Il Chinino (num. 3, agosto 2014)

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Chinino IL BIMESTRALE CON EFFETTI COLLATERALI Il Chinino | Bimestrale d’informazione | Anno IV - numero TRE - Agosto 2014 | Copia gratuita Deserto industriale Anche la Sapa chiude e licenzia L’INCHIESTA La comunità ferrarese nella bonifica pontina Cristina Rossetti e le testimonianze dei coloni Pontinia in Europa, l’Europa a Pontinia Il progetto “green” dell’associazione Gap PONTINIA OTTANTA CRONACHE CITTADINE il Il Comune dice no al biogas senza regole Primo passo contro la proliferazione selvaggia AGRI_CULT

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SOMMARIO: 4 L'INCHIESTA Sull'orlo della disoccupazione 8 CRONACHE CITTADINE AAA pediatri cercasi 10 CRONACHE CITTADINE Molluschi giganti 12 AGRI_CULT Regole per il biogas 14 PRIME PIETRE Pomezia 18 PONTINIA OTTANTA Perché i ferraresi? 20 L'ANGOLO DEL POETA Rispetto per la città 22 ANTICHE ORME Viaggio sull'Appia antica 24 CRONACHE CITTADINE Il progetto della Gap 27 I SEGRETI DEL MAP Le medaglie del papa 29 TIPI PONTINI Pasquale Rinaldi l'eroe 30 CRONACHE CITTADINE Una rotonda piccina piccina 32 BCC Molto più di una festa 34 SPORT CITTADINO Dieci anni in Ducati

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Chinino

Il bImestrale con effettI collateralIIl chinino | bimestrale d’informazione | anno IV - numero tre - agosto 2014 | copia gratuita

Deserto industriale

Anche la Sapa chiude e licenzia

L’inchiesta

La comunità ferrarese nella bonifica pontina Cristina Rossetti e le testimonianze dei coloni

Pontinia in Europa, l’Europa a Pontinia Il progetto “green” dell’associazione Gap

POntinia Ottanta cROnache cittaDine

il

Il Comune dice no al biogas senza regole Primo passo contro la proliferazione selvaggia

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l’alberg Potino”, in origine albergo Pontino, è una spina nel cuore di chi ama Pontinia. e un pugno nell’occhio per chi ci capita. oltre a essere brutto, è anche perico-lante. Questo è il nostro patrimonio storico. le nostre

radici, tanto difese a parole sui social network, stanno ineso-rabilmente crollando. Proprio in piazza.

com’è possibile che non ci sia un uso migliore di quello attua-le, ovvero di dimora per i ratti? si potrebbe farne di tutto, da una biblioteca a un ostello della gioventù (come accaduto a roccagorga, con il palazzo baronale che è stato riconvertito). si potrebbe dare occupazione a chi di questi tempi non l’ha. Possibile mai che a nessuno importi nemmeno della prospetti-va del lavoro, se non quello del recupero artistico?

Quanti sono gli “alberg Potini” nel territorio? tanti, troppi. ecco una lista sommaria, giusto per rendere l’idea. l’ospedaletto dell’onc in via migliara 48, divenuto riparo per senzatetto, op-pure gli edifici del consorzio di bonifica come le idrovore di for-cellatta e del lungo Ufente, oltre a tutte le case cantoniera lun-go la via appia, ma l’elenco sarebbe veramente troppo lungo.

a non voler essere nemmeno un pochino sentimentalistici, quantomeno stiamo parlando di un patrimonio immobiliare la-sciato lì a crollare. facendo così crollare il nostro passato. e con esso anche il nostro futuro. È chiaro che non sarà un edito-riale scritto da un gelataio a cambiare le cose, perché saranno solo le nostre coscienze a poterlo fare.

SOSTIENI IL CHININOecco le coordinate bancarie: Associazione Il Chininocausale: contributo volontarioIban: IT 41 H087 3874 0600 0000 0027 024

Simone Coco

spina nel cuore e pugno nell’occhio

il chinino bimestrale d’informazione

anno IV numero 3

agosto 2014

registrato al tribunale di latina

numero 6 del 29/04/2011

copia gratuita

http://ilchinino.blogspot.com - [email protected]

Direttore

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stampato presso

andrea Zuccaro

Paolo Periati

federica Guzzon, Gianpaolo Danieli, alessandro cocchieri, Ilenia Zuccaro, Graziano lanzidei, lucre-zia Zuccaro, simone coco, Giancarlo Incitti.

emanuele Palombi, alessandro rogato, simone olivieri, fabrizio bellachioma, antonio morelli.foto di copertina: emanuele Palombi.

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Nuova Grafica 87 srl, Via del Tavolato, snc04014 Pontinia (lt)

SOMMARIO

4 L’INCHIESTASull’orlo della disoccupazione

8 CRONACHE CITTADINEAAA pediatri cercasi

10 CRONACHE CITTADINEMolluschi giganti

12 AGRI_CULT Regole per il biogas

14PRIME PIETREPomezia

18 PONTINIA OTTANTA Perché i ferraresi?

20 L’ANGOLO DEL POETARispetto per la città

22 ANTICHE ORMEViaggio sull’Appia antica

24 CRONACHE CITTADINEIl progetto della Gap

27 I SEGRETI DEL MAPLe medaglie del papa

29 TIPI PONTINIPasquale Rinaldi l’eroe

30 CRONACHE CITTADINEUna rotonda piccina piccina

32 BCCMolto più di una festa

34 SPORT CITTADINODieci anni in Ducati

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L’INCHIESTAdi ANDREA ZUCCARO

foto di EMANUELE PALOMBI

Fossanova non si tocca!». «Lavoro! Lavoro! Lavo-ro!». Da qualche settimana nella zona industriale di Mazzocchio si odono le urla degli operai della Sapa Profili, impegnati in una lotta durissima

con la proprietà aziendale per evitare la chiusura dello stabilimento e il licenziamento di 136 operai e impiegati. Una lotta impari.

Da una parte la proprietà, la multinazionale sapa as, che nel 2013 si fonde con la norsk Hydro per dare vita a un colosso mondiale nella lavorazione dell’alluminio, dall’altra gli operai, affiancati dai sindacati e dai sindaci della zona, gli unici politici che finora hanno portato il proprio sostegno beccandosi anche una denuncia penale per aver partecipato all’occupazione della fabbrica insieme ai dipendenti. lo schema portato avanti dalla sapa nel perseguire il proprio tornaconto è un classico della storia industriale degli ultimi anni: avviso di licenziamento, chiusura dello stabilimento e tutti a casa con qualche spicciolo e zero prospettive. Dopo la fusione, la nuova azienda ha già

chiuso e venduto lo stabilimento di bolzano e si appresta a fare lo stesso con quello di fossanova per concentrare tutta la pro-duzione negli ultimi tre siti rimasti: uno ad adessa, vicino chieti, e due in provincia di belluno.

secondo gli operai che da un mese occupano la fabbrica, la scelta di chiudere fossanova rimane incomprensibile e illogica. a meno che non conti la politica locale, e allora anche l’illogico diventa logico: probabilmente nelle zone dove rimarrà la produ-zione di alluminio c’è un politico di peso che riesce ancora a far sentire la propria voce. mentre qui a latina il massimo che è stato concesso agli operai sono stati quattro incontri presso la sede dell’Unindustria del capoluogo, un incontro informale in regione, mentre presso il ministero delle attività Produttive c’è un tavolo aperto, ma virtuale. alla sapa è bastato presen-tare un documento di poche pagine per mettere in crisi due-cento persone, se si considera anche l’indotto. Il ritornello è sempre lo stesso: per via della crisi, della caduta di domanda dell’alluminio lavorato l’azienda è in perdita da svariati anni.

In particolare, secondo i calcoli economici della proprietà, nel 2013 l’azienda ha chiuso con 35 milioni di euro di perdite e lo stabilimento di fossanova ha registrato un passivo di 4 milioni.

«È vero – spiega antonio, uno degli operai più combattivi – che la produzione è scesa: da quasi 25mila tonnellate si è passati alle attuali 14 o 15mila, ma è anche vero che è cambiato il nostro fornitore. Dopo la chiusura dell’alcoa in sardegna, l’allu-minio arriva dallo stabilimento sapa di feltre, ma la qualità non è la stessa e c’è molto più scarto. e poi sono stati licenziati l’amministratore delegato di sapa Italia e il direttore dello sta-bilimento di fossanova. non è che le liquidazioni di queste due figure apicali sono state inserite nel bilancio dello stabilimento di fossanova?». Un dubbio che sorge guardando i dati forniti dalla stessa azienda, dove si nota che le perdite sono schizzate da 251mila euro del 2010, ai 4 milioni del 2013.

