una conversionedel cuore e un’intima disposizione al per-dono.

Per comprendere il significato della Indulgenzaoccorre ricordare che il peccato, che dovrebbe esserelontano dal cristiano battezzato, è perdonato nelSacramento della Penitenza: la Chiesa tramite unsacerdote invoca la discesa dello Spirito Santo chelibera il penitente dal suo peccato e lo riammettenella Comunione dei Santi. Ma il peccato lascia con-seguenze in chi lo commette. Dice Papa Francesco:“Nel Sacramento della Riconciliazione Dio perdonai peccati che sono davvero cancellati; eppure l’im-pronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostricomportamenti e nei nostri pensieri rimane” (MV,22). Per cancellare questa cattiva conseguenza, que-sta ferita, questa infezione immessa dal peccato nellapsiche e nel profondo del cuore, ci è donatal’Indulgenza del Padre che come nella parabola delFigliol Prodigo restituisce pienamente la dignità alfiglio senza riserve. Inoltre interviene anche la santi-tà della Chiesa, che unita alla redenzione di Cristo,forma un tesoro spirituale da cui attingere grazia diguarigione e di perseveranza nel bene. Possiamo dire

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IL PERDONO DELLA PORZIUNCOLA

Innalziamo la nostra preghiera al Signoreperché venga in soccorso alla nostradebolezza e con la potenza del suo

Santo Spirito apra il cuore e l’intelligenzaalle vie del perdono e della pace!

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che l’Indulgenza che Francesco tena-cemente chiese per coloro che entrava-no nella chiesetta della Porziuncola èla guarigione interiore della grazia chetrasforma il “cuore di pietra” in “cuoredi carne” e libera le persone dalla pri-gionia dell’egoismo, distrugge le strut-ture del male, dell’odio e della violen-za e ripristina le strutture di pace e difraternità. È una via per estirpare ilmale e le sue mortifere manifestazioniche attanagliano la convivenza umanae rendono tutti pieni di paura e di ango-scia. L’indulgenza del Padre anche inquesti tormentati giorni ci sollecita acostruire il bene della pace e la speran-za dell’umanità intera.

p. Lorenzo Di Giuseppe

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FINIRÀ QUESTO DOLORE?Finirà questo dolore? Finirà questa angoscia? Finirà il timore di accendere la tv e di ascoltare di nuovi attacchiterroristici? Finirà questa nostra tristezza? Ce lo chiediamo tutti. Me lo chiedo anche io.Vogliamo vivere, vogliamo poter sorridere, vogliamo poter salire su un autobus e non guardare con sospetto il giovanecon la barba nera che siede accanto a noi. Vogliamo andare in giro, perché vogliamo vivere serenamente.Dobbiamo, non per obbligo giornalistico e perché ce lo dicono i soliti intellettuali e i soliti rappresentanti dei solitigoverni: perché siamo fatti per la felicità e la serenità ed è insopportabile riempire la nostra vita di sangue e di morte.E per farlo, dobbiamo essere semplicemente noi, ordinariamente coraggiosi, affezionati alle strade che percorriamo,alla nostra voglia di spostarci, al nostro desiderio di poter andare altrove, a vivere la libertà della speranza.Che senso ha assaltare una piccola chiesa, durante la S. Messa, del mattino mentre un anziano prete, due suoree due fedeli pregavano il Signore della pace? Una piccola chiesa scelta proprio perché si possono controllareefficacemente le grandi chiese e i grandi santuari ma non si possono difendere anche le piccole chiese di peri-feria e di quartiere. Le chiese come quelle delle nostre parrocchie.Che hanno pensato Padre Jack, l’anziano parroco francese, e il suo parrocchiano, poveri innocenti, mentre veni-vano accoltellati senza motivo? Non lo so. Credo che abbiano avuto paura. Credo che abbiano sentito lo sgo-mento di chi non può difendersi di fronte alla violenta di assassini che attribuiscono a Dio il loro progetto di morte.Penso con tenerezza ed emozione che si siano affidati al Dio della Pace e dei Martiri.Come difendersi da questa follia, da chi vorrebbe vederci succubi della loro violenza, da chi ora ha attaccatodirettamente anche una Chiesa cattolica dopo aver attaccato altre comunità?Potrebbe succedere ovunque, anche nei nostri piccoli paesi, nelle nostre città.Spero che i tanti vecchi e nuovi intellettuali ed esperti ci risparmino adesso le loro elucubrazioni sulla “identitàcristiana che sta sparendo perché ci sono troppi musulmani in Italia e in Europa”: la nostra identità cristiana è indifficoltà non perché ci sono troppi musulmani, ma perché ci sono pochi cristiani veri, testimoni credibili, capacidi vivere la loro vita secondo la loro fede. Comodo gridare contro qualcuno e vivere normalmente come se ilSignore Gesù non riguardasse la mia vita personale e pubblica.Quindi niente chiacchiere, per favore, per avere visibilità o per sperimentare notorietà.Dobbiamo vivere e continuare a essere vivi, non solo a respirare; dobbiamo rifiutare la logica per cui se restia-mo in casa, se non ci muoviamo, se evitiamo feste, ferie, santuari siamo più al sicuro. Che vita sarebbe la nostra,chiusi in casa, isolati, impauriti?Guai a noi, popolo di Dio, se il timore della violenza ci ricacciasse indietro nella paura.Guai a noi, uomini e donne di qualsiasi fede o senza alcuna fede, se ci dividessimo, ci nascondessimo, affidas-simo solo alla doverosa reazione degli Stati e degli organismi di polizia la possibilità di un futuro di pace.Insieme. Dobbiamo stare insieme. Dobbiamo amare insieme e di più. Dobbiamo camminare insieme.Guardare in tv i nostri giovani a Cracovia per la Giornata Mondiale della Gioventù deve continuare a riempirci ilcuore di speranza. Non nascondiamoci. Non rinunciamo a seguire il nostro cuore che vuole mettersi in cammi-no. Non abbandoniamo la Francia, la Germania, i tanti popoli che soffrono per questa violenza che vuole incen-diare il mondo per poter buttare tra le fiamme ogni possibilità di dialogo e di amore.In piedi, amici miei!Con le lacrime agli occhi e la tristezza nel cuore. Tenendoci per mano, camminando insieme, senza rinunciare.Perché non si può rinunciare alla vita, se vogliamo vivere davvero. Perché questo è necessario, perché questodolore finisca.

Antonio Diella, presidente nazionale Unitalsi

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La figura di S. Francesco è sempre stata apprezza-ta nella storia delle civiltà. La sua presenza è statasentita come significativa soprattutto nell’ambitodella promozione umana e della testimonianzaevangelica. La storia ecclesiastica e quella del francescanesimohanno accentuato di più l’aspetto della testimo-nianza evangelica, mentre il mondo laico o laicistaha sottolineato soprattutto quello della promozioneumana.Nei momenti della storia occidentale in cui si è cer-cata la promozione umana, il Santo di Assisi è venu-to sempre all’orizzonte. Per esempio lo spirito anti-cattolico ottocentesco, erede della Rivoluzione fran-cese, rivalutò la promozione della dignità dell’uomopromossa da S. Francesco nel Medio Evo, quandol’uomo era tenuto in una condizione di anonimato edi soggezione. La stessa cosa si può dire dellaRivoluzione marxista. Anche il fascismo se ne“appropriò”. Ne è dimostrazione il fatto che nel 1926erano presenti più di settanta delegazioni ufficiali dinazioni per celebrare il VII centenario della suamorte.Il Concilio Vaticano II ha riproposto S. Francescocome modello del rinnovamento conciliare.Mario Von Galli, rappresentate della Svizzera edella Germania al Concilio, nel libro “S.Francesco. Il futuro vissuto” sostiene che il Santoabbia anticipato la temperie dirinnovamento inaugurata dalConcilio.Questo dimostra che il Poverellod’Assisi non rimane incapsulatonel Medio Evo, ma rappresentaun vissuto che può essere ripro-posto come un futuro ancora davivere nel progresso ampio deisecoli, perché la sua testimonian-za rimane anche oggi accessibile,leggibile, interpretabile, inesauri-bile. Nel cristianesimo di S.Francesco non c’è nulla che nonpossa essere rivissuto e riproget-tato, anche se le forme e i signi-ficati possono essere differenti.Questo indica quale sia l’atteg-giamento, l’orizzonte da segui-re nel nostro avvicinarci oggi aS. Francesco. Il Santo di Assisi è un donoall’umanità intera, perché è

fratello di tutti gli uomini, anche di quelli che nonsono cristiani. Perciò egli sfugge ad ogni appro-priazione e non c’è nessuno che si debba ritenere inmodo trionfalistico un suo discepolo privilegiato,ma tutti ne dobbiamo parlare con timore reveren-ziale, come di colui che ci sopravanza sempre e dicui rimane sempre qualche aspetto insondabile eancora tutto da scoprire e soprattutto da realizzare.Quello che più colpisce quando ci si avvicina a S.Francesco è constatare che nella sua vita egli“non ha fatto niente”. Non è stato apologeta dellaChiesa cattolica, non ha costruito ospedali, nonha dato orientamenti precisi alla dottrina cattoli-ca…Comunque lo guardiamo, troviamo che egli è sem-pre diverso da quello che noi vorremmo che fosse.Pur essendo profondamente cattolico, ha scongiu-rato il Papa di non elevare mai i suoi frati alla cari-ca di vescovi, poiché non ha accettato la gerarchiz-zazione della sua testimonianza, ma ha aspiratosolo a realizzare la forma di vita evangelica.Nonostante ciò l’ubbidienza al Papa è rimasta perlui uno dei voti che ha voluto fossero osservati daisuoi frati.Quindi la figura di S. Francesco delude un po’ tuttiquelli che si avvicinano a lui, perché sfugge sem-pre. Accade così che, volendo restringerlo a unaspetto da privilegiare rispetto agli altri, si finisce

con l’imprigionarlo. Lo si puòridurre, come hanno fatto Tödee Michelet, a colui che in Italiaha dato inizio all’Umanesimoe al Rinascimento, quindi allasola promozione umana. Lo sipuò ridurre all’aspetto peniten-ziale o a quello di una santitàche trascende i problemiumani, come ha fatto S.Bonaventura. Lo si può ridurrealtresì all’aspetto sociale o aquello politico, evidenziandoche egli ha fatto crollare, con ilsuo esempio, l’organizzazionefeudale. Invece S. Francesco èpresente in ognuno di questiaspetti, ma è anche eccedenterispetto ad essi. La sua testi-monianza cristiana non puòessere racchiusa entro alcunlimite. Per questo oggi essa simanifesta così fresca ed essen-ziale. ■■

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FRANCESCO D’ASSISIUn santo inafferrabile

