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Ottobre 2013 il Cantico 1 il Cantico online DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni. REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe. GRAFICA: Maurizio Magli. EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8 www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000 Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167 La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati. Tutti i diritti riservati. SOMMARIO IO HO FATTO LA MIA PARTE... - p. Lorenzo Di Giuseppe 2 LA PROFEZIA DI GIOVANNI XXIII - Graziella Baldo 3 SCUOLA DI PACE A TAORMINA 4 IL CANTICO 4 SPECIALE 47ª SETTIMANA SOCIALE LA FAMIGLIA, SPERANZA E FUTURO PER LA SOCIETÀ ITALIANA - Dalle conclusioni del Prof. Luca Diotallevi 5 Dalle conclusioni di S.E. Mons. Arrigo Miglio 6 LE POLITICHE FAMILIARI PER IL BENE COMUNE - Dalla relazione del Prof. Stefano Zamagni 8 SPECIALE CONVEGNO “CUSTODIA DEL CREATO COME STILE DI VITA” QUESTIONE AMBIENTALE E BENI COMUNI: QUALI RISPOSTE INDIVIDUALI E COLLETTIVE? - Contributo di Rosario Lembo 11 LE PROPOSTE DELLA CONFERENZA DI RIO - A cura di Rosario Lembo 13 SOSTEGNO A DISTANZA. CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL” COLOMBIA 19 IL PARCO DI PANEVEGGIO E PALE DI S. MARTINO - Giacobbe Zortea 20 CONSERVAZIONE, CURA E DIFESA - Bruno Crosignani 21 IL DONO DEL MEETING DI FRATERNITÀ A BELLAMONTE 23 CAPITOLO DELLE FONTI 2013 24

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Ottobre 2013 il Cantico 1

il Canticoonline

DIRETTORE RESPONSABILE: Argia Passoni.

REDAZIONE: Argia Passoni, Graziella Baldo, Lucia Baldo, Giorgio Grillini, Maria Rosaria Restivo, Lorenzo Di Giuseppe.GRAFICA: Maurizio Magli.

EDITORE - DIREZIONE AMM.VA: Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa - 00165 Roma- Viale delle Mura Aurelie, 8www.coopfratejacopa.it – [email protected] – http://ilcantico.fratejacopa.net - Codice Fiscale e Partita Iva: 09588331000Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione: 19167

La collaborazione è gratuita. Manoscritti e foto non sono restituiti anche se non pubblicati.Tutti i diritti riservati.

SOMMARIOIO HO FATTO LA MIA PARTE... - p. Lorenzo Di Giuseppe 2LA PROFEZIA DI GIOVANNI XXIII - Graziella Baldo 3SCUOLA DI PACE A TAORMINA 4IL CANTICO 4SPECIALE 47ª SETTIMANA SOCIALELA FAMIGLIA, SPERANZA E FUTURO PER LA SOCIETÀ ITALIANA -Dalle conclusioni del Prof. Luca Diotallevi 5Dalle conclusioni di S.E. Mons. Arrigo Miglio 6LE POLITICHE FAMILIARI PER IL BENE COMUNE - Dalla relazione del Prof. Stefano Zamagni 8SPECIALE CONVEGNO “CUSTODIA DEL CREATO COME STILE DI VITA”QUESTIONE AMBIENTALE E BENI COMUNI: QUALI RISPOSTE INDIVIDUALIE COLLETTIVE? - Contributo di Rosario Lembo 11LE PROPOSTE DELLA CONFERENZA DI RIO - A cura di Rosario Lembo 13SOSTEGNO A DISTANZA. CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL” COLOMBIA 19

IL PARCO DI PANEVEGGIO E PALE DI S. MARTINO - Giacobbe Zortea 20CONSERVAZIONE, CURA E DIFESA - Bruno Crosignani 21IL DONO DEL MEETING DI FRATERNITÀ A BELLAMONTE 23CAPITOLO DELLE FONTI 2013 24

Penso che anche altri con me si saranno domanda-to il senso delle parole di S. Francesco prossimaalla sua morte, quando “disteso sulla terra, dopoaver deposto la veste di sacco, con la faccia solle-vata al cielo… mentre con la mano sinistra coprivala ferita perché non si vedesse” disse ai fratelli: “Ioho fatto la mia parte, la vostra Cristo ve la inse-gni!” (FF 1239). Il senso delle sue parole sembraovvio, ma a pensarci bene a cosa si riferisce ilnostro padre di così importante da raccomandarce-lo nel momento della sua morte? Questo episodiodella vita di Francesco richiama alla nostra mentele parole che S. Paolo scrisse, mentre anche luiavvertiva imminente il termine della sua vita: “Ilmio sangue sta per essere versato ed è giunto ilmomento che io lasci questa vita. Ho combattuto labuona battaglia, ho terminato la corsa, ho conser-vato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giu-stizia che il Signore, il giudice giusto, mi conse-gnerà” (2Tm 4,6-8). Probabilmente S. Francescochiama la “sua parte” quella che S. Paolo avevachiamato la “buona battaglia”. In ambedue si trat-ta di quel che è stato la sostanza della missionericevuta dal Signore e che di conseguenza eradiventata il senso, l’anima della loro esistenza.Non sbagliamo quando pensiamo che la “battagliao il combattimento” (combattimento della fede 1Tm) e “la parte” sono riferite al portare GesùCristo agli uomini, annunciare il Vangeloperché gli uomini credano a Gesù Cristoe in lui possano sentirsi amati da Dioe perdonati dei loro peccati.Questo è una battaglia, uncombattimento contro lospirito del mondo cheha le radici ultime nelMaligno: esso cate-chizza continuamentel’uomo a sentirsi il diodella propria vita, adadorare continuamenteil denaro, il piacere e ilproprio comodo. È unabattaglia perché lo spi-rito del mondo hainquinato la vera naturadell’uomo, creato aimmagine e somiglian-za di Dio, e liberarel’uomo dall’inganno incui è rimasto invischia-to è impresa difficile, èimpresa possibile soloa Dio, Possibile solo al

Figlio di Dio. Ma questa battaglia vinta da GesùRisorto coinvolge ogni cristiano che ha la missio-ne di cooperare a renderla presente in ogni tempoe tra tutti i popoli. Ecco dunque che questa è “laparte” che Francesco ha assunto come compitoprincipale della sua vita, la missine che già a S.Damiano gli era stata affidata dal Crocifisso, il par-lare alla gente di Gesù Cristo andando di villaggioin villaggio, parte che ha perseguito con tenaciafino alla fine portando a tutti le odorifere parole delSignore, parole di salvezza e di vita. Ma questa èla parte che ad ogni cristiano è affidata in modidiversi, ed è anche la nostra parte, il debito cheabbiamo verso l’amore di Dio che ci ha chiamatialla fede e alla vita francescana.Francesco morente ricorda a noi: “La vostra (parte)ve la insegni Cristo!” come dire: ognuno di noi fac-cia la “parte” che Cristo gli affida nel portare ilVangelo nel nostro tempo, nel facilitare il camminodi fede che certo è dono di Dio, ma è anche prepa-rato, assecondato dal nostro operare come membravive della Chiesa. Occorre annunciare il Vangelo,invitare le persone alla fede, aiutare le persone atrovare la felicità e la pienezza della vita incontran-do Gesù Cristo. Si tratta anche di persone vicine anoi, forse della nostra stessa famiglia verso le qualinutriamo uno strano pudore a parlare di Gesù

Cristo, temendo di condizionarli, di violentar-li… o forse ci sentiamo scusati pensando che

la cosa non li interessa; e così li lasciamoprigionieri, ingannati dallo spirito

del mondo, incapaci di sentirsiamati, privi di senso e di

gioia. Certo non possia-mo dire di amare questepersone. Non possonolasciarci indifferenti leparole di S. Paolo diuna attualità sconcer-tante: “Chiunque invo-cherà il nome delSignore sarà salvato.Ora, come potrannocredere, senza averprima creduto in Lui?E come potranno cre-dere, senza averne sen-tito parlare? E comepotranno sentirne par-lare senza uno che loannunzi?” (Rm 10,13-14). Il Signore ci inse-gni veramente la nostra“parte”!

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IO HO FATTO LA MIA PARTE...p. Lorenzo Di Giuseppe

I cinquant’annidella “Pacem inTerris”Come afferma Gio-vanni Paolo II nelMessaggio per laXXXVI GiornataMondiale della Pace

(1-1-2003): “Guardando al presente e al futuro con gliocchi della fede e della ragione, il beato GiovanniXXIII intravide e interpretò le spinte profonde che giàerano all’opera nella storia. Egli sapeva che le cosenon sempre sono come appaiono in superficie.Malgrado le guerre e le minacce di guerre, c’era qual-cos’altro all’opera nelle vicende umane, qualcosa cheil Papa colse come il promettente inizio di una rivolu-zione spirituale” (n. 3). Nel cinquantesimo anniversario dell’enciclica“Pacem in Terris” ricordiamo il carattere innovati-vo della teologia di Giovanni XXIII in essa espres-sa. Fin dall’inizio egli si rivolge a tutti gli uomini cre-denti e non credenti, a tutti gli uomini di buonavolontà e nel corso dell’intera enciclica esprime lapropria simpatia e l’accoglienza della Chiesa catto-lica nei confronti di tutte le aspirazioni del mondocontemporaneo, che vengono declinate come segnidei tempi. Il Papa non polemizza e non condanna il mondo,ma rivendica i diritti e doveri di ogni essereumano, che sono perciò “universali, inviolabili,inalienabili” (PT 5), come disse già Pio XII nelradiomessaggio natalizio del 1942.La “Pacem in Terris” esamina gli aspetti fonda-mentali del bene comune “a cui hanno diritto dipartecipare tutti gli uomini” e che “ha attinenza atutto l’uomo: tanto ai bisogni del suo corpo chealle esigenze del suo spirito” (PT 34-35). Eccoperché “il bene comune consiste nell’insieme diquelle condizioni sociali che consentono e favo-riscono negli esseri umani lo sviluppo integraledella loro persona”. Per la costruzione della pacevanno considerati tutti i livelli dell’esistenzaumana, da quello sociale a quello più intimodella persona.La vera pace si costruisce solamente nella “vicen-devole fiducia”, cioè nel “disarmo integrale” (PT61) che investe “anche gli spiriti” e non riguardasolo l’eliminazione del criterio di equilibrio degliarmamenti che, tra l’altro, potrebbe far scoccare, inmodo imprevedibile e incontrollato, la scintilla chemette in moto l’apparato bellico.Dice infatti l’enciclica: “I rapporti fra le comunitàpolitiche, come quelli fra i singoli esseri umani,

vanno regolati non facendo ricorso alla forza dellearmi, ma alla luce della ragione; e cioè nella verità,nella giustizia, nella solidarietà operante” (PT 62).

La stagione del dialogoIl punto culminante, l’apice di tutta l’enciclicarileva la distinzione tra le “false dottrine filosofi-che sulla natura, l’origine e il destino dell’uni-verso e dell’uomo” e i “movimenti storici a fina-lità economiche, sociali, culturali e politiche,anche se questi movimenti sono stati originati daquelle dottrine e da esse hanno tratto e traggonotuttora ispirazione” (PT 84). Infatti “le dottrinerimangono sempre le stesse”, mentre i movi-menti vanno “soggetti a mutamenti anche pro-fondi” dovuti a cambiamenti di condizioni con-crete di vita. Una società non va condannata inquanto insegna una certa ideologia; bisogna inve-ce osservare e dialogare con i corpi sociali che inessa si sviluppano.Proseguendo questa linea di riflessione, che siapplica innanzitutto ai rapporti tra le nazioni, l’en-ciclica prevede che “un avvicinamento o un incon-tro di ordine pratico, ieri ritenuto non opportuno onon fecondo, oggi invece lo sia o lo possa diveniredomani” (PT 85).Così dicendo Giovanni XXIII lascia intendere cheil movimento storico dei popoli nei Paesi socialistio comunisti può benissimo distinguersi dall’ideo-logia marxista, condannabile nei suoi principi.Queste riflessioni hanno lanciato nuovi ponti didialogo con i Paesi comunisti dell’Europa dell’Este con le società che vivevano oltre la cortina diferro. Fatta salva l’opposizione radicale tra comunismoe cristianesimo (vedi MM 22), papa Roncallidistingue l’errore dall’errante che “è sempre e

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LA PROFEZIADI GIOVANNI XXIII

innanzitutto un essere umano e conserva, in ognicaso, la sua dignità di persona” (PT 83). Pone cosìle basi per il dialogo, l’incontro, la possibilità diintendersi, di collaborare nel rispetto della “gra-dualità” (PT 86) per cui le istituzioni umane siinnovano verso il meglio agendo dal di dentro diesse gradualmente.La persona è il valore più alto che ci sia.Si può rifiutare e temere un’ideologia ed opporsiad essa organizzando le proprie difese o nutrendopropositi di sopraffazione contro il nemico. Ma non si può rifiutare una persona alla quale ci sirapporta col dialogo. Noi siamo sempre parziali.

