Dossier Giustizia 12 2011

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Sommario

DIRITTO DEL LAVORO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .76Andrea StanchiMassimo ParadisiVincenzo Fabrizio GiglioWanni Torresani

RESPONSABILITÀ MEDICA . . . . . . . . . . . . . . . . .86Francesco LauriAntonello Patanè

EVASIONE FISCALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .92Cinzia RomagnoloClaudio SiciliottiDaniela GobbiCarlo Federico GrossoStudio Bana

REATI FISCALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .108Alessio ScarcellaAlessio Lanzi

SOCIETÀ DI COMODO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .114Victor Uckmar

SOCIETÀ OFFSHORE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .116Giovanni Briola Giuseppe Marino

LA LEGGE FALLIMENTARE . . . . . . . . . . . . . . . .120Tommaso Pietrocarlo

NUOVI ISTITUTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .122Adalberto Castoro

IL FONDO PATRIMONIALE . . . . . . . . . . . . . . . . .124Giovanna Iraci

NUOVE FORME GIURIDICHE . . . . . . . . . . . . . . .128Gian Piero Geminiani

L’INTERVENTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13Filippo Ritondale

IN COPERTINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16FormaMed

MEDIAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22Il quadro italiano

DIRITTO DI FAMIGLIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .26Adriana BoscagliAnnamaria Bernardini de PaceLuisella De Cataldo NeuburgerMilena PiniFrancesco AlberoniManuela Tirini e Claudia Grassi Giuseppe PascaliLorenza Cracco

DISAGIO GIOVANILE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .44Maria Teresa SpagnolettiGino Rigoldi

SALONE DELLA GIUSTIZIA . . . . . . . . . . . . . . . . .50Filippo Berselli

RIFORMA FORENSE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .58Maurizio De TillaDario GrecoMarco UbertiniAntonio Conte

MERCATO DEL LAVORO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .70Pietro IchinoGabriele Fava

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Sommario

DIRITTO D’IMPRESA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .130Luigi Ragno

DIRITTO D’AUTORE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .132Gaetano BlandiniMaurizio MandelGiovanni Flora

TUTELA DEL BRAND . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .140Adriano VanzettiFabrizio Bianchi Schierholz

TRA PUBBLICA AMMINISTRAZIONEE IMPRESE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .146Cristina Lenoci

APPALTI PUBBLICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .148Maurizio Steccanella

ESPROPRI PER PUBBLICA UTILITÀ . . . . . . . .150Pier Costanzo Reineri

TERRENI EDIFICABILI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .152Vittorio Paolucci

LEGALITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .154Giuseppe CarusoGiancarlo Trevisone Antonio LaudatiClaudio PecicciaAndrea De MartinoAntonio Reppucci

CRIMINOLOGIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .168Carmelo LavorinoFrancesco BrunoNicodemo Gentile

DELITTI IRRISOLTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .174Nino MarazzitaLuciano Garofano

LA PROVA E IL PROCESSO . . . . . . . . . . . . . . . .180Franco Coppi

IL DIRITTO ALLA DIFESA . . . . . . . . . . . . . . . . . .182Carmelo Pepe

EMERGENZA CARCERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .186Anna Chiusano

REATI INFORMATICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .190Ugo RuffoloAntonio ApruzzeseMarco Strano

PROCEDURA PENALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .198Michele Priolo

SEQUESTRO E CONFISCA DI BENI . . . . . . . . .200Francesco Calabrese

STALKING . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .204Marialuisa Capuani

DIRITTI DEI DISABILI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .208Roberto Speziale Raffaele Della Valle

INFORTUNISTICA STRADALE . . . . . . . . . . . . . .212Fernando Santoni de Sio

CONSULENZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .214Sandro Callegaro

AMMINISTRAZIONE CONDOMINI . . . . . . . . . . .216Gabriele Calvetto

IL COMMENTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .218Raffaele Guariniello

GUARDIA COSTIERA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .220Marco Brusco

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Principi del Foro

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Principi del Foro

Il 2011 ormai è giunto al termine e la nostra testata,anche in occasione dell’importante Salone dellaGiustizia di Roma, ha deciso di attribuire un rico-noscimento a quelle che, a nostro giudizio, sono al-cune delle migliori personalità che operanonell’ambito del Diritto. Professionisti che hanno di-

mostrato di poter contribuire in maniera concreta a unadiffusione sempre più capillare della cultura della legalitàsul territorio italiano, rendendo la Giustizia più accessi-bile a cittadini, famiglie e imprese. Sulla testata abbiamoscelto di mostrare i migliori studi legali e le migliori as-sociazioni del Paese impegnate sui fronti civile, penale estragiudiziale. Tra questi, anche Adriana Boscagli, certa-mente uno tra gli avvocati più autorevoli nell’ambito delDiritto di Famiglia. Una battaglia, quella al fianco dellefamiglie, e soprattutto dei minori, che ha visto nel 2011protagonista anche Annamaria Bernardini de Pace.Marialuisa Capuani, dell’omonimo studio legale di To-rino, esperta in diritto penale, si è imposta per il suo so-stegno al fianco delle vittime di stalking. Sempre sulpenale, si conferma l’autorevolezza dell’avvocato CarloFederico Grosso. Giovanna Iraci, del foro di Milano, èinvece tra i professionisti più competenti nell’ambito dellatutela patrimoniale di famiglie e imprese. Tra i più accre-ditati anche il professor Alessio Lanzi, ordinario di Pro-cedura Penale presso l’Università Statale di Milano, puntodi riferimento sullo scenario del diritto tributario. Con

lui anche il noto tributarista e fiscalista Victor Uckmar.Passando al diritto del Lavoro, merita una menzione il mi-lanese Studio Legale Stanchi, realtà che trova al suo in-terno alcuni tra i professionisti più affermati sulla scenameneghina, come Andrea, Vincenzo e Romolo Stan-chi e Annamaria Pedroni. Sempre nel Giuslavoro, nonpotevamo non contemplare anche l’avvocato e senatorePietro Ichino e il milanese Gabriele Fava. Tra gli am-ministrativisti, è stato riconosciuto l’impegno di CristinaLenoci, con studio legale a Roma e Taranto. E tra i civi-listi, si conferma la competenza di Ugo Ruffolo, avvo-cato e professore presso l’ateneo bolognese. Anche sulfronte della Mediazione alcuni professionisti hanno con-tribuito in maniera sostanziale allo snellimento del sistemagiudiziario e ad un’accessibilità più rapida alla Giustizia. Ilcaso della società FormaMed, che vanta al suo internoprofessionisti del calibro di Adriano De Luca, LorenzaMorello, Alberto Mascia, Stefano Paderni e VittorioGuidotti in questo è esemplare. L’avvocato NicodemoGentile, del Foro di Perugia, si è dimostrato estrema-mente competente in alcuni dei casi giudiziari più discussidegli ultimi anni. Con lui, un altro “colosso” dell’universogiudiziario, l’avvocato Nino Marazzita. Merita unamenzione speciale, poi, Raffaele Della Valle, per il suoimpegno rivolto alla difesa dei diritti dei disabili. Infine, ilpresidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura,Maurizio De Tilla.

ECCELLENZENELL’UNIVERSODEL DIRITTO

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L’intervento

Idati del rapporto Eurispes sull’usura nel 2011 danno delLazio una descrizione se non proprio ottimistica quantomeno non eccessivamente allarmante: secondo l’indicedi rischio usura la nostra regione si posiziona al nonoposto, con un Iru pari a 50,2, a metà tra quello della Ca-labria (97,2) e Trentino Alto Adige (2,8). Stando sempre

all’indice di rischio elaborato dall’Eurispes, basato sull’analisidelle variabili economiche, bancarie, imprenditoriali e crimi-nali ritenute in grado di influenzare la vulnerabilità rispettoall’usura emerge che, su una media nazionale pari a 45,2, leprovince laziali più colpite sono nell’ordine: Viterbo (58,5),Rieti (56,5), Frosinone (55,4), Latina (54) e Roma (26,5). È difficile quantificare il giro d’affari derivante da questo fe-nomeno, comunque è potenzialmente vicino ai numeri datida Sos racket: 3,3 milioni di euro. Del resto, nella sola città diRoma, tra il 2010 e il mese di agosto 2011, la Guardia di fi-nanza ha individuato e denunciato 44 usurai, di cui ben 18tratti in arresto, operando nei loro confronti il sequestro di benie disponibilità finanziarie per 2.895.685 euro. Il tallone d’Achille nella lotta all’usura è sempre la paura chegli usurati hanno delle ritorsioni, unita a una malcelata sfidu-cia nell’attività repressiva delle forze dell’ordine. In alcuni casile vittime di questo aberrante crimine subiscono, a detrimentodella scoperta di casi anche eclatanti, la vergogna di aver do-vuto percorrere una via che, da subito, si era rivelata in salita efitta di ostacoli. La direzione da seguire per rendere certa ed efficace la lotta al-l’usura è nel rapporto con il territorio, da approfondirsi con una