Lucia Baldo

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La Francia è stata, per l’ennesima volta, colpita daldelirio jihadista, proprio nel giorno della presa dellaBastiglia. Anche stavolta gli oltre 80 morti dellastrage di Nizza sono imputabili al fondamentalismoislamico, a cui si è votato il giovane attentatore cheera alla guida del camion. Personalmente, credo chemai come oggi occorra riflettere seriamente ecoraggiosamente su quanto sta avvenendo sul pal-coscenico della Storia, cercando di evitare semplifi-cazioni o banalizzazioni di sorta. Se da una parteesprimiamo il nostro più sincero cordoglio ai fami-liari delle vittime, dall’altra occorre non solo garan-tire l’incolumità di milioni e milioni di uomini e didonne in Europa e nel resto del mondo, dall’Africaal Medio Oriente. Credo che sia anche necessarioriflettere sulle radici dell’odio devastante che animala peggiore organizzazione criminale del nostrotempo. D’altronde, le atrocità commesse dai mili-ziani dell’Isis o Daesh che dir si voglia, in Siria eIraq, come in altri Paesi, hanno suscitato e conti-nuano a suscitare lo sgomento e l’indignazione alivello planetario.Ma cosa c’è, effettivamente, dietro le modalitàespressive, a dir poco deliranti, di questo movi-mento jihadista che si sta manifestando come lamannaia del Terzo Millennio? La posta in gioco èalta perché stiamo parlando di un approccio meto-dologico fondamentale per evitare uno scontrodelle civiltà.È questa, d’altronde, la principale preoccupazione dipapa Francesco il quale, in più circostanze, come adesempio nel corso della sua visita a Tirana, il 21 set-tembre del 2014, ha affermato che nessuno può per-mettersi di prendere a pretesto la religione “per le pro-prie azioni contrarie alla dignità dell’uomo e ai suoidiritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita ealla libertà religiosa di tutti”. Da rilevare che la strate-gia comunicativa di questi fanatici è incentrata sullaprovocazione, uno dei tratti caratteristici dell’ideolo-gia salafita, quella su cui si reggono le cellule eversi-ve d’estrazione islamica. Il loro intento è quello distrumentalizzare la religione per finieversivi, attribuendo all’Occidente laresponsabilità del degrado mondiale.Certa propaganda integralista sfruttavolentieri la tradizionale apologeticaanticolonialista e terzomondista, radicatanell’islam, per avere presa sulle masseche soffrono spesso di arretratezza e fru-strazione.Si tratta di una strategia che ha l’obiet-tivo di terrorizzare chiunque si oppon-ga al loro delirio. Un vero e proprioterrorismo psicologico, veicolato attra-verso il sistema multimediale, con l’in-

tento di attribuire una precisa identità antagonistaall’avversario. Ecco che allora l’Europa viene defi-nita cristiana, quando invece, oggi, è forse il conti-nente più bisognoso di evangelizzazione, rispettoad altre realtà come l’America Latina e l’Africa. Imessaggi degli estremisti hanno una valenza oscu-rantista e perversa. Inoltre, i fautori della sharìa, lalegge islamica, non solo dimenticano che l’islam èstato colonialista, attraverso le sue conquiste mili-tari, addirittura più dell’Occidente, ma soprattuttoattribuiscono al musulmanesimo un’indole coerci-tiva e violenta.Sebbene l’impianto teocratico dell’islam – vale adire la congiunzione tra ciò che è politico e ciò cheè spirituale – sia ben sedimentato nell’Umma, valea dire nella comunità islamica globale, imputare ilsorgere di tali movimenti estremisti alla sola rea-zione antioccidentale, o a cause quali la povertà elo sfruttamento è riduttivo e semplicistico.Fin dalle sue origini, l’islam è stato attraversatociclicamente da ondate d’integralismo e di intol-leranza a cui, però, si sono alternate stagioni digrande apertura. Basti pensare ai Kharigiti delprimo secolo islamico che combattevano perun’ideologia purista e integralista. Di converso, lostato islamico medievale, in alcune sue fasi, fuflessibile e tollerante. E cosa dire, ad esempio, delsufismo che un tempo ispirava i musulmani allapacifica convivenza? Una duttilità che si manife-stò, peraltro, anche nel novecento (almeno finoagli anni settanta) quando in Medio Oriente ledonne erano libere, ad esempio, di circolare senzail velo (hijab). Ecco perché, oggi, è indispensabi-le il contributo di musulmani che sappiano vince-re le spinte intransigenti che si alimentano di unpensiero mitologico acritico, imposto mediante ilmonopolio culturale.È possibile allora soffocare culturalmente l’estre-mismo islamico? Circa una cinquantina di anni fa,il padre del riformismo islamico iraniano, AliShari’ati, affermava che l’islam contemporaneo è

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TERRORISMO, MANNAIADEL TERZO MILLENNIO

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nel suo XIII-XIV secolo; e se facciamo un raf-fronto con la storia europea, cioè con il XIII-XIVsecolo, scopriremo che il vecchio continentedoveva ancora vedere la riforma protestante e lariforma cattolica. Secondo Shari’ati, per superareil medioevo islamico (sebbene il medioevo cri-stiano non sia stato un’epoca buia), i musulmaninon possono pensare di saltare a pie’ pari cinque,sei secoli, arrivando di colpo alla cultura moder-na. «Dobbiamo riformare l’islam – scriveva l’in-tellettuale iraniano – rendendolo il volano di libe-razione delle nostre società ancora ferme a unadimensione sociale tribale, cioè al medioevodell’Oriente, mentre oggi è lo strumento usato daireazionari per evitare il progresso e lo svilupposociale». Le parole e la vita di Shari’ati, mortoufficialmente per arresto cardiaco in Inghilterranel giugno del 1977 (anche se sono in molti a rite-nere che sia stato eliminato dalla polizia segretadello Scià) indicano chiaramente il percorso cheoccorre seguire.In questi anni - non mi stancherò mai di ripeterlo -i Paesi occidentali hanno fatto poco o niente peraiutare la società civile musulmana a uscire dal-l’immobilismo e sostenere politicamente e finan-ziariamente l’intelligentia islamica moderata. Unasfida che, visti i tempi, non può essere disattesa.Non è una semplice fatalità del destino o una bana-le coincidenza se le aree d’intervento del jihadismosiano aree sensibili dal punto di vista delle cosid-dette commodities (materie prime e fonti energeti-che in primis): dall’Iraq (petrolio) alla Somalia(petrolio, gas naturale e uranio), dalla RepubblicaCentrafricana (petrolio e uranio) alla Nigeria(petrolio).Inquadrare, dunque, la galassia delle forze d’ispi-razione jihadista esclusivamente nella prospettivadi una lotta globale contro l’Occidente, sotto unastruttura di comando centralizzata indicata comeal-Qaida o Isis, non rende conto della complessitàdel fenomeno in cui entrano in gioco anche que-stioni locali, proprie dei singoli Stati in cui opera-no le suddette cellule eversive. Ad esempio, ilmovimento al Shabaab, in Somalia o Boko Haramin Nigeria, hanno trovato ispirazione nei conflitti in

atto nei rispettivi territori tra le oligarchie locali,per il controllo del potere. Questi movimenti hannosempre colpito chiunque osteggiasse il loro proget-to: musulmani, cristiani, animisti…Numericamente, ad esempio, i terroristi nigerianihanno ucciso in questi anni più musulmani che cri-stiani e ogni volta che hanno perpetrato attentaticontro chiese e istituzioni cristiane (gli al Shabaabin Kenya perché il governo di Nairobi è intervenu-to militarmente in Somalia e i Boko Haram inNigeria e nel vicino Camerun) l’hanno fatto perchéqueste azioni sarebbero state riprese dalle testateinternazionali main stream avendo così risonanza alivello internazionale. Il concetto, poi, di network,indicante una struttura ramificata che non si esau-risce solo esclusivamente nelle aree mediorientali,ma anche in Africa, serve a molti gruppi armati adattribuire un’identità e un peso politico alla lottache perseguono contro le forze governative che visi oppongono.Da rilevare, infine, che le persecuzioni, a volte, siverificano all’interno delle stesse comunità reli-giose (a fasi alterne, ad esempio, tra sunniti e scii-ti in Iraq, Yemen, Siria…) o tra comunità che nonincludono necessariamente i cristiani, come nelcaso del Myanmar (dove i musulmani Rohingyahanno subito ripetutamente violenze, a sfondoetnico-confessionale, dalla maggioranza buddi-sta). Dunque, è evidente che i paradigmi dellepersecuzioni di matrice religiosa sono molteplici,comunque eversivi e variano a secondo dei conte-sti e sempre in via di rimodulazione e ridefinizio-ne, adattandosi alle contingenze geopolitiche deisingoli scacchieri. La religione, perciò, rappre-senta spesso, in molti contesti, il pretesto peraffermare interessi egemonici, contrari al ricono-scimento della dignità della persona umana.Ora che la globalizzazione dell’estremismo islami-co sta seminando morte e distruzione, occorre dav-vero che tutti i credenti si uniscano nel condannarele nefandezze dei cosiddetti jihadisti. Questo nellaconsapevolezza che chi uccide nel nome della reli-gione non è un martire, ma un criminale che havenduto la propria anima al diavolo.

Giulio AlbaneseIS

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Il presente libro “In cam-mino con S. Francesco”propone una lettura dellostraordinario messaggioche ancora oggi Francescod’Assisi invia attraverso la“Lettera ai fedeli”, comu-nemente conosciuta come“Esortazione ai fratelli ealle sorelle della peniten-za”. Con questo Scritto ilSanto aprì la possibilitàdella pienezza della vitaevangelica anche ai laici inun tempo in cui tutto que-sto sembrava essere mono-polio dei chierici e di colo-ro che si ritiravano dalmondo.La Lettera è assunta comedocumento ispirazionale dallaFraternità Francescana FrateJacopa proprio per l’essenzia-lità evangelica che da essapromana. La via della peni-tenza, che S. Francesco sentea lui donata dallo Spiritocome via di salvezza, prospet-ta a tutti la necessità di uncammino di conversione con-tinua, un cammino di curadella dignità della nostra vitaminacciata dallo “spirito delmondo”, per far fiorire la gra-zia del Battesimo, fondamentoe sorgente della vita cristiana.L’autore, P. Lorenzo Di Giu-seppe, frate minore, ci ac-compagna a cogliere nellaprima Sezione la visionefrancescana della penitenzacome via di amore, di acco-glienza dell’Amore che ci hacreati e redenti e che ci donala possibilità a nostra voltadi amare. Una via quindi chenon poggia sulle sole nostreforze ma sull’opera delloSpirito Santo che ci rendepartecipi della vita trinitaria.Unendo la sua ricca espe-rienza di assistenza allecompetenze in teologia mo-rale, P. Lorenzo presenta poinella seconda Sezione trac-ce di spiritualità francescana per i laici desuntedalla “Lettera ai fedeli”, riattualizzata alla lucedel cammino della Chiesa e del suo Magistero,

secondo le istanze dello Sta-tuto della Fraternità FrateJacopa. Questa Sezione of-fre così alcune Schede (Bat-tesimo, Penitenza, Preghie-ra, Fraternità, Nella Chiesa,Mandati ai fratelli, Povertà,Pace, Fratelli di tutto ilcreato) che portano in pre-senza, per questi nostri gior-ni, modalità di incarnazionedella spiritualità francesca-na, sulle quali già muove daqualche tempo la sua espe-rienza ecclesiale la Frater-nità Francescana Frate Ja-copa, come fraternità radi-cata nella Chiesa locale eattenta ad abitare il mondocon cuore misericordioso.La terza sezione “Rinnovodelle promesse battesimali”esprime l’esigenza di ritor-nare sempre alla fonte dellavita cristiana, il Sacramen-to del Battesimo, di cui lavia indicata dal Santo diAssisi è saldo percorso dicustodia.Il testo, frutto del lavoro diaccompagnamento di P. Lo-renzo quale assistente dellaFraternità Frate Jacopa,confidiamo possa essereutile non solo per la nostrarealtà ma costituire unostrumento prezioso ancheper le persone che desidera-no avvicinarsi a questa pro-posta di cammino. L’au-gurio è che le parole della“Lettera ai fedeli”, come cidice S. Francesco, possanodivenire “spirito e vita” percoloro che le accoglieranno.

Argia Passoni,Fraternità Francescana

Frate Jacopa

Lorenzo Di Giuseppe, Incammino con S. Fran-cesco, Ed. Soc. Coop. So-ciale Frate Jacopa, 2016,pagg. 100, € 10. ISBN9788894104738.

Il libro può essere richiesto a [email protected]. 06631980 – 3282288455.

