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Febbraio il Cantico n. 2/2017 1 il Cantico Febbraio 2017 online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00167 Roma- Piazza Cardinal Ferrari, 1/c www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000 Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 ISSN 1974-2339 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. Tutti i diritti riservati. SOMMARIO MESSAGGIO PER LA QUARESIMA: OGNI VITA CHE CI VIENE INCONTRO È UN DONO - Giada Aquilino 2 SUSSIDIO CEI PER LA QUARESIMA - S.E. Mons. Nunzio Galantino 3 IL POVERELLO D’ASSISI - Graziella Baldo 4 LECTIO PAUPERUM - A cura di Lia Mandini 5 IL PACIFISMO CONQUISTI LE ISTITUZIONI - Stefano Zamagni 7 MANIFESTO PRESENTAZIONE LIBRO “PER UNA NUOVA DEMOCRAZIA” 8 SPECIALE SCUOLA DI PACE LA NONVIOLENZA: STILE DI UNA NUOVA POLITICA PER LA PACE - II parte - S.E. Mons. Mario Toso 9 MONS. JURKOVIC: “ADOTTARE LO STILE DELLA NONVIOLENZA PER RISOLVERE LE CRISI NEL MONDO” - Da Zenit 12 IL CANTICO 15 IL CONTRIBUTO DELLE RELIGIONI ALLA PACE NELLO “SPIRITO DI ASSISI” - p. Martín Carbajo Núñez ofm 16 ECOLOGIA FRANCESCANA. RADICI DELLA LAUDATO SI’ - Presentazione del libro di M. Carbajo Núñez 23 BUON VIAGGIO... DEDICATO AD ANTONINO LO MONACO - Maria Rosaria Restivo 24 VIVIAMO L’EPOCA DELLA ‘SOCIALITUDINE’, CONNESSI MA SOLI - Alessandro Rondoni 25 ABITARE LA TERRA, ABITARE LA CITTÀ - A cura di Argia Passoni 26 CICLO INCONTRI “ABITARE LA TERRA, ABITARE LA CITTÀ 27 SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 28 SOSTEGNO A DISTANZA. CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL” COLOMBIA 28 ˇ

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Febbraio il Cantico n. 2/2017 1

il CanticoFebbraio 2017 online

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00167 Roma- Piazza Cardinal Ferrari, 1/cwww.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 ISSN 1974-2339

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.Tutti i diritti riservati.

SOMMARIOMESSAGGIO PER LA QUARESIMA: OGNI VITA CHE CI VIENE INCONTRO È UN DONO - GiadaAquilino 2SUSSIDIO CEI PER LA QUARESIMA - S.E. Mons. Nunzio Galantino 3IL POVERELLO D’ASSISI - Graziella Baldo 4LECTIO PAUPERUM - A cura di Lia Mandini 5IL PACIFISMO CONQUISTI LE ISTITUZIONI - Stefano Zamagni 7MANIFESTO PRESENTAZIONE LIBRO “PER UNA NUOVA DEMOCRAZIA” 8SPECIALE SCUOLA DI PACELA NONVIOLENZA: STILE DI UNA NUOVA POLITICA PER LA PACE - II parte - S.E. Mons. Mario Toso 9MONS. JURKOVIC: “ADOTTARE LO STILE DELLA NONVIOLENZA PER RISOLVERE LE CRISINEL MONDO” - Da Zenit 12IL CANTICO 15IL CONTRIBUTO DELLE RELIGIONI ALLA PACE NELLO “SPIRITO DI ASSISI” - p. MartínCarbajo Núñez ofm 16ECOLOGIA FRANCESCANA. RADICI DELLA LAUDATO SI’ - Presentazione del libro di M. Carbajo Núñez 23BUON VIAGGIO... DEDICATO AD ANTONINO LO MONACO - Maria Rosaria Restivo 24VIVIAMO L’EPOCA DELLA ‘SOCIALITUDINE’, CONNESSI MA SOLI - Alessandro Rondoni 25ABITARE LA TERRA, ABITARE LA CITTÀ - A cura di Argia Passoni 26CICLO INCONTRI “ABITARE LA TERRA, ABITARE LA CITTÀ 27SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 28SOSTEGNO A DISTANZA. CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL” COLOMBIA 28

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Ogni vita che ci viene incontro merita “accoglien-za, rispetto, amore”, soprattutto se è “debole”. Cosìil Papa nel Messaggio per la Quaresima 2017 sultema: “La Parola è un dono. L’altro è un dono”, incui esorta a non essere prigionieri del denaro, che“non lascia spazio all’amore e ostacola la pace”.Nel testo l’invito di Francesco è a seguire la Paroladi Dio, “forza viva” capace di suscitare la conver-sione dei cuori verso i nostri fratelli. Il serviziodi Giada Aquilino:

L’altro è un dono, non un invisibileApriamo le nostre porte “al debole e al povero”,perché “l’altro è un dono”: solo così potremo“vivere e testimoniare in pienezza” la gioia dellaPasqua. Questa l’esortazione del Papa nelMessaggio per la Quaresima, che inizierà con ilMercoledì delle Ceneri, il prossimo 1° marzo.Francesco si sofferma sulla parabola dell’uomoricco e del povero Lazzaro, nel Vangelo di Luca.Proprio Lazzaro, spiega, ci viene presentato noncome un “anonimo”, un “invisibile”, come di fattoè per il ricco, ma come un “individuo” a cui asso-ciare una storia personale, che diventa “noto equasi familiare”, cioè un “volto”. E, come tale, un“dono”, una “ricchezza inestimabile”, un “esserevoluto, amato, ricordato da Dio”, anche se la suaconcreta condizione è quella di un “rifiuto umano”.

Convertirsi e cambiare vitaLa giusta relazione con le persone, prosegue ilPontefice, consiste nel “riconoscerne con gratitudi-ne il valore”. Il povero alla porta del ricco non èquindi un “fastidioso ingombro”, ma un appello “aconvertirsi e a cambiare vita”, aprendo “la porta delnostro cuore all’altro”, perché ogni persona è un

dono, ”sia il nostro vicino sia il povero sconosciu-to”. La Quaresima diviene così “tempo propizio”per aprire la porta “ad ogni bisognoso” e “ricono-scere in lui o in lei il volto di Cristo”. Lo sguardodel Papa ricorda che “ognuno di noi” ne incontrauno sul proprio cammino: “ogni vita che ci vieneincontro – nota – è un dono e merita accoglienza,rispetto, amore”. La Parola di Dio ci aiuta ad “apri-re gli occhi” per “accogliere la vita e amarla,soprattutto quando è debole”.

Denaro, idolo tirannico che ostacola paceDella figura del ricco, aggiunge Francesco, ilVangelo mette in evidenza le “contraddizioni”: nonha un nome, ma si comprende – con l’opulenza, laricchezza eccessiva – quanto il peccato lo acciechi:in lui infatti si intravede “drammaticamente la cor-ruzione del peccato”, che si realizza proprio nel-l’amore per il denaro, nella vanità, nella superbia.D’altra parte, ricorda il Papa citando l’apostoloPaolo, l’avidità del denaro è “la radice di tutti imali”, il “principale motivo della corruzione” efonte di “invidie, litigi e sospetti”. Il denaro, spie-ga, può arrivare a “dominarci, così da diventare unidolo tirannico”: invece di essere uno “strumento”al nostro servizio per “compiere il bene ed eserci-tare la solidarietà con gli altri”, può asservire “noie il mondo intero” ad una logica egoistica “che nonlascia spazio all’amore e ostacola la pace”.

La cecità verso l’altroCollegata alla cupidigia di quest’uomo, è la vanitàdelle “apparenze”, che però mascherano “il vuotointeriore”. La sua vita è “prigioniera dell’esteriorità,della dimensione più superficiale ed effimera dell’esi-stenza”. Un “degrado morale” il cui “gradino più

basso” è la superbia, che lo porta a dimenticare diessere “semplicemente un mortale”: per l’uomocorrotto dall’amore per le ricchezze – osserva ilPapa ricordando la “netta” condanna del Vangeloal riguardo – “non esiste altro che il proprio io” eper questo le persone che lo circondano “nonentrano nel suo sguardo”. L’attaccamento aldenaro provoca quindi “una sorta di cecità”: ilricco “non vede” il povero affamato, piagato eprostrato nella sua umiliazione.

Chiudere il cuore alla Parola di Dio è chiu-dere il cuore al fratelloSarà poi nell’aldilà, sottolinea Francesco prose-guendo la riflessione sulla parabola, che perLazzaro e il povero si ristabilisce “una certaequità” e i mali della vita vengono “bilanciati”dal bene. Appare chiaro “un messaggio per tuttii cristiani”: il vero problema del ricco, la “radice

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MESSAGGIO PER LA QUARESIMA:OGNI VITA CHE CI VIENE INCONTRO È UN DONO

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dei suoi mali” è il “non prestare ascolto alla Parola diDio”; ciò lo ha portato “a non amare più” il Signoree quindi “a disprezzare il prossimo”. La Parola diDio, ricorda il Pontefice, è una “forza viva”, capacedi suscitare la conversione dei cuori e di “orientarenuovamente la persona a Dio”: chiudere il cuore “aldono di Dio che parla”, evidenzia, ha come conse-guenza il “chiudere il cuore al dono del fratello”.

Il senso della QuaresimaLa Quaresima è quindi anche tempo favorevole“per rinnovarsi nell’incontro con Cristo vivo

nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo”,

compiendo un “vero cammino di conversione,per riscoprire il dono della Parola di Dio, esserepurificati dal peccato che ci accieca e servireCristo presente nei fratelli bisognosi”. In questorinnovamento spirituale, che passa attraverso i“santi mezzi” offerti dalla Chiesa, cioè il digiuno,la preghiera e l’elemosina, il Papa incoraggiainfine i fedeli a partecipare alle Campagne diQuaresima promosse in tutto il mondo “per farcrescere la cultura dell’incontro nell’unica fami-glia umana”.

Radio Vaticana 7/2/2017

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A partire dalla Parola di Dio e dalla Liturgiadella Chiesa, in piena sintonia con il messaggioquaresimale di papa Francesco – «La Parola è undono. L'altro è un dono» – il sussidio per l’ani-mazione liturgico-pastorale del Tempo diQuaresima-Pasqua, predisposto dall’UfficioLiturgico Nazionale, intende offrire strumenti asostegno del cammino di fede delle nostre comu-nità cristiane.Sul monte Tabor la voce dalla nube indica inGesù il Figlio amato del Padre, splendente dellasua gloria, e tuttavia incamminato verso laPassione. In tal modo egli si pone dalla parte del-l’umanità sofferente e oppressa, a fianco di tuttigli abbandonati e i crocifissi della storia. Condecisione, ma senza trionfalismi, senza costri-zioni, la voce del Padre invita all'ascolto. Non èfacile nel nostro mondo porgere orecchio, ren-dersi disponibili, attenti, recettivi. Il clima comu-nicativo prevalente prevede un incessante tenta-tivo di prendere la parola, attirare l'attenzione,impedire che l'altro venga ascoltato. Il comandoche risuona sul monte è molto attuale, anche secontrocorrente.Il Figlio amato è la parola incarnata del Padre: inlui diviene possibile una nuova lettura delleScritture dell’Antica Alleanza, e l’ascolto sor-prendente della loro attuazione nel Regno deiCieli. Conversando con Mosè ed Elia, la Legge ei Profeti, Gesù svela la profondità del progetto diDio. Il Padre chiede un ascolto integrale: nonsolo comprensione intellettuale, non solo prassiumanitaria, non solo adesione emotiva, mal’unione di tutte le facoltà della persona nell’uni-co processo della sequela.In Gesù oggi diviene anche possibile un nuovosguardo sulla storia, che non registri unicamentel'intervento dei più forti, che non si limiti a con-statare chi fa più rumore, ma vada alla ricercadelle voci più umili e flebili, quelle di cui nessu-no si cura. Allora l'ascolto è forma della veraconversione: uscire da sé stessi, per andareincontro a chi fa fatica anche solo a farsi sentire.Proprio a partire dall’adesione profonda al Figlioamato dal Padre, in cui ci ritroviamo tutti fratel-li, in cui ogni uomo, anche il più povero, il più

fragile e malato, può essere riscoperto come fra-tello. Ancora più: il Crocifisso si è identificatocon i più poveri; il Risorto è presente nella storiaproprio dalla parte dei più umili. Vivere laQuaresima, vivere la gioia della Pasqua, seguireGesù nel suo percorso di morte e risurrezione,perdere la vita per ritrovarla, non può non por-tarci a incrociare la via degli affamati, assetati,carcerati, malati, in cui egli si nasconde e rivelanello stesso tempo.Il primo Altro che siamo chiamati a riscoprire èproprio Gesù: egli è realmente alternativo, nonconvenzionale, non corrispondente ai canonidominanti, alle ideologie di ogni epoca: distantesia dall’ideologia imperiale romana del suotempo, sia dalle sottili e soffocanti mode deltempo attuale. Nel suo volto ritroviamo il nostrovero volto; nella sua persona ritroviamo la possi-bilità di un incontro autentico con gli "altri",riscoperti come fratelli e sorelle.Auspico che in ogni comunità, anche attraversol'aiuto del sussidio, le celebrazioni dei Tempiforti di Quaresima e di Pasqua siano vissutecome soste rigeneranti di ascolto e di comunio-ne, in cui la voce del Padre si fa sentire, in cui èpossibile riconoscere il volto di Cristo, in cuiessere trasfigurati in un clima comunitario e fra-terno, con la riscoperta della gioia di credere etestimoniare. ■■

SUSSIDIO PER LA QUARESIMAS.E. Mons. Nunzio Galantino

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La sapienza della carneNella storia del pensiero l’uomo moderno ha messo sestesso al centro della sua attenzione e così ha occupa-to quel posto che appartiene solo a Dio. Ma, dopo uningenuo ottimismo iniziale sulla sua capacità di auto-realizzarsi, che ha raggiunto un momento di grandesplendore con la Belle Époque, nel Novecento ha pro-vato una profonda delusione per il crollo delle sue cer-tezze e aspettative.Il potere che la tecnologia aveva sembrato offrirgli erastato impressionante: l’illuminazione ovunque, la sco-perta delle onde radio, il cinematografo e altri mezzidi comunicazione di massa, la pastorizzazione, il vac-cino e le altre scoperte della medicina... La tecnolo-gizzazione della società era stata una delle cause delladiffusione di un facile ottimismo verso un futurosenza precedenti. Ma nel “secolo breve” la tecnologia,ponendosi al servizio della guerra con armi di distru-zione di massa, ha perso la sua innocenza rivelando lasua possibile atrocità e disumanità nel fare tutto ciòche è possibile senza limiti.Comunque, l’enorme diffusione della tecnica ha fattosì che oggi si intenda “reale” tutto ciò che è possibilerealizzare tecnicamente e si è creata l’illusione che iproblemi umani siano risolubili con un approccio tec-nologico. La priorità non è più la conoscenza, ma l’ac-quisire una sempre maggiore capacità di fare, nell’eb-brezza di una totale autonomia (vedi Paolo Benanti,La condizione tecno-umana, EDB, p. 49). Ma cosìl’uomo si trova vuoto di ciò che gli serve per essereumano: l’amore e il senso della vita.Come ci dimostra la storia, l’uomo cade inevitabil-mente facile preda di se stesso quando non si pone ledomande cruciali sull’esistere, ma si lascia solo gui-dare dalla sua volontà di potenza. Quando l’uomooccupa il posto di Dio, le sue passioni lo distruggonoe lo conducono verso l’immoralità. Precipita in unacondizione drammatica ed ha bisogno di Qualcunoche lo salvi.Forse questo è il tempo propizio per comprendere piùfacilmente l’aut aut che S. Francesco presenta a tutti ifedeli quando pone in contrapposizione l’agire del-l’uomo secondo la propria volontà di potenza e l’agi-re dell’uomo che si sente creatura davanti al suoCreatore: “Non dobbiamo essere sapienti e prudentisecondo la carne”, ma dobbiamo desiderare sopraogni cosa di diventare “dimora” (FF 200) dello spiri-

to del Signore facendo la volontà del Padre nel com-pimento delle sue opere.

