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aprile-maggio 2013 il Cantico 1 il Cantico online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8 www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000 Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. Tutti i diritti riservati. SOMMARIO CRISTO È RISORTO! - Papa Francesco 2 ANNO DELLA FEDE E NUOVA EVANGELIZZAZIONE - Incontro alle radici della fede 3 LA VIA DELLA PENITENZA IN S. FRANCESCO D’ASSISI - p. Serafino Tognetti 4 IL CANTICO 6 “NOI COME CITTADINI, NOI COME POPOLO” - S.E. Mons. Mario Toso 7 QUELL’ALTRA ECONOMIA CHE HA NOME FRANCESCO - Luigino Bruni 10 FIRMA IL TUO 5X1000 PER LA COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 11 PER UN’ETICA CIVILE: IDEE, PROPOSTE E PRATICHE PER UNA NUOVA CONVIVIALITÀ - Argia Passoni 12 “VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA...” - Mons. Angelo Casile 13 INSIEME PER SALVARE L’UMANO - Graziella Baldo 16 ABITARE IL NUOVO SPAZIO COMUNICATIVO - Mons. Domenico Pompili 17 TESTAMENTO SPIRITUALE DI BRAGION ELENA 18 “LA FEDE NEL CREATORE PER ABITARE LA TERRA” - Amneris Marcucci 19 CUSTODIRE IL CREATO - Teologia, Etica e pastorale 21 L’AEROPAGO DEI MEDIA - Lucia Baldo 22 SE IL DIGIUNO TECNOLOGICO ACCRESCE LA CREATIVITÀ - Giuseppe O. Longo 23 WEB SPAZZATURA COME DIFENDERSI? - Piercarlo Maggiolini 23 IL CANTICO DELLE CREATURE: IL SEGNO E IL DONO DI DIO - Renato Dal Corso 24

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aprile-maggio 2013 il Cantico 1

il Canticoonline

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.Tutti i diritti riservati.

SOMMARIOCRISTO È RISORTO! - Papa Francesco 2

ANNO DELLA FEDE E NUOVA EVANGELIZZAZIONE - Incontro alle radici della fede 3

LA VIA DELLA PENITENZA IN S. FRANCESCO D’ASSISI - p. Serafino Tognetti 4

IL CANTICO 6

“NOI COME CITTADINI, NOI COME POPOLO” - S.E. Mons. Mario Toso 7

QUELL’ALTRA ECONOMIA CHE HA NOME FRANCESCO - Luigino Bruni 10

FIRMA IL TUO 5X1000 PER LA COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 11

PER UN’ETICA CIVILE: IDEE, PROPOSTE E PRATICHE PER UNA NUOVA CONVIVIALITÀ - Argia Passoni 12

“VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA...” - Mons. Angelo Casile 13

INSIEME PER SALVARE L’UMANO - Graziella Baldo 16

ABITARE IL NUOVO SPAZIO COMUNICATIVO - Mons. Domenico Pompili 17

TESTAMENTO SPIRITUALE DI BRAGION ELENA 18

“LA FEDE NEL CREATORE PER ABITARE LA TERRA” - Amneris Marcucci 19

CUSTODIRE IL CREATO - Teologia, Etica e pastorale 21

L’AEROPAGO DEI MEDIA - Lucia Baldo 22

SE IL DIGIUNO TECNOLOGICO ACCRESCE LA CREATIVITÀ - Giuseppe O. Longo 23

WEB SPAZZATURA COME DIFENDERSI? - Piercarlo Maggiolini 23

IL CANTICO DELLE CREATURE: IL SEGNO E IL DONO DI DIO - Renato Dal Corso 24

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero,buona Pasqua! Che grande gioia per me potervi darequesto annuncio: Cristo è risorto! Vorrei che giunges-se in ogni casa, in ogni famiglia, specialmente dovec’è più sofferenza, negli ospedali, nelle carceri…Soprattutto vorrei che giungesse a tutti i cuori, per-ché è lì che Dio vuole seminare questa BuonaNotizia: Gesù è risorto, c’è speranza per te, non seipiù sotto il dominio del peccato, del male! Ha vintol’amore, ha vinto la misericordia! Sempre vince lamisericordia di Dio.Anche noi, come le donne discepole di Gesù, cheandarono al sepolcro e lo trovarono vuoto, possia-mo domandarci che senso abbia questo avveni-mento (cfr Lc 24,4). Che cosa significa che Gesù èrisorto? Significa che l’amore di Dio è più forte delmale e della stessa morte; significa che l’amore diDio può trasformare la nostra vita, far fiorire quel-le zone di deserto che ci sono nel nostro cuore.Questo può farlo l'amore di Dio.Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si èfatto uomo ed è andato fino in fondo nella via del-l’umiltà e del dono di sé, fino agli inferi, all’abissodella separazione da Dio, questo stesso amoremisericordioso ha inondato di luce il corpo mortodi Gesù e lo ha trasfigurato, lo ha fatto passarenella vita eterna. Gesù non è tornato alla vita diprima, alla vita terrena, ma è entrato nella vita glo-riosa di Dio e ci è entrato conla nostra umanità, ci ha apertoad un futuro di speranza.Ecco che cos’è la Pasqua: èl’esodo, il passaggio dell’uomodalla schiavitù del peccato, delmale alla libertà dell’amore, delbene. Perché Dio è vita, solovita, e la sua gloria, siamo noi, èl’uomo vivente (cfr Ireneo,Adversus haereses, 4,20,5-7).Cari fratelli e sorelle, Cristo èmorto e risorto una volta persempre e per tutti, ma la forzadella Risurrezione, questo pas-saggio dalla schiavitù del malealla libertà del bene, deveattuarsi in ogni tempo, neglispazi concreti della nostra esi-stenza, nella nostra vita di ognigiorno. Quanti deserti, ancheoggi, l’essere umano deveattraversare! Soprattutto ildeserto che c’è dentro di lui,quando manca l’amore per Dioe per il prossimo, quando

manca la consapevolezza di essere custode di tuttociò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma lamisericordia di Dio può far fiorire anche la terrapiù arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cfr Ez37,1-14).Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamola grazia della Risurrezione di Cristo!Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio,lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenzadel suo amore trasformi anche la nostra vita; e diven-tiamo strumenti di questa misericordia, canali attraver-so i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto ilcreato e far fiorire la giustizia e la pace.E così domandiamo a Gesù risorto, che trasformala morte in vita, di mutare l’odio in amore, la ven-detta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è lanostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace peril mondo intero.Pace per il Medio Oriente, in particolare traIsraeliani e Palestinesi, che faticano a trovare lastrada della concordia, affinché riprendano concoraggio e disponibilità i negoziati per porre fine aun conflitto che dura ormai da troppo tempo. Pacein Iraq, perché cessi definitivamente ogni violenza,e, soprattutto, per l’amata Siria, per la sua popola-zione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi,che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangueè stato versato! E quante sofferenze dovranno esse-

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CRISTO È RISORTO!Dal Messaggio Pasquale di Papa Francesco

l’invito a lasciarci rinnovare dalla misericordia di Dio

re ancora inflitte prima che si riesca a trovare unasoluzione politica alla crisi?Pace per l’Africa, ancora teatro di sanguinosi conflitti.In Mali, affinché ritrovi unità e stabilità; e in Nigeria,dove purtroppo non cessano gli attentati, che minac-ciano gravemente la vita di tanti innocenti, e dove nonpoche persone, anche bambini, sono tenuti in ostaggioda gruppi terroristici. Pace nell’est della RepubblicaDemocratica del Congo e nella RepubblicaCentroafricana, dove in molti sono costretti a lasciarele proprie case e vivono ancora nella paura.Pace in Asia, soprattutto nella Penisola coreana,perché si superino le divergenze e maturi un rinno-vato spirito di riconciliazione.Pace a tutto il mondo, ancora così diviso dall’avi-dità di chi cerca facili guadagni, ferito dall’egoi-smo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoi-smo che continua la tratta di persone, la schiavitùpiù estesa in questo ventunesimo secolo (...) Pace atutto il mondo, dilaniato dalla violenza legata alnarcotraffico e dallo sfruttamento iniquo dellerisorse naturali! Pace a questa nostra Terra! Gesùrisorto porti conforto a chi è vittima delle calamitànaturali e ci renda custodi responsabili del creato.Cari fratelli e sorelle, a tutti voi che mi ascoltate daRoma e da ogni parte del mondo, rivolgo l’invito delSalmo: «Rendete grazie al Signore perché è buono,

/ perché il suo amore è per sempre. / Dica Israele: /“Il suo amore è per sempre”» (Sal 117,1-2).Cari fratelli e sorelle giunti da ogni parte del mondoin questa piazza, cuore della cristianità, e tutti voi chesiete collegati attraverso i mezzi di comunicazione,rinnovo il mio augurio: Buona Pasqua! Portate nellevostre famiglie e nei vostri Paesi il messaggio digioia, di speranza e di pace che ogni anno, in questogiorno, si rinnova con forza: il Signore risorto, vinci-tore del peccato e della morte, sia di sostegno a tutti,specie ai più deboli e bisognosi...A tutti ripeto con affetto: Cristo risorto guidi tuttivoi e l’intera umanità su sentieri di giustizia, diamore e di pace.

Papa Francesco

ANNO DELLA FEDEE NUOVA EVANGELIZZAZIONE

CAMMINARE, EDIFICARE, CONFESSAREPER CUSTODIRE L’UMANO

Roma, Casa Frate Jacopa26-28 aprile 2013

FRATERNITÀ FRANCESCANA FRATE JACOPA

Venerdì 26/4/2013Arrivo e sistemazione18,30 Vespri e Cena20,00 Assemblea Cooperativa Sociale Frate Jacopa

Sabato 27/4/20138,00 Lodi e S. Messa - segue colazione9,30 Apertura Lavori (Argia Passoni)“Dal desiderio naturale di Dio alla fede”.Rel. Don Massimo Serretti (docente di teologia dogma-tica Università del Laterano)11,00 “Nuova evangelizzazione: annunciare Gesù Cristo,primogenito di ogni creatura e modello di ogni uomo”.Rel. S. Em.za Card. Velasio De Paolis13,00 Pranzo16,00 “Se con la tua bocca proclamerai: ‘Gesù è il Si-gnore!’ (Rm 10,9). ‘La fede si professa con la bocca e conil cuore, con la parola e con l’amore” (Papa Francesco).Rel. Don Massimo Serretti19,00 Vespri19,45 Cena21,00 Passeggiata a RomaConsiglio Nazionale FFFJ per i responsabili

Domenica 28/4/20138,00 Lodi e S. Messa – segue colazione9,30 Visita alla Mostra dell’Anno della Fede “Il cam-mino di Pietro” a Castel Sant’Angelo12,00 Partecipazione al Regina Coeli in Piazza S. Pietro12,45 Pranzo e partenza

Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate JacopaViale Mura Aurelie 8 – 00165 Roma - Tel. e fax 06631980

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ANNO DELLA FEDEE NUOVA EVANGELIZZAZIONE

CAMMINARE, EDIFICARE, CONFESSAREPER CUSTODIRE L’UMANO

CHIAMATI ALL’INTIMITÀCON DIO“La Lettera ai fedeli” diFrancesco d’Assisi è com-posta di due capitoli: ilprimo tratta degli effettipositivi dell’unione conDio e della necessità dellapenitenza, il secondo dicoloro che non fanno peni-tenza. Leggendo questodocumento salta subitoall’occhio come l’elementoportante sia il rapporto,l’essere in rapporto conqualcuno.Nei confronti di Dio emer-gono parole che rimandanoad una relazione: figli, sposi, fratelli, madri, spose,fratello, figlio e padre. Non si contempla Dio comeun “motore immoto”, come un’entità, essere stati-co; lo si contempla entrando in rapporto con Lui.Anche l’attrazione straordinaria che Francescovive nei confronti di Gesù si può sintetizzare conquesta parola: “essere-in-rapporto-con”, tanto chel’obbedienza non è obbedienza ad una legge ma alVangelo. Il Vangelo non è un codice di diritto cano-nico, è la vita di Gesù, quindi l’obbedienza èsequela, relazione ad una persona, con la quale siha un incontro così stretto da arrivare alla dichiara-zione “io vivo per Lui”.Francesco usa tutti i termini possibili, in modo esu-berante: vive la relazione con il Padre eterno inquanto “figlio”, con il Figlio in quanto anima“sposa”, grazie allo Spirito Santo. Non solo: animasposa ma anche suo “fratello” e addirittura“madre” del Verbo, perché partecipa alla maternitàdi Maria.Questo viene detto delle persone dedite alla peniten-za, ai laici… Al tempo la “sposa di Cristo” era perdefinizione la consacrata, la monaca, ma qui si supe-ra il concetto di vita religiosa: io sono “sposo”, “fra-tello”, “madre” in quanto la mia anima è unita alVerbo di Dio con un legame realmente sponsale, tan-t’è che in Paradiso non si è più sposati con una crea-tura che si era scelta in terra – è scritto nel Vangelo. Se lo Spirito di Dio mi lega in una maniera così intimaal Verbo Incarnato, viene da chiedersi: “ma allora iochi sono veramente? Che cosa sono?” Sentiamo

Francesco: «Ginocchioni,con faccia a terra e manilevate al cielo in fervore diSpirito, Francesco diceva:“Chi sei tu o dolcissimoIddio mio, chi sono io vilissi-mo verme, inutile servoTuo?”. Queste parole le ripe-teva spesso e non diceva nes-suna altra cosa». Ecco per-ché Francesco appare comel’anima innamorata delVerbo di Dio. Oggi si parlasempre dei valori, ma ivalori sono impersonali,Cristo invece è personale.Affermava paradossalmen-te Dostoevskij: “Se dovessi

scegliere fra la verità e Cristo, sceglierei Cristo”.La verità la puoi colorare in tante maniere, ti puoifare una tua verità, ma Gesù Cristo non lo coloriaffatto: o l’accetti o lo rifiuti.Se siamo costretti a parlare di valori, noi cristianidobbiamo dare il vero nome a questi valori. Separlo del bene, del vero, del bello, allora diciamo inverità che Dio è il bene, il vero, il bello.