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IN CAMMINO CON S. FRANCESCOLorenzo Di Giuseppe

Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa

IN CAMMINOCON S. FRANCESCOCON S. FRANCESCO

Tutti coloro che amano il Signorecon tutto il cuore, con tutta l'anima ela mente, con tutta la forza e amanoi loro prossimi come se stessi, ehanno in odio i loro corpi con i vizi ei peccati, e ricevono il corpo e il san-gue del Signore nostro Gesù Cristo,e fanno frutti degni di penitenza: oh,come sono beati e benedetti quelli equelle, quando fanno tali cose e per-severano in esse, perché riposeràsu di essi lo Spirito del Signore, efarà presso di loro la sua abitazionee dimora; e sono figli del Padre cele-ste, del quale compiono le opere, esono sposi, fratelli e madri delSignore nostro Gesù Cristo.Siamo sposi, quando l’anima fedelesi unisce al Signore nostro GesùCristo per virtù di Spirito Santo.Siamo suoi fratelli, quando facciamola volontà del Padre che è nei cieli.Siamo madri, quando lo portiamo nelcuore e nel corpo nostro per mezzodel divino amore e della pura e sin-cera coscienza, e lo generiamo attra-verso le opere sante, che devonorisplendere agli altri in esempio…

Inizio della “Lettera ai fedeli”di S. Francesco d’Assisi (FF 178)

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Una città può essere osservata come un campo spa-zialmente addensato di pratiche sociali ed econo-miche, un ecosistema capace di ospitare e generareattività plurali e interdipendenti. Spazialità e ritmidei processi di creazione del valore si combinanooggi con la vita cittadina e con la produzione dieventi, anche di natura culturale. È questo un tematroppo a lungo dimenticato nel nostro paese.È però motivo di speranza constatare come la recenteripresa di interesse nel dibattito pubblico nei confron-ti dello spazio urbano valga a mostrare che il principiodella a-territorialità – principio che cancella ogni ideadella comunità locale e qualsiasi senso di responsabi-lità verso il territorio – è privo di solido fondamento.Ciò ha conseguenze di grande momento.

La prima chiama in causa il livello politico-ammini-strativo, ossia le modalità di gestione della cosapubblica e il coinvolgimento attivo dei cittadini.Solamente dal rapporto simbiotico di government egovernance – le due principali forme di eserciziodell’autorità – è possibile esaltare la coscienza deiluoghi – come la chiama Giacomo Becattini (2015)– cioè il genius loci. L’idea di amministrazione con-divisa richiede che si stringano “patti”, o meglio“alleanze”, tra l’ente locale e le tante espressionidella società civile, non solo per gestire, quanto piut-tosto per disegnare il sentiero di sviluppo. È un fattoche le attività produttive ad alta intensità di cono-scenza sono, quasi sempre, attività cittadine. E infat-ti, le “industrie creative” tendono oggi a raggruppar-si attorno a quelle città che sanno offrire opportuni-tà sociali e culturali adeguate. La seconda conseguenza riguarda l’urgenza didare vita nelle nostre città ad un movimento diamicizia civile con un fine specifico: quello di riaf-fermare, rigenerandola, l’identità culturale di unacomunità di persone che scelgono di coltivare levirtù civiche. L’amicizia civile, fondata sul rispetto– che non è la mera tolleranza –, la collaborazionee la condivisione tra persone con idee e apparte-nenze anche diverse, è prerequisito indispensabileper ritrovare fiducia e per realizzare il bene comu-ne, che è altra cosa rispetto al bene totale (…).

Nell’attuale fase storica i territori e dunque le cittàsono tornati, dopo un lungo periodo di ibernazione,ad occupare un ruolo di primo piano ai fini del pro-gresso spirituale, sociale ed economico dell’interopaese. La ragione principale è che la globalizzazio-ne ha fatto “risorgere” l’importanza della dimen-sione locale. Mentre nella stagione precedente eraquello nazionale il livello di governo cui fare rife-rimento, oggi sono i territori i luoghi privilegiati incui si sperimenta il nuovo e dai quali provengono ipiù significativi impulsi allo sviluppo. La globalizzazione dunque non solo non ha fattoscomparire l’importanza del territorio ma lo ha rilan-ciato, e ciò nel senso che la gara competitiva oggi sigioca a livello dei territori. Mentre prima dell’avven-

to della globalizzazio-ne la competizioneriguardava le singoleimprese o i singoligruppi d’impresa, chepotevano uscirne vin-citori o perdenti, ciòche sta succedendooggi è che il destinodelle imprese è legatoa quello del loro terri-torio. Se un territorio

“fallisce”, falliscono anche le imprese che in quel ter-ritorio operano e viceversa: il successo di un territorioè legato a doppio filo al successo delle imprese che inesso insistono.Si tratta di un cambiamento di prospettiva che ha coltodi sorpresa non pochi, costringendo ad un ripensa-mento radicale delle politiche nazionali: in Italia è soloin questi ultimissimi anni che si è raggiunta piena con-sapevolezza sul fatto che è il territorio che funge daattrattore per le attività economiche. Si pensi agli inter-venti programmati per il Mezzogiorno d’Italia, che sisono rivelati fallimentari proprio perché espressionedella convinzione che lo sviluppo del Mezzogiornodovesse essere pensato e governato dal centro secon-do il modello del government. Simili logiche se potevano avere un qualche sensoun tempo, certamente non ne hanno alcuno nel-l’epoca attuale. Non può più essere il livello nazio-nale a decidere le strategie di sviluppo, trasferen-dole poi alla periferia per la loro implementazione:piuttosto è il locale che deve essere in grado diriacquistare la propria capacità di innovazionerimasta così a lungo assopita, durante la stagionedella società industriale.

* * *Cosa discende dalla presa d’atto che quello dellosviluppo territoriale, rappresenta, nelle condizioniodierne, la via maestra allo sviluppo?

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LE CITTÀ DELL’AMICIZIA CIVILEStefano Zamagni

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La prima conseguenza concerne il modo di governa-re le città. Dobbiamo superare la concezione tradi-zionale di governo per muoverci verso quel modelloteorizzato da Sabino Cassese e da Gregorio Arena(Cittadini attivi, Bari, Laterza, 2006) noto comemodello dell’amministrazione condivisa”. L’idea dibase è che l’ente locale, non può più ritenersi l’unicosoggetto titolato a governare il processo di sviluppo.Piuttosto, l’ente locale deve coinvolgere in tale pro-cesso i cittadini e le organizzazioni della società civi-le portatrici di cultura. Non è difficile darsi conto delleresistenze cui si va incontro quando si cerca di attua-re questo passaggio. Esse sono legate principalmenteal fatto che gli amministratori locali non sembranointenzionati a cedere facilmente quote di sovranitàconquistate per via elettorale. Il Manifesto “Le cittàdel ben vivere” è stato pensato per promuovere unasensibilizzazione su queste tematiche e attivare pro-cessi effettivi di partecipazione. L’amministrazione condivisa richiede che siano rea-lizzati dei “patti” tra l’ente locale e le espressionidella società civile non solo e non tanto per gestire,quanto piuttosto per progettare il processo di svilup-po. Tecnicamente questo esige che si faccia ricorsoa strumenti nuovi di dialogo, come ad esempio iforum deliberativi, i piani strategici, le fondazioni disviluppo – un esempio notevole di queste ultime è ilJoint Venture Silicon Valley Network.Una seconda conseguenza riguarda il nesso traimprenditorialità e territorio. Rileggiamo un branodi Italo Calvino, tratto da Le città invisibili, che beneillustra il concetto di innovatività d’impresa. “MarcoPolo descrive un ponte, pietra per pietra. Ma qual è lapietra che sostiene il ponte? – chiede Kublai Kan. Ilponte non è sostenuto da questa o quella pietra –risponde Marco – ma dalla linea dell’arco che esseformano. Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo.Poi aggiunge: Perché mi parli delle pietre? È solodell’arco che mi importa. Polo risponde: Senza pie-tre non c’è arco”. Innovare significa imporre agli ele-menti (le pietre) nuove forme e nuovi ordini. Per

creare novità occorre pensiero pensante, un pensierocioè che sappia indicare la direzione di marcia; nonbasta il pensiero calcolante, che pure è necessario. Eoccorre anche non avere paura del futuro, non teme-re che il ponte possa crollare. L’imprenditore vero èun soggetto che si nutre di speranza, che non credeaffatto che il futuro sia destabilizzante solo perchénon è in nostro possesso (…).Una terza ragione, infine, è il fatto che la città è illuogo privilegiato per la creazione del capitalesociale – di tipo sia bonding sia bridging – che è ilvero motore di ogni processo di sviluppo sostenibile.In un saggio purtroppo poco noto di A. deTocqueville, Il pauperismo (1835), si legge: “L’uomocivilizzato è… infinitamente più esposto alle vicissi-tudini del fato che non l’uomo selvaggio. Ciò che alsecondo capita di tanto in tanto… al primo può suc-cedere in ogni momento e in circostanze del tuttoordinarie (…)”. Ed ecco la proposta, veramente sor-prendente considerati i tempi: “Esistono due tipi dibeneficenza: la prima induce ogni individuo ad alle-viare, a misura delle sue possibilità, il male che sitrova alla sua portata. Essa è antica come il mondo…La seconda, meno istintiva, più ragionata, contraddi-stinta da minore passione ma spesso più efficace, invi-ta la società stessa ad occuparsi delle avversità deisuoi membri e a provvedere in modo sistematicoall’attenuazione delle loro sofferenze”. Come si vede,è qui anticipato, in termini affatto moderni, l’argo-mento secondo cui un welfare all’altezza delle suesfide postula l’intervento di tutta la società per “atte-nuare le sofferenze” dei cittadini e non solo di una suaparte come può essere la pubblica amministrazione. Gli estensori del presente Manifesto – Le città del benvivere – si sono assegnati il compito di contribuire adabbattere questo luogo comune, che tanto danno vaarrecando al nostro paese, consapevoli come sono chele grandi opere si fanno non nel tempo, ma per iltempo, perché è la civitas che genera la civilitas. ■■

Per approfondire: www.benecomune.net

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Bellamonte - 21-28 agosto 2016

La Settimana di formazione nazionale si svolgerà dal 21 al 28 agosto 2016 nella splen-dida cornice delle Dolomiti in località Bellamonte (Val di Fiemme), vicino al Parco diPaneveggio. L’incontro intende unire la finalità della formazione ad un tempo di vacan-za in un luogo dove rendere insieme lode al Signore per la bellezza della creazione.La Settimana, in un clima di preghiera e di fraternità, avrà al centro un Convegno aper-to a tutti sul tema “Abitare la terra. Abitare la città” (23-26 agosto 2016), allo scopodi intraprendere il cammino di riflessione sulle vie proposte dal Convegno EcclesialeNazionale a Firenze 2015 recuperando il senso profondo dell’abitare e il compito dellacura per abitare questo nostro mondo con cuore misericordioso.Sede del Convegno sarà la Sala “Aldo Moro” presso il Centro Polifunzionale diBellamonte, messa a disposizione dal Comune di Predazzo, che ha concesso ilPatrocinio alla manifestazione. Il Convegno, che vedrà la partecipazione di emi-nenti esperti e momenti di incontro con la realtà locale, civile ed ecclesiale, sarà

aperto da S.E. Mons. Mario Toso, Vescovo di Faenza Modigliana, con la presentazione del tema “Abitare la città, rige-nerando il sociale” e vedrà nella seconda giornata la partecipazione di S.E. Mons, Lauro Tisi, Arcivescovo di Trento.Per il programma completo si rimanda alla Locandina del Convegno a pag. 10. I partecipanti, ospiti presso l’Hotel Torretta, saranno accolti domenica 21 agosto dalla Parrocchia di Predazzo per dareinizio alla Settimana con la Celebrazione della S. Messa e concluderanno il Convegno con la preghiera per la Custodiadel creato, secondo gli intenti della Giornata indetta dalla Cei.Per info e prenotazioni: tel. 06631980 – cell. 3282288455 – [email protected].

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Con il patrocinio delComune di Predazzo

Fraternità Francescanae Cooperativa Sociale Frate Jacopa

ABITARE LA TERRA,ABITARE LA CITTÀ

BELLAMONTE, SALA POLIFUNZIONALE,23/26 AGOSTO 2016

FRATERNITÀ FRANCESCANA E COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPAPiazza Cardinal Ferrari 1c - 00167 Roma - 3282288455 - Resp. locale Marilena Lochmann 3387931208

www.coopfratejacopa.it - [email protected] - www.fratejacopa.net - http://ilcantico.fratejacopa.net

MARTEDÌ 23/8ORE 16,30

Introduzione ai lavori Argia Passoni,Fraternità Francescana Frate Jacopa

"Abitare la città, rigenerando il sociale"S.E. Mons. Mario Toso, Vescovo di Faenza-Modigliana

MERCOLEDÌ 24/8ORE 16,30

“Abita la terra e vivi con fede”S.E. Mons. Lauro Tisi, Arcivescovo di Trento

“Abitare il territorio” - Tavola rotonda“La casa comune”

Dott.ssa Maria Bosin, Sindaco di Predazzo“Gestire assieme un Bene Comune.

