il Cantico

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il Cantico online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8 www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000 Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 ISSN 1974-2339 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. Tutti i diritti riservati. SOMMARIO IL MISTERO DELLA POVERTÀDEL VERBO INCARNATO - Graziella Baldo 2 LIBERTÀ NELLA VERITÀ - Maria Rosaria Restivo 4 GIORNATA INTERNAZIONALE DI PREGHIERA CONTRO LA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI 5 SPECIALE SCUOLA DI PACE MONS. TOSO: SU PACE E DIRITTI, LEADERS MONDIALI ASCOLTINO FRANCESCO - Intervista di Alessandro Gisotti (Radio Vaticana) 6 RIAPPROPRIARSI DELLA DEMOCRAZIA - Saggio di Mario Toso 7 SCUOLA DI PACE “NON PIÙSCHIAVI MA FRATELLI” - A cura di Argia Passoni 8 “NON PIÙSCHIAVI, MA FRATELLI” - Presentazione del Messaggio per la GMP 2015 di S.E. Mons. Mario Toso 12 “UN PATTO PER IL FIUME SIMETO TRA COMUNITÀE ISTITUZIONI. VALORI, PROGETTI E PRIORITÀ CONDIVISI PER UNA GOVERNANCE PARTECIPATA” - Chiara Longo 17 IL CANTICO 20 IL TEMPO CASA DI DIO - A cura di Lucia Baldo 21 VISITA IL SITO WWW.FRATEJACOPA.NET 22 LAVORO DIGNITOSO, NUOVO OBIETTIVO GLOBALE - Francesco Pistocchini 23 “SOLIDALI PER LA VITA” - Messaggio Cei per la Giornata della Vita 24 LA FAMIGLIA COME VEICOLO PRIVILEGIATO DI INCONTRO TRA CULTURE - Francesco Belletti 25 SOSTEGNO A DISTANZA. CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL” COLOMBIA 26 CUSTODIRE FUTURO: ETICA NEL CAMBIAMENTO - A cura di Graziella Baldo 27 COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 28 Gennaio il Cantico n. 1/2015 1

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il Canticoonline

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 ISSN 1974-2339

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.Tutti i diritti riservati.

SOMMARIOIL MISTERO DELLA POVERTÀ DEL VERBO INCARNATO - Graziella Baldo 2LIBERTÀ NELLA VERITÀ - Maria Rosaria Restivo 4GIORNATA INTERNAZIONALE DI PREGHIERA CONTRO LA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI 5SPECIALE SCUOLA DI PACEMONS. TOSO: SU PACE E DIRITTI, LEADERS MONDIALI ASCOLTINO FRANCESCO - Intervista diAlessandro Gisotti (Radio Vaticana) 6RIAPPROPRIARSI DELLA DEMOCRAZIA - Saggio di Mario Toso 7SCUOLA DI PACE “NON PIÙ SCHIAVI MA FRATELLI” - A cura di Argia Passoni 8“NON PIÙ SCHIAVI, MA FRATELLI” - Presentazione del Messaggio per la GMP 2015 di S.E. Mons. Mario Toso 12“UN PATTO PER IL FIUME SIMETO TRA COMUNITÀ E ISTITUZIONI. VALORI, PROGETTI E PRIORITÀCONDIVISI PER UNA GOVERNANCE PARTECIPATA” - Chiara Longo 17IL CANTICO 20IL TEMPO CASA DI DIO - A cura di Lucia Baldo 21VISITA IL SITO WWW.FRATEJACOPA.NET 22LAVORO DIGNITOSO, NUOVO OBIETTIVO GLOBALE - Francesco Pistocchini 23“SOLIDALI PER LA VITA” - Messaggio Cei per la Giornata della Vita 24LA FAMIGLIA COME VEICOLO PRIVILEGIATO DI INCONTRO TRA CULTURE - Francesco Belletti 25SOSTEGNO A DISTANZA. CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL” COLOMBIA 26CUSTODIRE FUTURO: ETICA NEL CAMBIAMENTO - A cura di Graziella Baldo 27COOPERATIVA SOCIALE FRATE JACOPA 28

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Il Verbo eterno…Nelle biografie di S. Francesco è riportato un epi-sodio particolarmente importante che sta ad indica-re il capovolgimento valoriale assunto da S.Francesco con la conversione: l’abbandono delpadre terreno per essere figlio del Padre celeste. Per comprendere ed avvicinarci, anche solo da lon-tano, a questa svolta possiamo rifarci alla teologiadi S. Bonaventura che non è una gnosi fine a sestessa, ma è finalizzata alla salvezza dell’uomo.Nella dottrina bonaventuriana il concetto chiave ècostituito dal “Verbo”, Parola eterna proferita dalPadre, che ha la funzione di manifestare il Padree di ricondurre a Lui. Ecco allora che per ritorna-re al Padre abbiamo bisogno di relazionarci alVerbo.

… è assolutamente sproporzionato all’uomoPerò S. Bonaventura osserva che il Verbo è assolu-tamente sproporzionato (“improportionabilisomnino”) all’uomo e perciò inaccessibile. Ancheprima del peccato Adamo era in questa condizionedi debolezza inerente alla sua natura.Come sottolinea il libro della Sapienza l’uomo è“incapace di comprendere la giustizia e le leggi”(Sap 9,5).

Per dire che l’uomo non può comprendere o megliocomprende in modo inadeguato il Verbo eterno, S.Francesco riprende un’espressione paolina molto pre-gnante: “La lettera uccide, lo Spirito invece vivifica”(2 Cor 3,6; FF 156). Con queste parole S. Francesco sirivolge ai predicatori che si potrebbero pensare come ipiù vicini al Verbo, i veri conoscitori del Verbo. Eppureproprio a loro dice che la lettera uccide, cioè li mettein guardia contro una conoscenza letterale delleScritture, fatta a partire da sé, dai propri criteri.

Il Verbo incarnato colma la sproporzioneIn noi “l’occhio della contemplazione” è oscurato percui “fu convenientissimo che l’eterno e l’invisibile sirendesse visibile e assumesse la carne, per ricondurrenoi al Padre” (S. Bonaventura, Della riduzione dellearti alla teologia, n. 12).La sproporzione tra il Verbo eterno e l’uomo, checausa l’incomprensibilità (“incomprehensibilitas”)della Parola, può venir colmata solo attraverso l’in-carnazione che è suprema manifestazione del-l’amore (“excessus dilectionis”). In essa il Verbo eter-no si avvicina all’uomo, si rende accessibile a lui e,così facendo, gli dà la possibilità di conoscere il Padre,di amarlo e di ritornare a Lui. Grazie all’incontro col Verbo incarnato, S. Paolo com-pie un capovolgimento, una conversione e così com-prende in maniera diversa la stessa Parola a cui, primadell’incontro con Cristo, aveva dato un’interpretazionedistorta che lo aveva reso persecutore dei giudeo-cri-stiani. Grazie alla presa di coscienza della sua debolezza,di cui si vanta, S. Paolo si è potuto fare dimoradello spirito di Dio fino a dire: “Giudeo è colui chelo è interiormente e la circoncisione è quella delcuore, nello spirito e non nella lettera” (Rm 2,29).

L’azione esemplareIl Verbo incarnato adempie sotto forma terrestre,più vicina all’uomo, la stessa funzione che avevagià prima, nell’invisibile. Egli è insieme verità diDio e verità dell’uomo. In Lui la forza e la potenza di Dio si fanno debo-lezza. Divenendo un debole fanciullo, il Verboincarnato si pone alla misura dell’uomo per poter-lo incontrare, convertire e ricondurre al Padre. Però, affinché questo ritorno al Padre sia possibile,anche l’uomo deve farsi povero abbandonando la suaautosufficienza per diventare un bambino che segueil modello dell’azione esemplare del Verbo incarna-to! L’azione del cristiano non può essere diversa daquella che Cristo offre alla nostra piccolezza.S. Francesco in tutta la sua vita si è preoccupato diricordare, cioè di riportare al cuore gli atteggiamentidi Cristo povero e umile, e di riprodurli in se stesso

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IL MISTERO DELLA POVERTÀDEL VERBO INCARNATO

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per incontrarlo nella comu-nione personale, per esseresimile (da simul=insieme) aLui nello spirito.Così anche noi non dob-biamo aspettare di incon-trare Cristo sulla via diDamasco, ma dobbiamoavvicinarci a Lui parteci-pando ai suoi atti, agendocome Lui ha agito, perrealizzare in senso pienola similitudine del nostrospirito con lo spirito diCristo, che dopo il peccatodi Adamo si è appannata.Questa è la vera conversio-ne!Questo è il compito che S. Francesco ci lascia.Infatti la Lettera a tutti i Fedeli si apre con il richia-mo all’umiltà e alla povertà del Verbo incarnato:“Egli essendo ricco più di ogni altra cosa, volle tut-tavia scegliere insieme alla sua madre beatissima,la povertà... lasciando a noi l’esempio perché neseguiamo le orme” (FF 182.184). Ci troviamo di fronte ad uno dei misteri più pro-fondi della vita cristiana che S. Francesco e il suodiscepolo S. Bonaventura hanno intuito profonda-mente: il mistero della povertà del Verbo è ilmistero della povertà dell’uomo.Per potere incontrare il Verbo dobbiamo metterci insintonia col percorso che Lui stesso ha fatto perraggiungerci nel suo farsi piccolo nel grembo di

Maria. È così che possiamoincontrarlo e non nella pre-sunzione della nostra cono-scenza, della nostra capaci-tà di autosalvazione.È Lui che ha scelto diincontrarci nella nostrapovertà per poter manife-stare la sua gloria, per poteroperare la potenza dellasua salvezza.

La povertà nella relazio-neL’esortazione apostolica“Evangelii Nuntiandi” cipone di fronte al “drammadella nostra epoca”: la “rot-

tura tra Vangelo e cultura” (EN 20). Per questo cichiede di evangelizzare la cultura “non in manieradecorativa a somiglianza di vernice superficiale,ma in modo vitale, in profondità… partendo sem-pre dalla persona e tornando sempre ai rapportidelle persone tra loro e con Dio”.La filosofia bonaventuriana può dare un grandeaiuto nel riproporre la relazione tra l’io umano e ilTu divino per la formazione della persona umana eper dare fondamento alle relazioni delle persone traloro.È la filosofia dell’insufficienza, della povertà inte-sa come l’essere vuoti, l’aver bisogno di tutto. Ilsuo compito è quello di far vedere che l’io non sipuò salvare da solo, anzi deve sentirsi un vaso

vuoto affinché l’Altro lo possa riempire. Èun compito importantissimo che porta viatutte le illusioni.Questo discorso ha trovato forti opposizio-ni nella cultura moderna che aveva il mitodel progresso e aveva la pretesa di trovareuna salvezza proveniente dalla ragione.Ma i miti della modernità (produzione illi-mitata, assoluta libertà, felicità senzarestrizioni…) sono ormai crollati e si è dif-fuso un grande pessimismo.Oggi, nell’epoca post-moderna, le filoso-fie esistenziali, affermando che l’esisteredell’uomo è insensato, si avvicinano alpresupposto fondamentale per entrare indialogo con il pensiero francescano che hala consapevolezza di un nulla che ci per-cuote all’interno.Nella proposta francescana tale vuoto puòvenire esorcizzato o tolto dal Cristo che dàsenso all’uomo. In Lui si compie l’opera diDio. Per l’uomo questo significa che solonell’incontro e nella relazione io-Tu, l’uo-mo compie il suo cammino salvifico finoalla visione di Dio nel Verbo eterno, e chesolo ivi trova la sua felicità e si relazionein maniera autentica col suo prossimo.

Graziella Baldo

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In questo nostro tempo si parla molto di libertà:libertà per l’uomo, libertà per tutti gli uomini,eppure questo è un tempo nel quale la conquistadelle libertà civili non impedisce che l’uomo siasempre meno libero interiormente.È un tempo nel quale l’uomo è sempre più condi-zionato; spesso è uno schiavo di ciò che ritiene averposto al suo servizio; una vittima dei pregiudizi odelle emancipazioni, della moda, e non solo perquello che riguarda l’abbigliamento.L’uomo di oggi legge sempre meno i giornali, maguarda la televisione, si esprime sui social networke senza rendersene conto lascia che tutto ciò con-dizioni la sua mentalità, i suoi principi etici, le sueidee politiche, la sua concezione della società, isuoi convincimenti religio-si. La sua personalità ècontinuamente asservita,condizionata, violata, datutto ciò che legge, ascolta,vede.L’uomo condizionato “del”nostro tempo “dal” nostrotempo è convinto di affer-mare se stesso e dipendesempre più dagli altri; vivein mezzo agli altri, ma sirifugia sempre più nell’indi-vidualismo; conosce unnumero sempre maggiore dicose attorno a sé, ma è sem-pre più povero dentro di sé.Ma il condizionamentodell’uomo, anche se apparecome uno dei fenomenicaratteristici del nostrotempo, è vecchio quanto lastoria dell’umanità.Esso ha inizio in quei gior-ni lontani di cui ci parla ilracconto biblico allorchél’uomo, nella sua libertà,volle porre in dubbio lavalidità degli avvertimenti divini. Voleva esserepienamente libero (simile a Dio, ci dice il raccontogenesiaco) e finì per diventare schiavo di se stesso.Perché solo una libertà responsabile ci mantieneveramente liberi.«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»(Gv 8,32). Non sembra esagerato affermare chequeste parole del Signore Gesù intercettano, inmodo immediato e sorprendente, l’anelito più pro-fondo che qualifica da sempre il cuore dell’uomo.Se si tiene conto del contesto in cui il celebre ver-setto si colloca non sfugge però la sua componentealtamente drammatica. Nella storia, tra verità elibertà si dà sempre inevitabilmente una tensione.La Verità in senso pieno si offre, e non può non

farlo, come assoluta, totalizzante; la libertà, suainterlocutrice propria, d’altra parte, non accettacoercizioni. Dalla semplice apertura che caratteriz-za spontaneamente il nostro rapporto con la realtàfino ad arrivare all’atto di fede in Dio che si comu-nica a noi attraverso Gesù Cristo.Ci si riferisce alla questione decisiva del senso (signi-ficato e direzione) dell’umana avventura, senso cheogni visione sostantiva della vita – religiosa, agnosti-ca o atea che si voglia – mette in campo. L’anelito dilibertà proprio dell’uomo, costitutivamente orientatoalla ricerca della verità, esprime il carattere inviolabi-le della sua coscienza, essa è un cardine di ogni formadi ordine sociale a misura d’uomo.“Il versetto biblico propone un rapporto dinamico con

la persona di Gesù che rendepienamente liberi. Esso“merita” paradossalmente lacelebre accusa che il grandeinquisitore, nei fratelliKaramazov di Dostoievskij,rivolge a Cristo: «Invece diimpadronirti della libertàdegli uomini, Tu l’hai anco-ra accresciuta!». È vero chel’uomo postmoderno spessomette in questione la possi-bilità stessa di accedere allaverità. Eppure le parole diGesù, «conoscerete la veritàe la verità vi farà liberi»,continuano indomite a risuo-nare e sfidano, dopo duemi-la anni, ogni preclusione epregiudizio. La capacità diGesù di interloquire conogni uomo, in ogni tempostorico, scaturisce dal fattoche Egli sa parlare “alcuore” della persona. Infattiporre la domanda circa laverità e circa la libertà e sta-bilire quale nesso debba sus-

sistere tra loro, significa andare al centro dell’io, dacui ogni uomo parte per il percorso che lo porti alcompimento di sé, cioè alla felicità, in termini cristia-ni alla santità” (Lectio Magistralis del Card. AngeloScola, Milano 15/5/2013).Visto e vissuto nell´ottica e nella situazione dellediverse manifestazioni contemporanee della schiavi-tù, che derivano tutte dalla «tentazione di comportar-ci in modo non degno della nostra umanità» (PapaFrancesco) questo rapporto – il suo significato, le sueimplicanze – acquista contorni particolari e specifici.La mobilità umana, ad esempio, storicamente vissu-ta, è connotata dal carattere patologico dell’obbliga-torietà: le grandi migrazioni economiche sono mossedal bisogno e la sempre crescente folla di profughi è

