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marzo 2013 il Cantico 1 il Cantico online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8 www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000 Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. Tutti i diritti riservati. SOMMARIO TESTIMONI DELLA VITA - p. Lorenzo Di Giuseppe 2 PAPA FRANCESCO: UN NOME UN PROGRAMMA - Elio Bromuri 3 RENDIAMO GRAZIE! - Fraternità Francescana Frate Jacopa 3 CAMMINARE ALLA PRESENZA DEL SIGNORE - Dall’Omelia di Papa Francesco ai Cardinali 4 UNA GRANDE GIOIA E UNA GRANDE RESPONSABILITÀ - Argia Passoni 5 INTERVISTA DI RADIO VATICANA A ARGIA PASSONI - A cura di Alessandro Gisotti 5 SOSTEGNO A DISTANZA - Clinica infantile “Club Noel” 6 LA MISTICA DELLA CROCE E LA MISTICA DEL SERVIZIO - Mons. Bruno Forte 7 LA MISURA: NULLA DI VOI TRATTENETE PER VOI - Maria Rosaria Restivo 9 IL CANTICO 10 LETTERA AI FEDELI - V parte - Graziella Baldo 11 FIRMA IL TUO 5x1000 PER LA COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 12 I PROSSIMI APPUNTAMENTI 12 SPECIALE SCUOLA DI PACE I MERCATI FINANZIARI A SERVIZIO DEL BENE COMUNE E DELLA PACE - S.E. Mons. Mario Toso 13 INSIEME NELL’ASCOLTO DELLA PAROLA - Graziella Baldo 19 IL CIVI EUROPAEO PREMIUM 2012 A “PASSO DOPO PASSO” - Maria Grazia Chatel 21 SUCCEDE NEL MONDO PAKISTAN - PRESUNTA BLASFEMIA: BRUCIATE 100 CASE DI CRISTIANI 22 PAKISTAN - PETIZIONE PER ELIMINARE LA PENA DI MORTE DALLA LEGGE DI BLASFEMIA 22 HONDURAS - “MON DIMENTICARE I POVERI” 23 “SE MI CONVERTISSI SAREI LIBERA, PREFERISCO MORIRE CRISTIANA” - Lettera di Asia Bibi 23 EUCARISTIA E FAMIGLIA - A cura di Lucia Baldo 24 LA FIRMA PER LA VITA MUOVE L’EUROPA - Elisabetta Pittino 25 ANNA LISA: LA FELICITÀ DENTRO LA SOFFERENZÀ - Elena Cinelli 26 LESTER BROWN: PREPARIAMOCI ALLA GUERRA DEL CIBO - Emanuela Citterio 27 “LA FILLE DU PUISATIER” 28

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marzo 2013 il Cantico 1

il Canticoonline

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.Tutti i diritti riservati.

SOMMARIOTESTIMONI DELLA VITA - p. Lorenzo Di Giuseppe 2PAPA FRANCESCO: UN NOME UN PROGRAMMA - Elio Bromuri 3RENDIAMO GRAZIE! - Fraternità Francescana Frate Jacopa 3CAMMINARE ALLA PRESENZA DEL SIGNORE - Dall’Omelia di Papa Francesco ai Cardinali 4UNA GRANDE GIOIA E UNA GRANDE RESPONSABILITÀ - Argia Passoni 5INTERVISTA DI RADIO VATICANA A ARGIA PASSONI - A cura di Alessandro Gisotti 5SOSTEGNO A DISTANZA - Clinica infantile “Club Noel” 6LA MISTICA DELLA CROCE E LA MISTICA DEL SERVIZIO - Mons. Bruno Forte 7LA MISURA: NULLA DI VOI TRATTENETE PER VOI - Maria Rosaria Restivo 9IL CANTICO 10LETTERA AI FEDELI - V parte - Graziella Baldo 11FIRMA IL TUO 5x1000 PER LA COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 12I PROSSIMI APPUNTAMENTI 12SPECIALE SCUOLA DI PACEI MERCATI FINANZIARI A SERVIZIO DEL BENE COMUNE E DELLA PACE - S.E. Mons. Mario Toso 13INSIEME NELL’ASCOLTO DELLA PAROLA - Graziella Baldo 19IL CIVI EUROPAEO PREMIUM 2012 A “PASSO DOPO PASSO” - Maria Grazia Chatel 21SUCCEDE NEL MONDOPAKISTAN - PRESUNTA BLASFEMIA: BRUCIATE 100 CASE DI CRISTIANI 22PAKISTAN - PETIZIONE PER ELIMINARE LA PENA DI MORTE DALLA LEGGE DI BLASFEMIA 22HONDURAS - “MON DIMENTICARE I POVERI” 23“SE MI CONVERTISSI SAREI LIBERA, PREFERISCO MORIRE CRISTIANA” - Lettera di Asia Bibi 23EUCARISTIA E FAMIGLIA - A cura di Lucia Baldo 24LA FIRMA PER LA VITA MUOVE L’EUROPA - Elisabetta Pittino 25ANNA LISA: LA FELICITÀ DENTRO LA SOFFERENZÀ - Elena Cinelli 26LESTER BROWN: PREPARIAMOCI ALLA GUERRA DEL CIBO - Emanuela Citterio 27“LA FILLE DU PUISATIER” 28

Siamo grati al Signore che ci ha donato PapaFrancesco. Come sempre l’ azione misteriosa delloSpirito ci sorprende ed anche questa volta quello cheLui ha operato è proprio quello che ci voleva in que-sto momento per la vita della Chiesa: lo abbiamo sen-tito come se ad un assetato, sotto un sole bruciante, sifosse presentata una qualche persona con una broccadi acqua fresca. Di questo nuovo Papa, in questi brevigiorni del suo ministero petrino, ci hanno colpitoparole e gesti in profonda sintonia tra loro. Intanto ilsuo nome: Francesco è per tutti noi un nome prezio-so, un nome che già da solo evoca un programma euno stile di vita umile e povero. E le sue parole con-fermano quello che ci ha indotto a pensare: parolesemplici, dirette, profumate di Vangelo. Ed anche igesti compiuti in questi giorni cidicono che Papa Francescovuole stare in mezzo alla gente,egli si inchina per accogliere labenedizione di Dio invocata daicristiani presenti a piazza S.Pietro, nelle sue visite fuori pro-gramma saluta tutti, suggeriscedi donare ai poveri l’equivalentedel viaggio dall’Argentina perassistere alla cerimonia di inizioPontificato, lava i piedi agliammalati di aids, paga il contodella pensione e ritira gli effettipersonali. Una persona che vivecome un uomo normale. Sembrache abbia bruciato la distanzacon il pescatore Pietro, questolavoratore che Gesù trasformò inpescatore di uomini e che scelsecome pietra fondamentale sullaquale edificare la sua Chiesa.Insieme a questa bella notiziain questi giorni ci ha piacevol-mente stupito lo straordinariointeresse che si è manifestatoda parte dei media di tutto ilmondo per le vicende dellaChiesa (sono stati presenti aRoma circa seimila giornali-sti!). Ci siamo domandatiquale significato può averequesta enorme ribalta data aifatti del Papato. Si potrebbepensare che si tratti di curiosi-tà per un evento che interessatutto il mondo, di gusto dellaspettacolarizzazione di sceneche sembrano venire dal pas-

sato. O forse c’è una vaga intuizione che si trattidi qualcosa di importante? Potrebbe essere chenell’inconscio della umanità sia presente la con-vinzione che la Chiesa esiste per camminareinsieme a tutta l’umanità sotto la guida di Pietro,il cui ministero è perpetuato da ogni Papa, e devepoter contare sulla fede di Pietro a cui Gesù diedeil compito di sostenere la fede dei fratelli. A noisembra che nonostante l’indifferenza, nonostanteil secolarismo, c’è magari, molto attutita, la con-sapevolezza che la Chiesa sia portatrice di uncompito importante per tutta l’umanità, che laChiesa che è Popolo di Dio, non vive per se stes-sa ma è depositaria di un dono per tutta l’ umani-tà. Infatti mentre gli uomini ordinariamente vivo-

no ponendo molta attenzioneai beni materiali, ricercando lavita comoda e curando i pro-pri interessi, sentendosi diodella propria vita, lasciando inperiferia il rapporto con Dio,sono venuti a trovarsi in unacondizione di smarrimento edi schiavitù dal proprio egoi-smo. La maggior parte del-l’umanità ha smarrito la viadella vita e si è posta pericolo-samente su sentieri che porta-no alla corruzione, al decadi-mento, alla morte. La Chiesa,questo Popolo di Dio che ha inPietro la guida, anch’essabisognosa di purificazione,vive la sua missione di esserein mezzo all’umanità comesale, luce e lievito nuovo,richiamando l’attenzione al-l’amore di Dio da noi nonmeritato eppure presente nellanostra storia: è questo amore,che come liberò il popolod’Israele dalla schiavitùd’Egitto e come risuscitò Gesùdalla tomba, libera anche noioggi e ci risuscita dalle nostredebolezze, dalle nostre perver-sioni, dalle nostre morti, dan-doci la possibilità di una vitapulita, di una vita fraterna, diuna vita nuova. La Pasqua,verso la quale camminiamo, èquesto annuncio e la Chiesaguidata dal nuovo pastoreFrancesco lo ripete a tutti.

marzo 2013 il Cantico 2

TESTIMONI DELLA VITAp. Lorenzo Di Giuseppe

[Francesco] li ammaestrò consanti discorsi a celebrare conti-nuamente la Pasqua del Signore,cioè il passaggio da questomondo al Padre, passando per ildeserto del mondo in povertà dispirito, e come pellegrini e fore-stieri e come veri Ebrei (FF1129).

Buona Pasqua!

Un Francesco sul seggio papale non siaspettava. L’abbiamo sempre immaginatoe visto negli affreschi ai piedi, in umile erispettosa reverenza, davanti a PapaInnocenzo o Onorio. Ora invece è neltrono più alto. Tutto il mondo lo guardaed è ai suoi piedi. Ma quale trono!? Eglisi china e chiede la benedizione del popo-lo, prima della sua benedizione invocatasul popolo. “Nomen est omen”, il nome èun presagio. Quando è scelto, se non ènome d’arte o di teatro, è programma.Una scelta chiara di campo, di stile di vitae d’impegno. Tutti sanno chi è Francesconella e per la Chiesa. Diciamo di più,Francesco nel e per il mondo: “Vir catho-licus” e “vere apostolicus”, un uomo uni-versale, un universale concreto, persona-le. Nel suo nome si ritrovano amanti dellanatura e dell’ambiente, operatori di pacee tutto il mondo della povertà e dell’emarginazione.San Francesco si convertì incontrando i lebbrosi eoltre alla povertà ebbe il dono di poter fare miseri-cordia, cioè di poter amare con sentimenti vivi e pro-fondi. Nel Testamento afferma che fu il Signore Dioa condurlo tra i lebbrosi: feci con loro “misericordia”– scrive – e “ciò che prima mi sembrava amarodivenne dolce come il miele”. Francesco d’Assisi haun forte legame con il Pontefice romano che eglichiamava semplicemente il signor Papa, e si recò dalui per ottenere l’indulgenza della Porziuncola e l’ap-provazione della regola per i suoi frati.Francesco è anche nome di riforma della Chiesa.Questa parola, di cui tanti hanno paura, è stata inte-sa da Francesco come un compito a lui affidato dalCrocifisso di san Damiano, che gli parlò e gli disse:“Francesco, va’, ripara la mia casa che è in rovina”.Una parola forte che, ripetuta oggi nel contesto del-l’elezione di un nuovo Pontefice romano, suscitarisonanze molteplici e pertinenti. La parola delCrocifisso di san Damiano suona anche più forte eimpegnativa di quella usata dal Concilio VaticanoII, ove afferma che la conversione del cuore e lariforma della Chiesa, insieme alla preghiera, sonole condizioni essenziali della vita e dell’unità dellaChiesa, anche nella prospettiva dell’unione tra tuttii battezzati.Nella prospettiva del rinnovamento della Chiesapossiamo anche intravvedere la continuità conBenedetto XVI, ispirato a un altro Santo umbro,Benedetto da Norcia, anch’egli per vie diverse,secondo le esigenze di epoche tra loro moltodistanti (più di sette secoli di distanza l’uno dal-l’altro) impegnato a elaborare un modello di vitasecondo il Vangelo e a costruire un’Europa cristia-na. Il rinnovamento della Chiesa che il movimentooriginato da Francesco operò all’interno della

Chiesa nel segno dell’umiltà e dell’obbedienza èriconosciuto come la vera riforma o meglio il verotipo di riforma possibile ed efficace perché nonmette in pericolo l’unità e la pace interna.In una dichiarazione del cardinale Bergoglio diqualche tempo fa abbiamo letto: “La mia gente èpovera e io sono povero”, per spiegare il motivoper cui abitava in un appartamentino a Buenos

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PAPA FRANCESCO: UN NOME, UN PROGRAMMA

RENDIAMO GRAZIE!

Rendiamo grazie all’Altissimo per avercidonato Papa Francesco!Accogliamo nel nostro cuore le parole cheEgli ha voluto rivolgere a tutti nel suo primosaluto, assieme ai significativi gesti che cidanno speranza di una nuova primavera nellaChiesa: "Cominciamo il nostro cammino,vescovo e popolo, il cammino della chiesa diRoma che presiede nella carità tutte le chiese,un cammino di fratellanza, amore e fiducia tranoi. Ognuno per l’altro. Preghiamo per tutto ilmondo. Perché ci sia una grande fratellanza."Sentendoci profondamente interpellati a con-versione, portiamo davanti al Signore questeinvocazioni assieme alla preghiera per PapaFrancesco. Come ci ha ricordato nella Suaprima Omelia: “camminare, edificare, confes-sare Gesù Cristo Crocifisso” costituisce l’es-senza dell’essere “discepoli del Signore”! Lo Spirito ci renda pienamente partecipi diquesta "grazia" e doni fecondità al ministerodi Papa Francesco per tutta l’umanità.

Fraternità Francescana Frate Jacopa

CAMMINARE ALLA PRESENZADEL SIGNORE

Dall’Omelia di Papa Francesconella Messa con i Cardinali

... Camminare: lanostra vita è uncammino e quandoci fermiamo, la cosanon va. Camminaresempre, in presen-za del Signore, allaluce del Signore,cercando di viverecon quella irrepren-sibilità che Dio chie-deva ad Abramo,nella sua promes-sa.Edificare. Edificarela Chiesa. Si parladi pietre: le pietrehanno consistenza;ma pietre vive, pie-tre unte dallo SpiritoSanto. Edificare laChiesa, la Sposa diCristo, su quella pietra angolare che è lo stessoSignore. Ecco un altro movimento della nostra vita: edi-ficare.Terzo, confessare. Noi possiamo camminare quantovogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se nonconfessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremouna Ong assistenziale, ma non la chiesa, Sposa delSignore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quandonon si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quel-lo che succede ai bambini sulla spiaggia quando fannodei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consi-stenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sov-viene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore,prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo,si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità deldemonio.Camminare, edificare-costruire, confessare. Ma la cosanon è così facile, perché nel camminare, nel costruire,nel confessare, a volte ci sono scosse, ci sono movi-menti che non sono proprio movimenti del cammino:sono movimenti che ci tirano indietro.Lo stesso Pietro che ha confessato Gesù Cristo, gli dice:Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo. Io ti seguo, ma nonparliamo di Croce. Questo non c’entra. Ti seguo conaltre possibilità, senza la Croce. Quando camminiamosenza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce equando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamodiscepoli del Signore: siamo mondani, siamo vescovi,preti, cardinali, papi, ma non discepoli del Signore.Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbia-mo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare inpresenza del Signore, con la Croce del Signore; di edi-ficare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versa-to sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: CristoCrocifisso. E così la Chiesa andrà avanti.