Ognuno di noi ha una griglia che lascia passarequalcosa e che rappresenta la nostra verità.Abbiamo i nostri idoli che sono le nostre parzialitàvissute come assoluti. Essi si spengono nel dialogoattraverso il quale si incontrano persone diverseche hanno idee diverse, ma che, nel tempo, posso-no progredire.Come ha affermato papa Francesco nella sua lette-ra a E. Scalfari, nemmeno per chi crede si può par-lare di “verità assolute, nel senso che assoluto è ciòche è slegato, ciò che è privo di ogni relazione.Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amoredi Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque la verità èuna relazione! Tant’è vero che ciascuno di noi lacoglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dallasua storia e cultura, dalla situazione in cui vive ecc.Ciò non significa che la verità sia variabile e sog-gettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noisempre e solo come un cammino di vita. Non hadetto forse Gesù stesso: «Io sono la via, la verità, lavita»?” Ed è camminando con Gesù, “principe dellapace”(PT 89), che possiamo portare la pace in noistessi e nel mondo, poiché “non si dà pace fra gliuomini se non vi è pace in ciascuno di essi” (PT88).

Graziella Baldo

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IL CANTICO“Il Cantico” continua la sua sto-ria a servizio del messaggiofrancescano nella convinzionedi poter offrire così un servizioper la promozione della digni-tà di ogni uomo e di tutti gliuomini.Per ricevere “Il Cantico” versala quota di abbonamento di €

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SCUOLA di PACE TAORMINA 6 ottobre 2013

Locali della Basilica Cattedrale di TAORMINAPiazza Duomo

“CUSTODIA DEL CREATO COME STILE DI VITA:Gratuità, Reciprocità, Riparazione”

PROGRAMMA

Ore 09,30 Apertura della Scuola di PaceAntonino Lo Monaco, Presidente Reg.le Sicilia della Fraternità Francescana “Frate Jacopa”

Ore 09.40 “CUSTODIA del CREATO come STILE di VITA: Gratuità, Reciprocità Riparazione”Argia Passoni, Presidente Nazionale Fraternità Francescana “Frate Jacopa”Responsabile della Scuola di Pace Nazionale

Ore 10.15 In cammino verso nuovi stili di vitaMaria Rosaria Restivo, Master ASA Università Cattolica Vice Presidente Reg.le Fraternità Francescana “Frate Jacopa”

Ore 11.00 Celebrazione Eucaristica

Ore 12.00 Presentazione del Progamma “Connessus -NethArs” Crisostomo Lo Presti, giornalista presidente UCSI Messina e Consigliere Nazionale UCSI Giuseppe Rogolino, giornalista e scultore, ideatore del Programma ConnessusGiusy D’Arrigo, artista ed ispiratrice del Progetto NethArsArgia Passoni, Antonino Lo Monaco, primi patrocinatori

Ore 15.45 Saluti: Antonio Cacopardo, Ministro della Fraternità Francescana “Frate Jacopa” TAORMINASuor Silvana fmm, coordinatrice delle Suore Francescane Missionarie di Maria

Ore 16.00 Riflessioni sulla “LUMEN FIDEI” Padre Lorenzo Di Giuseppe ofm

Presentazione del Testo di Formazione 2013-2014 della Fraternità Francescana “Frate Jacopa”“CARITAS CHRISTI URGET NOS. Per una nuova evangelizzazione”Argia Passoni, Maria Rosaria Restivo

Ore 17.00 Dibattito e Conclusioni

Antonino Lo Monaco Presidente Regionale della Fraternità Francescana “Frate Jacopa”

Per Info tel. 339 4545880

Fraternità FrancescanaFrate Jacopa

1. … La prima domanda che dobbiamo porcipotrebbe essere: di quale scala sono i risultatiemersi da questo discernimento? Molti sono ipunti da cui potremmo partire per valutare l’esitodei lavori di questa Settimana Sociale, ma forse èquesto quello da cui oggi si deve partire.Per rispondere è sufficiente ricordare solo alcunidei nodi problematici che i Presidenti delle areetematiche ci hanno appena presentato. – La valen-za pubblica dell’impegno educativo. La contesta-zione radicale che va portata alla pretesa delloStato di farsi educatore. La crisi della educazionealla laboriosità ed all’intraprendere. Il carattereingiusto ed inefficiente dellapressione fiscale che oggi deb-bono sopportare i contribuentiitaliani e le loro famiglie. Laonerosità e gli effetti addirittu-ra sperequativi del modello diWelfare State tuttora imperan-te. La fatica e la difficoltà disuperare un muro di ignoranzae di ipocrisia, a volte di sfrutta-mento, che separa le famiglieitaliane e le famiglie di originenon italiana che vivono nelnostro paese. La inadeguatezzacrescente che le forme materia-li dello spazio urbano rivelanorispetto alle esigenze dellefamiglie. Il dolore e la inuma-nità di tante periferie violatedel creato –.

La lista è ben lungi dall’essere completa, ma quan-to basta richiamato a dirci con chiarezza quale è lascala dei problemi che emergono se applichiamo ilnostro discernimento al caso della famiglia nellasocietà italiana.Essere consapevoli di una tale scala – questa, direi,è la prima conclusione – costituisce un punto dinon ritorno del nostro cammino, ed insieme, è inu-tile non riconoscerlo, ci costringe ad inserire neldibattito pubblico italiano un elemento scandalosa-mente scorretto: la famiglia non è affare privato.Se questa è la scala dei problemi che vengono sco-perchiati dal discernimento, è chiaro che il nessotra famiglia e futuro, tra famiglia e possibilità di unfuturo non disperato, che nel titolo della 47maSettimana Sociale era semplicemente posto, oraappare come un nesso saldamente e – ripeto –scandalosamente argomentabile.Se poi pensiamo alle proposte pratiche che sonostate sottoposte alla comune considerazione (dalcontrasto ai monopoli nella offerta scolastica allacorrezione di meccanismi fiscali, al congedo dalvecchio Welfare ed al conflitto con le sue “caste”) lamedesima conclusione si rafforza. La famiglia nonè affare privato e accettare davvero le sfide che ildiscernimento ha dischiuso è impossibile se nonnella forma di azione pubblica collettiva. Labuona volontà individuale non basta, affidarsi esclu-sivamente a tecnici è una ingenuità o una ipocrisia.

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LA FAMIGLIA, SPERANZA E FUTUROPER LA SOCIETÀ ITALIANA

Dalle Conclusioni della 47ª Settimana Sociale

Prof. Luca Diotallevi*

Il ricco materiale emerso dalla recenteSettimana Sociale merita di essere approfon-dito e ci interpella ad interrogarci sul “dafarsi” per dare concretezza al bellissimo titolodell’evento “La famiglia, speranza e futuroper la società italiana”. Pubblichiamo diseguito larga parte delle conclusioni assiemead uno stralcio della relazione del Prof.Stefano Zamagni, confidando possano esseredi stimolo a rintracciare sul sito www.setti-manesociali.it i vari e importanti contributiche hanno declinato il tema. Il Cantico prose-guirà nella pubblicazione di altri interventi.

2. Una tesi …Questo primo e cruciale risultato ci conduce ad una tesi.Non ad un dogma, per carità, ma ad una tesi, a qualcosa chenon si sottrae alla discussione pubblica, ma che anzi adessa viene offerto perché ritenuto in grado di reggere unaprova sempre e comunque salutare. E la tesi, che formulerei riprendendo un passaggio dellaprolusione del Cardinal Bagnasco potrebbe suonare così:l’architettura della famiglia è una parte essenziale, ine-liminabile, della architettura della civitas, e, più precisa-mente, di una civitas in grado di interpretare al meglio leopportunità e le sfide di una società globale, di una societàpost-statuale. Per usare le parole della Caritas in Veritate (n. 57) diBenedetto XVI l’architettura della famiglia è una compo-nente decisiva di una civitas dalla governance poliarchica,di una città strutturata da una sussidiarietà tanto verticalequanto orizzontale.La continuità con la Agenda Reggio Calabria che il primogiorno veniva sottolineata da S.E. Mons. Miglio e questamattina ancora da Pasquali, non poteva trovare una corro-borazione maggiore. Se affermiamo che la famiglia non èun affare privato, è perché insieme rifiutiamo ogni riduzio-ne di “pubblico” a “statale”, è perché non accettiamo diridurre il diritto ad un sottoprodotto della legge dello Stato. Anzi, possiamo e dobbiamo aggiungere, ed in questo ciaiutano anche tante dense pagine della Centesimus Annus,che questa tesi vale per la società globale ancor più diquanto valeva per la società dominata ed imprigionata dalprimato della politica in forma di Stato. Al tempo della glo-balizzazione la civitas ha bisogno di un capitale di varietà,di un livello di specializzazione, e di un sistema di limita-zione reciproca tra poteri, di una sistema di garanzie dellaeccedenza della persona umana che non può essere garan-tito senza il concorso di una istituzione familiare pubblica-mente riconosciuta e capace di reggere il confronto contutte le altre istituzioni pubbliche. Occorre perciò averchiaro che, per il suo legame con il bene comune, la fami-glia non si presta ad alcuna rivendicazione identitaria. E ciòvale anche, e forse soprattutto, quando ci si trovasse, comecattolici, a difendere da soli le ragioni ed i diritti della fami-glia.Insomma, ciò che emerge dal nostro discernimento ha ungrado zero di nostalgia.Grado zero di nostalgia, e un ricco pacchetto di conse-guenze che non sarei in grado di sviluppare e che nonavremmo il tempo di sviluppare ora, ma alcune delle quali– appena tre – conviene subito cominciare ad identificare.

3. … ed alcune sue conseguenze3.1. Il futuro della famiglia e le sfide che il suo discerni-mento ha cominciato a far emergere, se guardati dal puntodi vista ecclesiale, hanno il potere di esercitare non unaprovocazione generica, ma una molto precisa. Hanno ilpotere di provocare ad una riscoperta della irriducibile spe-cificità dell’apostolato proprio dei laici. Del resto, tutto quanto appena emerso, può in primo luogofinire in altro campo che in quello del «res temporalesgerendo et secundum Deo ordinando» (LG, 31) che laCostituzione Dogmatica sulla Chiesa del Vaticano II attri-buisce ai laici come compito proprio? No, evidentemente.

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DALLE CONCLUSIONIDI S.E. MONS. ARRIGO MIGLIO*AmoreNella discussione con i farisei e con idiscepoli a proposito del matrimonioGesù invitava a ritornare “all’inizio”, aripartire da quell’inizio quando ilCreatore imprimeva nella coppia uomodonna l’immagine e somiglianza di Sé,quindi del suo amore. Parlare di fami-glia quindi vuol dire ritornare all’Amoreche tutti e tutto trascende, di cui lafamiglia è stata posta come icona esacramento. Prima della famiglia c’èl’Amore, che rimane mistero, che nonfiniremo mai di scoprire e di conosce-re. “In questo sta l’amore: non siamostati noi ad amare per primi ma è statolui ad amare noi per primo donandociil suo Figlio”. Essere uniti nel capire didove nasce e cos’è la famiglia signifi-ca convergere verso l’Amore Agapeche è Dio stesso: un Amore che ci pre-cede, ci è donato, non è manipolabileda nessuno, e per noi cristiani ha ilvolto e il cuore di Gesù. Anche la fami-glia ha perciò una fisionomia nonmanipolabile, perché è configurataall’Amore Dio.

Tutti L’annuncio e la testimonianza dell’Amoreriguardano tutti, sposati e non sposati,situazioni serene e situazioni problemati-che e difficili, vuole raggiungere in primoluogo proprio le situazioni più complicate,coloro che si sentono lontani dall’amoredi Dio e dal nostro, le periferie della città edella vita, alla luce della parabola letta nelvangelo di oggi e dell’insistente invito diPapa Francesco. Per parlare di famigliaoccorre anzitutto parlare di amore e laparticolare missione della famiglia di tra-smettere amore e vita interessa dunquetutti, singole persone e società. La fami-glia, come l’amore, è affare di tutti.

ScenariLa società, come ogni persona, habisogno di amore, ne ha bisognoanche per uscire dalle sue crisi. Gliscenari che in questi giorni ci sonostati presentati e proiettati sono sce-nari di un mondo dove la luce del-l’amore si sta affievolendo semprepiù. La speranza guarda verso l’albae l’aurora, gli scenari che anche inquesti giorni abbiamo esaminato par-lano invece di tramonto. Famiglia efuturo diventano sinonimi…

* Presidente del Comitato Scientificoe Organizzatore delle Settimane Sociali

Il compito della pastorale, cui pure i laici, purché“nel modo loro proprio” (AA, 20b) possono e deb-bono partecipare, resta quello dell’esercizio di unaautorità posta a servizio (cfr. LG, 18).Di cosa questo significhi vorrei fare solo un esem-pio, utile ad evitare illusioni e malintesi. Spesso neilavori delle aree tematiche si è chiesto che fineavesse fatto la Agenda di Reggio Calabria, di cui inquesti tre anni abbiamo compreso ancora di più ilvalore e la attualità. Si tratta certo di una domandache può essere posta ai pastori. Tuttavia, se è veroquanto appena ricordato, essa è una domanda cheinnanzitutto noi laici dobbiamo porre a noi stessi.“Cosa abbiamo fatto noi laici cattolici italiani, inquesti tre anni nella civitas e nella ecclesia, annicosì difficili e talvolta drammatici?”. Se accettia-mo la dignità della nostra vocazione e del nostroapostolato non possiamo sfuggire alla responsabi-lità esigente che deriva dall’una e dall’altro. Solopoi, con dignità, rispetto e fermezza potremmoporre anche ai pastori la stessa domanda, potrem-mo dire che certe volte facciamo davvero fatica...Se assumiamo la prospettiva dell’apostolato nostroproprio, come laici comprendiamo che nelle sfideche siamo riusciti ad individuare operando discerni-mento sulla situazione della famiglia nella societàitaliana non è in gioco qualcosa come una conse-guenza o una applicazione della nostra fede, ma è ingioco niente meno che la nostra stessa vita di fede ilsuo spessore: ovvero, se siamo in grado di prestare alSignore che parla e opera oggi in molti modi il pienoossequio dell’intelletto e della volontà (cfr. DV, 5).