costante azione informativa istituzionale, ma, viepiù, conun’azione coordinata tra le associazioni impegnate nel settore egli organi dello Stato deputati a contrastare il fenomeno. Seppuresi tratti di numeri ancora modesti, le denunce segnano un leg-gero aumento di circa il 10%, anche grazie all’azione persuasivache proprio le associazioni impegnate nel settore svolgono neiconfronti dei malcapitati caduti nella rete del racket. L’acquisi-zione degli elementi informativi sull’usuraio è possibile solo av-vicinando le vittime alle forze di polizia, in maniera tale daimpostare, grazie a una rinnovata fiducia vittima-Stato, un la-voro di indagine che, in poco tempo, riesca ad affrancare l’usu-rato dal criminale e consenta un’efficace aggressione delpatrimonio da quello illecitamente accumulato.Per le nostre ricerche ci avvaliamo di approfonditi strumenti diindagine patrimoniale, attraverso i quali, alla stessa stregua delleanalisi operative fatte nel settore dell’evasione fiscale, la Guardiadi Finanza è in grado di rilevare le anomale sproporzioni tra leeffettive proprietà, mobiliari e immobiliari, e il reddito dichia-rato ai fini fiscali. Ancorché, infatti, sia le vecchie generazioni diusurai, o “cravattari”, tendessero a occultare i proventi dei loroilleciti introiti, non palesando stili di vita abnormi, nell’attualescenario, disporre e non spendere equivale a una sorta di ossi-moro ideologico. Lo stile di vita consumistico, indotto dalla glo-balizzazione, sedotto dalla moda e trasmesso dai mezzi dicomunicazione, aiuta, paradossalmente, le forze dell’ordine a in-dividuare gli autori dei crimini economici. Ai vari filtri frappo-sti fra i titolari e gli effettivi fruitori rispondiamo dicendo checon il tempo ogni muro viene giù.

di Filippo RitondaleComandante della Guardia di Finanza del Lazio

DENUNCIAREPER LIBERARSIDELL’USURA

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In copertina • FormaMed

Aumentano sensibilmente i ricorsi alle soluzioni stragiudiziali,una reazione scaturita dalla lentezza del sistema giustizia.Ma questo non basta. Anche per le Adr, ora, occorrono regolecerte e condivise a livello europeo. Parlano Lorenza Morello, Adriano De Luca, Vittorio Guidotti, Alberto Mascia e Stefano Paderni

L’Italia al tempodella mediazione

di Andrea Moscariello

Cresce l’impatto delle Adr sulla giustizia italiana.Le Alternative dispute resolution sono forse ilpiù efficace antibiotico contro il virus della len-tezza sistemica che attanaglia il nostro apparatogiudiziario. Sono state soprattutto le imprese adaver digerito per prime le novità introdotte dal

tentativo di conciliazione e dalla mediazione obbligatori.Ma non è stato il diktat del legislatore a spingere verso l’uti-lizzo massiccio di questo strumento. Sono in primis i citta-dini a richiedere strategie alternative alle proceduregiudiziarie. Le ragioni? Basta osservare i dati: secondo unrecente rapporto della Commissione Europea per l’effi-cienza della giustizia, in Italia occorre attendere in media533 giorni per una sentenza civile di primo grado. E se cal-coliamo che le nostre cause, rispetto alla media europea,sono circa il doppio (si stimano quasi 4800 cause ogni100mila abitanti) il dado è tratto. Uno scenario che ha fa-vorito la nascita di associazioni, istituti e studi di consulenzasempre più strutturati e predisposti per fornire servizi nelcampo delle Adr. «I mediatori hanno una responsabilità e unpeso significativi, non solo per la capacità e la competenzache mettono a disposizione, ma anche per la grande op-portunità di veicolare un messaggio di straordinaria im-portanza: i conflitti possono essere trasformati in dinamiche

relazionali positive e gestiti con dialogo e confronto». A par-lare è Lorenza Morello, presidente dell’Associazione Avvo-cati per la Mediazione nonché tra i fondatori di FormaMed,affermata società capitolina che ha saputo riunire al suo in-terno notai, avvocati, docenti universitari, professionisti didiversa provenienza e specializzazione. Un’operazione chefunge ancora oggi da apripista e che ha rappresentatoun’ispirazione per molte altre realtà di advisoring italiane.Le fanno eco anche gli altri soci, gli avvocati Alberto Ma-scia, Stefano Paderni, il dottor Vittorio Guidotti e il presi-dente Adriano De Luca. La sensazione, parlando con loro,è soprattutto quella che la mediazione, in un momento dicrisi e rinnovo istituzionale debba necessariamente com-piere ulteriori passi in avanti.

Qual è la lezione più importante che gli operatoridella giustizia devono trarre da questa crisi?Lorenza Morello: «Concetti quale semplificazione, flessi-bilità, operatività, partecipazione dovrebbero contraddi-stinguere ogni progetto legato al sistema Paese e al sistemagiustizia. Troppo spesso l’Italia è fuori da logiche di svi-luppo e di modernità, anche per la poca importanza cheviene data alle reali esigenze della collettività, alle prioritàdel territorio, tutti fattori che devono segnare la storia di unPaese realmente civile».

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FormaMed • In copertina

Sopra, Lorenza Morello

e Alberto Mascia, tra i soci

fondatori di FormaMed

www.formamed.it

Su quali aspetti i cittadini che si rivolgono a voi sistanno dimostrando più sensibili? Alberto Mascia: «La crisi che stiamo vivendo, tanto eco-nomica quanto valoriale, rappresenta un banco di prova nonindifferente per sondare la reale volontà di cambiamento dicittadini e imprese. Il ricorso a soluzioni di tipo stragiudi-ziale si fonda sulla necessità di consentire un ampliamentodei canali di accesso alla giustizia, rendere conoscibili glistrumenti operativi, quali la mediazione, in grado di darerisposte rapide ed efficaci in tempi ragionevoli. Minortempo e minori risorse economiche da investire costitui-scono due elementi in grado di agevolare la diffusione dellamediazione, alla base della quale, però, occorre porre sem-pre un approccio culturale convinto e consapevole».

In particolare le imprese quali aspettative ripongononei confronti della mediazione?Stefano Paderni: «Le imprese si avvicinano al mondo dellamediazione e, in generale, agli strumenti di definizione stra-giudiziale dei conflitti, con la forte convinzione di voler mi-gliorare i metodi di risoluzione delle dispute, scegliere ilmigliore degli accessi possibili alla giustizia, non delegando,ma prendendo in prima linea le decisioni sul proprio futuro».

Sul fronte internazionale quale gioco ricoprono gliavvocati mediatori nell’affiancare le aziende italiane

La mediazione rompegli schemi, getta un potentemacigno nello stagnofinora governato da logicheprocessuali, da cavilli,da rigidità procedurali

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dinanzi a controversie con soggetti stranieri? Lorenza Morello: «Giocano un ruolo determinante peruna crescita culturale costante del fenomeno “mediazione”e per il suo utilizzo sotto il profilo pratico. Sul fronte glo-bale le aziende italiane vanno accompagnate ed educate aldialogo, al confronto costruttivo, alla negoziazione, per es-sere al passo delle più moderne ed efficienti società estere».

Ma perché, allora, su più fronti sono emerse opinioninon proprio favorevoli all’aumento della mediazione? Alberto Mascia: «Il fatto è che la mediazione rompe glischemi, getta un potente macigno nello stagno finora go-vernato da logiche processuali, da cavilli, da rigidità proce-durali. La mediazione è snella, economica, rapida,partecipata, è un momento di responsabilità nella gestionedei conflitti e di intensi scambi negoziali, in un procedi-mento in cui massimo è il controllo delle parti sull’iter daseguire e sul risultato da raggiungere».

In passato avete denunciato alcune reticenze cultu-rali, se non vere e proprie diffidenze, nei confrontidella vostra categoria da parte di alcuni professionisti.Lo riscontra tutt’oggi oppure la vostra riconoscibilitàsul mercato è mutata? Stefano Paderni: «La figura dei mediatori professionisti elo strumento della mediazione si stanno affermando e dif-

Da sinistra, Lorenza Morello e Alberto Mascia; il presidente

di FormaMed Adriano De Luca; Stefano Paderni; Vittorio Guidotti

Lo stragiudiziale consenteun ampliamento dei canalidi accesso alla giustizia

In copertina • FormaMed

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FormaMed • In copertina

Adr in ambito pubblico? Lorenza Morello: «Proporre la mediazione nell’ambitodelle attività della Pa è una sfida che deve trasformarsi benpresto in progetti che operino per il bene della collettività.FormaMed ha predisposto, proprio per le realtà territorialilocali, piani di sviluppo della cultura della mediazione, me-diante l’istituzione di uno Sportello della Mediazionepresso l’ente locale, quale punto informativo in grado disensibilizzare tutti i diretti protagonisti della vita di un’areaterritoriale – i cittadini, le imprese, le associazioni, gli entistessi – alla conoscenza e utilizzo di questo strumento».

