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ottobre 2012 il Cantico 1 il Cantico online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8 www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000 Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. Tutti i diritti riservati. SOMMARIO UN ANNO PER “UNA FEDE VIVA” - Don Massimo Serretti 2 ANNO DELLA FEDE. UN PELLEGRINAGGIO NEI DESERTI DEL MONDO - Benedetto XVI 3 NON C’È PACE SENZA LIBERTÀ RELISIOSA - Alessandro Gisotti 4 “ECCLESIA IN MEDIO ORIENTE” 5 UN NUOVO STILE DI VITA - Silvano Fausti 6 CAPITOLO DELLE FONTI 7 I MENDICANTI DEI DIRITTI - Franco Bomprezzi 8 IL SETACCIO EUGENETICO ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI - Ilaria Nava 9 LA SCOMMESSA GIUSTA - Mons. Bruno Forte 10 IL CANTICO 11 ASSISI: IL CORTILE DEI GENTILI - Fabio Colagrande 12 IL CAMMINO VERSO IL BENE - Graziella Baldo 14 ACCONTENTARSI DELLE BUONE INTENZIONI... - Renzo Puccetti 15 SOSTEGNO A DISTANZA - Clinica infantile “Club Noel” 16 PENITENZA E FRATERNITÀ - Sr. Lorella Mattioli 17 IL PERCORSO DEI LEBBROSARI AD ASSISI - Renato Dal Corso 19 ABITARE LA TERRA, CUSTODIRNE I BENI. PER UNA ECONOMIA DI PACE 20 INDICE GLOBALE DELLA FAME 2012 21 ACQUA: IL LIBRO BLU DELLO SPRECO DI ANDREA SEGRÈ - Pamela Palatelli 22 FLORENS 2012 23 SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 24

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ottobre 2012 il Cantico 1

il Canticoonline

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.Tutti i diritti riservati.

SOMMARIOUN ANNO PER “UNA FEDE VIVA” - Don Massimo Serretti 2ANNO DELLA FEDE. UN PELLEGRINAGGIO NEI DESERTI DEL MONDO - Benedetto XVI 3NON C’È PACE SENZA LIBERTÀ RELISIOSA - Alessandro Gisotti 4“ECCLESIA IN MEDIO ORIENTE” 5UN NUOVO STILE DI VITA - Silvano Fausti 6CAPITOLO DELLE FONTI 7I MENDICANTI DEI DIRITTI - Franco Bomprezzi 8IL SETACCIO EUGENETICO ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI - Ilaria Nava 9LA SCOMMESSA GIUSTA - Mons. Bruno Forte 10IL CANTICO 11ASSISI: IL CORTILE DEI GENTILI - Fabio Colagrande 12IL CAMMINO VERSO IL BENE - Graziella Baldo 14ACCONTENTARSI DELLE BUONE INTENZIONI... - Renzo Puccetti 15SOSTEGNO A DISTANZA - Clinica infantile “Club Noel” 16PENITENZA E FRATERNITÀ - Sr. Lorella Mattioli 17IL PERCORSO DEI LEBBROSARI AD ASSISI - Renato Dal Corso 19ABITARE LA TERRA, CUSTODIRNE I BENI. PER UNA ECONOMIA DI PACE 20INDICE GLOBALE DELLA FAME 2012 21ACQUA: IL LIBRO BLU DELLO SPRECO DI ANDREA SEGRÈ - Pamela Palatelli 22FLORENS 2012 23SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 24

«Quest’anno è volato!» È un’espressione cheusiamo spesso riferendoci all’anno solare e alloscorrere rapido del tempo. Ruit hora. Anche que-sto Anno della fede che il Successore di Pietro, ilPapa Benedetto XVI, ha proposto alla Chiesaintera volerà via in un battibaleno se non ciapproprieremo dell’occasione che esso ci offredell’esperienza meravigliosa del trascendersidella fede: dell’andare «di fede in fede». È conl’invocazione evangelica che possiamo apprestar-ci a far nostro l’invito che ci viene rivolto: «Iocredo, aumenta la mia fede!» Del resto sappiamoche quando ci muoviamo nell’obbedienza lafecondità è garantita.Il Papa Benedetto ha indetto questo Anno dellafede con la Lettera Apostolica La porta della fede(Porta fidei) prendendo come data d’inizio quelladell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II(11 ottobre) e come chiusura la solennità di NostroSignore Gesù Cristo Re dell’Universo (24 novem-bre 2013).Non è la prima volta che viene indetto un Anno dellafede. Già nel 1967 il Papa Paolo VI lo aveva propostoin occasione dei millenovecento anni della testimo-nianza di fede resa nel martirio dagli Apostoli Pietroe Paolo. Paolo VI mirava a che si riprendesse una«esatta coscienza» della fede, che la si ravvivasse, lasi purificasse, la si confermasse e la si confessasse (cf.testo Esortazionecit. in Porta fidei,4). La fede infatti,come ogni dono diDio presente in noi,è qualcosa di vivo edi dinamico. Essachiede di essereconosciuta e il sa-pere intorno allafede è sempre unsapere dal di dentrodella fede presentee viva. Essa chiedeanche di esserepura. C’è una pu-rezza caratteristicadella virtù teologa-le della fede chepuò subire opaciz-zazioni, riduzioni,alterazioni e addi-rittura, a volte, sfi-gurazioni. Cercarela purezza dellanostra fede «piùpreziosa dell’oro»

sarà un compito che ci impegnerà in questo anno. C’èanche una stabilità e una fermezza della fede, del-l’atto di fede, che chiede sempre ulteriore conferma,non solo quando per un motivo o per un altro essoviene ad essere malfermo, ma anche per una necessi-tà interiore di consolidamento. Col crescere deglianni, degli incontri, delle esperienze, della grazia, lafede si consolida. Ma infine tutto si riassume e siinnalza in un atto che è quello della professione dellafede. Un atto che è sia personale ed interiore chesociale e pubblico. Come ogni dono dall’Alto, anchequello della fede è dato «per l’utilità comune» equindi la fede è data per essere confessata. Ed è pro-prio nella confessione che essa si precisa, si rinsaldae si rafforza.I Vangeli ci attestano che Pietro è l’unico per lacui fede Gesù prega in maniera personale («hopregato per te, che non venga meno la tua fede»)e il ministero petrino è proprio centrato sulla fede(«e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fra-telli» Lc 22, 32). Accogliamo dunque cordialmen-te l’invito che ci viene da Pietro a lavorare sulledue linee maestre della fede: quella della sua veri-tà e quindi dell’integrità e perfezione dei suoicontenuti e dei suoi articoli e quella della veridi-cità e della pienezza dell’atto della sua professio-ne, sempre nella consapevolezza che all’inizio c’èil dono gratuito.

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UN ANNO PER “UNA FEDE VIVA”Don Massimo Serretti

... Durante il Concilio vi era una tensione commoven-te nei confronti del comune compito di far risplenderela verità e la bellezza della fede nell'oggi del nostrotempo, senza sacrificarla alle esigenze del presente nétenerla legata al passato: nella fede risuona l'eternopresente di Dio, che trascende il tempo e tuttavia puòessere accolto da noi solamente nel nostro irripetibileoggi. Perciò ritengo che la cosa più importante, spe-cialmente in una ricorrenza significativa come l'attua-le, sia ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva ten-sione, quell'anelito a riannunciare Cristo all'uomo con-temporaneo. Ma affinché questa spinta interiore allanuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale enon pecchi di confusione, occorre che essa si appoggiad una base concreta e precisa, e questa base sono idocumenti del Concilio Vaticano II, nei quali essa hatrovato espressione. Per questo ho più volte insistitosulla necessità di ritornare, per così dire, alla «lettera»del Concilio – cioè ai suoi testi – per trovarne anchel'autentico spirito... Il Concilio non ha escogitato nulladi nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituirequanto è antico. Piuttosto si è preoccupato di far sì chela medesima fede continui ad essere vissuta nell'oggi,continui ad essere una fede viva in un mondo in cam-biamento...Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fedee la nuova evangelizzazione, non è per onorare unaricorrenza, ma perché ce n'è bisogno, ancor più che50 anni fa! E la risposta da dare a questo bisogno è lastessa voluta dai Papi e dai Padri del Concilio e con-tenuta nei suoi documenti.... In questi decenni è avanzata una «desertificazione»spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondosenza Dio, ai tempi del Concilio lo si poteva già sape-re da alcune pagine tragiche della storia, ma ora pur-troppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. E' ilvuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dal-l'esperienza di questo deserto, da questo vuoto chepossiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, lasua importanza vitale per noi uomini e donne. Neldeserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale pervivere; così nel mondo contemporaneo sono innume-revoli i segni, spesso espressi in forma implicita o

negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita.E nel deserto c'è bisogno soprattutto di persone di fedeche, con la loro stessa vita, indicano la via verso laTerra promessa e così tengono desta la speranza. Lafede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che liberadal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuoldire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, ecosì indicare la strada.... Il viaggio è metafora della vita, e il sapiente viag-giatore è colui che ha appreso l'arte di vivere e la puòcondividere con i fratelli – come avviene ai pellegrinilungo il Cammino di Santiago, o sulle altre Vie chenon a caso sono tornate in auge in questi anni... Eccoallora come possiamo raffigurare questo Anno dellafede: un pellegrinaggio nei deserti del mondo contem-poraneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenzia-le: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non duetuniche – come dice il Signore agli Apostoli inviando-li in missione (cfr Lc 9,3), ma il Vangelo e la fede dellaChiesa, di cui i documenti del Concilio EcumenicoVaticano II sono luminosa espressione, come pure lo èil Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato 20anni or sono...

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ANNO DELLA FEDEUN PELLEGRINAGGIO NEI DESERTI DEL MONDO

Dall’Omelia di Benedetto XVI nella solenne apertura dell’Anno della Fede

"Ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell'anelito a riannunciare Cristo all'uomo contempo-raneo" che animò il Concilio Vaticano II. Annunciarlo a un mondo che nei 50 anni trascorsi da quell'eventoha visto diffondersi "il vuoto", una "desertificazione spirituale" nella quale c'è bisogno di "persone di fede che,con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza", perché"oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare lastrada. "Un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo" è lo scopo dell'Anno della fede, apertooggi da Benedetto XVI nel giorno del 50mo anniversario dell'inizio del Vaticano II e a 20 anni dalla promul-gazione del Catechismo della Chiesa cattolica.

