F. meneghetti 20071 Dal latino al volgare LE ORIGINI DELLA LINGUA ITALIANA.

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Dal latino Dal latino al volgareal volgare

LE ORIGINI DELLA LINGUA ITALIANA

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Un problema talvolta trascurato

Sappiamo tutti che l’italiano deriva dal latino, al pari di altre lingue europee dette appunto neo-latine. Ciò che spesso si trascura di spiegare è perché da un ceppo comune siano derivati dei prodotti diversi, e che, all’interno di una stessa area geografica, si sia mantenuta comunque una certa omogeneità.

Esiti differenziati in realtà dipendono dai diversi sostrati linguistici pre-latini: il che ci induce ad aprire alcune parentesi retrospettive, allargate ad uno scenario più ampio di quello italiano.

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Partiamo dall’indoeruropeo

Con lingue indoeuropee (o indeuropee), in linguistica si intende una famiglia di lingue con origine comune parlate oggi in gran parte del globo (v. colore arancio). Esse sono generalmente divise in grandi gruppi.

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Parentele tra le famiglie indoeuropeeLa modificazione della morfologia e spesso della sintassi sono la base per la formazione di nuove lingue; ogni lingua indoeuropea, infatti, pur avendo avuto una propria storia evolutiva, presenta parole riconducibili ad un' antica lingua comune, come risulta dalle affinità che certe parole presentano nelle varie lingue indoeuropee: si noti ad es. la somiglianza delle parole "fratello" e "madre“, risalenti alle radici, rispettivamente, *bhratr e *matr:

Latino: frater - mater

greco: fratér - metér

tedesco: bruder - mutter

russo: brat' - mat'

sanscrito: bhratr - matr.

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Mappa delle relazioni di parentela

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L’Italia pre-latina

Nella nostra penisola esistevano diversi gruppi etnici e linguistici prima che i latini da Roma si allargassero e la dominassero per intero, anche dal punto di vista linguistico.

Non tutte le lingue erano indoeuropee, secondo gli esperti: p. e. l’etrusco non lo era.

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Situazione linguistica nell’Impero

All’epoca dell’Impero romano il latino si era imposto sulle lingue indigene in Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Romania, mentre nella parte orientale si era conservata la lingua greca, in relazione al prestigio di cui godeva.

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Omogeneizzazione del sostrato

In questo modo si era creata una grande area linguistica, abbastanza omogenea, ma non del tutto: chi parlava latino a Roma, lo parlava in modo diverso dall’abitante della Gallia, o dell’Africa. Ciò dipendeva dalle caratteristiche del sostrato precedente, dalla durata del dominio romano e dal grado di penetrazione della cultura latina.

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Latino classico e latino volgare

Il latino parlato (o sermo vulgaris, da vulgus = popolo) era diverso la latino scritto, detto anche classico, che aveva raggiunto il suo massimo splendore con Cesare, Cicerone, Virgilio.

Il latino parlato era più influenzato dai substrati linguistici locali e mancava di una codificazione (tipica della scrittura).

Il popolo che lo parlava non si rendeva conto di questi cambiamenti, che tendevano alla semplificazione (eliminazione del sistema dei casi e quindi delle declinazioni, semplificazione dei verbi).

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Medio Evo:la “deriva dei continenti” linguistici romanzi.

Dopo il 476, le lingue occidentali pre-latine presero il sopravvento, e, mescolandosi col latino parlato, divennero le nuove lingue romanze o neolatine. Così si formarono: in Francia, a nord, il gallo-romanzo, poi francese; a sud il provenzale; in Spagna lo spagnolo o castigliano (al centro); il gallego sulle coste atlantiche; a est il catalano; in Romania i contadini conservano la loro lingua di origine latina, che diventa ufficiale nel XVI sec..

Nelle aree meno romanizzate il latino svaporò.

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Evoluzione della lingua parlata

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In Italia, durante l’Alto medio Evo, riemersero i vari substrati pre-latini, che però restano per molto tempo senza scrittura. Tali substrati si mescolano con le lingue delle popolazioni straniere, stanziatesi in territori diversi della penisola: Longobardi, Greco-Bizantini, Franchi, Arabi, per citare solo i più importanti. Si vengono così a formare i dialetti.La popolazione non si rendeva conto del cambiamento, graduale: fino a che realizzò che non intendeva più il latino.

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I dialetti italiani

Ricostruire la nascita dei vari dialetti italiani non è facile. Dante distingueva 14 varianti del volgare “del sì”.

Oggi vi sono tre grandi gruppi (settentrionali, toscani e centro-meridionali) con i loro sottogruppi. Si aggiungano il sardo, il ladino e le lingue non italiane: franco-provenzale (Alpi piemontesi, Val d'Aosta); provenzale (Alpi piemontesi); tedesco (Alto Adige); sloveno (alcune zone del Friuli, Alpi Giulie); serbo-croato (alcuni comuni del Molise); greco (zona di Polignano nel Salento); albanese (alcuni comuni:Molise, Campania, Gargano, Lucania, Calabria e Sicilia); catalano (Alghero ).

Quelle riconosciute come lingue ufficiali, in base alla Costituzione, sono il francese in Val d'Aosta, il tedesco in Alto Adige e lo sloveno in alcune zone del Friuli.

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Mappa dei dialetti italiani

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Ma l’italiano esiste come lingua nazionale?

Dante parlava di un solo volgare italiano (lingua del sì), alla cui dignità diede il suo contributo.