«Questo stabilimento – continua antonio – non può chiudere. la nostra tecnologia di estrusione dell’alluminio è unica in Italia

e siamo fornitori di importanti aziende nel settore automobilisti-co e in quello dell’edilizia. certo sono lontane le 35mila tonnel-late prodotte nel 2003, ma questo stabilimento si può salvare come l’electrolux». Di questo ne è convinto anche enzo, operaio cinquantenne, di cui ventisette spesi proprio alla sapa: «c’era un po’ di crisi, ma si poteva chiedere aiuto al governo, alle parti sociali. tra il 2009 il 2013 abbiamo fatto cassa integrazione a rotazione. Il futuro non è roseo. non so quale sia il rimedio, ma la politica va avanti a parlare di senato e legge elettorale quando la priorità è il lavoro».

anche perché senza lavoro non è facile per nessuno, soprat-tutto per chi amministra il territorio, come sottolinea il sindaco di Pontinia eligio tombolillo: «ci troviamo in una situazione gra-vissima e temo problemi di ordine pubblico. I comuni possono fare quello che possono, ma devono intervenire enti posti più in alto, noi possiamo stare vicino agli operai. Questo è un duro colpo alla zona industriale di mazzocchio. siamo di fronte a un capitalismo selvaggio figlio della globalizzazione. Un capitalismo

È l’ora della lottaSapa ultima trincea della crisi. I lavoratori occupano lo stabilimento di Mazzocchio

il chininoagosto 2014 4 il chinino

anno IV n° 35

Operai della Sapa mentre occupano la Strada Regionale dei Monti Lepini.

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di rapina che non pensa al territorio e alle famiglie». Perché non si tratta solo di salvare lo stabilimento di fossanova. Qui c’è un intera provincia, quella di latina, che sta lentamente morendo sotto i colpi di una crisi che riguarda tutti i settori produttivi. lo ha certificato un’inchiesta de’ “Il Sole 24Ore” di qualche setti-mana fa: latina è al secondo posto tra tutte le province italiane ad aver distrutto più ricchezza in questi ultimi sette anni. al primo posto c’è Viterbo. I dati della cassa integrazione (ordina-ria, straordinaria e in deroga), sono impietosi: nel solo settore industriale si è passati dalle 971mila ore del 2008 ai 4 milioni e mezzo del 2013. Il problema riguarda tutti i settori: nell’edili-zia si è passati da 85mila ore del 2008 alle 900mila del 2013. In pratica si sono moltiplicate per dieci volte le richieste di aiuto in un settore che a latina si è praticamente fermato.

e se si ferma l’industria e l’edilizia si ferma anche il resto: solo nel commercio, un settore che nel 2008 non faceva neanche un’ora di cassa integrazione, nel 2013 si è arrivati a 765mila ore, anche se il picco si è registrato nel 2012, con quasi 900mila ore di cassa, autorizzate dall’Inps. segue il settore de-gli artigiani, dove dal 2008 al 2013 i numeri si sono moltiplicati per dieci, arrivando al picco massimo di 162mila ore del 2012 per scendere leggermente nel 2013. ma sempre in piena crisi siamo, perchè anche il settore impiegatizio ha dovuto ricorrere agli ammortizzatori sociali passando dalle 200mila ore del 2008 ai 2 milioni del 2013.

finiti poi i sussidi di disoccupazione e la cassa integrazione, rimane il nudo dato dei disoccupati che a latina sono raddoppiati. Il tasso di disoccupazione era del 7,93 per cento nel 2007, oggi sfiora il 15 per cento – dati arrangiati per difetto, perché non comprendono quelli che hanno smesso di cercare impiego e non rientrano nelle statistiche. così come è crollato il potere d’acquisto dei cittadini. non ci sono più aziende che producono ricchezza e allora anche il portafogli si svuota: da un reddito di 21mila euro si è scesi a 17mila, con una perdita secca di 4mila euro per abitante. In sette anni abbiamo bruciato il 25 per cento della nostra ricchezza pro capite. si tratta comunque

di medie: qualcuno nella crisi ci sguazza, altrimenti non si spie-gherebbe come mai i depositi bancari medi sono aumentati da 8mila euro del 2007 agli attuali 13mila e 700. C’è chi prefe-risce tenere soldi in banca piuttosto che investirli, ma un tale aumento non può avere questa unica spiegazione.

sullo sfondo restano le storie delle operaie e degli operai come quelli della sapa di fossanova, il cui futuro non è incerto. È nero. «lavoro qui da 18 anni – spiega Giuseppe – e ne ho 44. Questo è uno stabilimento di operai giovani.

bisogna creare una corsia preferenziale per chi non ha neanche 50 anni. altre offerte di lavoro non ci sono». oppure c’è chi pensava di aver trovato una tranquil-lità con la firma di un contratto a tempo indeterminato, come cristian: «Ho 26 anni e dopo otto anni di lavoro non me lo sarei mai aspettato di essere licenziato. Ho fatto sei anni di contratti settimanali, poi due contratti da nove mesi e mi avevano

preso fisso il primo dicembre del 2013. Non sono ottimista per niente sul mio futuro». la disperazione è palpabile negli occhi di Giovanni: «Lavoro qui da 17 anni, ho fatto anche il ca-poreparto. mancava il lavoro ma per il sindacato andava tutto bene. Poi il 5 maggio è arrivata la lettera di licenziamento. ci hanno offerto tre anni di mobilità. e poi? sono in mezzo a una palude con un figlio e una moglie a carico e un piccolo finan-ziamento che ho preso alcuni mesi fa per far fronte a spese mediche. ora non so proprio dove sbattere la testa».

Latina è una delle province più colpite dalla crisi di questi anni.

L’INCHIESTA

Lo stabilimento Sapa nell’area industriale di Mazzocchio di Pontinia.

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Se tre pediatri sembran pochi

nonostante a Pontinia rimangano esclusi circa duecento bambini dal rango dei medici del paese, questo non risulta anomalo.

la zona rossa è latina. avendo più bambini e una densità abitativa più elevata, ha la precedenza per lo stabilirsi di nuovi professionisti. bisogna tener conto, inoltre, che l’in-sediamento di un nuovo pediatra a Pontinia non è affatto vantaggioso per il medesimo, poiché avrebbe la possibilità di accogliere solo un terzo dei bambini rispetto alla quota avente diritto. lo stipendio percepito dai pediatri mutuabili, infatti, è relativo al numero dei pazienti. sarebbe quindi più facile che l’asl alzasse il tetto di pazienti per pediatra in modo da garantire a tutti i genitori di non doversi spostare nelle città limitrofe.

molte mamme e papà per questo si sono lamentati, in particolare chi ha difficoltà per gli spostamenti urgenti. la asl vuole sottolineare che è sempre nelle libertà dei genitori scegliere il medico curante, però bisogna attenersi a quelli disponibili. In ogni caso per coprire i giorni in cui il pediatra è mancante è prevista la guardia medica e la stessa dottoressa Peppina Di mambro ha affermato che le è capitato spesso di visitare pazienti non di sua pertinenza o stranieri in viaggio, quindi almeno per le urgenze sembra esserci una copertura.

Di certo è importante uscire dalla realtà di paese e inse-rirsi in un contesto maggiore, ma ogni scelta che porta alla creazione di una rete più grande andrebbe correlata con altre decisioni, come quella di garantire dei servizi di trasporto più efficienti e che colleghino più zone e abbiano più fasce di orario coperte.

CRONACHE CITTADINE

Quando si parla di bambini ogni attenzio-ne non è mai sufficiente, in particolare quando hanno bisogno di cure, perché la salute viene sempre al primo posto.

Da qualche tempo, alcune madri di Pontinia hanno posto in risalto la questione dei pediatri: a loro dire, pochi e di difficile accesso. In effetti, i pediatri a Pontinia sono sol-tanto due: la dottoressa Peppina Di mambro e il dottore sergio morandini, i quali coprono l’orario di cinque turni a settimana secondo le indicazioni stabilite dalla asl. Da qualche mese, inoltre, a questi si è aggiunta la dottores-sa maria antonietta De felice, la quale però è attiva solo per un turno a settimana.