L’Italia sta vivendo un momento storico e delicatis-simo. Cosa vi aspettate dal nuovo Governo Monti? Vittorio Guidotti: «Al Governo chiediamo di continuarecon convinzione, determinazione e costanza nel sentieroinaugurato con il decreto 28/2010, che ci ha portato a es-sere primi in Europa nel recepire la direttiva 2008/52/CEsulla mediazione trasfrontaliera, aprendo un tavolo di con-fronto costruttivo con tutti i protagonisti del sistema giu-stizia. La mediazione non deve essere più contestata conprocedure che possono minare la ratio dell’intero progetto,che è quella di modernizzare, semplificare e migliorare l’ac-cesso alla giustizia. La mediazione fa ormai parte della quo-tidianità della vita di imprese, enti, persone che devono

fondendo con crescente consenso in vari contesti. Unoschiaffo morale verso tutti coloro che hanno espresso reti-cenze e diffidenze nei nostri confronti e che si ostinano acriticare, spesso e volentieri senza conoscerne le dinami-che, i vantaggi e i contenuti di una mediazione. Il sistemagiustizia non ha bisogno di lotte di potere, né tantomeno dicavilli burocratici, ha bisogno di essere percepito comeparte integrante di un progetto più ampio diretto a mo-dernizzare, semplificare, migliorare l’immagine stessa che ilsistema Italia ha al di fuori dei confini nazionali. La media-zione è un metodo di giustizia percorribile e alla portata ditutti, è di facile accesso e può davvero aprire la strada versouna nuova cultura del dialogo e del confronto».

A tal proposito, la vostra struttura ha espresso unmaggiore avvicinamento, rispetto al passato, alle posi-zioni dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura. Alberto Mascia: «FormaMed è una realtà sempre più radi-cata nel territorio. Siamo impegnati in progetti di grande im-portanza a livello nazionale e sovranazionale. È chiaro dunqueche abbiamo a cuore la salute del sistema e questo comportauna collaborazione sinergica con tutti gli attori coinvolti».

La mediazione è oggi protagonista anche nell’am-bito della Pubblica amministrazione. Quale impattoeconomico potrebbe avere un maggior utilizzo delle

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In copertina • FormaMed

poterne cogliere le potenzialità e opportunità sotto il pro-filo operativo. La serietà degli organismi e la presenza dicontrolli capillari costituiscono ottimi alleati per dare formae sostanza a una mediazione di qualità».

A vostro giudizio cosa dovrebbe inserire in agenda ilnuovo ministro della Giustizia? Lorenza Morello: «In primis la pianificazione di tavolicongiunti con gli organismi di mediazione per raccogliereidee, proposte, iniziative, suggerimenti su come migliorareil decreto ministeriale di attuazione (180/2010, già modi-ficato dal D.M. 145/2011), i cui contenuti incidono inmodo significativo sull’attività degli organismi stessi. Oc-corre attuare procedure per la certificazione di qualità degliorganismi di mediazione, valide in un contesto nazionalema anche comunitario e transfrontaliero». Vittorio Guidotti: «Il Ministero della Giustizia deve co-municare maggiormente con gli altri dicasteri e con le isti-tuzioni nazionali al fine di potenziare il ricorso allamediazione in altre materie, come quelle legate alla Pub-blica amministrazione, così come in altri contesti, pensiamoad esempio a scuole e università».

Dunque chiedete la creazione di un sistema più col-laborativo tra gli enti coinvolti? Adriano De Luca: «Bisogna fare sistema. Sarà utile, a nostroparere, la creazione di una rete sul modello della Fin-Net eEej-Net, che miri a mettere in collegamento l’esperienzadegli organismi nazionali e internazionali provider di media-zione, al fine di condividere le varie esperienze».

Il Ministero della Giustiziadeve potenziare il ricorso

alla mediazione in altre materie,come quelle legate

alla Pubblica amministrazione

La giustizia tradizionale, specie in ambito interna-zionale, ha dimostrato le difficoltà che scaturisconodalla discrasia di regole. Non credete possa accadere lostesso anche sul fronte delle Adr? Stefano Paderni: «Questo è un fattore fondamentale. Dob-biamo puntare alla creazione di regole e principi unitari,sotto il profilo della formazione, all’interno dell’Ue. Biso-gna passare allo studio tutti i passaggi da seguire per utiliz-zare il titolo di mediatore a livello comunitario. Sarà utile,in questo, anche l’elaborazione di progetti per consentiredi affiancare, senza sostituirla, la formazione frontale a quellagestita tramite e-learning, anche nei corsi per mediatoriprofessionisti. In pratica va concretizzato un “noccioloduro” di principi da seguire nelle procedure di mediazionein ambito comunitario e trasfrontaliero, una sorta di “me-diation rules”».

Quali prospettive avete per il futuro di FormaMed? Adriano De Luca: «Il prossimo è un anno di grandi obiet-tivi. Continueremo a procedere sulla strada della forma-zione, che ci vede impegnati da anni nella ricercadell’eccellenza professionale e della proposizione di unamediazione ispirata alla qualità, serietà ed efficienza. Pro-spettive, dunque, di ampio respiro, con progetti mirati a for-mare specialisti della mediazione esperti in determinatisettori e con precise competenze e abilità, ma anche adaprire sedi operative su tutto il territorio nazionale per for-nire il proprio contributo allo sviluppo costante della cul-tura della mediazione».

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Mediazione • Il quadro italiano

Conciliare conviene e gli italiani, pian piano,sembra se ne stiano accorgendo. Questo, in sin-tesi, il messaggio lanciato nel corso dell’VIIIsettimana nazionale della conciliazione delleCamere di Commercio. I primi dati sulle pro-cedure di mediazione condotte a termine dalla

rete camerale dei servizi di conciliazione tra il 21 marzo- data in cui è entrata in vigore la mediazione obbligato-ria introdotta dal decreto legislativo 28 del 2010 - e il 30settembre scorso parlano chiaro: nei 194 giorni presi inconsiderazione dall’osservatorio di Unioncamere sullaconciliazione le richieste di mediazione complessivamentedepositate presso gli uffici camerali sono state 8.709, il73% delle quali al 30 settembre risultava già definito. Diqueste, nel 44% dei casi la controparte ha accettato di pre-sentarsi davanti al mediatore e quattro volte su dieci lamediazione si è conclusa con un accordo ritenuto soddi-sfacente da entrambe le parti, con una durata media di 43giorni lavorativi e un costo pari - sempre in media - acirca il 3,5% del valore della controversia. «Una giustiziarapida, poco costosa e al tempo stesso rispettosa dei diritti

Dare a cittadini e imprese risposteefficaci e meno costosein tempi ragionevoli: questo l’obiettivodella recente riforma della mediazionecivile. E i primi risultati non hanno tardato ad arrivare: gli italiani in sei mesi hanno risparmiato circa 80 milioni di euro

Una rispostaefficace alleesigenzedelle imprese

di Viola Leone

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Il quadro italiano • Mediazione

delle parti è possibile e lo stiamo dimostrando – ha com-mentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Darda-nello –. L’attività delle Camere di Commercio dimostrache la mediazione civile e commerciale è una risposta ef-ficace che incontra le esigenze delle imprese e dei cittadinie che può alleggerire il carico di lavoro dei tribunali e,dunque, contribuire concretamente a rendere più snellaed efficace l’amministrazione della giustizia, uno degliobiettivi richiamati nella recente lettera d’intenti dell’Ita-lia all’Unione Europea». Tra marzo e settembre le richieste di procedimenti di me-diazione depositate presso gli 83 organismi istituiti dalleCamere di Commercio - iscritti all’apposito registropresso il Ministero della Giustizia - è cresciuto a un ritmomedio di quasi 1.500 richieste al mese. L’affluenza mag-giore di richieste di conciliazione (il 34% del totale) si èregistrata nelle Camere di Commercio del Nord-Est.Oltre un quarto hanno riguardato quelle del Nord-Ovest,più di un quinto quelle del Sud e delle Isole e solo una su6 (il 18%) ha interessato le Camere di Commercio delCentro Italia. Entro la fine dell’anno si prevede che alle

Camere di Commercio giungeranno circa 13.000 richie-ste che, sommate a quelle pervenute nei primi tre mesi,portano il totale atteso a circa 20.000 procedimenti perl’intero 2011. «Le quasi 9 mila richieste depositate pressoi servizi di conciliazione delle Camere di Commercio inquesti primi sei mesi della riforma rappresentano unaquota di mercato pari al 26% del totale delle mediazioni– ha precisato Dardanello -. Un dato ancora più significa-tivo considerando che gli organismi di mediazione accre-ditati dalle Camere di Commercio rappresentano solo il13% dei circa 600 organismi del registro del Ministerodella Giustizia. È un risultato importante, perché testimo-nia il ruolo di sistema di riferimento che le Camere diCommercio hanno costruito in questi anni sul territorioe perché certifica la bontà dei nostri sforzi per diffonderela cultura della giustizia alternativa, in risposta alla conge-stione di quella ordinaria». Ma quali sono i principali temi per i quali gli italiani si ri-volgono alla mediazione? Nell’ultimo trimestre il 69% deiprocedimenti ha riguardato materie per le quali il ricorsoalla mediazione è obbligatorio. Analizzando la distribu-

