Il Chinino (num. 1, aprile 2014)

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Chinino IL BIMESTRALE CON EFFETTI COLLATERALI Il Chinino | Bimestrale d’informazione | Anno IV - numero UNO - Aprile 2014 | Copia gratuita Gazebo anno zero Come un urugano la burocrazia spazza via i dehors dei commercianti L’INCHIESTA La persecuzione degli ebrei Lo zelo dei funzionari nella provincia del duce La bonifica integrale secondo Bonetti Il capolavoro futurista patrimonio cittadino PONTINIA OTTANTA I SEGRETI DEL MAP il E dalla palude nacque una città Littoria, le sue leggende e le sue utopie PRIME PIETRE

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SOMMARIO 4 L'INCHIESTA Il pasticcio dei gazebo 8 CRONACHE CITTADINE Ex torre idrica, atto finale 10 AGRI_CULT Salviamo i nostri semi 12 BCC Filiali in doppia cifra 14 PRIME PIETRE Il mito felino di Littoria 18 PONTINIA OTTANTA Ebrei nell'Agro 20 L'ANGOLO DEL POETA Sant'Anna, madre nostra 22 ANTICHE ORME La villa dell'imperatore 25 I SEGRETI DEL MAP Un futurista in palude 26 CRONACHE CITTADINE L'industriosa Forum Appii

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Chinino

Il bImestrale con effettI collateralIIl chinino | bimestrale d’informazione | anno IV - numero Uno - aprile 2014 | copia gratuita

Gazebo anno zeroCome un urugano la burocrazia

spazza via i dehors dei commercianti

L’inchiesta

La persecuzionedegli ebreiLo zelo dei funzionarinella provincia del duce

La bonifica integralesecondo BonettiIl capolavoro futurista patrimonio cittadino

POntinia Ottanta i seGReti DeL MaP

il

E dalla paludenacque una città Littoria, le sue leggendee le sue utopie

PRiMe PietRe

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.

Si potrebbero chiamare storie di ordinaria bu-rocrazia, riderci sopra, raccontarlo all’estero. eppure di ordinario non c’è proprio niente nella storia dei dehors, o più semplicemente

gazebo. così come non c’è niente di ordinario nella riqualificazione dell’ex torre idrica, con lavori che van-no avanti dal 2009.

nel primo caso si assiste ad autorizzazioni pro tem-pore che non diventano mai definitive, malgrado ci sia un regolamento comunale. Insomma la strada sembra tracciata, ma poi ci si dimentica che c’è pure la Regione Lazio che deve tutelare il centro storico e il codice della strada che deve tutelare gli automo-bolisti e i pedoni. Il risultato è che non si trova una quadra.

Nel secondo caso, invece, si assiste al solito balletto delle responabilità di chi paga il conto. tra ministero, Regione e Comune alla fine a rimetterci è quello più squattrinato, quello che ha cittadini sull’uscio.

storie che corrono sulla pelle di cittadini e commer-cianti. e sui loro portafogli.

SOSTIENI IL CHININOecco le coordinate bancarie: Associazione Il Chininocausale: contributo volontarioIban: IT 41 H087 3874 0600 0000 0027 024

Andrea Zuccaro

BUROCRACY

il chinino bimestrale d’informazione

anno IV numero 1

aprile 2014

registrato al tribunale di latina

numero 6 del 29/04/2011

copia gratuita

http://ilchinino.blogspot.com - [email protected]

Direttore

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Progetto Grafico

stampato presso

andrea Zuccaro

Paolo Periati

federica Guzzon, Ilenia Zuccaro, Gianpaolo Danieli, alessandro cocchieri, lucia andreatta, Graziano lanzidei, loretana cacciotti, carmela anastasia

Alessandro Rogato, Simone Olivieri, Fabrizio bellachiomafoto di copertina: fabrizio bellachioma

Keller Adv

Tipografia Monti srl Via Appia, Km 56,14904012 cisterna di latina

SOMMARIO

4 L’INCHIESTAIl pasticcio dei gazebo

8 CRONACHE CITTADINEEx torre idrica, atto finale

10 AGRI_CULTSalviamo i nostri semi

12BCCFiliali in doppia cifra

14 PRIME PIETREIl mito felino di Littoria

18 PONTINIA OTTANTA Ebrei nell’Agro

20L’ANGOLO DEL POETA

Sant’Anna, madre nostra

22 ANTICHE ORME La villa dell’imperatore

25 I SEGRETI DEL MAPUn futurista in palude

26 CRONACHE CITTADINE

L’industriosa Forum Appii

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L’INCHIESTAdi ILENIA ZUCCAROfoto di FABRIZIO BELLACHIOMA

Qualcosa è cambiato a Pontinia, nel giro di qualche settimana alcuni marciapiedi sono stati liberati, la visuale è diversa e sembra qua-si che alcune vie respirino meglio. Allo stesso

tempo, dei malumori stanno caratterizzando questa im-provvisa ossigenazione delle strade. Di seguito il racconto di un maldestro pasticcio amministrativo dove i concetti “ci conosciamo tutti, chiudiamo un occhio” e “facciamo lavorare i commercianti”, ne sono stati i principi ispiratori.

Il 2014 è iniziato in malo modo per alcuni esercizi commerciali di somministrazione di alimenti e bevande: i cari amati bar e ri-storanti, che a Pontinia non mancano di certo e, probabilmente, sono in percentuale la maggioranza degli esercenti. rispetto alla crisi dei consumi che stiamo vivendo, riescono ad andare avanti seppur con mille difficoltà, affrontando oggi anche una “guerra” a colpi di regolamenti, concessioni, regolarizzazioni, ricorsi al tar e

richieste di accesso agli atti. Questa vicenda sta coinvolgendo in particolare gli esercizi commerciali del centro storico di Pontinia, che comprende un perimetro delimitato da viale Italia, via Napoli, via Fedor von Donat, viale Giulio Cesare, via della Libertà e via leonardo da Vinci.