Il caso, dunque, è piuttosto legato alle normative della re-gione lazio, che attualmente li ritiene tutti occupati, indi per cui i nuovi nati devono giocoforza essere assegnati ai pediatri di sabaudia e latina, con le famiglie che si vedo-no costrette ad affrontare tutte le conseguenze del caso.

la regione lazio, infatti, organizza la dislocazione dei medici mutuabili in base a dei piani calcolati per distretto e non per città. così latina, sabaudia, Pontinia e norma vengono riconosciute come una sola zona nella quale viene stabilito il numero di pediatri necessari in rapporto agli abitanti da zero ai sei anni. Il distretto comprende settantadue pediatri di cui ne sono rimasti liberi solo ven-ti. ogni pediatra può coprire ottocento bambini così che,

L’ingresso della Asl di Pontinia.

di FEDERICA GUZZON

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CRONACHE CITTADINE

di LUCA GHIDONI

l’INVaSIoNedeI VoNgoloNI

Uno dei molluschi trovati vicino a Borgo Hermanda. Foto di Antonio Morelli.

l’acqua. Infatti, quando è in salute è capace anche di filtrarne più di 40 litri all’ora.

ad avvistarli nei bacini nostrani sono stati dei pesca-tori che in alcune di essi hanno trovato delle piccole perle. Infatti, la maggior parte dei molluschi che pro-ducono perle sono bivalve, il che significa che la loro conchiglia hanno due metà connesse da una cerniera.

nonostante ci siano approssimativamente 20mila specie di molluschi bivalve, solo relativamente poche quelle che vengono utilizzate nella coltivazione delle perle per il commercio. Il termine “ostrica perlifera”, comunemente usato nel mercato delle perle, è di fatto incorretto, perché i molluschi che producono perle non sono ostriche. seppure le ostriche commestibili possano occasionalmente produrre una perla, queste non hanno alcun significato dal punto di vista com-merciale.

Inoltre, per la salute dei nostri denti, le perle nelle ostriche commestibili non sono desiderabili. Gli alle-vamenti commerciali di banchi di ostriche commestibi-li sono destinati a chiudere i battenti se persistono a formarsi delle perle al loro interno.

l’anodonta Woodiana prenderà il sopravvento sulle specie di vongole autoctone? Di certo è ancora presto per dirlo. occorrerà capire quanto riescono a colo-nizzare e analizzarne in seguito le ripercussioni sulla biodiversità. Di solito, però, quando una specie è numerosa e molto resistente le conseguenze si verifi-cano presto, così come la loro gravità.

Nelle nostre acque dolci dei fiumi e dei canali dell’Agro Pontino si sta diffon-dendo con una certa velocità un mol-lusco molto particolare, il cosiddetto

“vongolone”.

chiaramente, le conseguenze dell’impatto di queste vongole giganti sull’ecosistema acquatico locale sono davvero pericolose: la sua diffusione potrebbe cancellare le specie autoctone che sono di dimensio-ni più piccole.

l’anodonta Woodiana – questo il nome scientifico dell’animale – è un mollusco proveniente dal con-tinente asiatico ed è noto per essere tra le specie invasive di più rapida e ampia diffusione a livello mondiale. È stato avvistato per la prima volta in Italia nell’anno 2004 in toscana. Da allora tante segna-lazioni, dalla montagnola senese al fiume tevere ad altri bacini idrici che sfociano nel mar adriatico, fino a giungere nei fiumi pontini. È una vongola come tante altre se non fosse per le sue dimensioni, che mediamente sono di 16 centimetri, ma può arrivare a misurare anche fino a 30 centimetri.

meglio non farsi tentare dalle dimensioni giganti e cucinarle, perché sono una specie molto forte che riesce a vivere in acque non proprio cristalline. come tutti i molluschi, la sua funzione è quella di filtrare

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Situata in via Napoli, al civico n° 1, la gioielleria “Elda Gioielli” fa ormai parte della storia di Pontinia. Era la fine degli anni sessanta, un periodo di splendo-

re e speranza nel futuro, quando i due novelli sposi, Antonio ed Elda hanno scelto Pontinia per aprire la loro attività.

lui era un giovane appassionato di orologi, attratto da quei piccoli meccanismi capaci di calcolare il tempo così, da autodidatta, ha iniziato a impara-re e poi a lavorare in quella che era all’inizio una piccola oreficeria. lei una fedele compagna pronta a iniziare una nuova avventura senza alcuna sicu-rezza.

all’inizio, l’entrata del negozio dava su via marconi e aveva delle dimensioni ridotte di un terzo rispet-to all’assetto attuale, con una piccola vetrina, il

banchetto e il laboratorio. Poi con gli anni, grazie alla loro professionalità e passione, la clientela andava aumentando e a questo conseguì una serie di cambiamenti. così, quando agli inizi degli anni novanta sono subentrati il figlio angelo, insieme alla consor te marina, il locale si è ingrandito. l’acquisto del negozio adiacente ha permesso di ampliare lo spazio riservato al pubblico, che verrà poi sommato all’aggiunta dei metri quadri per il laboratorio interno di primaria impor tanza. Infatti angelo, ereditando dal padre l’amore per gli oggetti preziosi, è autore di notevoli creazioni ar tigianali, uniche nel genere, con combinazione di oro, argen-to e pietre preziose.

all’affabilità dei titolari si addiziona la scelta quali-tativa dei materiali. contano, infatti, marchi di alta gioielleria, non reperibili facilmente. la selezione attenta dei prodotti, grazie all’esperienza decenna-

le, ha permesso loro di combinare la qualità senza rinunciare a un prezzo accessibile ai più. Inoltre, per i più esigenti sono custoditi con cura quelli che si suol chiamare “oggetti dei desideri”.

Un’attività che con i suoi quarant’anni ha visto cre-scere Pontinia e ha accompagnato i suoi clienti lun-go la strada della vita. come dimostra l’esperienza di una coppia venuta ad acquistare le loro fedi nuziali fiduciosi, perché proprio lì i genitori si era-no recati per le loro prime fedi e anche per quelle delle nozze d’argento. Un sigillo sicuro, quindi, per il loro amore. ed «è stato bello – ha detto ange-lo – che a servire i genitori sia stato mio padre e poi è toccato a me e marina. spero che i miei figli potranno continuare questa strada». Un percorso fatto di sacrifici, dato il tempo in cui viviamo, ma anche di tante gioie, perché non c’è niente di più bello di saper rendere felici le persone, che rac-

chiudono nella forma di un oggetto, quale un gioiel-lo, i loro sentimenti più puri e for ti. Verso la metà degli anni ‘90, antonio ed elda aprono un secondo punto vendita a sabaudia, per espor tare anche nella rinomata località balneare la loro ar te orafa e il loro gusto per i gioielli, consapevoli di trovare anche lì una clientela che avrebbe apprezzato il loro lavoro. oggi, la gioielleria è gestita da Katia cologgi, insieme ai suoi figli.

“elda Gioielli” resta un punto di riferimento per la qualità della merce e del servizio, non solo per i concittadini, ma anche per i diversi clienti prove-nienti da sabaudia, latina, cisterna e anche roma. tutto ciò grazie al costante impegno dei titolari nel seguire ogni cliente dall’acquisto alla durata intera del prodotto: garanzia di un investimento sicuro in un gioiello od orologio che possa davvero durare per sempre.

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Nella foto: Angelo e Marina all’interno della loro attività di via Napoli

AGRI_CULT

UN FreNo al bUSINeSS del bIogaS

il chininoaprile 2014 12

Lo stop alle cupole verdi arriva dall’Ammi-nistrazione Comunale con la delibera n. 23 del 10 luglio 2014, che mette un freno al proliferare degli impianti biogas.

Potranno essere prese in considerazione e valutate le biomasse derivanti per oltre il 50 per cento in termini di peso, dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’al-levamento di animali. Per poter generare energia da un digestore biogas c’è bisogno di una sostanza organica (biomassa), da accumulare dentro una cisterna di ce-mento (la cupola verde), in assenza di ossigeno.

Per biomassa si intende qualsiasi materiale organico: liquami e letame bovino, suino e avicolo, legno verde triturato, scarti della lavorazione agro-industriale, colti-vazioni vegetali dedicate o residuali, compresi i fanghi di depurazione fognari e industriali e la frazione umida dei rifiuti solidi urbani. La biomassa viene distrutta dai

batteri creando così il gas (ch4, H2s, o2 e co2), me-tano al 55 per cento. Il gas prodotto viene bruciato a 800/900 °c sprigionando nanoparticelle Pm 2,5 e tanti altri elementi. Un motore fa girare la turbina da questa energia. Il materiale inserito quando perde la sua azione per gli addetti ai lavori è un sottoprodotto, per le regole europee è un rifiuto speciale da trattare con metodi di compostaggio e integrato nei terreni come ammendante. Studi agrari confermano che il digestato, il rifiuto a fine processo, è un buon ammendante per le coltivazioni.

michele corti, docente all’Università degli studi di milano, ha messo in guardia i dirigenti delle asl: «la fermentazione anaerobica favorisce la produzione di batteri sporigeni come il clostridium botulinum, salmo-nella ssp., lysteria monocytogenes e escherichia coli. Il processo di pastorizzazione non basta, c’è sempre il rischio che i clostridi possano causare infezioni nelle fe-rite di animali, come accadde in svezia con il costridum

chauvoei fautore della zampa nera». Gli elementi chimici e batteriologici contenuti negli sversamenti dei digestati sui terreni, specie quando questi sono saturi di acqua, filtrano nelle falde e nei canali d’irrigazione inquinandoli. all’interno dell’impianto, oltre agli escrementi degli ani-mali, vengono inserite coltivazioni cerealicole ricche di zucchero, esperimenti d’ibridazione hi-tech: il mais delle multinazionali americane e francesi.