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LIBERTÀ NELLA VERITÀ

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vittima della violenza, guerra o fame che sia. Nelterzo millennio tredici ragazzini iracheni vengonomassacrati dalle milizie dell’Isis per aver tifato laloro nazionale e aver violato la sharia, uccisi in pub-blico, a colpi di mitragliatrici perché avevano guar-dato una partita di calcio in tv; e ancora basti pensa-re alla recente cronaca dei fatti di Parigi. In questecondizioni sia la verità sull’uomo – la sua dignità, isuoi fondamentali diritti – sia la libertà di scelta e dimovimento sono gravemente violentate. Eppure nonsi può non riconoscere che il binomio verità/libertàresta fondamentale nell’esperienza umana e chequindi è comprensibile come esso abbia affascinato econtinuerà ad entusiasmare quanti vogliono colloca-re l’uomo nella sua specifica dignità e conseguenteresponsabilità, conformemente del resto alla posizio-ne in cui lo collocò il Creatore, quando lo mise alcentro del creato come “signore” ed interprete, tral´altro in amichevole dialogo con il suo Creatore. Unequilibrio ed una dignità che, come sappiamo, sonostati radicalmente compromessi proprio dall´usoerrato della libertà, mal orientata da una informazio-ne distorta (cfr. Gn 3 e Ps 8,4-9). Sappiamo dallarivelazione che la libertà è una dote caratteristica equalificante per l’uomo e che essa è strumentale allascelta del bene: per dirla con S. Paolo “per poterdiscernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a luigradito e perfetto” (Rm 12,2).Gli occhi della libertàsono l’illuminazione della verità, la quale orienta consicurezza e determinazione.Gesù, il Dio piccolino, ci ha portato un Dio diver-so, nuovo. Il vangelo, la buona novella, non è statarifiutata perché era buona ma perché era nuova. Lepersone preferivano credere al vecchio, anche seera disumano, ma certo piuttosto che accettare ilnuovo cambiamento e la nuova immagine di Dio.Gesù dice: “Chiunque è dalla verità, ascolta la miavoce” (Gv 18,37). Noi avremo detto il contrario:chi ascolta la voce di Gesù è nella verità. Ma Gesù,invece, dice il contrario. Perché Verità (aletheia)vuol dire togliere il velo. La verità è quella cosache tu scopri: tiri su la coperta e vedi cosa c’è sotto.Magari non è come pensavi, magari non è comevolevi, magari ti costringe a cambiare, magari tisconvolge, magari è difficile da accettare, magari èdolorosa. È la verità.Per ascoltare Gesù, bisogna avere questa capacità,questa disposizione di non mettere filtri, per ascol-tare Gesù, che porta la verità, bisogna avere ilcoraggio della verità.La libertà è vivere nella verità, ciò vuol dire che sidiventa liberi facendo verità su di sé, la libertà è uncammino, un processo, si diventa liberi nella misurain cui siamo capaci di vedere nell’altro – chiunquealtro – un fratello e per essere liberi dobbiamo senti-re la necessità di amare i fratelli come noi stessi.Credo che possiamo affermare con un cuor solo econ l’umiltà propria di chi sa di non esserne degno,che in questi giorni che seguono il Natale «la veri-tà ci è venuta incontro e ci farà liberi».

Maria Rosaria Restivo

Gennaio

GIORNATA INTERNAZIONALE DI PREGHIERACONTRO LA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI

Una Giornata internazionale di preghiera e riflessio-ne contro la tratta di persone: sarà celebrata il pros-simo 8 febbraio, per la prima volta, durante la festa diS. Giuseppina Bakhita, schiava sudanese, liberata edivenuta religiosa canossiana, canonizzata nel Duemila.A promuoverla è il Pontificio Consiglio per la Pastoraledei migranti, il Pontificio Consiglio della giustizia edella pace e le Unioni internazionali femminili emaschili dei Superiori/e Generali (UISG e USG).

L’obiettivo dell’inziativa “è innanzitutto quello di crea-re, maggiore consapevolezza del fenomeno e rifletteresulla situazione globale di violenza e ingiustizia che col-pisce tante persone, che non hanno voce, non contano, nonsono nessuno: sono semplicemente schiavi”. La Chiesacattolica, e in particolare le congregazioni religiose fem-minili, operano in molte parti del mondo da molti anni, perprevenire il traffico di esseri umani, denunciare trafficantie sfruttatori, aiutare e proteggere le vittime.

La tratta di esseri umani è infatti una delle peggiorischiavitù del XXI secolo: Secondo l’OrganizzazioneInternazionale del Lavoro (ILO) e l’Ufficio delleNazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC)circa 21 milioni di persone sono vittime di tratta a scopodi sfruttamento sessuale o lavoro forzato, espianto diorgani, accattonaggio forzato, servitù domestica, matri-monio forzato, adozione illegale e altre forme di sfrutta-mento: la gran parte di queste persone sono donne eminori (60%), che versano in condizioni di indigenza.

La tratta di esseri umani è, per le organizzazionicriminali, una delle attività più remunerative almondo: rende complessivamente 32 miliardi di dolla-ri l’anno ed è il terzo “business” più redditizio, dopo iltraffico di droga e di armi. Per questo, si legge nelcomunicato Pontificio Consiglio per la Pastorale deimigranti, “è necessario, da un lato, ribadire la necessi-tà di garantire diritti, libertà e dignità alle persone traf-ficate e ridotte in schiavitù e, dall’altro, denunciare siale organizzazioni criminali sia coloro che usano e abu-sano della povertà e della vulnerabilità di queste per-sone per farne oggetti di piacere o fonti di guadagno”.

(Da In Terris)

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Si svolge dal 3 al 5 gennaio alla Casa Frate Jacopadi Roma la tradizionale “Scuola di pace” di inizioanno. L’evento è stato aperto dalla relazione dall’ar-civescovo Mario Toso, Segretario del PontificioConsiglio Giustizia e Pace che si è soffermato sulmessaggio di Francesco per la Giornata mondialedella pace di quest’anno incentrata sul tema “Nonpiù schiavi, ma fratelli”. Alessandro Gisotti hachiesto a mons. Toso, che recentemente ha pubbli-cato per la Lev il volume “Riappropriarsi dellaDemocrazia”, di commentare il messaggio del Papacon uno sguardo all’anno appena iniziato:

R. - Mediante le moderne forme di schiavitù l’es-sere umano è schiacciato, non gli è riconosciuta ladignità trascendente e gli è tolta la libertà. Con ciòstesso è mantenuto vivo un virus che, oltre adistruggere il singolo, intacca mortalmente la vitadella società, che si regge sull’uguaglianza, sulriconoscimento reciproco, sulla comunione e sul-l’unione morale tra persone. Si favorisce unasocietà ove c’è chi fa da padrone e chi è ridottoa cosa, merce, mezzo. Un’assurdità dal punto divista civile e morale. Occorre reagire prontamente,afferma il Papa, innanzitutto tramite il superamen-to di un’indifferenza generalizzata e una mobilita-zione corale per battere una delle piaghe che umi-liano le persone, specie i più deboli e indifesi. Acominciare dai singoli, dallasocietà civile e dagli Stati, sulpiano nazionale ed internazio-nale. Accanto ad un urgente econvergente lavoro istituziona-le di prevenzione, di protezio-ne delle vittime e di azione giu-diziaria nei confronti deiresponsabili, occorre un vastoimpegno articolato secondo trelinee fondamentali: il soccorsoalle vittime, la riabilitazionesotto il profilo psicologico eformativo, la reintegrazionenella società di destinazione odi origine. Uno snodo decisivoper l’azione di contrasto,secondo Papa Francesco, èdato dalle legislazioni nazio-nali riguardanti le migrazioni,il lavoro, le adozioni, la delo-calizzazione delle imprese e lacommercializzazione di pro-

dotti realizzati mediante lo sfruttamento, che devo-no realmente, e non solo formalmente, rispettare ladignità delle persone. Detto altrimenti, si può direche la piaga della schiavitù moderna può essereguarita mediante quello Stato sociale, che oggiviene progressivamente smantellato sotto i colpi diun neoindividualismo utilitarista che non riconoscela relazionalità e la solidarietà. Può essere preve-nuta mediante l’universalizzazione di una demo-crazia ad alta intensità, ove è reso possibile a tuttil’accesso all’educazione, al lavoro, alla sicurezzasanitaria, alla casa, al cibo, alla terra. Così, puòessere vinta mediante l’affermazione di uno Statodi diritto che, come ha asserito papa Francescodavanti al Parlamento europeo (25 novembre2014), poggia sulla dignità trascendente dell’uomoe va preservato da quel neoindividualismo liberta-rio e da quel neoutilitarismo che oggi sembranosgretolarlo, ponendo in gioco gli stessi diritti, lasicurezza delle norme e la certezza delle pene.

D. - “La pace è sempre possibile”, ha detto PapaFrancesco all’Angelus del primo gennaio. Proprioalla fine del 2014 abbiamo visto la storica svoltatra Usa e Cuba, favorita dal ruolo del Papa. È pos-sibile che anche altri leaders politici possanoavvalersi di quello che viene chiamato “effettoFrancesco”?

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MONS. TOSO: SU PACE E DIRITTI,LEADERS MONDIALI ASCOLTINO FRANCESCO

Intervista di Radio Vaticana - Servizio di Alessandro Gisotti

SPECIALE SCUOLA DI PACE

MONS. MARIO TOSO VESCOVO DI FAENZA-MODIGLIANA

Papa Francesco il 19 gennaio 2015 ha nomi-nato Monsignor Mario Toso, Segretario delPontificio Consiglio Giustizia e Pace,Vescovo di Faenza-Modigliana. Mons. Tososuccede al Vescovo Claudio Stagni, che vain pensione per raggiunti limiti di età.Nella gratitudine per la preziosa opera di pro-mozione della Dottrina Sociale della Chiesae di una nuova evangelizzazione del sociale,svolta da Mons. Toso nell’ambito del suo ser-vizio presso il Pontificio Consiglio, laFraternità Francescana Frate Jacopa unitaalla Redazione del Cantico, porge a SuaEccellenza i più fraterni auguri per un fecon-do ministero pastorale a favore della SuaDiocesi e di tutta la Chiesa, invocando dalSignore ogni grazia e benedizione.

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R. - Sicuramente. Peraltro, purtroppo, anche la guerraè sempre possibile. Lo stesso Papa Francesco haparlato dell’esistenza di una “Terza GuerraMondiale a pezzetti”. Gli equilibri tra Stati e super-potenze, raggiunti con grandi sforzi e anni di lavoro, senon sono adeguatamente sostenuti e rafforzati, posso-no rompersi. Basti anche solo pensare, senza andaretroppo lontano, ai rapporti tra Comunità europea e laRussia di Putin, al loro raffreddamento e al loro incri-narsi con riferimento alla questione della Crimea edell’Ucraina, alle conseguenze economiche e politi-che. Non si debbono poi dimenticare gli arsenali diarmi micidiali che continuano ad esistere e che vengo-no aggiornati con terribili strumenti di morte di nuovagenerazione. In definitiva, non ci si può fermare sullastrada della costruzione della pace, sulla rimozionedelle possibili cause della guerra. La via migliore perprevenirla è sempre quella dell’educazione, dellabuona politica, dell’efficace contrasto nei confronti deldeterioramento dello Stato di diritto e della democra-zia, oggi inclinata verso forme populiste, oligarchiche,assistenzialistiche. Non si possono accettare formedemocratiche che in definitiva coinvolgono ed avvan-taggiano solo un terzo della popolazione, indebolendole classi medie ed emarginando i più deboli, fomen-tando così conflitti sociali.

D. - Il 2014 è stato un anno purtroppo contrasse-gnato da nuove guerre, violenze e da persecuzionicontro i cristiani e altre minoranze, basti pensareall’Iraq. Quale contributo potrà dare secondo lei ilPapa e la Chiesa in un mondo così frammentato?R. - Il contributo può e dev’essere diversificato. Visono senz’altro le parole, i gesti del Pontefice. Di par-ticolare rilevanza il suo impegno nell’incontrare e par-lare con i diversi capi religiosi per stabilire un’alle-anza contro tutte le forme di fanatismo, di fonda-mentalismo e di laicismo aggressivi ed escludenti, adifesa del diritto alla libertà religiosa per tutti. C’è, poi,l’azione dei vari dicasteri della Curia Romana chesono chiamati ad aiutare il pontefice e la Chiesa in talsenso. Ma vi è pure un fronte proprio dei Christifideleslaici che con le loro associazioni e i loro movimentidebbono battersi con più coraggio per i diritti delleminoranze, ma in genere per i diritti di tutti. Anche inquesto campo si deve lavorare sul piano della preven-zione, della difesa e promozione di uno Stato di dirit-to non solo fondato sul consenso sociale ma anche eprimariamente sulla legge morale naturale, sullacomune ricerca del vero, del bene e di Dio. Quandosono misconosciute queste premesse della libertà reli-giosa è molto arduo poter sconfiggere quello spiritosettario ed escludente che è all’origine delle persecu-zioni e purtroppo è anche rafforzato dall’individuali-smo libertario, sempre più pervasivo e corrosivo.

D. - Il Papa ha annunciato che è prossima la pubbli-cazione della sua Enciclica dedicata all’ambiente eallo sviluppo. Cosa possiamo attenderci da questodocumento, pensando ai tanti pronunciamenti diFrancesco su questo tema anche recentemente?

R. - Credo che uno dei punti principali sarà rappre-sentato dalla presentazione dell’attuale questioneambientale come questione prettamente antropolo-gica ed etica. Nella soluzione di una tale grande que-stione, inevitabilmente intrecciata con molteplici altriproblemi culturali e sociali, sarà decisivo un umanesi-mo trascendente e relazionale che solo una culturaaperta a Dio può mettere in campo. Un secondo aspet-to che non sarà dimenticato sarà senz’altro quello del-l’intrinseca connessione tra questione della vitaumana e questione dell’ambiente, aspetto peraltrogià ben evidenziato da papa Benedetto XVI nellaCaritas in veritate. Non si può pensare di risolvere laquestione ambientale senza un’ecologia umana. Nonsi può sperare in una soluzione che salvi il pianeta dalsuo inesorabile declino quando si prende d’assalto loStato di diritto e si procede a smantellarlo a comincia-re dal riconoscimento di un fantomatico dirittoall’aborto, come è recentemente avvenuto in Francia.