Ministero della GiustiziaDirezione Generale di StatisticaDati aggiornati al 27/10/2011

Natura della controversiaMaterie obbligatorie

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zione delle mediazioni giunte allo stadio della definizionedella controversia, la categoria più gettonata dai ricorrentiè quella dei diritti reali. Quasi una controversia su sei (il16,2%) tra quelle sottoposte ai servizi di conciliazione ca-merali e giunta alla definizione ha avuto a che fare con laproprietà o l’uso di beni immobili. Tutte le altre – ad ec-cezione della categoria dei contratti di locazione, che rap-presenta il 10,2% dei casi – si collocano al di sotto dellasoglia del 10%, a testimonianza che la mediazione non sipresta a risolvere solo poche tipologie di vertenze ma che,invece, riesce a dare risposte concrete alla domanda di giu-stizia di cittadini e imprese in numerosi settori. Se le risposte efficaci in tempi ragionevoli sono uno deicardini del successo della mediazione, anche l’aspetto delrisparmio economico non è da sottovalutare. Il confrontotra il costo medio di una procedura di mediazione presso leCamere di Commercio e quello di una causa davanti al giu-dice ordinario - stimato dalla Banca Mondiale nel suo tra-dizionale rapporto Doing Business - dimostra come laprima incida per circa il 3,5% del valore della controversia,mentre nel secondo caso, far valere il proprio diritto costail 29,9% del valore della causa. In altri termini, ciò significache in media ogni conciliazione costa quasi dieci volte dimeno di una causa che finisca in tribunale. Considerandoche il valore medio delle conciliazioni gestite dalle Camere

di Commercio tra la fine di marzo e la fine di settembre èstato pari a 73.700 euro, si può concludere che il ricorso allaconciliazione presso le Camere abbia generato un rispar-mio effettivo di oltre 21 milioni di euro.Applicando gli stessi parametri all’intero mercato delle me-diazioni del periodo si può stimare che il risparmio realiz-zato a livello complessivo si avvicini agli 80 milioni di euro. Il Ministero della Giustizia ha infatti indicato in 33.808 iprocedimenti iscritti dall’entrata in vigore della media-zione obbligatoria fino alla fine di settembre. Nel 75% deicasi si tratta di mediazione obbligatoria, nel 23% di me-diazione volontaria, nell’1% di mediazione obbligatoria inquanto prevista da clausola contrattuale e nel restante 1%di mediazione demandata dal giudice. Il prossimo appun-tamento importante è fissato per il 20 marzo 2012. Se dal21 marzo 2011, infatti, la mediazione è obbligatoria neicasi di una controversia in materia di diritti reali, divisione,successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, como-dato, affitto di aziende, risarcimento danni da responsabi-lità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa ocon altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, ban-cari e finanziari, dal 20 marzo prossimo l’obbligatorietàverrà estesa anche alle numerosissime controversie in ma-teria di condominio e risarcimento del danno derivantedalla circolazione di veicoli e natanti.

Mediazione • Il quadro italiano

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Diritto di famiglia • Adriana Boscagli

È tra gli esponenti di spiccodell’avvocatura specializzata indiritto di famiglia. Adriana Boscagliriflette sulle evoluzioni di questodelicato segmento giuridico, tantoampio quanto complesso. E spiegacome, attraverso le evoluzionilegislative, si possano mettere a fuocoi cambiamenti della società italiana

Il diritto cambiainsiemealla famiglia

di Aldo Mosca

Resta, a tutti gli effetti, uno degli ambiti più sen-sibili ai mutamenti sociali ed economici. Il Di-ritto di famiglia è cambiato negli ultimi decenni,profondamente. Così come sono cambiati i sog-getti giuridici cui si rivolge. La famiglia italianaoggi è al centro di una profonda revisione: cul-

turale, economica, istituzionale. Un’evoluzione che AdrianaBoscagli ha vissuto in prima persona. Il noto avvocato ro-mano celebra infatti trent’anni di carriera. Un anniversarioimportante nella disciplina dei rapporti familiari: parentela eaffinità, matrimonio e relazioni personali fra i coniugi, aspettipatrimoniali nella famiglia, filiazione e adozione, discono-scimento e riconoscimento, separazioni e divorzi. Queste ul-time due, in particolare, rappresentano le tematiche piùdelicate verso cui la giurisprudenza è chiamata a predisporrestrumenti idonei, in primis per la tutela dei minori coinvolti.

Il diritto cambia insieme alle famiglie. Come stamutando il quadro di riferimento? «Negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento diruoli ed equilibri tra coniugi. Marito e moglie hanno rag-giunto una parità domestica e sociale: contribuiscono en-trambi al ménage economico della famiglia. Questo perché,ormai è indiscutibile, la donna lavora fuori casa e guadagna.Entrambi educano e accudiscono i figli in misura uguale, or-ganizzano e gestiscono in modo paritario la vita di coppia.Questo bilanciamento, più recente di quanto si possa im-maginare e frutto di un equilibrio che nasce e si consolida

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Diritto di famiglia • Adriana Boscagli

durante la vita matrimoniale, ha delle conseguenze anche insede di separazione e divorzio».

A quali conseguenze si riferisce? «La moglie è sempre più economicamente indipendente enon chiede il contributo al mantenimento per se stessa. Ilmarito rivendica il proprio ruolo di padre presente e pre-tende delle modalità di frequentazione più assidue; padre emadre hanno pari voce in capitolo nell’educazione e nellacrescita dei figli. Un’altra novità è rappresentata dall’aumentodelle coppie formate da persone di nazionalità diversa. Inquesto caso, per la gestione dei problemi tra coniugi è ne-cessaria una competenza in diritto internazionale privato:nel campo del diritto di famiglia, delle successioni, dei con-tratti commerciali».

A proposito della condivisione tra coniugi, sepa-rati o divorziati, delle scelte per i figli, hanno avutoun forte impatto le leggi relative all’affido condiviso. «L’affido condiviso, introdotto con la Legge 54/2006 chetanto ci ha fatto discutere e dubitare all’inizio, è un esempiopiù che calzante: la condivisione delle scelte che riguardanoi figli, quale regola di prassi adottata dai Giudici che deci-dono sulle famiglie che si rompono, è una delle conseguenzepiù significative, in ambito giuridico, dell’evoluzione socialeche ho appena descritto. Ma attenzione, pensare che sia statala diffusione dell’affido condiviso a provocare la parificazionedei ruoli padre/madre nella gestione dei figli di coppie scop-piate è un grossolano errore di valutazione. Il rapporto di

L’avvocato Adriana Boscagli coordina e dirige

il lavoro del suo studio con sedi a Roma e Milano.

Alcune delle sue cause di divorzio hanno

dominato le cronache giornalistiche degli ultimi anni

[email protected]

Il bilanciamento di ruolitra marito e moglie, chehanno raggiunto una paritàdomestica e sociale, ha delleconseguenze anche in sededi separazione e divorzio

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causa effetto è esattamente opposto».Rispetto al passato sono mutate le motivazioni di

rottura del rapporto coniugale?«Non in senso stretto, perché non siamo alla presenza di unnuovo fenomeno che porta a un aumento delle separazioni,siamo invece alla presenza dell’ineludibilità della rivelazionedi un fenomeno che è sempre esistito e sempre esisterà».

Vale a dire?«I figli naturali, i cosiddetti “illegittimi” di un tempo, sonosempre esistiti quali conseguenza di infedeltà, tradimenti erelazioni extraconiugali. Quello che è cambiato sono glistrumenti a disposizione per rivendicare e vedere ricono-sciuto lo status di figlio. Fino all’anno 2000 la prova di pa-ternità poteva essere raggiunta solo attraverso il prelievo delsangue del presunto padre, sangue che veniva poi utilizzatoper l’esame del Dna. L’ostacolo era rappresentato dalla fa-coltà, lasciata al padre, di sottoporsi o meno al prelievo: difronte a un suo rifiuto, per paura o disinteresse, la prova nonera raggiunta e la paternità non veniva appurata a discapitodi un figlio che finiva per pagare errori e leggerezze com-messi da altri. Oggi, e sottolineo finalmente, l’aria è cam-biata: il presunto padre ha sì il diritto di opporsi all’esame delsangue, ma tale rifiuto può essere considerato dal Giudicequale elemento sufficiente per desumere la paternità natu-rale».

La scienza, poi, oggi mette a disposizione mag-giori strumenti per il riconoscimento.«Anche questo è vero. L’evoluzione scientifica degli ultimianni ha portato a un allargamento del ventaglio di strumentiche la legge riconosce ai figli naturali nella loro ricerca dellaverità. Da una parte abbiamo così la prova del Dna, che puòessere svolta anche su campioni non ematici, come capelli esaliva, dall’altra vi sono tecniche di esame del Dna semprepiù raffinate. Queste ultime permettono di ritenere idoneoe sufficiente il Dna dei familiari del presunto padre, anche senel frattempo questo è defunto e magari cremato. Insomma,sono ormai veramente poche le chance che un padre ha disfuggire agli obblighi emergenti da una filiazione fuori dalmatrimonio. Sono poche le probabilità di tenere nascosto,agli occhi di una moglie, un figlio frutto di una relazioneextraconiugale. Da qui, la maggiore incidenza della filiazioneextramatrimoniale quale motivo di separazione di coniugi».