Per il mantenimento di un impianto a biogas da 50 Kwe (Kilo Watt elettrici), servono 3 tonnellate di mais al giorno, 20 ettari di superficie solo per il digestore, come affermano i produttori del nord Italia sul sito “forumdia-graria.org”. Da questi ettari devono uscire due cicli di mais, più altre coltivazioni energetiche e anche l’alimen-tazione per il bestiame. Per dare un’idea delle quantità che occorrono, le aziende agricole che vogliono ottenere energia dai loro campi devono sfruttarli all’osso con tutti i rischi del caso (depauperamento), lavorare per alimen-

tare un digestore e sostenere spese aggiuntive per il trasporto della materia organica in uscita e in entrata e, come se non bastasse, anche per l’acquisto di bio-massa aggiuntiva. E se gli incentivi finissero? La nuova regola introdotta dal consiglio comunale è un primo passo che limita in modo marginale il boom del biogas. l’inserimento della clausola crea una linea direttrice per chi può e chi no. la strada si divide tra piccoli impianti di autosufficienza da 10 Kwe a situazioni più grandi per chi vuole farne un business: la nuova regola non specifi-ca se l’affitto di altri terreni è da considerarsi parte del fondo.

la commissione agricoltura dovrà lavorare sodo per strutturare e salvaguardare un territorio che rischia di cadere nella bolla speculativa degli affitti, cambiando il mercato dei prodotti alimentari per l’allevamento. È arri-vata l’ora per i politici di pensare a progetti più vicini alle persone e meno alle industrie e di salvaguardare i pochi caseifici che rimarranno dopo il boom del biogas.

di GIANPAOLO DANIELIfoto di FABRIZIO BELLACHIOMA

Impianto a biogas in zona La Cotarda.

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PRIME PIETREdi GRAZIANO LANZIDEI

foto di SIMONE OLIVIERI

laboratorIo pomezIaCittà simbolo, centro di sperimentazione dell’italiano di ieri e di oggi.

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A Pomezia ho lavorato dieci lunghissimi anni, in un’azienda del Gruppo Telecom che si chiamava Saritel. Si trovava ai mar-gini della città, proprio sulla strada che ti

riporta sulla Pontina e quindi verso Roma.

la saritel era una comunità a sé, in cui vigevano rego-le e comportamenti che hanno anticipato l’Italia che sarebbe venuta poi. Quella della decadenza berlusco-niana, della facciata perbenista e dei comportamenti libertini. si cacciavano dipendenti perché portavano la gonna troppo corta e perché avevano comportamenti non consoni, ma i festini dell’ultimo piano rimangono leggendari, almeno nei racconti delle bariste che do-vevano portare le vivande rifocillanti. Dice che c’era comunione e liberazione a farla da padrona, ma questo non lo so, è solo un sentito dire. Quello che so è che si trattava di un centro di sperimentazione. lì ci sono stati i primi contratti interinali, lì sono state messe a

punto le tecniche di flessibilità del personale, lì si sono fatte le prove per schiacciare una generazione con la formula hobbesiana che oggi impera in ogni posto di lavoro: “homo homini lupus”. lì hanno spezzato le reni al sindacato e ai diritti del lavoro. Perché capivi subito che la tua sorte dipendeva dalla disgrazia di un qual-siasi altro tuo collega. non sempre, perché altrimenti la regola si notava subito, ma spesso, così da poterla comunque considerare una regola. capi stronzi, sottopo-sti selezionati in base all’infamità. Diventavi una bestia e per un periodo di tempo, bestia lo sono stato anche io. Poi, all’improvviso, l’illuminazione. e la fuga. Il ritor-no a casa. ma ci sono colleghi che ancora non hanno realizzato, altri che invece lo hanno fatto ma si sono sbrigati a rimuovere il ricordo, altri che hanno scoperto la bestialità che covava dentro da sempre e ci si sono trovati bene. tutti siamo stati cavie a nostra insaputa e ne siamo usciti cambiati, in qualche maniera, chi in peggio e chi in meglio.

credo però che Pomezia non sia stata scelta a caso. essere centro di sperimentazione è una questione di dna, di origini, di nascita. È una delle città di fondazione dell’agro Pontino. la prima pietra venne posata il 25 aprile 1938 e il 29 ottobre 1939 vennero inaugurati i primi insediamenti con le quaranta famiglie di coloni fatte venire direttamente dall’emilia romagna il giu-gno precedente. lì sarebbe dovuta nascere una nuova classe di rurali che avrebbe dovuto costituire la nuova spina dorsale del regime. erano loro che dovevano permettere a mussolini il cambio di passo che aveva in mente. Perché la borghesia era una classe troppo molle per poterci contare, erano i contadini, e il sistema di sopravvivenza in cui erano calati a forza, che avrebbero dovuto costituire il modello, l’Uomo nuovo. e per non far dimenticare a nessuno l’obiettivo di fondo che si era posto il regime, basta andare a vedere il simbolo della città. “D’azzurro alla bordura d’oro, al busto di giovinet-

ta rurale di carnagione, vestita di verde, con fazzoletto rosso sul capo annodato alla nuca, ed una cesta d’oro, sistemata sulla testa ricolma di spighe e di frutta al naturale”. ma il progetto che aveva in testa mussolini è fallito miseramente, visto che l’Italia, nemmeno un anno dopo l’inaugurazione, entrò in una guerra che trascinò tutto il Paese alla distruzione e alla rovina. sono i casi della vita, fondi una delle tante città per poter formare una nuova classe dominante e poi la fai morire durante la guerra. Perché a Pomezia devono essere stati tragi-ci gli anni della guerra, visto che venne praticamente annientata dagli alleati con decine di bombardamenti. soprattutto a copertura dello sbarco di anzio. a testi-monianza dei bombardamenti, degli scontri e dei morti, nascosto in una zona periferica della città, c’è il cimite-ro tedesco che viene annunciato da un cartello stradale, piccolo e scuro, all’uscita della Pontina. la rimozione del passato e dei ricordi e delle responsa-

il chininoanno IV n° 315

Veduta di Pomezia con la chiesa di San Benedetto e la Casa del Fascio.

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IL CHININOAgosto 2014 16

bilità a Pomezia è cosa seria. Per esempio sulla storia, non so se è per i danni e le vittime causate dai bombar-damenti o per la “damnatio memoriæ” che ha colpito la questione della fondazione fascista in epoca repub-blicana. ma sta di fatto che nonostante avessi molti colleghi di Pomezia, nessuno ha mai fatto cenno al fatto che fosse stata fondata da mussolini. mai. a latina è quasi una ossessione, a Pomezia sembra non farci caso nessuno. a latina il palazzo comunale e la fontana con la palla sono ritratte in ogni foto o cartolina o disegno dei bambini, a Pomezia parecchi dei cittadini non sanno nemmeno che forma ha la torre civica della città. sarà per questo che appare come una città senza storia. con un vissuto che parte da un punto imprecisato degli anni ‘60, del boom economico, dello sviluppo industriale. Pensare, per esempio, che nonostante il piano rego-latore lo disegni un’urbanista stimato come concezio Petrucci, il centro è oggi caratterizzato dai palazzoni che ti accompagnano, a destra e a sinistra, lungo tutta via roma. e i palazzoni sono un po’ il tratto distintivo della città. li vedi dalla Pontina, li vedi su via roma. sono compagni costanti di chiunque si fermi in città. loro, i palazzoni, e le fabbriche. Perché Pomezia, da centro rurale che doveva essere, con la cassa del mezzogiorno è diventata la zona industriale più importante di tutto il basso lazio. migliaia e migliaia di operai che sono arrivati da ogni parte del circondario e d’Italia e che, almeno così pare, han-no cancellato ogni traccia della storia cittadina. In quei dieci anni di lavoro, a contatto con migliaia di al-tri giovani più o meno della mia età, mi sono reso conto di quanto Pomezia sia una città che ti scivola addosso, perché niente riesce a rimanerti attaccato, se non lo smog, il traffico nelle ore di punta, qualche bella perso-na che si incontra casualmente. sarà forse per questo che, nonostante sia una città in cui la bruttezza si è accumulata nel tempo, in ogni tempo dalla sua fondazio-

ne fino a oggi, uno strato sopra l’altro senza soluzioni di continuità, nessuno se ne sente responsabile. o se ne sentono responsabili un po’ tutti. Questo, a voler essere sincero, non l’ho ancora capito. I cittadini alle ultime elezioni comunali hanno votato compatti per il m5s, eleggendo il sindaco fabio fucci. Giovane e competente, almeno a stare al curriculum. e nonostante a Pomezia, da allora, non sia migliorato assolutamente niente, tutti ancora mantengono fiducia.