Il caso delle Dolomiti Unesco”Dott.ssa Marcella Morandini,

Segretario Generale Fondazione Dolomiti UNESCO“L’impegno della Diocesi per custodire il territorio”

Don Rodolfo Pizzolli,Delegato Problemi sociali e Lavoro Diocesi di Trento

GIOVEDÌ 25/8ORE 16,30

"Abitare le relazioni:la famiglia cuore della relazionalità"

Don Massimo Serretti,Docente teologia dogmatica, Università Lateranense

“Vite interconnesse:le relazioni tra l’online e l’offline”

Dott.ssa Letizia Atti,Educatrice multimediale e psicopedagogista

VENERDÌ 26/8ORE 16,30

"Abitare o inabitare?Alcuni spunti di ricerca alla luce della Laudato si’"

Dott.ssa Edes Guerrini,Pedagogista, insegnante di religione

“Quale etica per abitare la casa comune?”Don Marco Cagol,

Direttore regionale PSL del Triveneto,Presidente Fondazione Lanza

Conclusioni

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Percorrere le strade aperte dal cammino sinodaleper comprendere meglio l’Esortazione apostolica“Amoris laetitia”: è quanto il Papa intende fare conil suo discorso al Convegno della Diocesi di Roma.Per aiutare a fare questo delinea, attraverso imma-gini bibliche, tre fondamentali questioni: arrivare atutte le famiglie, non mettere in campo una pasto-rale dei “ghetti” e dare spazio agli anziani con laloro testimonianza.

La vita di ogni famiglia deve essere trat-tata con curaFrancesco ricorre all’immagine di Mosè acui Dio dice davanti al roveto ardente ditogliersi i sandali. Un’immagine che sideclina nel ricordare che i temi affrontatinei due Sinodi non erano “un argomentoqualsiasi”, ma “i volti concreti di tantefamiglie”: “Come aiuta dare volto ai temi!E come aiuta ad accorgersi che dietro allacarta c’è un volto, eh? Come aiuta! Ci libe-ra dall’affrettarci per ottenere conclusioniben formulate ma molte volte carenti divita; ci libera dal parlare in astratto, perpoterci avvicinare e impegnarci con perso-ne concrete. Ci protegge dall’ideologizza-re la fede mediante sistemi ben architettatima che ignorano la grazia”.“È la fede – dice – che ci spinge a nonstancarci di cercare la presenza di Dio nei

cambiamenti della storia”. Le famiglie “nellenostre parrocchie”, con le loro complessità, nonsono, dunque, “un problema” ma “un’opportuni-tà”: “Opportunità che ci sfida a suscitare una crea-tività missionaria capace di abbracciare tutte lesituazioni concrete, nel nostro caso, delle famiglieromane”.Bisogna arrivare alle famiglie dei nostri quartieri,non solo a quelle che vengono in parrocchia. Equesto incontro ci sfida a non dare nessuno perperso: “Ci sfida a non abbandonare nessuno perchénon è all’altezza di quanto si chiede da lui. E que-sto ci impone di uscire dalle dichiarazioni di prin-cipio per addentrarci nel cuore palpitante dei quar-tieri romani e, come artigiani, metterci a plasmarein questa realtà il sogno di Dio, cosa che possonofare solo le persone di fede, quelle che non chiudo-no il passaggio all’azione dello Spirito. E che sisporcano le mani”.In una parola, sottolinea Papa Francesco, questariflessione “ci chiede di toglierci le scarpe per sco-prire la presenza di Dio”: “E l’identità non si fanella separazione: l’identità si fa nell’appartenen-za. La mia appartenenza al Signore: quello mi dàidentità. Non staccarmi dagli altri perché non micontagino”.

Serve una logica della compassione verso lefamiglieLa seconda immagine è quella del fariseo cheprega ringraziando Dio di non essere come gli altriuomini. Il Papa mette in guardia dalla tentazione di

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RINUNCIARE AI RECINTI E AVVICINARSIALLE FAMIGLIEIl Papa alla Diocesi di Roma

La pastorale familiare raggiunga ogni fami-glia, abbia un atteggiamento di compassione evalorizzi la testimonianza degli anziani.Questo, in sintesi, l’invito del Papa che, neltardo pomeriggio del 17 giugno 2016, ha aper-to il Convegno della Diocesi di Roma, nellaBasilica di San Giovanni in Laterano. Al cen-tro della riflessione il tema “‘La letizia del-l’amore’: il cammino delle famiglie a Romaalla luce dell’Esortazione apostolica ‘Amorislaetitia’ di Papa Francesco”. L’incontro è ini-ziato con il saluto del Cardinale vicarioAgostino Vallini. I lavori sono proseguiti l’in-domani con i cinque laboratori tematici nelle36 prefetture della Diocesi di Roma. Le con-clusioni, con la relazione del Cardinale vicarioe la presentazione degli orientamenti pastorali,sono state fissate per il 19 settembre. Il serviziodi Debora Donnini (Radio Vaticana).

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credere di guadagnare in identità quando ci si dif-ferenzia dagli altri. Tutti, invece, “abbiamo bisognodi convertirci” e gridare assieme al pubblicano:“Dio mio abbi pietà di me che sono un peccatore”,dice Francesco. Questo ci fa avere un atteggiamen-to di umiltà, fa “guardare le famiglie con la delica-tezza con cui le guarda Dio”. Ed è proprio l’accen-to posto sulla misericordia ad aiutare ad avere “ilrealismo di Dio”: “Nulla è paragonabile al reali-smo evangelico, che non si ferma alla descrizionedelle situazioni, delle problematiche – meno anco-ra del peccato – ma che va sempre oltre e riesce avedere dietro ogni volto, ogni storia, ogni situazio-ne, un’opportunità, una possibilità. Il realismoevangelico si impegna con l’altro, con gli altri enon fa degli ideali e del ‘dover essere’ un ostacoloper incontrarsi con gli altri nelle situazioni in cui sitrovano”.

Questo non significa “non essere chiari nella dot-trina” ma “evitare di cadere in giudizi che nonassumono la complessità della vita”. “Il realismoevangelico si sporca le mani perché sa che ‘grano ezizzania’ crescono assieme”. Citando “Amoris lae-titia”, Francesco dice di comprendere “coloro chepreferiscono una pastorale più rigida che non dialuogo ad alcuna confusione”. Ma “credo sincera-mente”, afferma, che Gesù vuole una Chiesa che“nel momento in cui esprime chiaramente il suoinsegnamento obiettivo”, “non rinuncia al benepossibile, benché corra il rischio di sporcarsi con ilfango della strada”. In una parola: una Chiesacapace di assumere “una logica della compassioneverso le persone fragili”.Il Papa, parlando a braccio, fa riferimento ad uncapitello che si trova nella Basilica di Santa MariaMaddalena a Vélazay, in Francia, dove Giudaimpiccato viene portato sulle spalle da Gesù. E adon Primo Mazzolari che ha capito la complessitàdella logica del Vangelo dice: “E quello che si è

sporcato di più le mani, è Gesù. Gesù si è sporcatodi più. Non era un pulito ma andava dalla gente, trala gente e prendeva la gente come era, non comedoveva essere. Torniamo all’immagine biblica: ‘Tiringrazio, Signore, perché sono dell’AzioneCattolica, o di questa associazione, o della Caritas,o di questo o di quello, e non come questi che abi-tano nei quartieri e sono ladri e delinquenti’: que-sto non aiuta la pastorale”.

Gli anziani, preziosi testimoni dell’amoreL’ultima immagine richiamata è quella del profetaGioele che parla di anziani che faranno sogni profe-tici. Il Papa sa le difficoltà dei giovani – il 40% deiragazzi dai 25 anni in giù non ha lavoro – e si chie-de, dunque, quale speranza possano avere. Torna,dunque, un tema caro a Francesco: quello deglianziani e della loro testimonianza. I nonni possono,

infatti, testimoniare la gioia di aver fattouna scelta d’amore e averla preservatanel tempo. Scartare gli anziani, comespesso fa la società, porta a perdere “laricchezza della loro saggezza”, avverteil Papa. E proprio la “mancanza dimodelli”, non permette alle giovanigenerazioni di “avere visioni”, cioè difare progetti perché si ha paura del futu-ro. E il Papa ha aggiunto, parlandoancora a braccio, riferimenti alla suaesperienza durante le Messe del mattinoa Casa Santa Marta, dove vengono tantecoppie che fanno 50 o 60 anni di matri-monio. E il Pontefice esorta a mostrarequesto amore ai giovani che invece,magari dopo due o tre anni, voglionotornare “da mamma”. La testimonianzadi chi ha lottato per qualcosa che valevala pena, invece, aiuta ad alzare lo sguar-do, ed è preziosa: “Loro si sentonoscartati, quando non disprezzati. A noi

piace, nei programmi pastorali: ‘Questa è l’ora delcoraggio’, ‘questa è l’ora dei laici’, ‘questa èl’ora…’. Ma se io dovessi dire, questa è l’ora deinonni! ‘Ma, Padre, Padre, lei va indietro, lei è pre-conciliare’! Eh: è l’ora dei nonni, che i nonnisognino, e i giovani impareranno a profetizzare,cioè a fare realtà con la loro forza, con la loroimmaginazione, con il loro lavoro, i sogni deinonni”.

Bisogna rinunciare ai recinti per incontrare glialtri“Rinunciamo ai recinti”, conclude il Papa, esortan-do ad “entrare in contatto con l’esistenza concretadegli altri”. L’invito di Francesco è quello di svi-luppare una pastorale familiare “capace di acco-gliere, accompagnare, discernere e integrare”, e diconoscere “la forza della tenerezza”, “perché lavita a noi affidata” possa svilupparsi secondo “ilsogno di Dio”.

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A fronte della complessa crisi dellademocrazia, constatato che la cul-tura della Sinistra appare profonda-mente intaccata e sempre più sbia-dita nella sua identità, preso attodell’analoga debolezza delle politi-che «laiche», in vista di una nuovaprogettualità, rimane ancora attivoe fecondo, grazie anche alla capaci-tà propositiva di papa Francesco, ilfilone culturale generato dall’espe-rienza religiosa cristiana non ideo-logizzata, che ha una sua feliceconcretizzazione nell’insegnamen-to sociale dei pontefici. Ispirandosiad un tale filone, questo saggio pro-pone, in particolare, le tappe delpassaggio da una democrazia a«bassa intensità», contrassegnatada crescenti diseguaglianze epovertà, com’è quella in cui viviamo, ad una «demo-crazia ad alta intensità», inclusiva. Precondizioni delrilancio di una democrazia rappresentativa e parteci-pativa sono: la riabilitazione della politica, la riformadei partiti, il compattamento di nuovi movimentisociali – le rappresentanze politiche si avvalgono diprevie rappresentanze sociali -, la rigenerazione dellerelazioni in termini di solidarietà, lo sviluppo diun’ecologia integrale, l’organizzazione di un’econo-mia democratica e circolare, l’investimento in un wel-fare civile, la riforma delle istituzioni internazionaliper renderle più commisurate ai bisogni globali. Sesoprattutto non si riconnette la democrazia alla perso-na concreta, alla libertà che si lega alla verità, comesuo punto di partenza e di arrivo, permane sempre ilrischio di implosione.

“Per una nuova democrazia” è losviluppo di un precedente volume,rivisto ed ampliato, intitolato “Riap-propriarsi della democrazia”. Conriferimento all’attualità si sottolineal’importanza di reagire all’imperan-te individualismo libertario chesmantella lo Stato di diritto ederode, con il bene comune inclusivodi tutti, la solidarietà, la destinazio-ne universale dei beni collettivi el’ecologia integrale. Occorre pro-porre ed educare ad un più autenti-co concetto di libertà. La libertà nonè solo spezzare le proprie catene,ma anche vivere in modo da accre-scere la libertà altrui. Essendosiriscontrato un crescente interesseper l’insegnamento morale e socia-le dei pontefici, anche per quanto

riguarda la riabilitazione della politica, si è pensato difar cosa utile allegando un’Antologia di brani, tratti daimolteplici pronunciamenti di san Giovanni Paolo II, diBenedetto XVI e di Francesco.