Più o meno all’inizio dell’anno alcuni bar si sono visti recapita-re una raccomandata da parte del comando dei vigili urbani. La comunicazione ordinava la rimozione, immediata, della struttura esterna denominata “dehors”, o più comunemente “gazebo”. Perché? La motivazione non è facile da spiegare. Per capire cosa sta succedendo abbiamo provato a destreggiarci tra Ptpr (Piani territoriali paesistici regionali), autorizzazioni paesistiche, codice della strada e regolamenti comunali, tecnicismi, voci di paese, responsabilità e irregolarità. La comunicazione ufficiale pervenu-ta ad alcuni dei proprietari di bar che avevano installato delle strutture esterne ai locali nel centro storico di Pontinia, riporta tre

motivazioni: la prima sottolinea che i dehors richiedono un’auto-rizzazione preventiva da parte della Regione Lazio, poiché situati nel centro storico. la seconda punta sulla non conformità con le leggi del codice della strada (sforamento dei limiti minimi: il gazebo non deve occupare oltre il 50 per cento della larghezza del marciapiede). La terza fa fede sulle preventive dichiarazioni dei proprietari che, in caso di irregolarità della strutture, si erano impegnati a rimuoverle secondo le indicazioni.

Si potrebbe dedurre che il soggetto in questione non si trovava in una situazione di regolarità, per cui l’amministrazione comunale aveva tutto il diritto di intervenire. Peccato però che, solo pochi mesi prima, il via libera all’occupazione di quella superficie di suolo pubblico era giunta proprio dal comune. autorizzazione che veniva rinnovata ogni sei mesi, dietro pagamento, da almeno tre anni. ora è lecito chiedersi: perché a questo commerciante, come ad altri, è stata data l’autorizzazione per occupare il suolo pub-

blico con una struttura che non era regolare? Perché sono state rilasciate senza il beneplacito della regione lazio, mai sollecitato dal Comune di Pontinia? Perché dall’ultima Conferenza dei Servizi del 17 dicembre scorso l’amministrazione ha deciso di regola-rizzare la situazione chiedendo a tutti i commercianti coinvolti di ottenere tali autorizzazioni dall’organo regionale?

Il “Regolamento Dehors”, approvato nel 2010 dal Comune di Pon-tinia, recita che la Conferenza dei Servizi viene costituita in caso di richieste di installazione di strutture diverse da ombrelloni e tende richiudibili. Quella del dicembre 2013 è stata sollecitata dal bar caffè centrale. secondo i gestori era stata presentata tutta la documentazione per installare un gazebo non sul marcia-piede ma nell’area parcheggio adiacente al bar. Il comune, allora, su istanza del Koko’s bar si è mosso per richiedere l’autorizzazio-ne regionale, ma a detta del tecnico che ha seguito la procedura, essa non poteva essere inoltrata dal proprietario del bar, ma da

caos dehorsmonta, smonta, riduciL’odissea di baristi e ristoratori di fronte

a codici e regolamenti

IL CHININOaprile 2014 4 IL CHININO

anno IV n° 15

Un dehors che si trovava in via Fedor von Donat.

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IL CHININOAprile 2014 6

parte di quello del suolo da occupare, quindi il comune. azione però non prevista da nessuna regola a livello regionale, dunque impossibile da attuare. e quindi? Un cane che tenta di mordersi la coda senza arrivarci mai.

Impossibilitati a procedere, i proprietari del bar hanno fatto richie-sta di accesso agli atti per capire come superare la questione partendo, appunto, dalle precedenti autorizzazioni rilasciate. e questo pare abbia causato prima una caccia ai “gazebi irregolari” da parte dei vigili urbani, con le attuali palesi conseguenze, e poi la caccia a “colui che ha scatenato questa situazione”. Ubaldo Coco, gestore del bar finito sotto i riflettori, da parte sua ha di-chiarato di aver «solo seguito le regole esistenti», e rivolgendosi a tutti i commercianti coinvolti, ha deprecato l’esplosione di una «guerra fra colleghi che è lontana anni luce dall’essere una solu-zione, mentre – conclude – sarebbe auspicabile la costruzione di un sereno clima di collaborazione tra tutte le realtà di Pontinia».

Certo non si può biasimare un’Amministrazione che vuole riporta-re la legalità in paese. le regole esistono e valgono per tutti, vanno rispettate, ciò che la-scia interdetti è che si sia cominciato a far ri-spettare la legge solo ora, benché esistesse un regolamento comunale più vecchio di tre anni. Dunque dal 2010 alla fine del 2013, i commercianti del centro storico sono stati autorizzati a occupare il suolo pubblico anche se il loro gazebo non rispondeva alle regole perché “si voleva farli lavorare”. In tempo di crisi è meglio chiudere un occhio, anzi due. adesso in-vece è ora di applicare la legge, anche se la soluzione trovata è a dir poco maldestra. Inoltre, smontare un gazebo di quelle dimen-sioni comporta un investimento in denaro forse pari a quanto si è sborsato per installarlo. In pratica si è detto ai commercianti: «Smontate per il momento, così poi lo potrete rimontare secondo le regole». C’è chi però ancora non ha proceduto a disinstallare i

dehors, ma ha messo in moto tutta la procedura presso la regio-ne per poter avere l’autorizzazione – quindi è possibile ottenerla? – e al contempo ha provveduto a fare ricorso al TAR, poiché il sì da parte dell’Amministrazione Comunale c’era e l’investimento è stato fatto – all’incirca 20mila euro – ma si vedono costretti a smontare. ora si aspettano le risposte del tar e della regione lazio.

Intanto per le vie cittadine i malumori e la vox populi hanno portato a una situazione per cui la maggioranza incolpa uno solo, e si maledice l’amministrazione che ha dato permessi non a norma di legge a richiedenti che comunque erano consapevoli di non es-sere in regola. Una classica situazione all’i-

taliana. Nel frattempo a livello comunale si dice che verrà presto redatto un nuovo regolamento sul tema, più chiaro e preciso di quello precedente, per poter installare di nuovo i gazebi. «Era già in corso una regolarizzazione, ora c’è necessità di ripartire da un punto zero», ha dichiarato il delegato al commercio Giuseppe Bel-li, dolendosi per la situazione che si è creata e ribandendo l’inten-zione di «continuare a dare la possibilità a tutti i commercianti di svolgere la propria attività con serenità». Beh… Fine della storia? Staremo a vedere.

Anche il Tribunale Amministrativo di Latina è stato chiamato in causa

L’INCHIESTA

Un dehors vicino piazza Indipendenza.

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La primaveradell’ex acquedotto

Lazio, pur avendo ricevuto il contributo da parte dello Stato, tarda nei pagamenti e i lavori si bloccano. Così il Comune di Pontinia si trova costretto ad anticipare ben 200mila euro e alle sollecitazioni di pagamento inviate alla Regione ottiene solo risposte vaghe, che non spiegano il perchè di questi ritardi.