La sapienza dello SpiritoPer consentire a Dio di donarci la sua sapienza ènecessario farle spazio, dopo essersi svuotati dellapropria sapienza della carne. Come è possibile questosvuotamento se non nella povertà di spirito?“Fra le altre insigni e preclare virtù, che nell’uomopreparano un luogo adatto all’abitazione di Dio emostrano una via migliore e più rapida per cammina-re e giungere fino a Lui, la santa povertà per sua natu-ra si innalza su tutte e precede per grazia singolare imeriti delle altre, perché è fondamento e custode diogni virtù e a buon diritto il nome di lei occupa ilprimo posto fra le virtù evangeliche. Le altre, infatti,non avranno da temere né caduta di pioggia, néirrompere di fiumi, né soffiare minaccioso e rovinosodi venti, quando siano saldamente fissate sul fonda-mento della povertà” (FF 1959). L’amore infinito di S. Francesco per “MadonnaPovertà” è originato dal desiderio di vivere nel-l’espropriazione di sé, deponendo il “bagaglio dellavolontà propria” (FF 1971) ed eliminando tutto ciòche si oppone o toglie spazio alla sapienza dello spiri-to del Signore.“La radicalità con la quale S. Francesco vive l’intui-zione della povertà è molto forte e talvolta incom-prensibile anche ai suoi. Si pensi a quando un frateindicò la sua cella dicendo: «Quella è la cella diFrancesco». Dopo di che il Santo non ci volle piùentrare, perché non poteva sopportare che qualcosafosse considerato suo. A noi, così abituati al compro-messo, sembra una posizione da estremista. E lo è, maè l’estremismo di chi ha colto nell’altissima povertànon una realtà che si esprime solo in fatti esteriori, maqualcosa di più profondo, altrimenti sarebbe veramen-te eccessiva!” (AAVV, Poveri per vivere da fratelli,2014, p. 70-71).La povertà esteriore ha senso solo se è segno dellapovertà interiore. La vera povertà è mettersi nella con-dizione della dipendenza totale da Dio e della rinun-cia all’autonomia dell’autosufficienza. È rinuncia alpeccato della propria volontà per mettersi al serviziodella volontà del Padre. È una realtà che investe tutto l’agire dell’uomo quan-do si pone al servizio dello spirito di Cristo povero chegli ha lasciato l’esempio perché ne segua le orme (cfr.FF 184). Ecco allora che il povero di spirito non attribuisce a séil bene che fa, ma, rendendo ogni “lode, gloria e onoree benedizione”, lo restituisce a Lui che “solo è buono”(FF 202) e può recitare con S. Francesco: “E resti-tuiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni ericonosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti ren-diamo grazie poiché procedono tutti da Lui. E lo stes-so altissimo e sommo solo vero Dio abbia, e gli sianoresi, ed Egli stesso riceva tutti gli onori e l’adorazio-ne, tutta la lode e tutte le benedizioni, ogni rendimen-to di grazie e ogni gloria, poiché ogni bene è suo edEgli solo è buono” (FF 49).

Graziella Baldo

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Presso il Policlinico Sant’Orsola di Bologna l’11 feb-braio scorso si è tenuta la XXV Giornata Mondiale delmalato. Hanno partecipato l’Arcivescovo di Bologna,S. E. Mons. Matteo Zuppi, don Francesco Scimé,Direttore dell’Ufficio di Pastorale della Salute, donMassimo Ruggiano, Vicario episcopale per la Caritàe la dott.ssa Antonella Messori, Direttrice Generaledel Policlinico.

Dopo il saluto della dott.ssa Antonella Messori,don Francesco Scimè ha introdotto l’incontroricordando che la Giornata Mondiale del malato èstata istituita venticinque anni fa da S. GiovanniPaolo II e coincide con l’inizio delle apparizioni diLourdes. L’obiettivo della celebrazione di questaricorrenza, ha ricordato don Scimè, è comunicarequanto sia bello incontrare il malato, sull’esempiodi Gesù che, nelle beatitudini del Vangelo, ci favedere la bellezza e la consolazione dell’esserepoveri e afflitti. Mons. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna,citando S. Gregorio Magno, ha detto che la parolacresce con chi la legge. La stessa cosa vale per l’at-tenzione all’altro, poiché la “Lectio divina” e la“Lectio pauperum” vanno di pari passo. Una lectiodivina fatta superficialmente, porta a credere diaver capito all’impronta la Parola di Dio, mentrepiù la leggiamo più capiamo di non capire. Allostesso modo una “Lectio pauperum” non superfi-ciale ci insegna ad amare in maniera sempre nuova,ci pone nell’ascolto dell’altro, ci inquieta e ci facercare soluzioni sempre più adeguate alle doman-de di chi ha bisogno.Un altro aspetto della “Lectio pauperum” è raccon-tare le proprie difficoltà ad aiutare. Fare questo èimportante, perché aiuta a trovare risposte. La “Lectio pauperum” ci aiuta a capire com’è larealtà, ci aiuta a contemplarla. Contemplare la real-tà significa aprire gli occhi, vedere dentro, oltre lenostre coordinate. Questo non è facile, perché chista bene, fa fatica a capire chi è malato.

A volte si pensa che sia sufficiente fare qualcosa,ma il vero problema è come farlo. Papa Francesco richiama spesso la nostra atten-zione affinché evitiamo di assumere la culturadello scarto in cui siamo immersi. L’incontro colpovero, col malato ci offre un’occasione concre-ta di offrire a ciascuno l’unico pane dell’amore edi fare delle nostre esperienze un patrimoniocomune per affrontare la sofferenza con maggiorsensibilità.In un mondo in cui si è purtroppo sviluppata laglobalizzazione dell’indifferenza, il malato nonpuò sopportare l’indifferenza dell’altro che lo fasentire inutile. La sbrigatività nei rapporti feri-sce, umilia e non tiene conto del fatto che il pove-ro e il malato hanno diritto più di tutti alla tene-rezza, alla comprensione e all’ascolto intelligen-te. L’impegno consiste prima di tutto in un’atten-zione che susciti una vera preoccupazione perl’altro e il desiderio di cercare il suo bene. Per asciugare le lacrime di chi soffre, bisognaunire il nostro pianto al suo. Per poter parlare disperanza a chi è disperato occorre condividere,avere la capacità, propria della misericordia, diimmedesimarsi, altrimenti è meglio il silenzio,che spesso riesce a comunicare più delle parole.Dobbiamo quindi fermarci, farci vicini alle per-sone che incontriamo, non gettare solo sguardiaffrettati. Pensando all’episodio evangelico della distribuzio-ne dei pani e dei pesci (Mt 14,13-21) dobbiamo darda mangiare a chi soffre, il pane della consolazio-ne e della speranza e, allora, troveremo Dio.Bonhoeffer dice che gli uomini sia cristiani siapagani, nella tribolazione vanno verso Dio e lo tro-vano. E Mons. Zuppi ha aggiunto che con Lui, tro-vano anche se stessi.

TestimonianzePaolo e Pamela Molinari sono sposati e hannodue figli. Lei ha una malattia renale congenita

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LECTIO PAUPERUM“E guarì i loro malati”

Il Congresso Eucaristico per la Chiesa di Bologna e per le nostre singole comu-nità è una grande occasione di crescita. Le tre “Lectio Pauperum” che proponeil Congresso sono “lezioni” nelle quali chiediamo ai “poveri” di insegnarci lasapienza che viene dall’aver attraversato le pieghe della fragilità umana e di illu-minarci sul mistero dell’uomo e di Dio a partire dalla loro esperienza. Non chie-deremo ad esperti di parlarci delle persone che vivono situazioni di fragilità edisagio, ma lo chiederemo direttamente a loro. Andremo a “scuola” togliendocii sandali dai piedi per entrare nella terra dell’altro, lasciandoci prendere permano da loro che, come diceva San Vincenzo de Paoli, sono i “nostri signori epadroni”.

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che, soprattutto dopo la nascita delsecondo figlio, si è aggravatacostringendola alla dialisi. Ma ilmarito, sportivo e da sempre inbuona salute, le ha donato un rene,facendola rinascere a nuova vita. Laloro unione, grazie anche al soste-gno morale di sacerdoti, medici efamigliari, si è così ulteriormentefortificata, e li ha resi capaci di rico-noscere nelle prove un’abbondanzadi grazia che li ha fatti sentire debi-tori dell’amore l’uno verso l’altra esoprattutto verso il Signore, fontedel vero amore. “Qui mi sento infamiglia, a casa, perché sono circon-dato da persone che mi hanno aiuta-to nel cammino non facile della vita– ha detto Paolo – rivolgendosi alpubblico.Dopo questa toccante testimonianza,è intervenuta la dott.ssa MarisaBentivogli, coordinatrice del V.A.I.,che ha parlato di quando, adolescen-te, desiderava la morte del nonnoche riteneva causa di molti problemiper tutti i famigliari. “Poi, dopo lasua morte, mi accorsi che il nonnomi mancava e che il problema nonera lui, bensì il modo sbagliato diaffrontare i problemi”, ha detto.Dopo aver esercitato la professionedi geriatra, la Bentivogli ha deciso dioccuparsi della solitudine del malatostandogli vicino. “Il malato è un ter-reno sacro – ha detto –. Ci pone conforza davanti al nostro limite di creature. Ma è unlimite che, nella fede, ha un futuro e una speran-za”. Il malato ha bisogno dell’incontro e di questasperanza, perché vive una solitudine esistenzialeincomprensibile a chi è “temporaneamente” sano.Il malato ha un bisogno assoluto di ascolto, diqualcuno che stia davanti a lui come a un “taber-nacolo vivente”, come a un “faro”, una “lineaguida” importante. Da questa esigenza di occu-parsi della solitudine del malato è nato il V.A.I.per creare una cultura diversa da quella correnteche vede nella medicina, spesso ridotta a tecnici-smo, un’ancora di salvezza, ma non fa rifletteresulla propria condizione. Si tratta di fondare unacultura della gratuità, poiché è il Signore che cimanda e ci accompagna nella contemplazionedella grandezza del malato, togliendoci la pauradella malattia e della morte. “Imparare a soffrire con l’altro, vuol dire soffrire dimeno”, ha replicato l’Arcivescovo, a differenza dichi crede che per liberarsi dalla sofferenza occorradiventare asettici, tenendosi lontani dal malato.L’espressione “non c’è più niente da fare”, ha dettol’infermiera Silvia Orlandini, nasconde che, inve-ce, anche nei casi disperati, c’è ancora molto da

fare, ossia garantire una presenza che accompagnifino al momento finale. Il chirurgo Marco Del Governatore ha ripreso,rifacendosi a Papa Francesco e a Papa BenedettoXVI, la tematica del prendersi cura che non si iden-tifica semplicemente col curare il malato, ma piut-tosto col dialogare con lui, con l’immedesimarsi inlui, “entrando” nel suo letto, come lo stesso chirur-go ha fatto assistendo sua madre malata, anzichérestando distaccati, come in genere si fa. DeGovernatore ha poi citato il santo medico GiuseppeMoscati che invocava il Signore affinché concedes-se a lui, medico cristiano, e a tutti i medici, di com-prendere che non la scienza, ma la carità trasformail mondo. Il saluto conclusivo di don Massimo Ruggiano èstato un richiamo a incontrare la solitudine dellapersona malata che grida e deve essere ascoltata datutta la comunità. Allora la malattia non ci appari-rà solo come una realtà dell’altro, come chi dice:“Il problema è tuo”, ma ci aiuterà a formare lanostra umanità e a vincere l’individualismo, poichénoi siamo relazione, noi siamo gli altri e gli altrisono noi.

A cura di Lia Mandini (volontaria V.A.I.)

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Parecchie sono le prese diposizione che è datoriscontrare nel dibattito,teorico e politico, intornoal tema della costruzionedella pace. La posizioneche le ong privilegiano sifonda su tre tesi: la paceè possibile, poiché laguerra non è una condi-zione permanente; lapace va costruita, per-ché non è un fatto spon-taneo; le istituzioni piùurgenti sono quelle cheattengono alla problematica dello sviluppo.

Affermare che la pace è possibile significa prende-re le distanze dal modello del “realismo politico”basato sulla nozione di balance of power, equilibriodi potenza. Per i realisti politici, la guerra è inevitabi-le essendo inscritta nello status naturae originario.Ritengo vi siano più di una ragione cogente per respin-gere un tale modello. La diffusione della democrazia,gli interventi di peace-keeping e l’estensione dellerelazioni economiche internazionali hanno determina-to una considerevole diminuzione del numero delleguerre: il numero di genocidi è calato dell’80% tra il1980 e il 2002; nello stesso periodo, le crisi interna-zionali sono diminuite del 70% e il numero dei rifu-giati è diminuito del 45%. Invece, sul fronte del terro-rismo la situazione si è pesantemente deteriorata.La seconda tesi afferma che la pace è bensì possibile,ma va costruita. Si è soliti indicare quale data “ufficia-le” di inizio del movimento non violento quelladell’11 settembre 1906, quando a JohannesburgGandhi si dichiara pronto ad accettare la morte pur dinon sottostare alla legge ingiusta. Perché il pacifismodel XX secolo oggi non è in grado, da solo, di far avan-zare la causa della pace? Per due ragioni principali.Sono mutate sia le cause, sia la natura della guerra, elo stesso pacifismo tradizionale pare oggi afflitto dauna sorta di paradosso: da una parte, ha bisogno dellaguerra per rivendicare la pace; dall’altra, reagiscemolto tiepidamente (fino ad ignorarle), a quella miria-de di conflitti che coinvolgono popoli “marginali”, mache sono poi quelli che preparano la via alla guerraguerreggiata. Ecco perché è urgente muovere passiveloci verso un nuovo pacifismo, che è stato chiamatoistituzionale ed il cui slogan potrebbe essere: se vuoi lapace, prepara istituzioni di pace.Arriviamo così alla terza tesi: quali sono le istituzio-ni di pace che oggi meritano priorità assoluta?Fissiamo l’attenzione su alcuni fatti stilizzati che con-notano la nostra epoca. Il primo concerne lo scandalo

della fame, che non è laconseguenza di una incapa-cità del sistema produttivodi assicurare cibo per tutti,ma della mancanza di ade-guate istituzioni, economi-che e giuridiche, che la pre-vengano. Accade infatti chealle ben note “carestie dadepressione” si aggiunganooggi le “carestie da boom”.Non solo, ma l’espansionedell’area del mercato – unfenomeno questo in sé posi-tivo – significa che la capa-

cità di un gruppo sociale di accedere al cibo dipende,in modo essenziale, dalle decisioni di altri gruppisociali. Un secondo fatto fa riferimento alla mutatanatura del commercio e della competizione tra Paesiricchi e poveri. Il tasso di crescita dei Paesi più poveridal 1980 al 2000 è stato più alto di quello dei Paesi ric-chi: il 4% circa contro l’1,7% circa all’anno. Questovale a spiegare perché, nel medesimo periodo, si siaregistrato il primo declino nella storia del numero dipersone povere in termini assoluti (quelle cioè che inmedia hanno a disposizione meno di un dollaro algiorno). Al tempo stesso, però, la povertà relativa, valea dire la disuguaglianza è aumentata vistosamente dal1980 ad oggi.Quale conclusione trarre? Che le istituzioni nonsono un dato di natura, ma regole del gioco econo-mico che vengono fissate in sede politica. Se lafame dipendesse da una situazione di scarsità asso-luta delle risorse, non vi sarebbe altro da fare cheinvitare alla compassione fraterna ovvero alla soli-darietà. Sapere, invece, che essa dipende da regole,cioè da istituzioni, in parte obsolete e in parte sba-gliate, non può non indurci ad intervenire sui mec-canismi e sulle procedure in forza dei quali quelleregole vengono fissate e rese esecutive.È in ciò il ruolo fondamentale delle organizzazionidella società civile che devono andare oltre i compi-ti di advocacy e di denuncia per assumere ruoli bendefiniti di policy-making. Come si sa, sono oltre7mila le ong registrate presso le Nazioni Unite;parecchie delle quali di grandi dimensioni e capacidi sviluppare notevoli volumi di attività. Nessuno sinasconde le difficoltà che la realizzazione di inter-venti di questo tipo pone. Ma non si tratta di diffi-coltà insormontabili, né si tratta di obiettivi al disopra delle possibilità. D’altro canto, tra il rischiodell’utopia e quello della distopia è sempre preferi-bile correre il primo tipo di rischio: la pace si nutreanche di utopia, purché presa a dosi convenienti.