3.2. La tesi ha anche una seconda conseguenza. Seè vero che la famiglia non è affare privato, ma pub-blico, ciò significa che il caso della famiglia hamolti profili, e sicuramente uno anche politico.Sarebbe ipocrita tacerne.Una parte importante delle sfide che nel discerni-mento sono state individuate hanno un inequivoca-bile profilo politico. La loro partita si gioca incampo politico. Le uniche azioni col-lettive attraverso cui possono essereaffrontate seriamente tali sfide sonodi carattere politico. Ancora unavolta, cioè, si tratta di una materiasulla quale i pastori certamente pos-sono e debbono intervenire, e pubbli-camente, ma che è rimessa primaria-mente alla responsabilità dei laici. Èinutile, o ipocrita, che i laici cattoliciitaliani si pongano la questione dellafamiglia senza porsi anche conschiettezza la questione della condi-zione in cui versa oggi il cattolicesi-mo politico in Italia.Chi aspettasse da questo luogo unaindicazione sarebbe fuori strada.Oggi, il compito delle SettimaneSociali è quello del sostegno e dellostimolo. Da questo sostegno e da que-

sto stimolo si può trarre qualcosa, ma certo il gros-so va compiuto altrove ed altrimenti.Qui al massimo è possibile segnalare riduzioni edeformazioni. Due esempi sono sufficienti.Abbiamo sentito anche in questi giorni alcuni poli-tici elogiare grandemente il ruolo della famigliacome rimedio nella crisi e come riserva nelle emer-genze. Beh, con sincerità, va risposto che nonbasta. E che anzi una prospettiva del genere puòpersino essere fuorviante. Abbiamo ricevuto delle visite ed ascoltato le paro-le di autorevoli responsabili pro tempore di istitu-zioni politiche. A loro va tutto il nostro rispetto, manessun servile ossequio. Li abbiamo sentiti espri-mere delle intenzioni. Sicuramente ne controllere-mo l’esecuzione: ne abbiamo il dovere, il diritto el’interesse come cittadini e come contribuenti. Nonabbiamo però sentito alcuna assunzione di respon-sabilità rispetto a fallimenti, ritardi ed inadempien-ze (come quelle indicate chiaramente nelle relazio-ni Venerdì mattina). Caso mai ce ne fosse la neces-sità, questo ci ricorda che le riforme istituzionali datanti decenni negate ci lasciano, soprattutto conriferimento al livello nazionale, ancora privi diquegli strumenti che ci consentano – come è nostrodiritto – di decidere la sostanza della competizionepolitica, di essere noi a decidere i titolari dei pote-ri esecutivi. Come ricordavamo a Reggio Calabria,sono decenni che cittadini italiani viene negato diavere un voto “pesante” almeno quanto quello chehanno i cittadini delle altre grandi democrazie. Ildebito pubblico che ci affoga e che affoga le fami-glie e le prospettive di ripresa economica, non si èprodotto da solo, e a noi vengono negati gli stru-menti per chiederne conto politicamente ai respon-sabili. Abbiamo il diritto di scegliere chi prende ledecisioni, e non solo di chi le ratifica.È rispetto alla concretezza di questi problemi chevanno giudicate allora anche le scelte dei tanti cat-tolici che fanno politica, e che anche di recentehanno compiuto questa scelta. Quale ne è stata la

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Un paradosso, tra i tanti, connota di sé la nostrasocietà. Mentre è ormai ampiamente diffusa laconsapevolezza del ruolo decisivo che la famigliasvolge come soggetto sociale e come produttoredi importanti esternalità positive che vanno abeneficio dell’intera società, non procede coneguale consapevolezza la messa in cantiere diprovvedimenti e di misure volti ad una politicadella famiglia in sostituzione delle inadeguatepolitiche per la famiglia. Non procedono cioè allostesso ritmo il riconoscimento da un lato e la valo-rizzazione dall’altro che la politica “deve” allafamiglia per la mole di beni di varia natura (non dimerci) che nessuno Stato, nessun mercato, nessu-na agenzia pubblica possono surrogare in modoequivalente. È vero che tale divario riguarda unpo’ tutta l’Europa, ma in Italia esso assumeun’ampiezza particolarmente preoccupante. Assai opportunamente, la 47a Settimana Socialedei Cattolici Italiani ha dunque scelto cometema: “La famiglia, speranza e futuro per lasocietà italiana”. Il titolo, assai azzeccato, dicedell’attenzione e del coinvolgimento del mondocattolico italiano nell’affrontare quella che, conbuone ragioni, si può ormai chiamare l’emergen-za familiare. È un fatto che, nonostante una certaretorica di maniera, nel nostro paese si continuaa vedere la famiglia solamente come una dellevoci di spesa del bilancio pubblico e non anchecome risorsa strategica per lo sviluppo umanointegrale. Del pari, si continua a considerare lafamiglia variabile dipendente che, in quanto tale,deve adeguarsi a quanto viene deciso per gli altriattori sociali. E soprattutto non riesce ad essereaccettata l’idea che la famiglia, prima ancora diessere soggetto di consumo, è soggetto di produ-zione. Oggi, v’è un’abbondante evidenza empi-rica che indica come la famiglia sia il massimogeneratore di capitale umano, capitale sociale,capitale relazionale; altro che luogo di affetti ebasta! Come la Seconda Conferenza Nazionaledelle Famiglie del novembre 2010 a Milano hachiaramente posto in luce, non solamente laspesa pubblica italiana per i servizi alla famigliasia immeritatamente bassa (contro una mediaUE dell’8% della spesa sociale, l’Italia destinaalla famiglia il 4,1%). Ma, le modalità con cuivengono combinate le politiche che attribuisco-no alla famiglia risorse di tempo (orari flessibili,

part-time, congedi parentali, etc.), risorse mone-tarie (deduzioni e/o detrazioni; buoni per l’ac-quisto di beni e servizi, tariffe, etc.), risorse perla fornitura diretta di servizi di cura, sono tali dadeterminare spesso effetti perversi.Questo accade perché si continua ad avanzarecon politiche settoriali per età (bambini, giovani,anziani non autosufficienti, etc.), anziché passa-re a politiche del corso di vita aventi per fine unsistema integrato per la promozione del benesse-re familiare. La famiglia, infatti, non è unasomma di segmenti tra loro indipendenti, ma unprodotto degli stessi: se uno di questi soffre, èl’intera famiglia a risentirne! Ce lo ricorda l’effi-cace Documento Preparatorio del ComitatoScientifico e Organizzatore quando, citandoGiovanni Paolo II, scrive: “È necessario soprat-tutto passare da una considerazione delle fami-glie come settore ad una visione della famigliacome criterio di misura di tutta l’azione politica,perché al bene delle famiglie sono correlate tuttele dimensioni della vita umana e sociale.”(Messaggio al Presidente della CEI a Vent’annidalla “Familiaris Consortio”, 15 ottobre 2001).È noto che uno dei temi oggi di maggior rilevanza èquello della complessa relazione tra vita familiare evita lavorativa. Nella letteratura in argomento e neldibattito pubblico contemporaneo questo temaviene reso con l’espressione work-life balance, cioèa dire bilanciamento, conciliazione tra famiglia elavoro. Si tratta di una espressione infelice che tra-disce una certa impostazione culturale che il mondocattolico non riesce a condividere. Il termine stessodi conciliazione, infatti, postula l’esistenza di unconflitto, o meglio di un trade-off quanto menopotenziale, tra questi due fondamentali ambiti divita, ciascuno dei quali dotato di una sua propriaspecificità e di un suo proprio senso. Ritengo inve-ce che non vi siano ragioni di principio che possanofar parlare di due polarità tra cui è necessario stabi-lire pratiche conciliative, perché se è vero che quel-lo del lavoro è anche un tempo di vita, del pari veroè che la vita familiare include una specifica attivitàlavorativa, anche se questa non transita per il mer-cato.In un pregevole e assai utile contributo del Comitatoper il progetto culturale della CEI si legge che ilvalore annuale complessivo del lavoro familiare,secondo il metodo del costo opportunità, si aggire-

LE POLITICHE FAMILIARIPER IL BENE COMUNE

Dalla Relazione del Prof. Stefano Zamagni*

efficacia generale? Naturalmente nessuno discutel’esistenza di un discreto raggio di legittimo plura-lismo politico, negli orientamenti e nelle forme dipartecipazione, ma neppure le scelte legittime pos-sono sfuggire alla valutazione della loro reale effi-cacia in relazione al bene comune.

3.3. Vi è una terza conseguenza che credo sia pos-sibile trarre subito, anche con l’aiuto del riferimen-to ai contributi del professor Blangiardo e del pro-fessor Zamagni. In modo molto efficace, loro cihanno mostrato che quelle in atto non sono oscilla-zioni contingenti, ma cambiamenti di lunga porta-ta. Cambiamenti cui è stata lasciata prendere unapiega assai pericolosa. Quello che può ancora esserfatto, prima che sia troppo tardi, richiede una azio-ne che sia costante e coerente, impegnativa e daitempi non brevi. Tutti sappiamo, del resto, di esse-re coinvolti in un passaggio epocale. Così comesappiamo che, come Paese, giungiamo a questopassaggio con un ulteriore carico di ritardi, errori,sprechi ed omissioni.Se vogliamo almeno tentare di far qualcosa quelloche dobbiamo mettere nel conto è un impegnopesante e protratto nel tempo. È inutile non dirci enon dire al paese che così stanno le cose. E se guar-diamo ai nodi emersi dal discernimento ce ne con-vinciamo ancora di più.Insomma, se accettiamo la tesi che la architetturadella famiglia è un pezzo decisivo della architetturadella civitas, e che non ogni forma di città è compa-tibile con la architettura e la logica della famiglia,siamo costretti ad accettare anche alcune conseguen-ze, e tra queste senz’altro che una tale questione sfidain modo primario la nostra responsabilità di credentilaici, che tale sfida ha molti profili e certamente unopolitico, e che, se tali sfide vogliono essere affronta-te in modo credibile, va messo nel conto un impegnoduro nella sostanza e lungo nel tempo.Ciò ci pone di fronte ad un ultimo interrogativo:come?

4. Come?Dovremo continuare a lavorare insieme per parec-chio tempo, a livello locale come nazionale e ancheoltre, per poter dare una risposta seria alla doman-da sul come raccogliere davvero queste sfide.Tuttavia, nei lavori di questi giorni, sono emersidegli spunti che vanno raccolti perché possonometterci sulla strada giusta. Possono aiutare adattrezzarci per questa sfida.