L’autore Mario Toso, già Rettore dell’UniversitàPontificia Salesiana di Roma e Segretario delPontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,ora è vescovo di Faenza-Modigliana. Ha al suo atti-vo numerose pubblicazioni nell’ambito dellaDottrina sociale della Chiesa e della Filosofiasociale e politica.

Mario Toso, “Per una nuova democrazia”,Libreria Editrice Vaticana, 2016 pagg 384,Prezzo € 16,00.

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PER UNA NUOVA DEMOCRAZIA

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L’Esortazione Apostolica “Amoris laetitia” sull’amorenella famiglia, si pone nella linea della Misericordia edi un dialogo sempre aperto a ulteriori sviluppi enovità di prospettive (cf AL 3).L’approccio dell’Esortazione si fonda sulla “concretez-za”, nella consapevolezza che “la realtà è superioreall’idea” (EG 231). Questo non significa che idea e real-tà siano alternative tra loro, ma che devono essere indialogo poiché solo la realtà “illuminata dal ragionamen-to” (EG 232), ci coinvolge, ponendoci sul piano del-l’esperienza, nell’ottica dell’incarnazione. L’“Amoris lae-titia” rifugge da un’impostazioneastratta e ideologica poiché, ispi-randosi allo sguardo misericor-dioso del Padre che si chinasulla realtà così com’essa è,fatta di gioie e di dolori, di santitàe di infedeltà, di miseria e diresurrezione, propone comemodello Cristo che ha condivisocon tutti, nella quotidianità,momenti di vita lieti e tristi, viven-do a contatto con i peccatori,poiché sono i malati, non i sani,ad avere bisogno del medico.L’“Amoris laetitia” prospetta unmodello di Chiesa che siacompagna di viaggio dellafamiglia perché quest’ultimanon sia abbandonata al suodestino, ma senta accanto asé una presenza autorevole eamorevole al tempo stesso,che l’aiuti a comprendere l’au-tentica volontà di Dio. Di quil’importanza del discernimentoa cui le coscienze devonoessere educate camminandoinsieme alla Chiesa. L’“Amoris laetitia” presenta unavisione dell’amore misericordio-so che si fa accogliente in unaproporzione che è “fuori misura”,eccedente i meriti e i demeriti diciascuno. Nella prospettiva diporre l’accento su una Chiesaintesa come Famiglia delle fami-glie umane e dei popoli con leloro storie e le loro diverse tradi-zioni e culture, emerge il dinami-smo dell’essere perennemente“in uscita”, aperti all’incontro e aldialogo propri di una Chiesa che vuol essere inclusivaper vivere come popolo in cammino che non vuol per-dere nessuno lungo la strada, nemmeno (anzi soprat-tutto) chi è più fragile e più lento. Tra le parole chiave dell’Esortazione apostolica, laprima e quella che in questo calendario abbiamovoluto evidenziare maggiormente, è la gioia. In con-tinuità con “Evangelii Gaudium”, nell’“AmorisLaetitia” si passa dalla gioia del Vangelo alla gioiadella famiglia. Lo si vede fin dalle prime paroledell’“Amoris laetitia”: “La gioia dell’amore che si vivenelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa” (AL 1).Ciò non significa che si idealizzi la vita familiare, poi-ché vengono enumerati molti aspetti della crisi che

rendono oggi difficile formare una famiglia e mante-nersi fedele ad essa. Si parla della “cultura del prov-visorio” in cui siamo immersi e che ci rende refratta-ri a compiere scelte definitive di qualunque tipo. Si fariferimento “alla rapidità con cui le persone passanoda una relazione affettiva ad un’altra” (AL 39), al“narcisismo” che “rende le persone incapaci di guar-dare al di là di se stesse, dei propri desideri e neces-sità” e così via. Ma, proprio per questi limiti, anzi inragione di essi, quello che vale la pena di riscoprireè che “l’amore dà sempre vita” (AL 165), nel senso

che la famiglia non è solo l’am-bito della generazione, ma èanche il luogo “dell’accoglien-za della vita che arriva comedono di Dio” (AL 166). La fami-glia è altresì “il luogo dove siinsegna a cogliere le ragioni ela bellezza della fede, a prega-re e a servire il prossimo” (AL287), il luogo dove ci “si ralle-gra della felicità dell’altro...”(AL 110). Senza minimizzarele grandi possibilità di male e irischi di caduta a cui la fami-glia è esposta quotidianamen-te, proprio per l’elevato gradodi prossimità che in essa sirealizza, noi sappiamo che,secondo la visione cristiana,nella famiglia può trovare spa-zio un amore per l’altro chedona “il gusto di contemplare eapprezzare ciò che è bello esacro del suo essere persona-le” (AL 127). Oggi prevalgono stili di vitaimprontati al consumismo, cheimpoveriscono il senso esteti-co, spengono la gioia e la tene-rezza. Invece la famiglia è unaluce che brilla e scalda i cuori.“Ogni casa è un candelabro”(Borges), un “concreto vivente”(Guardini) che illumina le tene-bre del mondo minacciato da“un individualismo esasperatoche snatura i legami familiari efinisce per considerare ognicomponente della famigliacome un’isola…” (AL 33).La famiglia oggi è attaccata

proprio perché esprime una forza tenace difficilmen-te manipolabile e strumentalizzabile dai condiziona-menti esterni. Essa è una presenza “resiliente”, fortee sempre nuova, dinamica e fedele a se stessa.“Così i coniugi cristiani dipingono il grigio dello spa-zio pubblico riempiendolo con i colori della fraterni-tà…” (AL 184) e, “partecipando al mistero dellacroce di Cristo, che trasforma le difficoltà e le soffe-renze in offerta d’amore” (AL 317), possono speri-mentare la presenza del Signore risorto.

A cura di Lucia Baldo

Il Calendario può essere richiesto [email protected]

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CALENDARIO FRANCESCANO 2017

Il Calendario Francescano 2017vuole aiutarci, alla luce dell’“AmorisLaetitia”, ad aprire gli occhi e ilcuore sulla bellezza della famiglia.L’andare di mese in mese alla risco-perta di ciò che costituisce la gioiadella famiglia possa essere di sti-molo a custodirne la preziosità e arigenerarne la fecondità, perapprendere ad abitare la terracome unica famiglia umana.

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Siamo convocati a stare nel mondo con cuore mise-ricordioso. È il mandato fondamentale che l’annogiubilare vuole riportare alla nostra memoria, sen-tendone più che mai l’urgenza in questo nostrotempo che tende ad emarginare dalla vita la mise-ricordia, a distogliere il cuore umano dalla miseri-cordia, aumentando così l’abisso sociale e il deser-to spirituale.Le opere di misericordia corporali e spirituali, incui si condensa la saggezza della Chiesa lungo isecoli, non a caso sono particolarmente conse-gnate alla nostra attenzione perché costituisconouna vera e propria pedagogia di incarnazione,aperta alla possibilità di ogni persona e allepotenzialità di tutta la comunità ecclesiale, perdivenire fermento di cura e di servizio alla incom-mensurabile dignità di ogni uomo nella stessasocietà civile. Il Cardinal Walter Kasper (cf La sfida della mise-ricordia, Ed. Qiqajon) prospetta la misericordiacome chiave dell’esistenza cristiana nella società,a partire dalle opere di misericordia di cui sottoli-nea l’attualità: “dare da mangiare e bere ci chiamaalla giustizia in un mondo in cui le risorse dellavita sono distribuite in modo molto ingiusto; ospi-tare i forestieri diventa una questione di coscien-za di fronte a milioni di rifugiati… visitare i mala-ti e gli anziani diventasempre più importante inuna società in cui contaspesso solo chi è giovane,chi è sano e forte… libera-re i prigionieri significamigliorare e umanizzare laloro situazione e impe-gnarsi per coloro cheingiustamente sono in pri-gione… Tutto il realismocristiano viene alla lucequando ci rivolgiamo alleopere della misericordiaspirituale. Infatti, non esi-ste solo la povertà materia-le, ma anche la povertàculturale, quella povertà dicoloro che non hannoaccesso alla cultura; lapovertà relazionale, cioè lapovertà di comunicazionedi chi è in solitudine; nonultima la povertà spiritua-le, il vuoto e sempre cre-

scente deserto interiore, la mancanza e lo smarri-mento di orientamento nella vita.”Queste opere – prosegue Kasper – non sostituisco-no l’ordine di una società giusta, ma ne costitui-scono l’ispirazione, la motivazione profonda, indi-spensabile per la edificazione di una società piùgiusta ed umana. Assumere la misericordia comestile di vita diventa così possibilità di feconda rige-nerazione personale e sociale, in definitiva difeconda umanizzazione. È il “pellegrinaggio” a cuisiamo invitati in una prassi ininterrotta di contem-plazione e azione che chiama in causa tutte lefacoltà della persona.In questo cammino, da “figli” e “fratelli”, per faredella misericordia il nostro stile di vita, ci vieneincontro l’esemplarità di S. Francesco che haassunto la misericordia come modalità della suavita, unendola ad un cammino di conversione sem-pre rinnovato nell’ardente desiderio di conformarsia Cristo e di avvicinare gli uomini alle fonti dellamisericordia.

L’esemplarità di S. FrancescoS. Francesco coglie la misericordia come il grembomaterno dove nasce la vita. Come ci svela nelTestamento, l’esperienza della misericordia divinasta all’origine della sua vocazione. In Cristo egli ha

innanzitutto la rivelazionedell’amore misericordiosodel Padre. Toccato da que-sto amore trasformante eliberante, egli stesso «usamisericordia». e intende lasua missione in questa otti-ca di misericordia: profeziaper quanti sono ancora pri-gionieri di se stessi e atten-dono di essere sorpresianch’essi dall’annuncio tra-sformante e liberante del-l’amore del Padre (cf S.Bovis, Francesco e laParola, Ed. Porziuncola,1999).La misericordia di Dio chea lui si dona, che gli rivelail mondo rivestito di ineffa-bile misericordia, apre lasua vita alla dimensioneunica del dono. Francesconon può trattenere per sé,deve gridare con le parole e

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STARE NEL MONDO CON CUOREMISERICORDIOSO

Argia Passoni

“SIATE MISERICORDIOSI“SIATE MISERICORDIOSICOME IL PADRE VOSTRO”COME IL PADRE VOSTRO”

AA.VV.

SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA

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con la vita che «Dio ci salva per sua sola miseri-cordia» (FF 69). E la misericordia, il volgere lafaccia a colui che è nella necessità, al “lebbroso”,all’uomo indurito dal peccato, diventa il modo delrapporto con l’altro (cf Lettera a un ministro, FF234-235), dove al centro è lo sguardo, innanzituttola percezione dell’altro, il sentire ritrovato di unacomune umanità.L’“usare misericordia” rimanda alla sovrabbondan-te misericordia del Padre, al suo disegno di amore, dicomunione con tutte le creature, e si fa via di evan-gelizzazione. Tutta la vita di Francesco è così tesa afar riconoscere agli uomi-ni i doni divini e a lodareil Padre, il Figlio, loSpirito Santo, perché inDio solo riposa il nostrobene, la nostra autenticapossibilità di gioia.L’incontro col lebbrosorappresenta il punto disvolta: “…il Signore micondusse tra loro ed usaicon essi misericordia”(FF 110). L’incontroavviene per iniziativa diDio, un’iniziativa accolta,fatta propria. Ne conseguequalcosa di grande perchél’”amaro” si trasforma in“dolcezza” di anima e dicorpo. Cade l’ultima bar-riera, l’ostacolo che anco-ra Francesco aveva allafraternità e al conformarsia Cristo che ha assunto sudi sé fino in fondo la fragi-lità della carne umana. Illebbroso rappresenta tuttal’umanità; abbracciandol’ultimo dell’umanità, con l’amore per il corpo piaga-to di Cristo, Francesco diventa fratello di tutti. Sente lanon verità di una vita egoisticamente incentrata su sestesso, una vita escludente, e sente in se la gioia del-l’alternativa che il Signore gli dona di assaporare.Misericordia è infatti accoglienza, accoglienza dellafragilità dell’altro e della propria fragilità.Nell’atto di consegnare la sua eredità ai frati – que-sto è il suo Testamento – egli rimanda a rimeditarenello Spirito, quale evento paradigmatico dell’ini-zio della conversione, quell’incontro rivelativo diun modo d’essere. E l’“usare misericordia” simanifesta in un farsi prossimo ai lebbrosi, in unostare con loro, tra loro, rendendosi a loro familiarie prendendosi cura di loro. È la scuola del privile-giare il punto di vista del povero per poter acco-gliere ogni aspetto della condizione umana e soc-correrla.Osare incontrare l’altro, il diverso, come “possibi-le fratello” diventa modalità di vita. Per S.Francesco in ogni persona c’è sempre la dignità

dell’essere “a immagine di Dio”, in ogni personac’è un possibile discepolo e apostolo: si tratta diaiutarlo a conoscersi per quello che è, un amato daDio, un cercato da Dio. Esemplare a questo riguar-do la pedagogia da lui adottata nei riguardi dei bri-ganti di Monte Casale (cf FF 1646).Francesco d’Assisi prosegue poi nel suo Testamento“... Di lì stetti un poco e uscii dal mondo” (FF 110):queste parole testimoniano la trasformazione radica-le, conseguente all’incontro col lebbroso. Esse indi-cano la decisione di cambiamento di vita. Francescointende passare da una vita incentrata sulle proprie

forze ad una vita incen-trata sulla misericordiaed inizia così il camminodi penitenza.L’uscita dal mondo checontrassegna la conver-sione non è dunque unafuga dal mondo per vive-re in un’isola dei beati: èl’uscire dalla logica delmondo, la logica dellasopraffazione dell’altro,dell’esclusione, dell’in-differenza, la logica del-l’appropriazione, dell’au-tosufficienza e dell’indivi-dualismo egocentrico in-capace di guardare l’altro.Questo “uscire dal mon-do” riconsegna anche anoi oggi, alla luce del-l’esperienza di S. Fran-cesco, questa responsabi-lità, rispondere al tu diDio per uno stare nelmondo in modo miseri-cordioso, poiché, in Cri-sto, Dio ha usato miseri-

cordia con noi e vuole renderci collaboratori del suousare misericordia.

Nel mondo col cuore misericordioso di CristoProclamare e introdurre nella vita il mistero dellamisericordia di Dio vuole dire dare un’anima almondo (cf Dives in Misericordia 14). Questo è ilservizio amoroso e fedele connaturato al camminodi ritorno al Padre con i fratelli. Ed è di una attua-lità sconcertante se consideriamo i tratti di questonostro mondo globale dove siamo sempre più desi-derosi di contatti ma sempre più incapaci di spec-chiarci nell’altro, di sentirci abitati dall’altro e dun-que sempre più in agonia di amore e di fraternità.Questa nostra società proclama come non mai ladignità umana eppure la disattende in modo cre-scente, dando luogo all’esclusione sistematica ditanta parte dell’umanità dai più elementari dirittiumani e corrodendo la stessa socialità, mentreemergono nuove inedite forme di schiavitù, fruttodel considerare non solo il creato ma la stessa vita

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umana disponibile a proprio piacimento, manipola-bile e fruibile.È in gioco dunque il riportare la tenerezza nelmondo, e solo lo specchiarsi in quell’amore fon-tale può liberare la vita dalla mercificazione inatto e dalla sua alienazione. Solo il balsamo dellamisericordia può salvare il mondo dal decadi-mento. È in gioco il fare di tutta l’umanità unasocietà fraterna cooperando per la giustizia e lapace attraverso il lavoro, la preghiera, la vitafamiliare, con l’offerta della propria sofferenza,in una relazione alle persone e alle cose che siagrazia e partecipazione, e non distruzione, sfrut-tamento, dominio. È in gioco l’immettere unostile misericordioso nel tessuto della vita quoti-diana, declinandolo nelle varie occupazioni delmondo, in quel rendere onore al piano d’amoredel Padre proprio del laico, ordinando le cosetemporali secondo Dio.Siamo ben lontani dal poter pensare in termini inti-mistici tutto questo percorso: siamo chiamati allacoltivazione della interiorità per poter abbracciareil mondo. Non si tratta di appartarsi dal mondo, sitratta di uscire dall’egocentrismo con i suoi esitidrammatici di violenza e ingiustizia; si tratta diuscire dall’indifferenza complice della culturadello scarto per assumere la nostra condizione divita nel mondo, in modo nuovo, nella logica delrendimento di grazie e della restituzione, avendo

nel cuore la passione per l’uomo ferito dal peccatoe la passione per il volto sfigurato di questa nostraumanità. Siamo collaboratori della infinita miseri-cordia di Dio, proprio interessandoci del mondo, apartire dalla nostra quotidianità affinché sia ilmondo dei figli di Dio.Cristo, assumendo la fragilità della nostra carneumana per farsi nostro fratello, fino a dare la vitaperché l’umanità possa riconciliarsi all’immaginedel suo Creatore, svela a S. Francesco come ilmovimento della nostra vita non debba essere neldistacco, ma debba assumere la prospettiva inversa,vale a dire la prospettiva del condividere, dello“stare con”, “stare in mezzo”, “stare a fianco”,accogliendo e valorizzando ogni uomo. Lungi daldistoglierci dal mondo, il portare con Cristo le sortidel mondo ci chiede di essere “tenda del Signore”in mezzo agli uomini, in ascolto degli impoveritidella terra, pronti all’accoglienza e al soccorsodella dignità calpestata di ogni uomo, in una mobi-litazione perseverante per la vera pace e il verobene.E ci rimanda all’esigenza imprescindibile dellacostruzione fedele del noi ecclesiale, per alimen-tare nella custodia fraterna e nella vigilanzaevangelica, con la grazia sacramentale, questoessere nel mondo col cuore misericordioso diCristo.

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La Fondazione Infantile “Club Noel” è l’unico ospedale dedi-cato esclusivamente alla cura dei bambini poveri residentiin tutto il Sud-Ovest della Colombia, nella città di Cali.Questa Fondazione è stata creata nel 1924 e da allora èstata sempre al servizio dei bambini poveri e ammalati chedifficilmente potrebbero raggiungere un’altra struttura sani-taria. Lo spostamento forzato dei contadini verso la città haprodotto una crescita significativa del numero dei bambinimalati da zero a due anni e relativo aumento delle doman-de alla Clinica infantile. Considerando la vita e la salutecome diritti fondamentali dei bambini, la Fondazione Clinica

Infantile ha la necessità di migliorare ambienti, apparec-chiature e personale per salvare la vita di molti bambinipoveri. Per questo motivo è necessario il sostegno finan-ziario di istituzioni e di privati al fine di poter approntareinterventi e soluzioni adeguate per questi bambini colpiti dacomplesse patologie endemiche, degenerative, infettive,congenite, ecc., causate da: clima tropicale, cattive condi-zioni alimentari e di vita, servizi inadeguati, fattori ereditari.La Cooperativa Sociale “Frate Jacopa” ha accolto questarichiesta di aiuto, di cui si è fatto portatore p. José AntonioMerino, che conosce di persona i responsabili dellaFondazione e l’impegno umanitario da questa profuso. Leofferte, grandi e piccole, che saranno fatte tramite la coo-perativa, saranno inviate, come nostro contributo alla rea-lizzazione di progetti per l’acquisto di attrezzature diagno-stiche e l’allestimento di una unità di cura intensiva per ibambini che richiedono interventi chirurgici postoperatoricomplessi.Chi intende partecipare può inviare la propria offerta conbonifico bancario sul c/c intestato a Società CooperativaSociale Frate Jacopa presso Banca Prossima, precisandola causale “Liberalità a favore della Cooperativa SocialeFrate Jacopa per il Progetto Club Noel Colombia”: IBAN:IT82H0335901600100000011125. Sarà rilasciata ricevutaper usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalla legge.

SOSTEGNO A DISTANZA - CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL”I bambini della Colombia attendono il nostro aiuto

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Tra le sette opere di misericordia corporale,“visitare gli infermi” assume un rilievo tutto par-ticolare, dal momento che farsi prossimo a chisoffre rappresenta un modo profondo ed emble-matico di avvicinarsi, con espressione di PapaFrancesco, alla carne viva e dolente di CristoGesù.

Il richiamo evangelico immediato va alla paraboladel “Buon samaritano” (Lc 10, 25-37), icona diGesù, che si è addossato le nostre infermità riscat-tandoci dal peccato, dalla morte e dalle loro conse-guenze, di cui la sofferenza in ogni sua forma –nella lettura biblica sono il segno.Icona di Gesù e al contempo – al pari delle altreopere di misericordia – segno credibile di incarna-zione e di discernimento sulla autenticità della per-sonale professione di fede nel Crocifisso Risorto edi amore verso Dio e verso il prossimo, soprattuttoquello debole, povero, sofferente (1Gv 3, 23-24).Di più, nel visitare gli infermi secondo il cuore diCristo Gesù, ci assimila a Lui e, come Lui, cinto ilgrembiule nel servire le persone sofferenti. Ci assi-mila a Lui quale “Christus medicus” delle anime edei corpi.

L’espressione “visitare gli infermi”, poi, porta in séalmeno tre ulteriori significati. In primo luogo, ilverbo “visitare” rinvia al farsi concretamente pre-sente all’altro, non a parole, ma nei fatti, anche esoprattutto quando costa sacrificio, considerandoquanto la Beata Madre Teresa di Calcutta – unaicona prediletta da Papa Bergoglio nell’Anno giu-bilare della misericordia – affermava relativamentead ogni gesto di carità verso il prossimo che, se noncosta, rischia di valere assai poco agli occhi di Dio.In secondo luogo, “visitare” dice anche di una non

episodicità della misericordia, nel senso che non siferma al singolo atto caritativo ma cerca, in tuttimodi possibili, continuità, sistematicità, organizza-zione, come la parabola prima citata mostra. Infattinon solo il Buon samaritano presta le prime cure,ma si fa carico del malcapitato sofferente traspor-tandolo fino ad un luogo dove poter essere accudi-to, pagando di tasca propria, impegnandosi a conti-nuare a rendersi presente. Da ultimo: visitare signi-fica creatività nell’operare: presenza, tocco, parola,sguardo, preghiera.

Il termine “infermi” sottende infine almeno dueaspetti. Il primo: l’infermità non si limita solo aquella fisica, bensì anche quella psicologica, spiri-tuale, morale. Anzi, spesso i livelli si intersecanorichiedendo un approccio “olistico” secondo undiscernimento che porti ad individuare i modi piùappropriati per venire incontro a quella particolarepersona sofferente. Il secondo: il malato è immagi-ne del Christus patiens (Cristo sofferente), qualsia-si sia il ceto sociale ed economico, la nazionalità,la fede religiosa, la nazionalità, la visione delmondo.In definitiva, dunque, “visitare gli infermi” sidisvela come conferma del realismo cristiano, cheguarda alla realtà dell’uomo nella sua interezza enella sua integralità quale valore eminente, in unachiave di lettura che muovendo dall’immanenzadella condizione umana e del dolore e della soffe-renza volge lo sguardo verso l’origine e il compi-mento trascendente dell’uomo.