(Da Vita 21/2/2017)

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IL PACIFISMO CONQUISTI LE ISTITUZIONIStefano Zamagni

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7. L’ESPERIENZA DELLA NON VIOLENZA A SERVIZIODELLA RIGENERAZIONE DELLA POLITICA

Muoviamo qui dall’obiettivo di papa Francesco. «Inquesta occasione – scrive il pontefice – desidero fer-marmi sulla non violenza come stile di una politicadi pace».29 Cerchiamo di capire meglio quanto eglisi ripropone di insegnare con il suo Messaggio. Lo sipuò ricavare da quanto si legge subito dopo. Secondopapa Francesco oggi è necessario imprimere nei rap-porti interpersonali, in quelli sociali ed internaziona-li, in quelli politici a tutti i livelli, nelle nostre deci-sioni e nelle nostre azioni un nuovo modo di essere,di percepire, di atteggiarsi nei confronti degli altri,siano essi singoli o popoli. Il pontefice auspica uncambiamento o conversione radicale nella relaziona-lità – pena la distruzione del genere umano –, a par-tire dalla considerazione della altissima dignità ditutte le persone. Questa esige il superamento dellaviolenza e della vendetta. Le controversie tra singolie popoli vanno risolte sulla base della ragione, deldiritto, della giustizia e dell’equità, come hanno inse-gnato san Giovanni XXIII e il beato Paolo VI. La viadella violenza non risolve i problemi, li aggrava.Violenza chiama violenza. «Rispondere alla violenzacon la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi,a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poichégrandi quantità di risorse sono destinate a scopi mili-tari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani,delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati,della grande maggioranza degli abitanti del mondo.Nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica espirituale, di molti, se non addirittura di tutti».30

In definitiva, papa Francesco, in vista della pacepropone una relazionalità che non sia contrasse-gnata dall’odio e dalla sopraffazione, dall’indiffe-

renza. Solo una relazionalità positiva, ovverocaratterizzata dal pro-essere, dalla cura per l’altro,genera il bene della pace, umanizza la politica.Questa, infatti, è autentica allorché è azione a ser-vizio del bene comune, dello sviluppo integrale esostenibile per tutti e, quindi, inclusivo. La politi-ca vera non va a braccetto con la violenza, conl’esclusione. Essa è agli antipodi di tutto ciò cheprovoca ingiustizia, attacchi alla sicurezza altrui,morti e distruzioni. È proprio della politica porrein atto tutte quelle condizioni sociali che consen-tono ai singoli, alle famiglie e ai popoli il compi-mento umano in Dio.Ciò premesso è facile comprendere come per papaFrancesco la nonviolenza attiva e creativa può esse-re fonte di ispirazione di un nuovo stile per la poli-tica, che deve essere naturalmente protesa alla rea-lizzazione della pace, e non distratta rispetto alle esi-genze dei poveri, carne sofferente di Cristo. Piùvolte il pontefice argentino è intervenuto a stigma-tizzare lo stravolgimento dell’essenza e della mis-sione della politica, prona al servizio dei più poten-ti, più preoccupata degli interessi di pochi, resa stru-mento di conquista di posti e di spazi, meno deditaalla gestione efficace della cosa pubblica, a debella-re la fame e la povertà, nonché le crescenti disegua-glianze, a motivo di una globalizzazione non ade-guatamente governata. In un contesto di finanziariz-zazione dell’economia e della nascita di un nuovoimperialismo materialista finanziario, la politica nonha posto contrappesi o equilibri al capitale. Anzi. Neè divenuta, spesso complice nello sfruttamento deipiù deboli, nella devastazione dell’ambiente, nelladestrutturazione dell’economia reale, nella creazio-ne di nuove forme di schiavitù, come quelle prodot-te dalla tecnocrazia, ossia dalla tecnica elevata ad

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SPECIALE SCUOLA DI PACE

LA NONVIOLENZA: STILE DI UNANUOVA POLITICA PER LA PACE

II parte

S.E. Mons. Mario Toso*

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assoluto, ad unico mezzo di soluzione di tutti i pro-blemi. La politica ha, inoltre, mostrato di essere suc-cube della tirannia invisibile della finanza speculati-va, causata in parte anche dalle stesse decisioni deiGoverni che hanno liberalizzato i mercati monetari.Gli Stati non battono più moneta ed è di fatto nega-to il loro diritto di controllo in nome della tutela delbene comune. Si è così generato il capovolgimentonel rapporto tra politica ed economia, che ha provo-cato l’attuale situazione per cui non sono più igoverni e i parlamenti democraticamente eletti cheregolano la vita economica in funzione degli inte-ressi generali, ma sono i mercati che impongono agliStati politiche antidemocratiche e antisociali, a van-taggio degli interessi privati, della massimizzazionedei profitti, delle speculazioni finanziarie e dellarapina dei beni comuni e vitali.La politica, per queste ed altre ragioni, è preda del-l’ideologia che difende l’autonomia assoluta deimercati, della nuova idolatria del denaro, del «con-sumismo esagerato», della «cultura dello scarto»,che produce e giustifica grandi masse di popolazio-ne esclusa. Si considera l’essere umano come unbene di consumo. Come avverte il pontefice, non sitratta più semplicemente del fenomeno dello sfrutta-mento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo:con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radi-ce, l’appartenenza alla società in cui si vive. Gliesclusi non sono «sfruttati» ma rifiuti, «avanzi».31

Oggi, nonostante numerosi segni positivi di solida-rietà e di unità, si vive la triste esperienza di una poli-tica che, invece di includere, esclude, lascia ai margi-ni i più deboli, coloro che dall’attuale sistema econo-mico e dai gruppi più forti sono considerati «inutili»per la società e la stessa economia. Sono consideratipiù produttivi, non tanto i lavoratori, le imprese,l’economia reale, i servizi sociali, quanto piuttostogli speculatori che si dedicano alle transazioni velo-cissime nei mercati finanziari. Il lavoro manuale,artigiano, agricolo, sociale sembra che in certiambienti imbevuti dall’idolatria del denaro, non siaun bene fondamentale per la persona, le famiglie e lesocietà. Esso è semplicemente una variabile dipen-dente dai mercati finanziari e monetari.Con riferimento a ciò il papa ha più volte alzato lasua voce di condanna, richiamando la stessa politica

alla sua altissima vocazione, in quantoessa è una delle forme più preziose dellacarità, che dovrebbe cercare la realizzazio-ne del bene comune. La carità, afferma ilpontefice, è il principio animatore nonsolo delle micro-relazioni (rapporti amica-li, familiari, di piccolo gruppo) ma anchedelle macro-relazioni (rapporti sociali,economici e politici). Nell’Evangelii gau-dium giunge, conseguentemente, a scrive-re: «Prego il Signore che ci regali più poli-tici che abbiano davvero a cuore la socie-tà, il popolo, la vita dei poveri! È indi-spensabile che i governanti e il poterefinanziario alzino lo sguardo e amplino le

loro prospettive, che facciano in modo che ci sia unlavoro degno, istruzione e assistenza sanitaria pertutti i cittadini. E perché non ricorrere a Dio affinchéispiri i loro piani? Sono convinto che a partire daun’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi unanuova mentalità politica ed economica che aiutereb-be a superare la dicotomia assoluta tra l’economia eil bene comune sociale».32

È indispensabile che la politica presti attenzionealle nuove forme di povertà e di fragilità in cui siè chiamati a riconoscere Cristo sofferente: i senzatetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indi-geni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, imigranti, coloro che subiscono diverse forme ditratta di persone, le donne che soffrono situazionidi esclusione, maltrattamento e violenza; i bambi-ni nascituri, che sono i più indifesi e innocenti ditutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umanaal fine di poterne fare quello che si vuole, toglien-do loro la vita e promovendo legislazioni in modoche nessuno possa impedirlo; gli stessi animali edesseri viventi che spesso sono alla mercé degliinteressi economici e di un uso indiscriminato.33

8. L’ESEMPLARITÀ DELLA NON VIOLENZA ATTIVADI MADRE TERESA PER LA POLITICA, OVVERORIDARE AD ESSA UN’ANIMA SAMARITANA

Quando la politica non sia fedele alla sua vocazio-ne e missione, implicanti il servizio al bene di tuttie alla giustizia sociale, con le sue omissioni onegligenze non solo ignora le varie forme di vio-lenza esistenti nelle società, nelle strutture e nelleistituzioni ma ne diviene essa stessa una fonte. C’èviolenza nella politica e da parte della politica. Lapolitica quando sia gestita male può diventarecausa di ingiustizie e di violenza, impedimentoall’accesso dei beni che sono destinati a tutti: abi-tazione propria, lavoro libero, creativo, partecipa-tivo e solidale, dignitoso, debitamente remunerato;alimentazione sufficiente e sana, acqua potabile,libertà religiosa e, più in generale, libertà di opi-nione e di educazione; diritto alla vita, all’ambien-te salvaguardato, alla terra, all’assistenza sanitaria,alla sicurezza sociale. La politica non deve varare

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solo politiche di assistenza sociale ma deve prov-vedere ad abbattere le cause strutturali dellapovertà, della diseguaglianza, a promuovere losviluppo integrale dei poveri, in modo che essipossano integrarsi pienamente nella società.34 Lapolitica deve essere impegnata quotidianamente,senza pause, non solo nell’eliminazione dellecause della ingiustizia e della violenza ma soprat-tutto nella costruzione di popoli in pace, giustiziae fraternità, nei quali le differenze si armonizzanoall’interno di un progetto comune. In vista di ciòsono imprescindibili la Dottrina sociale dellaChiesa e i quattro principi che derivano dai suoipostulati: il tempo è superiore allo spazio; l’unitàprevale sul conflitto; la realtà è più importante del-l’idea; il tutto è superiore alla parte.35

In vista dell’inclusione sociale dei poveri papaFrancesco suggerisce in particolare politiche chesuperino, come già accennato, i piani meramenteassistenziali che fanno fronte ad alcuneurgenze ma sono insufficienti rispetto aimali sociali; una politica economicastrutturata dal principio del bene comune;politiche che coltivino la crescita integra-le di tutti; una sana economia mondiale;politiche che abbiano cura dei più fragili;politiche che superino le teorie economi-che neoliberistiche, politiche di riformadel sistema finanzio e monetario; politi-che di democrazia rappresentativa, parte-cipativa, deliberativa, inclusiva.36

Come e perché l’azione nonviolenta disanta Teresa di Calcutta, peraltro accu-sata di assistenzialismo da alcunidetrattori in quanto non rimuoveva lecause dei mali sociali, potrebbe esserefonte ispiratrice di un nuovo stile per lapolitica che deve impegnarsi nellacostruzione di popoli che vivono in fra-ternità, giustizia e pace?A ben riflettere, Madre Teresa, che non ha fondatoun movimento nonviolento (semmai ha fondato unaCongregazione religiosa delle Missionarie dellacarità) potrebbe contribuire alla rinascita della poli-tica, che deve lavorare alla realizzazione del benedella pace, indicandole la fondamentalità di unamore samaritano. La politica la cui missione è diservire il bene comune, ovvero il bene di tutti, acominciare dai più deboli, potrebbe trarre dall’atten-zione di Madre Teresa ai poveri più poveri lo spronead essere più se stessa, più vicina ai cittadini, ani-mata dall’amore per l’altro, avendo occhi che vedo-no la loro situazione di emarginazione, avendo uncuore che si fa carico dei loro problemi affrontando-li e avviandoli decisamente a soluzione. MadreTeresa ha vissuto e praticato un amore samaritanooccupandosi dei diseredati, dei poveri e degli amma-lati, piccoli e grandi, lasciati a se stessi, a morire neituguri o ai margini delle strade, senza assistenza, tral’indifferenza della gente e delle autorità civili e reli-giose, che spesso non facilitavano, anzi ostacolava-

no l’opera caritatevole della suora di origine albane-se. Ella raccoglieva i diseredati e li portava nelle suecase, per curarli, assisterli, materialmente e spiri-tualmente, dando loro attenzione e affetto, ricono-scendo in loro non solo la dignità umana ma anchequella dei figli e delle figlie di Dio.Oggi la politica, che si interessa della gente preva-lentemente al momento delle votazioni, e poi sidimentica dei suoi bisogni, potrebbe imparare dal-l’azione nonviolenta di Madre Teresa ad interessarsipiù efficacemente dei poveri, ad essere cioè piùsamaritana, avendo un «cuore» attento e vigile, chegiunge ad offrire assistenza ma anche, per chi ne siain grado, opportunità di inserimento nella società enell’economia, oltre che nella vita democratica,mediante politiche che aggredendo i mali sociali allaradice, creano condizioni favorevoli per tutti.La politica non può sperare in una sua rifondazio-ne e in un recupero della sua missione se non a

cominciare dall’attenzione nei confronti del pove-ro, se non mostrando attenzione alle situazioni piùestreme e penalizzanti la dignità dei cittadini. Soloa partire dall’amore e dalla cura dei più fragili lapolitica dispiega e comprova la sua essenza di ser-vizio al bene di tutti. Solo muovendo da un taleatteggiamento e da un simile stile la politica ela-bora progetti di sviluppo integrale, sostenibile edinclusivo, riconoscendo e promovendo i diritti edoveri di tutti i cittadini.

9. CAUSE DELLA VIOLENZA

Per combattere i germi della violenza occorre ricer-carne le cause. Per comodità si riassumono qui alcu-ne radicazioni culturali della violenza e quelle causeche in parte abbiamo già incontrato presentando unafenomenologia sintetica della stessa violenza.Per quanto concerne le radicazioni culturali contem-poranee della violenza si accenna alle visioni ridut-

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tive dell’uomo che possono favorire la violenza piùche la pace. Esse sono incarnate nella cultura delnulla, nelle ideologie del benessere e del consumi-smo, nelle concezioni tecnocratiche della vita.Fra i vari nuclei culturali che dominano la nostraepoca e che possono favorire la violenza, non si puòdimenticare quello del neoindividualismo e del neou-tilitarismo che minano lo Stato di diritto, baluardocontro la violenza. La cultura del relativismo assolu-to e radicale tende a porre l'individuo come unicoriferimento, ne proclama la totale autonomia etica,secondo la quale l'uomo è legge a se stesso. La liber-tà è separata da ogni responsabilità: l'individuo nondeve dipendere da nessuno, né preoccuparsi di nes-suno, ma rapportarsi agli altri e al mondo come aoggetti necessari per il proprio godimento e per ilproprio incremento di potenza.L'assolutizzazione moderna dell’uomo, della suaautonomia e delle sue conquiste, ha anche comeeffetto paradossale l’instaurazione di una culturanichilista. Non si crede più nell'uomo, nella possi-bilità di salvezza delle sue conquiste. L’uomo,

dapprima immaginato come un dio, rimane orfa-no, in certo modo, dei grandi ideali della scienza,della tecnica e del progresso. La crisi nihilista deivalori, conseguente all'affermazione che Dio èmorto, sbocca con la constatazione che anche l'uo-mo è morto. Ad esso non resta, all'infuori del sui-cidio, che l’affermazione volontaristica di se stes-so. Ma una volontà, che non è volontà di verità edel bene oggettivo, è solo volontà di affermazionedi sé a qualsiasi costo, senza limiti. È volontà indi-vidualistica di potenza, che non può non generareconflittualità e violenza. Per questo la culturaoccidentale, ove il pensiero ha abbandonato l’es-sere e, quindi, la verità intesa in senso metafisico,non può che essere esposta al continuo pericolodella violenza e della guerra. La guerra diventa laconseguenza dell'abbandono dell'essere, dellaverità. Essa è più vicina di quel che non si pensi,quando serpeggia la cultura del nulla e del neoin-dividualismo radicale.Ma anche l'errata concezione del benessere e delprogresso, quale si può riscontrare nella cultura con-

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Pace, perdono, noviolenza, stru-mentalizzazione della religione.Diversi ma tutti legati tra loro itemi affrontati da mons. IvanJurkovic, osservatore permanen-te della Santa Sede presso l’Onue le altre organizzazioni interna-zionali di Ginevra, intervenendogiovedì, 9 febbraio 2017, nellacittà svizzera all’incontro incen-trato sul tema del dialogo sullafede, la costruzione della pace elo sviluppo, promosso dalleNazioni Unite e dall’Organizza-zione della Cooperazione islami-ca.In primo luogo il presule ha sottoli-neato – come riporta la Radio Vaticana – che alla base delrapporto inter-religioso deve esserci non tolleranza bensìfratellanza. “Non è infatti la semplice tolleranza – ha detto– il nostro terreno comune perché questa ha un significa-to negativo”.Secondo Jurkovic, “le relazioni tra fedi religiose dovrebbe-ro essere basate sul concetto più dinamico della fratellan-za” in quanto “saremo responsabili non solo per le azioniche intraprenderemo ma anche per quelle che non avvie-remo”.C’è dunque bisogno di un “arricchimento reciproco” che con-siste, per ottenere la pace, in “un continuo e costruttivo miglio-ramento della nostra situazione come famiglia umana”.All’origine dei conflitti e delle migrazioni, secondo l’osser-vatore vaticano, “vi è una visione limitata della personaumana che apre la strada alla diffusione di ingiustizia edisuguaglianza, determinando in tal modo situazioni diconflitto”.