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rebbe sui 570 miliardi di euro e quello ottenutosecondo il metodo di calcolo del costo del servi-zio sarebbe all’incirca di 433 miliardi di euro.Dunque, il lavoro domestico ha un peso econo-mico ragguardevole in Italia: circa un quarto delPIL nazionale. (Cfr. CEI, Per il lavoro, Laterza,Roma, 2013, cap. 3). Si tratta dunque, per unverso, di andare oltre una concezione puramentematerialistica e strumentalista del lavoro, secon-do cui quest’ultimo sarebbe solo pena e aliena-zione e, per l’altro verso, di smetterla di concepi-re la famiglia come luogo di solo consumo e nonanche come un soggetto produttivo per eccellen-za, generatore soprattutto di quei beni immateria-li (fiducia, reciprocità, beni relazionali, donocome gratuità) senza i quali una società nonsarebbe capace di futuro. È il dualismo (si badi,non la dualità) famiglia-lavoro ad aver veicolatol’idea che le politiche di conciliazione, di cuitanto si va parlando anche nel nostro paese daormai diversi anni, dovrebbero limitarsi a mirare,da un lato, a migliorare la produttività delleimprese e, dall’altro, ad accelerare il processoverso la piena liberazione della donna dallasegregazione occupazionale. (Cfr. S. e V.Zamagni, Famiglia e lavoro. Conflitto oarmonia?, Milano, San Paolo, 2012). Ecco perché al termine conciliazione prefe-risco quello di armonizzazione responsabile.Nel greco antico, armonia era l’intercapedi-ne che occorreva frapporre fra due corpimetallici perché, sfregandosi, non andasseroa produrre attrito e quindi scintille pericolo-se. L’idea di armonia è dunque quella diconcordia discors. Duplice, allora, il fineche è bene attribuire alle politiche di armo-nizzazione tra famiglia e lavoro (di merca-to): superare la diffusa femminilizzazionedella questione conciliativa a favore di unapproccio reciprocitario tra famiglia e lavo-ro, per un verso; provocare un ripensamentoradicale circa il modo in cui avviene l’orga-nizzazione del lavoro nell’impresa di oggi,per l’altro verso. Duplice l’intento che assegno a questo saggio, icui contenuti fanno esplicito riferimento allaParte III (“Famiglia, società e economia”) delDocumento preparatorio. Per un verso, mi pro-pongo di portare ragioni a sostegno della fami-glia che è la struttura antropologica che, oggi,più di ogni altra, è nell’occhio del cicloneche ha investito l’occidente secolarizzato.Per l’altro verso, mi occuperò di avanzaresuggerimenti di policy che possano esseretraducibili in progetti di facile appronta-mento e soprattutto compatibili con il vin-colo del nostro bilancio pubblico…

* Ordinario di Economia politica,Università di Bologna

Le sfide che abbiamo intraviste innanzitutto vannoaffrontate senza nostalgia e con umiltà, perché nelmodello di famiglia che abbiamo alle spalle laarchitettura e la logica che ci sono state tratteggia-te non rifulgevano certo senza macchia e senzaombre. (Se qualche maschio avesse dubbi, puòinterrogarsi sulle condizioni in cui si venivano atrovare le donne e forse non di rado si trovanoancora.) Se sappiamo qualcosa è che la luce delVangelo e la forza della Grazia non hanno certoperso la capacità di rinnovare e di purificare i con-creti modi di esprimersi di quella cosa bellissimache è l’amore fedele di un uomo e di una donna.Insieme: pensiamo a quante volte nelle sintesi èrisuonato il termine alleanza o associazione.Insieme nella Chiesa. Confortati delle grandicapacità di convergere senza forzature che abbia-mo sperimentato a Torino come a ReggioCalabria, forse oggi possiamo comprenderemeglio le ragioni della forza con cui il VaticanoII raccomandava un esercizio associato dell’apo-stolato dei laici, non solo “fuori”, ma anche “den-tro” la Chiesa. E insieme nella società, perchésappiamo che gli argomenti e le proposte con cuisostanziamo la nostra idea di famiglia, di civitase di bene comune, possono essere largamentecondivise. È accaduto al momento della redazio-ne della nostra Costituzione e potrebbe accadereancora e per questo vale la pena impegnarsi.Problemi come quelli che sono emersi dal nostrodiscernimento non verrebbero neppure sfiorati daun impegno di carattere individuale. Infine dobbiamo mettendo nel conto che si tratteràdi combattere (emendandoci da ogni arroganza,ma non dal coraggio né dalla determinazione):dovremo esser capaci spesso di quello che Sturzochiamava l’agonismo della libertà. Pensiamo solo aquanto ci sarà da battersi per affermare che la dife-sa della dignità di ogni persona umana non deve

conoscere eccezioni di alcun tipo e insieme conti-nuare ad affermare lo spirito e la lettera con cui lanostra Costituzione riconosce i diritti ed i doveridel tutto speciali di quella particolare formazionesociale che è la famiglia fondata sul matrimonio.Non possiamo spaventarci né tacere di fronte a chipropone o minaccia di trasformare la affermazionedi un diritto in un reato di opinione.“Come?”, dunque, entrare in questa lunga incerta,ma potenzialmente feconda transizione. Senzanostalgia e con umiltà, per quanto si può insieme econ l’agonismo della libertà. Se riflettiamo sulle realtà che queste parole signifi-cano, se consideriamo con franchezza le realtà cheevocano, la loro bellezza, certo, ma anche il lorocosto, forse possiamo capire meglio perché all’ini-zio dell’omelia della Messa di Giovedì ci venivadetto: l’Eucarestia è la cosa più importante. Dovealtro potremmo trovare la forza per il viaggio checi attende e ci reclama? Dove altro trovare opera enotizia della vittoria irreversibile, anche se ancoranon portata a termine, sui poteri di questo mondo?Dove altro potremmo trovare, per usare le parole diPaolo VI, ciò che consente di sopravvivere comecredenti di questo momento storico segnati daquella grazia misteriosa che, più che in passato,chiede a ogni battezzato, e non solo ad alcuni diloro, di essere «Non molle e vile […], ma forte efedele» (Ecclesiam Suam, n. 53).Come sappiamo, per un viaggio come questo nonsi parte quando si è pronti, ma si parte quando siè chiamati. A me pare che, se ascoltiamo bene ilfrutto del discernimento di questi giorni intornoalle sulle gioie e alle speranze, alle tristezze ed alleangosce degli uomini e delle donne di oggi, e delleloro famiglie, – se prestiamo davvero attenzione –forse possiamo ascoltare una chiamata.

* Vice Presidente del Comitato Scientifico eOrganizzatore delle Settimane Sociali

1. LA QUESTIONE AMBIENTALE: CHE COSA RAPPRE-SENTAIl genere umano interagisce con la natura per potercrescere e svilupparsi, ma questo deve avvenireentro certi limiti, alterando cioè il meno possibile ilcontesto biofisico globale, cioè Madre Terra.Questa consapevolezza è presente nella Bibbia -Libro della Genesi (“Dio pose l’uomo e la donnasulla terra perché la coltivassero e a custodisse-ro”, cfr 2,15). La salvaguardia del creato ha trovato inSan Francesco d’Assisi – nel Cantico delle Creature –il suo difensore con il richiamo ad “avere rispetto perogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo”(Papa Francesco, Omelia 19/3/2013).

La questione ambientale è una “emergenza” di cuisi ha la consapevolezza da quando l’uomo hacominciato a sfruttare la terra e le sue risorse. Pertanti secoli l’uomo e la società umana si sono svi-luppati rispettando le leggi della natura ed il ciclonaturale del creato. Il rapporto tra uomo edambiente, cioè la questione ambientale e la soste-nibilità del modello di sviluppo fondato sullo sfrut-tamento delle risorse naturali, è diventata la “prio-rità” dopo 2000 anni. È nel XXI secolo a seguitodei rapporti e denuncie lanciati dai Centri diRicerca e scienziati e poi dalla Conferenza interna-zionale di Rio+20, ma soprattutto per l’esaurirsi dialcune risorse naturali e l’accentuarsi degli scon-volgimenti dei territori e dei disastri ambientali,che la questione ambien-tale è diventata una “cri-ticità”.L’attenzione ai problemiambientali era stataavviata 45 anni fa con ledenunce contenute nelRapporto del Club diRoma (1968) dell‘eco-nomista italiano AurelioPeccei che per primoanalizzò le problemati-che e le relazioni tra eco-nomia-società-ambiente,identificando alcune cri-ticità, criticità che lacomunità internazionalenon ha voluto affrontare

e che sono alla base della attuale “crisi ambientale”del XXI secolo. La comunità internazionale ha infatti affrontato perla prima volta la questione ambientale nel 1992 conla Conferenza ambientale di Rio de Janeiro, che siconcluse rilanciando il termine “sviluppo sosteni-bile“, coniato nel Rapporto Brundtland del 1987,per collocarlo al centro di una nuova analisi di poli-tica socio economica denominato “Agenda 21”.Il numero 21 accanto alla Agenda stava a significa-re proprio il “ventunesimo secolo” come scaden-za entro la quale era necessario raggiungere alcuniimportanti risultati alla base di un modello di svi-luppo sostenibile, cosi identificate:• Le attività umane non avrebbero dovuto superarela velocità di riproduzione delle risorse rinnovabilie la capacità di assorbimento della natura.• Lo sfruttamento delle risorse non rinnovabiliavrebbe dovuto essere finalizzato al potenziamentodelle strutture energetiche rinnovabili nel lungoperiodo in modo da poter sostituire gradualmentele prime.Purtroppo, alla fine del primo decennio del XXIsecolo “la sostenibilità ambientale” non è ancoraun obiettivo raggiunto, come è possibile rilevaredalle denunce contenute in alcuni importanti rap-porti come il Rapporto mondiale sull’ambientedell‘UNEP (GEO 5), il rapporto dell’EuropeanEnvironment Agency sull‘acqua, alla base del“Water Blueprint”, che fotografa la situazione in

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QUESTIONE AMBIENTALE E BENI COMUNI:QUALI RISPOSTE INDIVIDUALI E COLLETTIVE?

Convegno “Custodia del creato come stile di vita”Bellamonte 28-30 agosto 2013

Contributo di Rosario Lembo, Presidente Cicma*

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Bellamonte 30 agosto 2013 - Dott. R. Lembo, A. Passoni.

Europa ed a livello italiano da alcuni rapporti diLegambiente e dal rapporto sulla valutazioneambientale redatte dall’ OCDE.I principali problemi a livello planetario, alla basedella attuale “crisi ambientale”, individuati dalRapporto UNEP, possono essere raggruppati incinque categorie:• problemi trasversali, relativi alla “governance”dei processi di sostenibilità globale, le capacità/dif-ficoltà dei sistemi umani di procedere verso lagreen economy, l’integrazione tra scienza e azionepolitica, le nuove sfide dell’umanità poste dai cam-biamenti ambientali globali;• problemi legati ad alimentazione, biodiversità euso del suolo, quali la sicurezza alimentare, la lottacontro la perdita di biodiversità, l’urbanizzazione egli insediamenti umani, la speculazione sull’acca-parramento dei suoli;• problemi relativiall’acqua e al mare,quali l’uso sostenibiledelle risorse idriche,delle risorse marine, laprotezione degli ecosi-stemi acquatici delleacque interne e marine;• problemi sui cambia-menti climatici, quali lariduzione delle emissionidi gas serra e la prevenzio-ne dei maggiori rischiindotti dai cambiamentidel clima, la prevenzionedelle conseguenze negati-ve degli eventi climaticiestremi e della ritirata deighiacciai;• problemi riguardantil’energia e i rifiuti, qualil’uso di fonti energeticherinnovabili, la riduzionedei rischi industriali e chi-mici, l’utilizzo efficientedelle risorse naturali ed inparticolare delle minerariee delle risorse naturalistrategiche, i rifiuti, ma in particolare i rifiuti radioatti-vi e lo smantellamento del nucleare.Malgrado gli innumerevoli piani, programmi ed ini-ziative, la sostenibilità delle nostre economie e delnostro modo di vivere è un obiettivo ancora moltolontano. A metà agosto 2013 si è registrato l‘Earthovershoot day (Il giorno del sorpasso della terra),cioè la data in cui il consumo di risorse naturali hasuperato la produzione che la Terra è in grado dimettere a disposizione nel corso dell’anno.Una delle modalità con cui misurare l’impatto del-l’attuale modello di sviluppo sull’ambiente è l’im-pronta ecologica. I dati più recenti dell’improntaecologica mondiale mostrano che in solo otto mesi,le Regioni più sviluppate del mondo hanno usato

una quantità di prodotti naturali pari a quella che ilPianeta rigenera in un anno.I 27 Stati membri dell‘Unione – cioè la prima gran-de economia del mondo - hanno fatto registrare nel2007 una impronta ecologica di 4.55 gha (globalhectares per persona), rispetto a 2.70 del resto delmondo. L’impronta idrica italiana si situa a 4.99 gha.La maggioranza dei paesi dell‘Unione Europea sitrova di fatto in una situazione di “deficit ecologico”.Solo i paesi del Nord-est (Svezia, Finlandia, Estonia,Lettonia) dispongono di una riserva ecologica impor-tante. In questa graduatoria, l‘Italia si trova al disopra di 3 gha/pers di deficit in compagnia dei PaesiBassi, Spagna, Grecia e Regno Unito.E’ opportuno segnalare che per le Regioni del NordItalia, il “sorpasso della Terra” è avvenuto già nelmese di Aprile di ogni anno. Tuttavia nessuno se neè accorto e ciascuno di noi continua a “godere”

della ricchezza e del tenore di “sviluppo” unica-mente, pur nella attuale situazioni di “crisi”, grazieal prelievo delle risorse naturali delle altre regionidel Pianeta. L’impronta ecologica risulta infattiessere più elevata per le persone e gruppi socialiche hanno un buon “reddito”. Normalmente, ipaesi “ricchi” compensano il “deficit ecologico”con le importazioni, beneficiando così delle risorsenaturali e dei “servizi ambientali, ecologici” deglialtri paesi per assicurarsi l’approvvigionamentodelle risorse necessarie al loro modello di vita e almantenimento dei consumi.Ecco il vantaggio della globalizzazione, di cuibeneficiano la maggioranza dei paesi europei occi-dentali.

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Foto della Terra - W. Putman, NASA. Elaborazione grafica dell’aerosol atmosferico,l’insieme di particelle e corpuscoli che si muovono nell’atmosfera e che derivano dal-l’azione dei venti sui deserti e sugli oceani, e in parte anche dall’immissione di sostan-ze inquinanti da parte dell’uomo. Le polveri sono mostrate in rosso, i sali marini in blu,il fumo in verde e i solfati (derivanti dai vulcani e dalle emissioni dei combustibili fos-sili) in bianco.