COLORO CHE FANNO PENITENZANoi siamo fatti per la relazione e, se non siamo diCristo, siamo del diavolo - ci ricorda Francesco.Non ci sono zone neutrali, franche, grigie, dovenon siamo di nessuno. Noi uomini dobbiamo esse-re di qualcuno, perché siamo stati creati a immagi-ne e somiglianza di Dio che è “relazione sussisten-te”.Noi siamo fatti “per” e siamo sempre alla ricerca diqualcuno da amare e da servire. Non è pensabilel’uomo nel suo isolamento assoluto. Se non siamodi Dio, apparterremo al diavolo, il diavolo non sipresenta con la coda e le corna, ma in modo attra-ente; l’idolatria delle cose è già essere del maligno,diventarne schiavi. Ecco perché Francesco eliminale cose inutili e le ritiene zavorra: egli vuole Diosolo.Il capitolo secondo della Lettera a tutti i fedeli dice:“Coloro che non fanno penitenza, che sono negliistinti carnali ….. sono prigionieri del diavolo, delquale sono figli” (non è un’offesa: è un dato difatto). Anche questa è una questione di relazione.

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LA VIA DELLA PENITENZAIN S. FRANCESCO D’ASSISI

Ritiro della Fraternità Francescana Frate Jacopa a Madonna del Sasso (FI), 10.2.2013

p. Serafino Tognetti

P. Serafino Tognetti, Comunità dei Figli di Dio.

Le vere nostre sofferenze, le nostre vere gioie nonsono forse nelle relazioni? Cosa c’è di più tormen-toso di un grande amore rinnegato e tradito?L’amore ingannato lascia dentro di noi un solcoprofondo che non si cancella mai più. Io amo unapersona e vengo tradito: è una morte. Provo gioiainvece quando una persona che amo riceve un pre-mio o riconoscimento, perché la sua gioia diventaimmediatamente anche la mia. La mia gioia non èin me, ma è in colui che amo. Somiglianza di Dio, anch’io mi realizzo, vivo real-mente, nelle relazioni. Questo, Francesco l’avevatalmente chiaro che tutto ciò che non era relazionecon Dio non lo voleva né per sé ne per i suoi fra-telli. Per vivere autenticamente questa relazionecon Dio, Francesco indi-ca ai fratelli laici la viadella penitenza.

PENITENZA: FARE SPA-ZIO A CRISTODon Divo Barsotti scrivein merito: “Per Francescola penitenza è la conver-sione perenne, non è faredegli atti di rinuncia”.Cosa significa conversio-ne? Dall’ebraico, vuoldire ritornare. La conver-sione non è un avveni-mento che avviene unavolta per sempre, néqualcosa che ci garantisceper il futuro. La conver-sione è un perenne ritornoa Dio. Ecco perché nell’Antico Testamento i pro-feti, specialmente Amos eOsea, non fanno altro chedire: “Ritornate Israele,siete andati agli idoli,ritornate a Dio!”. Ovviamente per ritorno non siintende il rientro a casa o ai propri doveri di cittadi-ni, ma ritorno alla relazione con Dio.Gli Israeliti sono andati dagli amanti, perché ipopoli vicini, attraevano il popolo eletto promet-tendo benessere economico. Per essere precisi iltesto di Osea parla di olio, lino, lana e latte, beni dinecessità. Questi elementi sono visibili, dannoimmediata soddisfazione, mentre Dio dà la vitaeterna, è vero, ma al momento gli Israeliti noncapiscono bene in che cosa consista questa vitaeterna, mentre pane, olio, lana, eccetera, li capisco-no bene. Perciò sono attraenti: sono in continuitàcon la nostra esperienza, mentre Dio è trascenden-te, invisibile. Il demonio usa la stessa strategia: ci propone cosedi immediata soddisfazione, per cui val la penavivere (oggi non saranno pane, olio e lino, ma saràuna macchina, un buon conto in banca, una bellacasa, eccetera), cose che di per sé sono anche

buone, ma che tendono a sostituirsi a Dio, facen-doci quindi schiavi. Ecco allora il grido del profe-ta: ritornate a Dio, ritornate al rapporto. La peni-tenza significa rigetto degli “amanti” e vita nel-l’unico rapporto vero in Cristo.Per vivere l’unione con il Cristo come sposo, fratello eaddirittura madre, io devo fare spazio dentro di me edeliminare tutto ciò che non serve. Fare penitenza per-ciò vuol dire fare il vuoto, cacciare via le cose inutili.La penitenza assume qui un valore positivo: intendofare penitenza in vista di un rapporto, non per me, perautocompiacermi, guardarmi allo specchio e dirmicome sono bravo. Io faccio penitenza per far spazio alCristo, per dare il posto a Lui. Cade assolutamentel’aspetto meritorio perché la penitenza, scopriamo, ha

valore relazionale. Faccio penitenza non perfar soffrire il corpo inquanto tale, ma per render-lo partecipe della presenzadi un altro. Tant’è cheGesù ha detto “quandofate digiuno profumate-vi”…. Il digiuno profuma-to del Vangelo. L’ascesibuddista ha come fineinvece la padronanza di sé,per arrivare al punto di dire“mi domino a un puntotale da vivere la perpetuaimperturbabilità”. Però nepuò venire di qui un orgo-glio terribile, più o menoconsapevole. L’ascesinelle altre religioni hacome primo obiettivo l’au-toaffermazione. San Francesco non siaccorge di fare penitenza.Chiamano Francesco il“poverello di Assisi”, ma

è un errore: Francesco è il ricco di Assisi, perchéquando hai Dio, hai tutto. La penitenza è perl’Amore, è il contributo che io do alla grazia di Dioperché essa si realizzi e si espanda in me, tant’è chenon c’è santo nella Chiesa che non sia un penitente.La penitenza libera in me l’energia di Cristo risorto.Per fare penitenza però ci vuole metodo, dato chenon è un moto spontaneo della natura; dopo il pec-cato originale l’uomo è incline piuttosto all’acco-modamento, alla soddisfazione dei propri istinti;di qui la necessità di una certa disciplina.La penitenza e la mistica camminano di pari passo,ascesi e amore non sono mai l’uno senza l’altro,però di fatto sembra che la penitenza abbia la fun-zione di proteggere e custodire la vita dell’amore. La parola ascesi deriva dal greco “askein” che vuoldire esercizio. Come tutte le imprese che hannovalore, esse si possono realizzare se chi le vuoleraggiungere si allena: se vuoi vincere i cento metripiani alle Olimpiadi ti devi allenare molto, se vuoi

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Tavola di Prete Ilario - Assisi.

il diploma in pianoforte devi fare molta pratica.Quando sei esercitato bene, puoi conservare ecustodire ciò che hai raggiunto. Ecco la funzionedella penitenza; senza di essa, la vita mistica puòavere delle intuizioni, ti può venire il lampo, mapoi rimane poco.La parola “penitenza” è assente nel Vangelo, c’èpiù il concetto di lotta. San Paolo parla più volte dilotta spirituale. Nella Lettera ai Colossesi:“Mortificate le membra che appartengono allaterra”. La traduzione greca letterale è questa:“Uccidete (date morte a) quella parte di voi cheappartiene alla mondanità”. Qual è la parte di meche appartiene alla mondanità? Se la individuate,dovete ucciderla senza pietà.

UNA VIA DI SANTITÀ PER I LAICISan Francesco scrive la Lettera ai fedeli rivolgen-dosi ai laici, e chiede ai penitenti che vivano la san-tità facendo spazio a Cristo e uccidendo quellaparte che appartiene alla mondanità. Nel documen-to del Concilio Vaticano II, “Lumen Gentium” aln° 40 si legge che la vocazione alla santità è uni-versale, cioè tutti in quanto battezzati sono chia-mati a diventare santi. Invece noi sovente pensiamoche siano santi coloro che hanno doni carismaticifuori dal comune: ma questa è una scusa per accon-tentarsi di una appartenenza a Dio che non rechieccessivo disturbo.Qual è lo specifico del laico? Voi vivete nelmondo, immersi in realtà tipicamente umane, lafamiglia, il lavoro, la vita pubblica. Siete chia-mati in quanto figli di Dio a santificare la fami-glia, il lavoro, la socialità. In che modo entratenelle varie realtà e le santificate? Con le prediche?No, voi le santificate santificando voi stessi, cioècon la presenza di Dio in voi. Andate nel luogodove il Signore vi ha posto facendo luce con lavostra presenza là dove sono tenebre. E si creasubito uno spartiacque. Le tenebre vi verrannoaddosso, ma chi è assetato di Dio, riconosceràmisteriosamente la Sua presenza. Voi siete il pro-fumo di Cristo, dice Paolo nella seconda Letteraai Corinzi. Di fatto questa luce passa nel luogo incui voi siete, ma se non portate Dio dentro di voiè inutile che facciate lunghi discorsi … Don DivoBarsotti scrive: “Oh, essere nel mondo di oggiquello che fu Francesco nel suo secolo! Una pre-senza di Dio che illumina il mondo.” Il mondo ènelle tenebre: ieri, oggi, domani. E continua: “Tunon sei più, in te Dio soltanto deve rivelarsi inuna purezza infinita”. Ecco il sacerdozio comunedei fedeli. Ci si santifica compiendo bene il pro-prio ruolo. Il medico si santifica facendo bene ilmedico, l’insegnante facendo bene il propriodovere, ma pieni di Dio, ossia non avere alcunidolo da seguire ma portare Dio solo. Anche senel vostro ambiente vi odiano. Il santo che entranel mondo illumina la scena, divinizza ciò che èsoltanto umano. Scrive ancora Divo Barsotti: “Lavera riforma del mondo è la santità”.

Prendiamo il matrimonio: santificare il matrimo-nio vuol dire vivere nell’altro e in forza dell’al-tro. Il matrimonio è la via naturale della santità, èla palestra per imparare ad amare. L’eserciziodell’amore continuo fa sì che io esca da me, entraDio e viva la mia relazione con l’altro non piùcome uno sforzo. Quindi per santificare ilmondo, santifico me stesso. Il mondo è il luogodove Dio mi ha messo; inutile sognare postidiversi. Amare il luogo dove Dio vi ha mandati èsegno del vostro amore, perché il Signore vichiama a santificare quel posto attraverso la peni-tenza e l’amore.

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IL CANTICO“Il Cantico” continua la suastoria a servizio del mes-saggio francescano nellaconvinzione di poter offrirecosì un servizio per la pro-mozione della dignità diogni uomo e di tutti gliuomini.

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LA RINASCITA DELLA POLITICAE DELLA DEMOCRAZIAL’obiettivo del denso saggio del Cardinale Bergoglio,1ora Papa Francesco, è di favorire la rinascita dellapolitica e della vita democratica in Argentina, coinvol-gendo tutte le classi sociali, ma in particolare i gruppidirigenti, ai quali si rivolge spe-cialmente nella Conclusione.L’occasione per parlare di unnuovo rinascimento della poli-tica, come diremmo noi, è ilBicentenario di quella Nazionelatinoamericana, ma la rilevan-za delle sue riflessioni trascen-de i confini geografici. Infatti,esse concernono questioni chetoccano un po’ tutti i Paesi siaeuropei che africani ed asiatici.In ogni angolo del globo lapolitica appare svilita, a motivodi una caduta di senso, del suoallontanarsi dalla cura del benecomune, che è il bene di tutti. Ildeterioramento della democra-zia – vi sono pensatori, comeRalf Dahrendorf e ColinCrouch, che hanno parlatodelle condizioni della post-democrazia – gode, specie qui

in Europa, della complicità di un pensiero che,nelle sue molteplici sfaccettature e condensazioniparticolari – neoindividualistiche, neoutilitaristichee neocomunitaristiche – teorizza la dicotomia traetica individuale ed etica pubblica e, per conse-guenza, giustifica una gestione dell’autorità in ter-mini performativi. Dentro la prassi politica odiernaviene omologato l’assunto che cittadini intrinseca-mente asociali ed egoisti possono vivere eticamen-te nella comunità politica, grazie ad un potere coer-citivo che impone l’ordine «giusto» dall’alto. Ilsenso della politica sarebbe rintracciabile da unarazionalità astratta ed universale, entro la prospet-tiva dello spettatore imparziale, che prescindedalle persone concrete, poiché non fa leva su queldinamismo morale che non riconosce come intrin-seco ai cittadini e ai popoli. Il rischio della demo-crazia contemporanea, peraltro già molto ridimen-sionata sul piano della sovranità nazionale a moti-vo di processi globali in atto, è quello di fallire isuoi obiettivi di bene comune – che dovrebberoessere raggiunti mediante l’apporto di tutti i citta-dini capaci di bene − e di trasformarsi in regimeautoritario, in mano a pochi, a vantaggio di pochi.In Europa si configura una vita politica che siavvicina molto alla visione hobbesiana, che preten-de di creare una vita pubblica giusta e pacifica, pre-scindendo dalla vita buona sia dei cittadini sia deiloro rappresentanti. Tutto inclina a forme di demo-

crazia populista ed oligarchica,che non si preoccupano dellagiustizia sociale e dell’emanci-pazione di ogni cittadino inquanto persona2.