* Facoltà di Medicina e chirurgia,Istituto di Bioetica,

Università Cattolica del Sacro CuoreRoma

Consigliere nazionale S&V

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VISITARE GLI INFERMIDario Sacchini*

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Nonostante la sua evidente matrice latina, si è adot-tato il sostantivo e il verbo inglese focus per defini-re una dominante nell’attenzione pubblica. In que-sti ultimi anni sono stati soprattutto due i centrid’interesse sui quali si è appunto focalizzato l’im-pegno di analisi e di dibattito della società e dellastessa cultura, la bioetica e l’economia. Di conse-guenza la stessa religione – che è pur sempre inne-stata nel vivere comune e che particolarmente nelcristianesimo è “incarnata”, e quindi insediataanche nella piazza e non solo nell’area sacrale deltempio – si è dovuta confrontare con queste duecomponenti capitali dell’esistenza umana. Perquanto riguarda il primo tema, spesso il focus si ètrasformato in un vero e proprio fuoco incande-scente, sia pure metaforico: basti solo evocare laquestione della maternità surrogata.In realtà, il termine “bioetica” fu coniato nel 1970daVan R. Potter in un articolo intitolato Bioethics:The Science of Survival, apparso sulla rivista«Perspectives in Biology and Medicine», col signi-ficato appunto di «scienza della sopravvivenza» ecol programma di promuovere la qualità della vita.L’attuale specificazione del vocabolo è avvenutasuccessivamente ed è stato Warren T. Reich nel1978 nell’introduzione ai quattro volumidell’Encyclopedia of Bioethics, pubblicata dallaFree Press di NewYork, a offrire la definizione piùcomune, generale e generica: «Studio sistematicodella condotta umana nell’areadella scienza della vita e dellasalute, esaminato alla luce deivalori e dei principi morali». Èfacile intuire la fluidità di questaclassificazione per cui si sonoaggiunti al termine “bioetica” gliaggettivi e le determinazioni piùvarie (clinica, ambientale, globa-le, geriatrica, animale, laica, bio-tecnologie, bioterrorismo etc.). Alriguardo basterebbe solo scorrerele voci dell’Enciclopedia di bioe-tica e sessuologia, curata daGiovanni Russo nel 2004 daglieditori Elledici e Velar, per com-prendere quanto vasto sia l’om-brello di copertura semantica delvocabolo.Appare ora una Breve introduzionealla bioetica molto chiara e circo-scritta, elaborata da uno dei mag-giori teologi moralisti francesi,Xavier Thévenot. Egli si attestasostanzialmente su entrambi gliestremi dell’arco della vita umanaprivilegiando quindi l’incipit el’explicit, ossia le questioni relative

alla tappa iniziale e a quella terminale. Riconosciutesenza riserve le ricadute positive e spesso esaltantidel progresso biomedico, è altrettanto necessariosegnalare le interrogazioni che esso pone quandoassume caratteri invasivi e manipolativi sempre piùradicali. Questo saggio è opera di un teologo cattoli-co e, quindi, procede entro un orizzonte valorialedotato di una sua identità, capace però – pur nelladistinzione delle epistemologie e dei metodi – diinterloquire con lo statuto autonomo delle disciplinescientifiche.E quando parliamo di scienze umane, intendiamoanche la filosofia: pensiamo al rilievo che ha, adesempio, l’“etica della responsabilità” di matricekantiana per cui la persona umana deve essere sem-pre considerata come fine. Si esclude, quindi, unmero funzionalismo oppure la riduzione individua-listica della persona ignorandone la dimensionerelazionale. Contro un esclusivismo tecnologicoasettico Thévenot propone, perciò, un contestoantropologico previo nella cui cornice collocare labatteria degli interrogativi costanti e comuni: l’em-brione è persona e quindi deve essere rispettatocome tale? Un essere umano in coma è ancora per-sona e quindi deve essere così considerato? Checosa significa procreare? Quale limite ha la terapiadel dolore? E così via.In questo percorso, che è scandito sostanzialmen-te dalla trilogia metodologica del vedere-giudica-

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LA BIOETICA DEL TEOLOGO

J. Bosch, «Creazione di Adamo ed Eva» (part.), Madrid, Museo del Prado.

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re-agire, emergono anche le questioni specificheconnesse alla procreazione assistita omologa edeterologa, con un capitolo riservato esplicitamen-te alla legislazione italiana, così come si affrontail delicato discernimento etico attorno alla malat-tia terminale e al fine vita, con un rimando criti-co anche alla provocazione del teologo HansKüng sul “Morire felici? Lasciare la vita senzapaura” (Rizzoli 2015). Il saggio di Thévenot è,dunque, una guida generale per impedire sempli-ficazioni che escludano il livello antropologico-filosofico-teologico o, al contrario, esorcizzinoquello scientifico e tecnico. Si illustra, così, lacomplessità della bioetica nella sua strutturaautentica e si marca lo sguardo da vertigine chespesso si sperimenta penetrando al suo interno.C’è, però, anche l’altro focus, apparentemente piùestrinseco a cui sopra accennavamo, cioè quello eco-nomico. In realtà anch’esso è capace di inciderepesantemente sull’esistenza personale e sociale.Proprio per questo si deve anche in questo orizzonteintrodurre una visione contestuale: basti solo pensareai drammi creati dalla “finanziarizzazione” dell’eco-nomia, dalla disoccupazione, dalla degenerazione delmercato e dalla crisi ecologica. È, perciò, da sottoli-neare l’importanza che ha il trattato di Teologia mora-le economica preparato da Gianni Manzone, docentedella Pontificia Università Lateranense di Roma. Lasua è un’analisi sistematica di questa realtà capitalenella storia, che ha visto spesso un contrappunto etalora una dialettica con la dottrina sociale dellaChiesa.Dicevamo della necessità, anche in questo caso, delcontesto antropologico generale: è ciò che vieneampiamente sviluppato nel “momento fondativo”entro cui è collocata la fenomenologia dell’econo-mia: dal lavoro all’impresa, dal mercato al denaro,dalla politica alla questione ambientale e alle bio-tecnologie. Come si può intuire, il tracciato è desti-nato a registrare l’articolazione complessa di quel-la che, come dice il termine stesso, è il nómos, lalegge, dell’oikos, ossia della casa del singolo maanche dell’intera umanità. In questa luce la rifles-sione teologica getta la sua luce su una rete fitta diproblemi e di soggetti. Solo per esemplificare, pen-siamo alla vasta regione tematica del “lavoro” checomprende non solo la sua necessità e dignità, ilsenso, il legame col bene comune, ma anche icorollari strutturali della flessibilità, del reddito,del sindacato, dello sciopero, del nesso con lafamiglia, del volontariato, delle professioni e cosìvia.C’è, dunque, una dimensione morale dell’econo-mia che deve sempre tener conto di quanto l’india-no Amartya Sen, Nobel 1998, osservava nel suoscritto Etica ed economia (Laterza 2003): «lldistacco dell’economia dall’etica è un impoveri-mento dell’economia, il cui alveo originariodovrebbe essere la filosofia morale, terreno nelquale molti economisti temono di inoltrarsi».Condotto con la guida specifica dell’etica cristiana,

il testo di Manzone diventa allora uno strumentodestinato non solo ai teologi ma adatto anche aeconomisti e a operatori sociali che comprendono irischi di una cultura nella quale domina il primatodello strumento sulla visione d’insieme.Giustamente il filosofo Paul Ricoeur segnalava che«viviamo in un’epoca in cui alla bulimia dei mezzicorrisponde l’atrofia dei fini». È un rischio chemedicina e finanza stanno correndo e che la bioeti-ca e la morale economica devono inibire ed evita-re.

Gianfranco Ravasi,da “Il Cortile dei Gentili” - 12 giugno 2016

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[a cura di]

PER UN NUOVO UMANESIMODialoghi con il francescano Vincenzo Cherubino Bigi

GLI ORTI DI PREDAZZO

Una storia, tante storie

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LUCIA BALDO

TRA CIELO E TERRA

Raccolta di poesie di Nino Rizzo

SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA

“SIATE MISERICORDIOSI“SIATE MISERICORDIOSICOME IL PADRE VOSTRO”COME IL PADRE VOSTRO”

POVERI PER VIVERE DA FRATELLIPOVERI PER VIVERE DA FRATELLI

CARITAS CHRISTI URGET NOSCARITAS CHRISTI URGET NOS Per una nuova evangelizzazione

Per una nuova evangelizzazione

Custodire la terra, coltivare l'umano

VOI SIETE

TUTTI FRATELLI

TUTTI FRATELLI

LA VIA DELLA PENITENZA

LA VIA DELLA PENITENZARisposta all’Amore

Risposta all’Amore

LUCIA BALDO

CARO TRENINO

DELLA VAL DI FIEMME

IL PROGRESSO DAL VOLTO UMANO

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I LIBRIDI FRATE JACOPA

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La Costituzione apostolica “Vultum Dei quaerere”appena pubblicata indica alle suore contemplativedodici “temi di riflessione e discernimento” per lavita consacrata in generale, ispirati alla necessità diintessere un dialogo con la società contemporanea,salvaguardando però “i valori fondamentali” dellavita contemplativa, le cui caratteristiche – silenzio,ascolto, stabilità – “possono e devono costituireuna sfida per la mentalità di oggi”. Un oggi chepuò presentare tentazioni e il documento sottolineache “tra le tentazioni più insidiose per un contem-plativo, ricordiamo quella chiamata dai padri deldeserto ’demonio meridiano’: è la tentazione chesfocia nell’apatia, nella routine, nella demotivazio-ne, nell’accidia paralizzante”.In un mondo che cerca Dio, anche inconsapevol-mente le persone consacrate devono “diventareinterlocutori sapienti” per “riconoscere le domandeche Dio e l’umanità pongono”.Con tale obiettivo e per “aiutare le contemplative araggiungere il fine proprio della loro vocazione”, ilprimo tema proposto è la formazione. Itinerarioche “deve portare alla configurazione a Gesù”, essarappresenta un processo senza fine – in concreto tranove e dodici anni - che “richiede una continua con-versione a Dio”. Di qui, il richiamo ai monasteriaffinché “prestino grande attenzione al discernimen-to vocazionale e spirituale, senza lasciarsi prenderedalla tentazione del numero e dell’efficienza”. Ilsecondo tema indicato dal Papa è la preghiera:“midollo della vita consacrata”, da vivere come un“allargare il cuore per ab-bracciare l’interaumanità”, in particolare i sofferenti e noncome “un ripiegamento” della vita monasticasu se stessa. “Pregate ed intercedete” per “lesorti dell’umanità”, scrive il Papa alle con-templative; in tal modo, le comunità diverran-no “vere scuole di preghiera”, alimentatadalla “bellezza scandalosa della Croce”.La centralità della Parola di Dio è il terzotema di riflessione. Essa è la “prima fontedi ogni spiritualità e principio di comunioneper le comunità”, essa si esplicita nella lec-tio divina che aiuta a passare “dal testobiblico alla vita”, a “colmare la distanza traspiritualità e quotidianità”, portando “dal-l’ascolto alla conoscenza all’amore”. Laparola di Dio dunque deve scandire la gior-nata “personale e comunitaria” delle con-templative, aiutandole, grazie ad “una sorta

di istinto soprannaturale”, a “discernere ciò cheviene da Dio e ciò che invece può allontanare daLui”. Infine, Francesco ricorda che la lectio divi-na deve trasformarsi in actio, ossia divenire “donoper gli altri nella carità”.Quarto punto indicato dal documento è l’importan-za dei sacramenti dell’Eucaristia e dellaRiconciliazione. Si suggerisce di “prolungare la cele-brazione con l’adorazione eucaristica” e di vivere lapratica della penitenza come “occasione privilegiataper contemplare il volto misericordioso del Padre”.Sperimentando il perdono di Dio, infatti, si può diven-tare “profeti e ministri di misericordia e strumenti diriconciliazione, perdono e pace” di cui il mondo dioggi ha “particolarmente bisogno”.Il quinto tema indicato è quello della vita frater-na in comunità, intesa come “riflesso del modo didonarsi di Dio” e “prima forma di evangelizza-zione”. Per questo, il Papa sottolinea la necessità di“un continuo processo di crescita della vita comu-nitaria” che conduca ad una “autentica comunionefraterna”. “Una comunità esiste in quanto nasce esi edifica con l’apporto di tutti”, giovani e anziani.Il sesto tema riguarda l’autonomia dei monasteri:se, da una parte, l’autonomia favorisce la stabilità,l’unità e la contemplazione di una comunità, dall’altra“non deve significare indipendenza o isolamento”. Inquest’ottica, le contemplative vengono esortate a nonammalarsi di “autoreferenzialità”. Strettamente legatoa questo è il settimo tema, in cui il Papa richiamal’importanza delle Federazioni come “strutture di

