Il numero e il segno

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I I L L N N U U M M E E R R O O E E I I L L S S E E G G N N O O Architettura e simbolo in età costantiniana Di Gabriella Cetorelli Schivo Fotografie ed apparato iconografico di Alfredo Corrao Pubblicato il 21 ottobre 2010

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Architettura e simbolo in età costantiniana

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Di Gabriella Cetorelli Schivo

Fotografie ed apparato iconografico di Alfredo Corrao Pubblicato il 21 ottobre 2010

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Una nuova concezione del mondo All’inizio del IV secolo d. C. quando Roma cominciava a modificare il suo aspetto urbanistico e si diffondevano ormai indistintamente nella società

romana i segni di una nuova concezione del mondo e dell’uomo, l’imperatore Flavio Valerio Costantino, forte di una missione affidatagli “instinctu divinitatis”, introduceva nella vecchia cultura ormai decadente un rinnovamento profondo che avrebbe pervaso di sé i secoli a venire.

Quel giovane Cesare dal volto aperto e sottile, dai grandi occhi dallo sguardo vivo, dotato di ingegno militare, di grandi capacità comunicative e di brillante intelletto, sarebbe riuscito con la sua saggezza e col suo pragmatismo politico a contraddistinguersi per tolleranza, capacità di decisione e di azione, anelando, secondo quanto ci riferisce Eutropio, “al dominio del mondo intero”.

Siamo negli anni in cui, ansioso di svincolarsi dal modello tetrarchico, dai quattuor principes mundi, e di imporre il proprio dominio assoluto, Costantino, lasciata Augusta Treverorum (Treviri) giunge alla volta di Roma dove lo attende Massenzio “ brutto e meschino, d’aspetto presuntuoso quanto incapace, crudele quanto vizioso e superstizioso”, come ce lo presentano le fonti. E’ lo scontro epico tra i due contendenti.

Così, sull’ansa del Tevere tra la via Cassia e la Flaminia, sotto l’impeto delle truppe di Costantino guidate dallo stesso imperatore, i soldati di Massenzio, con il loro condottiero, vengono travolti dalle acque del fiume in piena, come ci racconta , con suggestiva immagine, Eusebio di Cesarea:”come al tempo di Mosé Dio scagliò in mare i carri del Faraone e le sue forze, così anche Massenzio e i suoi soldati colarono a picco come piombo nell’ acqua impetuosa”.

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Il mausoleo di Costantina visto dall’esterno (foto di A. Corrao) Costantino “liberatore dell’Urbe” Con la vittoria del 312 d.C. ad Saxa Rubra Costantino , divenuto “liberatore dell’Urbe e vendicatore dello Stato contro il tiranno e la sua fazione”,

come si evince dalla formula fatta apporre nel passaggio del fornice maggiore e nella grande iscrizione dedicatoria dell’arco eretto in suo onore nella valle del Colosseo, sente sempre più preponderante il dovere di imporre, ancora una volta, la legittimità della sua posizione dinastica.

Fino a quel momento Massenzio, animato dalla stessa necessità, aveva cercato di far leva sulla sua situazione di privilegio nei confronti degli altri tetrarchi, enfatizzando la sua romanitas, il fatto cioè che egli fosse l’unico imperatore a risiedere nella vecchia capitale, considerando inscindibile il binomio Roma - impero.

Nella sua ansia di rivitalizzazione della città, Massenzio aveva dato un particolare impulso all’attività edilizia. Aveva inoltre imposto al suo unico figlio, morto tragicamente nel 309, il nome di Romolo, proprio a voler sottolineare la diretta derivazione tra il

mitico fondatore della città e la sua discendenza. Costantino non dovette restare indifferente alla suggestione che tali argomenti esercitavano, se appena preso il potere cercò a sua volta di appropriarsi

di tali simboli e tradurli in monumenti “di apparato” della sua maiestas. Né dovette rimanere indifferente di fronte al tipo di costruzione privata che Massenzio aveva creato sull’Appia, dove, insieme al palazzo imperiale,

aveva posto anche il mausoleo dedicato al figlio Romolo e le strutture di un grande circo, creato per offrire giochi in onore del giovane, prematuramente scomparso.

Si trattava di un modello dinastico che affondava le sue radici nella più antica tradizione romana, riproposta anche nel complesso di Galerio a Salonicco. Costantino, tuttavia, doveva dare una connotazione nuova a queste caratteristiche strutturali.