“lasciamolo lavorare” esattamente così come si diceva di stefano Zap-palà o di enrico De fusco. rispetto al passato, dicono tutti, anche un ex collega di lavoro che pare essersi interessato tutto a un tratto di politi-ca, si fanno assemblee pubbliche su ogni singola questione amministrati-va, viene spiegato nel dettaglio che si devono pagare le tasse al massimo

per evitare che venga dichiarato il dissesto finanziario, per i debiti lasciati dalle amministrazioni precedenti, si accolgono le proposte dei cittadini anche se sono delle “cagate pazzesche”, come l’ultima polemica sulle men-se a doppia velocità, per i figli dei benestanti e i figli dei poveri. non so come andrà quest’ultima sperimentazio-ne. Per i cittadini di Pomezia spero bene. certo, a vede-re come sono andate le due sperimentazioni precedenti, non c’è da stare allegri.

Palazzoni, fabbriche e un passato che sembra cancellato

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IL CHININO IL CHININOAgosto 2014 Anno IV n° 31918

PONTINIA OTTANTAdi PAOLO PERIATI

FerrareSI IN agroSacrifici e sofferenze dei coloni nelle parole di Cristina Rossetti

Cristina Rossetti davanti l’ingresso dell’Archivio di Stato di Latina.

Giunta a Pontinia con un po’ di ritardo rispetto ai suoi conterranei, durante i suoi insegnamenti alle scuole medie “G. Verga” negli anni ‘70, Cristina Ros-

setti scoprì che molti ragazzi e ragazze conosce-vano il dialetto ferrarese che anche lei parlava. Da qui, la curiosità di chi vuol saperne di più e la passione per la ricerca storica l’hanno porta-ta a indagare sulla storia dell’immigrazione in Agro Pontino, un modo per non dimenticare le proprie radici e potersi fregiare di due patrie: Ferrara e Latina. Il più alto numero d’immigrati proveniente dall’area ferrarese venne assegnato al comune di Pontinia. Ora che abbiamo 80 anni è sembrato doveroso ascoltare chi li ha ascoltati e di loro ha scritto in diversi libri tra cui: “I fer-raresi nella colonizzazione dell’Agro Pontino”, dato alle stampe esattamente dieci anni fa.

Il Chinino come ha svolto e che metodo ha utilizzato per la sua ricerca?

Cristina Rossetti la consulenza scientifica di mario einaudi e mario sitti (direttore del centro etnografi-co di ferrara), mi ha fatto considerare l’importanza delle testimonianze orali. Parlando di un periodo in cui c’era la censura, le fonti scritte risultano omolo-gate alla volontà del regime e non facevano altro che parlare bene dell’immigrazione in agro Pontino. Per conoscere se ciò che i canali di governo dicevano era vero, cioè che realmente quel tipo di vita era accet-tata, e se era vero che tutti i venuti fossero di fede fascista, decisi di controllare intervistando le perso-ne più anziane. Purtroppo non potei seguire il meto-do che avevo pianificato a tavolino con le domande e le schede da riempire con i dati (numero di uomini e donne, distribuzione geografica della popolazione e altri parametri), perché alcune persone non volle-ro parlare, alcune erano decedute, mentre altre si fecero avanti, e così dovetti sfruttare le opportunità adeguando il progetto alla realtà.

Il Chinino cos’è scaturito dalle interviste effettuate?

Cristina Rossetti che pur essendo obbligatorio l’essere di fede fascista per i coloni che dovevano emigrare, invece i sindacalisti che nel ferrarese si occuparono di trovare le persone adatte usarono criteri diversi. e questo lo seppi solo facendo le interviste. alcuni affermarono che i propri nonni e genitori vennero mandati qui proprio perché antifasci-sti e, dunque, davano fastidio. In generale, riscontrai come la realtà dell’antifascismo fosse abbastanza comune: il maggior numero degli intervistati mi disse che la gran parte degli immigrati era antifascista. l’analisi dei dati che emergono dalle elezioni libere del dopoguerra a Pontinia, che ho analizzato, mostra-no come sia sempre stato votato il partito socialista e questo conferma le voci raccolte con le interviste riguardo all’antifascismo di tanti ferraresi. Però, ci tengo a sottolineare che, una volta giunti a Ponti-nia, all’interno della comunità ferrarese molte delle divisioni politiche cessarono e ci fu uno stringersi assieme di fronte alle difficoltà. la vita era talmente dura all’inizio, che ebbero bisogno di unirsi e trovare solidarietà fra di loro. mi è piaciuto riscontrare che alcune abitudini sopravvissero, come per esempio il ballo che, siccome destava sorpresa, spesso fu la fonte da cui scaturiva il confronto tra locali e ferraresi e tra questi ultimi e i veneti. Più che altro fu un modo per criticarsi che piano piano portò gli uni e gli altri ad assumere a vicenda carat-teri e usi specifici. Poi con i matrimoni misti si è giunti a un’integrazione che ha arricchito l’intera comunità.

Il Chinino ci sono margini d’approfondimento per la storia dell’immigrazione in agro Pontino?

Cristina Rossetti moltissimi. I dati utilizzati sono lacunosi e andrebbero integrati. riuscii a fare ricerca nella sede dell’opera nazionale combattenti, prima che venisse soppressa, e trovai le schede podera-li. fra esse scelsi quelle relative ai ferraresi, ma spesso ho riscontrato errori e vuoti che andrebbero riempiti. occorre completare i dati e analizzare l’esat-tezza delle fonti.

Il Chinino Perché il governo fascista si rivolse proprio al bacino ferrarese per bonifica e colonizzazione?

Cristina Rossetti le ragioni si trovano nei rapporti dei prefetti di ferrara in cui si fa riferimento all’enor-me massa di braccianti presente in quell’area. Un numero che era cresciuto dopo le grandi bonifiche e con la nascita delle società latifondiste e capitali-ste che richiedevano molta manodopera. Però, dalla

fine della semina al raccolto non c’era nulla da fare per una massa umana che, dopo un primo momento in cui era stagionale, col tempo cominciò a essere stanziale trasformandosi in una elevata quantità di disoccupati che per sei o sette mesi all’anno preme-va in cerca di lavoro. I braccianti arrivarono a essere almeno 75mila. Non si deve dimenticare anche la forte presa che ebbe in quei territori l’ideale socia-lista, a partire dai primi del ‘900 e con il culmine nelle turbolenze del “biennio rosso” (1919-1920). la situazione era esplosiva dal punto di vista sociale, politico ed economico. I ras premevano sul governo affinché si concedessero terre ai ferraresi per poterli spostare e far diminuire le tensioni. a tal fine fecero tanta propaganda attraverso le organizzazioni sin-dacali per convincere le persone a partire, ma dalle carte dei prefetti emerge come ci fosse una difficoltà nel concepire un’emigrazione definitiva, un’ostilità a lasciare amici, famiglia e paese.

Il Chinino come ci si dovrebbe porre nei confronti di quest’esperienza per comprenderla meglio?

Cristina Rossetti apprezzando molto ciò che è stato fatto e riconoscendo valore e merito, tenacia e coraggio di ferraresi e non. Vanno onorati per aver tenuto duro in condizioni difficili. soprattutto si deve riconoscere il merito delle donne, molte delle quali si fecero carico di tante fatiche. In particolare quando ci fu la chiamata alle armi degli elementi più validi. le donne si occupavano della casa, della famiglia e faticavano nei campi. l’uomo al ritorno

dal lavoro andava all’osteria o si piazzava davanti al caminetto a fumare, mentre la donna cominciava l’en-nesima mansione della sua lunga giornata per pre-parare i pasti. andrebbe messa in luce la sua impor-tanza: è stato fatto un monumento al bonificatore e al contadino, sarebbe giusto erigerne uno anche alla donna della bonifica, perché senza il suo coraggio la famiglia non sarebbe mai potuta rimanere qui.

Il Chinino Perché resiste una certa visione idilliaca della bonifica?

Cristina Rossetti In tutto questo grandioso scenario di epopea non dev’essere dimenticato il sacrificio e le sofferenze costate a quella gente, anche in termi-ni politici. Purtroppo, c’è il timore di far emergere i lati riguardanti i grandi sacrifici, le ingiustizie subite e le limitazioni alle libertà fondamentali attuate dal regime fascista. chi vuole cancellare ciò vuol mettere in evidenza solo il lato positivo di quell’esperienza, che invece va vista nel complesso. anzi, a maggior ragione andrebbero sottolineate le sofferenze per aumentare il riconoscimento dei meriti.

Andrebbe eretto un monumento anche alla donna della bonifica.