L’assessore ai Lavori Pubblici e Arredo Urbano di Pontinia, Giovanni Bottoni, si dice sicuro che i lavori, che inizieranno durante la se-conda settimana di aprile, verranno ultimati per l’estate, in quanto mancano solo alcuni ritocchi da realizzare sull’impianto elettrico e su alcune opere in cartongesso per il completamento dell’opera. Rifiniture il cui importo stimato oscilla tra i 60 e i 100mila euro (che ancora una volta dovrà anticipare il Comune). L’ex acquedotto, quindi, diventerà un museo con tanto di ascensore panoramico in vetro che permetterà al visitatore una vista dall’alto dell’intero pe-rimetro cittadino, oltre che della campagna circostante. all’interno, nella zona in cui si trova la vasca originale di raccoglimento dell’ac-qua, sarà allestita una sala conferenze. Oltre alla vasca, dell’edificio sono state mantenute le pompe che servivano per aspirare l’acqua, visibili anch’esse allo stadio primordiale.

Infine, sulle sorti della casa situata proprio accanto all’acquedotto – che con le sue pareti dipinte di rosa non passa certo inosservata – l’assessore bottoni ha azzerato le istanze portate da molte associa-zioni giovanili di Pontinia, le quali avevano chiesto di poter usufruire dello spazio per svolgere le proprie attività di riunione, considerato che la maggior parte di esse è costretta a farlo in case private, per la mancanza di un luogo comune ad hoc.

Tuttavia, non sarà questo il futuro della “casetta rosa”, perché pare che il Comune stesso necessiti di nuovi spazi e quindi l’edificio diven-terà sede di uffici, probabilmente della polizia municipale e della pro-tezione civile. Le associazioni potranno occupare il piano terra della biblioteca. Almeno, si spera, senza dover pagare l’affitto.

CRONACHE CITTADINE

Quando si passa per piazza Roma a Pontinia, non si può fare a meno di notare la torre bianca e rossiccia che si staglia in mezzo al caseggiato e a qualche erbaccia. Massiccia e squadrata la

torre è meglio conosciuta come ex acquedotto.

L’edificio iniziò a funzionare il 17 luglio 1936 erogando l’acqua cor-rente ai cittadini di Pontinia. ma subito dopo la guerra a causa del mal funzionamento la struttura venne chiusa e lasciata invecchiare ai margini del paese. Fu solo nel novembre 2008 che venne deciso di ristrutturare l’acquedotto a seguito dell’approvazione di un pro-gramma di “Riqualificazione Aree Urbane”, che aveva come obietti-vo il recupero, la riconversione e la sostenibilità delle aree urbane e dei centri storici, come condizione per lo sviluppo interno del paese e per attrarre nuovi flussi economici: miglioramento della qualità della vita, rafforzamento della coesione sociale, ridefinizione delle funzioni delle aree urbane, recupero dei valori identitari e culturali dei sistemi urbani, promozione delle pari opportunità territoriali e il contrasto a povertà e marginalità urbane.

Stipulato tra il Ministero dello Sviluppo Economico, quello delle In-frastrutture e la Regione Lazio, l’accordo prevedeva una spesa di oltre 16 milioni e mezzo di euro da dividersi tra le parti contraenti: il 95 per cento a carico di Stato e Regione e il restante 5 per cento di competenza del Comune. La gara d’appalto vinta dalla “RM Costru-zioni” di Formia dà il via, nel 2009, all’inizio dei lavori di ristrutturazio-ne con la certezza che entro un anno Pontinia avrebbe avuto il suo storico acquedotto rimesso a nuovo. Ma, come ormai è di regola in questo paese a forma di stivale, qualcosa va storto. La Regione

di LUCIA ANDREATTA

L’attuale cantiere dell’ex torre idrica. Foto di Fabrizio Bellachioma

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te sementiere trasformandole in filiali speciali che eliminano le varietà antiche, sostituite da ibridi F1 e semi transgenici (Ogm).

la pianura pontina, nonostante la biodisponibilità agricola, ha assunto fin dalla sua nascita un modello agricolo moderno, le colture specializzate nell’alimentazione animale prodotte han-no avuto un ruolo prevalente, la diffusione delle cooperative ha favorito l’uso di semi ibridi F1. Così le varietà antiche sono quasi scomparse: ne rimangono poche nelle realtà agricole di collina e nelle aziende biologiche e biodinamiche.

Il sistema di progresso moderno indicato dai summit interna-zionali chiede sostenibilità ambientale con la produzione di energia dalle piante, per ridurre l’uso delle fonti fossili e dimi-nuire le emissioni nocive per il clima. Vivremo lo stravolgimento dell’equilibrio agricolo, con la totale copertura di colture ibride e nella peggiore delle ipotesi da quelle transgeniche. la stra-tegia delle multinazionali è un progetto da 30 milioni di dollari: una banca genetica dei semi, un bunker sotto il permafrost del Mare di Barents, dove si conservano 4,5 milioni di varietà di sementi: la “banca dell’Apocalisse” contro la perdita botanica del patrimonio genetico tradizionale delle sementi in caso di catastrofe mondiale.

La resistenza contadina però continua. Un esempio è a Latina con il Manifesto “Banca della Zappa”, ideato da Roberto Les-sio, agricoltore biologico, giornalista e ambientalista. la lotta troverà un percorso unico con la “Carovana Internazionale di Solidarietà per i Semi”, a Firenze il 29 aprile prossimo, che rafforzerà l’intenzione di continuare la storia dei nostri nonni, proteggere i nostri figli, tutelare la biodiversità coltivata, conti-nuare a scegliere da soli il nostro cibo.

AGRI_CULT

Il 2014 è l’Anno Internazionale dell’Agricoltura Fa-miliare (Aiaf), stabilito dalle Nazioni Unite con lo scopo di difendere un modello produttivo di picco-la scala, rurale, genuino e sostenibile.

l’agricoltura familiare è un antidoto contro l’insicurezza ali-mentare, i cambiamenti climatici e aiuta la protezione delle ri-sorse naturali. nel sesto censimento generale dell’agricoltura del 2012 prevale la conduzione familiare, anche se l’aumento della gestione del fondo da società di capitali o cooperative, evidenzia una necessità legata al periodo di crisi economico e alle nuove tecnologie usate in agricoltura. Sono mille e 382 le aziende coinvolte nella produzione di colture per l’alimentazio-ne d’impianti biogas. con meno del 32,4 per cento delle azien-de rispetto al 2000, cala anche la conduzione familiare (95,4 per cento), alimentata da ruralità, cultura contadina e disponi-bilità di superficie coltivabile media per azienda (circa 8 ha).