La libertà religiosa è indispensabile alla pace: èuno dei passaggi forti dell’appassionato discorsoche il Papa ha rivolto ai leader politici e ai capi reli-giosi libanesi. Un discorso incentrato sulle fonda-menta della pace e della convivenza tra i popoli. IlPapa ha preso spunto per la sua riflessione dalmodello libanese:

“Au Liban, la Chrétienté et l’Islam habitent lemême espace…”“In Libano – ha detto - la Cristianità e l’Islam abi-tano lo stesso spazio da secoli. Non è raro vederenella stessa famiglia entrambe le religioni”. Se inuna stessa famiglia questo è possibile, è stato il suointerrogativo, “perché non dovrebbe esserlo a livel-lo dell’intera società?”. Ed ha aggiunto che “la spe-cificità del Medio Oriente consiste nella mescolan-za secolare di componenti diverse”. Certo, ha rico-nosciuto, “esse si sono anche combattute!”. D’altrocanto, “una società plurale esiste soltanto per effet-to del rispetto reciproco, del desiderio di conosce-re l’altro e del dialogo continuo”. Questo dialogotra gli uomini, ha soggiunto, “è possibile solamen-te nella consapevolezza che esistono valori comunia tutte le grandi culture, perché sono radicate nellanatura della persona umana”. Ha così evidenziatola centralità della libertà religiosa per la costruzio-ne della pace:

“N’oublions pas que la liberté religiuese…”“Non dimentichiamo – ha affermato – che la liber-tà religiosa è il diritto fondamentale da cui moltialtri dipendono”. Ed ha aggiunto: “Professare evivere liberamente la propria religione senza met-tere in pericolo la propria libertà deve essere possi-bile a chiunque”. La perdita o l’indebolimento diquesta libertà, ha rimarcato, priva la persona delsacro diritto ad una vita integra sul piano spiritua-le”. Dunque, ha osservato che “la sedicente tolle-ranza non elimina le discriminazioni, talvolta inve-ce le rafforza”. D’altro canto, ha aggiunto, “senzal’apertura al trascendente”, “l’uomo diventa inca-pace di agire secondo giustizia e di impegnarsi perla pace”

“La liberté religieuse a un dimension sociale…”“La libertà religiosa – ha detto con forza – ha unadimensione sociale e politica indispensabile allapace”. Essa, ha soggiunto, promuove una coesi-stenza ed una vita armoniose attraverso l’impe-gno comune “al servizio della verità che non siimpone con la violenza”. Ha così esortato tutti ilibanesi ad essere un esempio, a testimoniare concoraggio che Dio vuole la pace. Il Papa ha quin-

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NON C’È PACE SENZA LIBERTÀ RELIGIOSAIl Papa ai leaders politici e religiosi del Libano

Nella seconda giornata in Libano, BenedettoXVI si è recato al Palazzo presidenziale aBaabda, accompagnato dall’entusiasmo dimigliaia di fedeli che si sono assiepatilungo le strade per salutare il passaggiodella papamobile. A Baabda, il Pontefice haincontrato in colloqui privati il presidenteMichel Suleiman, le altre autorità delloStato e i leader musulmani del Paese aiquali ha consegnato l’Esortazione apostoli-ca “Ecclesia in Medio Oriente”. Quindi, hapronunciato un appassionato discorso suifondamenti della pace. Prima del suo inter-vento, il Papa e il presidente hanno pianta-to nel giardino presidenziale un piccolocedro, simbolo del Libano. Sull’importantediscorso pronunciato dal Papa ci riferiscel’inviato di Radio Vaticana a Beirut,Alessandro Gisotti.

di allargato lo sguardo a tutto il Medio Oriente,una regione – ha detto - scelta da Dio per lanascita di grandi religioni e che tuttavia vive oggi“nella tormenta”:

“Dieu l’a choisie, me semble-t-il…”“Dio l’ha scelta – ha affermato – affinché sia esem-plare, affinché testimoni di fronte al mondo la pos-sibilità che l’uomo ha di vivere concretamente ilsuo desiderio di pace e di riconciliazione”.Un’aspirazione “inscritta da sempre nel piano diDio”. Ha così sottolineato che la pace presupponeuna società unita che tuttavia non vuol dire unifor-mità. Quindi, ha detto che “al fine di assicurare ildinamismo necessa-rio per costruire econsolidare la pace,occorre instancabil-mente tornare ai fon-damenti dell’essereumano”, mettendol’accento sul ruolode l l ’ educaz ione ,della famiglia e dellapromozione di unacultura della vita:

“Si nous voulons lapaix, défendons lavie…”“Se vogliamo la pace– ha detto – difendia-mo la vita”. Ed ha ribadito che “questa logica squa-lifica non solo la guerra e gli atti terroristici, maanche ogni attentato alla vita dell’essere umano,creatura voluta da Dio”. Senza la difesa delladignità dell’uomo, ha avvertito, “non è possibilecostruire l’autentica pace”. Ha così ricordato gliattentati alla vita che sono la povertà, il terrorismo,la disoccupazione, lo sfruttamento, la logica eco-nomica che vuole far prevalere l’avere sull’essere.Ed ha messo in guardia da quelle ideologie che“mettendo in causa” il valore inalienabile di ognipersona e della famiglia “minano le basi dellasocietà”:

“Aujourd’hui, les différences culturelles…”“Oggi – ha detto – le differenze culturali, sociali,religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipodi fraternità, dove appunto ciò che unisce è il sensocomune della grandezza di ogni persona”. Qui, hasoggiunto, “si trova la via della pace”, qui “èl’orientamento che deve presiedere alle scelte poli-tiche ed economiche, ad ogni livello e su scala pla-netaria”. Per aprire “alle generazioni di domani unfuturo di pace, ha proseguito, il primo compito èdunque quello di educare alla pace, per costruireuna cultura di pace”. Bisogna, ha detto, rimettere lapersona al centro. Ed ha levato un pressante appel-lo agli uomini di Stato e ai responsabili religiosi:

“Il faut évidem-ment bannir la vio-lence…”“Occorre evidente-mente bandire la vio-lenza verbale o fisica.Essa – ha detto – èsempre un oltraggioalla dignità umana,sia dell’autore siadella vittima”. “Pen-sieri di pace, parole dipace e gesti di pace –ha soggiunto – creanoun’atmosfera dirispetto, di onestà e dicordialità” per “avan-

zare insieme verso la riconciliazione”. Del resto, hasottolineato che il male non è mai “una forza anoni-ma”. Cerca “un alleato, l’uomo”, ha “bisogno di luiper diffondersi”. E allora diventa fondamentale unosguardo nuovo, una conversione esigente. “Si tratta –ha spiegato – di dire no alla vendetta, di riconoscerei propri torti”, perché solo il perdono “pone le fonda-menta durevoli della riconciliazione e della pace ditutti. Il dialogo, ha concluso, “è possibile solamentenella consapevolezza che esistono valori comuni atutte le grandi culture perché sono radicate nellanatura della persona umana”.

(Da Radio Vaticana 15-9-2012)

“ECCLESIA IN MEDIO ORIENTE”Il viaggio apostolico di Benedetto XVI in Libano (14-16 settem-bre 2012), tra le molteplici sue dimensioni, è stato una partico-lare occasione per l’incontro e l'interazione fra diverse culture,tradizioni, confessioni e religioni. Uno dei suoi molteplici frutti èil documento che il Papa ha consegnato alla Chiesa locale.L’Esortazione Apostolica “Ecclesia in Medio Oriente” prova ariconciliare e mettere insieme diversi complicati processi storicie religiosi: in quella terra, come attraverso una lente d'ingrandi-mento, si concentrano problemi che investono tutto il mondocontemporaneo, compresa l'Europa.Il Medio Oriente è la terra che ha dato i natali a tre grandi reli-gioni monoteistiche. Per tutta l’umanità, e specialmente per noicristiani, è la terra del Dio salvatore, la terra di Gesù di Nazaret.

Il Santo Padre, parlando alla Chiesa in Medio Oriente, vuole dunque far riflettere anche gli abitanti delVecchio Continente. Il documento è reperibile sul sito vatican.va o news.va.

Homo homini lupus! È più facile vedere un lupomangiare con l’agnello, che un uomo non mangia-re suo fratello! Eppure la descrizione della primacomunità cristiana ispirò i più bei sogni dell’uomo.Libertà, eguaglianza e fraternità entrarono nellacultura grazie a questi testi, ben prima dellaRivoluzione francese. Uno stile di vita bello ebuono non è utopia, ma realtà che riscatta dallamorte. Mangiare con l’altro invece di mangiarel’altro è l’unica possibilità di vita. Questa comunità non è un’ideologia nata a tavolino.Succede «per caso», come ogni opera di Dio: inizianel Cenacolo per paura, il Venerdì santo; si allarga a120 persone dopo la risurrezione; dopo Pentecoste,visto che la cosa funziona, si articola sulla stessa lineacon 4mila persone, in attesa di dilatarsi all’estremitàdella terra. C’era il modello di Qumram. Ma la radiceè più antica: Israele è un popolo di fratelli che vive sul-l’unica terra, eredità del Padre. Da qui le disposizionidell’anno giubilare (cfr Lev 25). Il tema di fondo dellaBibbia è ricostruire la fraternità: l’uomo riconosce Diocome Padre e diventa suo figlio. È il progetto di Dio.Adamo lo infranse «uccidendo» il Padre e Caino ucci-dendo il fratello. Cainopoi, come Romolo cheuccise Remo, fonda laprima città (Gen 4,17).Ogni società si regge sulpiù forte: chi può uccide-re, si impone su tutti, con-trollando la violenzagenerale (leggi Gdc 9,1-21). A Gerusalemmecessa lo stare insieme perla morte e inizia lo stareinsieme per la vita. La perseveranza, cheresiste a difficoltà eusura del tempo, sostie-ne questa vita nuova.Eccone i quattro pilastri:1) Ascoltare l’insegna-mento degli apostoli.Gesù non insegnò unadottrina: diceva ciò chefaceva. I Vangeli narranociò che ha fatto, con suebrevi parole che ne

dichiarano il senso. Pure i suoi pochi discorsi sonoautobiografici. L’insegnamento degli Apostoli èraccontare Gesù. Lui è il Figlio che, conoscendol’amore del Padre, ama tutti i fratelli, cominciandodagli esclusi. Ascoltiamo ciò che lui «principiò afare e dire» (Atti 1,1) per continuare a fare comelui. L’uomo infatti diventa la parola che ascolta.Gesù, il Verbo fatto carne, Figlio del Padre perchéfratello di tutti, è la nuova legge (Toràh), la legge dilibertà. L’ascolto di questa Parola fonda e costrui-sce, forma e riforma costantemente la Chiesa,affinché testimoni il Figlio.2) La comunione dei beni. La Parola crea comu-nione spirituale e materiale. La comunione di spi-rito senza quella dei beni è menzogna. La comu-nione dei beni senza quella di spirito è violenza.L’avidità è idolatria, radice di tutti i mali (Ef 5,5;1Tm 6,10). Ci divide dal Padre e dai fratelli. Se ladivisione è morte, la comunione è vita. La fraterni-tà, necessaria per vivere, è nuova giustizia(Zedaqà), vita stessa di Dio: «Siamo passati damorte a vita perché amiamo i fratelli», non a paro-le, ma con la verità dei fatti (1Gv 3,14.19). Oggi ilminimo di solidarietà richiesta ai ricchi sarebbepagare le tasse!3) Spezzare il pane. L’eucaristia, memoriale del-l’amore del Signore, è comunione con Dio Padre econ i fratelli, vissuta nella quotidianità. ComeGesù, anche noi «prendiamo tutto» in dono, «bene-dicendo» Colui che tutto dà e si dà. In quanto

amati, anche noi amia-mo come il Padre,«spezzando e dando» adaltri. Tramite l’eucaristianoi e il creato interoentriamo nella vita diDio, amore reciproco traPadre e Figlio, vita ditutto ciò che esiste.«Questo è il nuovo cultoin Spirito e verità(Abodàh)». In continuitàcon Israele, la primacomunità prega anchenel tempio.4) La gioia. È frutto diamore corrisposto, mar-chio proprio di Dio.Sostituisce il «digiuno»,perché «lo Sposo è conloro».

* Gesuita, biblista escrittore

(Da FCSF – Popoli, 1aprile 2012)

ottobre 2012 il Cantico 6

UN NUOVO STILE DI VITASilvano Fausti*

«Erano perseveranti nell’ascoltare l’insegna-mento degli apostoli, nella comunione deibeni, nello spezzare il pane e nelle preghie-re… con gioia» (Atti 2,42-47; 4,32-37).

La FraternitàFrancescana Frate Jacopa

invita

al Capitolo delle Fontitutti coloro che desiderano

attingere alle risorsedella spiritualità francescana

per risponderedel dono del Creato.