Se da un lato la dipendenzada importazione di alcuniPaesi fa crescere la “ric-chezza” dei paesi esporta-tori (il che non significache questa ricchezza vadaalle popolazioni locali),dall‘altro è evidente che il“commercio” dei beni dellanatura (creato) contribuiscead aumentare l’improntaecologica complessiva nelmondo.Da qui l’importanza cre-scente che, da alcuni anni,ha assunto il concetto di“acqua virtuale”, cioè l’ac-qua contenuta nella produ-zione e commercio soprat-tutto di prodotti alimenti edei beni di consumo, di cuisi “gode” importando beni eservizi dal resto del mondo.La questione ambientale sipresenta quindi piuttosto“complessa” e deve esseraffrontata a diversi livelli. Idue principali possonoessere individuati:a) rapporto tra un siste-ma(territorio) e le risorsenaturali messe a disposi-zione dalla Terra che chia-ma in causa il modello disviluppo e quindi l’econo-mia, cioè le regole di cuiuna comunità si dota pergestire queste risorseb) rapporto tra le dispo-nibilità ed accesso a que-ste risorse da cui dipendo-no innumerevoli altri fat-tori quali la salute fisicadelle persone (qualità del-l’acqua e dell’aria), l’edi-ficabilità (qualità del terre-no) e persino l’occupazio-ne lavorativa, cioè ilmodello di sviluppo, dicrescita e di benessereadottato da ogni comunitàin relazione alle risorse dicui dispone.Per svilupparsi, un sistema(uno Stato, un territorio, unacomunità) deve innanzituttoconsumare le risorse di cuidispone in quantità minore –o al massimo uguale – diquanto ne riesca a produrreil ciclo naturale.

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LE PROPOSTEDELLA CONFERENZA

DI RIOI negoziati si sono impantanati su quat-tro punti chiave legate alle propostecon cui la Comunità internazionale ha

ritenuto si dovesse affrontare la questione ambientale. Queste parole chia-ve sono state identificate : nella “economia verde” (green economy); nellaidentificazione degli “obiettivi di sviluppo sostenibile”; identificazione diun modello di governance per uno sviluppo sostenibile e gli strumenti diimplementazione.E’ opportuno approfondire queste proposte per comprendere se stan-no contribuendo ad affrontare la “crisi” ambientale.

La green economy. È stata ritenuta e proposta come lo strumentonecessario per promuovere lo sviluppo sostenibile e le azioni di contrastoalla povertà, proteggere le risorse naturali, migliorare l’efficienza, la pro-mozione del consumo e della produzione sostenibile e lo sviluppo di tec-nologie a basso consumo di carbone. La concretizzazione di questa pro-posta è stata lasciata al riconoscimento di un principio generale diresponsabilità, inclusivo e centrato sulla persona. È opportuno ricordareche la proposta della “green economy” non ha incontrato il sostegno deiPaesi del Gruppo dei 77 e della Cina preoccupati che l’approccio sulla“economia verde” possa sostituire quello di “sviluppo sostenibile”. Questaproposta è stata inoltre contestata dai principali Movimenti della societàcivile che hanno visto nella “economia verde” un “escamotage” per supe-rare l’attuale crisi finanziaria e strutturale del capitalismo sfruttando la crisiambientale.La realizzazione di una nuova crescita economica mondiale sostenibi-le grazie all‘economia verde, oltre a confrontarsi con la crisi economiae finanziaria, subentrata in questi anni che ha determinato una ridu-zione degli investimenti, non si associa di fatto ad un cambio “radicale”del sistema economico (modelli di produzione/consumo) e di quellofinanziario degli ultimi 30 anni. Si continua cioè ad operare nello stes-so sistema (crescita economica, del PIL), con gli stessi principi (rendi-mento, efficienza, competitività sui prezzi, innovazione tecnologica …),lasciandosi guidare dagli stessi soggetti ed istituzioni internazionali(BM, FMI, Banche centrali…) e dalle politiche imposte dagli stessigrandi gruppi multinazionali privati.Il Vertice Rio+20 si è concluso senza la redazione di una lista di“Obiettivi di Sviluppo sostenibile”. Tale compito è stato infatti asse-gnato a un gruppo di lavoro di trenta nazioni, con una scadenza tem-porale prevista per settembre 2013. Si è altresì pattuito che a distanzadi due anni, nel 2015, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile saranno col-legati agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Anche questa proposta haincontrato alcune resistenze perché la identificazione di Obiettivi èstata etichettata come una “strategia alternativa al paradigma del-l’economia verde”. Da questa preoccupazione è scaturita la richiestadel gruppo G77e Cina di proporre che gli obiettivi di sviluppo sianolegati a tre pilastri (economico, sociale ed ambientale) per evitare chel’Unione europea ed i principali paesi industrializzati puntassero solosugli obiettivi ambientali. Rispetto alla terza proposta, il “rafforzamento del modello istituzio-nale di governance”, la risoluzione di Rio si è conclusa con un debo-le impegno. È stato riaffermato il ruolo dell’Assemblea generale, dellaCommissione e del Consiglio per lo sviluppo sostenibile UNEP, chedovrebbe essere dotata di maggior potere e proposto che ilProgramma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) possa beneficiaredi un bilancio più sicuro, di una partecipazione più ampia e di poteri piùforti al fine di promuovere la ricerca scientifica e coordinare le strate-gie ambientali. La prima riunione del Consiglio direttivo dell’UNEP,post-Rio, svoltasi nel febbraio del 2013 ha cominciato ad affrontarequeste proposte nel tentativo di pervenire alla definizione di una stra-tegia Unep per il periodo 2014-2017.

Dalla urgenza di rispettare questo principio di “salva-guardia” , cioè di “rispetto della natura” sono nati e sistanno definendo i concetti di sostenibilità e di svi-luppo sostenibile e gli indicatori di sostenibilitàambientale che costituiscono l’approccio con cui laComunità Internazionale intende affrontare la questio-ne ambientale. Con il tema “sostenibilità ambientale”si intende quindi l’insieme di relazioni tra le attivitàumane e la biosfera per perseguire uno “svilupposostenibile”.

2. LA QUESTIONE AMBIENTALE: UNA EMERGENZACHE RICHIEDE UN CAMBIAMENTO RADICALEL’introduzione del concetto di “sviluppo sostenibile”si è dimostrato però fin dai primi momenti “antitetico”al consolidato modello di “sviluppo economico” basa-to sulla crescita senza limiti, associata allo sfruttamen-to delle risorse naturali ed inquinamento dell’ambien-te.Il concetto del “limite” non piacque e non è maistato accettato dalla cultura dominante basata sul

business model da “Far West”, cioè della conquistadella natura. Nel momento in cui le risorse dispo-nibili di un territorio/paese sono in fase di esauri-mento ecco che viene in soccorso la “globalizza-zione” nelle sue varie modalità (liberalizzazionedei mercati, privatizzazione dei beni naturali e lorofinanziarizzazione) che ha costituito la rispostaeconomica per superare questo vincolo.Il documento “Agenda 21” lanciato nel 1992, perpromuovere il modello di “sviluppo sostenibile”,chiedeva la responsabilizzazione dei governirispetto allo sfruttamento delle risorse, l’introdu-zione degli obiettivi di sostenibilità ambientalenelle politiche economiche nazionali ed il monito-raggio del carico inquinante delle attività umane, inparticolar modo delle emissioni di gas serra nel-l’atmosfera terrestre.Ancora oggi l’economia ed i modelli di sviluppo diquasi tutti i Paesi sono quasi esclusivamente fon-

date sullo sfruttamento senza limiti delle risorsefossili e le emissioni globali di CO2 nell‘atmosfe-ra terrestre; entrambe queste tendenze non hannofatto riscontrare cenni di rallentamento o inversio-ni di tendenza.Per queste ragioni nonostante siano passati oltreventi anni dalla Conferenza di Rio ancora oggi la“sostenibilità ambientale” non solo non è ancoradiventata una “prassi”, ma dopo la Conferenza diRio+20 (giugno 2012) questo obiettivo è stato rin-viato nel tempo (come si può vedere alla Scheda“Le proposte della conferenza di Rio).

3. QUESTIONE AMBIENTALE E COMUNITÀ INTER-NAZIONALE: RIO+20Sebbene il Rapporto Brundtland redatto dallaCommissione delle Nazioni Unite sull’Ambiente esullo Sviluppo, avesse già definito nel 1987 lo “svi-luppo sostenibile” come “un modello che soddisfa ibisogni del presente senza compromettere la capacitàdelle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”,

il documento finale di Rio+20non propone un piano di azionenè ha fissato una scadenza perconcretizzare questo modello disviluppo sostenibile, ammessoche esso possa costituire unareale “alternativa” per promuo-vere un “futuro sostenibile”.L’agenda di “Rio 20+20” si èlimitata infatti a rinviare le deci-sioni su un nuovo arco tempora-le:2012 al 2015: definizione degliindicatori e delle misure necessa-rie per valutare l’implementazio-ne e scegliere il know-how, lecompetenze e la tecnologia;2015 al 2030: implementazio-ne e monitoraggio periodico;2030: rendicontazione degliobiettivi realizzati.

4. QUESTIONE AMBIENTALE: LE PROPOSTE E LAVISIONE DELLA SOCIETÀ CIVILELe visioni della crisi ambientale della società civi-le e quelle degli scienziati hanno trovato riscontro,in occasione del Vertice di Rio+20, attraverso laproduzione di diversi documenti alternativi e l’or-ganizzazione di alcuni eventi alternativi al Forumufficiale. Due sono stati i documenti più significa-tivi. Il documento “Il Rio+20 che non vogliamo” –prodotto da rappresentanti della società civile,scienziati, leader di grandi associazioni internazio-nali – non soltanto ha contestato la dichiarazionefinale della conferenza ma ha lanciato anche alcu-ne precise proposte, cosi sintetizzabili: assicurareuna responsabilità di stewardship planetaria, inclu-dendo tutti gli stakeholder e mantenendo unapproccio integrato in termini di equità sociale,

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Foto di Y.A. Bertrand - Sabbia bituminosa.

rispetto ambientale e di sostenibilità economica;prendere azioni urgenti che vadano incontro allenecessità globali per l’alimentazione, l’acqua el’energia in una maniera sostenibile; ripensare ilmodello economico, i modelli di produzione e con-sumo, disaccoppiando la crescita e la prosperitàdall’utilizzo delle risorse, andando oltre il PILcome misura del progresso delle società; avviareun’azione decisiva per il raggiungimento deiMillennium Development Goals (MDGs), conl’adozione di Obiettivi di sviluppo sostenibileSDGs) e la conclusione di un accordo sul clima.Il secondo documento, frutto del lavoro di comita-ti di base ed organizzazioni della società civile chesi sono ritrovati nel “Vertice dei Popoli”, denunciaesplicitamente le cause strutturali della crisi globa-le, identificandole: nel sistema capitalista associatoal patriarcato, al razzismo e alla omofobia; nelruolo delle corporation multinazionali che violanosistematicamente i diritti dei popoli e della naturanella assoluta impunità, nella perdita del controllosociale, democratico e comunitario sulle risorsenaturali e sui servizi strategici, che continuano aessere privatizzati, con la trasformazione di dirittiin merci e la limitazione dell’accesso dei popoli aibeni e servizi necessari alla sopravvivenza; nel-l’aggravarsi dell’indebitamento pubblico-privato, ilsuperstimolo al consumo, l’appropriazione e con-centrazione delle nuovetecnologie, i mercatidel carbonio e dellabiodiversità, l’appro-priazione indebita diterre e il loro passaggionelle mani di proprieta-ri stranieri e i partena-riati pubblico-privato.Le alternative delManifesto del Vertice deiPopoli costituiscono unimportante punto di rife-rimento per quantivogliono impegnarsi peruna giustizia ambientalea difesa dei beni del crea-to. Le piste di impegnopossono essere così rias-sunte:• recupero delle cono-scenze, delle pratiche edei sistemi produttivi,che dobbiamo conser-vare, rivalorizzare epromuovere su largascala in un progettocontro-egemonico etrasformatore;• difesa degli spazipubblici nelle città, congestione democratica epartecipazione popola-

re, attraverso forme di economia cooperativa e soli-dale;• sovranità alimentare, un nuovo paradigma di pro-duzione, distribuzione e consumo;• cambiamento del modello energetico • difesa dei beni comuni attraverso la concretizza-zione di una serie di diritti umani e della natura,come, per esempio, la difesa del “Ben vivere”, cioèforma di esistere in armonia con la natura, il chepresuppone una transizione giusta, che deve esserecostruita con i lavoratori e le lavoratrici e i popolisui vari territori.