Aires e si preparava la cena da solo.Leggiamo anche che ai preti raccomanda-va di tenersi lontani da “quella che DeLubac – un gesuita come Bergoglio –chiama mondanità spirituale”, che signifi-ca “mettere al centro se stessi”.La scelta del nome Francesco mi pareanche un segnale di affetto versoBenedetto XVI, ancor più di quantosarebbe stato se avesse scelto il nomedi Benedetto XVII. Sono, infatti, duescelte di novità e di stacco dall’imme-diato per una dilatazione dell’orizzontee una ricerca di ciò che è originario,radicato nel solco di una tradizione checontinua a dare frutti di vita spirituale edi orientamento pastorale. Sono nomiche varcano i confini degli ordini reli-giosi, delle Congregazioni e di tutto ciòche sa di recinto chiuso e limitato dacui qualcuno possa sentirsi escluso.Con Francesco è collegato lo “spirito diAssisi” e quell’apertura ai popoli e allereligioni impegnate per la pace. SeBenedetto XVI ha detto che la violenzanon è causata dalle religioni ma dallamancanza della presenza di Dio nellasocietà, nello spirito di Assisi troviamol’annuncio della pace portato fino oltre iconfini della cristianità come è avvenutonella visita di Francesco al sultanod’Egitto. Tutto ciò e molto altro ancora innome di un nome, Francesco, che, a Diopiacendo, non sarà stato scelto invano.

Elio Bromuri (Sir 14/3/2013)

«Alcuni non sapevano perché il vescovo diRoma ha voluto chiamarsi Francesco.Alcuni pensavano a Francesco Saverio, aFrancesco di Sales, anche a Francescod’Assisi. Io vi racconterò la storia.Nell’elezione, io avevo accanto a mel’Arcivescovo emerito di San Paolo e anchePrefetto emerito per il Clero, il cardinaleClaudio Hummes: un grande amico.Quando la cosa stava diventando un po’“pericolosa”, lui mi confortava. E quando ivoti sono saliti a due terzi, è giunto l’ap-plauso consueto, perché è stato eletto ilPapa. E lui mi ha abbracciato e mi ha detto:“Non dimenticarti dei poveri!”. E quellaparola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi,subito in relazione ai poveri ho pensato aFrancesco d’Assisi. Poi, ho pensato alleguerre, mentre lo scrutinio proseguiva, finoa tutti i voti. E Francesco è l’uomo dellapace. l’uomo che ama e custodisce ilCreato, in questo momento in cui noi abbia-mo con il Creato una relazione non tantobuona, no? E’ l’uomo che ci da questo spi-rito di pace, l’uomo povero… Ah, come vor-rei una Chiesa povera e per i poveri!».

Papa Francesco

È stata una grande emozione partecipare in PiazzaS. Pietro alla Messa di inizio pontificato di PapaFrancesco. Una gioia grande che si fa sempre piùinno di grazie per ciò che lo Spirito sta donandoalla sua Chiesa.Con i suoi gesti di straordinaria umiltà e semplici-tà, con la sua parola così piena della forza e dellatenerezza del Vangelo, Papa Francesco ci sta chia-mando a vivere una Chiesa comunione, proiettatanella testimonianza e nel servizio verso ogni uomoa partire dagli ultimi, per portare a tutti la speran-za.E oggi la categoria biblica della “custodia”, coltanella feconda esemplarità di S. Giuseppe, ha costi-tuito il filo conduttore per arrivare a delineare i trat-ti del ministero petrino come servizio, un serviziovolto ad “aprire le braccia per custodire tutto ilpopolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezzala intera umanità, specialmente i più poveri”. Edaprire così orizzonti di speranza.L’universalità che percorreva Piazza S. Pietro, neivolti variegati della moltitudine presente e nellamolteplicità delle espressioni linguistiche, ha tro-vato qui nella parola del Papa tutta la sostanzadella Parola di Dio.Quel “custodire”, riportato al cuore comemodalità di vita per ogni cristiano – chia-mato a custodire Cristo nel proprio cuoreper custodire gli altri e il creato –, il Papace lo ha poi ricordato come compito diogni uomo. Senza la custodia l’uomo èdeturpato, perde la preziosità della suaumanità e impoverisce la sua capacità diriconoscere la bontà del creato, anzi ha“paura della bontà e della tenerezza”. Ladistruzione, l’inquinamento che tutto que-sto comporta, mi ha fatto pensare al dram-ma dell’uomo di oggi che è ancora il

dramma di Caino: l’uomo che si pone in antitesialla custodia e che risponde anche oggi “Sonoforse io il custode del mio fratello?”.

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UNA GRANDE GIOIA E UNA GRANDE RESPONSABILITÀ

INTERVISTA DI RADIO VATICANALa francescana Argia Passoni:Le parole di Papa Francesco

sono come rugiadaCustodire gli altri e il creato: è uno dei pas-saggi forti dell’omelia di Papa Francesco.Una sottolineatura che ha particolarmente col-pito la grande famiglia francescana.Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianzadi Argia Passoni, responsabile della Comunitàfrancescana “Frate Jacopa” di Roma:R. – È davvero una gioia grandissima, proprioperché veramente si respira questa gioia chelo Spirito sta donando alla Chiesa tramitePapa Francesco. Questa sua parola, piena diforza, così piena di tenerezza, scende davverocome rugiada e ci sta chiamando a vivere unaChiesa-comunione, una Chiesa proiettata pro-prio nella testimonianza e nel servizio versoogni uomo, a partire dagli ultimi, dai più pic-coli per portare a tutti la speranza.D. – Camminare, edificare, confessare: sonostati i tre verbi che hanno scandito la primaomelia del Papa in Cappella Sistina dopo ilConclave. Oggi si aggiunge “custodire”…R. – È qualche cosa di straordinario: il custodi-re come modalità di vita di ogni cristiano! Maha anche ricordato che il custodire riguarda ogniuomo: cioè, ha richiamato questo fatto. Ogniuomo è chiamato a custodire. Senza la custodiac’è l’impoverimento, c’è il deturpare il voltodell’uomo. Cristo nel nostro cuore è il primomodo per riparare la Chiesa…

Intervista di Radio Vaticana (19-03-2013)

E mi ha fatto pensare al custodire a cui richiamaFrancesco d’Assisi nella sua Regola, dove i fratisono sollecitati a custodirsi sempre l’un l’altro nelSignore, e alla preziosità che Francesco e Chiaraannettono al custodire.Ancora una volta la scelta del nome PapaFrancesco è sembrata confermarsi come indicazio-ne della modalità propria del suo essere “Vescovodi Roma che presiede a tutte le Chiese”:• uno stare tra il suo popolo, tra la gente, riman-dando a ciò che è fondamentale: Cristo e CristoCrocefisso;• un riparare la Chiesa che è innanzitutto il riporta-re ciascuno alla comunione con Cristo, custodendoCristo in se stessi come hanno fatto Maria eGiuseppe per tutta l’umanità;• un invocare una “Chiesa povera per i poveri”, dovela povertà non è qualcosa di ideologico o contro qual-cuno, ma è l’accogliere la condizione dell’uomo, lasua povertà radicale che lo porta accanto ad ogni altrouomo da riconoscere come fratello. La Chiesa poveraè la chiesa di tutti, perché tutti vi possono entrare.E questo richiede il coinvolgimento di ognuno inun “camminare insieme alla presenza del Signore”(Vescovo e popolo) e Papa Francesco sollecitaognuno a quell’“usare misericordia” che consistenel portare la luce della speranza, edificando nellafedeltà alla custodia una nuova umanità.

Allora alla gioia grande si unisce, soprattutto comefrancescani, una responsabilità grande, interpellatia questo cammino con tutta la Chiesa che ci ripor-ta alle radici stesse del carisma francescano, di cuisembra dirci oggi il Papa, il mondo ha più che maibisogno.È un debito di amore a cui non possiamo sottrarci!Richiede la nostra conversione, richiede la nostrarisposta.

Argia Passoni

La Fondazione Infantile “Club Noel” è l’unico ospedale dedi-cato esclusivamente alla cura dei bambini poveri residenti intutto il Sud-Ovest della Colombia, nella città di Cali. QuestaFondazione è stata creata nel 1924 e da allora è stata sem-pre al servizio dei bambini poveri e ammalati che difficilmen-te potrebbero raggiungere un’altra struttura sanitaria. Lo spo-stamento forzato dei contadini verso la città ha prodotto unacrescita significativa del numero dei bambini malati da zero adue anni e relativo aumento delle domande alla Clinica infan-tile. Considerando la vita e la salute come diritti fondamenta-li dei bambini, la Fondazione Clinica Infantile ha la necessità

di migliorare ambienti, apparecchiature e personale per sal-vare la vita di molti bambini poveri. Per questo motivo ènecessario il sostegno finanziario di istituzioni e di privati alfine di poter approntare interventi e soluzioni adeguate perquesti bambini colpiti da complesse patologie endemiche,degenerative, infettive, congenite, ecc., causate da: clima tro-picale, cattive condizioni alimentari e di vita, servizi inade-guati, fattori ereditari.

La Cooperativa Sociale “Frate Jacopa” intende accoglierequesta richiesta di aiuto, di cui si è fatto portatore p. JoséAntonio Merino, che conosce di persona i responsabili dellaFondazione e l’impegno umanitario da questa profuso. Leofferte, grandi e piccole, che saranno fatte tramite la coope-rativa, saranno inviate, come nostro contributo alla realizza-zione di progetti per l’acquisto di attrezzature diagnostichee l’allestimento di una unità di cura intensiva per i bambiniche richiedono interventi chirurgici postoperatori complessi.Chi intende partecipare può inviare la propria offerta conbonifico bancario sul c/c intestato a Società CooperativaSociale Frate Jacopa presso la Banca Prossima - Roma -IBAN: IT82H0335901600100000011125, precisando la cau-sale “Liberalità a favore della Cooperativa Sociale FrateJacopa per il Progetto Club Noel Colombia”. Sarà rilasciataricevuta per usufruire delle agevolazioni fiscali previste dallalegge. Sul Cantico saranno date periodiche informazioni sul-l’andamento della raccolta.

SSOOSSTTEEGGNNOO AA DDIISSTTAANNZZAA

CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL”I bambini della Colombia chiedono il nostro aiuto

Il paragone fra le scelte compiute da GiovanniPaolo II e Benedetto XVI davanti al venir menodelle loro forze fisiche, è stato avanzato da piùparti, talvolta soltanto per immaginare una con-trapposizione e ipotizzare retroterra inquietanti. Inrealtà, l’accostamento fra i due Papi, figure dal-l’evidente diversità e dalla non meno profonda sin-tonia, può risultare particolarmente fecondo nel-l’aiutare a comprendere ciò che sta avvenendo alvertice della Chiesa cattolica e il suo possibilesignificato per il prossimo futuro.La chiave di lettura più adeguata per interpretare ilmodo di porsi davanti alla malattia, alla sofferenza ealla morte del Papa polacco, è la mistica slava dellaCroce. Avendo avuto il singolare privilegio di predi-care a Giovanni Paolo II gli ultimi esercizi spiritualicui egli abbia potuto partecipare, ho avuto anchemodo di ascoltare dalle sue labbra parole che resta-no scolpite nella mia memoria e nel cuore: “Il Papadeve soffrire per la Chiesa”. Ciò che mi colpì fu l’in-tensità con cui le diceva, in particolare la forza postasu quel “deve”.I Vangeli, d’altra parte, testimo-niano che davanti alla sua pas-sione Gesù usò parole simili. Silegge in Marco: “E cominciò ainsegnare loro che il Figlio del-l’uomo doveva soffriremolto…” (8,31). E nel raccontodi Luca il Maestro dice: “IlFiglio dell’uomo deve soffri-re…” (9,22). La cristianità slavasi riconosce particolarmente inquesto destino, connesso allasequela di Cristo. Essa sa diessere stata generata nel segnodella Croce: “Nella comunitàdei popoli europei - scrive P.Tomas Spidlik -, gli slavi rice-vettero il battesimo come operaidell’ultima ora. Ciò nonostante,il sangue dovette bagnare inuovi campi seminati dalVangelo… Perciò i pensatorislavi si sono sempre soffermati

a indagare sul vero senso del dolore”. Per essi, “lasofferenza è una grande forza, perché santifica nonsoltanto gli innocenti, ma anche coloro che hannopeccato e accettano che il ‘castigo’ sani il ‘delitto’”.Nicolaj Berdiaev non esita ad affermare: “L’intensitàcon la quale si sente la sofferenza può essere conside-rata come un indice della profondità dell’uomo.Soffro, quindi sono”. E Boris Pasternak chiude il suoromanzo Il Dottor Zivago con queste parole: “L’animaè triste fino alla morte... Eppure il libro della vita ègiunto alla pagina più preziosa… Ora deve compiersiciò che fu scritto. Lascia dunque che si compia.Amen”. In questa luce, non meraviglia che il Papaslavo comprendesse la sua missione come martirio, eche abbia voluto proclamare dalla cattedra del vissutociò che aveva insegnato con la parola e gli scritti:quanto era detto nella sua Lettera Apostolica Salvificidoloris dell’11 Febbraio 1984 sul senso incomparabi-le della sofferenza offerta per amore, Giovanni PaoloII lo proclama al mondo con l’eloquenza silenziosadella sua passione, fino a quel gesto muto di dolore,compiuto spontaneamente quando - affacciato allafinestra su una Piazza San Pietro gremita di folla silen-ziosa - non poté dire più alcuna parola.Benedetto XVI si muove in un diverso orizzonteculturale e simbolico, quello della mistica occiden-tale del servizio. Egli è l’uomo che sa di dover daregratuitamente quanto ha gratuitamente ricevuto. E

marzo 2013 il Cantico 7

LA MISTICA DELLA CROCEE LA MISTICA DEL SERVIZIO

Bruno Forte

Riportiamo l’editoriale di S.E. Mons. BrunoForte, arcivescovo di Chieti-Vasto, pubblicatosul quotidiano di economia Il Sole 24 Ore(24/2/2013).