QUALE USCITA DI SICUREZZA?È noto che uno dei limiti dellapolitica contemporanea è rap-presentato dalla debolezza delpensiero, dalla prevalenza diprospettive di breve respiro,dalla mancanza di progetti alunga gittata che guardano alfuturo. La politica, come sotto-lineava l’allora CardinaleBergoglio, spesso si convertein lotta per il potere che servegli interessi individuali e setto-riali, in occupazione di posi-zioni di comando senza offrireil giusto accompagnamento aiprocessi positivi in atto. Non

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“NOI COME CITTADINI. NOI COME POPOLO”Presentazione per il lettore italiano del libro del Card. Jorge Mario Bergoglio

S.E. Mons. Mario Toso*

Il libro “Noi come cittadini, noi come popolo”pubblica l’interessante saggio del CardinalBergoglio finalizzato a “favorire la rinascitadella politica e della vita democratica inArgentina” nel bicentenario della nazione argen-tina. La presentazione del libro per il lettore ita-liano a cura di Mons. Mario Toso, Segretario delPontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace,diventa occasione importante di riflessione perripensare alla rinascita della politica e dellademocrazia sempre più impoverita e messa arischio nel complesso ed inedito contesto attuale.Occorre puntare, sottolinea Mons. Toso, versouna democrazia sostanziale che deve essere, oltreche rappresentativa, partecipativa e sempre piùallargata sul piano sociale.Ringraziamo S.E. Mons. Toso per averci per-messo di pubblicare la sua presentazione,mentre rimandiamo alla integrale lettura dellibro edito in marzo da Jaca Book e LibreriaEditrice Vaticana.

vuole o non può porre limiti e contrappesi al capi-tale e, in questa maniera, non contribuisce a sradi-care diseguaglianze e povertà, che erodono ledemocrazie. Si vede così consumarsi il divorzio trapopolo, rappresentanti ed élite che appaiono lonta-ni dal comune sentire della gente. A questa diffe-renza culturale si aggiunge il fatto che l’economi-co e il finanziario cooptano rappresentanti e classidirigenti al loro servizio, strumentalizzandoli eallontanandoli dal bene comune.Rispetto all’odierno deficit di politica e di democra-zia, la via di uscita, segnalata dal Cardinale diBuenos Aires, è quella del recupero di una vitademocratica, intesa soprattutto come vita intensa-mente partecipata di un popolo, che si pensa e sicostruisce entro un quadro isti-tuzionale preciso, inteso comeluogo di impegno e di discussio-ne per superare gli ostacoli chesi frappongono al raggiungi-mento del bene comune; intesocome vivere assieme nella fra-ternità ed elaborare un progettocondiviso fondato su quei beni-valori che in definitiva traggonola loro origine da Dio. Duesono, allora, i pilastri del rinno-vamento: il popolo, soggettocompatto e creativo e un nuovoprogetto politico integrativo, chenon esclude nessuno, costruitosu una visione di sviluppo com-pleto e sostenibile per tutti.

MA QUALE DEMOCRAZIA?La democrazia che i popolisono chiamati a coltivare nondev’essere «a bassa intensità», ovvero caratterizza-ta da livelli di povertà crescenti, da assenza di pro-getti strategici di sviluppo e di inserimento nellavita internazionale, da massimalismi del tipo «tuttoo niente» nei vari campi che finiscono per trascu-rare i veri problemi, quali la convivenza, la stabili-tà, la governabilità, la necessaria tranquillità dellavita democratica, ma anche la crescita economica,il lavoro e la sicurezza per tutti.Occorre puntare verso una democrazia sostanzia-le che dev’essere, oltre che rappresentativa, par-tecipativa e sempre più allargata sul piano socia-le. La vera democrazia presuppone libertà, ugua-glianza, giustizia sociale, sviluppo integrale pertutti.Ciò che però è prioritario è che essa si radichinella realtà viva di un popolo, inteso anzituttocome unione morale di persone, che, accumunateda fede, tradizioni, ethos, culture multiformi macapaci di dialogo, sono protese al raggiungimentodel loro bene comune, trascendendosi e collabo-rando le une con le altre . La democrazia non è maineutra dal punto di vista etico. Non si esaurisce,come in parte hanno sostenuto Hans Kelsen e Karl

Popper, in un insieme di regole che permettono lacreazione dell’ordinamento giuridico, in un’infor-mata e consapevole scelta dei governanti, nonchénel loro pacifico avvicendamento. La democraziasussiste quando le regole procedurali – importantisì, ma non sufficienti – sono animate da cittadiniinteriormente orientati da un dinamismo di verità edi bontà, che sfocia nell’amicizia sociale. Per lasopravvivenza della democrazia, specie in contestidi pluralismo divaricato, secondo Bergoglio, nonbasta potenziare quei meccanismi istituzionali,che massimizzano la possibilità di discussione, lacontinua correzione delle scelte, l’informazionesulle decisioni di interesse comune e la pubblicitàdel dibattito. La democrazia oggi è chiamata a

decidere su questioni capitaliconcernenti la vita, la suagenerazione, la morte, la liber-tà, la giustizia sociale, la pace,l’ambiente. Ciò richiede giudi-zi morali che si rifacciano alvero bene delle persone e deipopoli. È, allora, fondamentaleche esista un popolo, guidatodalla conoscenza del propriotelos umano, ossia da unavisione integrale del bene, sco-perta mediante l’incontro delleculture e concretizzata entroun orizzonte utopico comune.La democrazia si fonda sul-l’esperienza di un popolo – èqui più che evidente la dimen-sione esperienziale del pensie-ro politico del Cardinaleargentino, che, essendo pro-prio di un realismo critico,

riflessivo, si avvale di una ragione integrale, ovve-ro anche speculativa e pratica – che è percorso dauna vibrazione emancipatrice ed è un vissuto difraternità quotidiane, di una generosità di essere edi dono senza contropartite, preservate dalla mas-sificazione.È importante qui sottolineare come il CardinaleBergoglio, ponendo alla base della democrazial’esperienza di un «noi come popolo», ovvero una«comunione di persone», tutte partecipi di unacomune ricerca del vero, del bene e del bello, chelottano per il proprio destino e per una vita digni-tosa, indica la via del superamento delle dicotomieche sono alimentate dalla filosofia moderna diascendenza hobbesiana: dicotomie tra etica perso-nale ed etica pubblica, tra etica e giustizia sociale.Poiché sono capaci di conoscere il telos umano chepossono conseguire solo costituendo dei «noi» dipersone che collaborano tra di loro, i cittadini sonopienamente realizzati vivendo in seno al popolo. Ilcittadino cresce mentre ascolta la tensione al beneche è insita in lui e che, essendo presente anchenell’altro, suscita benevolenza ed amicizia. Il «noi»comunitario può essere, dunque, esplicitato così:

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Mons. Mario Toso.

Noi come cittadini, noi come popolo. Cittadini nelseno di un popolo.È qui evidente come l’Autore, nella sua concezio-ne della vita politica e democratica, si riallaccia alpersonalismo comunitario e relazionale di moltipensatori politici dell’area cattolica, e anche alpensiero sociale di Pio XII, che fu il primo ponte-fice a precisare l’identità prettamente morale e spi-rituale del popolo, la quale lo costituisce vero sog-getto della democrazia, al di la di visioni classistee libertarie3.

I PERICOLI DELLA DEMOCRAZIATra i pericoli che minacciano la democrazia, ilCardinale Bergoglio segnala in particolare il neoin-dividualismo possessivo del liberalismo del secolodiciannovesimo che si prolunga sino a noi: un indi-vidualismo libertario, edonista, asociale e amora-le. Un tale neoindividualismo assegna il primatoall’individuale e al settoriale al di sopra di tutto e ditutti. Esso spesso si accompagna ad altri fattorinegativi per la democrazia,che sono: l’orientamentocongiunturalista o l’essereattaccati al potere da partedei rappresentanti senzaperaltro perseguire fini ele-vati; l’assolutizzazione delbreve termine; la riduzionedella politica a spettacolo ola creazione di leader effi-meri da parte dei massmedia.La democrazia si rafforzasia come vita di popolounito nel bene, sia comeprogettualità di un futurodegno per tutti, quandoviene superato il congiun-turalismo, il limite, e siaspira alla pienezza di vita,coltivando visioni di lungo periodo; quando nellasoluzione dei conflitti si ricerca ciò che unisce e lisi vede come occasioni per costruire qualcosa dinuovo e di superiore; quando non si rimane impri-gionati nell’artificiale, nelle idee astratte e nei sofi-smi, ma si dà il primato ai problemi concreti dellepersone.Oggi, la democrazia va vissuta nella tensionebipolare tra globale e locale. Per essere cittadinia pieno diritto, non si deve vivere né in un uni-versalismo globalizzante né in un localismo fol-kloristico o anarchico. Il modello da seguire èquello poliedrico che conserva, rispettandole,tutte le sfaccettature della molteplice ricchezzadei popoli. È solo così che il tutto del globale nonannienta le parti, ma le comprende e le valorizzasuperandole. Occorre privilegiare il tempo rispet-to allo spazio, il tutto rispetto alla parte, la realtàrispetto all’idea astratta e l’unità rispetto al con-flitto.

AL DI LÀ DI FANTOMATICI PAUPERISMI.IL RUOLO DEI LEADERLa vera democrazia mira a sradicare la povertà e aperseguire lo sviluppo integrale per tutti. Dettodiversamente, è intrinseco alla democrazia il pro-getto di rendere tutti i cittadini artefici del propriodestino e non considerarli paternalisticamente sol-tanto come destinatari di assistenzialismi di varianatura. Non deve esserci spazio per pauperismi. Lamissione fondamentale della democrazia è di assi-curare la giustizia e un ordine sociale giusto, pergarantire a ciascuno la partecipazione ai benicomuni, nel rispetto dei principi di solidarietà e disussidiarietà. Mezzi indispensabili per lo sviluppodi tutti sono l’educazione e il lavoro, i due tramitiper pervenire alla giustizia sociale. Viene sponta-neo pensare alla reiterata sollecitazione diBenedetto XVI di preparare nuove generazioni dicattolici in politica. In vista di una cittadinanzapartecipativa è fondamentale, infatti, la missionedei leader.

Essi debbono vivere insimbiosi con il popolo, perpoterne esprimere vitalitàed identità, partecipare aisuoi aneliti e sofferenze.Debbono essere al serviziodel bene comune e testimo-ni credibili attraversoun’esistenza coerente. Nonsi tratta di favorire vecchieprospettive di elitismodemocratico. Occorreprendere atto che la parte-cipazione non risolve tutti iproblemi della democraziae che per dare maggiorimpulso alla riforma dellaconvivenza civile, grazieproprio ad una partecipa-zione più collettiva, è

necessario un ruolo illuminato da parte di rappre-sentanti che siano all’altezza dei problemi odierni.Urgono leader che sappiano esercitare l’autoritàcon intelligenza, con ponderatezza e coraggioinsieme, e che non abbiano paura dell’innovazione.È proprio da classi dirigenti rinnovate, formateprofessionalmente e moralmente, che può partireuno stimolo decisivo per attivare un più alto tassodi partecipazione politica.

+ Mario TosoSegretario del Pontificio Consiglio della Giustizia

e della Pace1 Il testo che qui si presenta nell’edizione italiana rappresentaun importante discorso che il cardinale Bergoglio pronunciòin occasione della XIII Giornata di Pastorale Sociale per ilbicentenario della Nazione argentina.2 Su questo ci permettiamo di rinviare a M. TOSO,Democrazia e libertà. Laicità oltre il neoilluminismo postmo-derno, LAS, Roma 2006.3 Cf M. TOSO, Welfare Society. La riforma del welfare: l’ap-porto dei pontefici, LAS, Roma 2003, pp. 129-139.

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Francesco è un nome che dice molte cose, ancheall’economia e alla finanza.E, se sappiamo e vogliamo ascoltare, ci lancia mes-saggi essenziali per curare, veramente e in profon-dità, le nostre crisi.Francesco d’Assisi, perché amante di 'Madonnapovertà', è anche all’origine di importanti cambia-menti economici, teorici e pratici. Il movimentofrancescano diede vita alla prima importante scuo-la di pensiero economico, ed è anche all’originedella tradizione di banca e di finanza (gli ormaifamosi Monti di Pietà, i prodromi della finanzapopolare e solidale italiana).Non si ricorda però a sufficienza che que-ste istituzioni bancarie popolari fiorironodue secoli dopo una profonda e sistemati-ca riflessione culturale e filosofica su eco-nomia, moneta e mercato.Olivi, Scoto, Occam, e decine di altri mae-stri francescani, furono dottori anche di

economia, perché colsero, per istinto carismatico,che dovevano studiare le res novae del loro tempo,dovevano riflettere profondamente sui grandi cam-biamenti della loro epoca, quando stava iniziandouna grande rivoluzione commerciale e cittadinache poi fiorì nell’Umanesimo civile. Studiaronoeconomia per amore della loro gente, soprattuttodei poveri. Il primo messaggio che ci proviene daFrancesco e dal suo movimento carismatico è ilsignificato morale e civile dello studio e della

scienza. Questa crisi ci sta dicendo ogni giorno conmaggiore forza che l’economia e la finanza a unasola dimensione (quella dei profitti di breve perio-do) produce disastri e disumanesimo (Cipro è l’en-nesimo segnale). Ma mentre la crisi continua amietere le sue vittime, in tutte le università si con-tinua a studiare e a insegnare la finanza e l’econo-mia retta dagli stessi princìpi che hanno causatoqueste crisi. I libri di testo sono gli stessi, i dogmie la spocchia imperialista di noi economisti sonogli stessi del pre-crisi, i nostri migliori studenticontinuano a formarsi in scuole di dottorato con glistessi programmi del 2007.