Quali sono le ricadute giuridiche di questo feno-meno?«La sopravvenienza di figli naturali comporta un ampio spet-tro di azioni giuridiche da intraprendere: dai procedimentidi disconoscimento e riconoscimento di paternità alle azionisu asse ereditario e successioni. Si crea un vero e proprionuovo legame giuridico tra i due soggetti, padre e figlio, chela legge consente di regolamentare in modo capillare. Inol-tre, il Legislatore ha garantito al figlio naturale tutti gli stru-menti necessari per poter rivendicare i propri diritti neiconfronti del nuovo padre e nei confronti di tutti i soggettiche sono legittimati a interagire giuridicamente con lui».

Tutte queste novità richiedono alla categoria fo-rense un aggiornamento disciplinare?«Esatto, un individuo che si trova coinvolto in un caso di ri-conoscimento di paternità e in tutto quello che precede eche ne consegue, deve affidarsi, più che mai, ad avvocati spe-cializzati in materia. Ciò è fondamentale al fine di non va-nificare l’opportunità di vedere riconosciuti i propri diritti.Un legale che abbia una conoscenza estremamente detta-gliata delle azioni da svolgere e delle modalità con cui farlopuò fare la differenza. Ricordiamoci che anche in questoambito si annidano cavilli processuali e di diritto sostanzialeche possono giocare un ruolo quasi fondamentale nel vani-ficare o comunque danneggiare l’azione intrapresa. Con-temporaneamente, l’avvocato deve essere in grado dimuoversi con disinvoltura nei diversi settori del diritto civilee commerciale».

Diritto di famiglia • Adriana Boscagli

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Può farci un esempio?«Il riconoscimento di paternità può portare alla necessità diuna modifica nella distribuzione di quote societarie tra-smesse con successione ereditaria, e il legale non può e nondeve, nell’interesse del cliente, farsi trovare impreparato. In-somma, quello dell’avvocato che assiste una parte in una vi-cenda di disconoscimento e riconoscimento di paternità èun ruolo estremamente delicato, impegnativo sia da unpunto di vista giuridico che squisitamente umano. Non mistancherò mai di ripetere che la materia del diritto di fami-glia, in tutte le sue sfaccettature, va ben oltre la separazionein senso stretto».

Dunque qual è, per la sua professione, l’approcciopiù idoneo da adottare in questo ambito?«L’approccio alla materia deve presupporre un’ampia cono-scenza del diritto civile, per meglio indirizzare scelte profes-sionali, commerciali, aziendali e lavorative, scelte per acquistio donazioni o per la gestione appropriata di un asse eredita-rio. Tutte conoscenze indispensabili per essere “coach”nelle crisi familiari o per la loro prevenzione. Ma, soprat-tutto, per le ricadute sui figli, che con i loro dolori, rancorio amarezze, cresceranno più o meno sereni e saranno adultidiversi anche in relazione a quanto e cosa hanno saputofare gli avvocati che hanno seguito i genitori in sede di se-parazione».

Sono ormai veramentepoche le chance cheun padre ha di sfuggireagli obblighi emergentida una filiazione fuoridal matrimonio

Diritto di famiglia • Adriana Boscagli

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Tutela dei minori • Annamaria Bernardini de Pace

Un incremento del 61% di separazioni e del101% di divorzi nel periodo compreso tra il1995 e il 2008, anno nel quale le separazionisono state 84.165 e i divorzi 54.351 (rispetti-vamente il 3,4% e il 7,3% in più rispetto al2007): il rapporto Eurispes pubblicato lo scorso

mese di maggio, oltre a evidenziare il boom di cause di que-sto tipo nel nostro Paese, ha lanciato una proposta per alle-viare il carico della giustizia civile, ovvero trasferire lecompetenze in materia di divorzi, separazioni e volontariagiurisdizione ai notai. Una proposta che ha già trovato l’op-posizione di molti avvocati, tra i quali Annamaria Bernar-dini de Pace, secondo cui «senza nulla voler togliere allaprofessionalità della categoria notarile, materie quali la se-parazione, il divorzio e la volontaria giurisdizione, proprioper i profili complessivamente coinvolti, richiedono com-petenze specifiche che sono il risultato non solo di una lau-rea in giurisprudenza, ma anche dell’esperienza maturatasul campo. Una riflessione, questa, che bisogna estendereanche all’interno della medesima categoria degli avvocati».

Secondo Eurispes però il fatto che le separazionicon rito consensuale siano più del doppio di quellecon rito giudiziale induce a pensare che si trattaspesso di cause prive di elementi di elevata conflit-tualità, che potrebbero quindi essere discusse e ri-solte senza ricorrere al tribunale.«Non credo che un contesto di natura diversa, quale quello

Separazionie divorzi agli avvocatiAnnamaria Bernardini de Pace critica la proposta, contenuta nell’ultimo rapportoEurispes, di trasferire le competenze in questo campo ai notai: «sono materieche richiedono competenze specifiche e un’esperienza maturata sul campo»

di Riccardo Casini

offerto dagli studi notarili, alimenterebbe una minore con-flittualità rispetto al tribunale, facilitando una più rapida ri-soluzione delle questioni: infatti, le questioni si risolvonocon il tempo, la competenza e la palestra psicologica, noncon il ruolo giuridico. I notai certificano il già fatto, gli av-vocati familiaristi costruiscono il da farsi».

Recentemente però anche il sostituto procuratoredi Milano, Francesco Greco, ha puntato il dito con-tro la lentezza della giustizia civile, citando il col-lega Piercamillo Davigo secondo cui “è più facileuccidere la moglie che venire a capo di un divor-zio difficile”. Paradosso a parte, come snellire itempi per le procedure di cause ormai sempre piùfrequenti?«È vero, molto spesso si arriva al termine di una causa sfi-niti ed esasperati da lunghi anni di contenzioso: una tor-tura ingiusta, determinata dalla giustizia-lumaca. Una primapossibile soluzione del problema potrebbe essere rappre-sentata proprio dal cambio di approccio nelle cause da partedegli avvocati, che sovente hanno una grave responsabilitànel momento in cui assecondano i clienti in sterili battaglie,più personali che giudiziarie, invece di aiutarli a compren-dere gli indubbi vantaggi di un accordo consensuale. Un’al-tra soluzione potrebbe essere quella, pur nell’ambito delcontenzioso, di rimettere sin dall’inizio la decisione al giu-dice solo in merito alle questioni sulle quali le parti nonsono riuscite a trovare un accordo, limitando così gli spazi

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Annamaria Bernardini de Pace • Tutela dei minori

di conflittualità e i tempi di decisione. E interessante sa-rebbe anche l’introduzione del divorzio, in alternativa allapreliminare separazione, se i coniugi sono d’accordo».

In un articolo lei ha denunciato gli eccessivi casi(ben 32mila) di figli allontanati dai genitori daparte della magistratura. Quali sono in questosenso le buone regole da seguire per un’equilibrataapplicazione delle norme del diritto di famiglia?«L’intervento della pubblica autorità volto all’allontana-mento del minore dalla famiglia d’origine, proprio per lasua gravità, dovrebbe essere limitato solo a quei casi di veroabbandono materiale o morale, come prescrive la legge.Ove possibile, invece, bisognerebbe perseguire fino in fondola tutela dell’interesse del minore a non essere allontanatodalla sua famiglia e dai luoghi in cui svolge la sua abitualevita quotidiana, fornendo piuttosto alla famiglia un ade-guato supporto, ad esempio un educatore. In questo mec-canismo un ruolo molto importante rivestono, qualiausiliari dell’autorità giudiziaria, i servizi sociali, i cui ope-ratori dovrebbero avere una formazione autentica, adeguatae specifica nel campo e dovrebbero applicare rigorosamentei principi di legge, tutelando il più possibile il diritto delminore a crescere nel suo contesto familiare, salvo ovvia-mente i casi limite».

Molti avvocati matrimonialisti, tra cui lei, hannoespresso forti perplessità sul ddl 957 sull’affido con-diviso, attualmente in discussione alla CommissioneGiustizia del Senato. Quali sono i suoi punti critici?«Diversi sono gli elementi non condivisibili del ddl 957: traquesti, in particolare, l’introduzione del diritto “paritetico”dei genitori ad avere i figli presso di sé, con la previsione deldoppio domicilio e della divisione del tempo dei figli inmisura uguale presso ciascun genitore. Credo che tale solu-zione potrebbe essere praticabile solo in alcuni e limitaticasi e solo dopo una concreta e positiva ponderazione dialmeno questi parametri: le condizioni lavorative dei geni-tori, soprattutto in termini di disponibilità di tempo, cosìcome la distanza tra le loro abitazioni e l’età dei figli. Incaso contrario, la previsione di un “collocamento preva-lente” rimane a mio parere la scelta sempre preferibile».