Per conservare la biodiversità agricola e alimentare, e argina-re le problematiche globali, si adoperano molte associazioni e movimenti: i Seed Savers (in Italia, Civiltà Contadina e Rete dei Semi Rurali). La loro azione cerca di conservare semi antichi, riprodurre le varietà e scambiarli all’interno della rete solidale per contrastare le nuove politiche industriali sulle sementi e il loro brevetto: da anni l’agro industria ha messo in atto una poli-tica di ibridazione e di brevetti sui semi, inducendo i contadini a non riprodurre le varietà antiche, con il controllo sulle produzio-ni agricole e la qualità della biodiversità alimentare. Inoltre le multinazionali (Monsanto, Basf, Sygenta), hanno acquistato dit-

di GIANPAOLO DANIELI

non avrete i nostri semi

Semi geneticamente modificati.

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e la prossimità al territorio. erano inoltre presenti il sindaco della città di terracina, nicola Procaccini, il quale ha speso parole fiduciose e di augurio per la nuova filiale e Paolo Giu-seppe Grignaschi, il Direttore Generale della federazione della Banche di Credito Cooperativo Lazio, Umbria, Sardegna, che oltre a rimarcare lo sviluppo anticiclico della Cassa Rurale, l’ha descritta come un’eccellenza: «Una banca attenta alle esigen-ze del territorio e a tutti coloro che lo vivono, in quanto, prima di tutto, è formata da persone che lavorano per le persone, attenta alle nuove esigenze dettate dai tempi, in sostanza, una banca nata dal territorio, cresciuta con esso, affianco alle per-sone che lo compongono».

Malgrado il tempo non sia stato clemente, continuando a piove-re per tutta la durata della cerimonia, assai numerosa è stata la partecipazione dei soci e dei clienti ma, come ha detto an-che il parroco durante la benedizione: «Filiale bagnata, filiale fortunata».

BCC

Il 10 è il numero che caratterizza la nuova filiale della Cassa Rurale ed Artigiana dell’Agro Pontino, inaugurata il 2 marzo scorso. A distanza di 10 mesi dall’apertura dell’ultima, quella di Terracina, sita in

via Appia 120, rappresenta il fiore all’occhiello delle 10 filiali della Cassa.

L’edificio, che rimanda al periodo della bonifica, ha una struttu-ra movimentata, comprendendo anche una torretta sulla quale è stato collocato il simbolo del Credito Cooperativo, con l’in-tento che fosse ben visibile la presenza, anche nel Comune di terracina, della realtà sempre più solida della cassa rurale. l’arredamento interno è caratterizzato da linee semplici ed es-senziali, colori innovativi, trasparenze (come il modus operandi della banca). In conclusione, un design che ben si sposa con l’architettura esterna della struttura e in linea con il percorso intrapreso da qualche anno.

Con l’apertura della filiale numero 10 è stata creata una nuova figura professionale, il Direttore Zona Sud, a oggi l’incarico è stato assunto dal collega Giuseppe Porcelli, con il compito di coordinamento della ultima nata e della filiale di San Felice Cir-ceo- Borgo Montenero, capitanate, rispettivamente, dai colleghi mirko bellini e massimiliano Popolla.

Suggestivo l’intervento del Prefetto Giuseppe Procaccini, che ha riservato per la Cassa Rurale parole di stima e ammirazio-ne, sottolineandone il lavoro instancabile e l’augurio di mete sempre più ambiziose, continuando a rafforzare il radicamento

di LORETANA CACCIOTTI

la filiale 10 e lode

Sotto la sede della nuova filiale di Terracina. Sopra il taglio del nastro.

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PRIME PIETREdi GRAZIANO LANZIDEI

foto di SIMONE OLIVIERI

la Prima Pietra, la Prima leGGendaDalla roccia alla plastica, dal duce ai Forconi,cronaca dei natali di Latina-Littoria

IL CHININOaprile 2014 14

Sono già diversi anni che i bambini giocano intorno al gigantesco e accecante albero di Natale, fatto in-stallare ogni anno con puntualità svizzera l’8 dicem-bre e fatto smontare pochi giorni dopo la Befana.

al centro di piazza del Popolo, coperti da cappotti, cappelli e sciarpe di lana, questi bambini si scatenano in nascondini, partite improv-visate di pallone, pose fotografiche da “grandi” vicino all’albero. Quando saranno adulti, tra almeno una decina d’anni, racconteran-no di aver visto una volta anche i trattori, poco distanti dall’enorme albero di Natale. Lo racconteranno ai loro figli o ai nipoti o magari a qualche amico. «Ti ricordi quella volta dei trattori in pieno centro?». Qualcuno si ritroverà anche le foto scattate dai genitori, come prova a suffragio delle parole. e proprio dalle foto potrà notare che, non più di due o tre, erano parcheggiati sulle strisce blu, come le mac-chine. Solo nelle occasioni più importanti, quando venivano le televi-sioni da fuori, i trattori si moltiplicavano, così come si moltiplicavano le persone sotto al tendone. I più attenti – o meglio, quelli con i

genitori maggiormente fissati per la cronaca politica – ricorderanno pure che quelli che protestavano in piazza, ma senza cori e solo con qualche striscione, venivano chiamati Forconi e protestavano contro entità malvagie che si nascondevano dietro asettici acronimi: Bce, Fmi, Wto. Devono aver perso malamente la loro battaglia, visto che dopo nemmeno un mese, ancora prima che smontassero l’albero di natale dalla piazza, dei trattori e dei forconi non c’era più traccia. «Lo spirito della Prima Pietra – dice qualcuno – deve aver colpito an-cora». Ma sulla Prima Pietra e sul suo spirito ne diremo ancora tra un po’. Per adesso torniamo ancora agli adulti di domani.

Durante la stessa ipotetica e futura passeggiata in centro, i bambini dei giorni nostri – nel frattempo cresciuti – ricorderanno, oltre al fatto che ci si radunava con la famiglia sotto il gigantesco e sbril-luccicante albero di Natale a farsi fotografie, girotondi, nascondini, anche di quella leggenda che ci si confidava l’uno con l’altro, nelle pause del gioco o per spaventare i più piccoli o per far colpo sull’a-michetto o sull’amichetta più carina: quella del gattino e del camion

sotto piazza del Popolo. «L’hai sentito?», faranno ancora, dandosi di gomito l’uno con l’altro, tendendo l’orecchio.