Francesco allora invita i veri amanti del benecomune e quindi di ‘Madonna povertà’ (il primometro di bene comune sono sempre le condizionidei poveri), a investire molto di più nello studiodelle res novae del nostro tempo, che sono i temidel lavoro, del management delle imprese, del-l’economia e della finanza, che oggi soffronoanche ‘per mancanza di pensiero’. E sull’esempiodegli antichi Monti di Pietà, il mondo si cambiadando vita non solo a libri e a conferenze, ma anuove istituzioni. I carismi hanno prodotto ancheuniversità che sono state sulle frontiere delle inno-vazioni culturali del loro tempo, perché è tipico delcarisma vedere prima e più lontano. Oggi la nostracultura e la nostra scienza soffrono per mancanzadei carismi, che debbono tornare a svolgere il lorocompito, che è anche compito civile, scientifico eculturale. C’è un estremo, vitale, bisogno di darvita a nuovi istituti di ricerca e a nuove universitàdove si possano studiare diversamente contenutidiversi da quelle che continuano a insegnare i tem-pli del sapere, molti dei quali finanziati dai proven-

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QUELL’ALTRA ECONOMIACHE HA NOME FRANCESCO

Idee e opere, oltre la cultura del non-abbraccio

ti di questa (brutta) finanza. C’è bisogno di nuovi“studia” e nuove “scholae” dove si produca ad altolivello pensiero economico e sociale diverso, e poidi scuole popolari che diffondano e alimentino conla vita quel nuovo pensiero a tutti i livelli: dovesono? Se non lo faremo, continueremo a lamentar-ci della crisi e della disoccupazione, ma non sare-mo all’altezza di Francesco e dei francescani chelavorarono per orientare la società del loro tempo,anche con idee e scienza nuove.Un secondo messaggio di Francesco è, e non può cheessere, la povertà. È molto legato al primo messaggio– non a caso la ‘scienza’ è un frutto dello Spirito, edè lo stesso Spirito ad essere ‘padre dei poveri’.Ci sono parole che sono sempre e solo negative:menzogna, schiavitù, razzismo… La povertà non èuna di queste, perché dopo Francesco (e quindidopo il cristianesimo) quando si parla di povertàdovremmo sempre specificare di quale povertàstiamo parlando. Questa grande parola copre unampio spettro semantico, che va dal dramma di chila povertà la subisce fino alla beatitudine di chi lapovertà la sceglie liberamente, spesso per riscatta-re altri da povertà non scelte e subite. La nostra cul-tura non ha strumenti adeguati per affrontare leantiche e nuove povertà non scelte, perché ha persocontatto con le semantiche della bella povertà scel-ta, che si chiamano stili di vita sobri, solidali,soprattutto comunione conviviale e fraterna.Francesco ci ricorda che solo chi ama la buonapovertà sa prima vedere, e quindi combattere, quel-la cattiva.

Finché i programmi governativi, pubblici e priva-ti di lotta alla povertà saranno pensati e imple-mentati da politici e funzionari che alternanoconvegni sulla povertà a vacanze da ricchi epulo-ni, la povertà continuerà a essere oggetto di studi(spesso inutili), report e convegni, ma né vista nécapita, quindi non curata. Per curare la povertàservono i carismi, quindi poveri che curano pove-ri. Il capitalismo filantropico sta aumentando leistituzioni che si occupano di povertà, senza peròche tra chi aiuta e chi è aiutato si crei nessunincontro autentico.Francesco ha curato, quantomeno l’anima, dei leb-brosi di Assisi (a Rivotorto) abbracciandoli ebaciandoli: è l’abbraccio la prima forma di cura.Francesco oggi ci ricorda e ci ammonisce di noncadere nelle trappole della nostra cultura dominatadall’immunità, una cultura del non abbraccio che sista insinuando anche all’interno delle nostre istitu-zioni nate per ‘curare’ le povertà, dove stanno cre-scendo i professionisti della cura e dell’assistenza(ed è cosa buona), ma dove rischiano di diminuiregli abbracci. L’indice di fraternità – altra splendidaparola francescana – è dato dal grado di inclusionecomunitaria dei poveri, che può essere inverso allacreazione di enti specializzati per gestirli, ai qualisi appalta la 'cura dei poveri' al fine di tenerli benlontani dalle nostre città immuni e immunizzanti.Rimettiamoci allora all’ascolto di Francesco, deisuoi messaggi antichi, dei suoi messaggi di futuro.

Luigino Bruni(Da Avvenire 24-3-2013)

aprile-maggio 2013 il Cantico 11

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Per sostenere progetti di fraternità e di paceLa Cooperativa Sociale Frate Jacopa, è finalizzata a rendere concreta nel quotidiano la dottrina sociale dellaChiesa secondo lo spirito di S. Francesco, attraverso attività sociali, educative, formative, ed in particolare attra-verso progetti a favore degli ultimi.Uno strumento operativo per prendersi cura del bene comune nella interazione con la società civile e con leistituzioni nei vari territori, sostenendo nella concreta operatività quella cultura della fraternità, della pace e delbene a cui sono chiamati i seguaci di S. Francesco nel mondo.Anche tu puoi sostenere le opere di fraternità destinando il 5 per mille alla Soc. Cooperativa Sociale FrateJacopa. Per farlo basta apporre nella tua dichiarazione dei redditi il numero di codice fiscale della CooperativaSociale Frate Jacopa, CF 09588331000, nell’apposito riquadro con la tua firma.La Cooperativa Sociale Frate Jacopa è a tua disposizione per qualsiasi chiarimento: tel. e fax 06631980 - cell.3282288455 - www.coopfratejacopa.it, [email protected].

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Nei giorni 21-22 marzo u.s. si è tenu-to a Padova, organizzato dallaFondazione Lanza, il 2° Forum dietica applicata. L’importante incon-tro ha portato a tema la questione del-l’etica civile, una realtà di granderilevanza per il nostro oggi, avvalen-dosi del laboratorio di ricerca dellaFondazione che ha lavorato sul rap-porto tra “etica, filosofia e teologia”,tra “etica e politiche ambientali” e tra”etica e medicina”, elaborando unManifesto-proposta per una rinno-vata etica civile (pubblicato inwww.fondazionelanza.it).I lavori sono stati aperti dai salutidel rappresentante del Comune,del Vescovo di Padova AntonioMattiazzo e del Direttore UfficioNaz. Cei per i problemi sociali e illavoro, Mons. Angelo Casile, cheringraziamo per averci consentitola pubblicazione del suo messag-gio (a seguire).La prima parte dell’approfondi-mento, dedicato agli scenariattuali, ha visto intrecciarsi la lettura offerta dalpunto di vista ecclesiale dal Vescovo ArrigoMiglio, presidente del Comitato delle SettimaneSociali, con la lettura dal punto di vista filosoficoportato da Laura Boella (Univ. di Milano) e dalpunto di vista storico statistico da Giuseppe DeRita (Censis). Alla base dello sgretolamento disenso della civitas vi è il prevalere dell’individuali-smo. Dopo l’invito a riscoprire la forza etica dellacarità (Miglio), è stato messo in evidenza l’enor-me bisogno di empatia nella nostra società in cui ivincoli sociali, relazionali, comunitari, sono estre-mamente laschi, assieme al bisogno contempora-neo dell’etica di riattivare la sensibilità al mettersiin gioco, il coraggio del passaggio dal privato alpubblico. A fronte del grande primato dell’iooccorre ristabilire il primato dell’altro, da cuidipende il grado di maturazione collettiva.Fondamentale per De Rita il tema della relazione edello sviluppare la relazionalità nella comunità,altrimenti il paese diventa anoressico.Il contributo del gruppo di ricerca “Etica, filosofia eteologia” è stato presentato dal responsabile SimoneMorandini (Fondazione Lanza) con lo stimolante con-trappunto di Sergio Bastianel (Facoltà Teol. ItaliaMeridionale) e Giacomo Coccolini (Facoltà Teol.

dell’Emilia Romagna). Nella condi-zione attuale di disconnessione deilegami della civitas e di sfaldamentodel capitale civile, in questa societàurlata in cui l’aggressione rischia didiventare uno strumento normaledella interazione sociale, occorreripensare il nostro vivere sociale. Lacivitas non è più il luogo dei rapportidiretti immediati, bensì è luogo diincontro tra soggetti che sono ancheportatori di differenze personali, cul-turali, linguistiche. Facendo tesorodelle riserve di capitale sociale tutto-ra presenti, occorre basarsi sulla fidu-cia del potere pacificante della parolacome realtà che sa proporre argo-mentazioni, annoverare storie, tesse-re legami e sulla fiducia che esisteuna grammatica fondamentale, perprovare a pensare la civitas in unarelazionalità intesa come realtà costi-tutiva dell’essere umano. LaGaudium et Spes ci ricorda che lafraternità interumana è la primaicona presente sulla terra della realtà

trinitaria. Siamo chiamati a rimettere al centro unaantropologia che vede nel dono di se il bene centraledell’essere umano. Fare civitas è un compito da rea-lizzare responsabilmente assieme ad altri, ritessendo lacomunicazione tra le differenze per ritrovare la consi-stenza del patto tra le diverse componenti perché lasfida è che tutte le componenti del corpo sociale abbia-no la possibilità di esistenza decente (ridando sostanzaa giustizia, equità, bene comune e diritti). Siamo inter-pellati a progettare il nuovo per realizzare la dimen-sione fondamentale del custodire. L’icona di una cittàcon salde mura (spazio comune che va custodito con-tro tutto ciò che lo degrada), ma con porte aperte all’al-terità, può ricordarci che la civitas si realizza nella con-cretezza ed al tempo stesso che la civitas è anche meta-fora di un convivere più ampio ed esige la logica delcondividere. Non si tratta di mettere tra parentesi ciòin cui ciascuno crede ma di tradurlo cooperativamentenella vita sociale.Il secondo ambito di approfondimento “etica civi-le e questione ambientale” è stato proposto daMatteo Mascia (Fondazione Lanza) nell’interes-sante contrappunto di Giorgio Osti (Univ. DiTrieste) e Luca Basile (Univ. di Bologna). Lo sfrut-

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PER UN’ETICA CIVILE: IDEE, PROPOSTEE PRATICHE PER UNA NUOVA CONVIVIALITÀ

2˚ Forum di etica applicata (Padova, 21-22 marzo 2013)

Il testo propone un primo docu-mento programmatico per unanuova stagione di impegno civile.

Segue a pag. 15

...Ringrazio per il gentile invito e mi complimentoper la ricchezza di riflessioni proposte dalManifesto “Per una rinnovata etica civile” e perla rilevanza dei relatori che impreziosiscono i lavo-ri del II Forum Nazionale di Etica Applicata.