Per quale motivo?«Ciò che dev’essere perseguito in via prioritaria è l’inte-resse del minore, anche a non vedersi la vita spaccata in due.Non condivido poi assolutamente la previsione del mante-nimento diretto e per capitoli di spesa da parte di ogni ge-nitore, con l’evidente conseguenza, nota a chi è abituato aoperare in questi ambiti, di aumentare in modo esponen-ziale la litigiosità, anche per quanto riguarda gli strumentiazionabili a tutela del rispetto degli oneri assunti, e creandoenormi difficoltà organizzative in contesti familiari già diper sé conflittuali. Non ritengo nemmeno corretta l’elimi-nazione dalla valutazione del costo dei figli del parametrorelativo al “tenore di vita della famiglia antecedente la se-parazione”: così si legittimerebbero strumentali meccanismidi depauperamento in vista della causa».

Spesso gli avvocati hannouna grave responsabilità nelmomento in cui assecondanoi clienti in sterili battaglie

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L’avvocato Annamaria Bernardini de Pace

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Minori,istruzioni per l’usoL’avvocato Luisella De Cataldo Neuburger illustra le modificheintrodotte dall’ultimo aggiornamento della Carta di Noto: «La competenzadell’esperto nei campi della psicologia e psicopatologia forensidev’essere sempre garantita e certificata»

di Riccardo Casini

Avvocati ma anche psicologi: la tutela dei minoririchiede un’attenzione particolare da parte delsistema forense. A livello deontologico, uno deidocumenti fondamentali in questo senso in Ita-lia è costituito dalla Carta di Noto, elaborata nel1996 e rivista una prima volta nel 2002. All’ul-

timo aggiornamento, lo scorso mese di giugno, ha contri-buito anche l’avvocato Luisella De Cataldo Neuburger: unaggiornamento, dice oggi, «imposto dalla necessità di ade-guare il contenuto del documento a importanti mutamentiche nel frattempo si sono verificati, dai progressi delle neu-roscienze nello studio del cervello e dei processi cognitivi,percettivi e mnestici nel campo della psicologia evolutivache hanno interessato il mondo giovanile alle modifiche dimodelli sociali, culturali ed economici, soprattutto in rela-zione alla massiccia presenza di nuovi strumenti tecnologicie di comunicazione». Le attuali difficoltà economiche pe-sano infatti anche sull’ambiente familiare, divenuto «teso,nervoso, litigioso: un ambiente dal quale i bambini cercanodi allontanarsi perché sentono che non c’è posto per loro. Lasoluzione è quella di isolarsi, di allontanarsi dalla conflittua-lità». E qui intervengono le nuove tecnologie: secondo l’In-dagine conoscitiva sulla condizione dell’infanzia edell’adolescenza in Italia stilata da Eurispes nel 2010, moltibambini (46%) cercano rifugio nel computer, «finendo persapere più cose di quelle che possono capire».

A questo proposito un altro punto critico riguarda la capa-cità dei minori di testimoniare, anche nelle cause di separa-zione e divorzio conflittuale: se infatti secondo l’articolo 196del codice di procedura penale «ogni persona» ha questa ca-pacità, diverse sono ancora le avvertenze da tenere in con-siderazione. Nel caso del minore «la valutazione – spiega DeCataldo – deve riguardare l’idoneità psichica del soggetto arendere testimonianza. L’accertamento deve riguardare lespecifiche caratteristiche dello stadio di sviluppo del sog-getto, la complessità degli eventi che è chiamato a raccon-tare, le inferenze che implicitamente deve effettuare e lesollecitazioni o manipolazioni che possono aver costruito oricostruito il suo ricordo. Ognuna di queste competenze èconnessa non solo a fattori neuropsicologici e cognitivi, maanche a fattori sociali e relazionali: in questa prospettiva, es-sendo il processo della suggestione legato a vari fattori dirischio interni o esterni al soggetto, potrà essere utile inda-gare ed esplorare i diversi contesti comunicativi nei quali ilsoggetto ha avuto modo di riferire e rivisitare la propriaesperienza». In particolare «il contesto familiare richiedeun’approfondita esplorazione», «proprio al fine di escluderel’eventualità del ricorso da parte del genitore, nel contestogiudiziario, ad accuse false finalizzate a favorire una deci-sione favorevole», soprattutto «considerato che il minore èun soggetto facilmente suggestionabile». Infatti, «l’ascolto diuna conversazione tra adulti, una notizia della televisione, le

Tutela dei minori • Luisella De Cataldo Neuburger

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chat sui computer, il bisogno di protagonismo, una domandamal posta dai genitori, una confidenza tra bambini o l’espo-sizione alle dicerie possono portare i bambini a fare affer-mazioni su eventi che non hanno mai esperito. Una voltaindotto il comportamento di accettazione, le narrazioni siimpiantano stabilmente come ricordi nella mente del bam-bino. E più la narrazione è ripetuta, più stabile diventa il ri-cordo indotto». Per questo è importante «la scelta dellemodalità con cui viene ascoltato, che dipende dalla com-petenza e dall’aggiornamento dell’esperto», visto anche«che non esistono a oggi strumenti o costrutti psicologiciche consentano di discriminare un racconto veritiero dauno non veritiero».Ma allora, in sintesi, la legislazione italiana è in grado oggi ditutelare adeguatamente i minori? Secondo De Cataldo «lanormativa vigente in tema di attività di indagini preliminarie incidente probatorio è sostanzialmente inadeguata a garan-tire l'equilibrio fra il rispetto della personalità in evoluzionedel minore e l'osservanza delle garanzie del giusto processo, disolito riservata, tra l’altro in forma ridotta, solo alle fasi giu-diziali avanzate. Questo dato si riflette sulla eccessiva libertàd’azione concessa agli organi inquirenti nello svolgimentodelle indagini preliminari che vanifica buona parte degli sforziprofusi dal legislatore e rende prive di efficacia le misure daesso introdotte». Non basta: «un altro punto critico è quellodella competenza professionale delle figure che vengono a

contatto con il bambino e che richiederebbero specifiche econtrollabili competenze, requisito generale e uguale per tuttii possibili ruoli che l’esperto venga chiamato a ricoprire. Pocoimporta infatti la fase in cui in cui è nominato, o che sia au-siliario, consulente o perito: sempre e comunque l’esito fi-nale dipenderà dalla sua specifica competenza che deve esseredocumentata, non solo per i casi di consulenza o perizia».I protocolli che regolano questa materia però «sono molti»:«Le linee guida per l’acquisizione della prova scientifica nelprocesso penale, di recente elaborate nel convegno tenutopresso l’Isisc di Siracusa, richiedono che la competenza del-l'esperto nei campi della psicologia e psicopatologia forensidebba essere sempre garantita e certificata. Il punto 1 dellaCarta di Noto aggiornata precisa le metodologie, gli stru-menti e le pratiche che garantiscono l’aggiornamento profes-sionale e la competenza dell’esperto. Di particolare interesseil richiamo contenuto nel punto 2: “è diritto delle parti pro-cessuali, in occasione del conferimento di ogni incarico pe-ritale, interloquire sull’effettiva competenza dell’esperto e sulcontenuto dei quesiti”». Questo anche perché «il professioni-sta che opera e interviene nel contesto giudiziario non puòlavorare con gli stessi criteri e modalità d’impostazione deiproblemi caratteristici del contesto clinico: il ruolo del-l’esperto – conclude De Cataldo – richiede una serie di com-petenze che differiscono da quelle della maggior parte deglialtri contesti in cui lo psicologo solitamente opera».

Luisella De Cataldo Neuburger • Tutela dei minori

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«Il diritto di famiglia è per definizione undiritto vivente, mentre da tempo la nostralegislazione non rispecchia più le esigenzedelle persone». Milena Pini, presidentedell’Aiaf, Associazione italiana degli avvo-cati per la famiglia e i minori, invoca una

seria riforma. Se, infatti, dal 1975 il codice di diritto di fa-miglia è rimasto pressoché immutato, i rapporti tra le per-sone sono profondamente cambiati, così come è mutata lasensibilità verso numerose questioni che riguardano la vitadi coppia, la scelta del regime patrimoniale, le scelte di vitae di cura, le terapie al termine della vita. «Gli italiani vannoin Francia per le pratiche di inseminazione eterologa, vannoin Svizzera a morire, vanno in Romania a divorziare, vannoin Olanda a contrarre nozze omosessuali – esemplifica l’av-vocato Pini –. Sono ormai un popolo in fuga e il nostroParlamento dovrebbe riflettere seriamente su quanto sta av-venendo».

Quali le priorità da seguire in una riforma deldiritto di famiglia?«Occorrerebbe prevedere un unico status di figlio, elimi-nando ogni differenza tra i figli nati da persone coniugateo meno; riformare la legge sul divorzio, consentendo lapossibilità di ottenerne la pronuncia, in determinati casi,senza dover previamente promuovere il giudizio di sepa-razione personale, e prevedere comunque tempi più brevi

per la domanda di divorzio rispetto a quelli attuali; modi-ficare la normativa in materia di scioglimento della co-munione legale, così che decorra dalla data delprovvedimento del presidente che autorizza i coniugi avivere separati; dare piena applicazione alla legge 149 del2001, consentendo l’effettiva nomina dell’avvocato delminore nei procedimenti di adottabilità e di decadenza osospensione della potestà genitoriale; riconoscere la pos-sibilità per i coniugi di redigere accordi prematrimonialie per le coppie conviventi di stipulare “patti” cui attri-buire efficacia giuridica e, infine, riconoscere pienamentela volontà delle persone in relazione alle terapie e alle di-sposizioni di fine vita».