Ti aspettiamoal Convegno

“Camminare nelle fede.Stili di vita per un nuovo

vivere insieme”presso la Sala degli Sposi

in Assisinelle giornate di sabato 10 edomenica 11 novembre 2012

ottobre 2012 il Cantico 7

VENERDÌ 9 NOVEMBREArrivo e accoglienza nel pomeriggioOre 21 Preghiera iniziale

SABATO 10 NOVEMBREOre 8 Basilica di S. Francesco - Celebrazione S. MessaPresiede P. Lorenzo Di Giuseppe ofm.0re 9,30 - 12,30Apertura lavori"Camminare nella fede nell'era secolare. Lo stile france-scano del testimoniare la gratuità di Dio" P. MartinCarbajo ofm, docente di teologia morale e vicerettoredella Pontificia Università Antonianum"Una nuova sapienza per abitare la terra" Prof. SimoneMorandini, docente di teologia della creazione, FacoltàTeologica del TrivenetoOre 16,00 -18,30"Riparare la casa della convivenza umana" Prof.Riccardo Moro, docente di economia politica, Universitàdegli Studi di Milano

"Stili di vita per un nuovo vivere insieme. Un manife-sto per la custodia del creato" Prof. Pierluigi Malavasi,docente di pedagogia, direttore Alta Scuola perl'Ambiente Università Cattolica del Sacro CuoreOre 21 Basilica S. Maria degli Angeli - Veglia di preghie-ra mariana con processione aux flambeau

DOMENICA 11 NOVEMBREore 9-10,30 Presentazione “Progetto Connessus” per lasalvaguardia del creato, a cura degli artisti GiusyD'Arrigo e Giuseppe Rogolino.0re 11,30 Basilica S. Chiara - Celebrazione S. Messa.Presiede P. Vittorio Viola ofm.

Per info e prenotazioni:Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate JacopaTel. 06631980 – cell. 3282288455 www.coopfratejacopa.it –[email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.it

CAPITOLO DELLE FONTI

Assisi, 9-11 Novembre 2012

CAMMINARE NELLA FEDE. STILI DI VITA PER UN NUOVO VIVERE INSIEMENell’Anno della Fede siamo chiamati ad accogliere con rinnovata gratitudine il dono di Dio e a ridonarlo nella nostravita in un cammino di conversione e di partecipazione ad una nuova evangelizzazione. Rinnovare i nostri stili di vitaper ridire la paternità di Dio e la fraternità tra tutti gli uomini è parte essenziale dell’incarnare la fede oggi.

C’è una nuova violenza nell’aria. Ci riguarda.Tocca un po’ tutti coloro che per necessità o perattenzione abituale si occupano di welfare, di dirit-ti e di servizi. Le cronache quotidiane, le conversa-zioni private, le storie che conosciamo da vicino, ciraccontano di una progressiva – quasi ineluttabile –questua sociale, pubblica ma anche individuale,per ottenere prestazioni o servizi che fino a iericonsideravamo patrimonio comune, acquisito nonsolo per legge, ma perché giusto in sé.Non sono uno studioso di economia e neppure didiritto, e dunque avrei bisogno del supporto e delladocumentazione competente per riempire disostanza una mia impressione, peraltro forte enetta. Si fa strada un modo di argomentare, deltutto trasversale politicamente e culturalmente, chetende a dare forza e valore a tutte quelle azionipositive che portano comunque a un risparmio, auna minore spesa, a una riduzione dei costi presen-ti e futuri. Mi direte: è giusto! E’ importante intempi di crisi puntare al risparmio, alla spesa ocu-lata, al contenimento degli sprechi. Verissimo.Ma è un argomento che andrebbe rigorosamentestaccato dal tema dei diritti essenziali. Se unComune deve tirare la cinghia per i servizi sociali,non è che per questo motivo il diritto all’assistenzadomiciliare, all’assistente educativo a scuola, o altrasporto, diminuisca in sé. Il diritto resta inaltera-to, solo che diventa di fatto non esigibile, almenonon come prima.E qui inizia il calvario delle persone, delle fami-glie. Una corsa affannosa a cercare di mantenere inpiedi la propria esistenza, la rete dei servizi essen-ziali attorno ad esempio a una persona con disabi-lità, o ad un anziano. E’ tutto un chiede-re, un fare ricorso, un protestare, undisperarsi, un indignarsi. Una china dellaquale non si vede la fine, anzi. E’ unaforma di violenza, per certi versi inaudi-ta, perché va a toccare la dignità dellepersone, la rispettabilità anche socialedelle famiglie in difficoltà.Trovo ad esempio curioso il ragionamen-to che ho letto di recente in una acutaanalisi di Giorgio Fiorentini, a propositodi uno studio che dimostra come le per-sone con disabilità che fanno sport“costano meno in termini di salute”, per-ché si ricoverano con minore frequenza,e ricorrono meno ai servizi onerosi di ria-bilitazione funzionale. La conseguenza“morale” è che lo sport non diventa piùuna libera scelta fra tante, una opportuni-tà da cogliere se lo si desidera o comun-

que se si hanno le attitudini necessarie. Lo sportdiventa “utile economicamente” e quindi va diffu-so per questo.Ho letto spesso persone con disabilità argomentare –in assoluta buona fede e con buon senso pratico – cheun progetto di vita indipendente, a casa propria ocomunque non finendo in servizi residenziali perdisabili, è preferibile rispetto alla tradizionale assi-stenza “perché costa meno”. Il che è sicuramentevero. Ma il punto è che il diritto primario è quello allavita indipendente. Poi si valuteranno i costi migliori,e il rapporto fra efficacia e convenienza.Nel campo degli ausili per disabili, nel recente con-vegno per i trent’anni dell’ausilioteca di Bologna,ho sentito più volte una preoccupazione analoga:sappiamo bene che gli ausili, specie quelli tecnolo-gici, sono fondamentale per dare strumenti di vitae di comunicazione alle persone con disabilità. Maanche qui la “spending review” conduce a forzatu-re pericolose. E’ la cultura del “pressappoco”: unausilio vale più o meno come l’altro, quindi è “giu-sto” prescrivere e autorizzare solo quello che costameno. L’invasione delle carrozzine dall’estremooriente, tanto per dire, è uno dei frutti avvelenati diquesta dissennata convinzione. Basso costo, maspesso anche infima qualità. Ma a chi interessa?E qui torniamo al tema dei “mendicanti di diritti”.E’ insopportabile una società che nei confronti deipiù deboli, e di chi ha bisogno di strumenti appro-priati per tutelare i propri diritti di cittadinanza, usisempre e comunque l’argomento del denaro, e ladomanda: “Sì, ma quanto ci costa?”. Che poidiventa, cinicamente: “Ma TU quanto ci costi?”.

Da Blog FrancaMente - Vita.it

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I MENDICANTI DEI DIRITTIFranco Bomprezzi

Diverse questioni bioetiche sarannoesaminate nei prossimi mesi dallaCorte europea dei diritti dell’uomo.Tra queste, un caso relativo al dirittodi abortire bambini disabili. Il casoKruzmane contro la Lettonia, riguar-da una donna, Anita Kruzmane, chelamenta una lesione del diritto umanoper non aver potuto abortire la figliaaffetta da sindrome di Down.Il suo medico sarebbe colpevole dinon averle prescritto il test di scree-ning per la trisomia 21, cosa cheavrebbe consentito la diagnosi equindi l’interruzione della gravidan-za. Citando un nesso causale direttotra l’omissione del test e la nascita disua figlia con sindrome di Down, ladonna sostiene di aver subito un pre-giudizio nel diritto al rispetto dellavita privata, che include, secondo laricorrente, il diritto di decidere diabortire in caso di problemi di salutedel nascituro. Le giurisdizioni nazionali hanno giàdato torto alla donna lettone, che allora ha deciso dirivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.L’organismo che vigila sull’applicazione dellaConvenzione europea dei diritti dell’uomo, firmatada 47 Stati, è in pratica chiamato, come ha affer-mato Grégor Puppinck, direttore dell’EuropeanCentre of Law and Justice, a stabilire se l’eugene-tica è diventata un diritto umano. “Di fronte a unasocietà che tende a negare il valore e l’umanitàdella vita nascente – ha spiegato Puppink – la Corteha interpretato la Convenzione europea dei dirittidell’uomo nel senso di tollerare la pratica del-l’aborto, mentre ha escluso esplicitamente l’esi-stenza di un presunto diritto all’aborto”.Dall’Argentina alla Germania, dal Ghana allaFrancia, decine di associazioni per i diritti deidisabili e delle persone con sindrome di Down intutto il mondo si sono unite per lanciare un appel-lo alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Sulloro sito www.stopeugenicsnow.org, si può sotto-scrivere la petizione che oggi ha già raccolto oltre8mila firme: “Sopprimere il nascituro a causadella sua trisomia 21 deve essere consideratocome un diritto umano? Questa è la grave posta ingioco dell’affare attualmente all’esame della

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che siappresta a dire se i genitori hanno un diritto fon-damentale di ricorrere alla procedura di depistag-gio e di eliminazione prenatale dei nascituri mala-ti o portatori di handicap. Una sentenza positivasarebbe un riconoscimento del diritto fondamen-tale all’eugenismo nei confronti delle personeportatrici di handicap”.“Noi, associazioni, persone portatrici di handicap eloro familiari, chiediamo alla Corte di riaffermare ilprincipio del divieto dell’eugenismo, nonché l’ob-bligo per gli Stati di proteggere la vita di ogni per-sona, ivi comprese quelle portatrici di handicapprima della loro nascita. È in gioco l’umanità dellanostra società europea”. Ma in gioco c’è anche l’economia e il florido mer-cato dei test genetici. “Si tratta – denuncia laFondazione Jérôme Lejeune – di un tappeto rossoche sarà steso verso il mercato della genetica e deitest. Perché quello che funziona per la sindrome diDown funzionerà per tutte le patologie rilevabiliprima della nascita, nonché per le predisposizionigenetiche. La posta in gioco è alta in quanto sirivolge alla metà della popolazione mondiale: ledonne”.

* giornalista

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IL SETACCIO EUGENETICO ALLA CORTEEUROPEA DEI DIRITTI UMANI

Insorgono le associazioni di disabili di tutto il mondo

Ilaria Nava*

Il VII Incontro Mondiale delleFamiglie sul tema “La fami-glia, il lavoro, la festa”(Milano 30 Maggio - 3 Giugno2012) è stato un evento dalmessaggio forte e quanto maiattuale. Per coglierlo, parto daalcune frasi della lettera concui il Santo Padre lo aveva con-vocato: “Ai nostri giorni l’or-ganizzazione del lavoro, pen-sata e attuata in funzione dellaconcorrenza di mercato e delmassimo profitto, e la conce-zione della festa come occasio-ne di evasione e di consumo,contribuiscono a disgregare lafamiglia e la comunità e a dif-fondere uno stile di vita indivi-dualistico. Occorre perciò pro-muovere una riflessione e unimpegno rivolti a conciliare leesigenze e i tempi del lavoro con quelli della fami-glia e a ricuperare il senso vero della festa, special-mente della domenica, giorno del Signore e giornodell’uomo, giorno della famiglia, della comunità edella solidarietà”. Queste parole sottendono unavisione alta del valore e del ruolo della famiglia: glisposi uniti nel sacramento del matrimonio sonoimmagine della Trinità divina, del Dio, cioè, che èamore e perciò relazione e unità del Padre, cheeternamente ama, del Figlio, eternamente amato, edello Spirito, vincolo dell’amore eterno. In questaprofondissima unità ciascuno è se stesso, mentreaccoglie totalmente l’altro. Alla luce di questomodello, la vocazione matrimoniale è vista comeunità piena e fedele dei due, comunione responsa-bile e feconda di persone libere, aperte alla graziae al dono della vita agli altri.Grembo del futuro, la famiglia è scuola di vita e difede, nella quale i bambini, i ragazzi e i giovani pos-sono imparare ad amare Dio e il prossimo, e gli anzia-ni, preziosa radice, possono a loro volta sentirsi amati.La famiglia è, così, soggetto attivo nel cammino dellacomunità cristiana e della società civile, non solodestinataria di iniziative, ma protagonista del benecomune in ciascuno dei suoi componenti.Perché questo avvenga, il patto coniugale, che èalla base della famiglia, va vissuto secondo alcuneregole fondamentali: il rispetto della persona del-l’altro; lo sforzo di capirne sempre le ragioni; ilsaper prendere l’iniziativa di chiedere e offrire per-dono; la trasparenza reciproca; il rispetto dei figlicome persone libere e la capacità di offrire loro