Tradizione greca e mondo italico Così nella intensa attività edilizia che intraprese a Roma, prima di portare se stesso, la propria famiglia e il potere imperiale in “quella immensa,

splendida e felice città a cui avrebbe donato il proprio nome, Costantinopoli” (Chronicon Paschale), attuò il singolare progetto costituito dalla connessione del mausoleo a pianta centrale di chiara derivazione italica ad una struttura circiforme , riferita alla tradizione prima greca e poi romana di celebrare giochi in onore dei defunti.

Nacquero in tal modo le basiliche cimiteriali con deambulatorio, grandi aule di culto a forma di circo, alcune delle quali connesse a mausolei destinati ai membri della famiglia imperiale, della cui genesi e del cui valore simbolico tanto si è discusso nel corso degli ultimi anni.

Si tratta, in particolare, della basilica Apostolorum sull’Appia, di quella di San Marco sull’Ardeatina, della basilica dei Santi Marcellino e Pietro sulla Labicana, della cd. basilica “anonima” presso Tor de Schiavi sulla Prenestina, della basilica di S. Agnese sulla Nomentana, della basilica di S. Lorenzo f.l.m. sulla Tiburtina, disposte, come appena enunciato, in ambito periurbano ad anello sulle grandi arterie consolari che affluivano nella Capitale.

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Nel tentativo di comprendere la genesi e i significati che le stesse devono aver assunto nelle scelte architettoniche ed ideologiche dell’imperatore e dei membri della sua famiglia, è interessante proporre un confronto tra queste basiliche ed altri edifici religiosi la cui costruzione fu intrapresa dagli architetti di Costantino nel corso della sua attività edilizia romana.

“Hic fecit basilicam…” Nel 312 si colloca l’edificazione della prima basilica cristiana, dedicata al San Salvatore in Laterano, che caratterizza il transito dall’architettura del

periodo della chiesa tollerata, all’architettura della chiesa trionfante. La tipologia del nuovo edificio poneva il problema della forma architettonica, per la quale dovevano essere progettati nuovi parametri. Gli architetti delle basiliche costantiniane, che risolsero felicemente tale passaggio con la creazione di un prototipo di basilica adattata alle nuove

funzioni religiose, non dovettero aver agito da soli nell’ideazione del rinnovato edificio.

Il mausoleo di Costantina. Particolare del tamburo (foto di A. Corrao)

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Milziade, l’artefice del cambiamento Fu il vescovo, in realtà, il vero artefice di questa trasformazione, fornendo indicazioni precise ai progettisti in modo che l’edificio rispondesse a precise

esigenze funzionali e liturgiche. Nel 312, a Roma, era vescovo un presbitero di origine africana, Milziade, di cui poco sappiamo, ma che gli storici sono concordi nell’indicare come

“l’artefice del cambiamento”. Stimato da Costantino, che in una missiva del 313 lo chiama affabilmente “amatissimo”, rivestì alla corte imperiale responsabilità di rilevo. In un panegirico di Eusebio di Cesarea si indica il costruttore come “ nuovo Salomone, che ha formato questo magnifico tempio di Dio …sul modello di

quanto il visibile possa corrispondere all’invisibile “. E’ questa la sola attestazione che abbiamo sul carattere simbolico dell’architettura religiosa di età costantiniana. Una “metrologia teologica” nascosta nel progetto La Basilica Lateranense, primo edificio religioso eretto da Costantino, è costituita da un’aula scandita da cinque navate, le cui dimensioni di

98,28x52,74 m, misurate in piedi romani (un p.r. corrisponde a 0,297 m) diventano di 300x180 . (E. Gautier di Gonfiengo - R. Krautheimer). Tale lunghezza rappresenta la misura simbolica corrispondente al Tau dell’alfabeto greco, lettera simbolo della croce, il cui significato numerico è

ascrivibile, per l’appunto, al numero trecento, riferimento che non può essere casuale. Papa Milziade, di provenienza africana, conosceva il valore simbolico del numero trecento perché mediato dalla tradizione di Clemente ed Atanasio

della Chiesa di Alessandria di Egitto: è quindi verosimile che abbia voluto inserire la misura di 300 con allusione alla croce, il tau appunto, nella basilica di cui era diretto responsabile.