Per quanto riguarda, invece, il profilo proces-suale e della giurisdizione?«È certamente necessaria una riforma del procedimento,che lo renda più snello e consenta tempi più celeri.Quanto alla giurisdizione, occorre istituire un giudicespecializzato, che sia competente per le materie che ri-guardano la separazione, il divorzio, le modifiche dellecondizioni, lo scioglimento della comunione legale, la ca-pacità delle persone, la tutela dei minori, e assorba le com-petenze attuali del giudice tutelare e del tribunale per iminorenni, cui vanno lasciate le sole competenze che ri-guardano la decadenza della potestà genitoriale, l’adotta-bilità dei minori e l’adozione».

Procedimenti più snelli e uno svecchiamentodel codice. Sono le proposte di Milena Pini,presidente dell’Associazione italiana degliavvocati per la famiglia e i minori.E sulla mediazione: «Un’importanteoccasione per le parti in conflitto»di Michela Evangelisti

Una riformanecessaria

Tutela dei minori • Milena Pini

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La negoziazione e la mediazione stanno pro-gressivamente prendendo piede come strade perla definizione dei conflitti in ambito familiare.Con quali risultati?«La consensualizzazione del conflitto è una tendenza incontinua crescita: secondo le più recenti rilevazioni Istat,nel 2009 si sono concluse consensualmente l’85,6% delleseparazioni e il 72,1% dei divorzi. Questi dati confermanol’esigenza delle persone di trovare una soluzione concilia-tiva del conflitto di coppia e familiare, ed evidenzianoanche l’intervento di negoziazione degli avvocati finaliz-zato alla ricerca dell’accordo tra le parti. La mediazione, ein particolare la mediazione familiare, è senza dubbioun’importante occasione per le parti in conflitto per tra-sformare le loro relazioni; aiuta i genitori, nella separa-zione legale o di fatto e nel divorzio, a ritrovare reciprocafiducia, capacità di comprensione e riconoscimento delruolo genitoriale dell’altro. Tuttavia la mediazione fami-liare è ancora poco utilizzata».

Come mai?«Secondo i principi che la disciplinano, la mediazione nonpuò essere resa obbligatoria e deve restare una libera scelta.Non può quindi essere imposta dal giudice o prevista perlegge come condizione preliminare alla proposizione delgiudizio. Semmai è necessario che gli avvocati svolganoun intervento di informazione e di sollecitazione verso leparti rispetto a questa opportunità».

Come sta cambiando, di conseguenza, il ruolodell’avvocato di famiglia e quali nuove sfaccetta-ture sta assumendo? «L’avvocatura sinora non ha pienamente compreso la po-tenzialità dello strumento della mediazione, in ambito ci-vile e familiare, che non solo risponde a un’indubbiaesigenza delle persone di privilegiare il percorso della so-luzione del conflitto in sede stragiudiziale e in tempi brevirispetto a un procedimento contenzioso, ma offre ancheun potenziale ampliamento dell’attività e delle compe-tenze dell’avvocato. In particolare l’avvocatura teme chel’introduzione della mediazione comporti lo smantella-mento del sistema giudiziario e dello stato di diritto, conla conseguente sminuizione del diritto di difesa. È unapreoccupazione a mio parere eccessiva, e comunque nonsi può non tenere conto del nuovo contesto determinatodalle avvenute trasformazioni sociali, culturali ed econo-miche. Fermo restando che l’attività dei privati nella ge-stione dei propri interessi non può andare completamenteesente dal controllo sulla rispondenza alla legge dell’ac-cordo raggiunto. In questo nuovo contesto, il ruolo di tu-

La conflittualità tra i genitorinon si risolve con la divisionea metà del tempo dei figlio con la sostituzionedell’assegno periodicocon il mantenimento diretto

In apertura, Milena Pini, presidente dell’Associazione italiana

degli avvocati per la famiglia e i minori

Milena Pini • Tutela dei minori

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tela e difesa dei diritti delle persone dell’avvocato nonsolo trova spazio, ma anche nuovi ambiti ove esplicitarsi».

L’associazione ha espresso preoccupazione neiconfronti dei Ddl 957 e 2454 sull’affido condivisodi minori in caso di separazione. Quali sono gliaspetti che vi lasciano più perplessi?«L’affidamento dei figli nella separazione, legale o di fatto,e nel divorzio deve avere come esclusivo riferimento l’in-teresse morale e materiale dei figli. I dati socio-economicievidenziano che la separazione è un costo e comportaspesso una riduzione dei redditi e del tenore di vita perentrambe le parti, ma è pur vero che nel nostro Paese laparità effettiva tra donna e uomo è ancora ostacolata dafattori di natura economica e sociale che spesso condi-zionano lo sviluppo della famiglia e causano la crisi delrapporto di coppia. L’affidamento dei figli è dunque unaquestione assai delicata, che deve tenere conto di tuttiquesti fattori e un’eventuale modifica della legge 54 del2006 non può essere fondata sull’esaltazione mediatica disingoli casi. Di certo la conflittualità tra i genitori non sirisolve con proposte quali la divisione a metà del tempodei figli con ciascun genitore o con la sostituzione del-l’assegno periodico con il mantenimento diretto».

Come favorire allora una migliore applicazionedel principio di bigenitorialità?«Servono un più efficace intervento culturale sulle re-sponsabilità familiari e genitoriali e un concreto sostegnoalle famiglie, interventi di tipo psicologico e relazionale asostegno della genitorialità, soprattutto nei casi di conflit-tualità tra i genitori, e una fattiva politica di ampliamentodei servizi sul territorio».

I dati confermano l’esigenzadelle persone di trovare unasoluzione conciliativa delconflitto di coppia e familiare

Tutela dei minori • Milena Pini

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Francesco Alberoni • Tutela dei minori

Coppie sposate, conviventio “amorose”. «L’insiemedelle istituzioni che regolano i rapportisessuali e coniugali – dice FrancescoAlberoni – dovrà subire nei prossimidecenni una radicale trasformazione»

Nuovimodellidi famiglia

di Michela Evangelisti

«Oggi si studia moltissimo il divorzio; stra-namente ci si sofferma molto meno sullanascita della famiglia: qual è la sua base?».È questa la domanda che incuriosisce ilsociologo Francesco Alberoni. La storia ènota: un tempo il matrimonio era un

contratto tra due famiglie, poi, a partire dall’Ottocento, il costi-tuirsi della coppia coniugale è andato sempre più basandosi sul-l’innamoramento tra due persone e la sua durata si è legata alladurata del sentimento. «Finché si viveva mediamente 40 anniera naturale avere un amore e un corredo per tutta la vita –spiega Alberoni –. Ora la formula “finché morte non ci separi”pronunciata da un ventenne è quasi uno spergiuro. La sua vitasarà lunga e, nel 99% dei casi, cesserà di amare quell’uomo oquella donna». Il matrimonio è dunque, secondo Alberoni, un ri-tuale obsoleto e il divorzio diventa «la conseguenza logica diun’unione fondata su una cosa abbastanza labile come l’amore».

Nella fine di un matrimonio sono spesso coin-volti anche figli piccoli. Il loro modo di reagire stacambiando?«Per i figli la separazione dei genitori è totalmente incompren-sibile. È come se in una città improvvisamente si creasse unaspaccatura nel terreno e non si potesse più passare da una parteall’altra. Certo essere figli di divorziati non è più un traumacome un tempo, i bambini non si sentono più mostri in una so-cietà diversa, ma ciò non toglie che siano molto provati. Sta nel-l’abilità dei genitori far sì che il loro conflitto non vengatrasferito ai figli e non usare i bambini per ricattarsi a vicenda».

Quale ruolo ha oggi la famiglia? Si può dire che siaancora alla base del nostro tessuto sociale?«Sì lo è ancora, per un motivo semplice: non c’è altro. La fami-glia rimane comunque l’unico luogo di rapporti forti. Anche isingle hanno pur sempre un padre e una madre, e qualche voltadei fratelli, ai quali si rivolgono nel momento del bisogno. Siparla tanto dell’amicizia, ma è raro che un amico venga a casa tuaad assisterti quando sei malato: è più facile che lo faccia un exmarito! Non è detto, infatti, che la rottura del matrimonio spezzitutti i legami e i doveri».