sa che questo dare senza ritorno è il servizio cui èstato chiamato, tanto come pensatore della fede,quanto come pastore e apostolo, posto dal Signorea lavorare nella Sua vigna, umile operaio impegna-to a spendere tutti i doni d’intelligenza e di fede,ricevuti da Dio, a favore della causa di Dio in que-sto mondo.Anche questo servizio non è che una “imitatioChristi”, un ripresentare con la parola e con la vitaColui che “non è venuto per farsi servire, ma perservire e dare la propria vita in riscatto per molti”(Marco 10,45). Gesù stesso si presenta così: “Chi èpiù grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forsecolui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voicome colui che serve” (Luca 22,27). Da fine cono-scitore dell’opera del mondo, Joseph Ratzingernon ignora quanto questa mistica del servizio siaalternativa alla logica del potere terreno.È quello che afferma Gesù: “Voi sapete che igovernanti delle nazioni dominano su di esse e icapi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chivuole diventare grande tra voi, sarà vostro servito-re e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostroschiavo” (Matteo 20, 25-27). È servendo che sidiventa umili e fedeli lavoratori della vigna delSignore. Scriveva Benedetto XVI nella sua primaenciclica, la Deus caritas est (2005): “Servirerende l’operatore umile. Egli non assume unaposizione di superiorità di fronte all’altro… Chi èin condizione di aiutare riconosce che proprio inquesto modo viene aiutato anche lui; non è suomerito né titolo di vantoil fatto di poter aiutare…Egli riconosce di agirenon in base ad una supe-riorità o maggior effi-cienza personale, maperché il Signore glienefa dono. A volte l’ecces-so del bisogno e i limitidel proprio operarepotranno esporlo allatentazione dello scorag-giamento. Ma proprioallora gli sarà d’aiuto ilsapere che, in definitiva,egli non è che uno stru-mento nelle mani delSignore; si libererà cosìdalla presunzione didover realizzare, inprima persona e da solo,il necessario migliora-mento del mondo. Inumiltà farà quello chegli è possibile fare e inumiltà affiderà il resto alSignore. È Dio chegoverna il mondo, nonnoi. Noi gli prestiamo ilnostro servizio solo per

quello che possiamo e finché Egli ce ne dà laforza” (35).Come mostrano chiaramente queste ultime parole,rinunciare al servizio quando le forze vengonomeno è umile riconoscimento dell’imperscrutabilevolontà di Dio, espressione delle fede incondizio-nata nella Sua fedeltà, che si manifesta secondotempi e modi che non sono quelli della logica delpotere di questo mondo.La mistica della Croce del Papa slavo e quella delservizio del Papa tedesco si rivelano così volti diuno stesso amore: l’amore a Cristo redentore del-l’uomo e al Padre che l’ha donato a noi; l’amorealla Chiesa e all’umanità, per il cui bene maggioresi è chiamati a offrire tutto di sé e a servire.È, insomma, la mistica dell’amore che unisce i duePapi, che hanno saputo essere ciascuno se stesso,fedeli alle loro diverse identità spirituali e alle radi-ci culturali di esse. Proprio così si potrà immagina-re chi verrà dopo di loro: anche il prossimo Papasarà chiamato a vivere la mistica dell’amore. Gli sichiederà di offrire se stesso senza riserve e di ser-vire, mettendo a disposizione del popolo di Dio edell’umanità i doni ricevuti. E forse, anche grazieal segnale lanciato dalla rinuncia del Papa di fron-te alla presa di coscienza della propria fragilità, glisi chiederà in modo particolare di esprimere questamistica dell’amore in una fraternità sempre piùgrande, affettiva ed effettiva, con coloro che con luisono incaricati della sollecitudine per tutte leChiese.

La collegialità episcopa-le, volto e strumentodella carità che si dona eserve, richiamata dallostesso Benedetto XVIall’inizio del suo pontifi-cato come priorità decisi-va, dovrà conoscere glisviluppi rimasti ancoraimpliciti in quanto indi-cato dal Vaticano II. Ciòesigerà un sussulto diamore da parte del pros-simo Successore diPietro, come della Chiesatutta con lui. L’agendadel prossimo pontificato,sulla base della consegnache lascia in eredità pro-prio il Papa ritiratosi nelsilenzio, sarà segnata daquesta priorità. Ed essaandrà perseguita conl’unica forza che la giu-stifichi e la renda possibi-le ed efficace: l’amorericevuto da Cristo, peressere vissuto e donato atutti, senza misura, daisuoi discepoli. ■■

marzo 2013 il Cantico 8

“Io sto per far piovere pane dal cielo per voi”, sonole parole che annunciano la risposta del Signore allelamentele del popolo in cammino nel deserto, versola terra dell’alleanza. L’immagine di un pane che“piove dal cielo” assieme alla rugiada evoca la gra-tuità e l’abbondanza delle benedizioni divine.Questa abbondanza trova espressione nella misura,una misura concreta che può essere raccolta: “ilpopolo uscirà a raccoglierla”. Si tratta di un cibo cheva messo insieme, con fatica; è un cibo che chiedeun’uscita. Il verbo “uscire” evoca sullo sfondol’uscita dall’Egitto, la liberazione: la manna, cibomisurato che si può raccogliere uscendo, è il ciboche traghetta Israele verso libertà, verso la terra dellapromessa.E’ un cibo che non può essere raccolto indiscrimina-tamente; al cibo si accompagna una parola, quella delcomando di raccoglierne “ogni giorno la razione diun giorno”; l’oggi diventa lamisura del cibo. Ciò che ilSignore ha donato non possoraccoglierlo domani, ma solooggi. Il senso della misura è rac-cogliere il dono di un giorno, dioggi, nel suo giorno. La misurae il senso della misura hanno ache vedere con il riconoscimen-to del dono quotidiano, il donoper l’oggi e dell’oggi.La parola che fa vivere è proprioquella che accompagna il cibo,quella che ne determina i limiti,la misura. E la “misura” dellamanna è una prova per la libertàdi Israele, che sarà messa ingioco, una libertà che sarà chia-mata a scegliere concretamente.L’immagine del cammino riman-da ad una presa di posizione, aduna scelta e all’assunzione con-creta di una condotta conseguen-te alla scelta. Ecco che la misuraè prova per la libertà, perchéchiama in causa la libertà, la capacità di decidersi peruna strada o per un’altra.L’ambito concettuale/il campo semantico è quellodell’educazione, la quale si sostanzia precisamentedi una parola, è legata alla percezione del limite,della misura espressa attraverso questa stessa paro-la. Percorso finalizzato ad una scelta, ad una presadi posizione che viene condensata frequentementedall’immagine del cammino e che viene chiesta aciascuno di noi ogni giorno. Ecco che la misuraconnessa in questo caso con il cibo ha una fortevalenza educativa: la manna misurata educa, fa

uscire dalla tenda, chiama in causa la libertà pro-vocandola, porta ad una concreta presa di posizio-ne, mette in cammino. Educa alla gestione dell’og-gi, nella consapevolezza che esso è dono. Il sensodella misura: come prova, per la conoscenza delproprio cuore e come provocazione alla libertà:connessione paradossale tra libertà e misura; in untempo in cui la libertà sembra essere il “senzamisura”, la misura ci porta a scegliere la via sullaquale camminare.La misura, come esperienza di un limite che educa, hadunque una doppia funzione. Ci mette da una parte inrelazione con il donatore (cf. Dt 8,12-14, la possibilitàdi saziarsi senza misura porta con sé il rischio didimenticare che quel cibo è donato; “quando avraimangiato e ti sarai saziato [...] il tuo cuore non si inor-goglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio”).Dall’altra la misura nel momento della raccolta della

manna ci apre alla relazione con i fratelli, con gli altridestinatari di quel dono: solo la misura di ciascunopermette che, alla fine, nessuno manchi di qualcosa.Non riguarda solo la quantità da prendere nel momen-to del raccolto: “Nessuno ne faccia avanzare fino almattino”; coinvolge anche il tempo e la gestione delcibo raccolto nell’oggi. Esso non può essere accumu-lato: chi tenta di conservarlo fino al mattino, saràcostretto a scoprire che il cibo ha prodotto vermi ed èdiventato fetido. La questione non è semplicementel’accumulo del cibo, quanto ciò che muove il gesto percui si conserva la manna; di fatto la conservazione del

marzo 2013 il Cantico 9

LA MISURA: NULLA DI VOI TRATTENETE PER VOIMaria Rosaria Restivo

Tintoretto - La raccolta della manna.

cibo raccolto fino al mattino seguente diventa unarisposta “fai da te” ad un dubbio: ci sarà ancora cibo ilprossimo mattino? L’accumulo della manna rivela isospetti su Dio, sulla sua capacità di donare. Con l’ac-cumulo della manna si cerca di porre rimedio alladipendenza dal donatore, alla percezione del limite difiducia che egli stesso impone. Conservare la mannasignifica illudersi di potersi dare il cibo da soli, il mat-tino seguente; significa tentare di scavalcare la misura,non avere fede che Dio provvederà sempre al necessa-rio.

Oltre alla fame fisica, però, l’uomo porta in sèancora un’altra fame, più fondamentale, che nonpuò essere saziata con un cibo ordinario. E’ fame divita, di eternità. Il segno della manna era l’annun-cio dell’avvento di Cristo, che avrebbe soddisfattola fame di eternità da parte dell’uomo diventandoLui stesso il “pane vivo” che “dà la vita al mondo”. Nei Vangeli si racconta che coloro che l’ascoltanochiedono a Gesù di compiere ciò che veniva annun-ziato dal segno della manna, forse senza rendersiconto di quanto lontano andava quella richiesta:“Signore, dacci sempre questo pane“ (Gv 6, 34). Unarichiesta eloquente ed attualissima, ma quanto gene-roso e sorprendente è il suo compimento: “Io sono ilpane della vita; chi viene a me non avrà più fame echi crede in me non avrà più sete“ (Gv 6, 35). La misura rimanda direttamente ad alcuni deglielementi più significativi e più belli della nostrafede cristiana, di quella fede in un Dio venuto avisitarci nell’oggi della vita, un Dio che si è fattostoria, un Dio che, potremmo dire, si è fatto con-temporaneo di ogni tempo. È nella vita di ognigiorno – solo in essa, nell’oggi, per l’appunto - chel’uomo scopre la presenza di Dio e inizia ad amar-lo: lo può fare perché cercato per primo e, perprimo, amato.Il tempo è la misura degli avvenimenti che si succe-dono. È la misura della nostra vita presente. Unamisura che incute timore, perché ci fa vedere che ierinon esiste più, che domani non esiste ancora; nonesiste che l’oggi. E questo c’insegna a vivere in

ragionevole intensità questo attimo attuale, del qualesiamo responsabili, e nel quale consiste la nostraunica esperienza della vita presente. Ci insegna ilvalore del tempo, a non perdere tempo; a impiegarloper cose utili e buone, per cose che danno alla vita ilsuo senso, il suo valore. Ogni ora è preziosa, ognigiorno è unico. Ogni istante vale per sé.Il tempo ci fa pensare al nostro destino, al fatto cheviviamo in questa forma fugace ed effimera perraggiungere una forma di vita piena, l’eternità. Questa vita d’oggi, sebbene istantanea e passegge-ra, condiziona la vita futura oltre la giornata tem-porale. È una vigilia, è una prova, è un cammino. Il Signore ci esorta a profittare della nostra giorna-ta terrena per raggiungere quella senza tramonto:“Camminate, Egli dice, mentre ancora avete laluce, prima che vi sorprenda la tenebra”.Questo per noi è il punto di partenza: l’oggi è decisi-vo al di là della sua apparente insignificanza. Viverein pienezza l’oggi è il solo modo che abbiamo perrispondere alla chiamata di Dio, alla sua promessa difelicità e di salvezza, senza trattenere nulla per noi.Riconosciamo i segni di questa promessa in ognitempo, ma è solo nel tempo in cui siamo immersi chepossiamo rispondere personalmente donando noistessi, senza trattenere nulla di noi.La fede nel Dio della Provvidenza non dispensadalla faticosa lotta per una vita dignitosa, ma libe-ra dall’affanno per le cose e dalla paura del doma-ni. Questa fede è la nostra speranza certa.Dobbiamo distinguerci per l’assoluta fiducia nelPadre celeste, come Gesù, vivendo con i piedi benpiantati per terra, attenti alle concrete situazioni delprossimo, ma tenendo sempre il cuore in cielo e losguardo rivolto verso l’alto, immersi nella miseri-cordia di Dio.Vivere l’oggi come dono implica la necessità dirispondere all’invito di Pietro ad essere sempre«pronti a rendere ragione della speranza che è innoi» (1 Pt 3,15); significa accogliere il monito diFrancesco: «Nulla di voi trattenete per voi, affinchétotalmente vi accolga colui che totalmente a voi sioffre»!

IL CANTICO“Il Cantico” continua la sua storia a servizio del messaggio francescano nellaconvinzione di poter offrire così un servizio per la promozione della dignità diogni uomo e di tutti gli uomini.Per ricevere “Il Cantico” versa la quota di abbonamento di € 25,00 sul ccp2618162 intestato a Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa – Viale delleMura Aurelie 8 – 00165 Roma. IBAN IT37N0760102400000002618162.Riceverai anche Il Cantico on line! Invia la tua email a [email protected] l’abbonamento sostenitore di € 40,00 darai la possibilità di diffondere

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7. “… E SONO MADRI DEL NOSTRO SIGNOREGESÙ CRISTO” [Di coloro che fanno penbiten-za]La maternità nei confronti di Cristo richiama lanecessità di accogliere la Parola nel nostrocorpo, cioè di metterla in pratica. Attraversoquesto tipo di atti ci facciamo dimora dellaParola e cresce in noi la sua conoscenza. Siamotrasformati e resi capaci di testimoniarla almondo con le nostre opere sante che illuminanogli altri. A questo proposito è interessante osservare che ilmetodo di S. Francesco nell’accostarsi alleScritture non segue l’orientamento del suo tempoche utilizza gli autori greci e latini dell’epoca clas-sica per interpretare il testo biblico. Per esempio lascuola di Chartres, S. Agostino, S. Girolamo…hanno un’impostazione platonica che non dà paridignità alle due componenti dell’uomo e che impo-verisce l’opposizione semitica paolina tra carne espirito riducendola ad antagonismo tra corpo edanima.S. Francesco non è stato influenzato dalle scuole dipensiero del suo tempo, poiché non ha avutoun’istruzione clericale, ma si è accostato ed haaccolto le Scritture in un modo totalmente singola-re. Non ha interpretato la Parola attraverso catego-rie umane, non ha chiuso Dio nel ditale della suamente, ma ha invertito il percorso lasciando che siaDio stesso a parlare di sé attraverso “l’affetto del-l’amante”. Leggeva, di tanto in tanto, i libri sacri eriteneva tenacemente impresso nella memoriaquanto aveva una volta assimilato: giacché rumina-va continuamente con affettuosa devozione ciò cheaveva ascoltato con mente attenta” (FF 1187).Quando gli chiesero se aveva piacere che le perso-ne istruite, entrate nell’Ordine, si applicassero allostudio della Scrittura, rispose di sì purché studias-sero non tanto per “sapere come devono parlare,quanto per mettere in pratica le cose apprese, e,solo quando le hanno messe in pratica, le propon-gano agli altri” (FF 1188). Voleva infatti che pro-gredissero “nella conoscenza della verità, in modotale da crescere contemporaneamente nella purez-za della semplicità”.L’accoglienza della Parola richiede il filtrodell’esperienza. Si tratta di dare concretezza e di

calare nel tempo ciò che altrimenti sarebbe parolavuota del calore gioioso di una vita conformata almodello Cristo. Ai frati S. Francesco dice: “Tutti i frati predichinocon le loro opere” (FF 46) e “Ciascuno rimanga inquel mestiere ed in quella professione cui fu chia-mato” (FF 24).Ai fedeli laici dice di essere “madri del Signorenostro Gesù Cristo” portandolo nel cuore e nelcorpo “per virtù dell’amor di Dio e di pura e since-ra coscienza” (FF 178/2).Tutti gli uomini devono accogliere la Parolavivendola nell’esperienza quotidiana prima diporgerla agli altri. La testimonianza non è soloun’attività esterna, ma si fonda sull’intera esi-stenza cristiana che deve illuminare con l’esem-pio. In questo modo non c’è spaccatura tra chierici elaici, neanche all’interno del Prim’Ordine. Anziperfino il frate che non ha il compito di generarefigli nella Chiesa, ne ha dati alla luce moltissimicome “la sterile” (FF 749), mentre il predicatoreche ha molti figli corre il rischio di comparire ste-rile perché “in essi non c’è niente di suo”.Inoltre tutti i fedeli hanno il compito materno di par-torire Cristo attraverso “le opere sante che debbonoilluminare gli altri con l’esempio” (FF 178/2). Cosìcome aveva fatto S. Francesco stesso che partorivaogni giorno Cristo (cfr. FF 1134 ) o come S. Chiarache, insieme alle sue consorelle, si poneva come“esempio e specchio” (FF 2829) per tutti.