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IL CHININOAgosto 2014 20

Cala il buiosulla città

Come coriandoli a carnevaleCadono a terra rifiuti,

Gettati dalla mano cieca alla sua città.

Il primo strappa gambi,Il secondo spezza rami.

Su tutto passa,Quasi un elefanteDal pesante piede.

Abbiamo, crudeli, l’attenzione dell’ape che

Impollinato il fioreLo abbandona.

La nostra piazza cinta èDi aiuole colme

Di terra frastagliata.Non zampillano le fontane

Di acqua limpida

E la luna copreI suoi grandi occhi

Alla sgradevole vistaSpaventosa.

Casa comuneo pattumiera?

Camminando per la città mi sono resa

conto che la malcuranza sta crescendo,

con disinteresse e inconsapevolezza.

I fumatori non si preoccupano che but-

tare le loro cicche a terra sporca, dall’al-

tro canto non ci sono abbastanza secchi

dell’immondizia e posti dove gettare i

mozziconi.

Ho sentito spesso dire: «Lo butto a terra,

gli spazzini vengono pagati per pulire»,

e dietro questa frase si nasconde tutta

l’indifferenza verso l’ambiente nel quale

cresciamo, nel quale respiriamo, nel quale

facciamo giocare i nostri bambini.

La questione non è più chi pulisce, ma

chi sporca. L’inquinamento europeo sta

raggiungendo dei picchi massimi e sono

state imposte delle tasse extra da pagare

a quei Paesi che non adottano la raccolta

differenziata.

Eppure, la disinformazione per tali que-

stioni è d’uopo e sembra che preferiamo

risolvere tutto con i soldi, piuttosto che

pensare alle ripercussioni future dei no-

stri comportamenti.

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Page 12: Il Chinino (num. 3, agosto 2014)

IL CHININO IL CHININOAgosto 2014 Anno IV n° 32322

ANTICHE ORMEfoto di ALESSANDRO ROGATO

VerSo SUdAppia antica,

regina delle strade

Il nome di “Regina Viarum” gli venne dato dai romani per la sua maestosità e bellezza, quando nel 312 a. C. l’Appia fu trasformata per volere di Appio Claudio Cieco.

Sulla base di strade già esistenti e dopo un attento studio di bonifica delle zone, gli ingegneri iniziarono i lavori.Apportarono alcune modifiche importanti allargando la carreggiata di 4,1 metri facendo sì che l’Appia avesse il doppio senso di marcia e ponendovi ai lati le pietre miliari che segnavano la distanza percorsa.

Lunga 540 chilometri, collegava Roma con diverse città del sud fino a Brindisi e fu la prima strada romana extraurbana ad avere una pavimentazione, in modo da permettere il transito in qualsiasi condizione climatica.

In alto a sinistra: l’Appia del 1784 con veduta di Mesa.In basso a sinistra: l’Acquedotto Traiano e tratto dell’antica strada ricoperto con il bitume.In alto: il basolato dell’Appia del 312 a. C. In basso: l’Appia del 112 a. C. nel centro di Terracina.

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CRONACHE CITTADINE

il chininoagosto 2014 24

Le aree urbane consumano circa l’80 per cento di tutta l’energia prodotta e rappre-sentano la fonte di emissione più importan-te di anidride carbonica (CO2), per questo

è importante che le amministrazioni locali siano impegnate in prima linea.

Più di 5mila e 885 città europee hanno aderito a un’ini-ziativa della commissione europea, chiamata “Patto dei sindaci”, con l’obiettivo della riduzione del 20 per cento entro il 2020 del consumo di energia.

Anche Pontinia è firmataria del Patto: il 13 luglio 2012 il consiglio comunale e il sindaco, in rappresentanza dell’intera comunità, si sono formalmente impegnati a ridurre l’impatto ambientale della nostra cittadina su suggerimento di un gruppo di dieci giovani ingegneri professionisti, membri dell’associazione Gap (Generation activities Projects), costituitasi tre anni fa con l’obiettivo di affiancare il Comune da un punto di vista tecnico per le questioni ambientali ed energetiche. così hanno bussato alle porte del sindaco e hanno spiegato chiaramente qua-li vantaggi ambientali ed economici garantiva l’adesione al Patto, proponendosi come volontari per il lavoro prepa-ratorio. Difatti, al fine di tradurre l’impegno politico delle amministrazioni in misure e progetti concreti, il “Patto dei sindaci” richiede che queste ultime si impegnino a

preparare un “Inventario di base delle emissioni” (Ibe), e a presentare un “Piano d’azione per l’energia sostenibile” (Paes), in cui sono delineate le azioni principali che si vorrebbero avviare. Questo lavoro preparatorio, se tra-dotto in proposte progettuali concrete, potrà trovare una corsia preferenziale nell’accedere a fonti di finanziamento europee: sia attraverso fondi diretti al comune stanziati dalla commissione europea, dalla banca europea degli Investimenti, dal comitato delle regioni e da altre isti-tuzioni e con specifici programmi di assistenza europei dai nomi piuttosto stravaganti come “Jessica” (sostegno europeo comune agli investimenti sostenibili nelle aree urbane), ed “elena” (european local energy assistance); sia attraverso fondi strutturali, ovvero quelli di provenien-za europea, però gestiti da Province, regioni e ministeri.

Per realizzare l’Ibe di Pontinia, i ragazzi della Gap, a parti-re dal 2005 (l’anno precedente al boom degli ecoincentivi per l’energia rinnovabile), hanno confrontato la misura del consumo energetico (elettrico e termico), di tutti gli edifici pubblici di Pontinia, delle residenze private, i consumi del settore terziario e primario e dei trasporti privati. Il risultato, definito in merito all’anno 2012, segna meno 14 per cento di emissione di co2 grazie a un aumento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili (pannelli solari su terreni agricoli), e alla recente crisi economica e finanzia-ria che ha dimezzato i consumi energetici degli impianti

privati, soprattutto a causa della chiusura di diverse attività imprenditoriali. I risultati fuoriusciti dal calcolo dell’Ibe vanno letti con molta attenzione, considerato che si tratta di sostenibilità, energie alternative, ambiente e consumi energetici. lo studio dell’Ibe ha permesso di rile-vare determinate criticità del territorio e, proprio partendo da questi dati concreti, gli esperti dell’associazione Gap hanno stilato il “Piano di azione per l’energia sostenibile” per Pontinia, che si dovrebbe realizzare attraverso bandi pubblici che prenderanno in considerazione i progetti più validi. le azioni sono molte, le idee all’avanguardia e richiederanno un impegno concreto da parte dell’ammi-nistrazione comunale se vuole tenere fede al “Patto dei sindaci” che è stato sottoscritto.

le proposte del Paes interessano il settore dei trasporti (ammodernamento e acquisto di bus ecologici a metano o attuazione del progetto “Piedibus” – che ha riscosso molto successo in nord europa – per le scuole del cen-tro), la pianificazione territoriale sostenibile (introduzione di premialità per la bioedilizia, piano urbano della mobilità sostenibile, catasto energetico), la produzione locale di elettricità (impianti fotovoltaici da porre sui tetti degli edi-fici del Comune e anche per i privati, microimpianti di co-generazione a biogas), oltre al coinvolgimento dei cittadini con la raccolta differenziata, la sensibilizzazione al rispet-to del territorio e l’educazione ambientale. tra i risultati

già ottenuti dal lavoro di progettazione dell’associazione Gap – che i ragazzi stanno svolgendo in modo ancora del tutto volontario, senza ricevere alcun compenso – ci sono la riqualificazione energetica di quattro scuole e di impian-ti sportivi comunali, grazie al finanziamento regionale di circa 240mila euro da poco ricevuto dal comune. Dall’en-te provinciale, inoltre, è stato ottenuto un finanziamento di circa 400mila euro per la raccolta differenziata (acqui-sto materiali e mezzi), e si spera di riceverne altrettanti nei prossimi mesi – sempre dalla regione lazio e dalla Provincia di latina – per avviare una dinamica raccolta “porta a porta”.

Questi contributi sono diventati accessibili – e resteranno tali – solo grazie al lavoro di qualità eseguito da pro-fessionisti del settore, come i giovani della Gap, i quali negli ultimi due anni hanno portato avanti un lavoro di dimensioni enormi, con la redazione di un ”Inventario di base delle emissioni”, realizzando il “Piano d’azione per l’energia sostenibile” e spesso andando anche oltre il loro impegno iniziale per supportare l’amministrazione comunale. secondo i ragazzi dell’associazione le poten-zialità per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emis-sioni di co2 da oggi al 2020 sono molto concrete, però serve una maggiore volontà politica e, da parte degli uffici competenti, più capacità nel cogliere le occasioni quando esse si presentano.

di ILENIA ZUCCAROfoto di FABRIZIO BELLACHIOMA

patto deI SINdacIRidurre le emissioni di CO2 e i consumi energetici per una Pontinia più “verde”

il chininoanno IV n° 325

Le scuole medie “G. Verga” rientrano nel progetto di riqualificazione energetica.