(3 gennaio 2015)

Gennaio

Il breve e denso saggio delSegretario del Pontificio Consigliodella Giustizia e della Pace intitola-to «Riappropriarsi della democra-zia», intende rispondere ad un’ur-genza storica ineludibile. E, inoltre,al reiterato invito di papa Francesco– rivolto, ad esempio, il 28 ottobrescorso ai nuovi movimenti popolarie il 25 novembre al Parlamentoeuropeo –, di rivitalizzare quellaforma di governo e di vita politicache molti popoli hanno scelto comepropria ma che attualmente apparesvigorita e omologata su schemiculturali che ne uccidono l’anima.

Non si tratta, allora, di «riappropriarsi» della democrazia,così come oggi si presenta, ossia in preda a populismi, oli-garchismi e paternalismi, che in definitiva espropriano i citta-dini della loro «sovranità». Si tratta, invece, di recuperarne ilprogetto originario, maturato nel tempo, attraverso riformeprofonde dello Stato assoluto e liberal-borghese, per appro-dare allo Stato di diritto, sociale e democratico, di comunionee di partecipazione. Al centro dei processi politici deve stareil popolo, considerato soprattutto come un «noi-unione mora-le» di cittadini liberi, responsabili della gestione della respubblica, attraverso rappresentanti e protagonismo civile.Occorre, dunque, vivere la dimensione antropologica, rela-zionale ed etica della democrazia: quell’ideale storico con-creto che la concepisce in senso personalista e comunitario,aperto alla trascendenza, e che implica l’inclusione dei nuovipoveri, dei lavoratori invisibili, paradossalmente senza diritti,nonché dei nuovi movimenti che riuniscono gli emigrati, isenza casa, lavoro e terra. Le vie di realizzazione di una«democrazia ad alta intensità», imperniata sulla dignità esulla trascendenza della persona, sono molteplici: l’abbatti-mento delle cause strutturali della povertà, l’offerta a tutti del-l’istruzione, del lavoro, della sicurezza sanitaria, della casa,un’economia e mercati inclusivi, la cura dei beni collettivi, lariforma dei partiti, dei sindacati e delle istituzioni pubbliche,che alcuni studiosi, tra cui Colin Crouch e Ralf Dahrendorf,non hanno esitato a definire post-democratiche. Solo così sipossono abbattere quel neoindividualismo libertario e quellacultura dell’indifferenza e dello scarto che come tarli voracisvuotano il grande albero della democrazia sociale, parteci-pativa ed inclusiva.

RIAPPROPRIARSI DELLA DEMOCRAZIA

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Anche quest’anno la Scuola di Pace di gennaio haposto al centro della propria attenzione il Messaggioper la Giornata Mondiale della Pace. La FraternitàFrancescana Frate Jacopa – ha detto Argia Passoninella introduzione ai lavori – non può venire meno aquesta importante tradizione di ascolto e di verificadella vita personale e comunitaria, in comunionecon la Chiesa, in ordine al grande compito della edi-ficazione della pace, che ci interpella come cristianiad un sempre rinnovato cammino.Il Messaggio 2015 “Non più schiavi, ma fratelli”si pone chiaramente nel solco del Messaggio 2014“Fraternità, fondamento e via per la pace” portan-do su un terreno molto concreto, nella messa afuoco di ciò che si oppone radicalmente alla frater-nità: il rendere l’altro un oggetto, con la violazionedella sua intrasgressibile dignità di figlio di Dio. Eci rimanda a un fatto inequivocabile: anche noisiamo complici di questo abominio se non ce nefacciamo carico. Il Messaggio ci pone davanti agliesiti drammatici di una globalizzazione selvaggia,in cui tutto è anonimo, divorato da un individuali-smo utilitaristico, dominato dall’idolatria del dena-ro che coltiva la cultura dello scarto e dell’asservi-mento attraverso la mercificazione della vita.Come possiamo convivere con tutto questo senzasentirlo come uno scandalo? – ha proseguito A.Passoni – Siamo di fronte ad una ferita aperta nellacarne di Cristo; e questa ferita alla dignità umana e

alla fraternità che ci costituisce, è una ferita infertaa tutta la società. La mia stessa dignità è compro-messa nella mancata difesa del povero, così comela società che non elimina questa piaga, è unasocietà malata destinata ad immiserirsi sempre più,una società a sua volta dominata. C’è dunque unaliberazione a cui porre mano, sempre ricordandoche Gesù Cristo, liberando l’uomo dal legame dipeccato, lo ha liberato dalla disumanizzazione.Gesù Cristo è venuto a ricostruire l’umanità, e nes-suno di noi può sottrarsi a questa custodia del-l’umano, senza la quale non si dà salvezza. Il percorso offerto dagli importanti relatori chehanno animato la Scuola di Pace ha dissodato ilcampo di questa complessa problematica, aiutandoa fare un serio esame di coscienza sulla crucialequestione delle nuove schiavitù ed interpellando aconversione personale e sociale per mobilitare adun cammino di prossimità e di riparazione.

Ha aperto i lavori la magistrale relazione di S.E.Mons. Mario Toso, Segretario del PontificioConsiglio Giustizia e Pace, che, alla luce dellaDottrina Sociale della Chiesa e dell’alto Magisterodi Papa Francesco, con la sua presentazione ha for-nito le chiavi di lettura di tutto il Messaggio, met-tendo in particolare evidenza tre rapporti: il rap-porto tratta e pace, il rapporto tratta e fraternità, ilrapporto tratta e democrazia.

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SCUOLA DI PACE“NON PIU SCHIAVI, MA FRATELLI”

Sintesi dei lavori

Roma, Casa Frate Jacopa, 3-5 gennaio 2015

SPECIALE SCUOLA DI PACE

Roma 3 gennaio 2015 - P. Giulio Albanese.

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La tratta rappresenta un virus letale per la convi-venza civile in quanto ne intacca il tessuto relazio-nale, riducendo la persona a mezzo, priva dicoscienza e di responsabilità sociale. E la pace,quale ordine sociale fondato sulla verità, sulla giu-stizia e sulla libertà ne è profondamente minaccia-ta. Se tolleriamo che qualche uomo possa esserepadrone della vita degli altri, immettiamo un virusche distrugge la società nei suoi principi basici eche finirà per distruggere la stessa democrazia.Questa situazione del rapporto subordinato e stru-mentale finisce per essere presente e replicato inmaniera diversa anche in rapporti oggi consideratinormali ma in sostanza dominati dal primato dellaredditività e del denaro. E cresce l’indifferenzaverso l’altro. Cosa consentirà di cambiare rotta? Sidovrà crescere nell’esperienza del nostro esserepartecipi di una stessa famiglia, la famiglia dei figlidi Dio. Per combattere la schiavitù, è fondamenta-le la nostra conversione a Dio, principio di una fra-ternità non semplicemente umana ma divina. Il potenziamento della persona si realizza nellasocietà politica vivendo una democrazia. Ma dob-biamo riappropriarci della democrazia – ha sottoli-neato Mons. Toso - perché la democrazia attual-mente esistente è ormai divenuta “democrazia di1/3”, dove i diritti di cittadinanza sono riservati apochi, e non si cambia lo stato delle cose senzalavorare per una democrazia inclusiva, partecipati-va dove tutti possano godere della terra, della casa,dell’istruzione, del lavoro. E’ un impegno cheriguarda la nostra fedeltà a Gesù Cristo: in lui e conlui siamo chiamati a redimere la vita sociale. El’evangelizzazione del sociale diventa priorità nelnostro impegno cristiano, se vogliamo attendere alcompito di cura della dignità umana, così violata intanta parte del mondo.Molteplici sono le cause della schiavitù: innanzi-tutto il non riconoscere l’umanità dell’altro, a cui siaccompagna la povertà, il sottosviluppo, il manca-

to accesso ai beni fondamentali, la corruzione …,cause che esigono un impegno comune, un impe-gno istituzionale degli stati sul piano nazionale edinternazionale, un impegno legislativo, un impegnodi tutti gli attori della società civile, ma se dobbia-mo globalizzare la fraternità – ha concluso Mons,Toso – occorre convertirci sempre più e mostrare atutti il cammino verso la conversione: vedere l’al-tro come un fratello in umanità (per i contenuti piùspecifici si rimanda alla relazione pubblicata aseguire). C’è un cammino di liberazione da porrein atto: cambiare la vita di coloro che sono nellainvisibilità e cambiare anche la nostra vita.P. Giulio Albanese (missionario comboniano,giornalista, direttore delle Riviste Missionarie dellePP.OO.MM.) con la relazione “Il mondo capovol-to” ha prospettato la grande responsabilità cheabbiamo come cristiani rispetto alla situazionedrammatica in cui versa tanta parte dell’umanità eci ha richiamato fortemente a mobilitare le nostrecoscienze, tenendo presente che la informazione èla prima forma di solidarietà perché ci permette diconoscere e di capire ciò che sta succedendo.Viviamo in un tempo senza precedenti, in cui a ver-tici di progressi mai raggiunti prima, si associanoabissi di povertà e di solitudine anch’essi senzaprecedenti. C’è una umanità dolente che vieneimmolata sull’altare degli egoismi umani, poten-ziati dalla finanziarizzazione dell’economia e insostanza da un sistema che acuisce le sperequazio-ni e produce una situazione di conflittualità perma-nente, legata al controllo delle materie prime.L’Africa è uno specchio in questo senso del fattoche le periferie del mondo non sono povere, sono“impoverite”, in un connettersi di vecchi e nuovicolonialismi attraversati dall’ombra trasversaledella massoneria.C’è l’urgenza di gridare dai tetti la bella notizia.Abbiamo la responsabilità di essere sentinelle delmattino e dobbiamo dare voce a chi non ha voce.

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Città del Vaticano - Papa Francesco firma con i leaders religiosi la Dichiarazione contro la tratta.

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Dobbiamo soprattutto promuovere consapevolezzae scuotere le coscienze. Viviamo nel mondo villag-gio globale e abbiamo un destino comune: bisognaavere il coraggio di incontrarci. La sfida primaancora che essere sociale, politica, economica, èuna sfida culturale: l’altro non rappresenta unaminaccia, è grazia, è una opportunità, non puòessere ridotto a merce. E il tema della pace è cen-trale. Dobbiamo investire le nostre migliori energieproprio nel creare le condizioni perché vi possaessere la pace. La pace è un fatto dinamico; non èsinonimo di quiete, è associato all’esodo, come ciricordava Don Tonino Bello: è qualcosa che vacostruito ferialmente, quotidianamente. Se non c’èazione a favore del bene comune come può essercipace?Ora come fare? Dobbiamo metterci in discussione,innanzitutto abbandonando una situazione di cri-stianesimo schizofrenico. Occorre essere membravive di questa società. La dimensione della con-templazione mi deve portare all’azione. E laDottrina Sociale della Chiesa è centrale per creareun tessuto in cui il lessico della pace possa germo-gliare e portare frutto. Se dobbiamo essere il cuorepulsante della società civile, l’informazione, laconoscenza sono all’ordine del giorno. Il temadella pace ci dice che non dobbiamo ragionaresecondo la logica dei numeri, ma secondo la quali-tà: essere sale che dà sapore, lievito che fa fermen-tare la massa. Devo comunicare la parresia, ilcoraggio di osare, portare il messaggio di speranzaai più deboli. Se vogliamo ricominciare, rifaccia-moci alla ispirazione della Evangelii Gaudium:usciamo fuori le mura. Conoscere i segni dei tempi,essere segno di contraddizione, essere “guastafe-ste” nel nome di Dio, è il nostro specifico.

P. Giovanni La Manna (direttore IstitutoMassimo, già responsabile del Centro Astalli per irifugiati) con la riflessione sul tema “Migrazioni etratta” ha dato ragione del rapporto davvero cru-ciale tra migrazioni e tratta, sia dal punto di vistaoggettivo per i gravissimi problemi che sottende,sia dal punto di vista soggettivo perché può farcitoccare con mano dove siamo nel nostro camminocristiano ed umano, se siamo davvero nella dimen-sione dell’accoglienza o se permaniamo nell’indif-ferenza e nell’esclusione dell’altro. Portando inpresenza il magistero dei gesti di Papa Francesco aLampedusa, P. La Manna ha sollecitato a “provare”a vivere in maniera diversa, un punto fondamenta-le per uscire dalle situazioni di alibi e di paura chesono anche fortemente ingenerate. Ha posto in evi-denza la povertà, innanzitutto la nostra povertà cul-turale ed umana, che ci ha fatto perdere il sensodella sacralità dell’accoglienza e ci fa abdicare aldare priorità alla persona rispetto alla egemoniaeconomica. Ed ha sollecitato ad aprire gli occhisulle tante bugie che vengono avanti anche a livel-lo istituzionale. Che senso ha infatti una politicacieca che mira a spaventare sia chi doverosamentedovrebbe accogliere, sia coloro che scappano, inuna situazione in cui la stragrande maggioranzadelle persone che fugge, fugge da feroci situazionidi guerra (pensiamo alla Siria, all’Afganistan, maanche alla Libia) ed affronta il calvario di un viag-gio per raggiungere l’Italia e l’Europa perché èl’unica strada per tentare di salvare la vita? Di fron-te ai morti in mare si afferma l’impegno per colpi-re i trafficanti, ma per colpire i trafficanti il modovero sarebbe quello di sottrarre loro i clienti. Ed èun modo che l’Europa potrebbe mettere in atto apartire dalla Convenzione di Ginevra del 1951 esecondo le Convenzioni internazionali, in base allequali l’Europa potrebbe andare a prendere le per-sone nei campi profughi e distribuirli sul territorioeuropeo con dignità.Altrimenti alla violazione dei diritti fondamentalidella persona dei paesi di origine si unisce unaschiavizzazione in varie forme nel lungo percorsodi arrivo in mano ai trafficanti, unita all’alto rischiodella vita e ai traffici squallidi che si registrano permolti di loro anche una volta giunti in Italia (da unosfruttamento ignobile sul lavoro, alla prostituzione,alle forme di corruzione emerse sui centri di acco-glienza …), aspettando anni per vedere riconosciu-to il diritto d’asilo e per poter raggiungere altripaesi, dove di per sé secondo le normative avreb-bero diritto ad essere congiunti a propri parenti o apersone conosciute.Come riparare a queste drammatiche distorsioni?E’ determinante una presa di coscienza e un cam-biamento profondo. È un cammino di liberazioneche riguarda anche le nostre persone se vogliamodavvero porci in stato di risposta e di accoglienzadell’altro. Si tratta di metterci in movimento peruna vera cultura dell’incontro, che esige unacostruzione artigianale della pace a partire dal con-

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Roma 5 gennaio 2015 - P. Giovanni La Manna.

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siderare l’altro un fratello, come ci ricordaPapa Francesco con le sue parole e i suoigesti. Tra l’altro l’esperienza del CentroAstalli evidenzia come siamo quasi sempredi fronte a persone che hanno sperimentatocarcere, torture, sopraffazioni di ogni gene-re per rimanere fedeli alla propria fede ealle proprie idee, persone che insegnano atutti noi che cosa questo significhi e chemeritano un profondo rispetto. È una realtàche non possiamo ignorare: possiamo deci-dere di viverla da credenti, come ci chiedePapa Francesco, ed incidere in termini diqualità della vita presente e nella costruzio-ne di un mondo veramente dignitoso, dovela schiavitù non abbia più patria, o rimane-re nell’indifferenza complice, rispondendoanche oggi come Caino “Sono forse io ilcustode del mio fratello?”.