ragioni di vita e di speranza; il lasciarsi mettere indiscussione dalle loro attese, sapendole ascoltare ediscutendone con loro; la preghiera, con cui chie-dere ogni giorno a Dio un amore più grande, cer-cando di essere l’uno per l’altro e insieme per i figlidono e testimonianza di Lui.Un simile stile di vita non è né facile, né scontato,e spesso le condizioni concrete dell’esistenza ten-dono a minarlo: si pensi alla fragilità psicologica eaffettiva possibile nelle relazioni fra i due e infamiglia; all’impoverimento della qualità dei rap-porti che può convivere con “ménages” all’appa-renza stabili e normali; allo stress originato dalleabitudini e dai ritmi imposti dall’organizzazionesociale, dai tempi di lavoro, dalle esigenze dellamobilità; alla cultura di massa veicolata dai mediache influenza e corrode le relazioni familiari, inva-dendo la vita della famiglia con messaggi chebanalizzano il rapporto coniugale.Senza un continuo, reciproco accogliersi dei due,aprendosi al dono dall’alto, non ci potrà esserefedeltà duratura né gioia piena: “Il fiore del primoamore appassisce, se non supera la prova dellafedeltà” (Søren Kierkegaard). Diventa allora piùche mai vitale coniugare l’impegno quotidiano infamiglia a condizioni che lo sostengano nell’ambi-to del lavoro e nell’esperienza della festa.Ogni lavoro - manuale, professionale e domestico - hapiena dignità: perciò è giusto e doveroso rispettareognuna di queste forme, anche nelle scelte di vita chegli sposi sono chiamati a fare per il bene della famigliae in particolare dei figli. Contribuisce al bene della

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LA SCOMMESSA GIUSTAMons. Bruno Forte

famiglia tanto chi lavora in casa, quanto chi lavorafuori! Certo, il lavoro presenta spesso aspetti di fatica,che - secondo la fede cristiana - il Figlio di Dio havoluto far propri per redimerli e sostenerli dal di den-tro, come ricorda in una pagina bellissima il ConcilioVaticano II: egli “ha lavorato con mani d’uomo, hapensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uo-mo, ha amato con cuore d’uomo” (Gaudium et Spes,22).Ispirandosi al Vangelo, è possibile, allora, formarsicome uomini e donne capaci di fare del propriolavoro una via di crescita per sé e per gli altri,nonostante ogni sfida contraria. Ciò richiede divivere il lavoro da una parte con piena responsabi-lità verso la costruzione della casa comune (lavora-re bene, con coscienza e dedizione, quale che sia ilcompito che si ha); dall’altra, in spirito di solida-rietà verso i più deboli, per tutelare e promuoverela dignità di ciascuno. In questa luce, si comprendepienamente come la mancanza di lavoro sia unaferita grave alla persona, alla famiglia e al benecomune, e perché la sicurezza e la qualità dellerelazioni umane sul lavoro siano esigenza moraleda rispettare e promuovere da parte di ognuno, acominciare dalle istituzioni e dalle imprese.A proposito della festa, infine, va evidenziatoquanto essa aiuti la crescita della comunione fami-liare: nascendo dal riconoscimento dei doni ricevu-ti, che abbracciano i beni della vita terrena, lemeraviglie della grazia accolta dall’alto e il conti-nuo rinnovarsi dell’amore reciproco, la festa educail cuore alla gratitudine e alla gratuità. Dove nonc’è festa, non c’è gratitudine, e dove non c’è grati-tudine, il dono è perduto! Occorre imparare, allora,a rispettare e celebrare la festa anzitutto cometempo del perdono ricevuto e donato, della vitaresa nuova dalla meraviglia grata, fino a divenirecapaci di vivere i giorni feriali col cuore della festa.Questo è possibile, se si comincia dall’attenzionealle feste che scandiscono il “lessico familiare”(compleanni, onomastici, anniversari…), fino a

celebrare fedelmente come famiglia l’incontro conDio la domenica, giorno del Signore, incontro digrazia capace di produrre frutti profondi e sorpren-denti. Chi vive la festa, è stimolato a esercitare lagratuità, sperimentando come sia vero che c’è piùgioia nel dare che nel ricevere! La festa ci insegnacome amare sia vivere il dono di sé tanto nelle scel-te di fondo dell’esistenza, quanto negli umili gestidella vita quotidiana, imparando a dire paroled’amore e a compiere gesti corrispondenti, che sgor-ghino da un cuore grato e gioioso.La negazione della festa, in particolare delladomenica, è perciò un attentato al bene prezio-

so dell’armonia e della fedeltàconiugale e familiare: ed è signi-ficativo che questo messaggiorisuoni da Milano, capitale vita-le e laboriosa dell’economia edella produzione del Paese.Scommettere sulla famiglia fon-data sul matrimonio e aperta aldono dei figli e impegnarsi apromuovere le condizioni dilavoro e di rispetto per la festa,che ne aiutano la serenità e lacrescita, è contribuire al bene ditutti, liberandosi da logichespesso riduttive e confuseriguardo al suo valore di celluladecisiva della società e del suodomani. È il messaggio che daMilano è partito per l’Italia e ilmondo intero!

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IL CANTICO“Il Cantico” continua la sua storia a servizio delmessaggio francescano nella convinzione dipoter offrire così un servizio per la promozionedella dignità di ogni uomo e di tutti gli uomini.Per ricevere “Il Cantico” versa la quota diabbonamento di € 25,00 sul ccp intestato aSocietà Cooperativa Sociale Frate Jacopa –Viale delle Mura Aurelie 8 – 00165 RomaIBAN IT-37-N-07601-02400-000002618162.Riceverai anche Il Cantico on line! Invia la tuaemail a [email protected] l’abbonamento sostenitore di € 40,00

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Si è chiusa sabato sera 6 ottobre ad Assisi unanuova tappa del “Cortile dei Gentili” dedicata altema “Dio questo sconosciuto”. Per due intensegiornate la struttura vaticana del dicastero dellaCultura, dedicata al dialogo con i non credenti, haradunato nella città di San Francesco 40 relatoriper nove incontri su temi spirituali, culturali, maanche sociali ed economici.A conclusione di questa nuova tappa del "Cortiledei gentili", l’inviato di Radio Vaticana ad Assisi,Fabio Colagrande, ha chiesto di esprimere un'im-pressione e un bilancio al primo promotore di que-sta iniziativa, il cardinale Gianfranco Ravasi,presidente del Pontificio Consiglio dellaCultura:R. - Da un lato, il discorso ha mantenu-to il livello alto della comunicazione, illivello alto dei contenuti, il livello delquadro generale, della progettazionenella dimensione anche etica e politicanella terminologia più alta, nella dimen-sione anche religiosa più significativa.Dall’altra parte, però, c’è stata questaconcretezza che è diventata soprattuttopartecipazione, adesione, anelito quasidell’assemblea che mai – in nessun’altracircostanza – ha vissuto questi temi conuna sintonia, una simbiosi con chi parla-va, con la convinzione che questi temifossero nel profondo della propria espe-rienza. E’ per questo che il risultato èveramente straordinario. D. - Un tema ricorrente è stato quellodelle nuove generazione e dei giovani, aiquali si guarda spesso con preoccupazio-ne. Questo dialogo, basato su un umane-simo integrale, deve guardare soprattuttoa loro?R. - Io ho posto il problema anche della"morte progressiva" del concetto di futu-ro, proprio perché l’orizzonte sembraessere così colmo di macerie o di delu-sioni. In realtà, noi abbiamo i giovaniche, è vero, hanno chiuso occhi e orec-chie rispetto al mondo in cui siamo inse-riti, proprio perché non trovano degliorizzonti aperti.Tuttavia, io ho trovato – e ne ho fattoun’esperienza proprio incontrandoli inuno dei Cortili più affollati dedicati a loro

- una sorta quasi di apertura e di attesa. Per cui, noigenerazioni precedenti e soprattutto il mondo dellaChiesa e anche il mondo della cultura laica nondobbiamo questa volta cercare di deluderli esoprattutto non dobbiamo cercare di pensare chequesta generazione giovanile sia una generazione,in pratica ormai scontatamente, non dico perduta,ma sicuramente da archiviare.D. - Infine, che nota in più ha aggiunto al Cortiledei Gentili il teatro della città di Francesco?R. - Guardando nella vallata, idealmente possiamodire che avevamo lo stesso sguardo di Francescoche vedeva questo mondo, queste campagne, que-

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ASSISI:IL CORTILE DEI GENTILI

Interviste al Cardinale Ravasi e Enzo Bianchi

A cura di Fabio Colagrande

ste presenze anche della natura. Dall’altra parte,però, direi anche l’arte che è in Assisi e che fa sìche anche coloro che arrivano con delle domande –penso ai giornalisti – che sono immediate, sconta-te e qualche volta – diciamolo – anche banali, quiidealmente stanno ad ascoltare anche qualcosa dipiù alto e tendono a registrare, invece, come havoluto fare anche il presidente della Repubblica, ilrespiro che è il respiro della vera spiritualità e dellavera laicità.A sottolineare l'ampio orizzonte di dialogo che levarie tappe del "Cortile dei Gentili", compresaquella appena conclusa di Assisi, hanno saputofinora sviluppare con credenti e non credenti è unodei protagonisti dell'incontro umbro, il priore dellaComunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi, alquale Fabio Colagrande ha chiesto di spiegare ilsenso profondo di questa manifestazione.R. - Significa proprio quello che il Concilio volevae che Paolo VI ha sintetizzato nell’EcclesiamSuam: la Chiesa si fa dialogo. Qui, abbiamoun’esperienza della Chiesa che si fa dialogo contutti, con tutte le componenti di altre religioni, maanche con quelli che non professano alcuna reli-gione. E’ decisivo per il futuro dell’umanità che cisia questa complicità tra credenti e non credenti nelcercare ciò che fa diventare l’uomo più uomo e, inquesto senso, realizza anche la volontà e il piano diDio sull’uomo. D. - Si è parlato di contemplazione e di meditazio-ne: la Chiesa deve aver paura di altri metodi chearrivano da altre tradizioni o da altre religioni?R. - No, io credo che la pluralità dei metodi rap-presenta tutte vie umane che possono servire anchealla meditazione e alla contemplazione cristiane. Icristiani devono solo ricordare che ciò che li salva

non è un metodo, non è la meditazione, non è lacontemplazione, ma ciò che li salva è ancora GesùCristo e soltanto Lui. Quindi, non scambieranno glistrumenti con ciò che è il fondamento. D. - Lei ha detto, però, che a volte c’è timidezza nelricordare questo…R. - Sì, c’è timidezza, c’è paura oggi. Certamente,manca una certa speranza e una certa fiducia negliuomini e nei loro cammini. Noi siamo un po’ comeparalizzati davanti a una certa audacia del dialogo.Ma il Concilio deve essere una forza che ci spingee ci rende audaci, facendo cessare le nostre paure. D. - Sta per cominciare il Sinodo sulla nuova evan-gelizzazione, al quale lei partecipa: quali le suesperanza, i suoi auspici?R. - Io partecipo al Sinodo chiamato da BenedettoXVI come esperto e ho una buona speranza. Misembra che il cammino fatto fin qui indichi davve-ro una prospettiva fedele al Vaticano II su cosa siala nuova evangelizzazione: una vera proposta dibuona notizia, nessuna imposizione.