In particolare Clemente Alessandrino nel 200 d.C. riporta che “Tau, la lettera che significa trecento è, quanto alla sua forma, tipo del segno del Signore”.

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A lato: La basilica costantiniana di S. Agnese sulla Nomentana (foto di A.

Corrao) Sotto: Roma, Museo Capitolini, Palazzo dei Conservatori. Ritratto colossale

di Costantino (foto di A. Corrao) Pagina seguente: Particolare della basilica circiforme di S. Agnese sulla

Nomentana (foto di A. Corrao)

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La basilica dedicata all’apostolo Pietro in Vaticano, datata intorno al 318, ripropone anch’essa il modulo dei 300 piedi , che compare reiterato per ben

tre volte: ripetizione che non può ritenersi occasionale. Va rilevato che anche la basilica dell’Anastasis a Gerusalemme, eretta da Costantino sul Santo Sepolcro, presenta una lunghezza totale di 300 cubiti,

riprendendo, nella ripetizione del numero cristologico, quello dell’arca di Noè (Gen. 6,1).

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L’importanza e il senso del numero sono inoltre ben teorizzati da Aurelio Agostino di Ippona, nel suo “De Doctrina Christiana” scritto tra la fine del IV e il V sec. d.C., che afferma:’Ignorare o sottovalutare il significato mistico dei numeri significa precludersi la comprensione di un'infinità di nozioni contenute, in forma di raffigurazioni, nella Scrittura. Uno spirito nobile non rinuncerà facilmente a coglierne il significato…. E la chiave di questo mistero si trova unicamente riflettendo sul numero espresso.”

Iscrizione dell’arco di Costantino a Roma (foto di A. Corrao)

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L’eccezione delle basiliche cimiteriali con deambulatorio Tuttavia riguardo gli edifici di culto eretti da Costantino e dai suoi epigoni, non sempre

viene rispettato questo precetto legato al numero. Infatti nelle sei basiliche romane con deambulatorio, collocate cronologicamente tra gli anni 320 e 350 d.C., l’indicazione dei 300 piedi romani non appare, nelle dimensioni rilevate.

Si tratta delle basiliche già indicate, che Costantino, per prudenza nei confronti del Senato romano, fece costruire su terreni di proprietà imperiale e familiare, situati nel suburbio della Città.

Di fatto nelle prime quattro, vale a dire la basilica dei Santi Marcellino e Pietro, la basilica presso Tor de’ Schiavi, la basilica presso S. Sebastiano, e quella di San Marco sull’Ardeatina, si rilevano dimensioni inferiori ai 300 piedi, mentre le restanti due basiliche, quella presso il mausoleo di Costantina e quella di S. Lorenzo f.l.m., sono di misura maggiore.

E’ pertanto verosimile come in questo caso il valore simbolico dovesse essere di natura del tutto diversa da quello degli specimena costituiti dalle altre grandi aule basilicali basate, come si è visto, su una “metrologia teologica nascosta nel progetto” (E. Gautier di Gonfiengo) , poiché diversa doveva essere la loro finalità costruttiva.

In particolare la funzione di coemeteria coperta (aree sepolcrali al chiuso) di queste basiliche, nel sottolinearne il palese valore evergetico, le allontana dalla valenza cristologica che sembra essere stata espressione della volontà costruttiva di Costantino, dei suoi vescovi e dei suoi architetti, nelle realizzazioni appena ricordate.

A lato: Planimetria della basilica dei SS. Marcellino e Pietro sulla Labicana Pagina seguente a destra: Planimetria della Basilica di S. Agnese sulla Nomentana Pagina seguente a sinistra: Planimetria della Basilica dei SS. Apostoli sull’Appia

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Pagina precedente in alto: Planimetria della Basilica anonima sulla Prenestina Pagina precedente in basso: Planimetria della Basilica anonima sulla Prenestina Planimetria di S. Lorenzo f.l.m. sulla Tiburtina Terminata l’era delle persecuzioni, infatti, andava valutata la sempre crescente diffusione del culto dei martiri e la dilagante volontà da parte dei fedeli

di celebrare la loro memoria in commemorazioni collettive che confluivano , come ben ha sottolineato il Krautheimer, nel rito eucaristico. Tali manifestazioni di diffusa devozione popolare nei confronti delle tombe venerate dei santi portò alla ben nota esigenza, da parte dei devoti, di avere la propria sepoltura nelle basiliche martiriali, vicino ai beati che avevano venerato in vita e alla cui protezione si affidavano al momento della morte.