Una significativa e bella integrazione allariflessione della Scuola di Pace è stata pro-posta attraverso lo spazio dedicato alla testi-monianza di liberazione da asservimentianche nel nostro contesto italiano, nel pas-saggio da una situazione di rassegnazionead una situazione di presa in carico e difesadel proprio territorio di fronte al pericolo diun inquinamento devastante di una dellevalli più belle della Sicilia. La testimonianza pro-posta da Chiara Longo, Assessore all’Istruzione eall’Ambiente del Comune di Adrano, sul tema “UnPatto per il fiume Simeto tra comunità eIstituzioni. Valori, Progetti e priorità condivisiper una governance partecipata” (pubblicataintegralmente nelle pagine a seguire a cui si riman-da) ha portato in presenza la forza e la feconditàche si sprigiona dal sentirsi custodi della propriaterra e della dignità del fratello. Essa presenta unaesemplarità di percorso particolarmente interessan-te, che, dal cominciare a prendere coscienza e dalfarsi voce, in un allargamento progressivo di coin-volgimento attraverso la coltivazione del “noi” inambito associativo, arriva a riposizionare il socialeancorandolo ai valori e facendo divenire soggettodella dimensione politica gli stessi abitanti del ter-ritorio. Si è così messo in movimento un processodi rigenerazione che, anche con l’apporto dello stu-dio e della ricerca, ora abbraccia un’area di circa30 comuni con un esperimento pilota di sostenibi-lità ambientale – riconosciuto dal Ministero delloSviluppo economico – proiettato ad una ulteriorecrescita umana, ambientale, sociale, economica epolitica.Un tassello importante sul tema della libertà reli-giosa è stato infine offerto dallo spazio dedicatoalla presentazione del ciclo per TV 2000 “I militiignoti della fede” sulle tracce della persecuzionedei cristiani, a cura del regista Cesare Bastelli edella giornalista Ljiljana Dzalto. È stato propostoil documentario inedito relativo alle puntate sulla

Croazia “Le isole del sacrificio Daksa e Goliotok”sulla persecuzione operata dal regime comunistafino agli anni 80 del secolo scorso, simbolo di ogniviolazione della fondamentale libertà religiosa. Laproiezione ha dato luogo all’incontro con la realtàdisumana e terribile della sopraffazione di ognilibertà, della soppressione della vita, della violenzamirata a trasformare l’innocente in criminale. Unincontro che ha messo più che mai in evidenza lanecessità dell’incontro con la storia e la necessitàdi informarsi, di aprire gli occhi sulle atrocità dioggi su questo piano, perché ciò che sembravaormai attenuato, ora si ripropone in forme semprepiù drammatiche e devastanti.

Alla ricchezza della riflessione, fortemente conver-gente pur nella pluriformità degli apporti, ha fattoeco un ampio e costruttivo dialogo per poter indivi-duare vie di rinnovata sensibilizzazione nelle nostrerealtà e poter divenire più capaci, nel discernimen-to ecclesiale e sociale, di mobilitarci coralmentecon tutti gli uomini e le donne di buona volontà perdebellare il delitto di lesa umanità proprio dellenuove schiavitù, convinti più che mai che la edifi-cazione del bene comune e della pace può avvenirerealmente solo mettendo al centro i più deboli eindifesi della società. E’ un fatto su cui si misura lanostra civiltà.

A cura di Argia Passoni

Nel prossimo Cantico saranno pubblicate le rela-zioni ad integrazione del presente Speciale.

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Roma 4 gennaio 2015 - Cesare Bastelli e Ljiljana Dzalto.

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1. PREMESSA: L’APPROCCIO PASTORALE AL TEMAPer meglio comprendere il profondo significato delMessaggio per la Giornata mondiale della pace del2015, e per non strumentalizzarlo, occorre situarloall’interno della missione religiosa ed etica dellaChiesa. Questa si interessa della tratta delle persone,come di ogni altra questione sociale, non primaria-mente per ragioni politiche o partitiche, comepotrebbe risultare dalla lettura di chi tende ad equi-parare la comunità ecclesiale a qualsiasi società dicarattere civile. La Chiesa si preoccupa dello scan-daloso ed abominevole fenomeno della tratta degliesseri umani e della loro schiavitù, anzitutto a parti-re dalla sua esperienza della incarnazione-redenzio-ne di Cristo. Al centro della missione della Chiesasta l’amore per l’uomo, specie per i più diseredati,perché Cristo, facendosi carne, ha accettato di vive-re in ciascuno di essi ed in essi vuole essere amatoed accolto, condizionando ad una tale condotta laverifica ultima della nostra esistenza sulla terra. Lamissione della Chiesa, imperniata su un ministeroessenzialmente religioso, ha inevitabilmente risvoltipubblici di civilizzazione. Unendosi ad altre comu-nità religiose e a uomini e donne di buona volontà,fa confluire in una grande opera di collaborazione leproprie energie, specie mediante i christifideleslaici, per la difesa e la promozione della dignità tra-scendente di ogni persona, ed infonde vigore mora-le alle coscienze, vigore che deve permeare il dirittoe l’azione politica.

2. COLLOCAZIONE DEL MESSAGGIO NEL MAGISTE-RO SOCIALE DI PAPA FRANCESCOIl pontefice, trattando la grave questione dellenuove forme delle schiavitù contemporanee, in unMessaggio per la Giornata mondiale della pace,desidera porre in evidenza come vi sia un nessostretto tra questa triste piaga dell’umanità e il suodestino di famiglia unita e armoniosa, giusta e paci-fica. La tratta degli esseri umani, infatti, rappresen-ta in sé un virus letale per la convivenza civile, inquanto ne intacca il tessuto relazionale, riducendole persone a merce, a mezzi, ossia ad oggetti prividi coscienza, di soggettività, di responsabilità socia-le. Tollerando la schiavitù, di fatto si approva ladiseguaglianza di dignità tra le persone, giungendoa discriminarle; si annulla la reciprocità e la com-plementarità, come anche si spegne la possibilitàdella comunione di intenti e dell’unione morale trai cittadini. La pace, quale retto ordine sociale fon-

dato sulla verità, sulla libertà, sulla giustizia e sullasolidarietà, non può che esserne profondamenteminacciata. Allo stesso modo, e per ragioni analo-ghe, lo sono il diritto, la giustizia, la democrazia. Laschiavizzazione delle persone, oltre che della paridignità, è rifiuto di una comune vocazione al benecomune, della solidarietà, intesa come determina-zione ferma e perseverante di sentirsi ed essereresponsabili del bene degli altri, di quella rete direlazioni e di istituzioni fondamentali che presup-pone un «noi» di persone impegnate nel mutuoarricchimento. È accettazione di una cultura della«cosificazione» dell’essere umano e dello sfrutta-mento. È premessa della negazione dei veri sogget-ti e fini di ogni società.Il presente Messaggio appare chiaramente svolgi-mento del Messaggio dell’anno precedente, cheaveva per titolo Fraternità, fondamento e via per lapace1. Le forme moderne di schiavitù, in definiti-va, allignano nelle nostre società perché in esse siè perso il senso della fraternità e cresce il sensodell’indifferenza nei confronti degli altri, conside-rati degli estranei o anche meri strumenti. La fra-ternità non è facilmente percepibile là ove non sivive l’esperienza forte della comune paternità diDio. Senza la percezione della fraternità divienemolto difficile poter sconfiggere la tratta degliesseri umani. Vi è una connessione stretta tra abo-

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«NON PIÙ SCHIAVI, MA FRATELLI»Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2015

Presentazione del S.E. Mons. Mario Toso*

Scuola di Pace, Roma 3-5 gennaio 2015

SPECIALE SCUOLA DI PACE

Roma, 3 gennaio 2015 - S.E. Mons. Mario Toso.

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lizione della schiavitù e la fraternità. Non si puòpensare di sradicare dall’umanità la tratta delle per-sone senza un vivo senso religioso, senza l’apertu-ra alla Trascendenza. Una società che emarginaDio, a motivo di un secolarismo esasperato o di unindividualismo anarchico, si pone nelle condizionidi rigettare il proprio simile nel suo essere più pro-fondo che lo rivela come un eguale, un «consan-guineo», dal punto di vista umano e divino. In ulti-ma analisi, la tratta degli esseri umani, in tutte lesue forme, può essere battuta a partire dalla con-versione a Dio, da una nuova evangelizzazione delsociale che favorisce l’incontro con Lui e, conse-guentemente, una nuova visione del mondo, deirapporti umani. Convertirsi a Dio significa, in ulti-ma analisi, convertirsi alla fraternità, principioarchitettonico della socialità e delle società.La fraternità connota e struttura la relazionalitàdelle persone nonché la loro tensione morale alproprio compimento. Data l’intrinsecità della fra-ternità rispetto all’essere e all’agire dell’uomo, èimpensabile poter costruire una società giusta epacifica senza incarnarla e viverla nelle istituzioni,negli stili di vita, nei comportamenti. Senza la fra-ternità diviene più arduo accettare ed armonizzarele legittime differenze, vivere il perdono e la ricon-ciliazione. E certamente è più difficile sconfiggerela tratta degli esseri umani, la corruzione ramifica-ta, l’evasione fiscale egoista, l’esclusione e la man-canza di equità, cristallizzate nella società e nellestrutture, come lo è porre rimedio alla «democraziaa bassa intensità»2. È anche meno agevole riuscirea superare la crisi dell’impegno comunitario edabbattere il «feticismo del denaro», «la dittatura diun’economia senza volto e senza uno scopo vera-mente umano», tutti mali coraggiosamente stigma-tizzati nella recente esortazione apostolicaEvangelii gaudium3, e che, come si dirà più avanti,in un modo o nell’altro, sono tra le cause delle tri-sti schiavitù moderne.Non va dimenticato che, per papa Francesco, la lottasenza quartiere alla tratta degli esseri umani rientratra gli obiettivi della realizzazione di una «democra-

zia ad alta intensità», ossia una democra-zia ove, mentre ci si impegna a sradicarele cause strutturali della povertà, nelle sueforme vecchie e nuove, superando lerisposte provvisorie dei piani meramenteassistenziali, offrendo a tutti libertà, istru-zione, assistenza sanitaria, lavoro dignito-so (libero e creativo, remunerato), casa,terra e una sana alimentazione, simulta-neamente ci si adopera a rendere la stessademocrazia meno populista, oligarchica epaternalista, più sociale, più rappresenta-tiva e partecipativa4. A questo propositova sottolineato che l’attuale papa, anchecon i suoi ultimi discorsi indirizzati allaDelegazione dell’Associazione interna-zionale di Diritto penale (23 ottobre2014), ai Rappresentanti dei Movimenti

popolari (ricevuti il 28 ottobre 2014), alla FAO inRoma (20 novembre 2014), al ParlamentoEuropeo e al Consiglio d’Europa (25 novembre2014) punta alla rivitalizzazione dell’attualedemocrazia che, come hanno sottolineato diversistudiosi, si è in un certo senso involuta rispettoagli ideali originari, alla figura dello Stato di dirit-to. Attraverso i discorsi appena elencati il pontefi-ce argentino cerca di far comprendere che questaè la sfida cruciale dell’attuale momento storico.La realtà delle attuali democrazie va tenuta viva«evitando che la loro forza reale – forza politicaespressiva dei popoli – sia rimossa davanti allapressione di interessi multinazionali e non univer-sali, che le indeboliscono e le trasformano insistemi uniformanti di potere finanziario al servi-zio di imperi sconosciuti»5.La sfida è contro una concezione omologantedella globalità, contro un pensiero unico domi-nante che colpisce la vitalità del sistema demo-cratico, depotenziando quella dinamica di unità-particolarità, quella dialettica ricca, feconda ecostruttiva, che è creata dalla molteplicità delleorganizzazioni e dei partiti politici, dal loro con-fronto franco e schietto; quell’inclusività che èinsita nel progetto originario di ogni democrazia.Secondo papa Francesco occorre allargare la basepopolare e partecipativa dell’attuale democrazia,che è divenuta democrazia nominale, oligarchicaed assistenziale, «democrazia di un terzo», cosìpotrebbe essere definita coniando l’espressioneispirandosi a Peter Glotz che parlava di «societàdei due terzi».

3. I PRINCIPALI CONTENUTI DEL MESSAGGIO 2015Il Messaggio si suddivide in tre parti. La prima ècostituita da una sezione biblica che, prendendo lospunto dalla Lettera di san Paolo a Filemone, e daaltri passi della Bibbia, mostra che nel disegno diDio per l’umanità non c’è posto per la schiavizza-zione degli altri. Dio chiama tutti i suoi figli a rin-novare i loro rapporti interpersonali rispettando inciascuno di loro l’immagine e la somiglianza divi-

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ne, cosi come la dignità intangibile di ogni perso-na. Il peccato spinge a rigettare la vocazione adessere fratelli, deforma continuamente la bellezza ela nobiltà dell’essere fratelli e sorelle della stessafamiglia umana. L’incontro con Cristo, che ci fanascere in Lui ad una vita nuova, quella dei figli diDio, consente di rinnovare il cuore e di vivere dafratelli e sorelle. Dio, tramite Cristo, rende nuovetutte le cose, cambia le relazioni tra le persone, fasì che tutti siano partecipi di una fraternità più cheumana, una fraternità sovrannaturale ed universale.È noto come la Chiesa, con la sua opera di evange-lizzazione e il suo umanesimo, fin dai primi secoliabbia svolto un ruolo di primo piano nell’abolizio-ne dell’istituto della schiavitù, che era accettato eregolato dallo stesso diritto statuale. La Chiesa haindubbiamente contribuito all’evoluzione positivadelle coscienze, ciò che ha condotto a considerarela schiavitù un «reato di lesa umanità»6.E tuttavia, questo tristissimo fenomeno non è maistato definitivamente debellato. Come constatapapa Francesco, nonostante i numerosi accordifirmati dalla Comunità internazionale, ancoraoggi circa ventun milioni di persone secondo idati recenti dell’ONU – bambini, uomini e donne– nei modi più diversi vengono privati della liber-tà e costretti a vivere in condizioni assimilabilialla schiavitù. È un dato sconfortante, che testi-monia in parte il fallimento non solo della politi-ca, ma anche delle società contemporanee, dellaloro cultura, dei loro ethos. Nella sua seconda parte, il Messaggio per laGiornata mondiale della pace 2015, passando inrassegna le nuove forme di schiavitù, inchiodatutti, singoli e gruppi, a prendere atto con un serioesame di coscienza di tali forme barbare ed incivi-

li di esistenza, presenti nelle nostre stesse città, acui sovente non si presta sufficiente attenzione. Ilpontefice riporta numerosi drammatici esempi:a) lavoratori e lavoratrici, anche minori, asservi-ti, a livello formale e informale nelle diverse tipo-logie del lavoro, da quello domestico a quello agri-colo, a quello nell’industria manifatturiera, mine-raria, tanto nei Paesi in cui la legislazione in mate-ria dei diritti del lavoro non è conforme alle normee agli standard minimi internazionali, quanto inquelli in cui il lavoro è tutelato, ma dove viene pra-ticato illegalmente il cosiddetto «lavoro nero»;b) molti migranti che, nei loro drammatici viaggi,intrapresi nella speranza di un futuro migliore, sof-frono la fame, vengono privati della libertà, spo-gliati dei loro beni, abusati fisicamente e sessual-mente;c) persone, tra cui molti minori, costrette a prosti-tuirsi. Si tratta di veri e propri schiavi sessuali; didonne e soprattutto bambine date forzatamente insposa, a volte anche vendute a tal fine, o trasmessein successione ad un familiare alla morte del mari-to senza avere la possibilità di negare il proprioconsenso;d) minori e adulti, che sono fatti oggetto di merci-monio per l’espianto di organi, per l’arruolamentonei vari eserciti, per l’accattonaggio, per ogni tipodi attività illegali come lo smercio di stupefacenti,o per forme mascherate di adozione internaziona-le;e) persone rapite e tenute in cattività da gruppi ter-roristici in vista del riscatto e, in genere, per quan-to riguarda le ragazze e le donne, come schiave ses-suali. Tanti spariscono senza lasciar traccia, alcunivengono venduti anche più volte, seviziati, mutila-ti, uccisi (cf n. 3).