E la mente andrà a quelle volte in cui ognuno ammutoliva all’im-provviso per ascoltare il miagolio del gattino. E come gli è stata raccontata – dai loro genitori o a scuola o dagli amichetti durante un qualsiasi gioco – così la racconteranno ai loro figli. Magari con qual-che modifica: chi farà sprofondare il camion dentro una colata di ce-mento, come se fosse un’esecuzione della criminalità organizzata, chi invece farà sprofondare tutti insieme al camion, perché l’happy ending allora non andrà più di moda, chi, con la sovrapposizione dei ricordi e dei monumenti, farà volare tutto – camion, gattino e autista – dentro l’aereo che svetta vicino al centro commerciale Latina Fiori. tutto lecito, una leggenda nasce e cresce così: simboleggia qual-cos’altro, nasce da un fondo di verità e affascina chiunque l’ascolti. e cambia, s’arricchisce e s’ingigantisce. I bambini di oggi, gli adulti della ipotetica passeggiata di domani, contrapporranno nei ricordi i nemici dagli acronimi sconosciuti, e parlo dei nemici contro cui

combattevano i Forconi – la Bce, l’Fmi – non tanto ai nemici contro cui hanno dovuto lottare quelli – i loro avi, bisnonni e trisavoli – che fondarono Littoria/Latina: la zanzara anofele, la fame, la guerra, un terreno fertile ma che doveva essere addomesticato solo con tan-to, tantissimo lavoro. Quanto ai nemici che vengono tenuti a bada dalla “fontana con la palla”, quelli che sono stati imprigionati con il sacrificio di un camion e di un gattino. «[...] L’ho sentito sia da mio nonno che dai miei zii: “il giorno che viene giù la palla o che si sposta, quel giorno è la rovina per Latina-Littoria e l’Agro Pontino. Inizia la fine e non c’è più niente da fare. Viene giù tutto. Morte e distruzione totale. Quella palla è un tappo – signore mio – un tappo che tiene chiuse le potenze ctonie. se lei lo toglie anche per un minuto solo, è come il vaso di Pandora, arrivederci e grazie; le potenze degli inferi fuoriescono tutte ed entrano in insanabile con-trasto con quelle sidereo-celesti. È un cortocircuito cosmico e non vorrei proprio essere lì, il giorno che dovesse accadere. La fine di latina-littoria. e forse è proprio per questo che certi politici d’origi-ne sermonetana – seme dei Caetani, marocàssi maladéti – vogliono

IL CHININOanno IV n° 115

Latina: monumento al Bonificatore, piazza del Quadrato.

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scavare a tutti i costi un parcheggio sotterraneo sotto piazza della Palla. Dio stramaledica chi tocca la piazza e la fontana. anatema [...]». Così scrive Antonio Pennacchi in “Canale Mussolini”, romanzo vincitore del premio Strega 2010. Lo scrittore che ha reso queste terre, e l’ho ha fatto in maniera definitiva, un luogo letterario. E lo ha fatto andando a prendere i ricordi di quando, bambino, ascoltava a occhi sgranati anche la storia del camion e del gattino, direttamente dai parenti che lo accompagnavano in centro tenendolo per mano.

La leggenda nasce la notte del 17 dicembre 1932, quando tutto il durissimo lavoro di sei mesi sembrava perdu-to, e anche cencelli stesso, il capo dell’opera nazionale combattenti, l’ideatore di littoria, si vedeva perduto in qualche isola di confino. Il regime fascista non poteva permettersi una sconfitta nella guerra che, a loro dire, prefe-rivano: quella della conquista della terra. Alla disperazione del conte orsolini cencelli, che avrebbe dovuto subire le ire del duce, si sommava la disperazione dei tanti lavoratori che, a loro volta, avrebbero dovuto subire le ire del Cencelli prima che cadesse in rovina. «Quant’è vero Iddio, ve la faccio pagare come la faranno pagare a me. muoia sansone con tutti i Filistei». E invece quello che oggi definiremmo, in maniera scientifica, un sink hole e che allora si chiamava soltanto un enor-me e gigantesca buco nero, inghiottì, magicamente e all’improvviso, oltre al camion – un 18 BL – e al gattino, anche tutto il fango che stava rendendo impraticabile la piazza e stava impedendo agli ope-rai di terminare il lavoro. E insieme al fango, al camion e al gattino

anche tutte le forze del male che fino ad allora avevano dominato la terra da Pomezia fino al Circeo – dominio della Maga Circe, per re-stare in tema di leggende – e che avevano reso questo territorio fa-moso come un “deserto paludoso-malarico”, luogo di disperazione, di sofferenza e di morte. Il giorno dopo il sink hole, e le foto d’epoca stanno lì a testimoniarlo, la ghiaia era stata stesa dappertutto e le persone ci si affollavano senza che i pantaloni s’inzaccherassero di fanghiglia. Il deserto paludoso-malarico diventò magicamente l’agro pontino, quel paradiso terrestre che col tempo è arrivato a ospitare circa 300mila persone.

La Prima Pietra venne posata lì dove c’era il quadrato di fondazione, c’era un cancello che segnava il pas-saggio da Sermoneta fino al Fogliano – è una strada dritta come un fuso, fateci caso – più o meno dove viene posizionato, da qualche anno, l’albero di Na-tale, poco distante dalla palla della fontana. Quello, e le prove nei documenti, riportati nei testi di Pen-

nacchi, sono molteplici, è lo spirito di littoria. Quello che riesce a tenere prigioniere le potenze ctonie e che assicura vita e prosperità all’agro. Per farla breve: sarebbe bastato davvero poco, ai Forconi, per poter avere la meglio degli asettici acronimi (Bce, Fmi, Wto). Ma il sospetto è, anche dai cognomi, i forconi non fossero altro che “marocàssi”. E per quello la Prima Pietra non può niente. E sono sicuro che gli adulti di domani, e i bambini di oggi, avranno più di un sospetto che a far sparire quei forconi sia stato lo stesso buco nero di allora. «Marocàssi maladéti».