5. LA QUESTIONE AMBIENTALE E LE TENDENZE INATTOAlla luce di queste considerazioni appare evidenteche, a minacciare l’attuale modello di sviluppo – tut-t’altro che sostenibile – e il deterioramento delle con-dizioni di vita dell’intera popolazione mondiale, nonsarà un flop di Wall street o una nuova crisi economi-ca delle Tigri asiatiche ma la crisi ambientale. Glieffetti dei cambiamenti climatici sono un eloquentesegnale che la natura comincia a ribellarsi. Le causestrutturali alla base della crisi-questione ambientalesono ben descritte e denunciate dal Manifesto delVertice dei popoli. La Comunità internazionale devetrovare il coraggio e la volontà per contrastare l’at-tuale modello di globalizzazione dell’economia mon-

diale fondato sulla mer-cificazione e finanziariz-zazione delle risorsenaturali che stannodeterminando la rarefa-zione delle risorse dispo-nibili, disuguaglianzecrescenti nell’accessoalle risorse di base.Purtroppo la Comunitàinternazionale si è dimo-strata finora incapace,non soltanto di dareattuazione agli obiettividi sviluppo del millennio(OSM) da raggiungereentro il 2015, ma diaffrontare i nodi legatialla crisi ambientale chesono emersi a partiredalla Conferenza diRio+20. Le tendenze inatto sono infatti orientatea non contrastare l’attua-le modello di globalizza-zione e quindi di svilup-po fondato sullo sfrutta-mento delle risorse dimadre Terra; la sosteni-bilità ambientale si ridu-ce ad alcuni provvedi-menti “paliativi” senzamutamenti dei modelli di

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Cavalese - Il Tiglio fra quelli del Banco della Ragione, il cuitronco (oltre 6 mt di circonferenza) vuoto e chiuso da unaporta, è adibito forse a ripostiglio.

produzione e sfruttamento delle risorse. L’approccioprevalente, in antitesi con la “sostenibilità” continuaad esser quello di considerare le risorse come beni da“sfruttare” e sui quali innescare modelli di speculazio-ne finanziaria a sostegno della crescita.Di fronte a questi atteggiamenti è urgente e neces-sario che come cittadini del pianeta terra ed inquanto componenti di una stessa famiglia, l’umani-tà, cominciamo a far sentire la nostra indignazio-ne, cioè a criticare l’inerzia dei nostri Governi, masoprattutto stimolare sui territori la messa in attodi nuove politiche a difesa dei beni comuni ed asalvaguardia dell’ambiente, attraverso modalità dipartecipazione attiva e di controllo delle politichemesse in atto dai nostri amministratori nelle città esui territori in cui viviamo.

Riprenderemo successivamente questa riflessioneinterrogandoci sul “che cosa fare”.

6. QUESTIONE AMBIENTALE E RISORSE IDRICHEMi sia consentito, come “militante” impegnatonella difesa di una visione dell’acqua come benecomune e diritto umano per tutti, di richiamare bre-vemente la vostra attenzione, nell’ambito dellanostra riflessione su una delle sfide ambientaliprioritarie del nostro secolo: l’urgenza di mettere inatto campagne di salvaguardia del bene comuneacqua dell’umanità e di ogni essere vivente, cioè diquella risorsa che San Francesco chiama “sorellaacqua” e che rappresenta nel creato la fonte stessadella vita.La questione ambientale rispetto all’acqua, comebene comune dell’umanità, è legata oggi, a livelloplanetario, ai seguenti fattori di “criticità”:1. difficoltà a garantire approvvigionamento di risor-se idriche per i diversi utilizzi possibili. È questa laprincipale causa della pressione sullo stato quantita-tivo delle acque, delle criticità di bilancio idrico, del

mancato rispetto del minimo deflusso vitale e dellariduzione delle riserve idriche temporanee. La con-flittualità nella gestione e nell’utilizzo della risorsaidrica, in particolare tra usi irrigui, industriali ericreativi ed ambientali, è la causa principale delledifficoltà di conciliare esigenze sociali/umane, eco-nomiche ed ambientali, obiettivo che dovrebbe esse-re, su ogni territorio, alla base di una politica disostenibilità ambientale;2. il progressivo impoverimento della disponibili-tà di risorse idriche;3. l’abbassamento delle falde freatiche con conse-guente abbassamento del livello piezometricoassociato alla riduzione della fascia delle risorgivee delle riserve (ghiacciai);4. l’inquinamento dei corsi d’acqua superficiali e

delle acque sotterranee;5. l’inquinamento delle acquecostiere e dei mari/oceani.

Le soluzioni proposte per con-trastare la rarefazione dellarisorsa e garantire la sicurezzaidrica sono affidate dallaComunità Internazionale, comeè stato in precedenza descritto,alla green economy; alle solu-zioni tecnologiche finalizzate alriciclo delle acque per usoumano; ai meccanismi di mer-cato (selezione usi, monetariz-zazione di ogni fase del ciclo);al ricorso alla finanza interna-zionale ed alla creazione di stru-menti finanziari speculativi perreperire risorse (creazione delleBorse dell’acqua).A livello europeo la strategiaambientale è dettata da alcuni

documenti prodotti dalla Commissione: la“Strategia Europa 2020” ed il “Water Blueprint”che inquadrano il divenire dell’acqua del nostrocontinente al 2027 identificando quattro campi diazione: l’agenda ambientale (l’acqua come risor-sa naturale da salvaguardare); l’agenda dei servizi(l’acqua classificata fra i servizi di interesse econo-mico generale, quindi aperti al mercato). l’agendadella nuova crescita “verde”/sostenibile (l’acquacome campo significativo di applicazione dell’in-novazione tecnologica e di uno sviluppo fondatosull’uso efficiente delle risorse); l’agenda dellagovernance (l’acqua come terreno di sperimenta-zione e concretizzazione della monetarizzazionedelle risorse naturali e dell’ambiente e della gestio-ne fondata sui portatori d’interesse).

7. QUALI PERCORSI DI CITTADINANZA A SALVA-GUARDIA DEI BENI COMUNISulla base di questa ricostruzione delle dimensioni emodalità con cui si presenta la questione ambientale,si pone quindi l’interrogativo del cosa si può fare.

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La desertificazione avanza.

I segnali di crisi legati al modello di globalizzazio-ne finora praticato, fondato su liberalizzazione, pri-vatizzazione, finanziarizzazione, grazie anche allecampagne di mobilitazione di cittadini, in diverseparti del mondo, aprono oggi alcuni possibili sce-nari rispetto alla “questione ambientale”:– il primo è quello della paura, dei nazionalismi,del far ricorso alla difesa dei proprio benessere,pensando che sia possibile rinviare le decisioni oattraverso i vantaggi della globalizzazione.– il secondo è quello della assunzione delle respon-sabilità, come popoli, come cittadini, come tutoridei beni comuni della Terra, in quanto componentidi una stessa famiglia che è l’umanità.Questa seconda “opzione” si fonda sulla capacitàdi saper ridefinire le nostre società sostituendo iparadigmi del vecchio modello globalizzazionecon dei nuovi paradigmi come ad esempio: l’ap-proccio della mondialità, l’affermazione della cul-tura dei “beni comuni”, la valorizzazione dell’al-tro/diverso da associare ai percorsi di salvaguar-dia, un nuovo rapporto con l’ambiente ed i benicomuni della Terra (creato).La promozione di una cultura ambientale di parte-cipazione responsabile comporta :• la partecipazione atti-va, a partire dai territori,come cittadini dei pro-cessi decisionali rispettoalle scelte relative aibeni comuni, da partedelle istituzioni;• la messa in atto dicomportamenti indivi-duali, a livello di stili divita e di usi/consumodei beni perché questicomportamenti possonocondizionare i mercatied i cicli produttivi.Questi richiami sul“cosa fare” possonosembrare accademici oscarsamente incisivi.Vorrei richiamare alcuniesempi o percorsi inno-vativi, a difesa dell’ambiente della natura, in partelegati alla mobilitazione della società civile. A livello di Stati. Un esempio a sostegno della que-stione ambientale è testimoniato dall’Ecuador cheha introdotto nella propria Costituzione, Il riconosci-mento dei diritti della natura, dei diritti delle personee delle collettività. Il riconoscimento dei “diritti dellanatura” si fonda sul diritto del “buon vivere”, ilmodello di sviluppo che i cittadini dell’Ecuador sisono dati per vivere in armonia con ciò che sta intor-no a loro e con gli altri. Per farlo hanno sancito comediritti inalienabili: la difesa dell’ambiente; la sovrani-tà alimentare; la salvaguardia dei suoli che vannoconservati, protetti; la terra ai contadini; l’acqua nonsi può privatizzare; i popoli indigeni hanno gli stessi

diritti degli altri; il divieto di introdurre gli organismigeneticamente modificati; l’impegno a ridurre l’emis-sione della Co2.Questa esperienza, a cui si associano esperienze dialtre comunità e Paesi dell’America Latina, dimostrache i popoli ed i cittadini, possono organizzarsi edecidere nuovi criteri con cui rapportarsi con la natu-ra, con i beni comuni presenti sui propri territori.A livello di territorio, la piattaforma delle “Agendelocali 21”, adottata al primo vertice mondiale dellaTerra “Rio 1992“, ha trovato concretizzazione inItalia con le “Agenda locale 21” dapprima attraversole Province, poi i Comuni, con l’avvio di “percorsivirtuosi” a difesa dell’ambiente. Questi percorsihanno portato alla nascita di associazioni di Comuni,autodefinitisi “virtuosi” e grazie alla mobilitazionedei cittadini, si è riusciti a passare sui territori dalleaffermazioni a politiche e pratiche di comportamentiresponsabili a tutela dell’ambiente. Si registrano cosioggi diverse graduatorie di “Comuni virtuosi” rispet-to al ciclo dei rifiuti, allo sfruttamento della terra, dienergia pulita, di trasporti, di prodotti alimentari akm zero…. Alcune statistiche pubblicate dall’ISTATe rapporti di associazioni ambientaliste ci aiutano ascoprire queste realtà.

L’esperienza delle “città sostenibili”, sperimen-tata a livello europeo da alcune città. Le esperien-ze messe in atto si sono fondate non soltanto sullainnovazione tecnologica, ma sulla interrelazionetra le variabili ambientali, sociali, politico cultu-rali ed economiche, che hanno visto la partecipa-zione dei cittadini nella progettazione e messa inatto di pratiche sociali efficaci sul piano dellasostenibilità ed integrazione tra i vari usi dell’ac-qua, delle inter-relazioni tra la città e la “campa-gna”, tra i settori produttivi e le varie attività diservizi locali.Infine va segnalato il ruolo che le città, possonosvolgere come luogo prioritario delle politicheambientali. In un mondo in cui tra trent’anni oltre

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Foto di Y.A. Bertrand - Scioglimento dei ghiacciai.

due persone su tre vivranno in città e già oggila popolazione urbana supera la metà di quel-la globale, qualità e sostenibilità delle cittàsono questioni cruciali e ineludibili. Le città,soprattutto le città metropolitane, sono chia-mate a svolgere un ruolo costruttivo di coope-razione e di coesione territoriale rispetto aitemi ambientali ma sopratutto con riferimentoa modelli innovativi di sostenibilità in terminidi “economia verde”.Se vorrà avere un futuro sostenibile, l’econo-mia verde non potrà che fondarsi su modelli dicooperazione e di sviluppo rispettosi della giu-stizia, del “ben vivere” insieme e della salva-guardia dei beni comuni e queste pratichedevono trovare concretizzazione a partire dailuoghi del nostro vivere quotidiano, come cit-tadini, come custodi del creato.Il rafforzamento di queste esperienze di organizza-zione e gestione diretta dei beni e dei servizi suiterritori, cioè nelle nostre città, nei quartieri, neicondomini in cui viviamo, finalizzati alla salva-guardia dei beni naturali deve però passare attra-verso non solo attraverso comportamenti indivi-duali responsabili, ma comportamenti e richiestecollettive volte ad ottenere la loro classificazionecome “beni comuni”, una gestione pubblica, asso-ciata a modelli di partecipazione diretta dei cittadi-ni nella gestione. Mobilitazione individuale e col-lettiva costituisce il primo livello di rafforzamentodi modelli economici alternativi finalizzati alladifesa dei diritti ed alla costruzione di comunità piùforti sul piano dei comportamenti responsabili neiconfronti dell’ambiente.