Graziella Baldo

marzo 2013

LETTERA AI FEDELI

V parte

Un commento all’“Esortazione ai fratelli e sorelle della peni-tenza” (FF 178), prima redazione della “Lettera ai fedeli” di S.Francesco d’Assisi ci accompagnerà dalle pagine del Cantico acoglierne i tratti fondamentali per porci in una prospettiva diprofonda conversione in questo Anno della Fede.

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Cooperativa SocialeFRATE JACOPA

Per sostenere progetti di fraternità e di paceLa Cooperativa Sociale Frate Jacopa, è finalizzata a rendere concreta nel quotidiano la dottrina sociale della Chiesa secondo lo spi-rito di S. Francesco, attraverso attività sociali, educative, formative, ed in particolare attraverso progetti a favore degli ultimi.Vuole essere uno strumento operativo per prendersi cura del bene comune nella interazione con la società civile e con le isti-tuzioni nei vari territori.L’auspicio dei soci fondatori è che la Cooperativa Frate Jacopa possa essere utile affinché il lievito della fraternità possa sempremeglio rendersi presente nella Chiesa e nella società, nella immutata fedeltà al carisma francescano, ricercando forme adeguate allanovità dei tempi per incontrare e servire i fratelli, facendoci loro prossimi. E sostenendo nella concreta operatività quella cultura dellapace e del bene a cui sono chiamati i seguaci di S. Francesco nel mondo.

LE NOSTRE ATTIVITÀ* Scuola di Pace operante con particolare attenzione ai temi della Pace, della Custodia del Creato, del Bene Comune e dellaComunicazione (approfondimento interdisciplinare alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa e della Spiritualità Francescana).* Pubblicazione Rivista Nazionale “Il Cantico”* Testi di formazione, Atti di Convegni, Schede di sensibilizzazione.* Collage scenico musicale tratto dalle Fonti Francescane (servizio evangelizzazione e promozione umana). * Collaborazione di volontariato con Diocesi, con la Caritas e con il Servizio Accoglienza Vita. Collaborazione con il Tavolo perla Pace della Provincia di Bologna.* Progetto formazione-lavoro per ragazzi diversamente abili e percorsi di autonomia in collaborazione con l’Associazione“Solidabile Onlus”* Percorsi della Scuola di Pace sul territorio: Progetto “Stili di vita per un nuovo vivere insieme”.* Lavoro a tutela dei beni di creazione in particolare dell’acqua, con l’adesione alla Campagna Acqua Bene Comune.* Adesione al Forum Sad, alle Campagne “Non aver paura”, “L’Italia sono anch’io”, “Sulla fame non si specula” e allaCampagna “Povertà zero” della Caritas Europea e Italiana.* Casa di Accoglienza (Roma) disponibile per eventi formativi, incontri, pellegrinaggi.* Sostegno a distanza. Sostegno Iniziativa Struttura Sanitaria Club Noel per l’infanzia della Colombia.

Anche tu puoi sostenere le opere di fraternità destinando il 5 per mille alla Soc. Cooperativa Sociale Frate Jacopa. Per farlo bastaapporre nella tua dichiarazione dei redditi il numero di codice fiscale della Cooperativa Sociale Frate Jacopa, CF 09588331000,nell’apposito riquadro con la tua firma.La Cooperativa Frate Jacopa è a tua disposizione per qualsiasi chiarimento, tel. e fax 06631980, cell. 3282288455, 00165 Roma, Vialedelle Mura Aurelie, 8. www.coopfratejacopa.it, [email protected].

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PROSSIMI APPUNTAMENTI* INCONTRO ALLE RADICI DELLA FEDERoma, Casa Frate Jacopa26-28 APRILE 2013 Per interrogarci, aiutati da eminenti teologi in un clima di preghiera e di dialogo, sul nostro cam-mino di fede e sulla responsabilità in ordine alla nuova evangelizzazione. E’ prevista la visitaalla Mostra per l’Anno della Fede “Il cammino di Pietro” e la partecipazione all’Angelus.

* SCUOLA DI PACERoma, Casa Frate Jacopa14-16 GIUGNO 2013

Proseguendo nell’impegno per nuovi stili di vita, approfondiremo con apporti interdisciplinari il tema “Comunicazione,stili di vita e bene comune”. E’ previsto un pellegrinaggio alla Basilica di S. Maria Maggiore.

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UN NESSO IMPORTANTEChe relazione hanno i mer-cati finanziari con la pace?Si tratta di un nesso moltoimportante. Infatti la pace,bene per eccellenza, dainvocare come dono daDio, come ha dettoBenedetto XVI, nell’ome-lia del 1 gennaio 2013, èbene pressoché equivalenteal bene comune della fami-glia umana. Orbene, il benecomune e, per conseguen-za, la pace richiedono larealizzazione di un insiemedi condizioni sociali, eco-nomiche, finanziarie, giuri-diche, politiche, religiose,culturali, senza le quali nonpossono concretamenteesistere. Perché vi sia pace e vi sia il bene comuneoccorre che siano realizzate, fra le altre condizioni,anche quelle finanziarie. In particolare, occorronocondizioni finanziarie funzionali allo stesso benecomune, ovvero sistemi finanziari e monetari libe-ri, disciplinati da un adeguato quadro giuridico,trasparenti, democratici, ministeriali alle persone,ai gruppi, alla famiglia, alle imprese, alle comuni-tà locali, ispirati ai valori della carità nella verità.I mercati finanziari debbono essere visti non solocome realtà negative, come invece si tende a fare inquesto periodo, insistendo sulla loro crisi e suglieffetti devastanti che essi producono sull’economiareale. I mercati finanziari nelle Riflessioni delPontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace Peruna riforma del sistema finanziario e monetariointernazionale nella prospettiva di un’autoritàpubblica a competenza universale (LibreriaEditrice Vaticana 2011, 3.a ristampa) vengonodefiniti come “bene pubblico” (cf p. 29), perché imercati finanziari sono un elemento essenziale perl’economia e per lo sviluppo dei popoli. Chi è inte-ressato allo sviluppo integrale dell’uomo e dellafamiglia umana non può fare a meno di prenderli inconsiderazione. C’è bisogno di mercati finanziari emonetari, però – come si diceva poco fa –, mini-

steriali al bene comune ealla pace. Attualmente essinon appaiono tali. Il siste-ma finanziario internazio-nale sta mostrando, con lesue ricorrenti crisi, molte-plici disfunzioni che pre-giudicano la sua tenuta e lasua ministerialità al benecomune della famigliaumanaSe noi desideriamo realiz-zare il bene comune, lo svi-luppo sostenibile per tutti ela pace, dobbiamo preoc-cuparci che i mercati finan-ziari e monetari siano mer-cati liberi, ossia non domi-nati dall’illegalità, da forzeocculte, da una pianifica-zione totale e globale: libe-

ri non significa, peraltro, che siano privi di regole;per essere tali abbisognano, invece, di giuste rego-le, di un quadro giuridico certo. I mercati, inoltre,devono essere: stabili, non in continua crisi o pococonsistenti; trasparenti, vale a dire che quello cheavviene al loro interno deve essere leggibile, nondeve essere nascosto, non deve appartenere ad un“mercato ombra”; democratici, cioè non oligarchi-ci, ma partecipati il più possibile da tutti i soggettieconomici, non solo da pochi che ne detengono ilmonopolio; funzionali, ossia al servizio dell’eco-nomia reale, del lavoro, delle imprese, delle fami-glie, delle comunità locali, delle amministrazionilocali che hanno bisogno di prestiti, di credito, pergarantire beni, servizi pubblici. In definitiva, i mer-cati devono essere efficienti ed efficaci, non iper-protetti da politiche nazionali paternalistiche, nonindeboliti da deficit sistematici delle finanze pub-bliche, che di fatto impediscono ad essi di operarein un contesto mondiale come istituzioni aperte econcorrenziali (cf Per una riforma, p. 24).Se la finanza non è ministeriale al bene comune èfacile che cresca la disoccupazione, e che si ali-mentino crisi alimentari ed ecologiche. Se il siste-ma finanziario non funziona non si realizza né ilbene comune né la pace.

I MERCATI FINANZIARI A SERVIZIODEL BENE COMUNE E DELLA PACE

Relazione alla Scuola di Pace (Roma, 3-5 gennaio 2013)

S.E. Mons. Mario Toso, Segretario del Pontificio Consigliodella Giustizia e della Pace

SPECIALE SCUOLA DI PACE

marzo 2013 il Cantico 13

Per effetto della recente crisi finanziario-economica,il cui inizio si può far risalire al 2007, nel mondosono andati perduti oltre 200 milioni di posti lavoro.Secondo un recente studio dell’International LabourOrganization-ILO, Global Employment Outlook:Bleak Labour Market Prospects for Youth, l’impattodella crisi dell’euro, seguita alla crisi statunitense, sista estendendo all’Asia dell’Est e all’AmericaLatina, aggravando la situazione di molti giovanidisoccupati. Sempre secondo tale studio, il tasso glo-bale della disoccupazione giovanile raggiungerà il12,9 % entro il 2017, ovvero con un aumento di 0,2punti percentuali rispetto alle previsioni per il 2012.Ora è risaputo che chi è disoccupato, oltre a rima-nere ai margini del mercato, è anche ai marginidella vita democratica e della realizzazione delbene comune,È noto, poi, che alle crisi alimentari, con le avversitàclimatiche e l’assenza di adeguate politiche perincentivare la produzione agricola, concorrono oggile speculazioni finanziarie legate, ad esempio, allacompravendita di fondi di investimento. Si trattaspesso di contratti di tipo futures sui prodotti agrico-li che non vengono più solo acquistati da chi ha uninteresse diretto in quel determinato mercato,seguendo le leggi tradizionali della domanda e del-l’offerta, ma anche mediante fondi di pensione, chesono investiti con l’obiettivo esclusivo diottenere il miglior rendimento.I meccanismi perversi del sistema finanzia-rio hanno ricadute drammatiche speciesulle popolazioni più deboli, prime fra tuttequelle africane. Vi sono Paesi in cui lagente destina più dell’80% del proprio red-dito al fabbisogno alimentare e che, nell’at-tuale congiuntura, non sono assolutamentein grado di far fronte all’aumento dei prez-zi del cibo. I dati statistici forniti dalla FoodSecurity Risk Index informano che il 75%del continente africano rischia molto. Sitemono, nel 2013, per l’ennesima volta, lecosiddette «rivolte del pane». Stando aglianalisti di Maplecroft, per il prossimo giu-gno i prezzi delle materie prime alimentaripotrebbero subire incrementi fino al 15 percento, con il conseguente aumento di inedia e dipandemie. Anche l’indice dei prezzi pubblicatodalla FAO (Food and Agricolture Organisation) hasegnalato, lo scorso ottobre, per i cereali, unaumento del 7 per cento rispetto allo stesso mesedel 2011.Crisi alimentare e conseguente crescita dei prezzidei beni di prima necessità rappresentano fattori difragilità per le democrazie su scala planetaria.A parte l’esigenza di garantire una maggiore stabili-tà geopolitica attraverso la risoluzione di conflitti inzone come Sudan occidentale (Darfur) e Somalia,occorre intervenire, in sede internazionale, conun’agenda che preveda politiche per incentivare laproduzione agricola, puntando sulla ricerca e lenuove tecnologie. Inoltre, è necessario stabilizzare

le quotazioni e quindi i redditi dei produttori; favo-rire la conoscenza e la trasparenza dei mercati, conregole il più possibile condivise su scala globale. Ilcammino è tutto in salita per la difficoltà di realizza-re una gestione globale in una stagione dominatadalla crisi finanziaria-economica, in cui gli Statifanno fatica a delegare a organismi sovranazionali«spicchi» di propria sovranità (cf Giulio Albanese,Pane della rivolta, in Messaggero di Sant’Antonio,dic. 2012, p. 31).