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“ESSERE FARI E FIACCOLE”PER IL CAMMINO DELL’UMANITÀIl compito delle suore contemplative dalla Costituzione apostolica

“La ricerca del volto di Dio” di Papa Francesco

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comunione tra monasteri che condividono lo stessocarisma”. Mirate alla promozione della vita contem-plativa nei monasteri e all’aiuto nella formazione enelle necessità concrete degli stessi, le Federazioni“dovranno essere favorite e moltiplicate”.L’ottavo tema, invece, è relativo alla clausura.“Segno dell’unione esclusiva della Chiesa sposacon il suo Signore”, essa si articola in varieforme, da quella “papale” che “esclude compitiesterni di apostolato” a quella “comune” che èinvece “meno chiusa”. Tuttavia, tale pluralità,all’interno di uno stesso Ordine, dovrà essereconsiderata “una ricchezza e non impedimentoalla comunione”.Come nono punto, il Papa indica il lavoro:tenendo a mente il motto benedettino “ora etlabora”, le contemplative sono esortate a compie-re il lavoro “con devozione e fedeltà, senzalasciarsi condizionare dalla mentalità efficientisti-ca e dall’attivismo della cultura contemporanea”che potrebbero portare ad “estinguere lo spirito dicontemplazione”. Il lavoro, quindi, andrà intesocome “contributo all’opera della creazione, servi-zio all’umanità e solidarietà con i poveri”, affin-ché si mantenga “un rapporto equilibrato tra latensione verso l’Assoluto e l’impegno nelleresponsabilità quotidiane”.Il silenzio è il decimo tema. Esso va inteso come“ascolto e ruminatio della Parola”, “vuoto di sé perfare spazio all’accoglienza”, silenzio che “ascoltaDio ed il grido dell’umanità”.Come undicesimo tema Francesco pone i mezzidi comunicazione frutto dei mutamenti dellasocietà e della “cultura digitale” che “influisce inmodo decisivo nella formazione del pensiero enel modo di rapportarsi con il mondo”.“Strumenti utili per la formazione e la comunica-zione”, che però chiedono “un prudente discerni-mento” affinché tali mezzi non siano occasionedi “dissipazione o di evasione dalla vita fraterna,danno alla vocazione o ostacolo alla contempla-zione”.Il dodicesimo ed ultimo tema è dedicato all’ascesiche si articola in “sobrietà, distacco dalle cose mon-dane, consegna di se stessi nell’obbedienza e traspa-renza nelle relazioni” comunitarie. In quanto sceltadi una vita di stabilità, inoltre, l’ascesi diventa un“segno eloquente di fedeltà” in un mondo globaliz-zato e senza radici, così come un esempio, per“l’umanità segnata e lacerata da tante divisioni”, dicome “restare accanto” al prossimo anche di fronte adiversità, tensioni, conflitti, fragilità. L’ascesi non èuna fuga dal mondo “per paura”, perché le monache“continuano a stare nel mondo, senza essere delmondo”. La loro profezia, allora, sarà quella di“intercedere costantemente per l’umanità” presso ilSignore, ascoltando “il grido” di chi è “vittima dellacultura dello scarto”. Così, in “profonda comunionecon la Chiesa”, le contemplative saranno la “scala”attraverso la quale Dio scende incontro all’uomo el’uomo sale incontro a Dio. ■■

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XXVI CONGRESSOEUCARISTICO NAZIONALE

Dal 15 al 18 settembre 2016 si celebrerà a Genova il XXVICongresso Eucaristico nazionale, sul tema: L’Eucaristia sor-gente della missione: «Nella tua misericordia a tutti sei venu-to incontro». Questo importante appuntamento si collocaall’interno dell’anno giubilare, indetto da papa Francesco perinvitare sia i singoli che le comunità ad aprirsi in modo piùconvinto e generoso al dono della misericordia di Dio, sor-gente inesauribile di ogni rinnovamento personale e comuni-tario. Nella Bolla di indizione del Giubileo, Misericordiae vul-tus, Francesco afferma: «Abbiamo sempre bisogno di con-templare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di sere-nità e di pace. È condizione della nostra salvezza» (n.2). Inquest’anno giubilare, dobbiamo sperimentare la gioia che pro-mana dalla misericordia di Dio, in modo che dia nuova fre-schezza alle nostre comunità, e nuovo slancio all’annuncio delVangelo. Proprio l’Eucaristia, che rende presente per noi ildono pasquale della misericordia del Signore, ci spinge adannunciarlo a tutti, conferendo alla Chiesa e a ogni fedele unpiù deciso impulso missionario. Il Congresso Eucaristico el’anno giubilare ci facciano vivere una rinnovata esperienza diDio, che “esce” da se stesso per salvarci, e nell’Eucaristia cisi fa vicino, ci salva, e ci spinge a “uscire” noi stessi, perannunciarlo e farci prossimi ai fratelli. Ecco un itinerario inquattro tappe, per stimolare un’attenta riflessione su questerealtà e aiutarci a viverle al meglio.

1.La preghiera eucaristica IV: la misericordia di Dio nella sto-ria della salvezza

2.Riscoprire la ricchezza: della Celebrazione Eucaristica perla vita della Chiesa

3.Eucaristia e trasformazione Missionaria della Chiesa

4.Con il dono di Dio dentro la storia.

È possibili scaricare il testo integrale da www.chiesacattolica.it.

In preparazione all'appuntamento nazionale la Cei hapredisposto un breve itinerario in quattro tappe “per sti-molare un’attenta riflessione su queste realtà e aiutarcia viverle al meglio”. Ne proponiamo qui l’introduzione.

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A Cracovia si registra un entusiasmo crescente parialla folla di giovani che continua a raggiungere lacittà della Giornata mondiale della gioventù.L’arcivescovo che apre il raduno, il cardinaleStanislaw Dziwisz, auspica che la Gmg sia ungrande segno di unità e di pace per il mondo. Lesue parole nell’intervista dell’inviato di RadioVaticana, Alessandro Gisotti (26-7-2016):

R. – È una grande gioia. I giovani hanno rispostopositivamente all’invito di Papa Francesco di veni-re qui a Cracovia, in Polonia. Per la prima volta,forse, arriveranno persone da tutti i Paesi delmondo, Paesi di cui non si conoscono nemmeno inomi. Ma sono venuti, per la prima volta, da tutto ilmondo. Ricordiamo che 25 anni fa a Czestochowa,per la prima volta, sono venuti i giovani dell’Est:erano in 200 mila da Russia, Ucraina. Per la primavolta questo raduno a Czestochowa era a livellointernazionale. Adesso ancora di più. Cosa cercanoi giovani? Cercano lo stare insieme, condividere lastessa fede, l’allegria e vogliono pregare tanto.Questo è interessante: insieme, vogliono pregaresulla base della fede comune, dell’allegria e dellagioia di essere cristiani.

D. – Molti dicono che questa è la Gmg dei duePapi; ovviamente di Papa Francesco che ha convo-cato i giovani di tutto il mondo qui, ma anche diSan Giovanni Paolo II. Colpisce veder che in ogniangolo di una strada che si gira c’è un’immagine,un ricordo di Karol Wojtyla. Che cosa rappresentaper lei vedere questa Gmg che ha un Papa qui eduno che dal Cielo benedice questi giovani?

R. – Sulle fotografie non c’è Papa Francesco, perchélui non desidera questo, così come sulle medaglie.Papa Giovanni Paolo II non puòproibire questo. Non può! Mavogliamo mostrare due grandiApostoli della Misericordia, per-ché nessuno sapeva che proprioqueste giornate sarebbero cadutenell’Anno della Misericordia. Cosìanche lungo le strade, c’è immagi-ne degli Apostoli: Faustina eGiovanni Paolo II.

D. – Lei prima faceva riferimentoa quella Gmg di Czestochowa,dove per la prima volta i giovanidi un mondo che era separatohanno potuto finalmente unirsi ai

giovani dell’altra parte del mondo. Anche oggi ilmondo vive tante divisioni, anche l’Europa negliultimi mesi vive momenti anche di terrore e di vio-lenza. Che segno può dare allora una Gmg comequesta, proprio in questo momento?

R. – Io spero che possa essere un grande segno cheparte dai giovani, uniti; dai giovani che vogliono lapace e che vivono con grande solidarietà e simpa-tia. Penso che da qui debba partire un grido per lapace e la buona convivenza tra i popoli e le nazio-ni. È interessante: prima della Seconda GuerraMondiale Gesù Cristo è apparso a suor Faustinadicendo che il mondo non avrebbe avuto la pace senon si fosse volto alla Misericordia. Adesso, dinuovo, questa devozione cresce in tutto il mondo.In che modo il Signore vorrebbe mostrare la stra-da? Volete la pace? Rivolgetevi alla Misericordia.Il nostro desiderio per compiere la volontà di Gesù,è dare alla gioventù che viene il fuoco dellaMisericordia, cioè il fuoco della pace e della con-vivenza pacifica tra i popoli e le nazioni.

D. – Si chiede sempre cosa dà il Papa, cosa dannoi vescovi ai giovani. Che cosa pensa che invece igiovani, anche in questa Gmg, daranno alla Chiesa,anche al Papa, a lei, ai pastori della Polonia ma ditutto il mondo che sono qui e li accompagnano? Sidice addirittura che mai dopo il Concilio Vaticanoc’è stato un evento che ha potuto riunire un cosìgrande numero di vescovi …

R. – Spero in un risveglio nella Chiesa. La Chiesa,soprattutto nei diversi Paesi, deve svegliarsi perchéda parte dei giovani arriva il grido. Noi vogliamouna Chiesa autentica, povera e un grido per tornareall’autenticità della Chiesa dei primi secoli. ■■

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CARD. DZIWISZ: GMG SIA SEGNO DI PACEE DI UNITÀ PER IL MONDO

Intervista di Alessandro Gisotti

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La Cooperativa Sociale Frate Jacopa è finalizzata a rendere concreta nel quotidiano la dot-trina sociale della Chiesa secondo lo spirito di S. Francesco, attraverso attività sociali, edu-cative, formative, ed in particolare attraverso progetti a favore degli ultimi. Vuole essere unostrumento operativo per prendersi cura del bene comune nella interazione con la societàcivile e con le istituzioni nei vari territori.L’auspicio dei soci fondatori è che la Cooperativa Frate Jacopa possa essere utile affinché illievito della fraternità possa sempre meglio rendersi presente nella Chiesa e nella società,nella immutata fedeltà al carisma francescano, ricercando forme adeguate alla novità dei tempiper incontrare e servire i fratelli, facendoci loro prossimi. E sostenendo nella concreta operati-vità quella cultura della pace e del bene a cui sono chiamati i seguaci di S. Francesco nelmondo.

LE NOSTRE ATTIVITÀ* Scuola di Pace operante con particolare attenzione ai temi della Pace, della Custodia delCreato, del Bene Comune e della Comunicazione (approfondimento interdisciplinare alla lucedella Dottrina Sociale della Chiesa e della Spiritualità Francescana).* Pubblicazione Rivista Nazionale “Il Cantico”.* Testi di formazione, Atti di Convegni, Schede di sensibilizzazione.* Collaborazione di volontariato con Diocesi, con la Caritas e con il Servizio Accoglienza Vita.Collaborazione con il Tavolo per la Pace della Provincia di Bologna.* Progetto formazione-lavoro per ragazzi diversamente abili e percorsi di autonomia incollaborazione con l’Associazione “Solidabile Onlus”.* Percorsi della Scuola di Pace sul territorio: Progetto “Stili di vita per un nuovo vivereinsieme”.* Lavoro a tutela dei beni di creazione, con l’adesione alla Campagna Acqua Bene Comunee alla Campagna Caritas Internationalis “Una sola famiglia umana. Cibo per tutti”.* Adesione al Forum Sad, alle Campagne, “L’Italia sono anch’io”, “Sulla fame non si spe-cula”, “Uno di noi” e alla Campagna “Povertà zero” della Caritas Europea e Italiana.* Sostegno a distanza. Sostegno Iniziativa Struttura Sanitaria Club Noel per l’infanzia poveradella Colombia.

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