In questo senso risultano essen-ziali le religioni. Mons. Jurkovic hacitato quanto detto da PapaFrancesco durante l’incontro inter-religioso, lo scorso 2 ottobre, nellamoschea “Heydar Aliyev” a Baku,in Azerbaigian: Le religioni sonochiamate a “edificare la cultura del-l’incontro e della pace, fatta dipazienza, comprensione, passiumili e concreti”. “La fraternità e lacondivisione che desideriamoaccrescere – aveva aggiunto ilPapa – non saranno apprezzate dachi vuole rimarcare divisioni, rinfo-colare tensioni e trarre guadagnida contrapposizioni e contrasti”.

Quello proposto dalla Santa Sede è quindi “lo stile della non-violenza”. Le comunità religiose ed etniche – ha sottolineatomons. Jurkovic – non devono mai diventare uno strumento dilogiche geopolitiche regionali e internazionali. Lo stesso PapaFrancesco ha ricordato, ai vescovi della Nigeria nel 2015, chequando vengono uccisi innocenti in nome di Dio, non deveessere chiamata in causa la religione, ma la sua manipola-zione per secondi fini.Ricordando l’incontro del Santo Padre con il Patriarca russo-ortodosso Kirill avvenuto un anno fa a Cuba, l’incontro coiluterani a Lund dell’ottobre scorso, la promozione del dialo-go in Venezuela e Colombia, mons. Jurkovic ha rilevato l’im-pegno di Francesco per il dialogo e la promozione dellapace e del perdono. Pace, giustizia e perdono – ha conclu-so mons. Jurkovic – sono reciprocamente complementari:non ci può essere pace senza giustizia, ma neanche veragiustizia senza perdono.

Tratto da Zenit 12/2/2017

MONS. JURKOVIC: “ADOTTARE LO STILE DELLANONVIOLENZA PER RISOLVERE LE CRISI NEL MONDO”

L’Osservatore vaticano all’Onu ha ricordato poi il ruolo svolto per la pacedalle religioni, il cui dialogo deve basarsi non sulla “tolleranza” ma sulla “fraternità”

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temporanea, può essere causa di conflitti e di vio-lenza. La concezione meramente economicisticadello sviluppo, sorretta dall’ideologia del «supersvi-luppo», o dello sviluppo senza limiti, e, inoltre, dauno spirito tecnocratico areligioso, porta al predo-minio della modalità esistenziale dell’avere su quel-la dell’essere, come brama di possesso e conseguen-te spersonalizzazione e reificazione di sé e deglialtri. Tale predominio, si sa, rischia di condurre nonsoltanto a parziali catastrofi, ma ad una catastrofemondiale conclusiva. L’universalizzazione dell’in-differenza e della reificazione, infatti, coincide conla massima negazione dell’etica e l’avidità di pos-sesso delle cose e degli altri ridotti ad oggetto, conl’assoluto dominio della violenza. L’enfatizzazionedella modalità esistenziale dell’avere conduce allaviolenza contro la natura, gli altri, contro l’umanità.Lo sviluppo può essere causa della pace se è svi-luppo plenario, di ogni uomo, di tutto l’uomo,ossia se è crescita integrale, sostenibile, inclusiva.Per quanto concerne le cause della violenza si segna-lano quelle biologiche, psicologiche, sociologiche,economiche, politiche, culturali, ideologiche, etiche,religiose. Tra i fattori psicologici che possono favorirela violenza va segnalata anzitutto la paura, che è didiverse specie: la paura di perdere i propri beni mate-riali e spirituali, il proprio potere; l’insicurezza di fron-te a chi è troppo diverso per razza, cultura, religione;la paura di se stessi (sentimento di inferiorità, diincompetenza); la paura di morire. Ma non si possonodimenticare le turbe caratteriali, il desiderio di posse-dere ciò che ha l’altro, l’affermazione sregolata di sè,la mancanza di relazioni affettive. Tra i fattori sociali eculturali va menzionata l’educazione autoritaria osenza attenzioni dei bambini. E, poi, tutta una serie direaltà sociali oggettive che favoriscono reazioni sog-gettive di violenza: condizioni disumane sul lavoro onelle abitazioni, ingiustizie, fallimento scolare o pro-fessionale, reti commerciali dell’alcool, della droga,della pornografia, consumismo, cultura tecnocratica eagnostica, influenzano i modelli sociali esacerbando lavirilità, la competizione sfrenata, l’esaltazione delgodimento a tutti i costi, aggressività nei confronti deipiù deboli, come i bambini, gli anziani e gli ammalati.Presso gli adulti possono creare un legame tra l’eser-cizio della violenza e il piacere. Altri condizionamen-ti, come ad es. la sottomissione all’autorità, favorisco-no il ricorso alla violenza deresponsabilizzando le per-sone rispetto alle violenze che esse esercitano sull’or-dine costituito.La violenza ha, però, anchedimensioni etiche e spirituali. Aldi là e all'interno delle istituzioni,dei sistemi, dei meccanismisocioeconomici, delle ideologieche opprimono l’uomo e i popoliagiscono molteplici passioni, chesviano il «cuore» delle persone ele spingono alla violenza e allaguerra. Sono: il senso della supe-riorità biologica, razziale, etnica e

religiosa, l’odio verso gli altri e il «diverso», la gelo-sia, la volontà di dominio, la brama della ricchezza.Certo, le passioni nascono spesso da reali frustrazio-ni degli individui e dei popoli, allorché altri oppri-mono o rifiutano di garantire la loro esistenza oquando i sistemi sociali sono in ritardo rispetto albuon uso della democrazia ed alla condivisione deibeni, ma molte volte le passioni sono alimentate diproposito e da una coscienza che chiama bene omale ciò che intende scegliere in base al suo egoi-smo e alla sua volontà di potenza.Per i cristiani, la violenza è manifestazione delpeccato, rottura con gli altri e con Dio. Il fatto diricorrere alla violenza ed alla guerra deriva, in ulti-ma analisi, dal peccato dell’uomo, dall’acceca-mento del suo spirito, dalla coscienza distorta.La violenza è, però, individuale e collettiva. C’è,pertanto, una responsabilità personale e unaresponsabilità sociale, una violenza che è peccatopersonale o che è peccato sociale. E come c'èun’influenza della società sul singolo, così si puòpensare che il peccato sociale condizioni gli indi-vidui nella loro responsabilità morale. Tuttavia, èanche certo che la violenza sociale non può sussi-stere indipendentemente dalle responsabilitàmorali degli individui che compongono il gruppoo la società politica, per cui si può anche ricono-scere una certa priorità della violenza personale suquella sociale. Ciò fa anche dire che nell’ordinedei rimedi non viene prima la riforma delle strut-ture, sebbene necessaria e imprescindibile, ma ilrinnovamento del cuore dell’uomo, che la fede cri-stiana designa con il termine di «conversione». Pertogliere la violenza dai sistemi, dalle istituzioni,dai metodi di governo, cose tutte che sono operadello spirito umano, occorre prima trasformare inprofondità lo spirito e le coscienze, infonderenuovi atteggiamenti.All’origine della violenza e delle guerre, come inparte accennato, stanno talvolta strutture, metodi,sistemi, meccanismi socio-economici, ideologie, cheanziché servire l'uomo lo asservono. Le stesse ragio-ni dello squilibrio nello sviluppo fra i popoli possonoconsiderarsi altrettante, reali e possibili, cause di vio-lenza, se non addirittura di guerre. Esse sono fonte diopposizione, di acredine, di ribellione, complici imeccanismi economici e finanziari non riformati,multinazionali senza scrupoli, egoismi nazionali ani-mati da visioni corte. Insieme cause ed effetti di una

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tale tensione e della carenza di solidarietà mondiale –non ignorando altri fattori e circostanze di natura sto-rica e culturale –, sono: l’ingiusta distribuzione deibeni materiali, l’insieme degli squilibri settoriali,regionali, nazionali e, per certi versi, la produzione eil commercio delle armi e della droga, il terrorismointernazionale e la stessa deforestazione di molte zonecon irrimediabili danni ecologici: Paesi fortementeindebitati distruggono il loro patrimonio naturale purdi ottenere nuovi prodotti d’esportazione. Ora, talicause ed effetti sono essi stessi sorgenti di nuova vio-lenza; come il neocolonialismo, la preferenza di rap-porti da parte dell’Ovest nei confronti dell’Est anzi-ché nei confronti del Sud equivalgono a uccisioniindirette di milioni di persone.Cause ben note di violenze e di guerre sono anche:la diseguaglianza nell’accesso ai beni sociali e cul-turali, la mancanza di partecipazione al potere eco-nomico e politico, la fame, la violazione dei dirittirelativi allo spirito, il trattamento ingiusto delleminoranze, la mancanza di un’autorità mondiale.Come cause di violenza e di guerra un rilievo deltutto particolare va dato alle manipolazioni ideolo-giche e al fanatismo religioso. Le manipolazioniideologiche, specie nell'ultima guerra, hanno ali-mentato di proposito ostilità razziali e nazionali,creando vere e proprie psicosi di odio, che hannogiustificato invasioni, stermini sistematici, la guer-ra totale. Oggi, le manipolazioni ideologichehanno a disposizione mezzi più progrediti e sofi-sticati. La rinascita di nazionalismi, regionalismi edi odi razziali, legati anche a fenomeni di emigra-zione, va vista con preoccupazione proprio pen-sando alla pericolosità dei moderni strumenti dicomunicazione, specie alla pervasività e alla pos-sibilità di controllo insite nell’informatica e nellatelematica. I partiti e i governi contemporanei,democratici o no – l'hanno già fatto capire –, se neservono abbondantemente per la propria legittima-zione e per creare consenso attorno ai loro pro-grammi, selezionando e pilotando le richiestedella base sociale. La religione, invece, conducefacilmente alla violenza quando sia o divengafalso messianismo. La storia è costellata da «guer-re sante». Le religioni, molte volte, anziché essere

fattori di unità e di pace, si sono rivelate fonti didivisioni e di guerre atroci. Il volto di Dio e dellareligione è stato snaturato proiettandovi e prolun-gandovi proprie distorsioni e strumentalizzazioni.Si è pensato alla propria elezione da parte di Diocome ad una elezione al di sopra e contro altri. Dioè stato invocato a sostegno della propria parte,della propria sete di dominio sugli altri.Anche la Chiesa cattolica, nel passato, è stata vit-tima di pseudomessianismi e del fanatismo.L’identificazione tra pace di Dio e pace della cri-stianità ha portato alle guerre di crociata, spessocrudeli e mascherate con motivi di salvezza: ucci-dere il nemico era guadagnarlo, in qualche modo,a Cristo. L’ideologizzazione della verità religiosaha condotto anche al settarismo, alle scomunichereciproche e al rifiuto, teorico e sistematico, deldialogo ecumenico.37

10. A MO’ DI CONCLUSIONE: ALCUNI ORIENTAMENTIPRATICI SPECIE CON RIFERIMENTO ALL’ASSUNZIONEDI UN NUOVO STILE DA PARTE DELLA POLITICA

Nel suo Messaggio il pontefice offre alcuni orienta-menti dal punto di vista pastorale e pedagogico. Lievidenziamo. Egli indica soprattutto la necessità chela Chiesa continui a partecipare, assieme ad altri dialtro credo, alla costruzione della pace mediante lanon violenza attiva. Ciò è coerente con il suo essere,come annunciatrice e testimone di Cristo, prototipodella non violenza. La comunità cristiana è chiamata,quindi, a dare il suo apporto imparando Gesù Cristonon violento, come lo ha imparato sua Madre, accom-pagnandolo nella sua Passione, rimanendo ai piedidella croce. La Chiesa contribuisce alla costruzionedella pace in particolare crescendo come comunità dipace, proponendo norme morali, mediante la parteci-pazione ai lavori delle istituzioni internazionali, gra-zie al contributo competente di tanti cristiani all’ela-borazione delle leggi a tutti i livelli.In secondo luogo, la Chiesa deve continuare a pro-porre ai leader politici e religiosi, ai responsabilidelle istituzioni internazionali e ai dirigenti delleimprese e dei media quello che papa Francesco defi-

nisce il «manuale» della strate-gia della costruzione della pace,ossia le otto Beatitudini (cf Mt5, 3-10). Occorre sollecitarli adapplicare le Beatitudini nelmodo in cui esercitano le pro-prie responsabilità. «Le ottoBeatitudini tracciano il profilodella persona che possiamodefinire beata, buona e autenti-ca. Beati i miti – dice Gesù –, imisericordiosi, gli operatori dipace, i puri di cuore, coloro chehanno fame e sete di giusti-zia».38 Beati quegli uomini equelle donne che non tollerano

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l’ingiustizia, che non sopportano che il fratel-lo o la sorella subiscano discriminazioni,emarginazioni, siano messi in schiavitù, sianoconsiderati «scarti», esseri inutili. Beati quel-li che lavorano per la pace, non imbrogliando,non approfittandosi degli altri, non agendonell’illegalità, mediante corruzione. Beaticoloro che si dedicano al bene comune inmaniera disinteressata, senza tornaconti.Beati coloro che seminano nelle coscienze ilsenso di appartenenza a Cristo, Principe dellapace, modello della non violenza.Ma, stando al magistero sociale dello stes-so papa Francesco, si possono individuarealtri orientamenti pratici per divenirecostruttori di pace mediante la non violenza. Anostro modo di vedere sono da considerare stradenon violente anche i percorsi di quei movimentisociali che il pontefice argentino viene da temposollecitando ed «educando» perché abbandoninola violenza ed invece marcino per la giustizia enon «contro» qualcuno, come i movimenti popola-ri.39 Non vanno dimenticati il movimento ecologi-co mondiale,40 i movimenti della cooperazione,41

i movimenti per la vita, i movimenti a difesa e pro-mozione della famiglia, della libertà religiosa,della libertà di insegnamento, della riforma delsistema finanziario, per l’abolizione della pena dimorte. Non dev’essere, poi, esclusa la preparazio-ne di nuove generazioni di cattolici per l’impegnonella politica, una politica alta, all’insegna dellacarità cristiana, capace di affrontare con visione edecisione la rimozione delle cause della povertà edelle diseguaglianze.Oggi, nell’ambito dell’azione non violenta, occor-re coltivare legami internazionali, in vista di unamaggior incisività su quei processi e su quelle isti-tuzioni che operano a livello sovranazionale e mul-tilaterale. Solo agendo su questo piano si puòinfluire nella necessaria riforma dei mercati, delleIstituzioni e delle politiche mondiali; si possono

instaurare quelle collaborazioni, quel lavoro diintelligence, quella vigilanza sulla rete web e sugliingenti flussi di denaro, che sono determinanti nelprevenire e combattere la violenza terroristicafanatica che si avvale di mezzi nuovi e sofisticatiper destabilizzare e seminare l’odio.

* Vescovo di Faenza Modigliana, già SegretarioPontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

29 Cf FRANCESCO, Messaggio, n. 1.30 FRANCESCO, Messaggio, n. 3.31 FRANCESCO, Evangelii gaudium, n. 53.32 Ib., n. 205.33 Cf ib., nn. 210-215.34 Cf ib., nn. 187-192.35 Cf ib., nn. 222-23736 Cf ib., capitolo IV.37 Cf J. RATZINGER, Fede, Verità, Tolleranza e le religioni delmondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 215.38 FRANCESCO, Messaggio, n. 6.39 Cf ad es. FRANCESCO, Discorso al II Incontro dei MovimentiPopolari (9 luglio 2015).40 FRANCESCO, Laudato sì’, n. 14.41 Cf ad es. FRANCESCO, Discorso ai Rappresentanti dellaConfederazione Cooperative Italiane (28 febbraio 2015).