LA DIFFICOLTÀ DI UNA GESTIONE GLOBALEIl cammino è tutto in salita per la difficoltà di rea-lizzare una gestione globale in una stagione in cuici sarebbe bisogno di istituzioni proporzionate aiproblemi globali e in cui gli Stati fanno fatica adelegare spicchi della propria sovranità ad organi-smi sovranazionali. Va, poi, tenuto presente che, se i mercati finan-ziari sono sregolati, oltre che l’economia reale,mettono in crisi se stessi. Molti sostengono che imercati finanziari devono obbedire solo alle pro-prie leggi poiché una “mano invisibile” (AdamSmith) li farebbe funzionare automaticamente peril bene comune, nonostante i fallimenti. In realtà,come l’esperienza dimostra, questo non avviene.Padoa Schioppa, in un suo volume apparso postu-

mo, ha scritto che l’autoregolamentazione, primae durante la crisi, si è dimostrata carente e chel’intervento regolatore degli Stati e delle istituzio-ni internazionali è inevitabile, sebbene debbamantenersi entro giusti limiti (cf Regole e finanza,Il Mulino 2011).Occorre, dunque, regolare i mercati affinché sianofedeli anche alla loro funzione fondamentale diprestare denaro. Senza regolamenti il mercato, spe-cie quello ombra, continua ad agire come un farwest. Di questo ne sono oramai tutti coscienti.Nel 2011 il Pil mondiale lordo ammontava a 70mild. di dollari mentre il valore dei derivati era di650 mild. di dollari, ovvero quasi dieci volte tanto.Il valore della carta-finanza pesava 10 volte di piùdi quanto producevano materialmente le persone.

marzo 2013 il Cantico 14

Si potrebbe pensare che la lezione del fallimentodella Lehman Brothers abbia insegnato qualcosa eche dal 2008 ad oggi le cose siano cambiate. Inrealtà, non è così. Se nel 2008 c’erano 9 dollari diderivati per 1 dollaro di Pil, nel 2010 il rapporto erasalito a 10 a 1 per tornare nel 2011 a 9 a 1, ma poiha ricominciato a risalire.In sostanza, solo se si hanno a disposizione sistemifinanziari e monetari liberi, trasparenti, solidi,democratici, resi funzionali all’economia reale e albene comune, tramite la regolazione e l’orienta-mento da parte delle attività politiche e dei varicorpi sociali, è possibile conseguire uno sviluppointegrale per tutti e la pace.La necessità di simili sistemi finanziari e monetariè oggi globale. Per poterne disporre sono urgentiistituzioni globali. A realtà globali devono corri-spondere istituzioni globali. Questo è un grandepresupposto su cui ha fatto leva l’insieme delleRiflessioni del Pontificio Consiglio della Giustiziae della Pace.

PER RIDARE PRIORITÀ ALLA POLITICA RISPETTOALLA FINANZATali Riflessioni in particolare fanno riferimento adun’autorità pubblica a competenza universale e – inuna situazione in cui la finanza ha preso il soprav-vento sulla politica - appellano al recupero del pri-mato della politica sulla finanza.Se la politica è responsabile del bene comune, equindi della realizzazione delle condizioni checonsentono il bene comune [e tra le condizioni visono anche quelle finanziare], allora la politicadeve potere sorvegliare i mercati finanziari, devepoterli orientare, regolare.L’idea che sta alla base delle suddette riflessioni èla seguente: bisogna che rispetto a nuove situazio-ni, a nuovi meccanismi, a nuove realtà globali, cisiano istituzioni corrispondenti, altrimenti non siriesce ad orientare la stessa globalizzazione allarealizzazione del bene comune della famigliaumana né alla realizzazione della pace.Spesso si tralascia superficialmente il discorso delleistituzioni! Abbiamo sì bisogno dell’etica, dell’ispi-razione cristiana, dell’aspetto teologico, della spiri-tualità, ma anche di istituzioni stabili, trasparenti,innovate. Abbiamo bisogno che la comunità politica

sia dotata di mezzi sufficienti, di nuovistrumenti giuridici, nonché di istituzioniadeguate per poter realizzare le condizionisociali che consentano di pervenire albene comune e alla pace.Le Riflessioni del Pontificio Consigliodella Giustizia e della Pace rilevano, fral’altro, che le istituzioni attualmente esi-stenti, cioè la Banca mondiale, il FondoMonetario Internazionale, l’ONU e il G20, non incarnano e non rappresentanoancora l’idea dell’autorità pubblica a com-petenza universale di cui ci sarebbe biso-gno. Esse rappresentano, nonostante l’im-

pegno profuso, tentativi parziali di realizzarla a varilivelli. Occorre, pertanto, procedere ad una loro gra-duale riforma: alla riforma dell’ONU, della BancaMondiale, del Fondo Monetario Internazionale, delG 20, specie in senso democratico. Bisogna, in par-ticolare, prendere coscienza che il G 20 non costi-tuisce nessuna autorità sovranazionale. Il G 20 appa-re come un club di Stati amici che non ha nessunalegittimazione politica e non rappresenta tutti glialtri Stati del mondo (cf Per una riforma, pp. 30-31).Non appare un’istituzione globale capace di fornireorientamento alla globalizzazione, sulle varie que-stioni relative alla finanza, all’ambiente, all’energiae al cibo, alla pace.

L’APPELLO PER UNA VERA AUTORITÀ POLITICAMONDIALEL’appello che si fa nelle Riflessioni del PontificioConsiglio è quello di una vera autorità politicamondiale. E questo richiede la riforma delle istitu-zioni già esistenti, dell’ONU e delle altre.L’adeguamento delle istituzioni ai problemi globa-li richiede anche l’innalzamento di istituzioninuove, come sta avvenendo in Europa con la crea-zione e il graduale rafforzamento della BancaCentrale Europea. Per governare fenomeni sovra-nazionali bisogna che il mondo si doti di nuoveistituzioni a diversi livelli. Come? A piccoli passi,secondo le Riflessioni del Pontificio Consiglio.Non si può ottenere tutto dall’oggi al domani.Bisogna essere realisti e, quindi, occorre muoversisecondo gradualità! A chi dice che è utopico pensare ad un’ONU rifor-mata nel senso di un’autorità politica mondiale; achi afferma che il cammino è troppo lungo e chesarebbe meglio accontentarsi solo dei piccoli passipossibili, si può rispondere che per muovere i pic-coli passi nella direzione giusta occorre avere adisposizione un punto di riferimento chiaro, altri-menti si finisce per orientarsi in una direzione sba-gliata. Un’autorità politica universale, seppur nondefinita in tutti i suoi aspetti, deve essere almenoprospettata come meta, perché, senza di essa din-nanzi, non si sa verso dove dirigere i passi perriformare le istituzioni esistenti.Alcuni, dopo aver letto le Riflessioni hanno solleci-tato ad interessarsi di più ai poveri anziché perdere

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tempo a parlare di autorità politica mondiale, realtàche una certa letteratura dipinge come inevitabileincarnazione del Maligno. A costoro si può rispon-dere che chi, specie oggi, non si interessa delle isti-tuzioni, in particolare di quelle globali, fa il piùgrande danno ai poveri. Se si lasciano intatti tutti imeccanismi finanziari sovranazionali, per di piùconcentrati nelle mani di pochi, c’è il rischio chequesti aggravino le condizioni dei poveri. Proprioper difendere i più poveri bisogna prodigarsi affin-ché ci siano istituzioni politiche globali che abbianola capacità di regolare i mercati finanziari ed econo-mici in vista della realizzazione di uno svilupposostenibile per tutti. Se si vuole interessarsi deipoveri, non in maniera platonica o solo medianteforme assistenzialistiche, occorre preoccuparsi dellariforma delle istituzioni inter-nazionali, affinché i poverinon siano ulteriormente pena-lizzati e spogliati.La proposta del PontificioConsiglio della Giustizia edella Pace poggia sull’idea cheoggi le condizioni di realizza-zione del bene comune sonotali per cui si deve quantoprima arrivare all’istituzione diun’autorità politica mondiale.Se non c’è questa autorità poli-tica mondiale, non si realizza-no le condizioni che sostanzia-no il bene comune della fami-glia umana.Come dev’essere, però, intesaquesta autorità?Tale autorità deve essere inte-sa come un’autorità che esau-tora tutte le autorità nazionalie concentra il potere in unpunto unico superiore a tutti?No. Essa non va concepitacome un Leviatano, come unsuperpotere assoluto che esautora, sostituendoli,tutti gli altri centri di autorità nazionale e regionale.Al contrario, il suo compito è di riconoscerli tutti edi rispettarli nella loro autonomia e libertà, secondoil principio di sussidiarietà. L’autorità politicamondiale va istituita dal basso, democraticamente,ad un livello superiore rispetto alle autorità nazio-nali, ossia su un piano sovranazionale, specie peralcune questioni rispetto alle quali le autorità nazio-nali o anche i gruppi di Stato non appaiono compe-tenti o proporzionate. Quindi, l’autorità politicamondiale non dev’essere istituita per avocare a sétutte le questioni sociali e giuridiche. Essa dev’es-sere innalzata per creare, sul piano mondiale, unambiente sociale e civile che consenta a tutti i popo-li di raggiungere il loro bene comune, entro il con-testo del bene comune mondiale, ossia entro uncontesto di solidarietà e di collaborazione interna-zione e sovranazionale.

L’autorità politica mondiale, che come già dettodovrebbe essere costituita dal basso, democratica-mente, è un’autorità da intendersi soprattutto comeforza morale, normata dal diritto, dalla legge mora-le naturale che precede il diritto positivo. Non è unsuperpotere slegato da ogni riferimento, assoluto.È un’autorità partecipata, condivisa dai popoli edai cittadini, limitata dal diritto internazionale,poliarchica, ossia un’autorità che prevede altrilivelli di esercizio, oltre al proprio: livelli diversiche però collaborano tra di loro, reciprocamente,rimanendo interconnessi. Non la si può identifica-re con l’idea di un super Stato illimitato, paternali-stico, tecnocratico ed egemone. Va pensata, piutto-sto, come una realtà politica sorretta da una socie-tà di popoli, uniti da una comune coscienza socia-

le sempre crescente.Si tratta, dunque, di un’autori-tà limitata, competente spe-cialmente per ciò di cui nonsono competenti i singoliStati. Ci sono questioni inter-nazionali che un singolo Statonon può risolvere da solo. Peresempio, i problemi dell’in-quinamento, delle immigra-zioni, delle crisi alimentari edambientali, della fame e dellapovertà, dello sviluppo soste-nibile per tutti non possonoessere risolti da un singoloStato. Occorre una governan-ce mondiale, un’autorità poli-tica mondiale, come ha sugge-rito Benedetto XVI nellaCaritas in veritate al numero67.L’autorità di cui parla papaBenedetto non è, però, un’au-torità di semplice coordina-mento dei vari Stati, un’auto-rità alla pari con la loro, senza

la possibilità di comandare o di sanzionare gli Statiche non obbediscono alle decisioni prese. Si tratta di un’autorità che, come già detto, dev’es-sere validata sì con metodo democratico, limitatadal diritto, partecipata, ma deve avere la possibilitàdi comandare secondo ragione, cioè sulla base del-l’ordine morale, del diritto internazionale.Secondo le Riflessioni del Pontificio Consiglio, allo-ra, «nel cammino della costituzione di un’Autoritàpolitica mondiale non si possono disgiungere le que-stioni della governance (ossia di un sistema di sem-plice coordinamento orizzontale senza un’Autoritàsuper partes) da quelle di un shared government(ossia di un sistema che, oltre al coordinamento oriz-zontale, stabilisca un’Autorità super partes) funzio-nale e proporzionato al graduale sviluppo di unasocietà politica mondiale. La costituzione diun’Autorità politica mondiale non può essere rag-giunta senza la previa pratica del multilateralismo,

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non solo a livello diplomatico, ma anche e soprattut-to nell’ambito dei piani per lo sviluppo sostenibile eper la pace. A un Governo mondiale non si può per-venire se non dando espressione politica a preesi-stenti interdipendenze e cooperazioni» (pp. 27-28).Questa proposta, ha suscitato non poche reazioninegative, anche nel mondo cattolico. Prima di tuttoperché spesso si confonde il potere con l’autorità epoi perché si ritiene (sotto l’influsso di alcunescuole economiche) che l’autorità politica nonabbia responsabilità nei confronti dell’orientamen-to dell’economia. Politica ed economia sono daconcepirsi come entità autonome, per cui la politi-ca non deve sorvegliare l’economia e la finanza,non ha la responsabilità del bene comune e, nonavendo la responsabilità del bene comune, non èchiamata ad orientare l’economia e la finanza allarealizzazione del bene comune. Al contrario, laPacem in Terris, citata dallo stesso BenedettoXVI,propone un’autorità politica mondiale, esigita dallarealizzazione storica del bene comune.Altri cattolici non hanno condiviso la proposta delPontificio Consiglio della Giustizia e della Pace per-ché secondo loro nella Dottrina sociale della Chiesanon esiste l’idea di una tale autorità. Che dire?Innanzitutto che è davvero singolare come un discre-to numero di persone costituite in responsabilità nellaChiesa e nelle sue Organizzazioni siano così digiunedei contenuti della Dottrina sociale. La proposta diun’autorità politica mondiale è stata avanzata già daPio XII, da tutti i pontefici successivi. L’idea dellacostituzione di una vera autorità politica mondiale siriscontra nei loro discorsi all’Onu, nei loro Messaggiper la Giornata Mondiale della Pace! Perché, allora,questa negazione ostinata di un qualcosa che è cosìpalese nei documenti del Magistero sociale, da partedi persone pur dotate di buona cultura e che occupa-no posti di responsabilità nelle associazioni cattoli-che? La spiegazione più plausibile è quella della pre-venzione ideologica. Non si vuole vedere ciò che èaffermato dai pontefici soprattutto perché si è condi-zionati negativamente dal proprio settorialismo pro-fessionale, da una cultura preconcetta che induce adessere fortemente selettivi rispetto alla Dottrinasociale.

Altri credenti ancora, hanno sostenuto che nei pro-nunciamenti della Chiesa è davvero strano che siparli dell’esigenza di un’autorità politica mondiale,fondandola sul bene comune, dal momento chenon esiste una concezione condivisa di esso.Se non esiste un bene comune condivisibile è tempoperso interessarsi della costituzione di un’autoritàresponsabile del bene comune sul piano mondiale.Anche qui cosa rispondere? Innanzitutto che un benecomune, nazionale e mondiale, nonostante i diversiapprocci da parte di singoli e popoli, esiste, come èdimostrato dall’insieme dei beni personali e collettiviche la famiglia umana deve coltivare. In secondoluogo, va risposto che se davvero si fosse consequen-ziali con la prospettiva sostenuta si dovrebbe convin-cere i politici del proprio Paese ad abbandonare iParlamenti, come anche l’ONU. Se davvero non cifosse il bene comune delle Nazioni e della famigliaumana, tutti coloro che lavorano alla loro realizzazio-ne, sia pure imperfetta, lavorerebbero invano, sarebbe-ro inutili per le società e per il mondo.Orbene, la Chiesa propone la costituzione di unavera autorità politica a livello mondiale perché èprofondamente convinta che il bene comunedella famiglia umana esiste come bene che ècomprensivo dei beni comuni dei vari popoli e litrascende. Nella Caritas in Veritate (n.67) trovia-mo un chiaro elenco delle ragioni per cui dev’es-sere costituita un’autorità politica mondiale. Esserappresentano le maggiori e molteplici esigenzestoriche del bene comune mondiale odierno: «Per il governo dell’economia mondiale; per risa-nare le economie colpite dalla crisi, per preveni-re peggioramenti della stessa e conseguenti mag-giori squilibri; per realizzare un opportuno disar-mo integrale, la sicurezza alimentare e la pace;per garantire la salvaguardia dell’ambiente e perregolamentare i flussi migratori – si legge nellaCaritas in veritate - urge la presenza di una veraAutorità politica mondiale, quale è stata già trat-teggiata dal mio Predecessore, il Beato GiovanniXXIII». «Una simile Autorità – continuaBenedetto XVI - dovrà essere regolata dal diritto,attenersi in modo coerente ai principi di sussidia-rietà e di solidarietà, essere ordinata alla realiz-

zazione del bene comune, impegnarsinella realizzazione di un autentico svi-luppo umano integrale ispirato aivalori della carità nella verità. TaleAutorità inoltre dovrà essere da tuttiriconosciuta, godere di potere effettivoper garantire a ciascuno la sicurezza,l’osservanza della giustizia, il rispettodei diritti. Ovviamente, essa devegodere della facoltà di far rispettaredalle parti le proprie decisioni, comepure le misure coordinate adottate neivari fori internazionali. In mancanzadi ciò, infatti, il diritto internazionale,nonostante i grandi progressi compiutinei vari campi, rischierebbe di essere

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condizionato dagli equilibri di potere tra i piùforti. Lo sviluppo integrale dei popoli e la colla-borazione internazionale esigono che venga isti-tuito un grado superiore di ordinamento interna-zionale di tipo sussidiario per il governo dellaglobalizzazione e che si dia finalmente attuazio-ne ad un ordine sociale conforme all’ordinemorale e a quel raccordo tra sfera morale e socia-le, tra politica e sfera economica e civile che è giàprospettato nello Statuto delle Nazioni Unite» (n.67).Ciò premesso, e lasciando agli uditori la letturacompleta delle Riflessioni, vado alle indicazionipiù dettagliate offerte dal Pontificio Consiglio.