Un nuovo significato simbolico. L’imperatore cristiano e i suoi successori non rimasero insensibili a questa esigenza, che tradussero proprio nella volontà di offrire alla sempre maggiore

turba di fedeli, con le realizzazioni di grandi complessi connessi alle memoriae di martiri venerati (Santi Apostoli, Santi Marcellino e Pietro, San Lorenzo, Santa Agnese e San Marco) una serie di edifici che, a ragione, il Bisconti ha definito “immensi contenitori funerari, satelliti veri e propri delle catacombe”.

Così, abbandonato il significato architettonico e numerico del tau, si scelse per la costruzione di queste basiliche una planimetria di diverso carattere simbolico, che ricalcava, nel segno, il modello del circo, inteso come palestra di vita.

L’unione di queste basiliche circiformi con un mausoleo dinastico dovette inoltre enfatizzare la politica apologetica dell’imperatore, volta ad associare il culto dei martiri, attraverso una simbologia della vita intesa come una chiara allusione ai giochi circensi, ad un linguaggio paradigmatico che opponeva alla forza fisica le virtù morali.

Il tutto nell’esigenza da parte dell’imperatore di manifestazioni di liberalitas legate alla diffusione e al rapido propagarsi della nuova fede , come pure nell’ esaltazione e nella legittimazione delle proprie antiche origini, in analogia a quanto, prima di lui, aveva già fatto Massenzio.

E’ probabilmente dalla necessità di associare tante, diverse e talora sottese forme di propaganda del potere imperiale, di cui tali costruzioni rappresentano, “come nessun altro monumento, il segno visibile di una autentica svolta in cui l’antichità si chiudeva ( H. Brandemburg) “, che si può infine valutare e comprendere il significato di un particolare periodo e di una circoscritta temperie culturale, sospesa tra il numero e il segno, nella storia dell’architettura cristiana antica...

Gabriella Cetorelli Schivo “Percorreremo insieme le vie che portano all'essenza…”

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La basilica circiforme di S. Marco sull’Ardeatina vista dell’alto. Si notino le fitte sepolture terragne (formae) che la ricoprono completamente

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Sotto: La basilica costantiniana di S. Giovanni in Laterano. Assonometria con fastigium e solea.

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Il complesso della Villa di Massenzio sull’Appia ed il Mausoleo dedicato al divo Romolo.

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Il Mausoleo di Costantina e la Basilica di Santa Agnese sulla Nomentana visti dall’alto.

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Didascalie delle immagini: Foto 1- Il mausoleo di Costantina visto dall’esterno (foto di A. Corrao) Foto 2- Il mausoleo di Costantina. Particolare del tamburo (foto di A. Corrao) Foto 3- La basilica costantiniana di S. Agnese sulla Nomentana (foto di A. Corrao) Foto 4- Particolare della basilica circiforme di S. Agnese sulla Nomentana (foto di A. Corrao) Foto 5- Roma, Museo Capitolini, Palazzo dei Conservatori. Ritratto colossale di Costantino (foto di A. Corrao) Foto 6- Iscrizione dell’arco di Costantino a Roma (foto di A. Corrao) Foto 7- Planimetria della Basilica dei SS. Apostoli sull’Appia Foto 8- Planimetria della basilica dei SS. Marcellino e Pietro sulla Labicana Foto 9- Planimetria della Basilica di S. Agnese sulla Nomentana Foto 10- Planimetria della Basilica anonima sulla Prenestina Foto 11- Planimetria di S. Lorenzo f.l.m. sulla Tiburtina Foto 12- La basilica circiforme di S. Marco sull’Ardeatina vista dell’alto. Si notino le fitte sepolture terragne (formae) che la ricoprono completamente Foto 13 Il complesso della Villa di Massenzio sull’Appia ed il Mausoleo dedicato al divo Romolo. Foto 14- La basilica costantiniana di S. Giovanni in Laterano. Assonometria con fastigium e solea. Foto 15- Il Mausoleo di Costantina e la Basilica di Santa Agnese sulla Nomentana visti dall’alto. NB: Le foto dal n. 7 al n. 15 ( esclusa la n. 6) sono tratte da: S. ENSOLI- E. LA ROCCA, “Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana” , Roma 2000. Ottimizzazione ed editing di Alfredo Corrao.

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