Una domanda semplice e profonda di Gesù può aiu-tarci a comprendere come vivere la nostra vocazionecristiana assieme al nostro essere cittadini. Gesù ciricorda: «Voi siete il sale della terra; ma se il saleperde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? Anull’altro serve che ad essere gettato via e calpestatodalla gente» (Mt 5,13). Se il cristiano non è sale inogni momento della sua vita, come potrà essere rico-nosciuto dal Signore quale «servo buono e fedele» (Mt25,21)? Siamo il sale della terra perché abbiamoaccolto nella nostra vita l’annuncio che «Cristo ci haamato e ha dato se stesso per noi» (Ef 5,2). Per questo siamo chiamati ogni giorno anzituttocon la testimonianza cristiana a dare sapore a tuttociò che viviamo, a offrire la sapienza (il sapore) delVangelo alle persone che il Signore ci dona diincontrare nei diversi luoghi della nostra vita. Se ilcristiano è sale, le persone che gli stanno attornogodono della bellezza e della verità del messaggioevangelico. Prima nei fatti e poi con le parole,siamo chiamati a proclamare, nella storia di ogniuomo: «Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per teCristo è Via, Verità e Vita»1.L’esperienza straordinaria di questi giorni, i primi dipapa Francesco, che ci è stato donato da Dio grazieal sacrificio del papa emerito Benedetto XVI, cifanno constatare la bellezza e la grandezza dell’esse-re cristiani. Tutti, credenti e non,siamo stati contagiati dai gestisemplici e dalle parole vere dipapa Francesco. Se il cristiano èsale tutto acquista sapore!Se guardiamo al nostro Paese,ritroviamo problemi che atten-dono da decenni una soluzioneefficace. «Il permanente statodi crisi dell’Italia trova unaprofonda e continua eco nellanostra quotidiana esperienza divescovi…»; «Le persistentidifficoltà che anche l’Italiasperimenta oggi non sono frut-to di fatalità…». «Fino a quan-do non prenderemo atto deldramma di chi ancora chiede ilriconoscimento effettivo dellapropria persona e della propriafamiglia, non metteremo le

premesse necessarie a un nuovo cambiamentosociale. Gli impegni prioritari sono quelli cheriguardano la gente tuttora priva dell’essenziale: lasalute, la casa, il lavoro, il salario familiare, l’ac-cesso alla cultura, la partecipazione»2. Parole cherisalgono al lontano 1981, ma che dicono ancoraoggi la rilevanza dei problemi allora segnalati. Il Magistero dei Vescovi italiani ci ha offerto puntualianalisi sullo stato di sofferenza del nostro unico Paeseassieme a una lucida prospettiva di impegno comune:«Il Paese non crescerà, se non insieme. Ha bisognodi ritrovare il senso autentico dello Stato, della casacomune, del progetto per il futuro»3. E ancora oggi inostri Vescovi ci invitano a stare «dentro la storia conamore»4, a osare «il coraggio della speranza!»5, poi-ché «contro ogni tentazione di torpore e di inerzia,abbiamo il dovere di annunciare che i cambiamentisono possibili»6. Pensate se l’intero Paese in questidecenni avesse impiegato tutte le sue risorse per cre-scere in ogni sua parte e invece abbiamo sprecatorisorse – e continuiamo a sprecarle – per pensare comedividerci!Siamo ogni giorno bersagliati da una cultura domi-nante intrisa di edonismo, consumismo e relativismoche tenta di ridurre la dimensione pubblica dellafede e la sua incidenza nella società. Modelli cultu-rali importati ci privano del senso della festa in nomedel dio mercato. Rubandoci le feste7 e le parole(week-end invece di domenica, Halloween invece diTutti i Santi) ci rubano la cultura! Sprofondiamo nelmondo dei consumi opulenti, del benessere da centrocommerciale, “compri oggi e paghi domani!”. Soloche il domani è già venuto e lo stiamo pagando con

gli interessi.A fronte di tali scenari, qualisono le possibili proposte chepossono far germogliare unanuova convivialità nelle nostrecittà?– Anzitutto, di fronte ai proble-mi occorre mettersi insiemeper trovare adeguate prospetti-ve di impegno comune. Ènecessario stare insieme, unoaccanto all’altro, per vivere inpienezza la responsabilità dellasolidarietà reciproca, cheinfonde coraggio e fiducia erende possibili progettualitàcomuni attorno a valori condi-visi, nuovi stili di vita capaci digenerare attenzione alla perso-na, alle famiglie e impegno peril bene comune.

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“VOI SIETE IL SALE DELLA TERRA...”Saluto di Mons. Angelo Casile* al Forum di Etica Applicata (Padova, 21-22 marzo 2013)

Mons. Angelo Casile.

– Lo stile delle nostre comunità cristiane deve carat-terizzarsi per l’attenzione costante a tenere insiemela fedeltà a Dio con la fedeltà all’uomo. Non sitratta di due preoccupazioni diverse, bensì di ununico atteggiamento che alla luce della fede pone alcentro la dignità della persona, trasmette passioneper vivere in maniera alta i valori, cresce nellaresponsabilità e nella fatica nella ricerca, guardaoltre le apparenze per giungere a servire e aiutare gliultimi a uscire dalle secche della povertà.– Occorre promuovere il ruolo attivo dei credentinella società formando a una «cultura del benecomune, della cittadinanza, del diritto, della buonaamministrazione e della sana impresa nel rifiutodell’illegalità»8. Impegnandoci sull’educazioneintegrale dell’uomo si possono sconfiggere leradici dei diversi problemi etici, culturali e antro-pologici. In questa prospettiva è necessario impe-gnarsi in una nuova proposta educativa, cheammaestri «al gratuito e persino al grazioso, e nonsolo all’utile e a ciò che conviene; al bello e persi-no al meraviglioso, e non solo al gusto e a ciò chepiace; alla giustizia e persino alla santità, e nonsolo alla convenienza e all’opportunità»9. – È fondamentale, ci ricordano i nostri Vescovi,«educare alla cittadinanza responsabile. L’attualedinamica sociale appare segnata da una forte ten-denza individualistica che svaluta la dimensionesociale, fino a ridurla a una costrizione necessa-ria e a un prezzo da pagare per ottenere un risul-tato vantaggioso per il proprio interesse. Nellavisione cristiana l’uomo non si realizza da solo,ma grazie alla collaborazione con gli altri e ricer-cando il bene comune. Per questo appare neces-saria una seria educazione alla socialità e allacittadinanza, mediante un’ampia diffusione deiprincipi della dottrina sociale della Chiesa, ancherilanciando le scuole di formazione all’impegnosociale e politico»10. In questo contesto segnalo il Convegno nazionalesulla formazione socio-politica “Educare alla citta-dinanza responsabile 2”, che svolgeremo a Roma,nei giorni 5-6 aprile p.v., per approfondire motiva-zioni teologiche e prassi operative della cittadinan-za responsabile.Nel delicato momento storico che stiamo vivendo edi fronte alla profondità dei problemi che ci coin-

volgono, rispondiamo con il nostro essere all’al-tezza del Vangelo che professiamo. Accogliendoil dono di Dio, la fede nel Signore Gesù, diventia-mo noi stessi speranza e dono nella carità e nellaverità per tutti gli uomini. «La differenza cristianasi candida quale custode della possibilità di un con-tinuo lavoro perché l’umano dell’uomo sia vera-mente umano. Ed è qui che la strada dell’amorediventa amore della strada, del pubblico, dellapolis»11 e «oggi può (forse deve) generare comu-nità che respirino e lascino respirare il profumoliberante e consolante del Vangelo: profumo divera umanità»12. Buon profumo di vera umanità che tutti stiamo giàrespirando con papa Francesco.Per concludere mi piace riprendere le parole chepapa Francesco ci ha rivolto nella Messa d’inizio delsuo ministero petrino indicando il “custodire” comecompito per ogni credente e per ogni uomo. Nonposso qui non ricordare che già a partire dal 1999 èin atto tra la Fondazione Lanza e l’Ufficio Nazionaleper i problemi sociali e il lavoro una eccellente col-laborazione sull’educazione alla custodia del creato.Proprio in questi giorni, siamo riusciti a pubblicarecon le Edizioni Dehoniane Bologna il testo“Custodire il creato. Teologia, etica e pastorale”,che raccoglie i frutti di un fecondo percorso ultradecennale. Ed ecco le parole del Papa: «La vocazione delcustodire, però, non riguarda solamente noi cristia-ni, ha una dimensione che precede e che è sempli-cemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’in-tero creato, la bellezza del creato, come ci vienedetto nel Libro della Genesi e come ci ha mostratosan Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ognicreatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. Èil custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ognipersona, con amore, specialmente dei bambini, deivecchi, di coloro che sono più fragili e che spessosono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cural’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custo-discono reciprocamente, poi come genitori si pren-dono cura dei figli, e col tempo anche i figli diven-tano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità leamicizie, che sono un reciproco custodirsi nellaconfidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tuttoè affidato alla custodia dell’uomo, ed è una respon-

sabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi deidoni di Dio!»13.Il Signore Gesù ci aiuti nel custodire noi stes-si per custodire ogni fratello e sorella, per edi-ficare città dove regna la fraternità e lagratuità, si accoglie la vita, la famiglia, lapersona che lavora e dove ognuno è un fratel-lo da amare nella carità e nella verità.Viviamo bene la nostra fede ogni giorno per-ché i tempi siano migliori. Viviamo bene lanostra fede e le nostre città riprenderanno adavere un’anima.

* Direttore Ufficio Nazionale Ceiper i problemi sociali e il lavoro

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1 Cei, Nota pastorale Evangelizzare il sociale, 22 novem-bre 1992, n. 6.2 Consiglio permanente della Cei, Documento La Chiesaitaliana e le prospettive del Paese, 23 ott. 1981, nn. 1.3.4.3 La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, n. 8.4 Cei, Nota pastorale Con il dono della carità dentro lastoria, 26 maggio 1996, n. 6.5 Cei, Documento Per un Paese solidale. Chiesa italianae Mezzogiorno, 21 febbraio 2010, n. 20.6 Per un Paese solidale, n. 19.7 Mimmo Muolo, Le feste scippate. Riscoprire il sensocristiano delle festività, Ancora, 2012, p. 18.8 Per un Paese solidale, n. 16.9 Per un Paese solidale, n. 17.10 Conferenza Episcopale Italiana, Orientamenti pastora-li Educare alla vita buona del Vangelo, 4 ott. 2010, n. 54.11 Armando Matteo, Nel nome del Dio sconosciuto. Laprovocazione di Gesù a credenti e non credenti, EdizioniMessaggero, 2012, p. 72.12 Nel nome del Dio sconosciuto, p. 73.

13 Francesco, Omelia nella Santa Messa per l’inizio delMinistero petrino, 19 marzo 2013.

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tamento dei beni ambientali primari è insostenibilenel tempo e nello spazio: dalla crisi ecologica èmesso a rischio non solo l’ecosistema ma l’interocorredo dei diritti umani, e dunque lo stesso benecomune. La crisi ecologica interroga con forza laqualità della nostra convivenza e la sostenibilità èuna sorta di bussola per orientare i comportamentisociali capaci di soddisfare i bisogni attuali, maanche di quelli di domani. La sostenibilità in que-sto modo ci aiuta a ripensare il futuro, ci chiede dirisignificare alcuni valori e principi che tenganoconto delle conoscenze scientifiche e dei cambia-menti del nostro tempo (temi chiave: responsabili-tà, giustizia, cooperazione, sussidiarietà, parteci-pazione). La sostenibilità si incontra con il ritesse-re le ragioni della convivenza. Politiche e praticheche vanno verso la ecoefficienza e la ecosufficien-za rappresentano occasioni per rinnovare il nostrovivere insieme. E’ necessario un cambiamento dietica civile che arrivi ad abbracciare le istanze del-l’intera famiglia umana. Una menzione a parte meriterebbe il terzo ambito“etica e medicina”, proposto a cura di FabrizioTuroldo (Fondazione Lanza), per il preciso riferi-mento al diritto alla salute così come assunto dallaCostituzione Italiana, cosa che l’economia di que-sta nostra breve risonanza non ci consente.La sezione “Compiti e sfide per un’etica civile” haconcluso il Forum, dando la parola ad illustri relatori:Marc Augé (Antropologo, Parigi), Antonio Autiero(Univ. di Münster), Marco Magatti (Univ. Cattolica diMilano). Non potendo attraversare tutta la complessitàdelle argomentazioni, ne riproponiamo un filo condut-tore attraverso quanto prospettato dal sociologoMagatti. Il soggettivismo radicalizzato e l’estensioneplanetaria e pervasiva del sistema tecnico produce unasterilizzazione dell’altro e la realtà in quanto tale ètenuta a distanza. Nell’espansione si sono slegate lerelazioni affettive, politiche, i significati … Oggi lacrisi ci sta domandando di riflettere sul tema della

libertà; l’idea di libertà che è venuta fuori è una con-cezione iperindividualistica del sé perché facciamouna enorme fatica a riconoscere qualcos’altro oltre noistessi. E siamo chiamati a ripensare il tema dellaresponsabilità da declinare oggi fondamentalmentecome risposta alle interlocuzioni che l’altro ci pone(“rispondere a”, più che “rispondere di”). Emerge inquesto contesto l’importanza del “generare” versus il“consumare”. Il consumo è una inclinazione antropo-logica originaria ma il problema è che noi abbiamoimparato a confrontarci con la realtà solo consumando.La nostra società è tendenzialmente distruttiva perchél’atto centrale è l’atto di consumo (l’incorporazionedell’altro). Dunque bisogna rifarsi a qualcosa che siaantropologicamente potente quanto il consumare e ilgenerare è capace di contenere questo delirio consu-mistico. Siamo chiamati a creare le condizioni perchéil nostro essere liberi non si riduca solo al consumo masi esprima nella sua capacità generativa. Tenendo pre-sente che nella nostra contemporaneità abbiamo ildramma di essere nella condizione di equivalenza deisignificati, pensiamo al valore del “controambiente”.Costruire le condizioni di un’etica civile oggi significalavorare perché le società democratiche non sianototalmente piatte, creando ambienti dove sia possibilecoltivare una diversità, mantenendo contesti in cui letradizioni religiose possano riprodursi. Il “controam-biente” è vero e proprio patrimonio di libertà colletti-va.Le conclusioni del Segretario della FondazioneLanza, Lorenzo Biagi, hanno messo in evidenza unapprofondimento complesso ma denso di prospet-tive. La tematica proposta di forte impatto impegnala responsabilità di quanti hanno a cuore il benecomune planetario in una civitas che ha ormai iconfini della famiglia umana. Attendiamo quindicon grande interesse gli Atti del Forum, mentrerimandiamo al testo preparatorio per cominciare afare tesoro delle ricerche proposte.