La prima parte della relazione è pubblicata su IlCantico 1/2017.

IL CANTICO

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L’argomento che presento riguarda il contributo chele religioni possono dare alla convivenza pacificanella società1. Ciò è oggi più che mai necessario, per-ché il nostro mondo globalizzato è soggetto a gravitensioni. Il bene e il male hanno acquisito dimensio-ni planetarie, ponendo nelle nostre mani l’equilibrioecologico e il futuro dell’umanità. Parafrasando lafamosa espressione di Lorenz, possiamo dire che “ilbattito d’ali di una farfalla in Brasile può scatenareun tornado in Texas”2. Il ventesimo secolo è stato “il più sanguinoso dellastoria umana”3, e oggi le prospettive continuano adessere poco incoraggianti. Secondo l’IstitutoHeidelberg, che si dedica allo studio dei conflittiinternazionali4, il 2013 è stato l’anno che ha fattoregistrare il maggior numero di guerre e conflittiviolenti dalla fine della seconda guerra mondiale,un numero che è in aumento dal 2006.Ovviamente, è necessario individuare basi più sta-bili per la pace.Molti autori sostengono che un’etica globale (ad es.Jonas) e un ruolo più attivo delle religioni nella sferapubblica sono indispensabili per poter affrontare lenuove sfide. La sapienza delle grandi tradizioni reli-giose è in grado di offrire orientamenti ben fondati ealtri contributi che possono essere decisivi almomento di costruire una nuova cultura di pace. “Ilmondo ha bisogno di una rinascita attraverso i valorispirituali ed etici“5. Fino ad ora, però, sono prevalsele opinioni di segno contrario. La religione e l’eticasono state considerate una sorta di esperienza emo-tiva individuale da circoscrivere all’ambito privato. Inizieremo con l’analisi del processo di secolariz-zazione che, in modi diversi,ha estromesso la religione el’etica dal forum pubblico(1ª parte). Questa esclusioneè oggi contestata da alcuniautori che propongono l’eti-ca globale e il dialogo inter-religioso come le modalitàpiù adeguate per affrontarele sfide attuali (2ª). Poistudieremo più da vicino laposizione della Chiesa cat-tolica (3ª), prestando unaparticolare attenzione al co-siddetto “Spirito di Assisi”(4ª).

1. L’età secolare

Il filosofo canadese Charles Taylor, nel suo libro“L’età secolare”6, afferma che viviamo in un’epo-ca in cui la religione si è ritirata dallo spazio pub-blico e la fede è solo un’opzione tra tante altre. Lafede in Dio non è più assiomatica né una precondi-zione indiscutibile, come accadeva invece nel-l’epoca pre-moderna. Taylor analizza il processo di secolarizzazione ini-ziato nel Rinascimento e che ha condotto attual-mente ad una visione immanente della realtà,comune a credenti e non credenti. Si direbbe che lafede è solo una delle tante opzioni a disposizionedel consumatore. Taylor distingue due grandi ten-denze nella cultura secolare: l’umanesimo imma-nente e lo scientismo. Il primo sarebbe accettabilee avrebbe avviato l’attuale processo di secolarizza-zione, mentre il secondo sarebbe riduzionista, uti-litarista, chiuso alla trascendenza e sarebbe sortopiù tardi, nel secolo XIX.

1.1. L’umanesimo immanente, condiviso da cre-denti e non credentiSecondo Giusto Lipsio (1547-1606) e Ugo Grozio(1583-1645), la persecuzione degli eretici e le guerredi religione, che scoppiarono in seguito alla Riformaprotestante, avrebbero dimostrato che la fede nonsarebbe una base sicura per garantire la convivenzacivile e, pertanto, bisognerebbe sostituirla con laragione pratica (etsi Deus not daretur). Essi concepi-scono la legge naturale non come qualcosa di iscrit-to nella natura umana (Aristotele e Tradizione catto-

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SPECIALE SCUOLA DI PACE

IL CONTRIBUTO DELLE RELIGIONIALLA PACE NELLO “SPIRITO DI ASSISI”

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lica), bensì come il frutto di un dibattito razionale alquale tutti possono partecipare7. Di fatto, i filosofideisti ammettono l’esistenza di un creatore ma loconsiderano distante, escludendo qualunque riferi-mento esplicito a lui quando si tratta di organizzare lasocietà civile e parlando quindi di una carità discipli-nata, informata dalla sola ragione.La pace di Vestfalia (1648) segna l’inizio di unnuovo ordine politico, basato sul concetto disovranità nazionale. Ogni Stato cercherà razional-mente il proprio interesse, senza alcun riguardo perla religione o la morale, che in questo modo sonocircoscritti nella sfera privata.

1.2. Lo scientismoNel secolo XIX si impone l’altra linea della cultu-ra secolare – lo Scientismo –, che esalta l’indivi-dualismo8 e mette la razionalità etica al postodella razionalità strumentale9. I valori sonoridotti a sentimenti; l’etica al calcolo utilita-rista del massimo beneficio. Si pensa chel’unica conoscenza valida sia quella dellescienze positive (scientismo), sottovalutandotutto ciò che non sia verificabile empirica-mente10.La scuola di Frankfurt fu molto critica neiriguardi di questo modo di pensare.Horkheimer e Adorno11 arrivarono ad affer-mare che l’Olocausto nazista non era stato unritorno alla barbarie di tempi passati, bensìun’ulteriore dimostrazione del lato più oscu-ro della modernità che usa la scienza e la tec-nologia per manipolare la gente, arrivandoperfino ad eliminarla, pur di favorire gli inte-ressi della minoranza dominante12.

2. Proposte per garantire la pace

Nonostante il secolarismo e lo scientismo, la fede nonè stata abbandonata e oggi sono sempre più numerosigli autori che difendono la necessità di assegnare allereligioni un ruolo importante nella ricerca di basi piùsicure per la convivenza pacifica nella società. Taylor riconosce che viviamo nell’età secolare, manon nel secolarismo ateo. Non è stata abbandonatal’apertura alla trascendenza ma, al momento divoler dare un senso alla realtà, l’individuo si trovaa fare i conti con una pluralità di proposte religio-se, morali e spirituali13. In questo contesto di plu-ralismo, il dialogo interculturale e interreligiosodiventa necessario per poter rispondere adeguata-mente alle sfide del mondo globalizzato.In un famoso dialogo (Monaco 2004), Ratzinger eHabermas si trovarono d’accordo nell’affermare cheè urgente la collaborazione di tutte le civiltà perpoter elaborare un’etica universale basata sullaragione pratica. Il cardinale Ratzinger lodò il tenta-tivo che, in questo senso, avevano fatto Grozio e altriautori, affermando che, a tale scopo, si erano basatisu un ideale pre-filosofico di matrice evangelica.

“Hugo Grotius, Samuel von Pufendorf e altrihanno sviluppato il concetto di un diritto naturalecome diritto razionale, che oltre le barriere di fede,pone in vigore la ragione come l’organo di comu-ne costruzione del diritto. Il diritto naturale è rima-sto, soprattutto nella Chiesa cattolica, la figuraargomentativa con cui essa richiama alla ragionecomune nel dialogo con le società laiche [...] maquesto strumento è purtroppo diventato inefficace.[...] Questa visione della natura, con la vittoriadella teoria evoluzionista si è persa. La naturacome tale non sarebbe razionale”14. Da parte sua, Habermas riconobbe che la ragionenaturale non è sufficiente per cogliere la profon-dità del senso dell’uomo e quindi si richiede unadialettica tra ragione e religione nella vita pub-blica. Filosofia e religione devono dialogare,

intendendo “la secolarizzazione della societàcome un processo di apprendimento complemen-tare”15.

2.1. Etica globaleLe proposte etiche finalizzate a dare un voltoumano al processo di globalizzazione16 possonoessere classificate in due grandi gruppi: quelle chepongono come fondamento il dialogo interreligioso(Panikkar, Küng, Boff) e quelle che sono favorevo-li ad un’etica civile universale. Inoltre, in questosecondo gruppo, si deve distinguere, a sua volta, tragli orientamenti che propongono un fondamentoontologico per l’etica (Jonas, Jaspers, Henrich,Hösle) e quelli che cercano una nuova formulazio-ne antropologico-politica (Morin, Huber, Reuter,Lévinas)17. Ad esempio, Jonas sostiene che l’eticadeve essere profondamente riformulata per poterrispondere alle nuove sfide18 e per evitare che moltivadano a rifugiarsi in nuovi tipi di fondamentalismoreligioso, nazionalista o etnico19. Più concretamen-te Jonas propone una nuova etica della responsabi-

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lità, basata sul valore ontologico e sull’unioneintrinseca di tutto quanto esiste.

2.2. Il dialogo interreligiosoKüng sostiene che il dialogo interreligioso è lamigliore risposta alle inquietanti sfide attuali, per-ché le religioni sono le istanze che, con maggiorforza, possono fare appello all’essere umano intutta la sua complessità di mente, di cuore e di spi-rito. Concretamente, l’etica politica si baserebbe suprincipi accettabili per tutti, come il rispetto per lavita, l’amore reciproco, l’onestà e la verità20. Ildialogo interreligioso dovrebbe affrontare gli enig-mi più fondamentali della condizione umana, adesempio il senso della vita e della morte, la sof-ferenza, la felicità, la nostra origine e la nostrameta. In realtà, molte persone si avvicinano allareligione proprio perché sono in cerca di risposte aqueste domande.

3. Le religioni e la pace dalla prospettiva catto-lica

Il dialogo è radicato nell’essenza stessa di Dio. Lavita intra-trinitaria è dialogica, un continuo flussodi amore tra Padre, Figlio e Spirito. Come affermapapa Benedetto XVI: “La verità è ‘lógos’ che crea‘diá-logos’ e quindi comunicazione e comunio-ne”21. L’amore cerca la risposta dell’amante; ilLogos cerca un partner per rendere possibile ildialogo.L’auto-comunicazione di Dio presuppone un desti-natario personale, che possa rispondere in libertà.Infatti, “se Dio vuole liberamente uscire da sé stes-so, egli deve creare l’uomo”22. In quanto Padre,dona all’uomo la libertà; in quanto sposo, aspetta lasua risposta: “Ascoltate la mia voce! Allora io saròil vostro Dio e voi sarete il mio popolo”23. Non siimpone, si propone.

“Dio chiede il sì dell’uomo. Non nedispone affatto ad arbitrio. Nellacreatura umana ha voluto crearsi unpartner libero e ora ha bisogno dellalibertà di questa creatura perchè ilsuo regno possa divenire realtà, unarealtà che non si fonda in un potereesteriore, ma sulla libertà”24.

3.1. Le guerre di religione,un’espressione di immaturitàIl dialogo è stato una prioritàassoluta del Concilio Vaticano II,soprattutto il dialogo ecumenicocui ha dedicato il decreto Unitatisredintegratio. Il Cardinale Kaspersuggerisce che tutti i documentiufficiali del Concilio Vaticano IIdevono essere letti da unaprospettiva ecumenica25. PaoloVI considera il dialogo come

un’esigenza intrinseca dell’evento cristologico26.Il dialogo ecumenico e interreligioso, che in passatoera stato spesso ridotto ad una strategia difensivacontro il comunismo e l’ateismo, acquisisce unaimportanza fondamentale con il Concilio VaticanoII. Dobbiamo vivere come fratelli, ribadisce ladichiarazione Nostra Aetate, perché tutti siamo figlidello stesso Padre celeste. Infatti, “non possiamoinvocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se cirifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni”(NA 5). Perciò, le “testimonianze dell’intimo lega-me esistente tra il rapporto con Dio e l’etica del-l’amore si registrano in tutte le grandi tradizionireligiose”27.Papa Benedetto XVI è convinto che le guerre direligione sono state il risultato di uno stadio diimmaturità che è necessario superare. “Si potrebbe obiettare che la storia conosce il tristefenomeno delle guerre di religione. Sappiamo peròche simili manifestazioni di violenza non possonoattribuirsi alla religione in quanto tale, ma ai limiticulturali con cui essa viene vissuta e si sviluppa neltempo. Quando però il senso religioso raggiunge unasua maturità, genera nel credente la percezione che lafede in Dio, Creatore dell’universo e Padre di tutti,non può non promuovere tra gli uomini relazioni diuniversale fraternità”28.Questo approccio storico-evolutivo vale anche per itesti dell’Antico Testamento, che presentano Dio checombatte con il suo popolo e permette lo sterminiodei nemici29. Comunque anche lì, Dio è sempre per-cepito come colui che trattiene l’ira distruttiva, siastiene dalla violenza e controlla la sua forza30.La pedagogia divina rispetta la dimensione storicadell’uomo e il suo processo di graduale purifi-cazione. L’alleanza fatta con Noè esprime già ildesiderio divino di riunire tutti i popoli della terrain una sola famiglia.“Già l’Antico Testamento manifesta l’amore di Dioper tutti i popoli, che Egli, nell’alleanza stretta con

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Noè, riunisce in un unico grande abbraccio simbo-leggiato dall’«arco sulle nubi» (Gn 9,13.14.16) e chein definitiva, secondo le parole dei profeti, intenderaccogliere in un’unica universale famiglia”31.Questo “universale disegno d’amore culmina nelmistero pasquale”32. Pertanto non è mai accettabilegiustificare la violenza in nome delle differenzereligiose. I santi sono quelli che hanno vissuto lareligione in modo più perfetto e quindi sono loro –non i peccatori – a mostrarci le vere potenzialità eil valore della religione. Benedetto XVI afferma che l’esperienza autenticadella religione non porta mai al fondamentalismo oal sincretismo: “Lungi dall’irrigidirci, la sicurezzadella fede ci mette in cammino, e rende possibile latestimonianza e il dialogo con tutti”33. Noi crediamoche siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre.Questa fraternità “rende più palpabile la consapevo-lezza dell’unità e della condivisione di un comunedestino tra le Nazioni della terra”34 ed è il fonda-mento antropologico ed etico per la pace.

3.2. Nostra Aetate: dialogo interreligioso e inter-culturaleCon la dichiarazione Nostra Aetate35, la Chiesainvita tutti i cristiani a favorire il dialogo interreli-gioso e interculturale senza rinunciare alla propriaidentità cristiana. Inoltre, il Concilio ha creato ilSegretariato per i non cristiani (1964), che il PapaGiovanni Paolo II ha trasformato nell’attualePontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso(1988)36. Inoltre, su suggerimento del Concilio, èstato istituito il Segretariato per il Dialogo con i noncredenti (1965), più tardi (1993) inquadrato nelPontificio Consiglio della Cultura.“Il Consiglio promuove l’incontro tra il messaggiosalvifico del Vangelo e le culture del nostro tempo,spesso segnate dalla non credenza e dall’indifferenzareligiosa” (art. 1) e “lo studio del problema della noncredenza e dell’indifferenza religiosa presente invarie forme nei diversi ambienti culturali, indagan-done le cause e le conseguenze per quanto riguardala Fede cristiana” (art. 2)37.La dichiarazione Nostra Aetate riconosce che, tra lereligioni, ci sono punti di contatto, sia interni cheesterni, in base ai quali si può stabilire un dialogorispettoso e costruttivo. Più specificamente,“esorta i suoi figli affinché […] riconoscano,conservino e facciano progredire i valori spiri-tuali, morali e socio-culturali che si trovano inessi” (NA 2). Pertanto, incoraggia un approcciodialogico, che tenga conto della specifica iden-tità di ogni religione e includa pure i non cre-denti. Alla base di queste affermazioni vi è laconvinzione – ottimistica e piena di speranza –che la comune origine e il destino di tutti gliuomini si trovano in Dio, Signore della storia.Siamo una famiglia (universa familia humana,GS 24) che naviga sulla stessa piccola barca. InDio, ogni cosa trova il suo senso e la suadirezione. La Chiesa, “sacramento universale di

salvezza”38, ha un ruolo fondamentale per la realiz-zazione di questo progetto salvifico.Questo modo di presentare il dialogo è fondato su unaecclesiologia ben precisa. La Chiesa cattolica ha il“dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomi-ni, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esaminatutto ciò che gli uomini hanno in comune e che lispinge a vivere insieme il loro comune destino” (NA1). Pertanto, “essa considera con sincero rispetto queimodi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottri-ne che, quantunque in molti punti differiscano daquanto essa stessa crede e propone, tuttavia non rara-mente riflettono un raggio di quella verità che illumi-na tutti gli uomini” (NA 2).La base per una possibile comprensione diventaancora più ampia quando si tratta del dialogo conle religioni monoteiste - islam ed ebraismo - checoincidono con i cristiani nel considerare Abramoloro primo patriarca. Il dialogo con loro non deveessere ridotto allo studio di problemi periferici. IlConcilio Vaticano II ha esortato i cristiani e imusulmani a “promuovere insieme per tutti gliuomini la giustizia sociale, i valori morali, la pacee la libertà” (NA 3). Benedetto XVI afferma: “ildialogo interreligioso e interculturale fra cristiani emusulmani non può ridursi ad una scelta stagiona-le. Esso è infatti una necessità vitale, da cui dipen-de in gran parte il nostro futuro”39.Il dialogo interreligioso è stato una preoccupazionecostante del Magistero post-conciliare, che ha sot-tolineato che esso “non nasce da tattica o da inte-resse”40 e non contraddice né diminuisce l’urgenzadella missione:“Il dialogo inter-religioso fa parte della missioneevangelizzatrice della chiesa. Inteso come metodoe mezzo per una conoscenza e un arricchimentoreciproco, esso non è in contrapposizione con lamissione ad gentes anzi ha speciali legami con essae ne è un’espressione” (RM 55).Alcuni dei documenti più significativi nel periodopost-conciliare sono stati: “Dialogo e missione”41

(1984) e “Dialogo e annunzio”42 (1991). Quest’ulti-mo afferma: “I cristiani che mancano di apprezza-mento e rispetto per gli altri credenti e le loro tradizio-ni religiose sono mal preparati ad annunciare loro ilVangelo” (DA 73c).