PISTE DI RIFLESSIONEA fronte della necessità di governare il mercato ombradei derivati, di avere a disposizione istituzioni banca-rie capaci di offrire credi-to alle imprese e di rea-lizzare la giustizia socia-le in ambito finanziariosu un piano nazionale edinternazionale, il testodel Pontificio Consiglio,nella sua parte finale,offre alcune piste diriflessione che non rap-presentano affermazionidogmatiche e definitive.Tali piste di riflessione,dopo vari mesi dallapubblicazione, rimango-no attuali, come sonoattuali i problemi a cuiesse si riferiscono.Il Testo propone:* di dedicare una particolare attenzione, in vista di unopportuno controllo, allo Shadow Banking System, alsistema bancario ombra, regno opaco delle grandiInvestment Banks e degli Hedge Funds. Si tratta diuna questione nodale, dal momento che, com’è noto,il sistema bancario e finanziario ombra è stato, e con-tinua ad essere, il soggetto generativo e diffusivo dellafinanza predatoria su scala planetaria. Nel sistemabancario ombra vegeta un capitalismo finanziario arti-ficiale e labirintico in cui è possibile vendere anchequello che non si ha né in proprietà né in prestito: uncapitalismo in cui il falso diventa vero, in cui l’irrealesi fa reale. Per una disciplina più efficace dei «merca-ti-ombra», privi di controlli e di limiti, appare neces-saria una rigorosa demarcazione tra le tipologie diBanca Commerciale e di Banca di Investimento, traeconomia produttiva ed economia speculativa.* di pensare a forme di ricapitalizzazione delle ban-che anche con fondi pubblici, condizionando però ilsostegno a comportamenti virtuosi e finalizzati a svi-luppare l’economia reale. Si tratta, allora, di vigilarein modo che le banche che ricevono il prestito, adesempio, dalla Banca Centrale europea, realmente loeroghino fornendo credito alle piccole imprese, alle

famiglie, alle comunità locali, in modo che nonavvenga quello che è accaduto finora.* di prendere in considerazione, per motivi di giustiziasociale, possibili misure di tassazione delle transazio-ni finanziarie. Numerose associazioni cattoliche datempo si sono fatte promotrici di questo. È noto, poi,che in Europa, hanno aderito al progetto 11 Stati. InItalia, con la legge della stabilità si è pure arrivati aproporre la Tobin Tax. Naturalmente questa tassazio-ne va modulata con misura e saggezza. Va usatasoprattutto per scoraggiare la finanza di alta specula-zione, di breve termine, in modo da favorire l’altrafinanza, la finanza che fornisce credito all’economiareale. Si tratta, in particolare, di varare nuove politichefiscali. Rispetto alla cosiddetta Tobin tax viene costan-temente fatta l’obiezione che essa non può essere effi-cace se non è introdotta in tutto il mondo. I capitalifuggirebbero. In realtà, i problemi nodali sono ben

altri. Il giornale cattolicoAvvenire ha fatto, in pro-posito, un ottimo servi-zio di spiegazione e diaccompagnamento, inparticolare sull’impegno,da parte del governoMonti, circa l’introdu-zione della cosiddettaTobin Tax. Ha spiegatoin maniera semplice checerti luoghi comuni sonofalsi. Il mito più radicato- quello che, per produr-re vantaggi, occorre chela tassa sia in vigore intutto il mondo – è smen-

tito dal fatto che una tassa simile è vigente in una qua-rantina di paesi, senza che sia intercorso un accordointernazionale e senza che vi siano state fughe ingentidi capitali verso i Paesi che non l’hanno adottata. LaGran Bretagna, che si oppone alla Tobin Tax, in realtàrealizza al suo interno qualcosa di simile ad essa. Lastamp-duty ( ossia un’imposta di bollo e di registro)che vige da anni in tale Paese non ha impedito allaBorsa di Londra di essere, insieme a Wall Street, laprincipale piazza finanziaria del mondo. C’è, poi, il falso mito secondo cui tale tassa rica-drebbe sulle spalle dei risparmiatori. In proposito viè uno studio del Fondo Monetario Internazionale, del2011, secondo il quale la tassa sarebbe progressiva.L’impatto maggiore sarebbe su chi effettua enormitransazioni in tempi ristrettissimi, cioè sarebbe sullaspeculazione «supersonica», e non tanto sui piccolirisparmiatori, sugli investimenti di lungo periodo.Concludendo, è necessaria la regolazione dei mer-cati finanziari, perché siano al servizio della realiz-zazione della pace e del bene comune. C’è bisognodella loro istituzionalizzazione etica, di un inter-vento regolatore dell’autorità politica. Non bastaun intervento regionale. Occorre anche un inter-vento a livello mondiale.

(Tratto dalla viva voce)

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Quest’anno i gruppi di ascoltobiblico, organizzati dalla par-rocchia di S. Maria Annunziatadi Fossolo a Bologna, hannoripreso ad incontrarsi commen-tando la parabola dei dieci leb-brosi (Lc 17,11-19).In questi ultimi il nostro grup-po ha visto rappresentatal’umanità malata che puòessere guarita solo da Cristoche si è incarnato ed “ha assun-to la condizione umana persanarla da tutto ciò che la sepa-ra da Lui” (catechesi diBenedetto XVI, 9-1-2013).La malattia spirituale dell’uomo è dovuta alla sualontananza da Lui, poiché solo in Lui “trova veraluce il mistero dell’uomo” e solo Lui “svela piena-mente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissi-ma vocazione” (GS 22).Inoltre, indicandoci come vivere per essere tra-sformati sempre più a sua somiglianza, Cristo cioffre la possibilità di divenire testimoni credibilidel Vangelo. Il vero discepolo di Gesù, prima dirivolgersi agli altri, attinge dall’amore di Dio lacapacità di comunicare il Vangelo e la forza divivere quotidianamente un’attenzione concretanei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spi-rito.Perché non vedere il vero discepolo di Gesù inquel lebbroso che torna indietro a ringraziarlo peressere stato sanato? Non è forse lui l’uomo che

rende gloria a Dio fondandoun nuovo umanesimo che,proprio perché aperto allatrascendenza, permette divivere con gli altri e per glialtri nella reciprocità deldono?Nel secondo incontro, a partiredal brano evangelico dei disce-poli di Emmaus, abbiamoriflettuto sulla Risurrezione apartire dalla domanda esisten-ziale: che cosa significa laRisurrezione per la nostra vita? La cultura in cui ci troviamo a

vivere è stata definita da Benedetto XVI: “culturadi morte”. Infatti non si crede che esista la verità,sembra che certi valori siano legati alle epoche esiano destinati a scomparire per lasciare il postoad altri. L’uomo è frammentato, non progetta lavita dandole un’unità ragionevole, ma vive senzacercare un senso affidandosi all’emozione delmomento.A questa cultura che si esprime con le parole:angoscia, depressione… e che relega la ragione almondo tecnico-scientifico, Benedetto XVI offreragioni di speranza che danno sapore alla nostravita, un gusto nuovo di esistere, un modo gioioso distare al mondo.Attraverso la comunione con Cristo possiamo cam-biare mentalità, giudizi di valore, scelte, azioni con-crete e così ragionevolmente orientare la nostra vitaaprendo gli occhi sulla realtà e su noi stessi,

Benedetto XVI ha più volte insistitosulla “ragionevolezza della fede catto-lica” e, rifacendosi alla tradizione, harigettato il fideismo che è la volontà dicredere contro la ragione e che riducela fede alla sfera affettiva facendolacosì diventare “illusione, fuga dallarealtà, comodo rifugio” (catechesi diBenedetto XVI, 14-11-2012).Anche “la croce di Cristo ha una suaragione” (catechesi, 21-11-2012).Non è un avvenimento irrazionale,ma “un fatto salvifico che possiedeuna propria ragionevolezza ricono-scibile alla luce della fede”. Nellaprofonda esperienza di fede che ci favivere in comunione con Cristo croci-fisso siamo “toccati nel profondodalla presenza dello Spirito di Gesùin noi e superiamo gli orizzonti deinostri egoismi e ci apriamo ai verivalori dell’esistenza”. Viviamo unavita nuova, una vita da risorti!

Graziella Baldo

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INSIEME NELL’ASCOLTO DELLA PAROLA

Chiesa S. Maria Annunziata di Fossolo.

Chiesa Corpus Domini - Mosaico di p. Marko I. Rupnik.

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TESTIMONIANZE

Come l’anno scorso voglio ringraziare chi ha parte-cipato al gruppo di ascolto biblico che si è riunito acasa mia.Con il consueto garbo le animatrici ci hanno aiutatoad approfondire la comprensione del brano biblico.Sono scaturiti riflessioni e commenti piuttosto chedubbi, e si è perfino spaziato nell’attualità che oggi ècosì complessa! Nel gruppo, tutto composto da donne, abbiamo con-diviso sensibilità personali, specialmente femminili,sollecitate dalla lettura del Vangelo di Luca che asse-gna alla donna un ruolo particolarmente significati-vo. Da qui il passo è stato breve nel raggiungere unasintonia di pensieri e propositi a cui spero possanoseguire buoni frutti. Sinceramente grazie!

Gabriella Fabbri

Leggere, meditare insieme la Parola del Signoreaiuta certamente a capire, anche attraverso gli occhidegli altri, la ricchezza del Vangelo, che ogni volta sa darci nuovi stimoli ed è capace di riaccendere innoi “stolti e lenti di cuore” il desiderio di approfondirlo sempre di più. Ho partecipato con grande interesse al Gruppo biblico nelle case, guidato abilmente da Lucia eGraziella, sul cap. 24 del Vangelo di Luca.Questo capitolo , come è stato sottolineato durante l’incontro, si suddivide in tre parti: nella prima, conle parole “Non è qui, è risorto”, due uomini sfolgoranti si rivolgono alle donne che stanno di fronte alsepolcro vuoto , richiamando anche alla loro memoria le parole che Gesù aveva detto sulla Sua mortee resurrezione. Le donne annunciano tutto questo agli Undici e agli altri. Anche a noi viene richiesto l’ascolto della Parola e l’annuncio nella nostra vita, soprattutto attraversola testimonianza, pur nella consapevolezza dei nostri limiti e della nostra grande fragilità.Colpisce poi nella seconda parte il passaggio dalla tristezza e dallo scoraggiamento dei discepoli diEmmaus alla spinta a partire “senza indugio” dopo l’incontro con Gesù, che riconoscono allo spezza-re del pane. Gesù è sempre al nostro fianco e ci accompagna nella nostra vita. Solo Lui può darci laforza per affrontare le difficoltà e i dolori, donandoci la serenità anche nei momenti più bui. Gesù poi “stette in mezzo” agli Undici e la loro paura, appena parla e mostra le mani e i piedi, si tra-sforma in gioia, ma ancora stentano a credere; allora Gesù , dopo avere mangiato davanti a loro, ricor-da le parole scritte su di Lui ecosì la mente degli Apostoli siapre per comprendere leScritture: “Cristo patirà erisorgerà dai morti il terzogiorno”. A quel punto tornanoa Gerusalemme felici e stan-no nel tempio a lodare Dio. La gioia dell’incontro con“Gesù risorto e vivente”, con-divisa con i fratelli, deve tra-sformare la nostra vita nellacertezza che anche noi siamofatti per risorgere come Lui. Terminata la lettura del capi-tolo, animata da vari interven-ti dei partecipanti all’incontro,sono state recitate insiemedelle preghiere, alle quali sisono aggiunte alcune inten-zioni personali.

Lia Mandini Chiesa Corpus Domini - Mosaico di p. Marko I. Rupnik.

“Il Parlamento Europeo, desideroso di dare un rico-noscimento alle attività o azioni intraprese da citta-dini, gruppi, associazioni o organizzazioni che testi-moniano un impegno eccezionale volto a favorireuna maggiore comprensione reciproca e una piùprofonda integrazione tra i popoli, consapevole del-l’importanza dei valori dell’ospitalità, della solida-rietà e della tolleranza per promuovere la pace e laprosperità, consegna il Premio del Cittadino euro-peo 2012 a PassodopoPasso”.Con queste parole il 7 novembre scorso, aBruxelles, il Presidente del Parlamento EuropeoMartin Schulz ha consegnato a GimmiBasilotta il Civi Europaeo Premium.Nella stessa giornata sono stati premiatianche il progetto Albergo Etico di Asti,Biagio Conte di Palermo, Giovanni Riefolodi Roma e l’associazione UNITALSI, nel2011 l’assegnazione era stata fatta a ErnestoOlivero e nel 2010 a Don Ciotti; sono per-tanto sette i premi assegnati nel corso di que-sti anni all’Italia dal Parlamento Europeo.“Siamo orgogliosi - dice Gimmi Basilotta -di ricevere questo premio a nome di tuttiquelli che hanno permesso la realizzazionedel progetto PassodopoPasso da Borgo SanDalmazzo ad Auschwitz e lo vogliamo con-dividere con le migliaia di persone che cihanno sostenuto ed hanno camminato connoi durante i settantasei giorni del viaggio”.Il Presidente della Repubblica GiorgioNapolitano informato della consegna del pre-mio ha scritto: “… Si tratta certamente di unimportante riconoscimento a una iniziativa diimpegno civile ed artistico. Mi è dunque gra-dito in questa occasione porgerVi auguri disuccesso per il proseguimento delle attività

volte a tenere viva la memoria di una Storia che ciappartiene…”.Già prima della partenza per il Cammino – che sisvolse dal 15 febbraio al 1 maggio 2011, per ricor-dare i 26 Ebrei del Cuneese che il 15 febbraio 1944furono caricati su di un vagone ferroviario a BorgoS. Dalmazzo e deportati ad Auschwitz – a dire ilvero, il Presidente della Repubblica aveva fattopervenire alla Compagnia Il Melarancio una meda-glia! Al cammino di 1875 chilometri a piedi prese-ro parte Gimmi Basilotta ed i figli di sua moglieLuca e Jacopo Fantini nonché il cane Ubaldo.Il Melarancio, come auspicato dal Presidente nellasua lettera, sta effettivamente continuando la suaopera di salvaguardia della Memoria!Gimmi al suo ritorno ha, infatti, scritto un mono-logo dal titolo “Viaggio ad Auschwitz A/R” e losta portando in scena nelle Scuole e nei Teatri ita-liani, con grande successo. Il suo lavoro ha rice-vuto nell’ottobre scorso ad Albaretto Torre ilPremio Cento come miglior testo in un concorsoper la drammaturgia dei Monologhi. Ha pureallestito una “Mostra delle Terre d’Europa”, nellaquale vengono esposte le 76 Terre raccolte adogni tappa lungo il cammino. Tutta la storia delcammino con le motivazioni, le riflessioni, lefoto, i filmati ecc. è reperibile su Google “passo-dopopasso” (ViaggioadAuschwitz.com).