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Papa Francesco e, suo tramite, la Chiesa, ai fini diuna reazione coraggiosa e della costruzione di unacoesistenza giusta e pacifica che abbatta definitiva-mente la schiavitù, ne elenca alcune cause. La loroanalisi permette di approntare soluzioni pertinenti,mobilitando istituzioni e società civili. Sono causedi tipo religioso ed antropologico7, sociale (pover-tà, mancato accesso all’educazione, scarse, se noninesistenti opportunità di lavoro, corruzione) epolitico, economico e morale (sistemi economiciche pongono al centro il dio denaro e non l’uomo),alcune delle quali a carattere fortemente patologi-co: conflitti armati, violenze, cri-minalità, terrorismo.

4. IMPEGNO COMUNENella terza parte del Messaggiopapa Francesco esorta a trovaresoluzioni comuni per sconfiggerel’abominevole fenomeno dellaschiavitù.Come detto sopra è l’analisi stes-sa delle sue cause che suggeri-scono le vie da percorrere. Essereclamano, anzitutto, il supera-mento di un’indifferenza genera-lizzata e globalizzata. Accanto adun urgente e convergente lavoroistituzionale di prevenzione, diprotezione delle vittime e di azio-ne giudiziaria nei confronti dei responsabili, esigo-no un vasto impegno da parte della società civile,articolato secondo tre linee fondamentali: il soc-corso alle vittime, la riabilitazione sotto il profilopsicologico e formativo, la reintegrazione nellasocietà di destinazione o di origine: lavoro, peral-tro, svolto in maniera esemplare da diverseCongregazioni religiose, specie femminili.Le istituzioni – siano esse Stati, organizzazioniintergovernative e della società civile, ma anche ilmondo imprenditoriale – sono chiamate, in parti-colare, a sviluppare una cooperazione a diversilivelli, che includa cioè soggetti nazionali ed inter-nazionali, per combattere le reti transnazionali delcrimine organizzato, le quali gestiscono la trattadelle persone ed il traffico illegale dei migranti. Aproblemi mondiali, che superano le competenze diuna sola comunità o nazione, deve corrispondereuna mobilitazione di dimensioni comparabili aquelle del fenomeno stesso.Uno snodo decisivo per l’azione di contrasto,secondo papa Francesco, è dato dalle legislazioninazionali riguardanti le migrazioni, il lavoro, leadozioni, la delocalizzazione delle imprese e lacommercializzazione di prodotti realizzati median-te lo sfruttamento, che devono realmente, e nonsolo formalmente, rispettare la dignità delle perso-ne: «Sono necessarie – egli scrive − leggi giuste,incentrate sulla persona umana che difendano isuoi diritti fondamentali e li ripristinino se violati,riabilitando chi è vittima e assicurandone l’incolu-

mità, nonché meccanismi efficaci di controllo dellacorretta applicazione di tali norme, che non lascinospazio alla corruzione e all’impunità». Si può dire che la piaga della schiavitù modernapuò essere guarita mediante quello Stato sociale,che oggi viene progressivamente smantellatosotto i colpi di un neoindividualismo utilitaristache non riconosce la relazionalità e la solidarietà.Può essere prevenuta mediante una democraziaad alta intensità, ovvero inclusiva, ove è reso pos-sibile a tutti l’accesso all’educazione, al lavoro,alla sicurezza sanitaria, alla casa, al cibo, alla

terra. Così, può essere vinta mediante l’afferma-zione di uno Stato di diritto che, come ha asseri-to papa Francesco davanti al Parlamento europeo(25 novembre 2014), poggia sulla dignità tra-scendente dell’uomo e va preservato da quelneoindividualismo libertario e da quel neoutilita-rismo che oggi sembrano sgretolarlo, ponendo ingioco i diritti8, la sicurezza delle norme e la cer-tezza delle pene. Sul ruolo degli Stati paiono particolarmente forti leparole del pontefice, rivolte alla Delegazionedell’Associazione Internazionale di Diritto Penalesul delitto della tratta delle persone (23 ottobre2014): «E, dal momento che non è possibile com-mettere un delitto tanto complesso come la trattadelle persone senza la complicità, con azione odomissione, degli Stati, è evidente che, quando glisforzi per prevenire e combattere questo fenomenonon sono sufficienti, siamo di nuovo davanti ad uncrimine contro l’umanità. Più ancora, se accadeche chi è preposto a proteggere le persone e garan-tire la loro libertà, invece si rende complice di colo-ro che praticano il commercio di esseri umani, allo-ra, in tali casi, gli Stati sono responsabili davanti ailoro cittadini e di fronte alla comunità internazio-nale».Il Messaggio della Giornata mondiale della pace2015 menziona anche il ruolo della Santa Sede, cheha moltiplicato gli appelli alla Comunità interna-zionale ed ha organizzato alcuni incontri allo scopodi dare maggiore visibilità al fenomeno di questa

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tratta infame e di agevolare la collaborazione tradiversi attori9. È di appena qualche giorno fa lafirma del pontefice su una Dichiarazione congiun-ta con i leaders religiosi mondiali da Lui convoca-ti a Roma (2 dicembre 2014). Molto, tuttavia, rimane ancora da fare. È per que-sto che tutti hanno l’imperativo morale di impe-gnarsi a fondo, affinché la nostra generazione siafinalmente l’ultima a dover combattere il turpecommercio di vite umane. La Chiesa sollecita,specie attraverso le sue azioni di carattere caritati-vo, a compiere un cammino di conversione, cheinduca a cambiare lo sguardo verso il prossimo, ariconoscere nell’altro, chiunque sia, un fratello euna sorella in umanità e in Cristo. E, inoltre, adoperare gesti di fraternità, a partire da un serioesame di coscienza personale e comunitario.«Chiediamoci come noi – suggerisce il pontefice–, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sen-tiamo interpellati quando, nella quotidianità,incontriamo o abbiamo a che fare con persone chepotrebbero essere vittime del traffico di esseriumani, o quando dobbiamo scegliere se acquistareprodotti che potrebbero ragionevolmente esserestati realizzati attraverso lo sfruttamento di altrepersone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perchédistratti dalle preoccupazioni quotidiane, o perragioni economiche, chiudono un occhio. Altri,invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, diimpegnarsi nelle associazioni della società civile odi compiere piccoli gesti quotidiani – questi gestihanno tanto valore! – come rivolgere una parola,un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che nonci costano niente ma che possono dare speranza,aprire strade, cambiare la vita ad una persona chevive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostravita nel confronto con questa realtà» (n. 6).

* Segretario Pontificio Consigliodella Giustizia e della Pace

1 Cf su questo M. TOSO, Il Vangelo della fraternità, LateranUniversity Press, Città del Vaticano 2014.2 Sulla democrazia a bassa o ad alta intensità si veda JORGEMARIO Card. BERGOGLIO, Noi come cittadini, noi come popo-lo, LEV-Jaca Book, Roma-Milano 2013, pp. 31-32.

3 Cf FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium(24.11.2013), LEV, Città del Vaticano 2013, nn. 52-60.4 Sui temi dell’impegno dei cattolici rispetto ad una «demo-crazia ad alta intensità» mi permetto di rinviare a: M. TOSO,Il Vangelo della gioia. Implicanze pastorali, pedagogiche eprogettuali per l’impegno sociale e politico dei cattolici,Società cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2014; ID.,Riappropriarsi della democrazia, Libreria Editrice Vaticana,Città del Vaticano 2014.5 FRANCESCO, Discorso al Parlamento Europeo (25 novembre2014).6 Della schiavitù moderne come «reato di lesa umanità» papaFrancesco ne ha parlato abbastanza recentemente. CfDiscorso alla Delegazione internazionale dell’Associazionedi Diritto Penale, 23 ottobre 2014: L’Osservatore Romano, 24ottobre 2014, p. 4.7 «Oggi come ieri – scrive il pontefice -, alla radice dellaschiavitù si trova una concezione della persona umana cheammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Quando ilpeccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suoCreatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepi-ti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umani-tà, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creataad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno ola costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà,mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattatacome un mezzo e non come un fine» (n. 4).8 L’individualismo libertario che domina la cultura odierna,e che costituisce il singolo a padrone della verità, provocauna progressiva erosione dei diritti umani. Giorno dopo gior-no diventa sempre più evidente che, specie nell’area occi-dentale, ma non solo, si sta affermando una vera e propriastrategia contraria specie ad alcuni diritti umani fondamen-tali che, codificati nel Novecento, costituiscono un preziosopatrimonio a favore della vita e della dignità della persona.L’affermazione non è un azzardo. Basti solo pensare allavanificazione concreta del diritto al lavoro per molti giovani(in Italia più del 43% disoccupati), agli assalti all’istituto delmatrimonio tra un uomo e una donna, alla liberalizzazionedell’aborto. Rispetto a quest’ultimo è dei giorni scorsi l’ap-provazione del parlamento francese di una risoluzione cheeleva l’aborto a diritto fondamentale. Si è così di fronte afenomeni che contrastano in modo radicale e drammaticocon le Carte internazionali dei diritti umani. Considerarel’aborto come «diritto» apre un baratro di cui non si scorgeil fondo: si praticherà quando e come si vuole, senza limiti,nei suoi confronti non varrà l’obiezione di coscienza, chepure è caposaldo delle libertà personali. Nell’ottica del docu-mento francese, chi obietterà si opporrà all’esercizio di undiritto, entrerà in uno spazio giuridico negativo, fino a potersubire sanzioni.9 La Pontificia Accademia delle Scienze e delle ScienzeSociali, assieme ad altre Istituzioni, per desiderio del pontefi-ce, ha organizzato un Seminario sulla tratta delle persone chesi è svolto presso la Casina Pio IV dal 2 al 3 novembre 2013.Al termine di tale Seminario è stato sottoscritto dai parteci-panti uno Statement in cui sono suggeriti, per la stessa SantaSede alcuni passi da compiere sul piano internazionale al finedi sconfiggere la piaga della schiavitù moderna. Tra le cose dapromuovere si propone, oltre alla sottoscrizione e ratifica diprotocolli e Convenzioni, a livello mondiale ed europeo, dipromuovere un movimento che garantisca l’impegno dellaChiesa cattolica, e di tutti gli uomini e donne di buona volon-tà, di por fine al traffico di persone e alla prostituzione; non-ché di incoraggiare gli ordini religiosi maschili a lavorareinsieme a quelli femminili con l’obiettivo di offrire un sollie-vo immediato alla sofferenza delle vittime della schiavitù, edi combattere a vasto raggio la loro possibile esclusione socia-le (cf THE PONTIFICAL ACADEMIES OF SCIENCESAND SOCIAL SCIENCES, Trafficking in Human Beings:Modern Slavery, Vatican City 2013, p. 17).

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Presentare una esperienza che va oltre l’aspettovaloriale di teorie possibili “Un Patto per il fiumeSimeto tra Comunità e Istituzioni” sembrerebbeesulare dal tema generale. Di fatto, l’esortazionedi papa Francesco – consegnata a riflessione perla Giornata Mondiale della pace 2015 – indicacome “Alla radice della schiavitù si trova una con-cezione della persona umana che ammette la pos-sibilità di trattarla come oggetto... privata dellalibertà, mercificata, ridotta a proprietà di qual-cuno... considerata mezzo piuttosto che fine...”;invita a riflettere anche su nuove ed insidioseforme di schiavitù che, in una visione ampia, pon-gono in relazione la persona e gli elementi in cuivive: il territorio, il Creato, gli altri esseri viventi. E la mia riflessione comincia da un paradosso: lanostra cultura teorizza la limitazione del potere mausa il potere sulla persona ridotta a merce, sulfratello reso schiavo; lo stesso vive in territori, inambienti, in Comunità considerati oggetto dell’a-gire. Una forma di schiavitù che passa dalla sot-tomissione della persona allo sfruttamento deiluoghi: rende merce il Creato, personifica il terri-torio e lo considera oggetto!Esperienze e percorsi vissuti a difesa di ambienti eComunità danno la misura di come questo spessoaccade. Un esempio viene da territori e comunitàdella Valle del Simeto. Essere chiamata a dare testimonianza di cosa neltempo sia accaduto in uno tra i luoghi più belli eimportanti della Sicilia, a cominciare del 2005,

consente di documentare fatti e accadimenti incontinua evoluzione che hanno costruito, neltempo, un cambiamento di visione e di relazionetra le persone e tra le Istituzioni, e così parlareliguaggi diversi in nome di un “Io collettivo”.In estrema sintesi, i fatti: il piano-rifiuti dellaregione siciliana prevedeva la costruzione di megainceneritori di cui uno in c/da Cannizzola (Comunedi Paternò) nella Valle del Simeto, area a forte den-sità produttiva. Contemporaneamente, una azien-da produttrice di laterizi e materiali per l’ediliziarichiese al Comune di Adrano (Ct), ed ottenne, unattestato di compatibilità ambientale per utilizzarerifiuti speciali e speciali pericolosi (102 tipologie)ed immetterli nel ciclo produttivo: qualcosa come62 mila tonnellate di rifiuti tossici all’anno, c/a 170tonnellate al giorno di fanghi provenienti dallalavorazione del petrolio, scorie prodotte dalleindustrie pesanti, dalle centrali termiche, dal tratta-mento chimico di minerali, da rifiuti ospedalieri, dirifiuti contenenti solfuri pericolosi, ferro, mercurio,arsenico, cadmio... un interminabile elenco diveleni i cui elementi, immessi negli scarichi, pene-trando il terreno, giungendo nelle falde acquifere,si sarebbero riversate nelle acque del medio corsodel fiume Simeto dal cui greto l’azienda interessa-ta distava meno di 150 metri! Una vera “fabbri-ca dei veleni”, come venne chiamata dalla gente...in territori piegati, violati come corpo di esserevivente ...Presa coscienza dell’oltraggioso pericolo per la Valle,

a Paternò si costituì l’asso-ciazione ViviSimeto a dife-sa di luoghi e comunità, adAdrano si diede vita alComitato Civico Salute-Ambiente. Assieme, feceroproprie le motivazioni chestanno alla base di quellavisione collettiva di difesadel debole; misero in attodinamiche comunicativesociali per scongiurare lalegalizzazione di quelprocesso produttivo cheavrebbe provocato deva-stazioni ambientali e so-cio-economiche in Siti diInteresse Comunitario, inuno dei luoghi dalla stra-

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«UN PATTO PER IL FIUME SIMETO TRA COMUNITÀE ISTITUZIONI. VALORI, PROGETTI E PRIORITÀ CONDIVISI

PER UNA GOVERNANCE PARTECIPATA»

Scuola di Pace, Roma 3-4 gennaio 2015

SPECIALE SCUOLA DI PACE

Roma, 4 gennaio 2015 - Argia Passoni e Chiara Longo.