Da Radio Vaticana 6/10/2012

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“La via della coscienza”In uno dei suoi Sermoni universitari il card. J. H.Newman si preoccupa per i giovani che, quando siaffacciano al mondo, “sono sottoposti alla loroprova”(John Henry Newman, Il cuore del mondo,MI 2011, n.90, p.160). Anche se hanno appreso eaccettato tranquillamente le verità rivelate, quandosi aprono dinanzi a loro innumerevoli ambienti,opinioni e comportamenti contrastanti, all’improv-viso perdono l’orientamento, poiché sono incapacidi applicare nella pratica le lezioni che pensavanodi aver imparato accuratamente. Confusi si convin-cono gradualmente che “il sistema religioso chefino ad allora hanno accettato, è una soluzione ina-deguata”. La Bibbia e le cose apprese in preceden-za appaiono “non soltanto poco interessanti, maanche puramente teoriche”(Newman, ibidem,p.161), inattuabili, innaturali, inadatte alle esigen-ze della vita e alla costituzione dell’uomo.A loro difesa Newman sostiene che “il modo in cuiil mondo agisce nel fare deviare dalla verità, nelfare sembrare bene il male e male il bene, è al di làdella loro capacità di comprensione”(Newman, ibi-dem, p.159).Può sembrare contraddittorio che il teologo propu-gnatore della “via della coscienza”(BenedettoXVI) sostenga questa incapacità. Sembra che eglinon abbia fiducia nella coscienza dei giovani.In realtà, come dice Benedetto XVI, grande ammi-ratore di Newton, nell’uomo è stato infuso qual-cosa che non è lui a darsi e che non può distrug-gere, “qualcosa di simile ad un’originaria

memoria del bene e del male” (Ratzinger1991,89): la cosiddetta coscienza naturale. Se èascoltata essa consente un cammino verso ilbene altrimenti non si sviluppa, non si strutturanella verità e la sua voce diventa sempre piùdebole nei confronti dei luoghi comuni che fini-scono con l’avere il sopravvento.Uno di essi, secondo la mentalità oggi imperante,sostiene che il bene non è più ciò che promuove lapersona umana ma è ridotto a ciò che genera sod-disfazione immediata, per cui si agisce con criteridi efficienza o di calcolo indipendentemente dallemotivazioni legate alla tradizione, ai valori e ailegami con gli altri.Perciò se vogliamo che i giovani non crescanoannebbiando quell’“originaria memoria delbene e del male”, ma, al contrario, la rafforzino,è importante mettere in atto un’azione educati-va alternativa che stimoli l’ascolto della coscien-za e promuova il compimento di atti che con-sentano di sperimentare i valori e aprano gliorizzonti verso la ricerca del bene.

La cultura del relativismoOggi nel pluralismo etico in cui ci troviamo avivere, è difficile orientarsi e rispondere alladomanda: che cosa è giusto?È quasi inevitabile adeguarsi alla cosiddetta “dit-tatura della maggioranza”.“Atti che, presi in casi singoli, sarebbero condan-nati come crimini, acquistano dignità dal numerodei delinquenti o dalla loro presunta autorevolezza

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IL CAMMINO VERSO IL BENEGraziella Baldo

e giungono a pretendere la nostra acquiescenzacome una questione di diritto. Ciò che sarebbeinsubordinazione, furto o omicidio, quando fosse

commesso da un solo uomo, viene santificato dal-l’importanza o dal numero di chi lo commet-te”(Newman, ibidem, p.159).

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ACCONTENTARSI DELLE BUONE INTENZIONI…Fu una presunta buona intenzione quella che animò i cattolici delno nel referendum sul divorzio del 1974 e allo stesso modo pen-sarono ed agirono quanti favorirono la contraccezione per rag-giungere la paternità e maternità consapevoli, quanti videro nellalegalizzazione dell’aborto una via per tutelare la salute delledonne e nella fecondazione artificiale un modo per donare allecoppie la gioia del figlio…Se consideriamo i risultati di quelle azioni, chi, dotato di one-stà intellettuale, non sarebbe costretto ad ammettere chetanto del bene cercato con esse è stato sopravanzato da pro-blemi ben maggiori? Il divorzio, pensato per la pace dei figli, non ha forse portato a tanti bambini egiovani smarriti dietro una cacofonica pluralità di figure di riferimento spesso provvisorie e conflit-tuali? Non è anche grazie alla sub-cultura dei cosiddetti “diritti riproduttivi” che l’occidente è larga-mente flagellato dall’inverno demografico e dalle difficoltà sociali ed economiche che ad esso fannoseguito?Dov’è andata a finire la tutela della salute delle donne promessa dall’aborto legale se la più granderevisione mai realizzata e pubblicata sull’autorevole British Journal of Psychiatry da PriscillaColeman, dimostra che la salute mentale delle donne peggiora dopo l’aborto e se sul non meno auto-revole American Journal of Obstetrics and Gynecology già nel 2004 è stata dimostrata una mortalitàtripla per le donne che abortiscono rispetto a quelle che danno alla luce il figlio? Sono forse fantasiel’incremento di patologie che affligge i figli concepiti in provetta e le difficoltà per le donne prima illu-se e poi deluse dalla pubblicistica dell’accanimento riproduttivo?...

Quello che faccio con l’intenzione di fare del bene, è reso automaticamente dal mio intento unbene? La mia coscienza sinceramente volta al bene, purifica le mie azioni a prescindere dal contenu-to di quello che vado a realizzare?... Non era forse una buona intenzione verso il popolo tedesco, stremato dalla crisi economica e dalle san-zioni belliche, quella che animava il criminale regime nazista nella sua politica di proliferazione degliarmamenti e di conquista dello “spazio vitale”? Non erano forse animati dal desiderio di ottimizzare ilsalvataggio dei piloti caduti in mare i medici che a Dachau conducevano esperimenti di congelamen-to usando uomini come cavie? Non è forse vero che alcune di queste conoscenze servirono come baseper ulteriori studi pubblicati su prestigiose riviste medico-scientifiche nell’immediato dopo-guerra? Sela coscienza è il tribunale supremo, ciò doveva valere anche per quei nazisti, com’è stato allora con-sentito ad altri uomini di ribaltare con la condanna per crimini contro l’umanità il giudizio di quel tri-bunale supremo interiore? In nome di che cosa si è proceduto?

Sono riflessioni che in modo magistrale il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ilcardinale Ratzinger, svolse in passato provvidenzialmente riproposte in un recente libro edito daCantagalli dedicato alla coscienza. Dov’è il male?La risposta del cardinale Ratzinger risuona delle parole di un grande conoscitore della coscienza, il beatocardinale Newman, secondo cui la coscienza ha dei diritti, perché prima ha dei doveri. Il primo diquesti è quello di formarsi alla luce della verità, una verità che in quell’intervento il cardinaleRatzinger identificava come il termine medio, la cerniera che unisce autorità e soggettività ed in cui lanorma, lungi da essere elemento di intollerabile oppressione dell’autonomia dell’individuo, inter-viene piuttosto come criterio che si oppone allo smarrimento di una coscienza auto-referenziale.Così come la soppressione di un essere umano innocente realizzata con l’aborto non potrà mai essereuna cosa buona ed una legge che trasforma il delitto in diritto non sarà mai una buona legge, altrettan-to una pratica che trasforma l’essere umano da dono da accogliere in manufatto da assemblare median-te la fecondazione artificiale, non sarà mai qualcosa da promuovere; anche quando le circostanze par-ticolari possono intervenire nel modulare la responsabilità morale, queste non consentiranno di spac-ciare per un bene ciò che è di per sé un male.

Renzo Puccetti, Socio Fondatore dell’Associazione Scienza&Vita

Si può così arrivare al paradosso che vengano appro-vate leggi, cosiddette positive, che hanno il consen-so popolare, ma che non sono giuste, poiché nonriconoscono una norma etica al di fuori del consen-so, né si pongono il problema di aderire ad una veri-tà morale di cui il relativismo nega l’esistenza. Ma la cosa più grave è che tali leggi per i più inge-nui diventano una giustificazione di una condottaindifferente alla ricerca della verità e della giusti-zia. Non si dice forse: “Lo dice la legge, dunque…è giusto!”?Tale leggi sono espressione di una coscienza colletti-va auto-referenziale in quanto non si forma alla lucedella verità, ma segue criteri più comodi: accon-tentarsi delle buone intenzioni, accettare un pic-colo male per ottenere un bene maggiore…

Le radici trascendenti della giustizia“Nel nostro mondo, in cui il valore della persona,

della sua dignità e dei suoi diritti, al di là delle procla-mazioni di intenti, è seriamente minacciato dalla dif-fusa tendenza a ricorrere esclusivamente ai criteri del-l’utilità, del profitto e dell’avere, è importante nonseparare il concetto di giustizia dalle sue radici tra-scendenti. La giustizia, infatti, non è una semplice

convenzione umana, poiché ciò che è giusto non èoriginariamente determinato dalla legge positiva,ma dall’identità profonda dell’essere umano…”(Benedetto XVI, Messaggio per la Pace, 2012, n.4). L’uomo attraverso la ragione, purificata e illu-minata dalla fede, può far crescere quell’“origi-naria memoria del bene e del male” ripostanella coscienza naturale.“Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre unalegge che non è lui a darsi, ma alla quale invecedeve obbedire e la cui voce lo chiama ad amare e afare il bene e a fuggire il male, ad assumere laresponsabilità del bene compiuto e del male com-messo” (Benedetto XVI, Messaggio per la Pace,2012, n.3). L’uomo può arrivare ad essere in comunione colbene e col male e così può scoprire e formulareprincipi morali oggettivi.“Per questo, l’esercizio della libertà è intimamenteconnesso alla legge morale naturale, che hacarattere universale, esprime la dignità di ognipersona, pone la base dei suoi diritti e doveri fon-damentali, e dunque, in ultima analisi, della convi-venza giusta e pacifica fra le persone”(BenedettoXVI, ibidem).

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La Fondazione Infantile “Club Noel” è l’unico ospedalededicato esclusivamente alla cura dei bambini poveri resi-denti in tutto il Sud-Ovest della Colombia, nella città di Cali.Questa Fondazione è stata creata nel 1924 e da allora èstata sempre al servizio dei bambini poveri e ammalatiche difficilmente potrebbero raggiungere un’altra strutturasanitaria. Lo spostamento forzato dei contadini verso lacittà ha prodotto una crescita significativa del numero deibambini malati da zero a due anni e relativo aumento delledomande alla Clinica infantile. Considerando la vita e lasalute come diritti fondamentali dei bambini, laFondazione Clinica Infantile ha la necessità di migliorareambienti, apparecchiature e personale per salvare la vitadi molti bambini poveri. Per questo motivo è necessario ilsostegno finanziario di istituzioni e di privati al fine di poterapprontare interventi e soluzioni adeguate per questibambini colpiti da complesse patologie endemiche, dege-nerative, infettive, congenite, ecc., causate da: clima tropi-cale, cattive condizioni alimentari e di vita, servizi inade-guati, fattori ereditari.

La Cooperativa Sociale “Frate Jacopa” intende accoglie-re questa richiesta di aiuto, di cui si è fatto portatore p.José Antonio Merino, che conosce di persona i respon-sabili della Fondazione e l’impegno umanitario da que-sta profuso. Le offerte, grandi e piccole, che sarannofatte tramite la cooperativa, saranno inviate, come nostrocontributo alla realizzazione di progetti per l’acquisto di

attrezzature diagnostiche e l’allestimento di una unità dicura intensiva per i bambini che richiedono interventi chi-rurgici postoperatori complessi.