Maria Grazia Chatel

marzo 2013 il Cantico 21

IL CIVI EUROPAEO PREMIUM 2012A “PASSO DOPO PASSO”

ASIA/PAKISTAN - Presunta blasfemia: brucia-te cento case di cristiani a Lahore, anche unvescovo feritoUna folla di circa 3.000 musulmani ha assaltato edato fuoco, sabato 9 marzo a circa cento case difedeli cristiani nel quartiere Badami Bagh di Lahore,per un caso di presunta blasfemia. La folla ha anchetirato pietre e ferito alcuni agenti di polizia, accorsisul luogo per fermare la violenza. Secondo le primeinformazioni raccolte da Fides in loco, sono fra 120e 140 i fedeli ustionati (uomini, donne bambini)ricorsi a cure ospedaliere. Fra i feriti vi è anche ilVescovo Akram Gill, della comunità cristiana evan-gelica pakistana, che era andato in loco per cercaredi fermare la violenza.Già la serata precedente, dopo la preghiera islami-ca, la folla, “a caccia del blasfemo” aveva messo infuga 150 famiglie residenti nel quartiere, condonne e bambini, fuggite dalle loro case per evita-re il linciaggio. Il caso di presunta blasfemia riguarda il cristianoSavan Masih, che la polizia ha arrestato due giornifa in seguito a una denuncia in base all’art. 295cdel Codice penale (parte della cosiddetta “legge diblasfemia”), che punisce il vilipendio al profetaMaometto.Come appreso da Fides, secondo i cristiani localil’accusa di blasfemia è del tutto falsa. ChandarMasih, padre di Savan, ha negato che suo figlioabbia commesso blasfemia, dicendo che eglirispetta profondamente il profeta.Il Vescovo Sebastian Shaw Ofm, AmministratoreApostolico di Lahore, commenta all’Agenzia Fides:“Condanniamo gesti di violenza di tal genere e chie-diamo al governo di garantire la sicurezza dei citta-dini e, specialmente, delle minoranze religiose. Visono persone che vogliono farsi giustizia da soli eche credono di essere al di sopra della legge. E’ unepisodio molto triste che sconvolge la nostra città. Lagente innocente non è al sicuro in casa sua.Esprimiamo alle famiglie colpite tutto il nostro soste-gno e solidarietà. Con la Caritas ci stiamo attivandoper offrire un riparo e una sistemazione. In questopaese c’è da lavorare molto per la pace e l’armonia”.

(PA) (Agenzia Fides 9/3/2013

ASIA/PAKISTAN - Petizione per eliminare lapena di morte dalla legge di blasfemia

Eliminare la pena di morte dalla legge di blasfemia eritirare le accuse a carico di Sherry Rehman: è quantochiede una petizione lanciata dall’Asian HumanRights Commission (AHRC), Organizzazione nongovernativa con sede a Hong Kong, che ha avviato unaraccolta di firme, ben presto appoggiata da altre asso-ciazioni ed enti della società civile, in Pakistan e in atripaesi in Asia e nel mondo.Come riferisce a Fides una nota della AHRC, spun-to per l’iniziativa è stata la decisione della CorteSuprema del Pakistan di dichiarare “ammissibili”le accuse di blasfemia a carico di Sherry Rehman,ambasciatore del Pakistan negli Usa, ex parlamen-tare del Pakistan People’s Party che aveva presen-tato in passato un proposta di revisione della leggedi blasfemia (vedi Fides 19/1/2013). Secondol’AHRC, la Corte Suprema lo ha fatto “per guada-gnare popolarità fra i gruppi fondamentalisti isla-mici”.Il fatto è grave e allarmante, nota l’Ong, perché intal modo si dà spazio anche nelle più alte sedi isti-tuzionali agli abusi della legge sulla blasfemia.Inoltre la Corte Suprema – avallando le accuse equindi un processo a carico della Rehman solo per-chè questa aveva espresso critiche verso la legge inun dibattito televisivo – si presta a “sopprimere lalibertà di espressione nel paese”.Per questo si lancia la petizione che chiede alnuovo Parlamento pakistano, che sarà eletto neiprossimi mesi, di eliminare la pena di morte dallalegge di blasfemia. D’altro canto la petizione chie-de alla Corte Suprema di ritirare l'accusa di blasfe-mia contro Sherry Rehman.“L'uso della blasfemia è diventata una pratica perlimitare la libertà di espressione e di pensiero dellasocietà, ed ora è utilizzata dalla magistratura pernegare alla popolazione il diritto di discutere que-stioni relative all’abuso delle leggi da parte dei fon-damentalisti”, conclude la nota.

(PA) (Agenzia Fides 7/3/2013)

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SSUUCCCCEEDDEE NNEELL MMOONNDDOO

AMERICA/HONDURAS - “Non dimenticare ipoveri”, la chiesa chiede un nuovo ordine socia-le“La povertà deve essere considerata come un malesociale che umilia la persona. Ancora più grave, inHonduras, la povertà, porta alla “manipolazione”ed alla “riduzione in schiavitù” delle persone”afferma l'editoriale del settimanale Fides inviatoalla nostra agenzia. Nella sua riflessione quaresi-male ripresa da diversi media del Paese la chiesacattolica, chiede quindi "di non dimenticare ipoveri".Nell’articolo si ricorda che la povertà inHonduras è cresciuta del 5% lo scorso anno chepertanto è necessario “un aumento della produ-

zione e una più equa distribuzione della ric-chezza”.“Ciò di cui ha bisogno l'Honduras per superare ilsottosviluppo è la creazione di nuove strutture checonsolidano un ordine sociale, politico ed econo-mico, nel quale deve scomparire l'illegalità esisten-te nel paese. Solo così sarà possibile una vita armo-niosa e sana nella società" afferma il testo.“La solidarietà esiste quando si creano condizioniper lo sviluppo integrale della persone e si lavoraper il bene comune”, conclude l’editoriale di Fides.Secondo i dati dalla stampa locale in Honduras, il75% dei poveri vive con un dollaro al giorno (20lempiras), e risiede in gran parte nelle aree rurali.

(CE) (Agenzia Fides, 04/03/2013)

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“SE MI CONVERTISSI SAREI LIBERA,PREFERISCO MORIRE CRISTIANA”

Scrivo da una cella senza finestre.Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buo¬na volontà dalla miacella senza finestre, nel modulo di isolamento della prigione di Sheikhupura, in Pakistan, enon so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono statacondannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il profeta Maometto.Dio sa che è una sentenza ingiusta e che il mio unico delitto, in questo mio grande Paeseche amo tanto, è di essere cattolica. Non so se queste parole usciranno da questa prigione.Se il Signore misericordioso vuole che ciò avvenga, chiedo (...) di pregare per me e inter-cedere presso il presidente del mio bellissimo Paese affinché io possa recuperare la libertàe tornare dalla mia famiglia che mi manca tanto. Sono sposata con un uomo buono che sichiama Ashiq Masih. Abbiamo cinque figli, benedizione del cielo: un maschio, Imran, equattro ragazze, Nasima, Isha, Sidra e la piccola Isham.

Voglio soltanto tornare da loro, vedere il loro sorriso e riportare la serenità. Stanno soffrendo a causa mia, perché sanno chesono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nellamia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertitaall’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cri-stiana che uscire dal carcere da musulmana. «Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suogrande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui».Due uomini giusti sono stati assassinati per aver chiesto per me giustizia e libertà. Il loro destino mi tormenta il cuore.Salman Taseer, governatore della mia regione, il Punjab, venne assassinato il 4 gennaio 2011 da un membro della suascorta, semplicemente perché aveva chiesto al governo che fossi rilasciata e perché si era opposto alla legge sulla blasfe-mia in vigore in Pakistan. Due mesi dopo un ministro del governo nazionale, Shahbaz Bhatti, cristiano come me, fu ucci-so per lo stesso motivo. Circondarono la sua auto e gli spararono con ferocia.Mi chiedo quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento perché Dio miseri-cordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato frapersone di differenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi ecredo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dob-biamo proteggere. Ho provato u¬na grande emozione quando ho saputo che il Santo Padre Benedetto XVI era inter-venuto a mio favore. Dio mi permetta di vivere abbastanza per andare in pellegrinaggio fino a Roma e, se possibile,ringraziarlo personalmente.Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio mise-ricordioso che mi permetta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma seaccadrà, ricordati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega ilSignore per noi e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari. Se leggi que-sta lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giusto, ti colmi con la sua Grazia.

[Asia Noreeen Bibi - Prigione di Sheikhupura, Pakistan]

La mensa è il luogo dove la famiglia cresce. È scuo-la di relazioni. Se viviamo bene lo stare insieme atavola, possiamo vivere bene anche l’Eucaristia.Gesù ha scelto il banchetto eucaristico, proprio per-ché ha trovato in esso l’occasione migliore per rima-nere con noi. Per questo bisogna spegnere la televi-sione quando si è a tavola. C’è un altro protagonistache esprime le implicanze umane e affettive propriedella condivisione della mensa!In questa relazione presenterò uno spaccato di vitafamiliare che ci aiuterà a comprendere in modoplastico e suggestivo il cammino di approfondi-mento che va dalla famiglia al mistero della fami-glia, per non vivere in modo banale e superficiale,ma per addentrarsi profondamente nelle cose allaricerca del senso, con l’aiuto di Gesù, lo “scavato-re” che ci aiuta ad andare in profondità.Il mistero è qualcosa di molto profondo, perchéentra nell’orbita di Dio. In quello che noi viviamo,c’è anche una dimensione divina. Perciò si tratta dipassare dalla famiglia al mistero della famiglia, perentrare alla Cena del Signore. In questomodo la tavola si trasfigura e diventa lamensa del Signore.Quando ci sediamo a tavola, celebriamoe compiamo il mistero della comunionefamiliare. La famiglia è amore, comu-nione, unità (o almeno dovrebbe esser-lo). Tutto quello che si fa in famiglianon segue la logica del profitto, del gua-dagno. Il pasto in famiglia è un donoche non si paga. La legge che governa lafamiglia è la gratuità. Purtroppo, però, ilmondo cerca di sfasciarla, perché segueuna logica completamente diversa,quella dell’utile individuale, del profit-to.La famiglia pone al centro il bene dellapersona, legato alla qualità delle rela-zioni che noi viviamo. A tavola la fami-glia celebra e compie la propria comu-nione. Se non si è in comunione, non siriesce a stare insieme a tavola. Allora latelevisione serve per distrarsi.L’Eucaristia è una tavola che dovrebbecelebrare la comunione di famiglie in

parrocchia. A tavola ci si nutre di comunione e diamore, più che di pane.Il pasto è, prima di tutto, presenza. Quest’affermazionepotrebbe apparire scontata, ma non lo è in un mondovirtuale, come quello in cui viviamo.Inoltre è nella natura del pasto l’essere destinato atutti. Esso racchiude un messaggio di uguaglianza.Anche l’Eucaristia è per tutti, perché tutti devonoessere nutriti nella vita, anche quelli che momenta-neamente sono assenti. Quando manca qualcuno alla mensa, gli si mette ilpiatto in caldo in attesa del suo ritorno. NelleMarche c’è l’usanza di benedire la mensa primadel pasto, ricordando i defunti che hanno fattoparte della famiglia, per i quali si recita insieme lapreghiera dell’“Eterno riposo”.L’invito a pranzo, comunque lo si dia, è rivolto atutti i componenti della famiglia, così come le cam-pane della chiesa invitano tutti alla S. Messa. Lafamiglia nel momento del pranzo è la tavola. Nondovrebbe essere la stessa cosa nell’Eucaristia? Inoltre il pasto è un sacrificio sia del mondo ani-male sia di quello vegetale. Ma c’è anche il sacrifi-cio della persona che dona il suo tempo, il suolavoro. Come poteva Gesù meglio che con il pastoeucaristico esprimere il sacrificio della sua perso-na? Gesù ha portato a compimento quello che a livelloumano c’era già, perché il pasto di per sé è sacrifi-cio. Dopo la morte di mia madre, mangiare i cibiche lei aveva preparato, per me è stato difficile,perché questi cibi non erano solo cose, ma espri-

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EUCARISTIA E FAMIGLIA

La Fraternità Francescana Frate Jacopa, conla collaborazione della parrocchia S. MariaGoretti in Bologna, in occasione dellaDecennale Eucaristica ha organizzato degliincontri di riflessione. Riportiamo la sintesidella relazione presentata, nell’ottobre 2012,da Sr. Lorella Mattioli… (Suore Terziariedella Beata Angelina).

mevano la sua tenerezza, il suo amore, la sua solle-citudine per me.I genitori nutrono i figli con la loro vita. Un amorematuro dà generosamente, si prende cura conresponsabilità dell’altro. Proprio perché il pasto èun dono di me stesso, è un nutrimento della miavita relazionale, affettiva; proprio perché è sacrifi-cio, nutre la mia vita in senso fisico e affettivo.Quando si è soli si mangia di meno. Il dialogo che avviene a tavola ci nutre. Quandoinvochiamo la benedizione del Signore sullamensa, dovremmo chiedere non solo la benedizio-ne del cibo, ma anche del nostro stare a tavola, cioèdel dialogo, della conversazione perché ci nutra.Se sentiamo che i nostri genitori non stannonutrendo la nostra vita, rifiutiamo il cibo (da quiproblemi quali: l’anoressia, l’abulimia…). In coluiche viene nutrito si richiede fiducia in colui chenutre. Se non c’è amore, il cibo diventa indigesto.In ultima analisi, nutrirsi è accettare che la vita,l’amore ci venga da qualcun altro. Pensiamoall’Eucaristia: in essa accettiamo che tutta la nostravita provenga da Dio. Questo non è un atto di auto-sufficienza, ma di fede, perché sappiamo di riceve-re tutto da un Altro (da Dio), ma anche dagli altri(dai nostri genitori). A tavola ci si nutre sempred’amore.Il pasto è convivialità, gioia di gustare la vicinanzadi tutti. Ma perché questo accada occorre che neirapporti ci sia una riconciliazione. Non si può starea tavola, se non si è riconciliati. Nella prima partedella Messa si dice: “Confesso a Dio onnipotente”.Non si può partecipare all’Eucaristia se non c’èalmeno il desiderio di riconciliarsi.Gli unici privilegiati a tavola sono i deboli, gliammalati, gli anziani. La tavola è una grande scuo-la di vita, di umanità, mentre noi, solitamente,emarginiamo queste persone.Se c’è tutto questo, allora il pasto diventa crescitad’amore, di comunione. Dopo un pasto ci si sentepiù uniti. A tavola cadono le barriere, si parla conpiù facilità, si sciolgono le tensioni.La tavola è una terapia: se vogliamo parlare ai nostrifigli, dobbiamo farlo a tavola. Gesù ha fatto i suoidiscorsi più belli a tavola. Qui le cose si trasformanoin essere, in affettività, in comunione di spiriti. Nonè questo che avviene nell’Eucaristia? In essa Gesùtrasforma il pane e il vino in se stesso.La famiglia seduta a tavola per mangiare è unametafora dello stare insieme delle persone. A tavo-la si impara a rapportarsi con gli altri, perchéabbiamo imparato il sacrificio, la presenza, il dono(da accogliere e da offrire), l’uguaglianza, il perdo-no, la convivialità. E siamo più pronti a vivere congli altri questi valori.Per la famiglia cristiana la mensa ha sempre unriferimento all’Eucaristia. Essa è una sorta diEucaristia implicita. Ma lo stare insieme a tavolaattende di raggiungere la pienezza nella Cena euca-ristica in parrocchia.