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ordinaria bellezza paesaggistica e dall’importan-za storica davvero unica, dalle testimonianzestratificate nel tempo in palinsesto di sedimen-tazione culturale oltre che materiale in continuarigenerazione. L’originario esiguo gruppo di persone, nel volgeredi brevissimo tempo, riuscì a mobilitare la collet-tività con i giusti sistemi partecipativi: oltrecinquemila persone in corteo percorsero le vie diAdrano per sensibilizzare l’opinione pubblica,scongiurare una contaminazione dell’aria (peremissione dei fumi) e dell’acqua del fiume (perscarichi illeciti) che avrebbe provocato un disastro

ambientale dalle conseguenze incalcolabili edifendere così abitanti in difficoltà: allevatori, agri-coltori, orticoltori... Quella presa di coscienza,unita a forme di vero costruzionismo sociale didifesa e tutela, impedì la messa in atto di sistemi diassoggettamento di persone e cose. Nel contempo,avvenne qualcosa di inimmaginabile: la comunitàera stata coinvolta non solo in azioni re-attive (laprotesta) ma nella riscoperta di luoghi, del loro val-ore e soprattutto del valore identitario degli abitan-ti! I cittadini avevano accolto il grido di aiuto dellaTerra, volevano diventare soggetti attivi e partecipi,capaci di offrire azioni di cambiamento, di darevoce ad una dimensione nuova del vivere, didimostrare la reale capacità generativa di cambia-mento. Si avviava un moderno e identitario model-lo valoriale capace di un significativo cambio dimetodo gestionale che fosse davvero inclusivo,proattivo, condiviso. Un modo diverso e nuovoper uscire dalle tante trappole di non-sviluppo, disfruttamento, di in-cultura che sottomettono i

deboli, gli individui che vivono forme variegate diesclusione (forme diverse di schiavitù)!Per fare emergere i tanti punti di forza (capacità,competenza, saperi...) e ricomporre alleanze e intesebisognava ragionare anche con e attraverso gli stru-menti del sapere e dello studio (la persona con-sapevole riesce a trovare il modo di difendere la pro-pria libertà!). Si consultarono studiosi e ricercatori,si chiese loro aiuto! La comunità simetina coinvolseesperti come il prof. Paul Connett, attivista fonda-tore negli USA dell’associazioni Zero Waste,Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Europe evincitore del Goldman Enrivonmental Prize. E non

fecero mancare il loro aiuto anche studiosi locali ericercatori di chiara fama che, con la gratuità deldono, cominciarono un lavoro di riposizionamentodi conoscenze materiali ed immateriali. Si susse-guirono incontri di cittadinanza: workshop, mappaturedi comunità, tavoli di ascolto e di lavoro. Una équipedel Dipartimento di Urbanistica e Ingegneriadell’Università degli studi di Catania (prof. ing.Filippo Gravagno, ing. Laura Saija e dott. GiusyPappalardo) avviò lo studio e la ricerca sul campo perla riprogettazione del territorio della Valle per addi-venire a nuove forme di governance, inclusive e parte-cipate. Si coinvolsero cittadini, studenti, agricoltori,allevatori, storici del territorio, associazioni di catego-ria... Si rinfocolarono quei sani principi e valori radi-cati nella gente... Si giunse, attraverso la “Mappaturadi Comunità”, a documentare realtà e aspettative, adare testimonianza documentata di quello che era estava succedendo (la Ed. Disasko pubblicò il volume“Comunità e progetto nella valle del Simeto. Lamappa partecipata come pratica per lo sviluppo

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locale”). Lo studio si consolidò mediante attivitàparallele con l’Università di Menphis laddove laricercatrice Ing. L. Saija ( conduceva studi nell’areadel Mississipi grazie ad una borsa di studio assegna-tale dalla Comunità Europea, la Marie CurieResearch Fellow) entrava in contatto con WadeRathke, uno dei più importanti community organiz-ers, e Ken Reardon, community organizer docente dipianificazione di comunità con grande esperienza dicommunity-university partnership. Assieme a loro,organizzò incontri anche nella valle del Simeto: iricercatori americani vennero al Simeto, a strettocontatto con studiosi locali e abitanti dei luoghi...Una comunità portatrice di interessi plurimi venivarafforzata da saperi plurimi!Prendeva vita, così, il “Patto per il fiume Simeto”, undocumento ‘a più voci’ attraverso cui dialogare conle Istituzioni e incidere sui processi decisionali, coin-volgendo diversi soggetti, anche quelli solitamenteinascoltati, esclusi... Ma non si ci poteva fermare alsolo processo documentale. L’aiuto doveva diventareconcreto... Diventava necessario coinvolgere leIstituzioni in un processo di profonda innovazionedel meccanismo di governance del territorio. Lestesse Istituzioni contro le cui scelte ci si era oppostiin passato – adesso profondamente cambiate nellescelte decisionali e nelle componenti rappresentative- venivano coinvolte in un dialogo costruttivo, sullabase di quei principi non negoziabili di sostenibilitàambientale e sociale, contro ogni forma di sfrutta-mento e sottomissione (espressioni diverse di “schi-avitù” sociale). Il ‘Patto’ stava prendendo forma epoggiava su idee innovative, di governance territori-ale e ambientale in linea con la ConvenzioneEuropea per il Paesaggio del 2000, ma in linea anchecon la L.R.S. 71/78 che prevede, tra le sue finalità, ilpotenziamento del ruolo delle comunità locali nellagestione del territorio.Il 26 Aprile 2012, nella sede comunale di Adrano, sigiunse alla firma di un ‘Protocollo di Intesa” final-izzato ad avviare il “Patto per il fiume Simeto’;prevedeva, tra l’altro, l’istituzione di gruppi di

lavoro misti tra Istituzioni-Comunità-Università. Ilprocesso di redazione del “Patto” permise di assem-blare un documento operativo che, successivamente,venne presentato ai rappresentanti istituzionali; pog-giava su una struttura di vero e proprio piano strate-gico dal basso: condiviso, partecipato, implementa-to su principi rispettosi della dignità decisionale ditutti e sul principio di sussidiarietà!Nel 2013, la situazione politico-amministrativa eraprofondamente cambiata, i Sindaci e le Ammini-strazioni comunali di Adrano e Paternò eranoimpegnati nella direzione del “Patto”; ne avevanodeliberato l’adozione e il suo schema di gover-nance. E il processo di condivisione e coinvolgi-mento si estendeva in altri Comuni della Valle:Biancavilla, Belpasso, Centuripe, S. M. di Licodia,Motta Sant’Anastasia, Ragalna, Regalbuto. Il“Patto” davvero si innestava in un sostanzialecambiamento della visione generale rispetto aitemi dell’ambiente e del fiume, non solo per il sal-vataggio del fiume e dell’ambiente: era un pianoserio ed operativo per il miglioramento della qual-ità della vita, contro ogni forma di prevaricazione...Intanto, il dibattito sulla nuova stagione di fondieuropei 2014-2020 a livello nazionale, a partire daidocumenti programmatici prodotti dal Ministero delloSviluppo Economico, poneva forte l’esigenza di met-tere in campo dei meccanismi di accompagnamentodelle Regioni ‘problematiche’ alla spesa efficace edefficiente dei fondi comunitari, in particolare nell’am-bito della Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI); sistava presentando la possibilità per territori con evi-denti problemi ma capaci di mostrare segni endogenipositivi, di ‘autocandidarsi’ – presso il Dipartimentoper lo Sviluppo e la Coesione Economica (DPS) – allaselezione di Aree Sperimentali di lavoro: l’eventualeselezione avrebbe comportato la stipula di un AccordoProgramma Quadro (APQ) tra Regione, Ministero edEnti Locali per regolare modalità di collaborazioneinfraistituzionale. La Comunità simetina aveva le giuste caratteristicheterritoriali di area interna. Il “Patto” aveva l’am-

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bizione di essere un vero e proprio Piano strategico disviluppo partecipato e solidale: strumento capace ditrasformare la visione in realtà, secondo una logicaintegrata che andava oltre i soli principi di tutela evalorizzazione ambientale considerando prioritari ibisogni degli abitanti. Era necessario porre il “Patto”nella prospettiva della SNAI al fine di dare la giustacornice politica alle azioni da mettere in campo: unavolta redatto, doveva diventare il documento di pro-grammazione della pianificazione ordinaria perciascuna Amministrazione aderente. E non solo!Era l’occasione per mettere nella giusta prospettivala capacità del territorio di implementare i progettidi Comunità contenuti nel “Patto“. Questi venneroinseriti in un documento presentato durante unincontro a Roma, il 13 Novembre 2013, con i com-ponenti del Nucleo di Valutazione per le AreeInterne (Ministero dello Sviluppo Economico).L’incoraggiamento dato dai valutatori per ilbuonlavoro svolto ci spinse a cercare una inter-locuzione con la Regione siciliana. Da quelmomento, le Istituzioni (Comune, Regione,Ministero) si incontrarono con una visione diversadelle cose da porre in essere e convergere, così, sumodalità di intervento condivise. Segno, forse, diuna ritrovata “Virtù politica” per la ricostruzione disenso e di consenso mediante spazi e linguaggi didemocrazia partecipata!?

Dalla Mappatura di Comunità si generava unacatena di eventi culminante nel riconoscimentodell’Area Strategica della Valle del Simeto, cuifanno attualmente parte dieci Comuni dell’una edell’altra sponda del Simeto (referente il Comunedi Paternò), e dell’Area Interna indicata comeArea Sperimentale Nazionale (comprendente treComuni – Adrano, Biancavilla, Centuripe – di cuiAdrano è Comune referente). Si lavora oggi, a distanza di dieci anni dal paven-tato pericolo derivante dalla “Fabbica dei veleni”,alla “Convenzione Quadro - Patto per il fiumeSimeto”, strumento principe di governance parte-cipata per avviare progettualità condivise e rego-lare rapporti tra gli Enti, le Associazioni, iCittadini. Ecco nuovi linguaggi che, nel rimarco delle sol-lecitazioni di papa Francesco, danno senso all’a-gire delle Comunità e delle Istituzioni che devonosempre più sapere interpretare i bisogni della gentee operare per il Bene Comune, annullare ogniforma di sottomissione e schiavitù per potere darerisposta quando ci verrà chiesto: “Cosa hai fatto deltuo fratello?”, espressione che dovremmo legare a:“Cosa hai fatto per il tuo fratello?”.

Chiara prof. Longo Assessore alla P.I. - Ambiente e Territorio

Comune di Adrano (Ct)

Dal degrado al risanamento

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PremessaLa teofania, cioè l’ingresso di Dio nella relazionecon l’umanità, nelle religioni privilegia sostanzial-mente, anche se non esclusivamente, lo spazio, iltempo spaziale. Invece l’elemento primario nellareligione ebraico-cristiana è l’aver collocato la teo-fania soprattutto nel tempo. Nella visione biblica un filo conduttore costante è iltentativo di intrecciare tempo ed eterno, proprio per-ché il tempo è il grembo in cui Dio si rende presen-te. Quindi è costante la discussione sull’equilibrio trail tempo e l’eterno, in modo tale che il tempo abbia aconservare la sua consistenza e non sia assorbito dal-l’eterno, e l’eterno non insorga in maniera potente inmodo da secolarizzarsi e cancellare qualsiasi scintil-la di trascendenza e di eternità.

La presenza di Dio nel tempoUna pagina di capitale importanza dell’AnticoTestamento è il secondo libro di Samuele (2 Sam, 7)in cui Davide vuol far diventare religiosa la capitalepolitica e vuole costruire un tempio, una “bàit” a Dio.Al profeta di corte, Natan, che aveva dato un’inizialeapprovazione a questo progetto, Dio dice di riferire aDavide che sarà Lui a costruire una casa a Davide enon il contrario, e in essa sarà presente. Nel primo caso“bàit” indica il casato, la dinastia; nel secondo indicala casa, il tempio. Questa pagina di Samuele diventa messianica per-ché Dio sceglie di essere presente nella sequenzaspesso fragile, drammatica, misera della discen-denza davidica. Quindi abbiamo l’intreccio tral’eterno, il divino e il tempo che è luogo privilegia-to, casa di Dio vera, amata da Dio.

Il credo di IsraeleUn celebre esegeta del secolo scorso, Gerard VonRaad, era convinto che ci fossero pagine strutturalianche per la rivelazione dell’Antico Testamento. Traqueste prevalgono: Dt 26, 5-9; Giosuè, 24,1-14; Sl136. In questi testi troviamo la rappresentazione tipi-ca della struttura di fondo della religione biblica,

cioè l’essere una religione storica: “Mio padre eraun Arameo errante; scese in Egitto…” (Dt 26, 5).L’epifania di Dio è in eventi che incrociano l’esi-stenza umana. Se da un lato Dio si manifesta nel succedersi storicodegli eventi, dall’altro lato occorre sottolineare che laprofezia ha la funzione di squarciare l’involucrodegli eventi e fare scoprire al loro interno la teofania,l’azione di Dio, l’eterno. Perciò questi eventi sonopermanenti e non solo memoria del passato: l’esodo,avvenuto nel XIII secolo a.C., è anche una realtà chesi ripercuote sempre. Perciò secondo la tradizionerabbinica, noi tutti dobbiamo dichiararci figli del-l’esodo, della liberazione dall’Egitto, in quanto ognivolta che noi siamo oppressi, Dio ci libera. La religione biblica è storica e, come tale, suppo-ne l’unione tra l’umano e il divino che vanno sem-pre insieme: noi caduchi, limitati, temporanei eDio eterno, assoluto, infinito.

Kairòs e crònosIl crònos, presente nel Nuovo (54 volte) enell’Antico (85 volte) Testamento, non è solo lamisurazione temporale, la cronologia, l’orologioche cerca di scandire oggettivamente una realtà. Ilcrònos rappresenta soprattutto una realtà che ciinteressa perché è soggettiva: un’ora passata conl’innamorato trascorre più velocemente di un’orapassata ad ascoltare una conferenza noiosa. Perquesto motivo il crònos nell’Antico e nel NuovoTestamento ha la rappresentazione dello statutoesistenziale umano: “Rivelami, Signore, la miafine; quale sia la misura dei miei giorni e sapròquanto sono effimero” (Sl 39).Giobbe per indicare il crònos usa l’immagine dellaspola, con la Parca che taglia il filo. Usa l’immaginedel fiume che scorre. Il tempo scivola come barche dipapiro; è un’aquila che piomba sulla preda. Crònosdiventa un sinonimo dell’esistere, come nel poetaBorges: “Il tempo è il fiume che mi trascina, ma iosono il fiume; è la tigre che mi sbrana, ma io sono latigre; è il fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco”.