La trasformazione sociale, e la mobilitazione deicittadini, esige convergenze di azione, collegamen-ti e agende comuni a partire dagli stili di vita, daazioni collettive di resistenza e soprattutto la messain rete di queste esperienze.Ecco allora che arriviamo ad affrontare quale puòessere il contributo che ciascuno di noi come citta-dino, come consumatore, può dare. Certamente rispetto alla complessità della “sfidaambientale”, che è stata in precedenza descrittapossiamo sentirci impotenti. In questa ricerca sulcosa fare ci può aiutare ad identificare un primopercorso anche il richiamo che le Nazioni Unitelanciano ogni anno in occasione della “GiornataMondiale dell’Ambiente” che si è celebrata nelmese di Giugno. Quest’anno lo slogan lanciato èstato “Pensa, mangia e risparmia”.La riduzione degli sprechi alimentari nelle nostrefamiglie sono un primo comportamento responsa-bile. Spesso si dimentica che per produrre il ciboche finisce in pattumiera servono risorse, comeacqua e terra, e si inquina l’aria con le emissioni digas serra per il trasferimento dei prodotti. Secondola FAO, ogni anno nel mondo gli esseri umani but-tano via 1,3 tonnellate di avanzi, il 30% circa delcibo prodotto e più o meno quattro volte quel che

servirebbe per sfamare le persone che soffrono lafame. Secondo un rapporto stilato dal “BarillaCenter for Food and Nutrition” un cittadino ameri-cano butta mediamente via, ogni giorno, l‘equiva-lente di 1.334 chilocalorie; un cittadino europeo,invece, ne spreca solo 720 al giorno. Due normalicittadini occidentali a sprecare 2.054 kg/cal ognigiorno, cioè il fabbisogno calorico medio di unapersona. Senza contare che anche per produrre.Ridurre gli sprechi alimentari, consumo di prodot-ti a km Zero, sono alcune dei comportamentiresponsabili che possiamo praticare. Queste cifre hanno stimolato papa Francesco, nelcorso della Udienza in Piazza San Pietro del 5 giu-gno, a lanciare alcuni forti richiami di responsabiliz-zazione ambientale che toccano sia la sfera dei nostristili di vita che il piano delle relazioni umane, cioè lacapacità di saper rapportarci con l’altro, cioè conta-minarci a vicenda rispetto alla promozione di unanuova cultura responsabile verso il creato.Papa Francesco ha sottolineato la necessità di unserio impegno a rispettare e custodire il creato, unamaggior attenzione ad ogni persona, a contrastarela cultura dello spreco e dello scarto, per promuo-vere una cultura della solidarietà e dell’incontro.Consentitemi di richiamare alcuni passaggi deldiscorso del papa Francesco: l’invito a “coltivare ecustodire” non solo il rapporto tra noi e l’ambien-te, tra l’uomo e il creato, si associa alla necessità direcuperare i rapporti umani e guardare ai bisognialtrui con la stessa attenzione e cura in cui dobbia-mo difendere l’ambiente, affinché “il mondo sia ungiardino abitabile per tutti”. Quello che comandaoggi, ha ricordato papa Francesco “non è l’uomo,è il denaro, il denaro, i soldi comandano”. “E Dionostro Padre ha dato il compito di custodire la terranon ai soldi, ma a noi: agli uomini e alle donne.Noi abbiamo questo compito! Invece uomini edonne vengono sacrificati agli idoli del profitto edel consumo: è la “cultura dello scarto”. Per contrastare la crisi ambientale il richiamo dipapa Francesco, non è solo a compiere piccoli gestiquotidiani, ma un impegno a farsi carico di “custo-

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Paneveggio - Centro Visitatori del Parco.

dire” ed avere rispetto per ogni creatura di Dio eper l’ambiente in cui viviamo.Questo richiamo si rivolge ad ognuno di noi. A pre-scindere dal proprio credo religioso, ogni essereumano deve farsi carico di assunzione di responsabi-lità per far sì che: l’acqua, la terra, il cibo, la vita, laricchezza e l’energia, il petrolio e molti altri elemen-ti diventino beni comuni e non un lusso per pochi.Non è possibile chiedere ai giovani, alle nuovegenerazioni, comportamenti responsabili se nonsiamo capaci di cominciare a praticarle noi stessiper primi..Ecco l’urgenza che ad un impegno per una ecologiaambientale si affianca oggi l’urgenza di una ecologiaumana, cioè di responsabilizzazione e di mobilita-zione come cittadini, come cristiani o credenti, anchein termini di atti politici, per sollecitare cioè da partedelle istituzioni locali, nazionali nuove politiche disviluppo e nuovi atteggiamenti nei confronti del-l’ambiente e per contrastare il primato del denaro,della economia e della finanza sulla vita, su ogniuomo o essere vivente.Di fronte alla crisi ambientale, è urgente e necessa-rio evitare di cadere nel rischio della privatizzazio-ne della propria esperienza o della verità delle pro-prie convinzioni o del proprio “io”, evitare la pri-vatizzazione della nostra sensibilità ecologica ridu-cendola cioè solo a testimonianza o stile di vita. E’necessario trovare il coraggio di uscire dal rischiodella “autoreferenzialità” per agire in termini di

partecipazione e di responsabilizzazione collettiva. Questo impegno assume un rilievo ancora più forteper una comunità come la vostra comunità france-scana che si richiama alla testimonianza ed al mes-saggio a salvaguardia del creato che San Francescod’Assisi ha diffuso. San Francesco è stato un missio-nario nel suo impegno a salvaguardia del beni delcreato; ogni comunità francescana è chiamata nonsolo a vivere e praticare i valori francescani ma acontaminare e coinvolgere il maggior numero di per-sone rispetto alla salvaguardia del creato.Le Dolomiti, proclamate patrimonio della umanità,che hanno fatto da sfondo a questo convegno, la espe-rienza testimoniata dalla Magnifica Comunità dellaVal di Fiemme di gestione della terra, del bosco, dellemontagne come beni comuni collettivi, affidati cioèalle regole che questa comunità di valle si è data e chehanno saputo tramandare e praticare nel tempo e chehanno consentito di conservare fino a nostri giorniqueste montagne, questi parchi, queste risorse, seassociate all’appello lanciato da papa Francescorispetto alla emergenza ambientale, costituiscono duestimoli per far si che ciascuno di noi possa tornare acasa con una sufficiente consapevolezza ed entusia-smo con cui mettere in pratica l’impegno personale ecollettivo alla salvaguardia dei beni comuni della terrae del creato che sono stati affidati in gestione all’uma-nità. C’è lavoro per tutti e ciascuno è chiamato a farela sua parte. Buon lavoro.* Coord. Italiano Contratto Mondiale dell’Acqua

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La Fondazione Infantile “Club Noel” è l’unico ospedale dedicatoesclusivamente alla cura dei bambini poveri residenti in tutto il Sud-Ovest della Colombia, nella città di Cali. Questa Fondazione è statacreata nel 1924 e da allora è stata sempre al servizio dei bambinipoveri e ammalati che difficilmente potrebbero raggiungere un’altrastruttura sanitaria. Lo spostamento forzato dei contadini verso lacittà ha prodotto una crescita significativa del numero dei bambinimalati da zero a due anni e relativo aumento delle domande allaClinica infantile. Considerando la vita e la salute come diritti fonda-mentali dei bambini, la Fondazione Clinica Infantile ha la necessità

di migliorare ambienti, apparecchiature e personale per salvare lavita di molti bambini poveri. Per questo motivo è necessario il soste-gno finanziario di istituzioni e di privati al fine di poter approntareinterventi e soluzioni adeguate per questi bambini colpiti da com-plesse patologie endemiche, degenerative, infettive, congenite,ecc., causate da: clima tropicale, cattive condizioni alimentari e divita, servizi inadeguati, fattori ereditari.

La Cooperativa Sociale “Frate Jacopa” ha accolto questa richie-sta di aiuto, di cui si è fatto portatore p. José Antonio Merino,che conosce di persona i responsabili della Fondazione e l’im-pegno umanitario da questa profuso. Le offerte, grandi e picco-le, che saranno fatte tramite la cooperativa, saranno inviate,come nostro contributo alla realizzazione di progetti per l’acqui-sto di attrezzature diagnostiche e l’allestimento di una unità dicura intensiva per i bambini che richiedono interventi chirurgicipostoperatori complessi.

Chi intende partecipare può inviare la propria offerta conbonifico bancario sul c/c intestato a Società CooperativaSociale Frate Jacopa presso la Banca Prossima - Roma -IBAN: IT82H0335901600100000011125, precisando la cau-sale “Liberalità a favore della Cooperativa Sociale FrateJacopa per il Progetto Club Noel Colombia”. Sarà rilasciataricevuta per usufruire delle agevolazioni fiscali previste dallalegge. Sul Cantico saranno date periodiche informazioni sul-l’andamento della raccolta.

SSOOSSTTEEGGNNOO AA DDIISSTTAANNZZAA

CLINICA INFANTILE “CLUB NOEL”I bambini della Colombia attendono il nostro aiuto

Accolgo con molto piacere l’invito a presentare ilnostro Parco naturale, le attività che svolgiamo e ilmodello gestionale che lo caratterizza.Il Parco fu istituito nel 1967 con l’adozione delprimo Piano Urbanistico Provinciale, nel qualefurono tracciati i primi confini e definita la super-ficie entro la quale creare l’area protetta. In originela superficie era di appena 15.700 ettari circa, masuccessivamente, con la revisione e l’adozione delnuovo P.U.P. (1987) venne ampliata agli attualiquasi 20.000 ettari. Nel 1990 la gestione dell’areaprotetta fu affidata all’Ente Gestore Parco NaturalePaneveggio-Pale di San Martino che ha personalitàgiuridica autonoma e che quindi decide e legifera.Gli organi che costituiscono l’Ente Gestore sono inprimis il Comitato di Gestione, formato da tutti irappresentanti delle amministrazioni comunali chehanno del territorio all’interno dei confini delParco, dai rappresentanti degli allevatori, dai cac-ciatori, pescatori, associazioni ambientaliste, ope-ratori economici, insomma tutti i vari portatorid’interesse. Il Comitato elegge il Presidente e laGiunta Esecutiva, che dettano le linee di indirizzopolitiche dell’Ente. Il Direttore, Dott. VittorioDucoli, mette in atto gli emendamenti che laGiunta delibera oltre ad essere anche il responsabi-le del personale.Il territorio del Parco ha una superficie di circa20.000 ettari compresi in 9 Comuni (Canal SanBovo, Imer, Mezzano, Moena, Predazzo, SagronMis, Siror, Tonadico e Transacqua, citandoli in ordi-ne alfabetico) e 3 Comunità di Valle (Fassa, Fiemmee Primiero).Come si può intuire con un territorio così diversifi-cato le politiche che in esso devono coesistere sonomolte e molto diverse le une dalle altre. Qualchegiorno fa in occasione della passeggiata con lo

scrittore e giornalista Paolo Rumiz, il Direttore delParco ha definito giustamente il Parco come terradi conflitto e in effetti non può che essere così. Lanecessità di perseguire delle politiche di conserva-zione, si deve confrontare e a volte scontrare conl’esigenza di uno sviluppo territoriale che consentala prosecuzione delle varie attività che in esso esi-stono, dando così delle garanzie di sviluppo ai sog-getti che vi operano. Proprio per questo motivo illegislatore ha cercato di far sedere al tavolo delledecisioni (il Comitato di Gestione del Parco) tutti iportatori d’interesse, in modo che si possano con-frontare tra loro e siano in grado di decidere per ilmeglio.Bisogna ammettere che negli ultimi anni si notauna sempre maggior attenzione e sensibilità riguar-do ai temi della sostenibilità, temi che in Trentinosono ben richiamati anche dalle linee guida delturismo che il governo provinciale ha emanato,andando così a rafforzare il legame che esiste traturismo e aree protette, ammettendo quanto siaimportante mantenere integro un paesaggio come ilnostro, riconosciuto anche a livello mondiale comepatrimonio dell’umanità.I Parchi fanno questo e molto di più, garantendouna fruizione sicura ed ordinata del territorio,anche nelle aree più pregiate, promuovendo edivulgando con le varie attività didattiche rivolte aivisitatori e alle scolaresche quelle che sono le azio-ni più corrette e rispettose dell’ambiente che ognu-no di noi può portare avanti nel vivere quotidiano.In tutto questo le varie ricerche scientifiche che ilParco sta portando avanti da anni, diventano stru-mento essenziale per conoscere in modo accurato ilterritorio e tutti i suoi habitat, gli animali e le pian-te che in esso vivono, in modo da capire sempre dipiù quali interazioni esistono tra azioni umane e

ambiente. A volte tali azioni sirivelano indispensabili per ilmantenimento di determinatipaesaggi e habitat, mentre avolte ci si accorge che qualcheatteggiamento deve essere rivi-sto, non per il semplice gusto dicreare vincoli, ma semplicemen-te per garantire la conservazionedi un patrimonio inestimabilecome il nostro.Ora non posso che pensare ad undato di fatto; se il Parco ha circa45 anni, vuol dire che 45 anni fai nostri territori erano stati consi-

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IL PARCO DI PANEVEGGIOE PALE DI S. MARTINO

La ricerca dell’armonia tra uomo e ambiente

SSPPEECCIIAALLEE CCOONNVVEEGGNNOO

Il parco di Paneveggio.

Dovendo relazionare brevemente nell’ambito deiquesto convegno, lo spunto di riflessione che primosi presenta all’attenzione di uno che per professio-ne si occupa di gestione di ecosistemi, in particola-re dell’ecosistema forestale, parte proprio dallaprima parte del titolo, “Custodia del Creato”.Un aggancio immediato si pone, nel contesto del con-vegno, con la Preghiera del Forestale, che ne richiamain più parti il titolo. Di questa preghiera vorrei sottoli-neare in particolare le tre azioni che si accompagnanoin relazione al Creato: Conservazione, Cura e Difesa.