Chi intende partecipare può inviare la propria offerta conbonifico bancario sul c/c intestato a Società CooperativaSociale Frate Jacopa presso la Banca Prossima - Roma -IBAN: IT82H0335901600100000011125, precisando lacausale “Liberalità a favore della Cooperativa SocialeFrate Jacopa per il Progetto Club Noel Colombia”. Saràrilasciata ricevuta per usufruire delle agevolazioni fiscalipreviste dalla legge. Sul Cantico saranno date periodicheinformazioni sull’andamento della raccolta.

SSOOSSTTEEGGNNOO AA DDIISSTTAANNZZAA

CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL”I bambini della Colombia chiedono il nostro aiuto

UN LEGAME VITALENel grande tema del Meeting diFraternità quest’anno “La via dellapenitenza. Risposta all’Amore”,

ci fermiamo a guardare il legame che unisce la peni-tenza alla fraternità. Diciamo subito che si tratta di unlegame vitale ed imprescindibile, senza il quale sareb-be difficile comprendere e vivere la penitenza cristia-na.Di solito la penitenza ci rimanda al peccato e alla suaespiazione-purificazione, ma il binomio “peccato-penitenza” va letto nel grande progetto umano-divinodell’amore, come giustamente indica il titolo di questegiornate. Dunque non più un binomio “peccato-peni-tenza”, ma un trittico “amore-peccato-penitenza” doveognuno richiama l’altro e si comprende con il con-fronto con l’altro. All’origine infatti non c’è il peccatoma l’Amore. Il peccato si definisce infatti soltanto inrapporto con l’amore. L’amore viene sempre primadel peccato. L’amore esiste prima del peccato, èl’energia originale dell’uomo, è la radice dell’uomo; invirtù di questa radice che si chiama ‘Amore’ l’uomo ècapace di relazioni e in definitiva è capace di divenireumano! L’amore è la radice delle nostre relazioni e delnostro divenire umani. Il peccato viene dopo perchè il peccato è il rifiutodi questa radice, è un rifiuto dell’amore, è unavolontaria dimenticanza della propria radice che sichiama amore, è una chiusura nell’autosufficienza. Ma Gesù Cristo è morto per farmi ritrovare la miaradice, per farmi tornare alla mia sorgente,all’amore, dunque per “riconciliarmi”, per rilancia-re la mia capacità di relazione e rilanciare il mioprocesso di ‘umanizzazione’. Gesù Cristo morendocosì ci ha mostrato che Dio è amore fedele e cheanche noi siamo radicale capacità di amare. Conil suo sacrificio ci ha offerto nello stesso tempo lacapacità di recuperare la nostra radice e quindirilanciare la nostra “avventura di uomini”. Questa possibilità di recuperare la propria radi-ce, quindi la propria capacitàdi relazione, divenendo sem-pre più umani, si chiamaPenitenza!Il peccato è una defezione del-l’amore e non riguarda le cose,gli ideali, i progetti, ma semprerelazioni, rapporti personali,persone. La penitenza non puòessere quindi se non via dell’amore, di un amore che è statoferito e che la penitenza speradi risanare e di far crescere. Ilpeccato come ferita all’amoreinquina, limita, svia la nostracapacità di amare che è costitu-

tiva del nostro essere immagine e somiglianza diDio amore-relazione. Il peccato introduce nellanostra capacità di amare l’egoismo ed ogni andareall’altro viene come segnato dalla sua impronta. Ilnostro amore è inquinato, prigioniero del virus del-l’egoismo.

LA PENITENZA IN S. FRANCESCOQuesto intendeva Francesco quando nel Testamentodice: “Essendo io nei peccati, mi sembrava cosatroppo amara vedere i lebbrosi”.L’incominciare a fare penitenza, la conversione delproprio io a Dio, il risanare la capacità di amare, laconcretezza di un Dio che sta nella storia, (“il Signorestesso mi condusse tra loro”) dà a Francesco la possi-bilità di amare come non aveva mai amato prima egustare la bellezza di un amore libero dall’egoismo:“ed io usai con essi misericordia. E allontanandomida essi (peccati) ciò che mi sembrava amaro mi fucambiato in dolcezza di animo e di corpo. Indi attesiun poco e uscii dal mondo”.“Penitenti di Assisi” fu la prima denominazioneadottata dai frati di S. Francesco. Il significato di“fare penitenza” è più o meno identico a quello dimetanoia biblica cioè penitenza e conversione. Aquesto si collega il ruolo del vangelo nel qualeFrancesco incontra il Cristo vivo. “Convertitevi ecredete al vangelo” – o, come commentava un pre-dicatore, se crederete al vangelo, sarete veramentesulla strada della conversione, strada che porta dal-l’io a Dio e ai fratelli. Ricordiamo la celebre pagi-na di Don Tonino Bello sulla quaresima: “cenere intesta e acqua ai piedi”, la cenere di conversione-penitenza del mercoledì delle ceneri sulla nostratesta, per arrivare all’acqua del servizio e del-l’umiltà per lavare i piedi dei nostri fratelli il gio-vedì santo.Gli uomini pertanto sono divisi in due categorie:coloro che fanno penitenza (che crescono nel-l’amore), e coloro che non fanno penitenza (prigio-nieri del proprio egoismo e peccati).

Scrive p. Iriarte: “La conversioneiniziale sincera e la volontà soste-nuta di conversione rinnovata è ilpresupposto insostituibile dellavita fraterna. Infatti, quella stessatensione che impulsa costante-mente il vero frate minore a sco-prire in sé e a distruggere ogniforma di egoismo alienante, ogniorgoglio, ogni appropriazione, lodispone simultaneamente adaprirsi all’amore di Dio, e adaccogliere il fratello” (Iriarte,“Vocazione Francescana”). Sipuò dire che qui si radica tuttal’ascetica personale e tutta la

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PENITENZA E FRATERNITÀ

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pedagogia del Poverello come fondatore: nello stabili-re il contrasto tra il proprio io e la carne e lo spirito delSignore. Atteggiamento penitenziale significa il rico-noscimento umile e minoritico della propria condizio-ne creaturale, della propria limitatezza e fragilità,anche morale, sentirsi povero davanti a Lui, attribuirea lui ogni bene, sopportare pazientemente ogni avver-sità e afflizione di anima e di corpo, ogni persecuzio-ne. Una tale vita diventa testimonianza e messaggio,interpella coloro che non vivono in penitenza.Così nacque la predicazione francescana come mes-saggio esclusivamente penitenziale. L’annuncio delregno di Dio comportava due elementi inseparabilila pace e la penitenza, pace ericonciliazione: “Il valorosis-simo soldato di Cristo passavaper città e villaggi annuncian-do il regno di Dio: la pace, lavia della salvezza, la peniten-za in remissione dei peccati”(1Celano 33-36).“La vita e il messaggio diFrancesco, uomo penitenzialeprovocò in tutti gli stati socialiun risveglio inusitato. Uomini edonne senza abbandonare lapropria famiglia né il propriomestiere o posizione socialeentravano nella corrente di vitaevangelica, che guardava comemodello le opzioni della frater-nità dei frati e delle sorellepovere. La penitenza conversio-ne divenne così non soltanto uncambiamento di condotta, maun impegno di crescita cristianache ha dato origine al francescanesimo secolare”(Iriarte “Vocazione Francescana” p. 38).

PENITENZA: VIA PER TORNARE AD AMARENell’ambito del nostro discorso “fare penitenza” o“con-vertirsi” significa tornare ad amare, rilancia-re, rinverdire la nostra capacità di amare, spingen-doci fino alla “follia”. Convertirsi significa tornarealla radice e far fiorire la mia capacità di amareportandola fino a quel fondo che è l’amore folle diGesù Cristo in croce. Penitenza quindi non significa soltanto ‘tornare adamare’, ma tornare ad amare spingendo la propriacapacità fino alla croce! Io mi converto, cioè decido ditornare ad amare come ha amato il mio Signore GesùCristo, fino alla follia della croce, vale a dire, ad amaresenza misura! Ed allora la penitenza acquista un’altradimensione: quando io faccio penitenza, cioè quandomi decido a portare fino in fondo la mia capacitàd’amare, non sono solo. Se faccio penitenza nel sensodi ‘tornare ad amare’ ma con la voglia di andare finoin fondo alla via dell’amore come ha fatto GesùCristo, allora la penitenza non la faccio da solo, ma lafaccio con Gesù Cristo prendendo parte al misterodella sua morte e Risurrezione.

Creati ad immagine e somiglianza di Dio, dunquecapaci di amare, il battesimo ci immette in queldinamismo di amore che è lo Spirito santo, che ciintroduce al modo di amare di Dio manifestato daGesù. Nella parola conversione c’è quel “cum”, quel “con”che nasconde tre idee, tre realtà. La parola conversio-ne suggerisce innanzitutto l’idea dell’accompagna-mento: la parola conversione porta in sé questo signi-ficato di ‘insieme ad un altro’. ‘io mi converto’, cioè‘faccio strada con Gesù Cristo’. Sarebbe meglio dire:mi converto, cioè permetto a Gesù Cristo di fare stra-da con me.

Mi suggerisce anche un’altraidea quel “con”, un’altra realtà,quella della partecipazione con-versione... Io partecipo, prendoparte all’amore di Gesù Cristoche si spinge fino alla follia eGesù Cristo prende parte al mioamore che osa anch’esso spin-gersi fino alla follia. Ma c’è un’altra idea o un’altrarealtà, quella della gradualità,della successione, quindi dellatrasformazione, una nuovavolontà e energia sta suben-trando gradualmente nella miavita e mi trasforma! La penitenza significa recupe-rare la capacità di amare, per-mettendole tutto lo sviluppo delsuo potenziale; ma, essendo cri-stiana essere penitenti significacamminare con Gesù Cristo,partecipare alla vicenda di Gesù

Cristo, e vedersi quotidianamente trasformati, assimi-lati a Lui.Essere penitenti, persone che ‘segnano’ il passo diGesù Cristo, che sono entrati in sintonia perfetta conil ritmo dei passi di Gesù Cristo, con l’andatura diGesù Cristo; qualcuno che osa ogni giorno rimetterese stesso, o mettersi ancor più, sotto l’influsso delloSpirito del Risorto che è la sua energia personale diamore. Allora tutto il tempo dell’esistenza terrena è tempodi penitenza! La penitenza è una realtà molto grande e non tuttaè insita nel peccato. C’è insita la mia volontà dipromuovere, passo dopo passo il mio processo di‘umanizzazione’ che coincide con il mio divenire‘uguale’ al Figlio di Dio, altro Cristo. Tutta la mia esistenza è tempo di penitenza, a comin-ciare dalla prima penitenza, dalla prima clamorosaprofessione di voler essere penitente che si chiama ilBattesimo, fino all’ultima penitenza, all’ultima pro-fessione pubblica di penitenza: la morte! Sulla qualespunta la Risurrezione come sigillo definitivo di unavita che ha camminato nell’Amore.

Tratto dalla relazione di Sr. Lorella Mattiolial Meeting di fraternità (Assisi 19-23 agosto 2012)

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AA.VV.

SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA

LA VIA DELLA PENITENZALA VIA DELLA PENITENZARisposta all’AmoreRisposta all’Amore

Francesco si è fermato a Rivotorto perché da lìpoteva servire insieme ai suoi compagni i lebbrosi.I lebbrosari erano situati tra S. Rufino in Arce(denominato S. Rufinuccio, come lo chiamavanogli assisiani), S. Maria degli Angeli e Rivotorto;quindi la prima comunità di Francesco era vicina ailebbrosari anche quando si trasferì a S. Maria degliAngeli. La chiesetta di riferimento prima si chiamòS. Lazzaro, poi S. Maria Maddalena, il nomeattuale. La cappella di S. Rufino in Arce si trovaoggi dentro il convento delle Suore MissionarieFrancescane di Susa. La valle di Assisi era di tran-sito, era un luogo popolato; a quel tempo, una cittàcome Assisi era importante e densamente popolata.C’erano una dozzina di lebbrosari nella zona. Quando 10.000 anni fa l’uomo è passato dall’agri-coltura all’allevamento, ha contratto molte malattie,tra cui la lebbra che era una malattia tipica del medio-riente. Iniziò a diffondersi ai tempi di Cristo; il leb-broso era “inesistente”, non faceva parte della socie-

tà. Nel periodo tra il trecento e il cinquecento, la leb-bra iniziò a diffondersi nel mondo ..... occidentale.Nel 331 d.C. un alto funzionario dell’imperatoreCostantino, Zoticos, decise di aprire un lebbrosarionella città di Pera. Per questo motivo il figlio del-l’imperatore, nel frattempo salito al trono, lo condan-nò a morte perché aveva utilizzato denaro che gli erastato dato da Costantino per altri scopi. Però la popo-larità dell’imperatore cadde a picco e il lebbrosariofu aperto; Zoticos divenne santo. A quel tempo c’erano altre malattie oltre alla leb-bra, la popolazione moriva a milioni nel giro di

pochi anni. C’era anche “ilfuoco di S. Antonio”; gliantonini furono i primi a fre-giarsi del Tau, poi mutuatodai frati francescani cheassistevano i lebbrosi. In Europa ci fu un’ondata dilebbra portata dai crociati diritorno dalla Terrasanta. Siarrivò fino a punte del 50%di popolazione colpita dallalebbra in Europa. I lebbrosiper legge erano reclusi; sicelebrava una Messa cheaveva il significato di unfunerale. Si credeva che ilebbrosi dovessero portare ilsegno del peccato, ma eranoanche prediletti perché siidentificava la loro malattiacome una preferenza daparte di Cristo. Erano male-detti e benedetti contempo-raneamente, ecco perchévenivano seguiti da moltestrutture gestite da religiosi.

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IL PERCORSO DEI LEBBROSARI AD ASSISI

Nel corso della Settimana di formazionenazionale è stata effettuata una uscita neipressi di Assisi, “Il percorso dei lebbrosari”.Ecco qualche nota sull’originale iniziativa;un particolare ringraziamento va rivolto a P.Lorenzo Di Giuseppe e Giorgio Grillini per lepuntuali considerazioni storico religiose svol-te lungo il percorso.

C’erano organizzazioni laicali e religiose; S.Bernardo da Chiaravalle (la sua memoria è il 20 ago-sto, il giorno che è stato scelto per l’uscita) si occupòdelle sofferenze di questi malati, come pure eranoattivi nel settore il movimento delle Beghine e l’ordi-ne di S. Lazzaro (da cui il termine “lazzaretto”).Siccome c’era un abbinamento “peccaminoso”, dopoqualche tempo si cominciò ad affiancare a S. Lazzaroanche S. Maddalena. In Europa c’erano 19.000 laz-zaretti lebbrosari; i frati, le clarisse e i penitenti sidedicarono ai lebbrosari.Quando Francesco torna dalla prigionia di Perugia, ilebbrosi sono cacciati come cani rabbiosi. All’iniziodella sua conversione, Francesco comincia a dedicarsiai lebbrosi; mentre gli altri li considerano inesistenti,Francesco li considera persone non emarginate, contutte le conseguenze e i significati di una impostazio-ne di questo tipo. I lebbrosi non possono essere tenutiin casa per nessun motivo; secondo lo statuto diBologna, devono essere tenutialla distanza di “cinquanta per-tiche” da ogni centro abitato. Sempre in questo periodo(1250), i poveri fuggono neilebbrosari per non morire difame. Questo costringe lasocietà a distinguere il poverodal malato, la povertà dallacura; quindi si comincia adistinguere tra ospizi e ospeda-li e tra accoglienza e terapia. Nel XIV secolo la lebbra iniziaa scomparire in Europa. AParigi viene effettuata unaricognizione ai lebbrosari evengono trovati 35 lebbrosi; siprende atto che la lebbra iniziaa scomparire e i beni dei leb-brosari vengono destinati conil passare del tempo agli altri“incurabili”: i sifilitici. Quello del servizio ai lebbro-si era un aspetto importantedel noviziato dei frati. Poi c’èun altro particolare da consi-derare: secondo lo storicoassisiano Fortini, i campi delpadre di Francesco eranovicini ai lebbrosari. L’uscita in questi luoghi si èsvolta nel corso della settimanadi formazione nazionale per-ché Francesco ha incontratoqui i lebbrosi, i più poveri: “IlSignore dette a me, frateFrancesco, d’incominciare afar penitenza così: quando eronei peccati, mi sembrava cosatroppo amara vedere i lebbro-si; e il Signore stesso mi con-dusse tra loro e usai con essi

misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che misembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animoe di corpo” (2Test, FF 110). Questo cammino di for-mazione è dovuto alla grazia di Dio, una cosa checon le sue forze Francesco non avrebbe mai raggiun-to; arriva così a dare il bacio al lebbroso. Riconosceil grande dono di Dio e capisce che ogni uomo deveessere considerato fratello, per dono di Dio nella suavita. Da qui inizia il suo cammino penitenziale eaggiunge: “E di poi, stetti un poco e uscii dalmondo” (2Test, FF 110). Oggi chi sono gli “incurabili”? Le persone “diver-se” ci sono ancora, i “lebbrosi” ci sono ancora.Vaste zone dell’Africa sono flagellate dall’Aids.Allora ci si può chiedere: “Ma io cosa possofare?” Bisogna cominciare ad amare queste perso-ne, come Francesco che ha superato la barriera congli altri diventando capace di amare.

Renato Dal Corso

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ABITARE LA TERRA, CUSTODIRNE I BENI.PER UNA ECONOMIA DI PACE

La Cooperativa Sociale Frate JacopaLa Fraternità Francescana Frate JacopaLa Parrocchia S.Maria Annunziata di FossoloLa Rivista “Il Cantico”

Cooperativa Sociale Frate JacopaSede legale: Viale Mura Aurelie, 8 - 00165 Roma - Tel. e Fax 06631980 - cell. 3282288455

Sede di Bologna: Via Pomponazzi, 20 - Tel. 051 493701www.coopfratejacopa.it - [email protected] - http://ilcantico.fratejacopa.net

Venerdì 19 ottobre 2012 - ore 20,30Sala s. Maria Annunziata di Fossolo, via Fossolo 29, Bologna

“Abitare la Terra, custodirne i beni”relazione del Prof. Simone Morandini

docente di teologia della creazione alla Facoltà Teologica del Triveneto

Venerdì 26 ottobre 2012 - ore 20,30Sala s. Maria Annunziata di Fossolo, via Fossolo 29, Bologna

“Economia ed ecologia:ripensare le regole della casa comune per edificare la pace”

relazione del Prof. Riccardo Morodocente di economia politica presso l’Università di Milano

Invitano

col sostegno della Provincia di Bolognaall’iniziativa proposta nell’ambito della rassegna

Tavolo Provinciale per la Pace

2012

Il rapporto 2012, realizzato da IFPRI,Welthungerhilfe e Concern e giunto alla quinta edi-zione italiana, analizza la situazione in oltre 120Paesi, 20 dei quali hanno un Indice di Fame allar-mante o estremamente allarmante; tra essi: Burundi,Eritrea, Haiti, Paesi nei quali il 50% della popo-lazione è denutrito. Il GHI combina tre indicatori: lapercentuale di popolazione denutrita, il tasso di mor-talità infantile e la percentuale di bambini sottopeso.Sebbene l’Indice mondiale della fame scenda dai19,8 punti del 1990 ai 14,7 del 2012, l’Africa SubSahariana e l’Asia Meridionale mantengono valorielevati con 22,5 e 20,7 punti.Il rapporto 2012 si occupa di scarsità delle risorsedestinate alla produzione di cibo: terra, acqua edenergia. Il suolo coltivabile è diventato un bene cosìprezioso che viene affittato, specie in Africa, per pro-durre beni destinati all’esportazione. È il cosiddettoland grabbing, l’accaparramento delle terre chenegli ultimi dieci anni ha interessatouna superficie pari a sette volte quel-la dell’Italia. La maggior parte delleacquisizioni è avvenuta nei Paesicon alti livelli di denutrizione, dovela popolazione e il reddito nazionaledipendono dall’agricoltura. Il 55%dei suoli affittati viene destinato acolture per biocarburanti, sottraendoterra alla produzione di cibo. Lascarsità di acqua è esacerbata dalcambiamento climatico. Alluvioni,siccità e degrado dei terreni minac-ciano l’agricoltura in diversi Paesi.L’aumento dei prezzi dell’energia, asua volta, incide sugli input agricolicome fertilizzanti e sistemi diirrigazione, contribuendo a tenerealti i prezzi dei beni alimentari.Tuttavia “Il rapporto GHI 2012 ciaiuta a comprendere come laprospettiva di un mondo sempre piùaffamato non sia affatto ineluttabile”afferma Stefano Piziali (Cesvi).Sono già ampiamente disponibili

strategie in grado di conciliare produttività e con-sumo sostenibile delle risorse anche in un contesto dicambiamento climatico. I partecipanti alla tavolarotonda di presentazione del rapporto: Stefano Piziali(Cesvi), Carlo Cafiero (FAO), Paolo Ciocca (IFAD),Luca Virginio (Gruppo Barilla), Riccardo Moro(GCAP), Claudia Sorlini (Univ. Milano), ClaudioCeravolo (Link 2007) e Paolo Magri (ISPI) hannoconvenuto che tali strategie richiedono però unamigliore governance delle risorse naturali e degliinvestimenti in agricoltura, una riduzione del-l’ineguaglianza tra uomini e donne (che ha effettipositivi sulla pressione demografica), una maggioreinclusione dei gruppi marginalizzati, il sostegno allenuove Linee guida volontarie per la gestione respon-sabile dei diritti di proprietà applicabili alla terra, allapesca e alle foreste del Comitato per la SicurezzaAlimentare Mondiale delle Nazioni Unite e l’abban-dono di sussidi alla produzione di biocarburanti eagli idrocarburi. Il GHI è presentato nell’ambito della campagna FoodRight Now promossa da Cesvi in collaborazione conAlliance2015, un network europeo composto da 7ONG, anche grazie al sostegno della CommissioneEuropea, che mira a sensibilizzare i giovani e i cittadi-ni europei sul tema della fame e sulla promozione deldiritto al cibo per tutti. Ulteriori informazioni:http://it.wikipedia.org/wiki/Indice_globale_della_famewww.link2007.org www.cesvi.org

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INDICE GLOBALE DELLA FAME 2012La fame in tempi di scarsità di suolo, acqua ed energia: la Terra basta per tutti?

L’uso insostenibile delle terre, dell’acqua e del-l’energia sta minacciando la sicurezza alimenta-re dei più poveri e più vulnerabili, secondol’Indice Globale della Fame (Global HungerIndex - GHI) presentato a Milano giovedì 11ottobre da Cesvi, in collaborazione con Link2007, ISPI, Comune di Milano e il Patrocinio diExpo 2015.