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3.3. I semi del Verbo (Semina Verbi)La Chiesa testimonia che Dio Padre, l’unico creatoredi tutto quanto esiste, vuole che gli uomini vivanocome fratelli: “i vari popoli costituiscono infatti unasola comunità. Essi hanno una sola origine, […]hanno anche un solo fine ultimo, Dio” (NA 1). Egliha posto in essi i semi del Verbo. Così, sebbene man-chi il riferimento esplicito al Dio cristiano, non perquesto si esclude che il Risorto sia presente nei lorocuori 43. “Nel cuore di tutti gli uomini di buona volontà”lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, èmorto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo èeffettivamente una sola, quella divina; perciò dob-biamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti lapossibilità di venire associati, nel modo che Dioconosce, al mistero pasquale. [… Infatti], con l’in-carnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modoad ogni uomo” (GS 22).

“Il mondo è impregnato dai «semi del Verbo», che ènecessario discernere, far crescere e maturare”44. Icristiani sono chiamati a stabilire “un dialogo since-ro e comprensivo” con tutti i popoli della Terra, affin-ché essi possano scoprire la presenza divina45 e“apprendano quali ricchezze Dio nella sua munifi-cenza ha dato ai popoli” (AG 11). Annunciando ilvangelo, anche il missionario è evangelizzato daquelli che lo ascoltano, poiché in essi coglie la peren-ne novità del Dio onnipresente.Uno dei biografi di San Francesco d’Assisi, Tommasoda Celano, riferisce che il santo aveva quell’aperturache il Concilio Vaticano II chiede a tutti:“Una volta un frate gli domandò perché racco-gliesse con tanta premura perfino gli scritti deipagani e quelli che certamente non contenevano ilnome di Dio, egli rispose: «Figlio mio, perché visono le lettere con cui si può comporre il santissi-mo nome del Signore Iddio; d’altronde, ogni beneche vi si trova, non va riferito ai pagani o ad altri

uomini, ma soltanto a Dio, fonte di qualsiasibene»”46.Un’interpretazione restrittiva dell’assioma “extraEcclesiam nulla salus“ risulta, quindi, inaccetta-bile e lo stesso si può dire dell’estremo opposto:il sincretismo, che lascia da parte i misteridell’Incarnazione e della Pasqua, dimenticandoche sono centrali nella sola economia dellaSalvezza.Il Dio onnipotente è libero di dare la sua grazia a tuttigli uomini in Cristo, l’unico mediatore universale,attraverso l’azione dello Spirito Santo e senza neces-sariamente collegarla alla Chiesa visibile. Questaipotesi dimostra l’importanza del dialogo e dellacooperazione con i non credenti: “Come credenti cisentiamo vicini anche a quanti, non riconoscendosiparte di alcuna tradizione religiosa, cercano sincera-mente la verità, la bontà e la bellezza, che per noi tro-vano la loro massima espressione e la loro fonte in

Dio. Li sentiamo come preziosi alleati nell’im-pegno per la difesa della dignità umana, nellacostruzione di una convivenza pacifica tra ipopoli e nella custodia del creato”47.

4. Lo Spirito di Assisi

La “Giornata mondiale di preghiera per lapace“, convocata dal Papa Giovanni Paolo IIad Assisi, il 27 ottobre 1986, è stata considera-ta un frutto creativo e ben riuscito delladichiarazione del Concilio Vaticano II NostraAetate; in altre parole esso fu “un’illustrazionevisibile, una lezione dei fatti, una catechesi atutti intelligibile, di ciò che presuppone e signi-fica l’impegno ecumenico e l’impegno per ildialogo interreligioso raccomandato e promos-so dal Concilio Vaticano II”48.L’incontro rese evidente simbolicamenteche le religioni possono svolgere un ruolochiave nel porre le basi della convivenza

pacifica nel mondo globalizzato. Vi presero partecentoventiquattro leaders religiosi: sessantaduerappresentanti delle chiese cristiane e sessantaduemembri delle altre religioni. “Sono venuti insiemeper pregare, ma non per pregare insieme”, come èstato spiegato da Giovanni Paolo II al fine dievitare ogni possibile apparenza di sincretismo.Allo stesso tempo, il Papa ha sottolineato che “ledifferenze sono un elemento meno importanterispetto all’unità, che invece è radicale, basilare edeterminante”49.“Se l’ordine dell’unità è quello che risale alla crea-zione e alla redenzione ed è quindi, in questosenso, «divino», tali differenze e divergenze anchereligiose risalgono piuttosto a un «fatto umano», edevono essere superate nel progresso verso l’attua-zione del grandioso disegno di unità che presiedealla creazione”50.Questa iniziativa pionieristica ha dato origine allo“Spirito di Assisi”, che promuove la pace nel

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mondo attraverso il dialogo interreligioso e lapreghiera. In questo senso, Giovanni Paolo II avevaaffermato: “ogni preghiera autentica si trova sottol’influsso dello Spirito”51. L’incontro di Assisi èstato molto efficace nel mostrare che la pace è unobiettivo prioritario per tutte le religioni, e che “lareligione non può che essere foriera di pace”52.Con l’incontro di Assisi e altre iniziative, GiovanniPaolo II mostrò che la pace era al centro della suaazione pastorale e che le religioni devono assumereun ruolo importante nella ricerca della pace,soprattutto dopo la caduta del Muro di Berlino.“La religione e la pace vanno di pari passo: dichia-rare guerra in nome della religione è un’evidentecontraddizione. […] Il compito che dovremo affron-tare sarà quello di promuovere una cultura del dialo-go. Da soli e tutti insieme, dobbiamo dimostrare chela fede religiosa ispira la pace, incoraggia la solida-rietà, promuove la giustizia e sostiene la libertà”53.Alcuni anni più tardi, volendo evidenziare l’impor-tanza dell’incontro interreligioso di Assisi,Benedetto XVI disse: “Tra gli aspetti qualificantidell’Incontro del 1986, è da sottolineare che questovalore della preghiera nella costruzione della pacefu testimoniato da esponenti di diverse tradizionireligiose, e ciò avvenne non a distanza, ma nel con-testo di un incontro. In questo modo gli oranti dellevarie religioni poterono mostrare, con il linguaggiodella testimonianza, come la preghiera non dividama unisca, e costituisca un elemento determinanteper un’efficace pedagogia della pace, imperniatasull’amicizia, sull’accoglienza reciproca, sul dialo-go tra uomini di diverse culture e religioni54.

5. Il necessario cambio di mentalità nello Spiritodi Assisi

Il dialogo interreligioso richiede interlocutori sicuridelle proprie convinzioni e in continua ricerca dellaverità. Cercando la pace, i capi religiosi e i cre-denti dovranno affrontare con coraggio temicome la violenza, la guerra e la criminalità orga-nizzata. Papa Francesco, infatti, sta mostrandouna grande determinazione in questo senso. Inriferimento alla Mafia, ha affermato: “coloroche nella loro vita seguono questa strada dimale, come sono i mafiosi, non sono in comu-nione con Dio: sono scomunicati!”55. La fortereazione delle persone coinvolte dimostra l’effi-cacia delle parole del Papa.Purtroppo la criminalità organizzata e la guerrasono un grande business. A causa di moltepliciinteressi, le finanze globali e l’industria sonoorientate alla guerra; la scienza è impegnatanello sviluppo delle armi e i mass media spessopresentano la violenza come qualcosa di natu-rale e inevitabile56. È necessario eliminarequesti errori e superare la visione antropologicanegativa (homo homini lupus57), che esclude lapossibilità di una pace duratura. In questo senso,

il preambolo della Costituzione dell’UNESCO affer-ma: “poiché le guerre nascono nella mente degli uomi-ni, è nello spirito degli uomini che devono essere postele difese della pace”58. Abbiamo bisogno di un “disar-mo mentale” che ci liberi dall’avidità, dall’odio, daipregiudizi... Questa necessaria guarigione va oltre lenostre forze in un mondo segnato dalla violenza. I cre-denti di diverse religioni ritengono che questo cambia-mento di mentalità non è soltanto un compito urgenteper ogni uomo, ma anche un dono da chiedere conti-nuamente a Dio, giacché solo lui può portare la verapace. Per i cristiani, Gesù stesso è la nostra pace (Ef2,14).Le religioni hanno una lunga tradizione di saggezza edi impegno disinteressato nell’affrontare le questionisociali. Di fatto, le organizzazioni religiose sono notea livello mondiale per la loro sollecitudine e diligenzanell’aiutare le persone più vulnerabili. La vicinanzaaffettuosa all’altro favorisce il senso di responsabilità,crea legami di fiducia e costruisce la coesistenza paci-fica. Inoltre, le religioni aprono gli esseri umani allacontemplazione della bellezza in un modo che qualsi-asi ideologia o materialismo sarebbe incapace di fare.Con l’aiuto divino, anche i nostri errori e le nostreimperfezioni non sono più un ostacolo alla crescitapersonale e sociale, poiché Cristo, sposo bellissimo,tutto purifica59 e così ristabilisce la bellezza facendo“nuove tutte le cose”60.

Conclusione

La religione (re-ligare) ha come scopo il costruirela comunità, cioè i legami umani che uniscono edanno vita. Attraverso l’incontro personale, il per-dono e i rapporti di fiducia, la religione pone vera-mente le basi della pace. Invece, il sistema eco-nomico-finanziario oggi dominante offre moltimezzi tecnici di connessione, ma non riesce a evi-tare che le persone si sentano sempre più sole.

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Nella nostra società individualista, i legami familiarisono sempre più deboli e il globale minaccia illocale. I media e le reti sociali offrono soltantoun’illusione di comunità, mentre in realtà rispon-dono alla logica del consumismo. L’assenza di uncontatto umano diretto favorisce, ad esempio, l’esi-bizionismo e il cyber-bullismo. La stessa dinamicadi irresponsabilità agisce nella guerra moderna cheuccide migliaia di persone senza guardarle in fac-cia, ridotte di proposito a mere figurine statistichesullo schermo del computer. Cercando ciecamenteun progresso materiale fine a se stesso, l’economiapromuove una guerra di interessi in cui si sacrifical’essere umano e si abusa della natura perché,come diceva Hobbes, “la tua morte è la mia vita”61.Contraddicendo questa visione darwiniana dellasocietà, la Chiesa cattolica afferma che l’uomo,“per sua intima natura è un essere sociale” (GS 12)e sempre “deve essere principio, soggetto e fine ditutte le istituzioni sociali” (GS 25). Inoltre, attra-verso il principio di sussidiarietà, la Chiesa sotto-linea l’importanza delle comunità locali e laprevalenza dei beni relazionali sui beni economici.La vera religione promuove la pace, l’armonia e lariconciliazione, risanando le quattro relazioni fonda-mentali: con Dio, con gli altri esseri umani, con sestessi e con la natura. Anche la morte diventa unasorella nella percezione dei credenti come Francescod’Assisi, perché ci apre la porta alla vera vita. In quelmomento solenne, saremo giudicati sull’amore.* Teologia Morale Pontificia Università Antonianum

1 Il testo ripropone una conferenza tenuta durante il 5° Simposiointernazionale sul dialogo islamo-cristiano, organizzato dallaFamiglia Francescana ad Istanbul (Turchia), dal 26 al 27 settem-bre 2014, sul tema: “Contributions of Religions to Peace”.2 Con questa espressione, Edward Lorenz cercava di spiegarela teoria del caos, ma è stata utilizzata anche per mettere inguardia dai pericoli di un mondo globalizzato e interdipen-dente. Cfr. R.C. HILBORN, in American Journal of Physics72/4 (2004) 425-427.3 B.V. BRADY, Essential Catholic social thought, Orbis,Maryknoll 2008, 239. 4 http://hiik.de/de/downloads/data/downloads_2013/Conflict-Barometer2013.pdf5 K. SINGH, The contribution of Religions to the culture ofpeace. Final report, Centre UNESCO de Catalunya,Barcelona 1995, 4 [traduzione mia].

6 C. TAYLOR, A Secular Age, Belknap Press, Cambridge MA2007 (trd. it. L’età secolare, Feltrinelli, Milano 2009). Sulpensiero di Taylor: ID., Dilemmas and connections. SelectedEssays, Belknap, Cambridge 2014.7 G. BAUM, «The churches challenged by the Secularization ofculture», in Journal of Ecumenical Studies 46/3 (2011) 344.8 “The dark side of individualism is a centering on the self,which both flattens and narrows our lives, makes them poorerin meaning”. C. TAYLOR, The Ethics of authenticity, HarvardUniv. Press, Cambridge MA 1991 (6th printing 1995), 4.9 Cfr. C. TAYLOR, A Catholic Modernity?, The Univ. of Dayton1996, 20-21.10 J. RATZINGER., Values in a time of upheaval, Ignatius, SanFrancisco 2006, 66. Reason has been reduced “to what is cal-culable. [...] We have to be converted again to a broader con-cept of reason; we must relearn moral reason as somethingrational”. ID., Church, ecumenism, and politics: new endeav-ors in ecclesiology, Ignatius, San Francisco 2008, 205.11 Cfr. BENEDETTO XVI, Lettera enciclica «Spe Salvi», [=SS],30-11-2007, n. 22 e 42-43, in Acta Apostolicae Sedis, [=AAS],99 (2007) 985-1027.12 G. BAUM, «The churches challenged…», cit., 345.13 C. TAYLOR, A Secular Age, cit., 505-535.14 J. HABERMAS - Cardinal J. RATZINGER, The Dialectics ofSecularization. On reason and Religion, Ignatius Press, SanFrancisco, CA, 2006, 69-70 (trd. it Ragione e fede in dialogo,Marsilio, Venezia 2005).15 J. HABERMAS - J. RATZINGER Ragione e fede in dialogo,Marsilio, Venezia 2005, 59. “La secularización ha de enten-derse hoy como un proceso de aprendizaje recíproco entre elpensamiento laico heredero de la Ilustración y las tradicionesreligiosas. Éstas pueden aportar un rico caudal de principioséticos que, al ser traducidos al lenguaje de la razón, fortalecenlos lazos de solidaridad ciudadana sin los que el Estado secu-larizado no puede existir”. J. RATZINGER – J. HABERMAS,Dialéctica de la secularización. Sobre la razón y la religión,Encuentro, Madrid 20064, 18. “Ambas posturas, la religiosa yla laica [...] pueden tomar en serio mutuamente sus aportacio-nes en temas públicos controvertidos”. Ibid., 43-44. 16 Per completare quanto qui diciamo: M. CARBAJO NÚÑEZ,Francisco de Asís y la ética global, PPC, Madrid 2008. Il libroè stato tradotto in italiano (Padova 2011) e in portoghese(Braga 2009). Cfr. R. MANCINI, Etiche…, cit.; cfr. L. BOFF,Ethos mondiale. Alla ricerca di un’etica comune nell’eradella globalizzazione, Gruppo Abele, Torino 2000, 31-59.17 R. MANCINI, Etiche della mondialità, Cittadella, Assisi1996, 15-198.18 H. JONAS, Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethikfür die technologische Zivilisation, Suhrkamp, Frankfurt amMain 19845, 15.19 H. JONAS, tr. it. Il principio responsabilità. Un’etica per laciviltà tecnologica, Einaudi, Torino 2009.20 H. KÜNG, Perché un’etica mondiale. Religione ed etica intempi di globalizzazione, Queriniana, Brescia 2004; ID., Eticamondiale per la politica e l’economia, Queriniana, Brescia2002; ID., Proyecto de una ética mundial, Trotta, Madrid7 2006.21 BENEDETTO XVI, Lettera enciclica «Caritas in Veritate»,[=CV], 29-06-2009, n. 4, in AAS 101 (2009) 641-709. “Lacarità è amore ricevuto e donato”. CV 5.22 K. RAHNER, «Il Dio trino come fondamento originario e tra-scendente della storia della salvezza», in Mysterium Salutis,III, Queriniana, Brescia 1969, 474. “Il disegno divino dell’uo-mo e del mondo non può incarnarsi senza la libertà dell’uo-mo”. N.A. BERDJAEV, Filosofia dello spirito libero, San Paolo,Cinisello Balsamo 1997, 212.23 Ger 7,23; cfr. Es 6,7. 24 J. RATZINGER, Il Dio vicino. L’eucaristia cuore della vitacristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003, 13.25 A. KASPER, Caminos de unidad. Perspectivas para elEcumenismo, Cristiandad, Madrid 2008, 26. “Al comienzo desegundo período de sesiones, el papa declaró en un discursoinaugural de carácter programático que el ‘acercamiento’ ecu-ménico era uno de los objetivos y, por así decir, la necesidadespiritual por la que se convocó el Concilio. Si nos ajustamos