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IL CHININOAnno IV n° 327

Dove non arrivarono i romani arrivò il duce, niente gli fu impossibile, almeno a chiac-chiere e fanatismi. Nel mezzo, però, anche i papi si misero a scavare, o meglio, a far

insudiciare poveri cristiani per redimere il tratto di via Appia sommerso nel vortice oscuro delle acque della Palude Pontina.

Di bonifacio VIII, nulla di tangibile, non come quel papa che faceva coniare in forma circolare le proprie vittorie, i traguardi raggiunti e, certo non fu Dio, ma i vicari dell’altissimo a mandare a morire genti per tracciare la grande retta che in par-te prosciugò la via romana che portava a brindisi. alla fine, però, con qualche mal di pancia, la linea Pia fu navigabile e l’appia tornò a facilitare il transito ai gran-di possidenti e blasonati del tempo; tutto merito di papa Pio VI. l’onore dell’o-pera trovò il conio in oro, in argento e in bronzo.

ed ecco arrivare al map due medaglie coniate per le opere fatte sul territorio pontino, nelle quali è raffigurato chiara-mente il papa del momento. Il canale che costeggia l’appia a Pontinia è semplicemente il linea. Per la storia e per i reperti conservati nelle teche del museo, è il canale linea Pio, o meglio la linea Pia.

le medaglie ci restituiscono le vicende di questo e, se polemica può nascere per i poveri scavatori mandati a mo-rire di malaria, non fu più la stessa cosa per chi la terra di confine la transitava con il cocchio: ricchi curiosi nel voler

qUel lUccIchIo broNzeo che celebra pIo VI

Custodite nel Map le medaglie in onore degli sforzi voluti da papa Braschi per la bonifica delle Paludi Pontine

di ALESSANDRO COCCHIERI

I SEGRETI DEL MAP

attraversare via monte, si ritrovarono spianata e percorribi-le la terra pontina.

Ci troviamo alla fine del 1700, forse un inizio vista la gran-de opera che ha la paternità fascista, ma a dare il primo segno di bonifica tangibile furono i papi, una ventina, e le nostre medaglie portano il segno indelebile dell’ultimo vescovo a tentare l’opera.

La prima, coniata nel 1788, fu dedicata al restauro del-la Via appia, mentre la seconda del 1791 fissa il primo punto fermo sulla bonifica della valle. Due reperti, ben conservati, di bronzo lucente, portatemi da un collezionista della vicina sabaudia. brillano oggi nel fondo del padi-glione che racconta gli anni pre-bonifica integra-le: raccontano di stato pontificio, di magnificenza, di lustro al portavoce di Dio, ma nascondono dietro la loro lucentezza la paura dei monti al confine,

dei briganti e di quel limbo alimentato da uno stato che, come negli anni segnati dal ventennio mussoliniano, con la scusa della malaria mandò a morire per solcare la terra e, seppur con il nulla osta del divino, segnare la forza terrena del potere del pontefice.

forse una storia visionaria, forse il papa si fermò perché troppo rischioso andare oltre, forse non aveva più troppi consensi. certo è che il mezzo busto di Pio VI si lega a noi e alle nostre radici e il linea Pio è ancora oggi un fonda-mentale meccanismo di acque e affluenti.

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Page 15: Il Chinino (num. 3, agosto 2014)

IL CHININO IL CHININOAgosto 2014 Anno IV n° 32928

Storia di un eroe di casa nostra

Presidente della repubblica perché: «benché inesperto del nuoto, si slanciava nelle acque di un canale per trar-re in salvo i tre occupanti di un automezzo ivi precipitato in seguito ad un incidente stradale; con reiterati sforzi, riusciva ad estrarre dalle lamiere contorte del veicolo semisommerso, uno alla volta, i malcapitati, gravemente feriti. luminoso esempio di grande ardimento e di ope-rante solidarietà umana», concessa dal ministro degli Interni Francesco Cossiga, in data 31 marzo 1977.

Ho avuto il piacere di incontrare più volte il cav. Pasqua-le rinaldi al centro anziani di via aldo moro a Pontinia, e ho potuto così approfondire la sua conoscenza venendo a sapere l’eroica avventura di un signore distinto, umile e timido. nato a ceccano l’11 dicembre 1929, qui ha vissuto sin quando il padre non dovette trasferirsi a Pon-tinia perché impiegato al Consorzio di Bonifica Pontino. A ceccano ha frequentato la prima elementare, la secon-da alla don milani di Pontinia, la terza a la cotarda, la quarta e la quinta a mesa di Pontinia. terminati gli studi dell’obbligo anch’egli venne assunto dal consorzio di Bonifica Pontino nel periodo 1945-1949 per mettere i ceppi lungo il fiume Sisto e segnare i confini di compe-tenza dell’ente.

Inseritosi nel settore caseario, ha lavorato in alcuni gran-di caseifici del territorio dal 1966 al 1994, guadagnan-dosi il titolo di “Pioniere del latte” e ricevendo nel 2009 l’attestato di merito come raccoglitore di latte dall’azien-da “latticini francia”. Dal 1983 è inscritto nell’elenco dei Cavalieri Nazionali. Onorificenza conferitagli dal Presi-dente della Repubblica Sandro Pertini, controfirmata dal Presidente del consiglio amintore fanfani.

Era il 2 giugno 1975, ore 22 circa. Il Cav. Pasquale Rinaldi fu testimone di un gra-vissimo incidente stradale: un’automobile con tre militari a bordo era piombata nelle

acque del Linea Pio, il grande canale che costeggia la via Appia.

nell’incidente morirono due coniugi che si erano immes-si sulla strada senza rispettare la segnalazione, ma il colonnello arcangelo esposito, il capitano Paolo De filip-pis e il militare Vincenzo maddaloni riuscirono a salvarsi. I giovani erano rimasti imprigionati nell’automobile e il signor Pasquale, nonostante non sapesse nuotare, non esitò neanche un secondo e si slanciò in loro aiuto por-tandoli in salvo uno ad uno. Dopo aver traghettato a riva due uomini, mentre portava aiuto all’ultimo ancora rima-sto incagliato, da costui ricevette una fortuita testata trovandosi anch’egli in pericolo di vita. fu salvato grazie all’intervento di un medico di frosinone.

Per festeggiare i protagonisti dell’avventura, una commo-vente cerimonia si svolse il 21 dicembre del 1975 all’in-terno del palazzo comunale di Pontinia, inserita anche nelle solenni celebrazioni per il 40esimo compleanno di Pontinia. nell’occasione il signor rinaldi ricevette la medaglia d’oro, tutto riportato nella cronaca del giornali-no parrocchiale diretto dal parroco Gaetano manfredini. soprattutto, per questo gesto impavido gli venne confe-rita la medaglia d’argento al valor civile con decreto del

di LUCREZIA ZUCCARO

Il Cav. Pasquale Rinaldi (II da dx), ritratto assieme agli uomini che ha salvato.

I SEGRETI DEL MAPTIPI PONTINI

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rotonda la trovo un ottima soluzione, perché questa strada si stava degradando e sembrava abbandonata a se stessa. ora c’è bisogno che gli interventi di riqualifi-cazione continuino». anche per cristina, commerciante a ridosso della nuova rotonda, questa soluzione non è male: «ora la situazione è meno caotica e c’è più spazio per parcheggiare. certo bisognerebbe rispettare la segnaletica».

Perché quello che si nota stazionando nei pressi della rotatoria è la totale mancanza di rispetto del nuovo senso unico in direzione della farmacia. «si è creato ancora più disagio – è il pensiero dei dipendenti della liabel – perché la gente parcheggia sempre sui due lati e nessuno rispetta il senso unico andando contromano e creando il caos più totale. se la si centrava di più e si faceva un senso unico con due macchinette per il controllo degli accessi questo caos non ci sarebbe». Insomma, ci vorrebbe un energico intervento di educa-zione stradale da parte della municipale.

molte sono state anche le critiche per via della presen-za di new jersey di plastica posizionati in modo precario e pericoloso. «Presto toglieremo tutto e completeremo la riqualificazione dell’area – assicura Giovanni bottoni, assessore ai lavori Pubblici – e verrà creata un aiuola alberata e altri parcheggi con la riduzione dei marcia-piedi. Il tutto costerà tra i 10mila e i 15mila euro». bottoni difende anche la scelta della rotatoria definen-dola come «l’unica soluzione per mettere in sicurezza un incrocio con tre strade. e poi bisognava alleggerire il traffico su via cavour e forse dovremmo istituire il senso unico anche in via cattaneo».