Un improvviso buco nero salvò Cencelli e il fascismo

PRIME PIETRE

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IL CHININO IL CHININOAprile 2014 Anno IV n° 11918

PONTINIA OTTANTAdi PAOLO PERIATI

storia di 46 schedatiEmilio Drudi raccontal’applicazione delle leggi razziali

Non c’era una sedia vuota nella libreria Kiryat Sefer, il centro di cultura ebraica nel cuore del ghetto di Roma, a due passi dal Tempio. Numerose persone sono accorse

all’ora del tramonto per la presentazione del nuovo li-bro di Emilio Drudi, già responsabile de’ “Il Messagge-ro” di Latina e ora storico per passione, gran conosci-tore della realtà passata e presente dell’agro pontino.

con la curiosità e l’occhio meticoloso del giornalista di stra-da, con la precisione accademica dello storico di professio-ne, Drudi nel suo “Non ha dato prova di serio ravvedimento. Gli ebrei perseguitati nella provincia del duce”, racconta le vicende personali di 46 ebrei italiani residenti in provincia di Littoria tra il 1938 e il 1944 – dall’emanazione delle leggi razziali alla Liberazione – nel loro tentativo di sfuggire all’ar-resto e alla deportazione nei campi di sterminio nazisti.

“Il Chinino”, come altre associazioni, darà il suo contributo ai festeggiamenti per gli 80 anni di Pontinia. Oltre agli even-ti però, abbiamo deciso di dare spazio sul bimestrale alla

voce di cinque personaggi in grado di raccontare la storia del nostro territorio che, seppur breve, è senza dubbio densa e meritevole di essere portata alla luce perché crediamo che l’Italia si racconti meglio guardandola dal basso. Quando si parla della provincia di Littoria e delle città di fondazione, la storiografia e la letteratura tendono a concentrarsi di più su argomenti come la bonifica integrale delle paludi, l’ar-chitettura, le istituzioni, l’agricoltura e l’immigrazione inter-na. Pochi si sono cimentati con gli aspetti sociali e ancora meno con la storia degli ebrei pontini. ecco perché abbiamo deciso di partire da qui: per non dimenticare che l’agro pon-tino e la provincia di Littoria nella mente di Benito Mussolini doveva essere il laboratorio del nuovo italiano fascista – l’i-taliano rurale, procreatore e soldato – funzionale al nuovo ordine vagheggiato dal duce. E dunque, nella gemma della propaganda di regime nel mondo non poteva esserci posto per gli ebrei, almeno a partire dal 1938.

Già, perché gli ebrei italiani pur non formando una nutrita comunità radicata sul territorio, erano presenti nei pae-si lepini ben prima della bonifica, mentre altri giunsero da

lontano insieme a veneti e ferraresi proprio per contribuire alla realizzazione dell’opera in qualità di braccianti e com-mercianti, ma anche di medici e soldati, pienamente inseriti nella neonata realtà pontina. Gente come fabio steindler e sua moglie Giuliana Minerbi (farmacisti a Cisterna), come la famiglia di Amedeo Spagnoletto (che servì la patria in abissinia nel ’36), e quella Di Veroli a sezze, la famiglia Sonnino di Priverno, i Marino di Sermoneta e così via, che con gli altri giunsero nell’agro redento per coltivare la terra, e invece si ritrovarono uguali ma diversi, isolati, sottoposti a divieti, discriminazioni e proibizioni, passando dal sogno di una degna vita rurale all’incubo della persecuzione: 46 ebrei braccati con accanimento perché dovevano sparire dalla fu-cina di littoria.

Questi nomi, riportati nella ricerca di Drudi, erano stati sche-dati insieme ad altri non perché avessero commesso chissà quali reati, ma solo perché di origine “non ariana”. Nessuno di loro era un antifascista di spicco, un oppositore “perico-loso” per la patria fascista. Si trattava per lo più di anonimi cittadini che si erano sin lì segnalati per i loro comportamen-ti non trasgressivi, tanto che nell’aggiornamento effettuato nel settembre 1939 del censimento dell’anno precedente, alla domanda se si ritenesse di cancellarli dall’elenco dei sovversivi, i carabinieri di Sezze risposero in modo sconcer-tante alla Questura di Littoria scrivendo accanto ai singoli nomi: «No. [Perché] pur non avendo dato luogo a rimarchi [cioè a qualcosa degno di essere segnalato, nda.], non ha dato prova di serio ravvedimento». Come se ci si potesse ravvedere dall’essere nati in una famiglia di religione e tra-dizione ebraica.

a rafforzare la tesi delineata nel libro, man mano che la ri-cerca avanza si scopre che il momento di maggior impegno nella ricerca di questo “pugno” di ebrei pontini fu quello successivo allo sbarco di Anzio e al bombardamento di Lit-toria: nel bel mezzo dell’infuriare della battaglia, il prefetto non trovò di meglio da pensare che a impartire ancora ordini per la cattura di alcuni cittadini schedati a Priverno, mentre tedeschi e repubblichini davano luogo a una vera e propria caccia all’ebreo.

le pagine del libro di emilio Drudi si sfogliano una dopo l’altra con gran celerità. Il racconto si legge con passione, tutto d’un fiato. Non si riesce a togliere lo sguardo da avvin-centi storie che hanno preso volto grazie all’intreccio di do-cumenti d’archivio e testimonianze dirette di chi ha vissuto quel periodo sulla propria pelle. la scrittura semplice, ma al contempo faticosa, porta il lettore a calarsi nella realtà di ottanta anni fa e, così come fa l’autore, a entrare in simbiosi con i protagonisti. Ma quanti dei lettori avranno il coraggio di riflettersi in Quirino Ricci, il contadino eroe che, rischiando la propria vita, salvò un’intera famiglia ebrea dalla deportazio-ne dandogli rifugio nella sua casa colonica alla migliara 45?

È questo il punto che tende a sottolineare con forza la ri-

cerca di Drudi: fra un mare di inerzia che si trasforma in passiva collaborazione, nel nostro territorio spiccano figure gigantesche come il citato Quirino ricci ed emilio ceci – che si prodigò per gli amici ebrei di Priverno – che andrebbero annoverati nei “Giusti tra le Nazioni” e che nel momento in cui la coscienza l’indusse all’azione, non stettero a guardare e scelsero. oltre che per alcune circostanze fortunose, gra-zie a pochi amici e a coloro che poi abbracciarono l’ideale partigiano, se i 46 schedati si salvarono – cosa che non è data sapere per i tanti rifugiati e che non accadde per chi invece giunse nei campi di Auschwitz e Bergen Belsen – il merito va soprattutto alla forte rete di solidarietà che venne attuata dalle comunità pontine e lepine, segno tangibile che l’esperimento fascista si stava sgretolando, anzi ancor più: in molte coscienze non aveva affatto piantato le sue radici.