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a esa afirmación, habría que leer todos los documentos oficia-les del Concilio desde una perspectiva ecuménica”. Ibid.26 “La rivelazione […] può essere raffigurata in un dialogo, nelquale il Verbo di Dio si esprime nell’Incarnazione e quindi nelVangelo”. PAOLO VI, Lettera enciclica «Ecclesiam suam», 6-08-1964, n. 72, in AAS 56 (1964) 609-659.27 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. DomenicoSorrentino in occasione del XX anniversario dell’incontrointerreligioso di preghiera per la pace» 2-09-2006, in AAS 98(2006) 749-754.28 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. DomenicoSorrentino...», cit.29 Cfr. Dt 20,10-18; Gs 7; D. SORRENTINO, «Benedetto XVI e lo“Spirito di Assisi”», in Convivium Assisiense 9/1 (2007) 97-99. 30 Cfr. Sap 16,18.31 Cfr. Is 2,2ss; 42,6; 66,18-21; Ger 4,2; Sal 47. BENEDETTOXVI, «Lettera a S.E. Mons. Domenico Sorrentino...», cit.32 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. DomenicoSorrentino...», cit.33 FRANCESCO, Lettera enciclica «Lumen Fidei», 29-05-2013,n. 34, in AAS 195 (2013) 555-596.34 FRANCESCO, «Messaggio per la 47 Giornata Mondiale dellaPace», 1-01-2014, n. 1, in L’Osservatore Romano (13-12-2013) 4-5.35 CONCILIO VATICANO II, Dichiarazione «Nostra Aetate»,[NA], 28-10-1965, in AAS 58 1966) 740-744.36 GIOVANNI PAOLO II, Costituzione apostolica «PastorBonus», 28-06-1888, in AAS 80 (1988) 841-930. QuestoPontificio Consiglio include la Commissione per i rapportireligiosi con i musulmani, istituito da Paolo VI nel 1974.37 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica in forma di Motu proprio«Inde a Pontificatus», 25-3-1993, in AAS 85 (1993) 549-552.38 “La Chiesa è «l’universale sacramento della salvezza» chesvela e insieme realizza il mistero dell’amore di Dio versol’uomo”. CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale«Gaudium et Spes», [=GS], 7-12-1965, n. 45, in AAS 58(1966) 1025-1120; cfr. ID, Costituzione dogmatica «LumenGentium», [=LG], 21-11-1964, n. 48, in AAS 57 (1965) 5-71.39 BENEDETTO XVI, «Incontro con i rappresentati di alcunecomunità musulmane», Colonia 20-08-2005 in Insegnamentidi Benedetto XVI, Lev, Città del Vaticano, [=InsB], vol. I(2005) 445-448, qui 445. 40 Il dialogo “è un’attività che ha proprie motivazioni, esigen-ze, dignità: è richiesto dal profondo rispetto per tutto ciò chenell’uomo ha operato lo Spirito, che soffia dove vuole”.GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica «Redemptoris misio»,[=RM], 7-12-1990, n. 56, in AAS 83 (1991) 249-340.41 SEGRETARIATO PER I NON-CRISTIANI, «La Chiesa e le altreReligioni – Dialogo e Missione», 10-06-1984, in AAS 76(1984) 816-828.42 PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTER-RELIGIOSO,«Dialogo e annunzio», [=DA], 19-05-1991, in AAS 84 (1992)414-446.

43 “Dio ha legato la salvezza al sacramento del Battesimo, tut-tavia egli non è legato ai suoi sacramenti“. Catechismo dellaChiesa Cattolica, [=CCC], n. 1257, Madrid 1992. 44 P.G. CABRA, La vida religiosa en misión, Sal Terrae,Santander 1991, 81 [traduzione mia]; E. MELANDRI, «Dalla“colonizzazione” alla liberazione», in Adista 32 (2012) 30;PAOLO VI, Esortazione apostolica «Evangelii nuntiandi»,[=EN], 8-12-1975, n. 80, in AAS 58 (1976) 5-76.45 V.M. PEDROSA et al., ed., Nuevo diccionario de catequética,I, San Pablo, Madrid 1997, 52.46 T. DE CELANO, «Vita del beato Francesco [vita prima]»,[=1Cel], c. 82, in Fonti Francescane, [=FF], EFR, Padova3

2011, 463.47 FRANCESCO, Esortazione apostolica «Evangelii Gaudium»,[=EG], 24-11-2013, n. 257, LEV, Città del Vaticano 2013.48 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso alla Curia romana», 22-12-1986, n. 3, in AAS 79 (1987) 1082-1090. 49 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso alla Curia romana», 22-12-1986, cit., n. 3.50 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso alla Curia romana», 22-12-1986, cit., n. 5. 51 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso alla Curia romana», 22-12-1986, cit.52 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. DomenicoSorrentino...», cit.53 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso ai rappresentanti religiosi»,28-10-1999, n. 3, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II,[=InsJP2], Lev, Città del Vaticano, vol. 22/2 (1999) 651-655,qui 653; cfr. ID., «Discorso ai partecipanti della sesta assem-blea della conferenza Mondiale su Religione e Pace», 3-11-1994, 2, in InsJP2 17/2 (1994) 597-601, qui 599.54 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. DomenicoSorrentino...», cit.55 FRANCESCO, «Omelia nella spianata dell’area ex Insud(Sibari, Calabria)», 21-06-2014. 56 K. SINGH, The contribution of Religions…, cit., 3. “In orderto contribute to the creation of a culture of peace, UNESCOinitiated a dialogue with the religious traditions and peaceresearch centers during the 1992-1993 biennium”. Ibid.57 “L’uomo è un lupo per l’uomo“. PLAUTO, Asinaria, atto II.Tommaso d’Aquino mostra una concezione antropologicamolto diversa quando afferma: “Homo homini naturaliteramicus“. S.Th II-II, q.114, a.1, ad.2.58 UNESCO, Costituzione della Organizzazione delle NazioniUnite per l’Educazione, le Scienze e la cultura, Londra 1945.59 Cfr. Rm 8,28. “Deformia facit pulchra, pulchra pulchriora etpulchriora pulcherrima”. Hexaem I, 34 (Opere di SanBonaventura, VI/1 66-67).60 Ap 21,5. Bonaventura afferma: “Pulchritudo pulchrificativauniversorum”. BONAVENTURA, Sermones de nativitate b.Mariae virginis, II (Opera omnia, IX 709a).61 “Mors tua vita mea”. HOBBES, De cive, 1, 12.

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“ECOLOGIA FRANCESCANA. RADICI DELLA LAUDATO SI’”,PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI MARTÍN CARBAJO NÚÑEZ

RELATORE: PROF. SIMONE MORANDINIIstituto Studi Ecumenici S. Bernardino (Venezia)

9 MAGGIO 201717:15–18:30

ACCADEMIA ALFONSIANA, AULA MAGNAROMA

Questo libro ci introduce nella visione francescana dell’ecologia che, in molti aspetti, puòessere considerata come ispiratrice dell’enciclica Laudato Si'. A partire da una visione glo-bale e inclusiva, analizza le attuali sfide etiche globali, mettendole in relazione con l'espe-rienza di Francesco d'Assisi e con la riflessione filosofica e teologica della Tradizione fran-cescana. Si evidenzia la necessità di superare l'attuale paradigma tecnocratico e la cultu-ra dello scarto, che privilegia il ben-avere sul ben-essere e rompe i legami che ci unisconoalle creature.

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Si ha sempre la sensazione che le parole siano vuote eche non possano esprimere appieno la persona chevogliamo ricordare ed accompagnare con il nostroaffetto verso il suo viaggio alla casa del Padre. Questoè il momento del raccoglimento, della riflessione,della meditazione, e soprattutto della preghiera.Il nostro Nino Lo Monaco era un uomo che ha cre-duto nella famiglia, nell’amicizia, nella FraternitàFrancescana … nella vita! Dall’infausto giorno del-l’inizio del suo calvario abbiamo sempre sperato chelui riuscisse a vincerlo quel male tremendo che s’in-sinuava in lui, purtroppo non è stato così, ed io fac-cio ancora fatica a crederci, nella mia mente nonposso ancora credere che sia andata così.Forse questi pensieri non li ho avuti solo io, forsesono pensieri che abbiamo avuto tutti, forse posso-no sembrare semplici esternazioni ma sono profon-damente veri. Nino era semplice e buono, semprepronto ad aiutare ed ad incoraggiare, con l’indomi-ta forza di chi sa sopportare fatiche e pesi di ognigenere. Ed anche se abbiamo nel cuore la certezzache il Signore sa quello che fa, il dolore è grande.Potrei citare decine di aneddoti ma forse lui avreb-be preferito raccontarli a voce a suo modo comeamava fare quando eravamo riuniti.Non ci sono parole per ringraziarlo per l’opera pre-ziosa e per il ruolo che ha saputo svolgere tra di noi,dedicandoci ciò che di più prezioso un uomo possie-da: il proprio tempo e la sua stessa vita sino alla fine.Un donarsi e un darsi, senza mai un’esitazione,senza mai una pausa o un ripensamento, anche neimomenti più duri e più difficili, quando le forze e lasalute magari avrebbero richiesto un passo indietro.E invece, al contrario, Nino, con la caparbietà, e nellostesso tempo la sensibilità che gli erano consone, hacontinuato ad andare avanti, ad imprimere un’accele-

razione, a quella sua scelta di “esserci”sempre.Un compagno di viaggio molto prezio-so su cui abbiamo potuto sempre con-tare, instancabile nel voler testimonia-re la spiritualità francescana che vole-va donare a tutti coloro che incontravasulla sua strada, sempre attento acostruire interventi sociali e culturali.Ci mancheranno le sue battute, queisuoi occhi birichini, e le sue strette dimano, ci mancherà lui.Lo ricorderemo sempre, come fratel-lo e come persona, per la sua infinitaumanità.E sono certa che anche dal cielo,Nino, instancabile com’è, continueràa vegliare su di noi. Questo ci rassere-na, ci dà forza, sapremo essere fedelicustodi dei suoi insegnamenti.Buon viaggio…Nino!

Maria Rosaria Restivo

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BUON VIAGGIO...DEDICATO AD ANTONINO LO MONACO

Antonino Lo Monaco, presidente regionaleSicilia e consigliere nazionale della FraternitàFrancescana Frate Jacopa, ci ha lasciato il 2 feb-braio 2017, dopo un lungo tempo di malattiaaffrontato con grande coraggio e fede. Aveva 56anni. Accanto alla sua intensa attività professio-nale, non ha mai mancato di interessarsi del-l'ambito sociale e politico, ricoprendo vari incari-chi nella sua Taormina, e adoperandosi nelConsiglio di Amministrazione della CooperativaSociale Frate Jacopa.

IL NOSTRO SALUTO A NINO

La Fraternità Francescana Frate Jacopa si stringe al figlioLivio, alla moglie Lucia, alle sorelle, alla famiglia tutta inquesto momento di grande dolore per la perdita delnostro carissimo Nino.Ci sembra di vedere il suo sorriso... Vogliamo ricordarlocosì come lo abbiamo conosciuto nel nostro camminareinsieme in questi anni, in cui lo abbiamo visto, anche neimomenti più difficili, sempre forte nella speranza.Lo ricordiamo quando era lui a incoraggiare tutti a guar-dare avanti con fiducia.La sua generosità nel servizio alla Fraternità regionale enazionale, la sua intraprendenza, la capacità di ricomin-ciare sempre da capo nell'interessarsi del bene comune,il suo amore per la famiglia, il suo desiderio di condivide-re con altri il tesoro prezioso della spiritualità francesca-na, rimangono per noi esempio e stimolo.Nel rendimento di grazie per averlo avuto come fratello,chiediamo al Signore di saper accogliere la sua eredità:quella operosa fedeche, anche nelle soffe-renze più grandi, ci hatestimoniato qual è lavera Luce che illumina ilcammino.Carissimo Nino, nellapienezza della pace delPadre di ogni misericor-dia, continua ad esserciaccanto!Argia Passoni, P. Lo-renzo Di Giuseppe,Maria Rosaria Restivo,Bice Bombaci, GiorgioGrillini e tutta la Frater-nità Francescana FrateJacopa nazionale eregionale, assieme allaCooperativa SocialeFrate Jacopa

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Centocinquanta giornalisti dell’Emilia-Romagnahanno partecipato alla XIII edizione del conve-gno regionale su “Giornalismo strumento dicostruzione e di riconciliazione” all’IstitutoVeritatis Splendor di Bologna, organizzato per lafesta del patrono dei giornalisti, S. Francesco diSales, dall’Ufficio Comunicazioni sociali Ceer incollaborazione con Fisc, Ucsi, Gater, Acec,GreenAccord e Ordine dei giornalisti Emilia-Romagna, con crediti formativi...Hanno portato i saluti mons. Tommaso Ghirelli,nuovo vescovo delegato per le Comunicazionisociali Ceer, don Davide Maloberti, delegato regio-nale Fisc, Matteo Billi, presidente Ucsi Emilia-Romagna e Antonio Farnè, presidente regionaleOdg, che ha affermato: «Oggi si può parlare diperiferia anche nel giornalismo, dove il 65% di chifa questo mestiere non ha un contratto».Sono poi intervenuti il giornalista Guido Mocellin,saggista, affermando che «l’evoluzione del siste-ma, a partire dalle res novae continuamente propo-ste dalla tecnologia, è oggi così rapida da porrecontinuamente nuove domande di natura etica, chespetta agli operatori riconoscere, identificare e for-mulare» e Alessandro Rondoni, direttore UfficioComunicazioni sociali Ceer, che ha sottolineato:«Viviamo la socialitudine, il tempo in cui si è tutti

connessi ai social ma immersi in una nuova solitu-dine. L’informazione è un bene comune e offrenotizie come cibo per la mente. Oggi si dice che lagente ragiona con la pancia, noi allora diciamo chebisogna mangiare con la testa».È intervenuto pure don Ivan Maffeis, direttoreUfficio nazionale comunicazioni sociali Cei, affer-mando che «siamo sempre più distratti da cosefutili, anche a causa del digitale, col rischio di esse-re allontanati dagli altri. Abitare la frontiera signi-fica non chiudersi in sé ma accettare il confronto,l’incontro e la fatica di inserirsi nel tessuto vitaledel tempo in cui viviamo».Mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo diBologna, ha presentato il messaggio del Papa“Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”.«Il circolo vizioso della paura e dell’angoscia – hadetto – ha conseguenze gravi perché produce disil-lusione e fatalismo. Bisogna superare questa tenta-zione del negativo e comunicare partendo dal-l’esperienza di vita, dalla speranza e dalla fiduciadel Vangelo». Mons. Ernesto Vecchi è stato ringra-ziato per il lungo servizio nelle Comunicazionisociali e gli atti del convegno, svoltosi il 10 feb-braio, saranno pubblicati da “Il Nuovo Areopago”(ed. La Nuova Agape).