CRONACHE CITTADINE

Ha suscitato non poche perplessità tra commercianti, cittadini, passanti e automobilisti la nuova rotonda di via Fedor Von Donat.

In quell’area da anni gli abitanti chiedono un interven-to urbanistico per regolare il traffico delle macchine e dei pedoni, visto che il doppio senso di marcia rendeva difficile e pericoloso avventurarsi per quella via. così come era sempre lasciata al buon senso la regolazione dell’incrocio tra via f. Von Donat, via toscana e via G. mazzini.

Un altro punto diventato pericoloso era l’incrocio tra via Von Donat e via cavour, dove si formava un collo di bottiglia che rallentava la circolazione in tutta la zona. Insomma ci voleva una svolta, ma nessuno pensava a un intervento del genere, oltretutto fatto un po’ per vol-ta e in base alle disponibilità economiche del comune. magari si pensava a un semplice senso unico o di limi-tare i parcheggi. «la rotonda andrebbe anche bene – spiega Pamela, commerciante della via – ma avrebbero dovuto farla più grande perché la gente di Pontinia non rispetta la nuova segnaletica. bisognava fare qualcosa per risolvere il problema del parcheggio all’incrocio con via cavour».

chi la considera un ottima iniziativa è maddalena, anche lei commerciante di via fedor Von Donat: «la

di ANDREA ZUCCARO

la rotoNda del NoN-SeNSe

Veduta notturna della recente rotonda in via Fedor Von Donat.

Oggi la nostra azienda ha raggiunto i 20 anni di attività, anche se noi discendiamo da una famiglia che vive di commercio da 4 generazioni.Festeggiamo una tappa, non un traguardo, anche se in una fase di crisi per commercio ed imprenditoria.Questi 20 anninon delimitano solo la storia della nostra famiglia, ma le tantissime storie che si sono incrociate e continuano ad incrociarsi in questo negozio.In questo arco di tempo c’è tanto di Pontinia, c’è tanta vita dei pontiniani, c’è tanto di c’è tanto di voi. Ed è a voi che va il nostro ringraziamento, ai nostri clienti, che anno dopo anno ci hanno dato fiducia e sostegno, che ci hanno scelto e continuano a farlo. Così molti tra voi sono diventati amici ed hanno voluto festeggiare con noi le tappe più importanti della vita.Abbiamo tentato di essere all’ altezza della vostra fiducia, ascoltando i vostri consigli, scusandoci per i nostri errori, andando incontro ai vostri gusti e desideri.Un ricordo va dedicato a mio padre, che di questa attività ne è stato il fondatore, promotopromotore e presenza insostituibile. Grazie di cuore a tutti voi ed in modo particolare anche a Luigi e Sara, che sempre ci sono stati vicini; a Cecilia e tutti i nostri collaboratori presenti e passati.

vive la tua città

! INSIEME !

PER FAR VIVERE !

LA NOSTRA !!

CITTÀ

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principi la base della loro azione: la caritas Diocesana di latina per l’attenzione alle famiglie in difficoltà e l’associazione La Rete per l’impegno a favore dei disabili e delle loro famiglie».

sul palco c’erano anche il direttore generale della bcc, Gilberto Gisandri, il parroco di Pontinia padre Valeriano e il vescovo di latina, mariano crociata, il quale ha sottolineato che: «solo attraverso una fiducia reciproca tra banca, clienti, soci e terri-torio si creano delle solide basi per portare avanti dei progetti che arricchiscono la nostra società. anche un arricchimento materiale, oltre che spirituale. bisogna continuare su questa strada incoraggiando chi si dedica all’aiuto dei più deboli per far crescere la comunità». Una festa che sarà ricordata anche per lo spettacolo pirotecnico che si è tenuto venerdì sera. tanti fuochi d’artificio che hanno incantanto gli ospiti e i cittadini di tutto il paese. Un augurio e un invito a ritrovarsi l’anno prossimo, magari in altro prato di un’altra città per continuare a condividere i valori e la missione della cassa rurale ed artigiana dell’agro Pontino.

BCC

È stata una festa come non se ne vedevano da anni, quella organizzata della Cassa Rurale ed Artigiana dell’Agro Pontino al parco Baden Powell di Ponti-nia. Per la prima volta, nella lunga storia della Bcc

locale, la Festa del Socio si è svolta nel paese dove la banca è nata e dove continua a tenere il suo quartier generale.

Per questo motivo i preparativi sono durati settimane, mobilitan-do parrocchia e associazioni per far sì che quelle due sere di inizio agosto potessero essere ricordate sia dai soci, sia dagli ospiti, come un evento unico. basta il numero dei partecipanti per dare il senso delle serate: più di 3mila e 200 persone. Il colpo d’occhio era spettacolare: lunghe file di gazebo bianchi con tavoli e sedie occupavano in modo intelligente il prato, mentre negli angoli strategici del parco erano state sistemate le cucine e i punti di ristoro, che mettevano a disposizione degli ospiti cibi e bevande del territorio di Pontinia, mentre due gruppi musicali hanno allietato la fase digestiva. La cucina è stata affidata all’associazione nemesis, una “macchina da guerra” con tanta esperienza nel portare a termine questo compito.

«È la prima volta che festeggiamo i nostri soci a Pontinia – ha spiegato il presidente della cassa rurale maurizio manfrin con il breve discorso di apertura della kermesse – e abbiamo voluto condividere con il maggior numero possibile di persone i valori che da sempre animano le azioni della banca. Perchè uno dei nostri capisaldi è l’attenzione verso il sociale e quelle persone che aiutano chi è in difficoltà. Stasera – ha continuato – pre-mieremo due associazioni che da sempre hanno fatto di questi

di ANDREA ZUCCARO

In alto: i fuochi d’artificio salutano i soci della Bcc. In basso: l’intervento del presidente Maurizio Manfrin.

FeSta del SocIo

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- Laboratorio analisi

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Dieci annidi passione

ma, ci si è riuniti presso il noto locale “Dolcevita” di misano adriatico, tra l’altro già meta prestabilita durante tutti gli altri eventi World Ducati Week, dove si è festeggiato tutti insieme.

a onorare con la loro presenza e a rendere il tut-to unico, due grandi piloti della sbk come Davide Giugliano e Pierfrancesco chili, insieme a Giuseppe filippi (club manager Ducati). Inoltre, erano presenti i presidenti di altri club Ducati, oltre alla miriade di ducatisti che hanno potuto festeggiare consumando, tra l’altro, la torta gigante fatta per l’occorrenza.

Il “Ducati Desmo club” è uno dei club storici ufficia-li Ducati, fondato nell’anno 2004 da un gruppo di amici che nutrivano la stessa passione del sistema desmodromico e che tutt’oggi conta più di duecento cinquanta inscritti. Un Ducati club che ha fatto e con-tinuerà a far sentire la sua presenza ovunque corra una rossa di borgo Panigale. sono ospiti fissi della pista di misano adriatico ogni volta che c’è una gara, sia di superbike sia di moto GP.

senza dimenticare le tre edizioni di “motori romban-ti” che si sono tenute a Pontinia negli anni passati. eventi dove donne e motori, di tutti i tipi, invadevano l’area industriale di mazzocchio richiamando migliaia di appassionati e di curiosi.

«Volevo ringraziare la giunta e il sindaco di misano adriatico stefano Giannini – conclude milanese – e luca e fabio, i proprietari del locale “Dolcevita” e tut-ti gli amanti della Ducati per questi giorni fantastici».

SPORT CITTADINO

Si è conclusa domenica 20 luglio l’ottava edizione del World Ducati Week (Wdw), il raduno internazionale della comunità Ducati. L’evento ormai dal 1998 si svolge

ogni due o tre anni presso il circuito di Misano Adriatico, intitolato al campione di motocicli-smo Marco Simoncelli, tragicamente scomparso in pista.

con la stupenda cornice di tutta la riviera romagno-la, il grande raduno ha visto la partecipazione di oltre 65mila appassionati provenienti da ogni parte del mondo, riuniti per celebrare il loro attaccamento al famoso marchio di borgo Panigale, azienda fiore all’occhiello del made In Italy.

non potevano certo mancare i soci del “Ducati Desmo club D.o.c”, che ha scelto la stessa loca-tion come meta per celebrare il festeggiamento del decimo anniversario della fondazione. «È il mio settimo World President meeting – spiega il fonda-tore, nonchè presidente del club Gianluca milanese – quest’anno siamo partiti da Vienna insieme ad altri cinquantacinque presidenti dei club Ducati sparsi per tutto il mondo. È stato magnifico poter approfittare dell’evento Ducati per festeggiare questa nostra im-portante ricorrenza insieme a tutti gli appassionati».

al termine degli eventi ufficiali previsti in program-

di ANDREA ZUCCARO

Istantanea dei festeggiamenti del Ducati Desmo Club.

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