La realtà contadina, tolte le solennità ufficiali e le costrizioni istituzionali, in effetti aveva ben poco a che spartire con la politica di regime. Riconoscendo, ovviamente, l’adesione all’ideale fascista di molti, occorre sfatare il mito dell’unici-tà di pensiero e d’azione, così come quello del bracciante ignorante che passivo subisce il flusso della storia, o sale sul suo carro senza batter ciglio. non è era affatto così. e le vicende di chi si mostrò solidale con gli ebrei ricercati dimo-strano una volta di più una capacità di discernimento, anche se basata su un ragionamento molto semplice, ovvero sul non accettare che famiglie e persone come tutte le altre, vicini di casa con cui si condividevano le fatiche della vita un giorno dopo l’altro allo stesso identico modo, fossero all’im-provviso vittime di un’ideale fanatico e di leggi ingiuste.

Emilio Drudi sarà a Pontinia sabato 17 maggio presso il Map, Museo Agro Pontino, a partire dalle ore 18 per presentare il suo ultimo libro. ”Non ha dato prova di serio ravvedimento. Gli

ebrei perseguitati nella provincia del Duce”. L’evento è stato organizzato dall’’associazione “Il Chinino”, in col-laborazione con l’associazione Visual Track e la dire-zione del Map. L’opera di Drudi è originale per il tema di cui tratta e su cui finora si era stranamente glissato. Anche se la presenza stabile di persone di origine ebrai-ca si contava sulla punta delle dita nellaprovincia di Littoria, l’accanimento delle autorità nei loro confron-ti era ferreo. Così come ferrea era la solidarietà messa in campo da altri cittadini decisi nel proteggere quelle che loro consideravano semplicemente delle persone, degli amici, dei conoscenti. Al di là delle loro origini. Al fianco di Drudi sarà presente , come correlatore Giorgio Maulucci, ex preside del Liceo classico di Latina.

APPUNTAMENTO AL MAP

Un momento della presentazione del libro.Al centro, con il microfono, Emilio Drudi.

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IL CHININOAprile 2014 20

Sant’Anna,madre nostra

Alta e poderosa, ti ergi sugli antichi ricordi

di vecchi lavoratori della terra. Affondi, col marmo vigoroso,

nella stagnante palude che ti diede l’avvento.

Non vedesti la precedente marmaglia

di fango che si fece campo, per sfamare mille bocche venute

dai lontani orizzonti dell’Italia fiduciosa nel risorgere dell’antica potenza

che richiamava quella politica di valori infettati dall’egoismo di un uomo

virtuoso nella fame di potere.

Giovani braccia si avventurarono tra terre feconde

e coll’amore e colla dedizione,

con carisma con sangue e sudore

spalmarono cemento, innalzarono, Te, splendida,

che ti fai focolare della fede, che ti fai centro di speranza.

Docile come un’ancella

porgi i sacrifici che ti hanno battezzata: ricordando alla Storia, ereditaria di progresso,

che Pontinia è stata fatta per avanzare a testa alta e mani piene.

Quel “dolmen” di marmo bianco

Sorge nel cuore di Pontinia l’antica chiesa di Sant’Anna, costruzione primordiale della cittadi-na che si presta a festeggiare il suo ottantesimo

anno.

Di marmo bianco come le antiche sculture dei greci e romani si pone come effige di un passato che ha innescato le radici della nostra cultura. Per scoprire chi siamo e dove andiamo bisogna partire dalla consapevolezza di quali siano le nostre origini, opera non facile per un paese

così giovane. Bisogna ricordare come siamo nati, come i nostri avi abbiano lottato duramente per

consentirci ora di passeggiare tra le vie e sederci all’ombra delle palme prima, dei cocos adesso,

nella piazzetta di Pio VI.

Davanti al volto abbiamo Sant’Anna, che si fa simbolo di Storia e la suddetta memoria ci aiuta

a rivivere le esperienze di altri uomini, che avevano negli occhi il barlume del sogno del

nostro presente.

Con consapevolezza e riconoscenza possiamo rispettare Pontinia e fare qualcosa per lei, dal

piccolo come piccola è la pietra delle fondamenta che, unita alle altre, crea la complessa

architettura della chiesa.

Come lei dobbiamo sentirci parte di un insieme di azioni che possono accrescere la nostra comunità. Riconosciamo la potenza della

struttura, ma anche l’amore, il quale spinge a fare, l’amore che ella si prefigge di tutelare essendo casa di una religione che è baluardo

del sentimento più nobile del mondo al di là del nostro credo.

L’ANGOLO DEL POETA

FEDERICA GUZZON

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ANTICHE ORME

foto di ALESSANDRO ROGATO

“Dopo aver apprezzato quello che c’è nei nostri fondali marini, quest’anno voglio mostrarvi alcuni siti archeologici della provincia, la loro maestosità e complessità architettonica.

Iniziamo con alcune foto della villa di Domiziano, situata sulle rive del lago di Paola. Realizzata intorno al I sec. a.C. e si estendeva su circa 46 ettari. La caratteristica peculiare della villa è rappresentata dall’insieme delle opere idrauliche che permetteva

il funzionamento giornaliero delle terme e delle sue fontane anche nei mesi di siccità. Oggi del complesso si sono conservate alcune parti, il grosso della villa è stato deturpato e privato delle sue opere nel corso dei secoli e una parte è stata inghiottita della vegetazione”.

cisterne per l’approvvigionamento dell’acqua (in alto)Sistema di areazione e riscaldamento delle saune (in basso)Vasca termale (in basso a destra)Il primo bagno pubblico con sistema fognario (in alto a destra)

la villa imPerialeL’ingegneria romana

al servizio di Domiziano

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IL CHININO IL CHININOAprile 2014 Anno IV n° 12524

l’aeroPittore futuristache esaltÒ la bonifica

La “Bonifica delle Paludi Pontine” di Uberto Bonettiè una delle opere più prestigiose esposte al Map di Pontinia

di ALESSANDRO COCCHIERI

I SEGRETI DEL MAP

Marinetti, e attraverso le relative pubblicazioni ho individuato l’opera giusta.