Tutte e tre sono in diretta connessione con la Custodia,esplicitandone i vari modi in cui si attua.La parola Custodia è però in sé piuttosto indeter-minata se avulsa dal contesto in cui viene usata. Custodia può richiamare la conservazione di ungioiello, di un quadro, di denaro per difenderli daldegrado o dal furto. Ma si tratta di cose inanimate.Custodia può richiamare la limitazione della liber-tà di una persona in un carcere, per evitare chescappi o per punizione, ma se non accompagnatada un’opera di riabilitazione diventa inutile stru-mento di tortura.Custodia infine può essere cura dell’ambiente checi viene affidato, che è vivo, e non può esseremesso sotto una campana di vetro, passivo, marichiede un’azione attiva e attenta, un’interazionecon l’attività umana affinché possa dispiegare isuoi processi e le sue potenzialità ed essere nelcontempo di perenne utilità per la vita umana.L’attività dell’uomo in relazione alla Natura (di cuispesso si dimentica di far parte) richiama pertantoproprio le qualità del Custode, cui un bene viene affi-dato perché si conservi nel tempo, con Conoscenzaed Equilibrio.Spesso nel rapporto con la Natura queste qualitàmancano. Si evidenziano alcune situazioni dove lamancanza dell’uno e dell’altra difettano, e altredove Conoscenza ed Equilibrio sono invece puntifondamentali dell’azione umana a contatto conl’elemento naturale.La prima immagine, di immediata comprensione,si riferisce ai tagli di bosco come vengono effet-tuati in molte parti del mondo. In nome dell’esube-ranza tecnologica, utilizzando grossi macchinari, siè massimizzata l’efficienza della raccolta senzacurarsi minimamente delle conseguenze sul terri-torio. Come risultato, a fronte di immediati alti

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CONSERVAZIONE, CURA E DIFESAIntervento al Convegno “Custodia del creato come stile di vita

Preghiera del ForestaleItaliano a S. GiovanniGualberto, Patrono deiForestali Italiani

O Signore, che con la tua grazia illumini lenostre menti e i nostri cuori, aiutaci ad accre-scere ogni giorno la nostra speranza.La vita ci ha posti al servizio del Paese, per laconservazione, la cura e la difesa delle cosepiù belle del Creato: gli alberi, gli animali, leacque, le montagne che Tu ci hai donato, albeneficio dell’uomo.Rendici, o Signore, più consapevoli di questoprivilegiato impegno e mantienici ad esso pie-namente fedeli.E Tu, San Giovanni Gualberto, nostro Patrono eMaestro, guidaci per il sentiero della vita cheporta alla carità cristiana e alla solidarietà civile.Aiutaci a comprendere sempre più le operedel Creatore e i legami che uniscono tra lorole Sue creature, in modo che anche la nostrafatica si svolga sempre in armonia con il dise-gno divino.Amen

derati assolutamente importanti dal punto di vistasia paesaggistico che naturalistico, e questo graziead un utilizzo consapevole dei suoi abitanti.Provocatoriamente mi verrebbe da dire che perpoter gestire al meglio tale area protetta, sarebbesufficiente seguire quanto fatto dai nostri avi, senon fosse per il fatto che gli anni passano e le esi-genze cambiano col passare del tempo.Le tradizioni, i metodi storici di utilizzo silvo-pastorale del territorio, la cultura locale eccetera,sono un’ottima base di partenza, ma non possonoessere la soluzione certa per tutto. E’ fondamen-tale avere una visione a 360° per poter gestire conlogiche lungimiranti un territorio che è il veromotore dell’economia locale. Qualcuno di famo-so (Albert Einstein) ha detto che “la mente è

come un paracadute, funziona solo se si apre”, emi rendo sempre più conto che è la semplice veri-tà.Ecco perché non dobbiamo ostinarci a trovare deicompromessi tra conservazione e sviluppo, ma sem-plicemente armonia tra uomo e ambiente, un’armo-nia che si può sintetizzare nella ricerca di attività chepossano garantire uno sviluppo sostenibile allenostre valli, in modo da poter consegnare ai nostrifigli un mondo molto simile e forse migliore di quel-lo che ci è stato lasciato dai nostri avi.Spero che il mio intervento sia stato di stimolo peril vostro importante e interessante convegno e viringrazio ancora dell’invito.

Giacobbe Zortea, Presidente del Parcodi Paneveggio e Pale di S. Martino

profitti dalla vendita di enormi quantità di legname,si sono innescati processi di erosione che minanola possibilità di ricrescita del bosco e comportanogrossi problemi di alluvioni a valle. Con otticamiope si riesce quindi a fare nel modo più efficien-te la cosa sbagliata. Qui non manca la Conoscenza,ma l’Equilibrio per dare al futuro almeno lo stessopeso che al profitto.Sull’altra faccia della medaglia rispetto al disprez-zo per la Natura in nome del profitto sta la suaidealizzazione, la scarsa conoscenza e considera-zione per i suoi reali meccanismi. Questo aspettorisulta spesso evidente nel rapporto che si ha con lacomponente animale della Natura. Ormai più di metà della popolazione della Terravive nelle città, cioè in un’ambiente in gran parteartificiale, costruito ponendo l’uomo al centro,dove poco spazio rimane per i processi naturali. Ecosì spesso la conoscenza della Natura e delle sueleggi avviene solo attraverso la mediazione dellerappresentazioni che ne vengono date, che lascianospazio più all’abilità di comunicazione che allaconcretezza della conoscenza. La Natura divienecosì spesso un mito, un’icona immobile nellamente. Di questo travisamento sono eloquenti indi-zi alcuni aggettivi che spesso vi si associano: unambiente è naturale se è “incontaminato”, se viene“difeso”, se viene “conservato”, aggettivi questiultimi con una forte connotazione negativa ovesolo la Natura è “buona” e l’uomo può solo essere“corruttore”, a meno che non sia un “buon selvag-gio”. Anche questa visione porta con sé conse-guenze negative e ostacola un buon rapporto “atti-vo” dell’uomo con l’elemento naturale. Le immagini sul secondo poster vogliono darneun’esempio: la prima riporta un’orsa con il suo pic-colo in un ambiente montano. E’ un’immagineneutra, che fotografa semplicemante un momentodi normale vita di un animale. Ben diversa dalla rappresentazione (l’orso Yoghi)con la quale si trasmette ai bambini la conoscenzadell’animale. Niente male in sé per far trascorrerequalche tempo piacevole ai bambini, se non fosseche spesso è l’unica conoscenza, mediata e accatti-vante, che viene fornita loro. L’”umanizzazione” del-l’animale fornisce una conoscenza distorta della suarealtà ed è la base per la formazione di opinioni eposizioni bizzarre che formano poi spesso l’opinionepubblica e condizionano fortemente la politica. Ma gli effetti di questa umanizzazione sono emoti-vi: viene sancita l’intoccabilità dell’animale iconico,come nel caso della gestione dell’orso recentementereintrodotto in Trentino e che si sta moltiplicando

abbondantemente. Per la legge italiana e soprattuttosotto il ricatto morale della sacralità ambientalistadell’icona orso la sua popolazione non può essereregolata, gestita, (come si fa negli altri paesi europeidove è presente) ma è intoccabile. Anche nel caso incui possa creare problemi consistenti ci si deve limi-tare a misure puramente difensive, passive, spessopoco efficaci. Ne sono testimonianza i casi di stragidi animali domenstici (verso la sorte dei quali i puri-sti della difesa dell’icona orso non mostrano alcunasensibilità, liquidando la loro sorte come sufficiente-mente compensata dal risarcimento monetario alproprietario). Esse avvengono quando, rinchiusi inun recinto da cui non possono fuggire ed in cui l’or-so sia riuscito ad entrare, vengono sterminati senzanemmeno essere mangiati. E’ un fenomeno chericorre spesso nei predatori: in presenza di molteprede inermi vengono presi da una frenesia di ucci-dere che non ha più nulla a che vedere con la neces-sità di alimentarsi. E’ nozione elementare che nessuna popolazione(né di orsi né di umani) può crescere indefinita-mente in un ambiente reale (quindi limitato). Primao poi un limite si impone, che venga posto conragione o secondo Natura, la quale non è semprecosì amica e sorridente come le sue rappresenta-zioni edulcorate vogliono spesso indurci a credere.Da ultimo l’immagine di come si possa agire nellaNatura per il vantaggio dell’uomo e nel contempocustodirla. E’ l’immagini della normale attivitàforestale come viene condotta in Trentino e in tantealtre zone dove il concetto di “sostenibilità ambien-tale” dell’azione umana è attuato da ben prima chela parola venisse coniata.La marcatura delle piante mature da tagliare, con lapuntuale presenza del forestale, dà spazio allanuova generazione di alberi. Le piante mature sonostate tagliate, ma l’esiguità della superficie ditaglio elementare fa si che il bosco circostante pro-tegga il terreno da possibili erosioni in attesa dellenuove piantine che nasceranno spontaneamente dalseme di quelle circostanti. Anche l’impiego della tecnologia, come nel casodelle moderne teleferiche, può in buona sostanzaaccompagnare la sostituzione del bosco vecchiocon quello nuovo che preme.Conoscenza ed Equilibrio quindi possono aiutareanche nel rapporto diretto, pratico con la Natura,per far sì che essa non venga solo conservata o uti-lizzata, ma anche custodita attivamente.

Bruno Crosignani, Direttore Uff. DistrettualeForestale di Cavalese

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Il bellissimo e importante Convegno sul tema“Custodia del creato, come stile di vita: gratuità,reciprocità, riparazione” ci ha visto riuniti comeFraternità Francescana e Cooperativa Sociale FrateJacopa per la Settimana di formazione, provenien-ti dalle varie parti d’Italia, nel meraviglioso pae-saggio dolomitico della Val di Fiemme e precisa-mente in località Bellamonte, accolti nella bella eapprezzata struttura dell’Hotel Torretta.Affiorano forti nel nostro animo le emozioni cheabbiamo gustato. È stato motivo di grande soddisfa-zione per la Fraternità Frate Jacopa di Predazzol’aver collaborato con la Fraternità Nazionale all’or-ganizzazione di questo incontro e il condividere in unclima familiare il grande dono della creazione assie-me all’esperienza del nostro territorio.Si è vista anche la presenza numerosa e interessatadi cittadini locali e turisti.Il Meeting di Fraternità Nazionale ha avuto iniziocon la celebrazione della S. Messa presieduta dalParroco, Don Giorgio Broilo, che ci ha accolto nellaChiesa di Predazzo presentandoci alla Comunità ecomunicando a tutti il programma del Convegno.Assieme alla realtà parrocchiale abbiamo sentitopartecipe l’Amministrazione Comunale, che ha con-cesso il suo Patrocinio alla manifestazione, ospitatanella Sala Polifunzionale di Bellamonte. Il SindacoDott.ssa Maria Bosin e l’Assessore alla culturaLucio Dellasega ci hanno testimoniato con la loropresenza e i loro rispettivi contributi una significati-va consonanza di intenti in ordine alla custodia delcreato. Abbiamo ammirato il meraviglioso ambiente dellaDolomiti organizzando passeggiate per grandi epiccoli in un sereno clima fraterno. In questo con-testo si è assaporato fortemente la bellezza delgrande dono del creato come vera prima parola di

Dio, come chiesa naturale, che immediatamenteporta alla contemplazione, allo stupore e alla con-divisione con altri fratelli, come ci ricorda ilCantico delle creature.Dopo essere stati introdotti da una visita guidata alCentro Visitatori che ci ha fatto conoscere la realtàdi questa oasi naturale nei suoi vari aspetti, abbia-mo visitato il Parco e successivamente la ValVenegia dove spiccano come in un ampio anfitea-tro le Pale di S. Martino.Di non minore importanza la visita al Museo etno-grafico di Nonno Gustavo a Bellamonte, che hafatto gustare la realtà contadina e artigianale di unpassato da non dimenticare. La visita guidata alMuseo Geologico a Predazzo ha destato moltacuriosità e interesse sulla straordinaria storia delleorigini di queste zone: i bambini sono stati i mag-giori protagonisti con le loro domande mirateriguardo ai messaggi speciali che riceviamo ancoraoggi da 240 milioni di anni fa. Questo ricco itinerario non ci ha distolto, anzi hafavorito, l’approfondimento comunitario del tema diformazione, presentato dagli autori del testo dell’an-no sulla Nuova Evangelizzazione “Caritas Christiurget nos” nei giorni precedenti il Convegno.Grande l’apprezzamento da parte di tutti i parteci-panti anche per la cura, valorizzazione e gestione delterritorio. Nel mio animo ho provato una “doppia”gioia nell’aver potuto condividere questa emozionecon altri miei fratelli e aver potuto far conoscerel’ambiente dove ho avuto la grazia di nascere.Vivo l’interesse della comunità ecclesiale e civileper il tema scelto per il Convegno, che ci auguria-mo possa preludere a ulteriori momenti di intera-zione con l’Amministrazione Comunale e laComunità tutta di Predazzo.

Marilena Lochmann

IL DONO DEL MEETING DI FRATERNITÀA BELLAMONTE

SSPPEECCIIAALLEE CCOONNVVEEGGNNOO

CAPITOLO DELLE FONTIAssisi, 8-10 novembre 2013

Per informazioni, richiesta del programma e prenotazioni rivolgersi a:

Fraternita’ Francescana e Cooperativa Sociale Frate Jacopa

www.coopfratejacopa.it - info@coopfratejacopa. it - http://ilcantico.fratejacopa.net

La Fraternita’ FrancescanaFrate Jacopa si ritrovera’ad Assisiper rinnovareil pellegrinaggioalla fonte della luminosaesperienza evangelicadi S. Francesco,cantore del creato,sposo di Madonna Poverta’,in Cristofratello di ogni uomo.

Anche tu sei invitato!