A cura di Argia Passoni

Segue da pag. 12

L’attuale crisi non è solo economica, ma principal-mente antropologica. Per superarla è necessarioscoprire un nuovo umanesimo o una nuova giusti-zia che corrisponda all’identità profonda dell’esse-re umano.Nel linguaggio comune esiste l’aggettivo “disuma-no”, ma non esiste l’aggettivo “disanimale”. Ècome dire che nel linguaggio è espressa l’idea chel’uomo può tradire la sua essenza ed alienarsi,mentre l’animale è sempre se stesso e non può farealtro che seguire il suo istinto. L’uomo ha laresponsabilità di trovare un senso alle sue azioni,poiché esse lo trasformano umanizzandolo o, alcontrario, disumanizzandolo. Ma oggi la cultura dominante, proclamando l’in-sensatezza generale, deresponsabilizza l’uomo e loabbandona al suo istinto che, contrariamente aquanto accade all’animale, genera in lui alienazio-ne e crisi.La reazione a questa visione nichilista è la ricercadi una verità sull’essere dell’uomo, sulla sua natu-ra. Si tratta di scoprire una “grammatica naturale”,di principi universali espressione di un “denomina-tore comune per l’intera umanità”(Benedetto XVI,Discorso alla Pontificia Accademia per la Vita, 26-2-10).Benedetto XVI ci ricorda che non siamo sperdutiin un universo senza senso. Dalla realtà emana una

luce e un linguaggio che noi possiamo capire e cheper noi ha un valore prescrittivo: si tratta dellalegge morale naturale. Essa “non è una minacciaalla nostra libertà, bensì una «lingua» che ci per-mette di comprendere noi stessi e la verità delnostro essere, e di modellare in tal modo unmondo più giusto e più umano”(Benedetto XVI,Discorso ai Vescovi degli Usa, 19-1-2012).I cristiani sono aiutati dalla fede rivelata che “noncontraddice la ragione e non coarta l’umano, mapermette di vederlo più in profondità… Da un lato,quindi, c’è la legge morale naturale, come lucedella coscienza posta da Dio in ogni uomo, la qualenon è esclusivamente o prevalentemente confessio-nale, dall’altro però la Rivelazione cristiana e ilcompimento dell’uomo nel mistero di Cristo neillumina e sviluppa in pienezza la dottrina. Fondatanella stessa natura umana e accessibile ad ognicreatura razionale, la legge morale naturale costi-tuisce così la base per entrare in dialogo contutti gli uomini che cercano la verità e, più ingenerale, con la società civile e secolare. Questalegge, iscritta nel cuore di ogni uomo, tocca unodei nodi essenziali della stessa riflessione sul dirit-to e interpella ugualmente la coscienza e la respon-sabilità dei legislatori”(a cura di G. Crepaldi e S.Fontana, Terzo Rapporto sulla Dottrina socialedella Chiesa nel Mondo, Cantagalli, Siena 2012).

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INSIEME PER SALVARE L’UMANOGraziella Baldo

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ABITARE IL NUOVO SPAZIO COMUNICATIVO

«… La fiducia nella capacità dell’uomo di riconoscere e com-prendere la verità può portare noi cattolici a pensare che siasufficiente dire cose vere, e che questo basterà a persuade-re le persone e orientarne la prassi. Ma oggi occorre parla-re da testimoni: cioè avendo ascoltato la Parola e ilmondo. Il nostro messaggio è spesso osteggiato da unaserie di chiusure ideologiche e pregiudizi sulla Chiesa, pre-comprensioni viziate da stereotipi e semplificazioni; maanche, da parte nostra, depotenziato dalla fretta, dalla distra-zione e dalla mancanza di vero ascolto dei bisogni, delleinquietudini, dei desideri di chi ci sta davanti… Oggi i nostri interlocutori sono spesso distratti, colpiti damiriadi di messaggi, abituati ad aprire e chiudere finestre dilavoro dove ricevono informazioni diversificate, talora contra-stanti, poste tutte sullo stesso piano, pur se di diverso valore.Di tali caratteristiche dovremo renderci consapevoli, per poter realizzare un’autentica sintonia concoloro che sono raggiunti dal nostro messaggio.Indispensabile a una comunicazione efficace da parte della Chiesa è, oggi più che mai, la riuscita diquest’opera di sintonizzazione, cioè la capacità che dobbiamo sempre più acquisire di parlare in unmodo comprensibile e immediato, che sappia usare tutti i linguaggi, tecnici ma anche poetici; che sap-pia parlare anche ai cuori e non sia indirizzato solo alle intelligenze; che sappia portare una voce diver-sa in un dibattito spesso monocorde e appiattito su nuove ortodossie.Per questi motivi, fare i conti oggi con il mondo della comunicazione richiede un coraggioso investi-mento di professionalità specifiche, che comunque non sono sufficienti, senza una passione autenti-ca per l’umano. Molte esperienze comunicative riuscite rivelano l’intraprendenza di molti nel contribui-re a un più fruttuoso rapporto tra scienza e vita, e mostrano la possibilità che concezioni radicate e stilidi vita consolidati siano lentamente cambiati grazie alla capacità di ‘abitare’ il nuovo spazio comunica-tivo, adottandone la logica e ancor prima la grammatica relazionale.Si può intravedere un simile cambiamento proprio nella vicenda accaduta all’ospedale san Filippo [ladistruzione di embrioni crioconservati]. Un editoriale, appena qualche giorno dopo l’evento, è sembra-to di colpo avanzare rispetto a dove il dibattito bioetico sembrava essersi arrestato per decenni. Hascritto su Repubblica Michela Marzano: “Per una coppia che desidera avere un figlio, un embrione inattesa di essere trasferito nel ventre materno, rappresenta già, almeno da un punto di vista simbolico,il bambino tanto atteso. Anche se si tratta ancora solo di un embrione, è carico di aspettative e portacon sé tanti sogni. Certo, non si trova ancora nel corpo di una donna. Forse non sarà mai impiantato.La vita è iniziata da poco. Ma per chi ha fatto di tutto perché sia lì, per un uomo o una donna che sonogià sottoposti a molti trattamenti farmacologici, è tutt’altro che un banale ‘materiale biologico’. È l’iniziodella speranza. E la speranza non è facile da risarcire” (M. Marzano, La speranza spezzata, in LaRepubblica, 1 aprile 2012).Il cambiamento di prospettiva che emerge in questo brano è simile a quello che ha riguardato l’abor-to: come negli anni sessanta erano le donne a essere considerate le vittime a fronte di una gravidan-za indesiderata, oggi la sollecitudine per il non nato comincia ad essere almeno pari a quella per lamadre sofferente. In tal modo la questione non è più definita dallo sterile dibattito tra due opposti dirit-ti, ma si trasferisce su un terreno più esistenziale: la realtà della sofferenza.La comunicazione – a questo punto dovrebbe essere più chiaro - è sempre un mix di razionalità e diemotività, di logos e di pathos e non bisogna farsi bloccare da false alternative. Infatti nessun sapereautenticamente umano è mai asettico, neutrale, anaffettivo. E, quando lo diventa, l’essere umano risul-ta capace di autentiche atrocità. Per questo scriveva ancora Guardini: “Non dobbiamo irrigidirci con-tro il nuovo, tentando di conservare un bel mondo destinato a sparire. E neppure cercare dicostruire in disparte, mediante una fantasiosa forza creatrice, un mondo nuovo che si vorreb-be porre al riparo dai danni dell’evoluzione. A noi è imposto il compito di dare una forma a que-sta evoluzione, e possiamo assolvere tale compito soltanto aderendovi onestamente; ma rima-nendo tuttavia sensibili, con cuore incorruttibile, a tutto ciò che di distruttivo e di non umano èin esso” (R. Guardini, Lettere dal lago di Como, la tecnica e l’uomo, Brescia, 1993, p. 95).Lo ha compreso in modo icastico Benedetto XVI quando ricorda a tutta la Chiesa e agli uomini dibuona volontà: ”Non c’è l’intelligenza e poi l’amore: ci sono l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenzapiena di amore”(CV 30).»

Domenico PompiliSottosegretario Conferenza Episcopale Italiana, Direttore Ufficio Comunicazioni Sociali CEI

(dal Convegno “Comunicare scienza, comunicare vita”, Roma, 4-5 maggio 2012, Ass.“Scienza e Vita”)

Carissimi figli,il mio primo desiderio è quello di dirvi diconservare in voi sempre pura la fede.In essa troverete la forza di superare le ine-vitabili prove della vita.Il dono della fede è grande e vi renderàcontenti anche nel dolore perché esso puri-fica.Amatevi l’un l’altro, sempre.Abbiate un cuore grande, per chi è sfortu-nato più di voi.Sappiate essere sempre veri cristiani comenel giorno che foste battezzati.Non tradite mai la nostra santa religione.Nella vita vedrete attorno a voi delle per-sone moralmente e fisicamente sofferenti.Sappiate, appena potete, con una buonaparola o con un’elemosina, tergere quellesofferenze.Ricordatevi che anche un bicchiere d’ac-qua data per amore di Dio vi sarà ricom-pensato con tante grazie.

Sappiate ringraziareIddio delle gioie che viconcederà nella vita.Non chiudetevi mai nel-l’egoismo, perché nonsarete benedetti dalSignore.Non fate mai soffrire lavostra famiglia, cercatedi amarla tanto, secondoil cuore di Dio.Vi ringrazio di quanto miavete dato di buono nellavita terrena, ora datemipreghiere e suffragi.Vi saluto e vi stringo tuttiindistintamente al cuore.

La vostra Mamma

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TESTAMENTO SPIRITUALE DI BRAGION ELENA

Riportiamo il testamento spirituale di una cristiana autentica che nella sua vita, benedetta quotidiana-mente dal lavoro assiduo e dalla preghiera fervente, divenne per i suoi figli testimone esemplare difede pura e di amore santo. Il profumo di Vangelo, che la sua esperienza ci dona, ci interpella profon-damente a ripensare i nostri stili di vita perchè siamo nell’oggi capaci di rimandare alla speranza checi è stata donata.

Elena Bragion nacque nel 1904 a VillaEstense (Padova) dove il padre lavorava comefattore dei conti Estensi. Ebbe tre sorelle e duefratelli. Frequentò la scuola fino alla quartaclasse delle elementari. Sposatasi in giovaneetà con Francesco, padovano anch'egli, ebbe10 figli. La sua vita, fra lavoro domestico,lavoro nei campi e vendita dei prodotti dellaterra al Mercato delle Erbe di Bologna, dovesi era trasferita col marito, era una vita dilavoro duro e di preghiera.Sempre accolse i poveri che bussavano allasua porta, invitandoli anche a sedere alla suamensa; si dedicò al loro aiuto anche comevolontaria dell’Eca, associazione cattolica peri bisognosi. Era solita recitare il Santo Rosariotutte le sere con i figli, tanto numerosi quantovivaci; a loro riuscì ad impartire un'educazio-ne severa , spartana ma attenta ai bisogni degliumili e dei sofferenti.La lettera testamento fu dettata prima di mori-re nel 1998 in dialetto veneto ad una delle suenipoti che poi la tradusse in lingua italiana,con la preghiera che essa fosse aperta sola-mente dopo la sua morte.

Jacob Smits - In compagnia di Cristo, nostra pace, 1901.

Riprendo con “Lettere daAssisi” sicura di fare cosagradita a chi è legato inmodo speciale a questaterra di Francesco e aquello che vi accade.L’occasione mi vieneofferta dalla partecipazio-ne, per la nostra“Fraternità Frate Jaco-pa”, al Convegno Nazio-nale tenutosi alla DomusPacis su “La fede nelCreatore per abitare laterra”.

Molto interessante e vicino al nostro sentire il temasviluppato nel primo pomeriggio da due relatori: ilProf. Don Massimo Nardello (Docente di teologiasistematica, Facoltà Teologica dell’EmiliaRomagna in Bologna) e Fra Paolo Benanti, TOR(Assistente di Teologia morale, Istituto Teologicodi Assisi); Moderatore è stato il Prof. SimoneMorandini (Fondazione Lanza) che ben conoscia-mo per l’aiuto che ci dà nei nostri incontri di“Scuola di Pace”.I lavori si sono aperti con la Preghiera guidata dalVescovo di Assisi, Mons. Domenico Sorrentinoche ha dato anche un caloroso benvenuto a tutti iconvenuti, consapevole del fatto che Assisi, terra diS.Francesco, è luogo ideale per affrontare i temiche il Convegno promuove.Non proporrò una relazione dettagliata dell’Incontro,ma solo spunti che ci possano aiutare a riflettere.Il Prof. Don Massimo Nardello, sviluppando iltema “Credo in Dio, Padre Onnipotente”, ci haintrodotto ad una riflessione teologica che ha presoin considerazione il rapporto tra la bontà di Dio, ilmale naturale e la libertà dell’uomo, offrendo varieangolature di quello che viene definito il problemadella Teodicea (dal greco theòs “Dio” e diké “giu-stizia”).Due sono le posizioni da cui partire: quella diLeibnitz che sostiene che Dio, Essere perfetto, tra imondi possibili, ha scelto sicuramente il migliore,cioè quello che contiene il minor male possibile, equella di Kreiner che sostiene che il nostro univer-so è il migliore tra quelli possibili in base a criteridi coerenza fisica. Superando, in un certo senso,queste due posizioni filosofiche, il relatore propo-ne la visione cristiana di una creazione che non haraggiunto ancora il suo compimento ma è destina-ta alla risurrezione come il corpo risorto di Gesùche ne rappresenta la primizia (destinazione cristo-logica della creazione). Dio, avendo creato il

mondo per amore, loconduce alla pienezzadella sua esistenza nellarisurrezione, entrando inrelazione con esso attra-verso gli esseri umani,creature libere: Cristo èla risposta perfetta a Dionella quale gli esseriumani vengono liberati.La creazione si trova inuna sorta di “stato inter-medio” non pienamenteconforme al disegno diDio, proiettata versocieli nuovi e terra nuova.