Prima dell’incontro fiorentino il materiale era in consegna a una galleria di Parma perché si occupasse della vendita, fece il giro d’Italia, quasi fosse il suo stesso autore quando sorvolava la penisola con i mezzi più disparati, in un viaggio che la vide affissa in ben ventuno gallerie e tre fiere. Fu al

suo rientro a Parma che la contrattazione si fece forte: per il gallerista l’acquisto del bene era legato all’ac-quisto di un’altra opera raf-figurante la città di Sabaudia e, nulla di male abbinare le due opere, certo il comune di Pontinia non aveva la for-za economica per l’acquisto di entrambe, cosa che non fece certo il comune di sa-baudia, invitato a riflettere su una possibile partnership per l’acquisto. tornai così agli eredi di bonetti, tramite un amico di Parma, e scoprii che l’opera poteva essere

venduta singolarmente e che il gallerista, da buon mercante, cercò di tirare su un buon affare (per se stesso). Gli eredi, in seguito, si dissero lusingati che un’istituzione museale avreb-be reso inalienabile un’opera che sino ad allora, era il 2010, passava di mercante in mercante, e non stettero più di un at-timo a pensare ciò che era bene fare: firmarono l’autentica e spedirono il bene in piazza Indipendenza al civico 1, Pontinia.

La “Bonifica delle Paludi Pontine”, così è intitolata l’opera, ha trovato spazio su due pubblicazioni di critica, oggi risiede presso il Museo dell’Agro Pontino, il suo valore è triplicato ed è patrimonio di tutti.

Fu celebre per il “Burlamacco” simbolo del Car-nevale di Viareggio, e non ebbe nulla da in-vidiare a Balla e Depero; abbracciò in pieno il manifesto marinettiano e sorvolò l’Italia con

Italo Balbo. Erano gli anni trenta del Novecento quan-do Uberto Bonetti venne consacrato aeropittore delle città e del futurismo.

Gran parte delle sue opere sono schizzi sopra un blocco, colori e segni che ritraggono la grande opera del regime fascista: tutto sarebbe servi-to per creare grandi pannelli da serigrafare e mostrare nelle colonie italiane in afri-ca. Non c’era confine all’ego di Benito Mussolini, il gover-no fascista foraggiava senza limiti di costo le grandi im-prese artistiche, a patto che – implicito – descrivessero la grandezza del governo e del suo Duce.

Di bozzetti d’arte ne circola-rono a migliaia, solo alcuni ebbero la possibilità di essere ac-colti alla corte del capo, tra questi non mancarono gli schizzi di Bonetti. Trovare una sua opera che avesse un riferimento su Pontinia è stata un’impresa non semplice, per averla poi, sembrava bisognasse intavolare una trattativa diplomatica tra galleristi e proprietà.

L’acquisto, alla fine, avvenne tramite la famiglia dell’artista, a firenze, quando il bozzetto era stimato oltre l’immaginato perché riceveva richieste di courtesy per una mostra a Geno-va e per un’enciclopedica a Pisa. Fu grazie a queste mostre che mi accorsi dell’esistenza di bonetti associato a balla e

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IL CHININOAprile 2014 26

Prossima fermataForum Appii

Un altro metodo di ricerca adottato è quello della prospezio-ne geofisica. Questa indagine si svolge tramite l’utilizzo di un geo-radar (gradiometer), strumento in grado di rilevare la pre-senza di strutture sepolte fino alla profondità di circa un metro e mezzo. Questo secondo metodo d’indagine ha restituito dati estremamente interessanti per quello che riguarda i siti studia-ti. Per Forum Appii è stato possibile rilevare la presenza di ampi edifici adibiti ad attività di stoccaggio, probabilmente connessi con un punto di approdo del canale Decennovio che, secondo le fonti scritte, era navigabile fino a Terracina. Altri rilevamenti confermerebbero tracce di un porto fluviale e, si presume, di un mercato in cui venivano vendute le merci che era possibile far transitare per questa via d’acqua parallela all’Appia.

Lo studio dei reperti raccolti nelle vicinanze della mansio del Foro Appio evidenzia un’elevata presenza di attività artigianali dislocate in un’area piuttosto estesa: fornaci per le tegole (fi-glinæ), produzione di pane (presenza di grosse macine), e lavo-razione metallurgica (scorie di fusione). Inoltre, Il ritrovamento di frammenti architettonici di pregio fa pensare alla presenza di domus, ovvero di abitazioni di prestigio; inoltre proprio in corri-spondenza dell’attuale nucleo cittadino di Borgo Faiti, avrebbero dovuto gravitare anche numerose fattorie agricole (villæ), i cui resti ancora emergono nei campi limitrofi alla lunga arteria.

le ricerche del Gia proseguiranno anche nel 2014 con un pro-gramma di approfondimento a più livelli scientifici, che permet-terà di ampliare la conoscenza storica di questi importanti siti archeologici della nostra provincia.

CRONACHE CITTADINE

Il progetto di ricerca archeologica dell’Università di Groningen (Gia), “Fora, Stationes and Sanctuaries”, giunto al suo terzo anno di attività nella pianura pontina, ha presentato in una conferenza tenutasi a

Borgo Faiti, una sintesi della campagna di lavoro dell’an-no 2013.

lo scorso anno, il proseguo delle ricerche iniziate nel 2012, ha portato nuove e significative informazioni sullo sviluppo dei siti romani di Forum Appii (Foro Appio, Borgo Faiti), Ad Medias (Mesa di Pontinia), e Astura (Torre Astura). Lo scopo è definire il ruolo che questi centri minori, paragonabili ai borghi odierni, ricopriva-no all’interno dell’economia romana rurale.

le prime campagne di ricognizione archeologica hanno portato i ricercatori e gli studenti del Gia ad indagare sistematicamente tutti i terreni accessibili intorno ai casali di foro appio e di mesa, i due complessi settecenteschi considerati come i nuclei prin-cipali delle due mansiones, ovvero luoghi di sosta e di ristoro lungo la via Appia.

Le loro indagini archeologiche non-invasive prevedono due metodi di esplorazione, che comprendono sia la raccolta dei reperti arche-ologici che emergono in seguito alle arature, sia il posizionamento tramite gps di questi ritrovamenti all’interno dei singoli campi. Le analisi successive che vengono effettuate sui reperti, consento-no di classificare il contesto in base alla sua funzione e alla sua cronologia, che da quanto emerso finora, per Foro Appio com-prende un periodo che va dal IV secolo a.C. fino al VI secolo d.C.

di CARMELA ANASTASIA

Archeologi olandesi al lavoro nei pressi di Borgo Faiti.

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