Nel ‘500, gli scrittori italiani, postisi il problema di quale lingua usare in letteratura, scelsero il modello toscano del ‘300 (Petrarca, Boccaccio), anche se via via vi immisero parole e costrutti tipici di altre aree regionali.

Venne così a nascere una lingua italiana, di impronta letteraria, che passò all’uso quotidiano solo dopo l’unificazione della penisola. Furono però la leva militare, le guerre, e poi la radio e la TV, soprattutto, a “insegnare” anche al popolo meno istruito o analfabeta tale lingua, usata nelle scuole, nelle università, tra le persone colte.

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RIEPILOGO SU LINGUA PARLATA

Sostrati linguistici pre-latini Latinizzazione (latino volgare ≠ da latino

scritto) Trasformazione del l. volgare in ≠ varianti

regionali (dialetti) in base a criteri di semplificazione e con assimilazione di lingue straniere (forestierismi)

Problema dell’unificazione linguistica dopo l’Unità politica (1861): soluzione di Manzoni (fiorentino colto = italiano letterario)

Processi di omogeneizzazione successivi

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E l’italiano scritto? Quando nasce?

Prima di rispondere bisogna ricordare che:

-La scrittura è più statica della lingua parlata;

-La Chiesa conservò il latino medievale;

-L’alto medio evo fu un’epoca di analfabetismo.

Pertanto, si cominciò a scrivere in volgare quando si avvertì la necessità di scrivere e di intendere ciò che stava scritto. Fino a che la gente capiva il latino, per atti notarili ed altro si usava il latino. Dopo, si arriva a trascrivere la lingua parlata: siamo alle soglie del 1000, con l’indovinello veronese (IX sec.) e con il placito di Capua (960), i primi documenti linguistici (non letterari!) in volgare.

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Il placito di Capua

Sao ko kelle terre, per kelle fini qui ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti

(So che quelle terre, entro quei confini di cui qui si parla, le ha possedute per trent’anni l’abbazia di S. Benedetto).

E’ la testimonianza, presso un notaio, di qualcuno che contribuisce a risolvere una lite circa questioni di confine.

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Dai primi documenti alla letteratura

I primi documenti in volgare rispondono dunque ad esigenze pratiche. Nel frattempo, nelle università e da parte degli scrittori, si continua ad usare il latino.

Solo a partire dal ‘200 cominciano i primi esperimenti letterari in volgare: ciò accade con due-tre secoli di ritardo rispetto alla Francia, dove si era sviluppata una letteratura attorno al 1000.

Tale ritardo è dovuto alla maggior persistenza del latino nella nostra penisola. Per poter usare il volgare con finalità estetiche, non più solo pratiche, si deve essere convinti che la nuova lingua è abbastanza degna da poter competere con il latino.

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La letteratura italiana nasce in Sicilia

Secondo Dante la letteratura italiana nasce con la Scuola poetica siciliana, che si sviluppa nel ‘200 a Palermo presso la corte di Federico II (detto lo stupor mundi per la sua vasta e poliedrica cultura).

Poi proseguirà in Toscana, in Italia centrale e settentrionale. Per un lungo periodo gli scrittori saranno bilingui, alternando latino e volgare, a seconda della destinazione dell’opera, fino alla piena affermazione del secondo.

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La “retromarcia” umanistica e la questione della lingua nel Rinascimento

Nel ‘400, sotto la spinta degli studi filologici e della riscoperta delle humanae litterae gli intellettuali tornano a scrivere in latino: non quello medievale, ma classico. Negli usi pratici il volgare regna invece incontrastato.

Ma nel ‘500 si torna al volgare, promosso da Lorenzo de’ Medici.

In questo secolo si pone la “questione della lingua” (quale modello debbano seguire gli scrittori): prevale, su tutte, la tesi di Bembo, che indica il toscano del ‘300 come matrice da imitare.

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In seguito….

Dopo il ‘500 gli scrittori si baseranno sulla scelta di Bembo, che sarà però “corretta”, considerando l’apporto di scrittori prestigiosi appartenenti ad aree diverse dalla Toscana (es. Ariosto, Tasso ecc.).

Alla vigilia dell’Unità d’Italia esiste dunque un italiano letterario. Sarà questa base, colta, a cui farà riferimento Alessandro Manzoni, su incarico del governo, per dare una soluzione al problema dell’unificazione linguistica: si tratta di stabilire quale lingua debba usare la gente comune. Manzoni indicherà come modello per la comunicazione orale quella scritta, cioè l’italiano letterario costituitosi attorno al nucleo originario toscano.

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RIEPILOGO SU LINGUA SCRITTA Latino classico Latino medievale Primi usi del volgare per scopi pratici verso il

1000 Nascita della letteratura italiana (in volgare) nel

‘200: scuola siciliana Grandi scrittori toscani nel ‘300: Dante, Petrarca,

Boccaccio Questione della lingua nel ‘500: Bembo Arricchimento della lingua, sempre su perno

toscano

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Prima di chiudere…

Ricorda che in questa presentazione si è fatta una distinzione tra la lingua parlata (dall’indoeruropeo all’italiano regionale di oggi) e lingua scritta (dal latino classico al volgare italiano, passando per il latino medievale ad uso liturgico.

Nell’ambito della letteratura conta conoscere soprattutto l’evoluzione dello scritto, perché non si dà una letteratura al di fuori delle parole, e quindi di una lingua.

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Un’occhiata ai prestiti…

Si scopre che la lingua italiana, come tutte, è un po’ meticcia:

Prova a cercare dei forestierismi entrati nella lingua italiana. Come si fa il plurale? In caso si dubbio:

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http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_italiana

http://www.accademiadellacrusca.it/index.php