La relazione di fra Paolo Benanti “Costruire unacultura solidale con il creato” è stata illustrataanche con l’ausilio di slides che hanno permesso diconcentrare l’attenzione sui concetti chiave. Nellapremessa il riferimento metodologico allaGaudium et Spes ed un chiarimento sul significatodel termine “politico”, poi un’analisi della situa-zione degli ultimi trenta anni relativa alle catastro-fi naturali che hanno visto nel 2011 un picco stra-ordinario, soprattutto a causa dei terremoti. C’è unOrganismo Internazionale UNISDR che si occupadi come ridurre il rischio delle catastrofi, ovvia-mente per rendere più sicura la vita dell’uomo,minacciata sì da fenomeni naturali fuori controllo(terremoti, siccità) ma anche da pericoli causatidall’uomo (pericoli industriali, rischi tecnologici,guerre…). Molto interessante è stato il tema della“vulnerabilità”: vulnerabilità economiche (per es.le famiglie a basso reddito vivono spesso in aree arischio) e vulnerabilità fisiche (ad es. la tipologiadelle costruzioni che può essere più o meno resi-stente a determinati fenomeni come terremoti,incendi…). La gestione del rischio aiuta a preveni-re i disastri ed anche a mettere in atto uno svilupposostenibile sia a livello locale che globale. Il rischiopuò, in una certa misura, essere gestito con un’ope-ra di prevenzione e mitigazione che aiuti le comu-nità a strutturarsi in modo tale che di fronte airischi ci sia capacità di adattamento, “resistendo ocambiando per raggiungere e mantenere un livelloaccettabile di funzionamento e struttura”. Questofenomeno si definisce “resilienza”.Interessanti le linee di impegno dell’UNISDRnello sviluppo di una cultura solidale che diventipolitica solidale: prevenzione, mitigazione, ripresa.Affrontando poi il tema di quali caratteristichedebba avere una cultura che voglia essere solidalecon il creato, il Relatore individua quattro percorsitematici:

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“LA FEDE NEL CREATORE PER ABITARE LA TERRA”Convegno Cei ad Assisi, 1-2 marzo 2013

1. Coltivare e custodire il giardino: interdipenden-za uomo-terra (Gen 2,15).2. Esodo, Sinai e la terra: l’alleanza come veritàdella relazione con Dio. 3. Istituzione dell’Eucaristia: il criterio nel rappor-to ai beni della terra (la condivisione del pane, cioèdei mezzi necessari per vivere indica la volontà dicondividere la vita. Non è possibile celebrarel’Eucaristia e non condividere ciò che è necessarioper la vita; l’altro è un fratello e non un possibileavversario)4. Dal giardino alla città: uno sguardo escatologico(la comunità cristiana deve essere segno profeticodel prendersi cura delle vulnerabilità siano esseeconomiche o sociali che condannano i poveri e gliemarginati a vivere nel rischio).Il cristiano “vive sapendo che l’avvenire è già dato(orizzonte escatologico) ma il futuro si costruisce(orizzonte intramondano)”.Non ho potuto partecipare al momento di preghie-ra sulla Tomba di S.Francesco “In preghiera conS. Francesco, cantore del creato” ma ne ho senti-to una risonanza estremamente positiva.

Al mattino seguente ci è venuta in aiuto la Paroladi Dio con la parabola del Figliol Prodigo. IlVescovo ci ha fatto sentire profondamente come inquel figlio che pretende il suo (a cui fra l’altro nonha diritto) e si allontana dal Padre che lo ama cosìtanto da darglielo, c’è tutta l’umanità nell’illusionedell’autosufficienza e nella rovina del ritrovarsi“tra porci” di cui non si può nemmeno condividereil mangiare. Ma poi, che sia il bisogno, che sia l’in-telligenza a smuoverlo, il figlio torna alla casa delPadre, a quella condizione d’amore che aveva rifiu-tato.Molto ricca la Tavola Rotonda che ha visto interventiveramente interessanti “In ascolto di culture e reli-gioni”. Hanno parlato nell’ordine: la Pastora LetiziaTomassone (Pastora valdese); l’ArchimandritaEvangelos Yfantidis (Vicario Generale della SacraArcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta); in video-messaggio il Prof. Rav Giuseppe Laras ( Rabbinocapo di Ancona e Presidente del TribunaleRabbinico del Centro-Nord Italia); La Prof.ssa

Shahrzad Houshmand (Teologa islamica).Moderatore è stato Mons. Gino Battaglia(Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’ecumeni-smo e il dialogo interreligioso) che ha premessoche queste sono voci che vengono da tradizionidiverse ma che si pongono il comune problema di“come abitare la terra con questa fede” nella con-sapevolezza di una grande responsabilità e ancoradi come credere in Dio buono e onnipotente difronte alla violenza della natura. Il disastro non èmai solo naturale ma è aggravato e amplificato daresponsabilità umana.Alcune idee portanti della relazione della PastoraLetizia Tomassone:• in premessa, la difficoltà di tenere insieme l’ideadi un Dio buono con un Dio giusto a riguardo diuna situazione ambientale con squilibri molto forti;• la comprensione globale del cosmo: si impone unpensiero reticolare, non gerarchico all’interno dellanatura, ogni parte è interconnessa con l’altra e inte-ragisce; interconnessione del tutto e singolarità diogni elemento;• teologie femministe che cercano di dar luogo aduna nuova antropologia. Gli schemi antichi nonfunzionano più né quello di Agostino né quello diCalvino perché sono basati sul dualismo; i concet-ti di peccato, di punizione e di morte vanno scardi-nati. Negli ultimi cinquanta anni è avvenuta unarivoluzione nella Teologia: si è passati dalladomanda di come conoscere Dio a quella di comepossiamo salvare noi stessi. Interessante soprattutto l’analisi della disugua-glianza dell’ingiustizia con la costatazione che làdove abitano i poveri, la situazione ambientale èpiù compromessa; i poveri non possono lasciare ilposto dove abitano mentre il potere finanziario puòspostarsi, illudendosi di non dipendere dalle condi-zioni ambientali del pianeta; i poveri però possonosviluppare una nuova etica della cura.L’eco-femminismo afferma che:1. il male non deriva da Dio ma anche Dio lo subi-sce2. la distruzione ha spazio nell’esistenza e la mortedà spazio alla vita3. è necessario allargare la nostra visione dando

spazio all’empatia che ci fa prendere curadella realtà.

Dell’intervento dell’Archimandrita EvangelosYfantidis mi ha colpito soprattutto la focaliz-zazione di una iniziativa che già dagli anniottanta si era fatta strada e cioè la proclama-zione del primo settembre come giornata dellasalvaguardia del creato. Si è passati, nel tempo,da una preghiera per proteggere l’umanità dacatastrofi ad una preghiera perché la natura siaprotetta dall’umanità, dall’insulto dell’uomo.La preghiera dovrebbe essere accompagnatada un cambiamento di mentalità; la metanoiapresuppone tre principi: 1. l’ ethos eucaristico

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2. l’ethos ascetico3. l’ethos liturgicoAltre affermazioni importanti:• la non condivisione della ricchezza con i poverivuol dire derubarli;• è un nostro preciso dovere proteggere il nostroprossimo dalle catastrofi;• il non aver preso misure per evitarle è un debitonon saldato. Se vogliamo migliorare le condizionidell’umanità dobbiamo evitare di causare scompi-glio nell’ordine naturale, non dobbiamo spezzarel’armonia della natura. In sinergia con il Creatore,l’uomo deve essere custode e ministro del creato;la creazione va rispettata per rispettare il Creatore,ognuno può contribuire a restaurare il mondo.Come ho già detto l’intervento del Rabbino RavGiuseppe Laras è avvenuto tramite videomessaggio.La riflessone si è mossa dalla constatazione che duesono i protagonisti nel creato: la natura inconsapevo-le e l’uomo dotato di libertà, ma vi è un terzo ele-mento che è Dio autore del mondo, della natura, del-l’uomo. Di fronte alla sofferenza, e soprattutto allasofferenza innocente, noi non siamo in grado di com-prendere il criterio valutativo del Signore, una rispo-sta potrebbe essere nella dottrina della sofferenzad’amore (coloro che Dio ama, Dio fa soffrire… lasofferenza serve per espiare e per poter avere un pre-mio dopo la morte); ma quando la sofferenza riguar-da la collettività il discorso si fa più complicato; èpossibile che tutti siano colpevoli? A volte certi disa-stri sono attribuibili all’incuria dell’uomo e quindi èimportante fare prevenzione, prendersi cura dellanatura; “lavorare e custodire” il giardino, non siamoqui per consumare tutte le risorse del mondo ma percustodirle. Molto bello il racconto talmudico di unuomo che sta piantando un carrubo e viene preso perpazzo perché sta mettendo a dimora una pianta chedarà frutti solo dopo molti anni, quando lui non cisarà più, la risposta è chiara: “ Vedi, io ho mangiatodei frutti del carrubo, quindi qualcuno l’ha piantatonon per sé ma per altri, così faccio io”.

La Prof.ssa Shahrzad Houshmand ha chiuso gliinterventi della Tavola Rotonda con un forte richia-mo a S. Francesco, al suo modo di vedere il creato,l’armonia del creato; le stesse lodi di Dio altissimo,riportate sulle pareti della sala in cui ci trovavamo,si ritrovano anche nel Corano. È proprio dalla let-tura del Testo Coranico che sono state tratte leriflessioni:• il Creatore (attributo costante di Dio) dà comin-ciamento al creato e lo fa tornare a sé;• il Dio uno (Dio non ha altro Dio accanto a sé);il monoteismo nega ogni divisione dualistica;nega anche la fonte del bene e del male distintidall’unica creazione (le tenebre sono la chiusuradell’uomo alla luce del bene). L’origine del maleper il Corano è anteriore alla caduta dell’uomo edella donna, rintracciabile in un atto di superbiadi una creatura angelica che si sente superioreall’uomo ( mi hai creato di luce e lui di fango)…ed ecco ancora oggi una parte dell’umanità chediscrimina l’altra e i vari atteggiamenti di prepo-tenza o di superiorità;• tutto ciò che è nel cielo e nella terra glorifica Dio;tutto è in relazione, tutto è un unico corpo creato daun unico Creatore;• la fede e la richiesta della fede (…fanno la pre-ghiera ed elargiscono del bene ricevuto).Le conclusioni ed i ringraziamenti sono stati fattidall’Ing. Stefania Proietti e dal dott. Ernesto Diaco.Il Prof. Simone Morandini ha raccomandato la lettu-ra del libro: “Custodire il creato. Teologia, etica epastorale”, un testo non concluso in se stesso poichésarà arricchito da una parte in formato elettronico.Nei ringraziamenti è tornato con forza Francesco:Francesco immagine dell’uomo moderno, uomofragile che è diventato potente con l’amore di Dio,ha ristabilito l’armonia con le creature. Il problemaambientale colpisce di più i deboli, c’è comunqueuna speranza, una resilienza per tornare all’armo-nia che il mondo aveva.

Amneris Marcucci

CUSTODIRE IL CREATOTeologia, etica e pastorale

“Educare alla custodia del creato – spiega Mons. Angelo Casile, direttore dell’UfficioNazionale per i problemi sociali e il lavoro – significa condurre gli uomini lungo un tri-plice sentiero: quello, innanzitutto, di coltivare un atteggiamento di gratitudine a Dio peril dono del creato; quello, poi, di vivere personalmente la responsabilità di rendere semprepiù bella la creazione; quello, infine, di essere, sull’esempio di Cristo, testimoni autenticidi gratuità e di servizio nei confronti di ogni persona umana”.Il volume invita a pensare l'incontro tra Dio e l'uomo nel luogo e nel tempo che Dio stes-so ha creato. I diversi contributi propongono un’articolazione delle tematiche volta asegnalare modi e concetti utili a ripensare ed educare cristianamente la sensibilità per iproblemi ambientali.I testi qui raccolti nascono da alcune inizative del gruppo di studio "Custodia del creato",promosso presso la Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana dall'UfficioNazionale per i problemi sociali e il lavoro insieme al Servizio Nazionale per il progettoculturale, con i quai hanno collaborato l'Associazione Teologica Italiana (ATI) el'Associazione Teologica Italiana per lo Studio della Morale (ATISM) 2013.