Lo sapevate che sprecare una tazzina di caffè significaconsumare inutilmente 140 litri di acqua? E che inve-ce, buttare 200 grammi di carne corrisponde a 3.000litri di acqua gettati al vento? Esiste una correlazionestrettissima tra il cibo non consumato che ogni giornofinisce nella pattumiera e l'acqua che automaticamen-te viene sprecata. Riparte da qui, dall'acqua, la batta-glia di sensibilizzazione del Prof. Andrea Segrè e delgruppo di lavoro Last Minute Market, che nel 2010inaugurò il progetto pluriennale "Un anno contro lospreco" giunto nelle sale della Comunità Europea ediventato la base per un progetto di legge. Esce, pro-prio in questi giorni, "Il libro blu dello spreco in Italia:l'acqua" di Andrea Segrè e Luca Falasconi (Collanatascabili, Edizioni Ambiente, pag 304). Un testo chefornisce un quadro puntuale sulla situazione idricamondiale e nazionale, sulla natura dei consumi e deglisprechi e sulle possibili soluzioni a livello agricolo eindividuale che possono essere messe in atto. "Solonel 2010 in Italia sono rimasti in campo poco più di 15milioni di quintali di prodotti agricoli per la cui produ-zione sono stati utilizzati quasi 1,2 miliardi di metricubi di acqua" dice Andrea Segrè nella prefazione. E'come se l'acqua contenuta dal Lago d'Iseo fosse eva-porata via. Anche se non ne abbiamo vista neancheuna goccia.Perché esiste un'acqua invisibile che consumiamoogni giorno in quantità ingenti. E' l'acqua virtuale,cioè la quantità d'acqua utilizzata direttamente e indi-rettamente durante tutto il processo produttivo perfabbricare un bene, anche alimentare. E' fatta diacqua di superficie, quella che riempie laghi, fiumi efalde acquifere, e di acqua piovana, quella non irri-gua che supporta la crescita della vegetazione e dellabiodiversità.Le particolari condizioni climatiche che stiamo attra-versando (piogge tropicali unite a periodi di siccità),specie nel nostro Paese, mettono a rischio le coltiva-zioni in diverse regioni come Sicilia, Puglia, Calabriae Sardegna dove per irrigare si va a sfruttare le falde

sotterranee, con esito defla-grante sull'impatto ambienta-le. Cosa fare? "La nostra ali-mentazione – dice LucaFalasconi – può influire sullaprevisione delle risorse idri-che; una dieta vegetariana haun minor impatto sulle risorseidriche di quanto ne ha una abase di carne." Così come lenostre scelte al supermercato.L'impronta idrica di un benedipende anche dal luogo diproduzione e di conseguenzadal clima e dalle tecnicheagricole o produttive impie-gate. Comparando le produ-

zioni italiane, spagnole e marocchine di arance siscopre per esempio che il nostro paese è quello doveminore è il consumo di acqua necessario per la cre-scita del frutto e quindi meno impattante è la colti-vazione.Un cambio di rotta non è richiesto solo al consuma-tore finale (che a partire dal 2000 ha compiuto giàampi sforzi per diminuire progressivamente il suofabbisogno quotidiano). La componente che incidemaggiormente sull'uso dell'acqua è l'agricoltura:40% delle acque dolci finisce nei campi, contro un8% destinata ai rubinetti domestici. E delle acqueerogate a fini agricoli, le perdite accumulate lungo ilpercorso da attraversare tra la fonte idrica e la suadestinazione costituisce il 32% dell'acqua immessa.Il dato corrisponde a uno dei peggiori tra i paesi svi-luppati (che si attestano tra il 15 e il 20%) ed è moti-vato da una scarsa efficienza gestionale del sistemaidrico nazionale a cui le amministrazioni dovrebberoessere chiamate a dare risposta.Certo che se gli agricoltori si munissero anche dibacini interni di approvviggionamento dell'acquapiovana, potrebbero richiederne di meno all'acque-dotto "bucato" e "sprecone" e garantirsi anche un belrisparmio economico. E se poi, virassero versomodalità di irrigazione più efficienti come la microir-rigazione o il metodo a pressione, a quel punto si cal-cola che il risparmio potrebbe essere consistente.Il problema dell'acqua sconta tuttavia una percezionedistorta che appartiene a tutti quei beni che vengonoriconosciuti come comuni e che il libro ricorda: "lapossibilità di accedere all'acqua in maniera equa epiù economica non ci dà il diritto di sprecarla".Questo monito diventa ancora più imperante e attua-le alla luce della recente sentenza della CorteCostituzionale che ha confermato l'assenza della pri-vatizzazione di acqua e dei servizi pubblici locali sal-vando così il risultato del referendum dello scorsoanno.

A cura di Pamela Pelatelli

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ACQUA: IL LIBRO BLU DELLO SPRECO DI ANDREA SEGRÈ

Il programma, disponibile suwww.florens2012.it prevede: ilForum Internazionale dei BeniCulturali e Ambientali; tavole roton-de; convegni; lectio magistralis;mostre; aperitivi culturali; appunta-menti musicali, installazioni spetta-colari che coinvolgeranno l’interacittà di Firenze, dai luoghi del sacro(Battistero, Cattedrale) a quelli delleistituzioni civiche (PalazzoVecchio), dalle piazze (Piazza SantaCroce, Piazza San Giovanni) aimusei, all’Università. Tutti gli even-ti sono gratuiti e aperti al pubblico.

Dopo il grande successo degli eventi di piazza nel2010, Florens 2012 propone tre progetti di grandesuggestione e forte coinvolgimento della città,sempre orientati alla rilettura di opere del nostropatrimonio storico e artistico e alla teatralizzazionedi installazioni realizzate appositamente perFlorens, in un dialogo continuo tra arte antica econtemporanea.Nel 2010 con David, la forza della bellezza, si èripercorsa virtualmente la disputa per lacollocazione dell’opera di Michelangelonel ‘500. Quest’anno in Piazza SantaCroce, su una distesa di piccoli ciottolibianchi di marmo di Carrara, si darà vitaa una scultura ambientale: una monu-mentale croce, emblema universale, idea-ta da Mimmo Paladino, che arriverà amisurare 80x50 metri circa. Sui singoliblocchi di marmo che comporranno lacroce – alcuni alti fino a 4 metri – l’arti-sta inciderà simboli e figure. I luoghi del-l’antico si possono rigenerare attraverso ilgesto creativo, coniugando la contempo-raneità del simbolo con la contempora-neità del patrimonio artistico. Il progettodi Mimmo Paladino è a cura di SergioRisaliti.Nel Battistero di Santa Maria del Fioresaranno esposti, per la prima volta insie-me, i crocifissi lignei di Donatello,Brunelleschi e Michelangelo: una rilet-

tura originale dell’intera vicendadella scultura religiosa delQuattrocento, nel passaggio dalprimo Rinascimento all’ultimafase del XV secolo. Il progettonasce da un’idea di Sergio Risaliti.In Piazza San Giovanni prenderàvita un’installazione di decorourbano con oltre 70 ulivi secolari,disposti a scacchiera, in armoniacon le linee del Battistero e dellaPiazza. L’ulivo, pianta tipica delpaesaggio toscano, richiama anchele Scritture evocando l’immagine

dell’orto del Getsemani e fa da eco a quel prato fio-rito in cui, due anni fa, era stata trasformata la pavi-mentazione di Piazza del Duomo.Il pubblico potrà partecipare a tutte le attività dellaBiennale dei Beni Culturali anche attraverso ilcanale Twitter con l’hashtag ufficiale#Florens2012, la pagina Facebook, il canaleYoutube e il sito www.florens2012.it. Tutti gli eventi saranno visibili in diretta streamingsul sito della manifestazione, grazie alla collabora-zione di Eutelsat.

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FLORENS 2012BIENNALE INTERNAZIONALE DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI

SECONDA EDIZIONE, FIRENZE 3-11 NOVEMBRE 2012“CULTURA, QUALITÀ DELLA VITA“

Firenze, laboratorio internazionale di economia e cultura, ospiterà:il Forum Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali, convegni, lectio magistralis,

tavole rotonde, eventi e oltre 300 relatori da tutto il mondo

ottobre 2012 il Cantico 24

Firma il tuo 5x1000per la

Cooperativa SocialeFRATE JACOPA

Per sostenere progetti di fraternità e di paceLa Cooperativa Sociale Frate Jacopa, è finalizzata a rendere concreta nel quotidiano la dottrinasociale della Chiesa secondo lo spirito di S. Francesco, attraverso attività sociali, educative, forma-tive, ed in particolare attraverso progetti a favore degli ultimi.Vuole essere uno strumento per rispondere meglio a bisogni di categorie cui necessita aiuto, unostrumento operativo per prendersi cura del bene comune nella interazione con la società civilee con le istituzioni nei vari territori.L’auspicio dei soci fondatori è che la Cooperativa Frate Jacopa possa essere utile affinché il lievitodella fraternità possa sempre meglio rendersi presente nella Chiesa e nella società, nella immutatafedeltà al carisma francescano, ricercando forme adeguate alla novità dei tempi per incontrare e ser-vire i fratelli, facendoci loro prossimi. E sostenendo nella concreta operatività quella cultura della pacee del bene a cui sono chiamati i seguaci di S. Francesco nel mondo.

LE NOSTRE ATTIVITÀ* Scuola di Pace operante con particolare attenzione ai temi della Pace, della Custodia del Creato,del Bene Comune e della Comunicazione (approfondimento interdisciplinare alla luce della DottrinaSociale della Chiesa e della Spiritualità Francescana).* Pubblicazione Rivista Nazionale “Il Cantico”* Testi di formazione, Atti di Convegni, Schede di sensibilizzazione.* Collage scenico musicale tratto dalle Fonti Francescane (servizio evangelizzazione e promozioneumana). * Collaborazione di volontariato con Diocesi, con la Caritas e con il Servizio Accoglienza Vita.Collaborazione con il Tavolo per la Pace della Provincia di Bologna.* Progetto formazione-lavoro per ragazzi diversamente abili e percorsi di autonomia in col-laborazione con l’Associazione “Solidabile Onlus”* Percorsi della Scuola di Pace sul territorio: Progetto “Educare alla custodia del creato”.* Lavoro a tutela dei beni di creazione in particolare dell’acqua, con l’adesione alla CampagnaAcqua Bene Comune.* Adesione al Forum Sad, alle Campagne “Non aver paura”, “L’Italia sono anch’io”, “Sullafame non si specula” e alla Campagna “Povertà zero” della Caritas Europea e Italiana.* Casa di Accoglienza (Roma) disponibile per eventi formativi, incontri, pellegrinaggi.* Sostegno a distanza. Sostegno Iniziativa Struttura Sanitaria Club Noel per l’infanzia dellaColombia.

Anche tu puoi sostenere le opere di fraternità destinando il 5 per mille alla Soc. CooperativaSociale Frate Jacopa. Per farlo basta apporre nella tua dichiarazione dei redditi il numero di codi-ce fiscale della Cooperativa Sociale Frate Jacopa, CF 09588331000, nell’apposito riquadro con latua firma.La Cooperativa Frate Jacopa è a tua disposizione per qualsiasi chiarimento, tel. e fax 06631980, cell.3282288455, 00165 Roma, Viale delle Mura Aurelie, 8. www.coopfratejacopa.it, [email protected].

* * *Per inviare offerte usa il bonifico bancario sul c/c Banca Prossima Gruppo Intesa S. Paolo, P.leGregorio VII, IBAN IT82 H033 5901 60010000 0011125 intestato a Società Cooperativa Sociale FrateJacopa, con la causale “Liberalità a favore della Cooperativa Sociale Frate Jacopa”. Verrà rilasciataricevuta per usufruire delle deduzioni fiscali previste dalla legge.

Società Cooperativa Sociale frate Jacopa

Codice fiscale 09588331000