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IL TEMPO CASA DI DIO

A Bologna, nell’Aula Magna di Santa Lucia dal 26 al 28Settembre 2014, alla presenza del Magnifico Rettoredell’Università, Ivano Dionigi, ha avuto luogo un Convegnodal titolo “Sul tempo”, una tappa dell’itinerario culturaleche prende il nome de “Il Cortile dei gentili”, voluto dalCard. G. Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio dellaCultura. Il “Cortile dei gentili” era originariamente unospazio dell’antico tempio di Gerusalemme al quale tuttipotevano accedere, indipendentemente dalla cultura, dalla

lingua o dall’orientamento religioso. Di qui l’ispirazione per creare uno spazio di incontro e dialogofra il mondo dei credenti e quello dei non credenti.Riportiamo una sintesi dell’intervento del Card. Ravasi a cura di Lucia Baldo

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Invece il kairòs è il tempo concepito con la presen-za del divino. Lo si trova anche nel NuovoTestamento. La prima predica di Gesù dice: “Iltempo è compiuto”. Sarebbe meglio tradurre:“Questo tempo è la pienezza della rivelazione, delRegno che inizia”.

La visione escatologicaNella visione biblica il tempo proviene da un eternoe segue un itinerario che suppone un’escatologia. Teniamo presente che escatologia e apocalittica permolti aspetti sono in contrasto tra di loro, non sonosinonimi. Pertanto occorre evitare di concepirel’escatologia in chiave apocalittica.L’apocalittica è distruttrice del tempo: alla fine dellastoria il Regno di Dio verrà e cancellerà il tempo.Perciò, se dobbiamo essere fedeli al nostro destino,dobbiamo ignorare il tempo, detestare la storia che è

sotto la potenza del maligno. Una certa con-cezione dei Testimoni di Geova e di correntiapocalittiche è in questo senso significativa,così come l’obiezione di coscienza al serviziomilitare fatta non per ragioni pacifiste, ma pernon indossare segni di questo mondo caducoe perverso che ha il vessillo di Satana pianta-to nella piazza.La visione escatologica, invece, vede iltempo già intriso dell’eterno e quando iltempo si consuma, viene accolto nel grem-bo dell’eterno in maniera piena, non comeora in cui c’è la dissociazione. È per questoche Paolo non panteisticamente, ma soterio-logicamente, cioè dal punto di vista dellaredenzione, dice che Dio sarà tutto in tutti.Nel momento finale le separazioni, le ten-sioni tra tempo ed eterno che ora sperimen-tiamo, scompariranno. Giovanni usa il per-

fetto per indicare la salvezza: “Colui che crede ègià salvato; ma colui che non crede è già ora con-dannato” (Gv 3,18), non perché sia già ora consu-mato il giudizio, ma perché chi vive ora l’esperien-za orante, di grazia, pregusta già in anticipo questaescatologia che avrà in sé la creaturalità redenta el’abbraccio dell’eterno, dell’infinito di Dio.Il poeta T. Eliot nei “Quattro quartetti” fa un esamedell’intreccio tra tempo e senza tempo, e si chiedecome fare a capire se in noi ci sia questo punto diintersezione. La risposta è che sono i santi ad averedi più l’esperienza dell’eterno in se stessi, attraversoun’esperienza d’amore, di donazione, di ardore. Sedue innamorati sono veramente nella pienezzad’amore, vivono veramente l’eterno: “…in un mori-re d’amore durante la vita, nell’ardore, nel totalesvuotamento di se stessi e nella resa totale di sé” (T.Eliot). Quest’immagine ci porta alla mistica.

Visita il Sito:www.fratejacopa.net

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I 15 anni che i governi si sono dati nel 2000 perraggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio(Mdg, nella sigla inglese) stanno per terminare.È quindi possibile stilare un sommario bilancio,mentre all’Onu i diplomatici di ogni Stato sono giàimpegnati nel definire le priorità del 2015-2030.Solo alcuni degli otto obiettivi sono stati raggiunti,altri in modo parziale, ma questa esperienza senzaprecedenti mostra che la stessa definizione comunedi traguardi offre una cornice in cui le prioritàacquistano forza.Il maggiore cambiamento è stato dimezzare ilnumero di persone che vivono in povertà estrema.Grazie al boom economico dei Brics (soprattuttodella Cina), 700 milioni di persone non sono piùsotto la soglia di povertà. Le statistiche della famenel mondo parlano di analoghe diminuzioni, ma iprogressi rallentano e un individuo su nove è anco-ra sottonutrito.Migliori condizioni di accesso all’acqua potabilehanno interessato ben 2,3 miliardi di persone.Successi considerevoli ci sono stati nella lotta amalaria e tubercolosi (inferiori, ma promettenti,contro l’Hiv/Aids). Nel promuovere la parità digenere si è ridotto il divario nell’accesso all’istru-zione, ma non è stato raggiunto l’obiettivo di dareun’istruzione primaria a tutti i bambini (58 milionirestano lontani dalla scuola). Insufficienti anche idati sulla mortalità infantile e delle donnein gravidanza.Sulle questioni ambientali, buone notizieper il buco nell’ozono, negative riguardoai gas serra.Infine, nel creare un partenariato mondialeci sono stati progressi concreti rispetto aldebito dei Paesi poveri, le tariffe commer-ciali e l’aiuto pubblico allo sviluppo.Gli esiti sono perciò discordanti. Delresto, gli Mdg non sono nati con unpiano definito di realizzazione e nessunorisponderà del loro parziale insuccesso(così funziona il sistema internazionale).Ma innumerevoli attori pubblici, privati enon profit hanno lavorato per il loro rag-giungimento. Senza la spinta di tutte lerealtà non governative, sempre piùinfluenti nell’indicare priorità globali, la

definizione di traguardi precisi non ci sarebbestata.Ora, nel momento di stabilire gli obiettivi post-2015, la lotta alla povertà resta l’orizzonte.L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) ela Chiesa cattolica si muovono di concerto indican-do nel decent work la via maestra per lo sviluppo.Il termine unisce in sé il diritto al lavoro e i dirittisul lavoro, che l’Oil ha definito e gli Stati approva-to nel corso dei decenni.Se milioni di lavoratori e le loro famiglie restanointrappolati sotto la soglia di reddito di 2 dollari algiorno, allora le lotte contro il lavoro coatto eminorile, lo sfruttamento di migranti e rifugiati, ladisoccupazione giovanile, la riduzione di salari e ditutele possono essere tutte riassunte in un impegnomondiale per il lavoro dignitoso.Attivandosi in modo sempre più coordinato, molterealtà cattoliche ritengono che il decent work possacatalizzare l’impegno multiforme per la giustizia. IlVaticano insiste per spingerlo in cima all’agenda per losviluppo dei governi, così da orientare scelte politichee finanziamenti. Al successo di una mobilitazioneetica mondiale verso i più poveri e gli esclusi – al di làdi ogni differenza di credo o di opinione politica – laChiesa sta dando un contributo attivo e, nella previstavisita all’Onu di settembre 2015, papa Francescoquasi certamente rilancerà questo impegno, ma non èaffatto scontato che gli Stati accetteranno.Il 2015 sarà un anno per influenzare chi decide gliindirizzi dello sviluppo globale, indicando un per-corso attraverso il decent work, ma sapendo ancheche i risultati di oggi saranno in ogni caso una spin-ta per il futuro.

Francesco Pistocchini(da “Popoli” dic. 2014)

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LAVORO DIGNITOSONUOVO OBIETTIVO GLOBALE

Nel momento di definire gli obiettivi delmondo post-2015, la lotta alla povertà restal’orizzonte. L’Oil e la Chiesa cattolica si muo-vono insieme indicando nel decent work pertutti la via maestra allo sviluppo

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“I bambini e gli anziani costruiscono il futuro deipopoli; i bambini perché porteranno avanti la sto-ria, gli anziani perché trasmettono l’esperienza e lasaggezza della loro vita”. Queste parole ricordateda Papa Francesco sollecitano un rinnovato ricono-scimento della persona umana e una cura più ade-guata della vita, dal concepimento al suo naturaletermine. È l’invito a farci servitori di ciò che “èseminato nella debolezza” (1Cor 15,43), dei picco-li e degli anziani, e di ogni uomo e ogni donna, peri quali va riconosciuto e tutelato il diritto primor-diale alla vita.Quando una famiglia si apre ad accogliere unanuova creatura, sperimenta nella carne del propriofiglio “la forza rivoluzionaria della tenerezza e inquella casa risplende un bagliore nuovo non soloper la famiglia, ma per l’intera società.Il preoccupante declino demografico che stiamovivendo è segno che soffriamo l’eclissi di questaluce. Infatti, la denatalità avrà effetti devastantisul futuro: i bambini che nascono oggi, sempremeno, si ritroveranno ad essere come la punta diuna piramide sociale rovesciata, portando su diloro il peso schiacciante delle generazioni prece-

denti. Incalzante, dunque, diventa la domanda:che mondo lasceremo ai figli, ma anche a qualifigli lasceremo il mondo?Il triste fenomeno dell’aborto è una delle cause diquesta situazione, impedendo ogni anno a oltrecentomila esseri umani di vedere la luce e di porta-re un prezioso contributo all’Italia. Non va, inoltre,dimenticato che la stessa prassi della fecondazioneartificiale, mentre persegue il diritto del figlio adogni costo, comporta nella sua metodica una note-vole dispersione di ovuli fecondati, cioè di esseriumani, che non nasceranno mai.Il desiderio di avere un figlio è nobile e grande; ècome un lievito che fa fermentare la nostra società,segnata dalla “cultura del benessere che ci aneste-tizza” e dalla crisi economica che pare non finire.Il nostro Paese non può lasciarsi rubare la fecondi-tà.È un investimento necessario per il futuro assecon-dare questo desiderio che è vivo in tanti uomini edonne. Affinché questo desiderio non si trasformiin pretesa occorre aprire il cuore anche ai bambinigià nati e in stato di abbandono. Si tratta di facili-tare i percorsi di adozione e di affido che sonoancora oggi eccessivamente carichi di difficoltà peri costi, la burocrazia e, talvolta, non privi di amarasolitudine. Spesso sono coniugi che soffrono la ste-rilità biologica e che si preparano a divenire lafamiglia di chi non ha famiglia, sperimentando“quanto stretta è la porta e angusta la via che con-duce alla vita” (Mt 7,14).La solidarietà verso la vita – accanto a queste stra-de e alla lodevole opera di tante associazioni – puòaprirsi anche a forme nuove e creative di generosi-tà, come una famiglia che adotta una famiglia.Possono nascere percorsi di prossimità nei qualiuna mamma che aspetta un bambino può trovareuna famiglia, o un gruppo di famiglie, che si fannocarico di lei e del nascituro, evitando così il rischiodell’aborto al quale, anche suo malgrado, è orien-tata.Una scelta di solidarietà per la vita che, anchedinanzi ai nuovi flussi migratori, costituisce unarisposta efficace al grido che risuona sin dallagenesi dell’umanità: “dov’è tuo fratello?”(cfr. Gen4,9). Grido troppo spesso soffocato, in quanto,come ammonisce Papa Francesco, “in questomondo della globalizzazione siamo caduti nellaglobalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abitua-ti alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ciinteressa, non è affare nostro!”.La fantasia dell’amore può farci uscire da questovicolo cieco inaugurando un nuovo umanesimo:“vivere fino in fondo ciò che è umano (…) miglio-ra il cristiano e feconda la città”. La costruzione diquesto nuovo umanesimo è la vera sfida che ciattende e parte dal sì alla vita.

Il Consiglio Permsanente della Cei

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“SOLIDALI PER LA VITA”

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Maurizio Ambrosini (docente di sociologia dellemigrazioni presso l’Università degli Studi di Milano,uno degli autori del Rapporto), sulla base dei dati ori-ginali raccolti con l’indagine su 4.000 famiglie italia-ne per predisporre il Rapporto stesso, ha ricordatoche ormai l’immigrazione extracomunitaria haassunto in modo ampio e irreversibile un caratterefamiliare, e i dati sui minori stranieri, sia come nasci-te che come presenze, stanno a dimostrarlo. Questoinfluenza lo sguardo delle società riceventi davanti aqueste famiglie, individuando quattro tipologie prin-cipali, segnate peraltro da una profonda ambivalenza:– le famiglie immigrate possono essere viste comefonte di costi sociali: anche ad esse ovviamente, vannogarantite le prestazioni del nostro stato sociale, ed ènoto come la maggioranza degli italiani (così come lamaggioranza del campione intervistato per l’indagineCisf) ritenga che gli immigrati ricevanodallo stato più di quanto versino, quandoin realtà è vero esattamente il contrario,come anche il Rapporto Cisf dimostra.– La famiglia immigrata però è anchevista come un potente fattore di inte-grazione: non a caso oltre il 70% degliintervistati afferma che il ricongiungi-mento dei familiari più stretti dellepersone già presenti in Italia favoriscela loro integrazione sociale.– A patto però che le famiglie immigra-te stesse non diventino baluardo delledistanze culturali, come talvolta succe-de specie in comunità chiuse o nei casiin cui vi sia il rifiuto di consentire allegiovani generazioni di assumere i com-portamenti e gli atteggiamenti tipici deiloro coetanei, che sfociano talvolta incasi di violenza che la cronaca registra ed amplificaanche in modo eccessivo.– Quando questo non accade, la famiglia immigra-ta diventa allora il luogo dell’avvicinamento e dellamescolanza, in quanto la vita quotidiana, il fre-quentare gli stessi spazi e le stesse strutture, i nor-mali rapporti di vicinato aprono ampi spazi di con-divisione relazioni di scambio ed anche di aiuto.Le indicazioni utili anche agli operatori sociali chesono emerse da queste analisi, vanno quindi nella dire-zione di vedere e in senso buono “utilizzare” le fami-glie come una risorsa. Specie in un periodo come l’at-tuale, in cui le risorse finanziarie sono sempre più scar-se e incerte, si dovrebbe quindi puntare maggiormen-te sulla promozione dei rapporti di buon vicinato,

favorendo l’aggregazione attorno a poli di interessefamiliare, quali le scuole, le squadre sportive, gli ora-tori e i centri di ritrovo giovanile, e puntando sugliincontri intergenerazionali (“nonne” o “zie” italianeper minori stranieri, quando restano soli per impegnidi lavoro dei genitori…), fino ad arrivare all’interes-sante proposta (sempre di Ambrosini) di famiglietutor: famiglie italiane che affiancano e accompagna-no famiglie straniere che muovono i primi passi nelnostro Paese, così diverso da quello di provenienza.Di particolare rilievo, sempre per il sistema dei ser-vizi sociali, è stata l’indicazione di Mara TognettiBordogna (docente di sociologia economica e dellavoro presso l’Università Milano-Bicocca), che,di fronte alla presa in carico e alla relazione diaiuto con persone e famiglie migranti, ha segnala-to che oggi la sfida più importante non è costruire

“servizi dedicati”, specializzati e riservati aimigranti (a volte necessari, ma spesso facilmentetrasformati in “ghetti”), ma costruire una cultura di“servizi attrezzati”, in cui cioè ogni operatore eogni servizio sia capace di prendere in carico anchela diversità culturale delle persone e delle famigliemigranti. Come del resto è stato sottolineato ancheda Roberto Bestazza (psicologo psicoterapeuta diTerre Nuove) Onlus operante da anni a Milano, incollaborazione con i servizi socio-sanitari. Si trattaquindi prima di tutto di offrire ad ogni operatorecompetenze interculturali, più che individuarenuovi specialisti dell’integrazione, pur senza esclu-dere l’utilità di specifiche funzioni (come la media-zione interculturale e/o linguistica).