Alessandro Rondoni

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VIVIAMO L’EPOCA DELLA ‘SOCIALITUDINE’,CONNESSI MA SOLI

Convegno UCSI a Bologna

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Il presente volume raccoglie gliAtti del Convegno svoltosi a curadella Fraternità Francescana eCooperativa Sociale Frate Jacopa aBellamonte (TN) sulle Dolomiti,dal 23 al 26 agosto 2016, con ilpatrocinio del Comune di Pre-dazzo.Il tema “Abitare la terra. Abitare lacittà”, scelto a partire dalle indica-zioni del Convegno EcclesialeNazionale di Firenze “In CristoGesù un nuovo umanesimo”, vieneproposto attraverso il contributo diteologi ed esperti in quattro sezio-ni, che ne delineano elementi fon-damentali, offrendo strumenti dilettura sulla complessità del tempopresente in ordine all’abitare erichiamando alla necessità di recu-perare la profondità insita nella densità pluriforme delverbo abitare:1. Abitare la città2. Abitare il territorio3. Abitare le relazioni4. Abitare la terra.

Alla interessante lettura della decostruzione delsociale oggi operante nelle nostre società, guidateda un individualismo libertario e da un neo utilitari-smo, che mercantilizzano ogni realtà e relazioneerodendo il sociale e i beni relazionali (M. Toso), fada riscontro la metafora del “mare liquido” (DonCagol). Il mare della comunicazione globale, dovetutto è contemporaneo, porta alla atomizzazione ealla astoricità delle relazioni (Atti); in questo mare,dominato dalla tecnocrazia e dalla finanza specula-tiva, gli uomini fluttuano, migrano senza meta esenza patria, in territori anonimi, interscambiabili,senza identità, né comunità di senso.In un contesto di questo tipo, che ingloba natura,uomini, popoli, è segnalata l’urgenza di imboccare ilparadigma della generatività sociale affermando unarelazionalità generativa del sociale, vissuta all’insegnadella reciprocità e del mutuo potenziamento d’essereper un abitare più umano e umanizzante (M. Toso). El’urgenza di ridare forma solida a ciò che viviamo,rivitalizzando le comunità, attraverso l’impegno perun nuovo ethos sociale che ci faccia recuperare il benedell’essere insieme, il bene comune, i legami socialinativi, un’etica relazionale fondata sulla comune ori-gine, sul destino comune, sulla chiamata comune adabitare l’unica casa comune (Don Cagol).Da entrambe le letture e indicazioni, un forte appel-lo a prendere coscienza della nostra condizione dicristiani e cittadini e ad assumere la lezione diEvangelii Gaudium, che vede come punto nevralgi-co il farsi popolo, il divenire popolo. Il popolo

rimanda alla questione decisiva:la questione del senso del vivereinsieme. La sfida di essere cittadi-ni comprende il vivere e l’esplici-tare l’appartenenza ad una socie-tà, ad un popolo, inteso comeunione morale di persone cittadi-ni uniti da mutua fraternità eimpegnati in un territorio in vistadella realizzazione del benecomune (Mons. Toso). Da qui lachiamata in causa a riscoprirsicome popolo di Dio in camminonella storia, per alimentare quel“noi” rigeneratore che va costrui-to nella crescita di una comunitàcristiana orientata al dialogo conla comunità civile, nella consape-volezza di un Dio che abita ancheoggi le nostre strade, le nostre

piazze, le nostre città.Ora tutto questo viene saldamente ancorato, daogni contributo e dal testo nel suo insieme, al recu-pero delle radici antropologiche, teologiche, rela-zionali dell’abitare.Il tema dell’abitare è legato al mistero dell’incarna-zione di un Dio che viene ad abitare in mezzo a noi,che si fa dimora in noi – “inabitare” – (Guerrini,Baldo, Don Serretti) per rendere possibile la parteci-pazione al suo progetto salvifico per ogni uomo e pertutta la creazione. Il mistero del poter essere abitatida Dio è la fonte prima del vero e autentico abitaredell’uomo. “Abita la terra” è un comando iscritto nelcuore dell’uomo (Don Serretti, Mons. Tisi). L’“abita-re le relazioni” ci rimanda dunque a vivere la rela-zione con Dio, con il creato, con ogni altro uomo(Baldo) ed al tempo stesso ci rimanda a considerarecome ogni uomo abiti innanzitutto la relazione, per-ché ogni uomo nasce in un grembo materno. Fissarelo sguardo sulle relazioni costitutive (Don Serretti),volute da un Creatore che ci ha creati “a sua imma-gine e somiglianza” nella unità uomo-donna, è fon-damentale per risanare le relazioni di origine dimaternità e paternità e curare la famiglia quale inso-stituibile cuore di ogni relazionalità. Così “abitare lacittà” richiede uno sguardo contemplativo che possavedere anche oggi quel Dio che abita le nostre cittàper divenire con Lui capaci di rigenerare la nostramodalità di abitare.Questo il messaggio centrale: recuperare le radici,ritornare alla relazione costitutiva dell’umano, perritrovare il senso dell’abitare e recuperare la bellez-za dello statuto creaturale voluto per la felicità diogni uomo e di tutta l’umanità.

Dal testo emerge la responsabilità dell’abitareoggi. Una responsabilità da intendersi non in sensomoralistico. Si tratta di rispondere in senso respon-

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ABITARE LA TERRA, ABITARE LA CITTÀAA.VV.

ABITARE LA TERRA,ABITARE LA CITTÀ

Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa

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soriale (Mons. Tisi). Rispondere al dono ricono-scendo il dono ricevuto ed amministrandolo a par-tire dalla quotidianità della nostra vita, imparandoa farlo per il bene di tutti. Riscoprire la bellezza, ladignità assegnata all’uomo (Guerrini, Baldo), eriscoprire la bellezza di questa responsabilità,capace di rigenerare la nostra vita e di contribuire asalvare dalla desertificazione la terra e la conviven-za umana. Non possiamo sottrarre questo supple-mento d’anima che la fede può offrire (DonCagol). Siamo chiamati a restituire e a condividerequanto abbiamo ricevuto, aperti all’incontro conogni altro uomo e donna del pianeta. Siamo chiamati a farlo con tutta la speranza e lafiducia che in questo non siamo soli. L’umanocerca il noi come abitazione naturale (Mons. Tisi).È il discorso del “con” come percorso d’anima. Ilprimo “con”, il più fecondo, è proprio il portarecon Cristo le sorti del mondo: un con-compiere conCristo che è venuto a dimorare in mezzo a noi per-ché noi potessimo partecipare pienamente al suoprogetto di amore. Il “con” come percorso d’animaci porta così ad un crescere “con”, alla concretezzadel “con-crescere” nella concretezza della comuni-tà, comunità ecclesiale e comunità civile.Un “noi” dunque da costruire con perseveranza;non un “noi” massa delle società impersonali, nep-pure un “noi” meramente etnico o contrattuale (cfEG), ma un “noi” unito dall’amo-re reciproco, dalla comune appar-tenenza, che spinge a realizzare ilbene di tutti nello spazio e neltempo (Mons. Toso). La costru-zione del “noi” per un nuovoethos civile (Don Cagol). Unaritessitura che interpella a renderesempre più generativa la comuni-tà ecclesiale a partire dal curare lenostre comunità come “contro-ambiente”, secondo il linguaggiodel sociologo Magatti: ambientiche spezzano l’anonimato, in cuidiscernere, in cui formarsi insie-me e custodirsi dal “mare liqui-do”, per far emergere la terra soli-da (Don Cagol), progettandosempre più luoghi ponte, in cuisiano possibili la cultura dell’in-contro e del dialogo per costruirequella civitas da cui dipende laciviltà, la qualità del nostro abita-re, la qualità della cittadinanzaglobale.

La via dell’abitare ci immettecosì decisamente sul piano diquella “chiesa in uscita” indicatadalla Evangelii Gaudium, checome laici siamo chiamati a vive-re nella interazione continua conla realtà sociale e civile. È il lasci-to del Convegno EcclesialeNazionale da far crescere nella

comunione e nella gioia del metterci in stato dirisposta. Non a caso l’abitare incrocia le altre quat-tro vie proposte a Firenze 2015: è “uscire” da unabitare difensivo per divenire abitare ospitale; è“annunciare” che Dio è lì nella città, nella nostravita, nelle nostre case; è “educare” alla logica dellagratuità e della restituzione, educare al limite peruna convivialità che renda ragione della fraternitàcosmica (cf LS); è un continuo “trasfigurare” checontempla la bellezza dell’abitare con Dio, nelcreato, nelle città, con i fratelli, in quella dinamicadi conversione che unisce cielo e terra.Gli Atti vogliono essere segno di condivisione diquesto dono, con una particolare riconoscenza atutti coloro che hanno contribuito anche con latestimonianza a mettere a fuoco il messaggio diimpegno nella speranza che il libro propone. È ilmessaggio che ci viene dall’ascolto del territorio,un territorio dove una plurisecolare esperienza hapreservato con “Regole” l’ambiente e la possibilitàdi vita delle popolazioni locali in un rapportofecondo tra comunità e istituzioni ecclesiali(Bosin, Morandini, Don Pizzolli), donando così atutti la possibilità di godere oggi di questo patri-monio dell’umanità e l’eredità di una gestione con-divisa dei beni di creazione quale potenziale para-digma di futuro.

A cura di Argia Passoni

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CICLO INCONTRI“ABITARE LA TERRA, ABITARE LA CITTÀ”

Si è tenuto a Bologna, domenica 19 febbraio, il secondo appuntamento delCiclo promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa con le Parrocchiedi S. Maria Annnunziata di Fossolo e di S. Rita. Il tema “Abitare le relazioni infamiglia: la sfida più bella e complessa” è stato sapientemente proposto daldi dentro del vissuto famigliare dalla Dott.ssa Elisa Manna (Res. Centro StudiCaritas Roma, già Resp. Politiche culturali Censis) suscitando vivo interessee partecipazione. Nella foto un momento dell’incontro, di cui daremo reso-conto nel prossimo numero del Cantico, mentre anticipiamo che il terzoappuntamento si terrà domenica 9 aprile, sempre presso la Parrocchia S.Maria Annunziata di Fossolo: sul tema “Abitare con fede la città” interverràl’Arcivescovo di Bologna, S.E. Mons. Matteo Zuppi.

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La Cooperativa Sociale Frate Jacopa è finalizzata a rendere concreta nel quotidiano la dottrina sociale della Chiesa secondo lo spirito di S. Francesco, attra-verso attività sociali, educative, formative, ed in particolare attraverso progetti a favore degli ultimi. Vuole essere uno strumento operativo per prendersi curadel bene comune nella interazione con la società civile e con le istituzioni nei vari territori.L’auspicio dei soci fondatori è che la Cooperativa Frate Jacopa possa essere utile affinché il lievito della fraternità possa sempre meglio rendersi presente nellaChiesa e nella società, nella immutata fedeltà al carisma francescano, ricercando forme adeguate alla novità dei tempi per incontrare e servire i fratelli, facen-doci loro prossimi. E sostenendo nella concreta operatività quella cultura della pace e del bene a cui sono chiamati i seguaci di S. Francesco nel mondo.

LE NOSTRE ATTIVITÀ* Scuola di Pace operante con particolare attenzione ai temi della Pace, della Custodia del Creato, del Bene Comune e della Comunicazione (approfondimentointerdisciplinare alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa e della Spiritualità Francescana).* Pubblicazione Rivista Nazionale “Il Cantico”.* Testi di formazione, Atti di Convegni, Schede di sensibilizzazione.* Collaborazione di volontariato con Diocesi, con la Caritas e con il Servizio Accoglienza Vita. Collaborazione con il Tavolo per la Pace della Provincia diBologna.* Progetto formazione-lavoro per ragazzi diversamente abili e percorsi di autonomia in collaborazione con l’Associazione “Solidabile Onlus”.* Percorsi della Scuola di Pace sul territorio: Progetto “Stili di vita per un nuovo vivere insieme”.* Lavoro a tutela dei beni di creazione, con l’adesione alla Campagna Acqua Bene Comune, alla Campagna Caritas Internationalis “Una sola famiglia.Cibo per tutti” e alla Campagna Internazionale “Water human right treaty”.* Adesione al Forum Sad, alle Campagne, “L’Italia sono anch’io”, “Sulla fame non si specula”, “Uno di noi” e alla Campagna “Povertà zero” della CaritasEuropea e Italiana.* Sostegno a distanza. Sostegno Iniziativa Struttura Sanitaria Club Noel per l’infanzia povera della Colombia.

ANCHE TU PUOI SOSTENERE LE OPERE DI FRATERNITÀ DESTINANDO IL 5 PER MILLE ALLA SOC. COOPERATIVA SOCIALE FFRATE JACOPA. PER FARLO BASTA APPORRE NELLA TUADICHIARAZIONE DEI REDDITI IL NUMERO DI CODICE FISCALE DELLA COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA, CF 09588331000, NELL’APPOSITO RIQUADRO CON LA TUA FIRMA.

Per inviare offerte usa il bonifico bancario sul c/c Banca Prossima Gruppo Intesa S. Paolo, P.le Gregorio VII, IBAN IT82 H033 5901 60010000 0011125intestato a Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, con la causale “Liberalità a favore della Cooperativa Sociale Frate Jacopa”. Verrà rilasciataricevuta per usufruire delle deduzioni fiscali previste dalla legge.

Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate Jacopa - Via Tiburtina 994 - 00156 RomaTel. 06631980 - www.coopfratejacopa.it - [email protected] - www.fratejacopa.net - htpp://ilcantico.fratejacopa.net

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frate JacopaCodice fiscale 09588331000

La Fondazione Infantile “Club Noel” è l’unico ospedale dedicato esclu-sivamente alla cura dei bambini poveri residenti in tutto il Sud-Ovestdella Colombia, nella città di Cali. Questa Fondazione è stata creata nel1924 e da allora è stata sempre al servizio dei bambini poveri e amma-lati che difficilmente potrebbero raggiungere un’altra struttura sanitaria.Lo spostamento forzato dei contadini verso la città ha prodotto una cre-scita significativa del numero dei bambini malati da zero a due anni erelativo aumento delle domande alla Clinica infantile. Considerando lavita e la salute come diritti fondamentali dei bambini, la FondazioneClinica Infantile ha la necessità di migliorare ambienti, apparecchiature

e personale per salvare la vita di molti bambini poveri. Per questo moti-vo è necessario il sostegno finanziario di istituzioni e di privati al fine dipoter approntare interventi e soluzioni adeguate per questi bambini col-piti da complesse patologie endemiche, degenerative, infettive, conge-nite, ecc., causate da: clima tropicale, cattive condizioni alimentari e divita, servizi inadeguati, fattori ereditari.La Cooperativa Sociale “Frate Jacopa” ha accolto questa richiesta diaiuto, di cui si è fatto portatore p. José Antonio Merino, che conosce dipersona i responsabili della Fondazione e l’impegno umanitario da que-sta profuso. Le offerte, grandi e piccole, che saranno fatte tramite la coo-perativa, saranno inviate, come nostro contributo alla realizzazione diprogetti per l’acquisto di attrezzature diagnostiche e l’allestimento diuna unità di cura intensiva per i bambini che richiedono interventi chi-rurgici postoperatori complessi.Chi intende partecipare può inviare la propria offerta con bonifico ban-cario sul c/c intestato a Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa pres-so Banca Prossima, precisando la causale “Liberalità a favore dellaCooperativa Sociale Frate Jacopa per il Progetto Club Noel Colombia”:IBAN: IT82H0335901600100000011125. Sarà rilasciata ricevuta perusufruire delle agevolazioni fiscali previste.

Siamo lieti di informare che nel mese di gennaio 2017 abbiamopotuto inoltrare alla Clinica Iinfantile “Club Noel” un’ulteriore offer-ta di € 3.000 come contributo per i nuovi padiglioni. Grazie a tutticoloro che hanno generosamente donato.

SOSTEGNO A DISTANZA - CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL”I bambini della Colombia attendono il nostro aiuto