La speranza è che questo testo sia davvero uno strumento utile per molte Chiese e molti cristiani, chiamati a rispondereoggi più che mai del grande compito di custodia del creato.Edizioni Dehoniane Bologna, pp. 206, �� 12,00 www.dehoniane.it

“Paolo, dopo aver predicato in numerosi luoghi,giunto ad Atene si reca all’areopago, dove annun-zia il Vangelo, usando un linguaggio adatto e com-prensibile in quell’ambiente (cfr At 17,22-31).L’areopago rappresentava allora il centro della cul-tura del dotto popolo ateniese, e oggi può essereassunto a simbolo dei nuovi ambienti in cui si deveproclamare il Vangelo” (Redemptoris Missio 37).L’areopago del tempo attuale, che sta unificandol’umanità rendendola un villaggio globale, è ilmondo dei media. Essi “hanno una tale importanzada essere per molti il principale strumento informati-vo e formativo, di guida e di ispirazione per i com-portamenti individuali, familiari e sociali. Le nuovegenerazioni soprattutto crescono in modo condizio-nato da essi” (ibidem).La “Caritas in Veritate” pone l’“accresciuta perva-sività” dei media in connessione con lo sviluppotecnologico e aggiunge: “È ormai quasi impossibi-le immaginare l’esistenza della famiglia umanasenza di essi. Nel bene e nel male, sono così incar-nati nella vita del mondo, che sembra davveroassurda la posizione di coloro che ne sostengono laneutralità, rivendicandone di conseguenza l’auto-nomia rispetto alla morale che tocca le persone.Spesso simili prospettive, che enfatizzano la naturastrettamente tecnica dei media, favoriscono di fattola loro subordinazione al calcolo economico…”(CV 73).I media hanno contribuito ad affermare oggi unanuova cultura in cui l’interesse economico si è fattostrada in maniera prepotente fino a provocare illivellamento delle tradizioni, degli stili di vita edelle norme sociali di comportamento e fino adalienarci da noi stessi. Si è affermata una tendenza all’appiattimento dellevarietà culturali e si sono acquisiti atteggiamenti diinerzia mentale e fisica, per affermare ovunque lostesso messaggio culturale di tipo consumistico, lostesso stile di vita e un’unica visione del mondo. Inqualunque parte del mondo si possono acquistaregli stessi prodotti. Ma non si tratta solo di questo,

poiché con il prodotto si acquista una particolarevisione del mondo che comporta lo stesso modo divestire e di atteggiarsi. È, dunque, un messaggioculturale quello che noi “beviamo” insieme al pro-dotto.Questo comporta un’omologazione culturale che, adifferenza della ricchezza costituita dalla diversitàculturale dei popoli, indica una povertà, poiché nonc’è ricchezza dove mancano le tradizioni e la propriaidentità. Le nuove tecnologie accentuano l’omologa-zione, perché sono nelle mani di chi vuole veicolarecomportamenti economicamente redditizi.I media determinano mutamenti nel modo stesso“di percepire e di conoscere la realtà e la stessa per-sona umana” (ibidem) e poiché sono subordinatianch’essi al calcolo economico, occorre urgente-mente fare un’attenta riflessione sulla loro influen-za specie nei confronti della dimensione etico-cul-turale della globalizzazione e dello sviluppo deipopoli.La parola s-viluppo significa liberare l’uomo e ipopoli dai “viluppi”, dai vincoli, dalle catene, dallevarie forme di schiavitù per poter raggiungere uno“sviluppo integrale dell’uomo” (cfr sottotitolodella “Caritas in Veritate”). Ciò significa che la cre-scita economica non deve minacciare la relaziona-lità e la spiritualità, come accade, ad esempio,quando si favorisce l’aumento dei video poker chefanno crescere il PIL, ma creano anche pericolosedipendenze tra i giovanissimi e non solo.I media devono assumersi la responsabilità di que-sto processo di sviluppo integrale dell’uomo chepossono favorire o contrastare. Essi assolveranno il loro compito di umanizzazio-ne non solo se offriranno maggiori possibilità diinterconnessione e di circolazione delle idee, masoprattutto se mireranno alla “promozione delladignità delle persone e dei popoli”, se saranno“animati dalla carità” e saranno posti “al serviziodella verità, del bene e della fraternità naturale esoprannaturale” (ibidem).

Lucia Baldo

aprile-maggio 2013 il Cantico 22

L’AREOPAGO DEI MEDIA

SE IL DIGIUNO TECNOLOGICO ACCRESCE LA CREATIVITÀ

David Strayer, psicologo cognitivo dell’Università dello Utah, ha studiato a lungo gli effetti delle fonti di distrazio-ne sulle prestazioni umane, in particolare quanto influisce sulla qualità della guida parlare al cellulare o manda-re messaggini (molto: la frequenza degli incidenti aumenta di un fattore quattro!). E anche se c’è una piccola per-centuale di persone capaci di far bene più cose allo stesso tempo, la maggioranza fa bene a concentrarsi su unasola cosa. Di recente Strayer ha intrapreso uno studio sui rapporti tra le capacità creative delle persone e l’am-biente in cui si trovano. L’esito, in soldoni, è che per pensare con chiarezza e avere idee originali bisogna abban-donare cellulari, computer, iPad e simili e fare una bella escursione all’aria aperta. Le prestazioni cognitive delgruppo sperimentale sono migliorate di quasi il 50 per cento dopo quattro giorni di gita zaino in spalla in uncanyon della regione. I particolari dell’esperimento si possono trovare sulla rivista in linea Plos (Public Library ofScience) One, ma è più interessante conoscere il parere di Strayer (nome che tra l’altro rimanda al verbo «tostray», vagare), secondo cui il miglioramento cospicuo e misurabile delle prestazioni cognitive è stato causato datre fattori: il contatto prolungato con la natura, l’esercizio fisico spinto e l’abbandono dei dispositivi elettronici. Chel’uso della tecnologia abbia un effetto importante sulle connessioni cerebrali è ormai confermato da diverse ricer-che e può darsi benissimo che la delega da noi compiuta a favore di queste apparecchiature contribuisca a undepotenziamento delle nostre capacità mnemoniche e cognitive endocraniche. Del resto che le estroflessionicognitive alimentino un certo grado di pigrizia mentale è un fatto incontrovertibile. Forse è questa la strada percapire perché l’abitudine che hanno molti di isolarsi per molte ore al giorno davanti allo schermo di un computer,che diventa così la loro interfaccia con il mondo e con le altre persone, abbia effetti negativi e perché questi effet-ti possano essere contrastati grazie a un’immersione nella natura, come del resto sostengono da secoli scrittorie poeti (è singolare come dalla ricerca ci si aspetti oggi la conferma anche dei fatti più ovvi, come il riscaldamentodi un tegame d’acqua posto sul fuoco...). La specie umana si è evoluta per centinaia di migliaia di anni in unambiente ‘naturale’ (nel senso più elementare della parola), a stretto contatto con montagne, animali, acque e

boschi, e con i consimili. Negli ultimi decen-ni per noi occidentali l’ambiente è mutatoradicalmente ed è ormai soprassaturo diuna tecnologia che impegna allo spasimo lenostre capacità di gestione delle sollecita-zioni esterne. I bambini di oggi passano nonpiù di una ventina di minuti al giorno a gio-care all’aperto, mentre giovani e adulti pas-sano sempre meno tempo in attività ricreati-ve in seno alla natura.Ma l’ambiente tecnico è troppo giovane enoi siamo ancora parte di quello naturale,che esercita su di noi un atavico richiamoimmersivo e sistemico e in cui ci sentiamoa casa. Quanto tempo debba passare per-ché ci sentiamo a casa nell’ambiente arti-ficiale che ci stiamo costruendo intornonon è dato sapere, certo è che oggi la tec-nologia corre più di quanto l’uomo riesca aseguirla.

Giuseppe O. Longoda Avvenire 8 marzo 2013

WEB SPAZZATURA COME DIFENDERSI?

Il vero rischio, da prevenire e da cui difendersi, dell’uso di Internet come fonte primaria di informazione politica èquello della polarizzazione. Il fenomeno sta crescendo, studiato anche da un premio Nobel dell’economia (Shelling) già in passato, quandoneppure esisteva Internet, ma che Internet e soprattutto i social network stanno amplificando a dismisura.Fondamentalmente la gente cerca e “frequenta”, anche virtualmente, chi la pensa come lei. E’ evidente che nel formarsi le proprie idee, o addirittura nel formarsi, tout court, è ben diverso il caso in cui si siain un contesto dove c’è di tutto e di più e si è diversi, si sia costretti a confrontarsi e a scontrarsi, a verificare sulweb le proprie idee con quelle degli altri, e invece si sia nel caso in cui tutti già la pensano allo stesso modo,hanno le stesse idee, le stesse tradizioni ecc. In questo secondo caso ci saranno anche dei vantaggi, ma nes-suno può negare i grandi rischi di una frammentazione polarizzata della conoscenza, e quindi delle opinioni,anche politiche. Ciò non è bene: viene favorito l’estremismo e il radicalismo. Come difendersi? Nel breve periodo, contrastare, evitare, l’uso di motori di ricerca che effettuino la sele-zione delle informazioni utilizzando le precedenti ricerche, e quindi il profilo, dell’utente. Nel lungo, favori-re il più possibile una formazione e una cultura il più possibile pluralistica (e in sedi – anche virtuali – plu-ralistiche!), che veda nella polarizzazione della conoscenza un disvalore che mina la convivenza e lademocrazia. Alla faccia del mito del crowsourcing anche politico!

Piercarlo Maggiolinidocente di Deontologia ed Etica delle tecnologie dell’informazione, presso il Politecnico di Milano

L’inizio del Cantico delle creature è una formula teo-logica che S. Francesco mette spesso nelle sue pre-ghiere: “Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione”.È l’idea che Francesco ha di Dio; il Cantico è rivol-to a Dio, non ad altri. Chiamare così Dio (“bonSignore”) nel 1200 non è affatto una cosa comune;tutto il medioevo utilizza la liturgia dei monasteri,nella quale le caratteristiche attribuite al Signoresono diverse (es: “allontana i castighi che meritia-mo”). Invece Francesco individua questa caratteri-stica del Signore: la bontà. Poi individua il rappor-to tra Dio e l’uomo; si pone nella posizione di “pic-colino” di fronte a Dio, l’unico che ha diritto allalode. All’epoca non era così, si lodavano nelle pre-ghiere anche esponenti del clero, nobili, ecc.Invece Francesco ci dice che solo a Dio va la lode: “Ad Te solo, Altissimo, se konfane, et nullu homoène dignu Te mentovare”.La lode va all’unico Dio e alle sue creature: “Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creatu-re”. Francesco riconosce nella creazione di Dio ilsegno più autentico della sua potenza e della suabontà. Riconosce che le creature sono il segno piùvero della grandezza di Dio e del loro valore. Eccoperché Francesco rispetta tutti gli animali: è esta-siato dalla creazione di Dio, in questo è mistico. Tutti gli elementi e le creature citate nel Canticohanno un compito e un fine che sono il segno del“bon Signore” e hanno lo scopo di dimostrare lagrandezza di Dio. Francesco rispetta la legge dellaGenesi: il sole serve per illuminare il giorno, ecc.(cfr. Gen 1). Quindi da una parte il segno di Dio,dall’altra il dono che il Signore fa all’uomo: ilcustode del Paradiso è l’uomo. Dio incarica l’uomodi custodire l’opera della sua creazione. Quindi perFrancesco l’uomo ha questa responsabilità: custo-dire la creazione. Francesco non distrugge ciò cheDio ha creato, significherebbe togliere a Dio la bel-lezza della sua immagine. Allora Francesco è ilcustode della creazione di Dio così come Dio l’havoluta: Francesco è l’uomo perfettamente armoni-co dentro la creazione di Dio. Francesco è l’uomoche sta al giusto posto dentro la creazione di Dio. L’uomo non è padrone della creazione, ma custode. Lacreazione, quindi, non è fuori dalla Pasqua e noi siamo

nella creazione: “La creazione stessa attende conimpazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infattiè stata sottomessa alla caducità - non per suo volere,ma per volere di colui che l’ha sottomessa - e nutre lasperanza di essere lei pure liberata dalla schiavitùdella corruzione, per entrare nella libertà della gloriadei figli di Dio!” (Rm 8,19ss). S. Paolo ci dice che c’èun’unica creazione; come la creazione iniziale rappre-sentava la bellezza di Dio, così la creazione e la sal-vezza arriveranno alla fine del mondo: ci sarà unanuova creazione, così come Dio l’ha voluta. Francesco si pone al servizio delle creature che Dioha creato: “Dobbiamo essere servi e soggetti adogni umana creatura per amore di Dio” (FF 199). Per Francesco niente va modificato del piano dellacreazione, perché vorrebbe dire cambiare la volontàdel Creatore. Per questo si mette al servizio dellecreature, perché sono opera di Dio. Ma Francesconon è un estremista: Dio creò animali e piante per ilbenessere dell’uomo, ma chiedendogli di dare ad essiun nome ne fa il custode. Noi siamo fratelli e sorel-le, intesi non solo come uomini e donne, ma anchecome fratello sole, sorella luna, ecc. Quindi tutto ciòche entra nella relazione di Francesco entra a farparte del progetto di Dio. È solo la Pasqua che ci dàl’idea del compimento del progetto di Dio; anche lacreazione andrà a far parte di questo progetto. Francesco attraverso le creature loda il Creatore maallo stesso tempo le rispetta: tutta la creazione va alode di Dio. L’uomo è custode e deve invitare tuttele creature alla lode di Dio: la creatura diventa unapersona capace di lodare il Creatore. Questoriguarda tutte le creature viventi ma anche quellenon animate, perché anch’esse sono creature. Eccoperché Francesco cammina con rispetto sulle pie-tre, sempre ricordando che Gesù Cristo è la“Pietra” di fondazione della Chiesa (FF 750).

Renato Dal Corso

aprile-maggio 2013 il Cantico 24

IL CANTICO DELLE CREATURE:IL SEGNO E IL DONO DI DIO

Lo scorso 23-24 marzo a Sezano, presso ilmonastero dei Padri Stimmatini, si è svolto ilritiro in preparazione alla Pasqua dellaFraternità di Verona e della Fraternità diBrescia. Ecco alcune riflessioni svolte da donGino Canali durante le due giornate.