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LA FAMIGLIA COME VEICOLO PRIVILEGIATODI INCONTRO TRA CULTURE

L’incontro di formazione “Famiglia e immigrazione”, promosso dal Cisf a partiredal suo ultimo Rapporto, ha fornito utili indicazioni su servizi e aspetti giuridici.

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Naturalmente le modalità con cui si sviluppano l’ac-coglienza e l’integrazione nel nostro Paese degli oltre5 milioni di stranieri presenti, così come le scelte orga-nizzative dei servizi di welfare, dipendono in mododecisivo dal quadro normativo, che qualifica i diritti ei doveri di cittadinanza delle persone che vivono nelnostro Paese. In questo ambito Ennio Codini (docen-te di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’UniversitàCattolica di Milano) ha inserito le questioni oggi pre-senti nel dibattito politico-giuridico all’interno del per-corso storico degli ultimi decenni, che hanno vistostrategie e regolamentazioni a volte discordanti, a par-tire da un primo modello di immigrazione temporaneae di singoli lavoratori, in cui la famiglia era sostanzial-mente ignorata, per arrivare oggi a progetti e percorsidi integrazione e radicamento in cui la famigliamigrante diventa protagonista, esigendo quindi parti-colare attenzione al nodo del ricongiungimento fami-liare. “Volevamo braccia, sono arrivate persone.Aspettavamo individui, sono arrivate famiglie…”,potrebbe essere la sintesi dell’evoluzione delle sfidepolitiche sull’immigrazione.Lorenzo Trucco (avvocato e Presidente dell’ASGI,Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) ha asua volta sottolineato la insoddisfacente gestione dei“richiedenti asilo”, troppo spesso trattati con una logi-ca di emergenza che innesca nella pubblica opinionereazioni di diffidenza e rifiuto. Eppure, numeri allamano, basterebbe costruire una programmazione dimedio periodo, magari con maggiore coordinamentocon gli organismi internazionali, per eliminare l’im-patto mediatico delle ricorrenti “emergenze profughi”,come ha ricordato anche don Giancarlo Perego(Direttore della Fondazione Migrantes). È emerso poi,sempre in tema di regolazione giuridica, il comuneconvincimento che sia ormai urgente approvare una

legge che riconosca ai minori nati in Italia, anche se dagenitori stranieri, una cittadinanza in tempi più rapidi,più efficaci, meno burocratici, perché di fatto “italiani”a tutti gli effetti, senza stucchevoli e sterili dibattiti pre-giudiziali (tra ius sanguinis o ius soli), ma con l’ur-genza di un pragmatico riconoscimento di una realtàche potrebbe contribuire alla ricostruzione della spe-ranza nel nostro Paese, offrendo finalmente qualcheopportunità alle nuove generazioni.L’incontro è stato introdotto da un breve e preziosovideo con materiali dagli anni Novanta, curato daMassimo Ghirelli (giornalista, curatore di una storicatrasmissione su RAI3, “Non solo nero”, nonché fon-datore dell’Archivio multimediale delle migrazioni), aconferma che il nostro Paese deve ormai cambiarepasso e logica, uscendo dalla logica emergenziale, ericonoscendo che, con o senza cittadinanza, il presen-te e il futuro del Paese è costruito anche da cinquemilioni di persone e di famiglie che, pur venendo dapaesi, tradizioni e culture diverse, oggi vivono, amano,progettano e lavorano nelle stesse piazze, case, scuolee strade abitate da chi in Italia è nato e vive da genera-zioni. Si conferma in questo decisivo – e non semprevirtuoso - il ruolo dei mass media, come ha evidenzia-to Pietro Boffi (ricercatore Cisf) commentando i datidelle 4.000 interviste dell’indagine Cisf. Le diffidenzee le ostilità dei “nativi residenti” verso “gli stranieri”diminuiscono infatti al crescere della conoscenzadiretta, tra famiglie, ad esempio nelle scuole, e sonoinvece alimentate da una esposizione ai mass mediageneralisti, che preferiscono drammatizzare eventitraumatici, ma non riescono a raccontare “la buonaintegrazione”. Molto c’è da fare, in questo ambito, perpromuovere una buona comunicazione sull’Italia deimille colori.

Francesco Belletti, Direttore Cisf

La Fondazione Infantile “Club Noel” è l’unico ospedale dedicatoesclusivamente alla cura dei bambini poveri residenti in tutto ilSud-Ovest della Colombia, nella città di Cali. QuestaFondazione è stata creata nel 1924 e da allora è stata sempreal servizio dei bambini poveri e ammalati che difficilmentepotrebbero raggiungere un’altra struttura sanitaria. Lo sposta-mento forzato dei contadini verso la città ha prodotto una cre-scita significativa del numero dei bambini malati da zero a dueanni e relativo aumento delle domande alla Clinica infantile.Considerando la vita e la salute come diritti fondamentali deibambini, la Fondazione Clinica Infantile ha la necessità di

migliorare ambienti, apparecchiature e personale per salvare lavita di molti bambini poveri. Per questo motivo è necessario ilsostegno finanziario di istituzioni e di privati al fine di poterapprontare interventi e soluzioni adeguate per questi bambinicolpiti da complesse patologie endemiche, degenerative, infetti-ve, congenite, ecc., causate da: clima tropicale, cattive condi-zioni alimentari e di vita, servizi inadeguati, fattori ereditari.La Cooperativa Sociale “Frate Jacopa” ha accolto questa richie-sta di aiuto, di cui si è fatto portatore p. José Antonio Merino, checonosce di persona i responsabili della Fondazione e l’impegnoumanitario da questa profuso. Le offerte, grandi e piccole, chesaranno fatte tramite la cooperativa, saranno inviate, comenostro contributo alla realizzazione di progetti per l’acquisto diattrezzature diagnostiche e l’allestimento di una unità di curaintensiva per i bambini che richiedono interventi chirurgici posto-peratori complessi.Chi intende partecipare può inviare la propria offerta conbonifico bancario sul c/c intestato a Società Coope-rativaSociale Frate Jacopa presso Banca Prossima, precisandola causale “Liberalità a favore della Coope-rativa SocialeFrate Jacopa per il Progetto Club Noel Colombia”: IBAN:IT82H0335901600100000011125. Sarà rilasciata ricevutaper usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalla legge.Sul Cantico saranno date periodiche informazioni sull’an-damento della raccolta.

SOSTEGNO A DISTANZA - CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL”I bambini della Colombia attendono il nostro aiuto

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Il libro “Custodire futuro: etica nel cambiamento”è un testo narrativo scritto in un linguaggio accessibi-le a tutti e, pertanto, non rivolto ai soli “addetti ai lavo-ri”, che si propone il non facile compito di sensibiliz-zare alla necessità e all’urgenza di attuare un’etica dicambiamento per uscire nel più breve tempo possibi-le dal “degrado nella qualità della vita” che tuttiavvertiamo oggi in maniera pressante. Ci sono parole che possono aiutare acostruire una prospettiva etica in questonostro tempo di cambiamento e di preoccu-pazione: custodia, indignazione, speran-za, resilienza...Particolare risalto merita la parola “relazio-ne”, poiché noi tutti abbiamo un’identitàintessuta di relazioni interpersonali che ciplasmano e ci formano.Ciascuno di noi si trova in diversi ambiti dicomunità che creano un linguaggio di valo-ri condiviso. Siamo anche plasmati da unasocietà costituita da persone che non siconoscono o con cui si ha poco in comune. C’è poi la rete che crea collegamenti vir-tuali che possono essere molto ambigui,poiché in essi si può nascondere la propriaidentità. Tuttavia in rete nascono ancheamori, comunità virtuali.Possiamo allora dire che siamo costituiti daun insieme di relazioni a vari livelli, ognu-no dei quali porta in sé un appello di naturaetica, una chiamata ad un comportamentoresponsabile. L’ambivalenza che caratterizza questilivelli di relazionalità va letta come appel-lo, perché gli elementi di bene sono suscet-tibili di essere portati a perfezione per

completare quella ricchezza di umanità che nellarelazione si esprime e trova fondamento, nonassumendo lo sguardo del cinico, ma quello del-l’osservatore impegnato che si sente profonda-mente coinvolto.Come coltivare la resilienza delle nostre identitàpersonali, intendendo per resilienza la capacità diritrovare equilibrio di fronte alle perturbazioni?Come vivere in un tempo di crisi? Siamo fragili, esposti al rischio. Bisogna coltivare,individuare risorse che ci consentano di approfon-dire e consolidare la nostra identità. Abbiamo biso-gno di una spiritualità intesa in senso ampio, nonnecessariamente religioso. Abbiamo bisogno diuno sguardo che sappia andare al di là del singoloistante per disegnare una visione che dia respiro.Per esempio la parola “comunità” deriva da “cum-munus” che significa: dono insieme, poiché essa èil luogo in cui ci si scambiano doni. C’è una con-divisione di prospettive che ci aiutano a vivere.Ma “cum-munus” significa anche onere, caricoinsieme. Questo significato ci ricorda che nellacomunità ci si allena ad assumere responsabilitàper gli altri. La comunità non ci rinchiude in unospazio ristretto da contrapporre ad una societànemica. La comunità è cellula vitale, grazie alla

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CUSTODIRE FUTUROETICA NEL CAMBIAMENTO

Nell’ambito della rassegna “Segnali di pace”promossa dal Tavolo Provinciale per la Pace, il16 ottobre 2014 la Fraternità Francescana eCooperativa Sociale Frate Jacopa ha organizza-to un incontro presso la Parrocchia S. MariaAnnunziata di Fossolo in Bologna, sul tema“Custodire futuro: etica nel cambiamento”. Èintervenuto il prof. Simone Morandini (docentedi Teologia della creazione alla FacoltàTeologica del Triveneto), autore del libro omoni-mo che porta al linguaggio le problematiche delnostro tempo del cui superamento tutti percepia-mo la necessità.Riportiamo alcune considerazioni da cui emergel’urgenza della ricerca di un’etica civile in unasocietà plurale.

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quale la società stessa può essere più sociale, puòvivere qualcosa di simile alla comunità. Abbiamo bisogno di imparare a pensare al benecomune nel tempo del pluralismo ideologico, dellanon univocità delle appartenenze. Ci sono realtà chenon possono essere fruite se non insieme. Si pensi allacultura, all’ambiente…Per l’Italia il primo problema è dato dal contrastodella diseguaglianza. Secondo l’art. 3 dellaCostituzione è compito della Repubblica rimuoveregli ostacoli di tipo economico e sociale che limitanola libertà e l’uguaglianza dei cittadini, e impedisco-no il pieno sviluppo della persona. Questo significa

prestare attenzione all’economia, nella consapevo-lezza che non funzionano né le ricette stataliste, néquelle centrate unilateralmente sul mercato e che ladimensione economica è strettamente intrecciatacon la dimensione culturale e ambientale.Il testo pur non offrendo risposte conclusive, vuoleprovare a contribuire ad una ricerca inquieta che hapoche certezze, ma interessa l’intera famiglia umana.Tale ricerca ha bisogno di momenti di dialogo e diconfronto, allo scopo di provare a contribuire algrande sogno che Gesù ci ha insegnato a chiamarepace.

A cura di Graziella Baldo

“Custodire è un verbo da articolare al futuro (nel segno del progetto e delsogno) e al plurale (nel segno della relazionalità e dell’attenzione per la com-plessità) [...]: tante sono le realtà da custodire, tutelandole contro un ventofatto di mercificazione disgregante, contro una cultura che non sa accoglierel’alterità...”.Una cultura del “custodire” come antidoto per combattere la miopia che nonci fa pensare alle generazioni future e l’arroganza dell’individualismo chenon ci fa superare le grandi diseguaglianze sociali del presente.Una riflessione necessaria in questa fase di profondo cambiamento politi-co e sociale, alla ricerca di un’etica della sostenibilità e del bene comuneper aprire nuove vie di speranza e di pace.

Il libro è pubblicato dalle Edizioni Albeggi.

La Cooperativa Sociale Frate Jacopa è finalizzata a rendere con-creta nel quotidiano la Dottrina Sociale della Chiesa secondo lospirito di S. Francesco, attraverso attività sociali, educative, forma-tive, ed in particolare attraverso progetti a favore degli ultimi. Vuoleessere uno strumento per rispondere meglio a bisogni di catego-rie cui necessita aiuto, uno strumento operativo per prendersi curadel bene comune e della custodia del Creato, nella interazionecon la società civile e con le istituzioni nei vari territori. L’auspicio dei soci fondatori è che la Cooperativa Sociale FrateJacopa possa essere utile affinché il lievito della fraternità possasempre meglio rendersi presente nella Chiesa e nella società,nella immutata fedeltà al carisma francescano, ricercando formeadeguate alla novità dei tempi per incontrare e servire i fratelli,facendoci loro prossimi. E sostenendo nella concreta operativitàquella cultura della pace e del bene a cui sono chiamati i segua-ci di S. Francesco nel mondo.

LE NOSTRE ATTIVITÀ

* Scuola di Pace operante con particolare attenzione ai temidella Pace, della Custodia del Creato, del Bene Comune e dellaComunicazione (approfondimento interdisciplinare alla luce dellaDottrina Sociale della Chiesa e della Spiritualità Francescana).

* Pubblicazione Rivista Nazionale “Il Cantico”* Testi di formazione, Atti di Convegni, Schede di sensibilizza-zione.* Collaborazione di volontariato con diocesi, con la Caritas econ il Servizio Accoglienza Vita.* Progetto formazione-lavoro per ragazzi diversamente abilie percorsi di autonomia in collaborazione con l’Associazione“Solidabile Onlus”* Percorsi della Scuola di Pace sul territorio: Progetto “Stilidi vita per un nuovo vivere insieme”.* Lavoro a tutela dei beni di creazione, con l’adesione allaCampagna Acqua Bene Comune e alla Campagna CaritasInternationalis “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”.* Adesione alle Campagne “Non aver paura”, “L’Italia sonoanch’io”, “Sulla fame non si specula” e alla Campagna“Povertà zero” della Caritas Europea e Italiana.* Casa di Accoglienza (Roma) disponibile per eventi formati-vi, incontri, pellegrinaggi.* Sostegno a distanza. Sostegno Iniziativa Struttura SanitariaClub Noel per l’infanzia della Colombia.

PUOI SOSTENERE ANCHE TU PROGETTI DI FRATERNITÀ EDI PACE! Invia la tua offerta mediante bonifico bancario sul c/cBanca Prossima Gruppo Intesa S. Paolo, a IBAN IT82 H033 590160010000 0011125 intestato a Società Cooperativa Sociale FrateJacopa, con la causale “Liberalità a favore della CooperativaSociale Frate Jacopa”. Verrà rilasciata ricevuta per usufruire dellededuzioni fiscali previste dalla legge.

PER INFO E CONTATTI:Viale delle Mura Aurelie, 8 - 00165 Roma - Tel. 06 631980 -www.coopfratejacopa.it - [email protected]

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frate JacopaC.F. 09588331000