(a cura di Lucia Baldo)

marzo 2013

LA FIRMA PER LA VITAMUOVE L’EUROPA

Per la prima volta nella storia, è stata mappata l’attivitàcerebrale nel feto. A farlo sono stati i ricercatori dellaWayne State University, che dopo anni di studi, hannoconfermato che l’embrione è «intelligente».La ricerca americana mostra, infatti, la connettività cere-brale nei feti, una scoperta che potrebbe portare a nuovimodi per prevenire e curare disturbi cerebrali come auti-smo, iperattività, di deficit di attenzione e dislessia.Come non continuare allora a sostenere l’IniziativaPopolare Europea “Uno di Noi”, nata proprio permostrare alle Istituzioni Europee, un po’ ‘cieche e sorde’riguardo a questo tema, che il bambino sin all’iniziodella sua esistenza, nella primissima fase prenatale, èuna persona e come tale ha diritto alla vita, alla salutee al rispetto della sua dignità.La campagna One of Us, www.oneofus.eu, avviata uffi-cialmente da circa un mese e mezzo, continua a cre-scere, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, inmaniera costante. “Uno di Noi” è una star dei socialmedia: è già da parecchi giorni promossa su Twitter, èsu Facebook, Google e Youtube.Solo online, si contano già 77.803 firme raccolte fino al23 febbraio, di cui 29.365 vengono dalla Polonia, 15.553dalla Spagna e 15.519 dall’Italia.All’Ufficio di Coordinamento Europeo non sono ancorapervenute le cifre definitive delle firme cartacee dai variStati, quindi i numeri che riportiamo sono un totale par-ziale. In ogni caso, in Italia il coordinatore Nazionale,Michele Trotta, ha comunicato che le firme da lui con-servate fino a sabato 16 febbraio sono circa 15mila.Il presidente del MPV, Carlo Casini, inoltre ha assicura-to che altrettanti moduli cartacei sono “in giro” per l’Italiain attesa di essere inviati alla sede di Roma presso laSegreteria Nazionale del MPV italiano in Lungoteveredei Vallati.Per chi volesse firmare per l’iniziativa è possibile farlofino al 1° novembre 2013, sia nella versione online chesul modulo cartaceo. Possono firmare tutti i cittadini UEche siano maggiorenni, una sola volta.Nel nuovo sito italiano dedicato, www.unodinoi.mpv.org,è possibile trovare tutte le informazioni, il modulo carta-ceo da scaricare e il link dove firmare online. Il sito euro-peo www.oneofus.eu offre lo stesso servizio insieme atutte le informazioni, le news, i moduli cartacei e on linenelle varie lingue.

Elisabetta Pittino

Dopo la scoperta della Wayne State Universityche ha confermato “l’intelligenza” dell’embrione, siallarga il fronte di Paesi che raccoglie firme perriconoscere la vita fin dal concepimento.

Anna Lisa Russo una donna virtuosa dei nostritempi. Il coraggio, la tenacia e l’ironia hanno fattodi questa giovane ragazza toscana un esempio permolti. Anna Lisa ha lottato per tre anni contro lasua “bestiaccia” così chiamava il cancro al senonel suo blog “Ho il cancro. Il blog di una malatacoccolata, viziata, amata e fortunata” diventatolibro ad aprile 2012 dal titolo “Toglietemi tutto, manon il sorriso”.L’amore per Andrea, il suo Qualcuno, il legamefortissimo con la sua Mamy e il dolore per la pre-matura scomparsa di suo fratello fanno da sfondoalla sua storia di coraggio.”Ho combattuto tanto, èvero, ho sofferto, ma ho anche raccontato e condi-viso tutto e proprio grazie alla mia mamma, al miofidanzato, alle mie amicizie, ai miei affetti e al mioblog, posso dire di avere avuto un grande aiuto.”Con le sue parole Anna Lisa ha catalizzato l’atten-zione di milioni di lettori che ogni giorno visitava-no le pagine del suo blog lasciando un messaggiodi conforto o un ringraziamento per aver ricordatoche la vita va vissuta intensamente, cercando dicoglierne la bellezza in ogni suo istante.Anna Lisa è nata a Montecatini Terme il 16 marzo del1978, laureata alla Facoltà di Scienze turisticheall’Università di Firenze, durante la sua vita ha colti-

vato molteplici interessi, cambiato diverse attivitàlavorative e per questo, anche grazie al carattere estro-verso e generoso, ha potuto costruire solide e intenseamicizie. Chi ha avuto la fortuna di conoscerla nericorda le straordinarie interpretazioni teatrali, i cantia squarciagola in macchina dopo una serata al pub, iritiri spiritosi più che spirituali, le scampagnate, lemille borse e gli smalti più impossibili.Nel 2000 il primo grande dolore della sua vita: lamorte, improvvisa e inaccettabile, del fratelloAlessandro, a soli 19 anni, per un incidente sullavoro. Nel 2008 la terribile scoperta di avere ilcancro: un carcinoma mammario triplo negativo,una sottospecie dei carcinomi mammari che colpi-scono più frequentemente donne giovani di etàinferiore ai 50 anni e per il quale al momento nonesistono terapie efficaci. Anna Lisa ci ha lasciatoad ottobre scorso a soli 33 anni senza aver perso lasperanza nel progresso della ricerca.In sua memoria è stata fondata il 15 dicembre 2011l’associazione Annastaccatolisa con sede legale aMontecatini Terme, il cui obiettivo è la raccoltafondi per la ricerca, la prevenzione e la cura delcarcinoma mammario triplo negativo. RobertaRomani, mamma di Anna Lisa, è presidente del-l’associazione fondata insieme al portale

Oltreilcancro.it, dai familiari e dagli amici di suafiglia. Tra i traguardi raggiunti la consegna, loscorso ottobre, di una borsa di studio di 20.000euro ad una giovane ricercatrice romana CristinaRaimondi con un progetto sulle cellule tumoralicircolanti elaborato presso il laboratorio di ricer-ca dell’Università La Sapienza a Roma. Il pro-getto nasce con l’obiettivo di trovare una meto-dica alternativa capace di individuare le singolecellule tumorali disseminate nel sangue periferi-co prima della comparsa di metastasi clinica-mente evidenti. Questo metodo consente di dise-gnare il profilo molecolare delle cellule tumora-li circolanti, studiandone i geni espressi dallestesse cellule. Un primo passo per arrivare allapersonalizzazione delle terapie e ad individuarenuovi farmaci efficaci. La metodologia è stataapplicata a tre pazienti volontarie, affette da car-cinoma mammario triplo negativo, in un caso èstato individuato un profilo di elevata aggressi-vità e resistenza alle terapie standard e la pre-senza di un enzima che potrebbe rappresentareun bersaglio per nuove strategie terapeutiche. La speranza di Annastaccatolisa e di coloro checome questa associazione credono nella ricerca èche si arrivi un giorno a scoprire una cura effica-ce anche per questo tipo di carcinoma moltoaggressivo. Per maggiori informazioni:www.annastaccatolisa.org

Elena Cinelli

marzo 2013 il Cantico 26

ANNA LISA: LA FELICITÀ DENTRO LA SOFFERENZA

La stabilità politica di interiPaesi e aree del pianeta neiprossimi decenni dipenderà daquesto indicatore. Il cibo sarà ilpetrolio e la terra l’oro delnuovo millennio. Sarà interes-se dei governi disinvestire nellearmi. Perché non saranno leguerre, né il terrorismo, le prin-cipali minacce alla sicurezzadel futuro. Sarà il prezzo deicereali. A profetizzarlo èLester Brown, ecologista statunitense, definito dalWashington Post “uno dei pensatori più influentidel mondo”. Fondatore del Worldwatch Institute,che ha messo in discussione il Prodotto internolordo (Pil) come principale indicatore del benesse-re economico dei Paesi, Brown oggi presiedel’Earth policy Istitute, il cui modesto scopo è:“l’elaborazione di un piano per salvare la civiltà eindividuare il percorso per raggiungere que-st’obiettivo”.A Milano per il Forum di Barilla su cibo e nutrizione,l’analista americano sfodera la sua retorica che, percontenuti e previsioni, appartiene al filone catastrofico.“Il sistema globale della produzione di cibo sta andan-do incontro a una tempesta perfetta, che rischia dicompromettere la nostra capacità di nutrirci” afferma.“A spingere il mondo verso il collasso è una miscela difattori esplosivi: l’incremento della popolazione, leaccresciute esigenze alimentari di un numero crescen-te di consumatori, la competizione per i biocarburanti,la scarsità e lo spreco di acqua, l’erosione del suolo, icambiamenti climatici causati dal surriscaldamentoglobale”.Il cibo sarà l’oro dei prossimi decenni. Nel 2007il prezzo del grano è duplicato e l’ascesa dei prez-zi delle principali derrate alimentari continueràinarrestabile. “La diffusione di tumulti popolarigenererà, con buona probabilità, instabilità politi-ca”prevede Brown. “Potremmo assistere al disfaci-mento delle istituzioni e alla caduta di qualchegoverno”.Per evitare il peggio è necessario un cambiamentoepocale dei nostri paradigmi economici e dellescelte politiche che di conseguenza ne scaturiran-no.“Quando a Washington uno parla di sicurezzanazionale subito tutti pensano ai budget militari ead armamenti sempre più sofisticati” dice Brown aUnimondo dopo il suo discorso all’UniversitàBocconi. “Il problema è che abbiamo ereditato ilconcetto di sicurezza da un secolo dominato da dueguerre mondiali e da una guerra fredda. Ma l’ag-gressione armata non è più la principale minaccia

per il nostro futuro. I rischimaggiori provengono dai cam-biamenti climatici, dalla scarsi-tà idrica, dal prezzo dei cibi inaumento e dal fallimento dellapolitica. Non è più possibileseparare la sicurezza alimenta-re dal concetto stesso di sicu-rezza. È il momento di ridefini-re la sicurezza non solo dalpunto di vista teorico ma anchepratico. L’attuale spesa milita-

re degli Stati Uniti è di 800 miliardi di dollari l’an-no. Parte di questi soldi devono essere ridistribuitiper sradicare la povertà, cambiare l’attuale sistemaenergetico verso le risorse rinnovabili, aumentarela produttività idrica e combattere l’erosione deisuoli. Il ritmo a cui dovremo farlo sarà un ritmomilitare. Perché abbiamo poco tempo. L’alternativala stiamo già vedendo in atto: è il land grabbing,l’accaparramento delle terre da parte di ogni singo-lo Stato per la propria individuale sopravvivenza.Ma è una scelta miope che non porterà molto lon-tano”.

Emanuela Citterio (Unimondo)

marzo 2013

PREPARIAMOCI ALLA GUERRA DEL CIBOL’allarme di Lester Brown

La Fille du Puisatier, di Daniel Auteil, trionfa allaquinta edizione del Fiuggi Family Festival svolta-si dal 25 al 29 Luglio 2012. “In quest’opera l’artecinematografica, utilizzata con sapienza, raffina-tezza ed eleganza in ogni suo aspetto – dall’im-pianto produttivo al disegno perfettamente com-

piuto dei personaggi,interpretati superba-mente dall’intero castdi attori, dalla prege-vole scelta dello stilevisivo e fotograficoalle ambientazioni – èmessa al serviziodella proposta ditematiche profonde ecoinvolgenti”. Questala motivazione dellagiuria presieduta dalregista FernandoMuraca che motivacosì la scelta di pre-miare l’opera del2011 del regista fran-cese come miglioretra i film presentati inconcorso. “Il film rac-

conta – continua la motivazione – con un notevoleequilibrio tra poesia, ironia, intensità come, nono-stante difficoltà e debolezze di ciascuno, sia possi-bile volersi bene con sincerità, e come l’amore perla vita vinca anche sulle difficoltà della guerra,delle distanze economiche, dei pregiudizi sociali”.Al centro del film di Auteil Patricia, figlia di unoscavatore di pozzi, si innamora dell’aviatoreJacques Mazel, ma questi è costretto a partire inguerra senza sapere che la giovane donna è incin-ta.La giuria ha inoltre decretato due menzioni spe-ciali. La prima va al film October Baby, dei fra-telli Andrew e Jon Erwin, per “il coraggio e lapassione con cui affronta un argomento cosìcontroverso, quale è l’accoglienza della vita allanascita. Tipica espressione della cultura pro-lifestatunitense, le vicende di Hannah restituisconoallo spettatore, e soprattutto ai giovani, la bel-lezza e la speranza della vita, che anche quandoè difficile, fragile o incerta, rimane ‘una cosameravigliosa’. Anche se un po’ acerbo narrativa-mente, October Baby merita comunque di esse-re visto in Italia, per ricordare a tutti che, findall’inizio del concepimento, ogni nuova vita èuno di noi”.

La seconda menzione va al film 33 Postcards diPauline Chang, con Guy Pearce, una coproduzioneAustralia/Cina del 2011 presentata al Festival inanteprima europea, “per la coraggiosa intrapren-denza produttiva che ha dimostrato, dialogando ecollaborando con l’industria cinematografica dellaRepubblica Popolare Cinese, nella proficua ricercadi un possibile percorso condiviso di progettazio-ne, con spiccata sensibilità etica”. Il film raccontacon mirabile poesia e delicatezza una storia ricca ditematiche sociali di grande importanza quali lafamiglia, la solitudine, l’amicizia, la redenzione edil perdono.

marzo 2013 il Cantico 28

LA FILLE DU PUISATIER DI DANIEL AUTEILQuinta Edizione del Fiuggi Family Festival