Quali sono i nuovi modelli di famiglia che si stannoaffermando?«Il più importante è il single; che magari ha degli amori anchelunghi, ma non tenta né la convivenza né di avere figli. Poi cisono famiglie con alle spalle uno o due divorzi, con figli di di-versi mariti o mogli, in cui o ci si divide o con grande buon sensosi fa in modo che il mondo dei bambini non sia conflittuale. Laconvivenza tra poco diventerà un terzo tipo di matrimonio, per-ché c’è la tendenza, da parte di chi convive, a chiedere forme diriconoscimento legale. Ma accanto alle coppie sposate e a quelleconviventi sono in aumento le coppie “amorose”, che non dannoluogo a una famiglia ma funzionano come tali nel bisogno. Lacoppia amorosa non vuole riconoscimenti formali, perché con-sidera la mancanza d’obbligo come la base dell’amore».

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L’avvocato Claudia Grassi e l’avvocato Manuela Tirini

dello Studio legale Tirini Grassi di Bologna fanno parte

di numerose importanti associazioni, nazionali e internazionali

specializzate nel diritto di famiglia e minorile nazionale

ed internazionale

www.tirinigrassi.it

C&P • GIUSTIZIA38

Un problema che negli ultimi diecianni ha assunto una crescenterilevanza. Quali sono gli strumentiad oggi in mano al genitore vittimadella sottrazione? Abbiamoapprofondito la questionecon gli avvocati Manuela Tirinie Claudia Grassi del Foro di Bologna

Sottrazioni internazionali di minori

di Nicoletta Bucciarelli

Con il termine «sottrazione internazionale diminore» si intende l’atto con cui un genitoredecide volontariamente, senza il consenso del-l’altro, di sottrargli il figlio con l’intenzione ditrattenerlo presso di sé in un altro Paese inmodo permanente. È questa una delle materie

su cui si è specializzato lo studio Tirini Grassi con sede aBologna. «Fin dal 1995 ci occupiamo prevalentemente didiritto di famiglia e minorile, diritto delle persone e di-ritto internazionale privato, in attività contenziosa e stra-giudiziale di ambito nazionale, comunitario einternazionale», spiega l’avvocato Claudia Grassi. Lo Stu-dio fornisce assistenza legale alla famiglia, in ogni suoaspetto, dal rapporto con i minori, alle pratiche di separa-zione e divorzio, fino alle questioni prettamente patrimo-niali, avvalendosi della collaborazione di professionistiqualificati. «Negli anni» approfondisce la questione l’av-vocato Manuela Tirini, «lo studio ha maturato una com-petenza di rilevanza primaria e internazionale, anche inmaterie complesse e inconsuete, concernenti coniugi didiversa cittadinanza e regime giuridico di unioni miste».Lo studio ha seguito, raggiungendo ottimi risultati, nu-merosi casi di sottrazione internazionale di minori (childabduction). «Abbiamo risolto casi di sottrazione interna-zionale di minore, giunti più volte all’attenzione della cro-naca», prosegue l’avvocato Manuela Tirini, «riportando ilbambino in patria da innumerevoli Paesi, come Brasile,Colombia, USA, Repubblica Ceca, Svizzera, Francia, Ger-

Tutela dei minori • Manuela Tirini e Claudia Grassi

mania, Ungheria, Estonia, Spagna, Croazia, Slovacchia,Romania, Slovenia, Perù, Svezia e Austria; ciò attraversol’applicazione delle Convenzioni Internazionali e Rego-lamenti Comunitari e talvolta anche grazie a trattative di-plomatiche, come per Russia e Siria, spesso collaborandocon l’Interpol e avvalendoci di un prestigioso network diavvocati stranieri di chiara fama anch’essi specializzati indiritto di famiglia internazionale. Sono stati molti i casiportati innanzi alla Suprema Corte di Cassazione, rispettoai quali l’attività del nostro studio ha contribuito ad in-novare o integrare la Giurisprudenza Nazionale di riferi-mento». Nei casi in cui un genitore si trovi colpito dallasottrazione internazionale del minore gli strumenti nellesue mani sono da sfruttare nel più breve tempo possibile.«A livello internazionale» conclude l’avvocato ClaudiaGrassi, «esistono diversi strumenti giuridici. Il principaletra questi è la Convenzione de L’Aja 1980 ratificata adoggi da circa 80 paesi. Questa Convenzione prevede l’isti-tuzione in ciascun Paese aderente di Autorità Centralivolte a realizzare un efficiente canale di cooperazione am-ministrativa e giudiziaria tra gli Stati. Altro strumentomolto efficace, applicato però solo nell’Unione Europea(ad eccezione della Danimarca), è il Regolamento CE n.2201/2003. Il trascorrere del tempo costituisce evidente-mente il maggior ostacolo nell’interesse del minore sot-tratto. Più trascorre il tempo e più il minore è probabileche si adatti alla nuova dimensione propostagli dal “geni-tore-rapitore”».

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L’avvocato Giuseppe Pascali esercita la professione forense

a Milano

[email protected]

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L’instabilità economica degli ultimianni ha contribuito ad aumentarei conflitti familiari. Giuseppe Pascaliparla del ruolo che l’avvocato assumenelle crisi familiari in presenzadi una separazione consensuale

Gestirela separazione consensuale

di Nicoletta Bucciarelli

Quando si instaura un conflitto familiare vengonocoinvolte una quantità e una qualità di emozioniche, generalmente, non troviamo nelle altre situa-zioni conflittuali». È in questo scenario che si trovaad operare l’avvocato matrimonialista, come sot-tolinea Giuseppe Pascali. In una considerazione

globale del conflitto familiare, primaria importanza la assu-mono soprattutto i figli minori. A seguito infatti dell’entratain vigore della legge 54 del 08.02.2006, tutti coloro che sonochiamati ad intervenire nel conflitto familiare devono tenerpresente questa priorità. E il miglior modo per portarla avantie realizzare l’affidamento condiviso è l’accordo tra i coniugi.

Nella separazione consensuale i coniugi devonoaver raggiunto un accordo sulle condizioni e sullemodalità della separazione. Quali sono le difficoltàche l’avvocato deve affrontare per arrivare a questorisultato?«Nella separazione consensuale molte delle condizioni ven-gono lasciate alla libera contrattazione delle parti. Solo perquanto attiene l’affidamento e il mantenimento della prole ilGiudice ha il potere di verificare che non sussista contrastocon l’interesse dei figli stessi. Per quanto invece attiene il restoi coniugi, rimanendo nella legalità, possono prevedere con-cordemente tutte le condizioni che vogliono. Tuttavia puravendo quest’ampia autonomia, l’idilliaco e pacifico accordo sututto spesso rimane solo un sogno, inutile negarlo. Quandoquesto si verifica e si hanno serie difficoltà a trovare un ac-cordo, prima di rinunciare alla separazione consensuale i co-niugi separandi possono ricorrere preventivamente ad unconsultorio familiare o al parere del legale di fiducia, personanon coinvolta emotivamente e capace di valutare la questionedal punto di vista legale e dell’equità».

La separazione consensuale è possibile solo e sol-tanto se i coniugi raggiungono un accordo in ogniaspetto (diritti patrimoniali, mantenimento del co-niuge debole, diritti di visita e mantenimento dellaprole, assegnazione della casa coniugale). Come puòintervenire l’avvocato se in uno di questi aspetti nonviene raggiunto un accordo?«I coniugi separandi consensualmente, proprio perché godonoin questa fase di massima autonomia devono loro stessi trovarel’accordo sulle “condizioni” della separazione e pertanto nelle

Diritto di famiglia • Giuseppe Pascali

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C&P • GIUSTIZIA 41

Diritto di famiglia • Giuseppe Pascali

In Europa gli unici Paesia prevedere ancora la fasedella separazione sono,oltre all’Italia, la Polonia,l’Irlanda del Nord e Malta.In Portogallo addiritturaè possibile divorziare online

ipotesi di disaccordo, la cosa migliore è quella di mettersi in-torno ad un tavolo con l’ausilio dei rispettivi legali (o del sin-golo legale che può benissimo rappresentare entrambi i coniugiseparandi nella fase consensuale) e ragionare insieme per tro-vare una soluzione alla condizione controversa».

In molti paesi europei i divorzi possono essere ef-fettuati in maniera molto celere. In Italia, anche in as-senza di figli ed eredi, in caso di separazioneconsensuale e nessun bene condiviso occorre seguireun iter interminabile. Perché? «In Italia il procedimento che conduce allo scioglimento diun matrimonio avviene in due fasi e prevede prima la sepa-razione e solo successivamente il divorzio, con un tempo di at-tesa minimo tra i due provvedimenti inizialmente fissato a 5anni e a partire dal 1987 ridotto a 3. Molti paesi europei comela Francia, la Germania e l’Inghilterra pur configurando la se-parazione legale possono richiedere il divorzio a prescinderedalla separazione legale. Nel nostro ordinamento invece, ri-spetto a tutti gli altri ordinamenti europei, la separazione èl’unico presupposto che legittima la richiesta di divorzio. InEuropa gli unici Paesi a prevedere ancora la fase della separa-zione sono oltre all’Italia, la Polonia, l’Irlanda del Nord e Malta.In Portogallo addirittura è possibile divorziare online colle-gandosi a un sito specifico e in 20 minuti, senza pagare nulla,di comune accordo si può mettere fine al matrimonio senzafigli né comunione di beni. Tali procedure all’estero sono ga-rantite dalle norme europee che consentono di divorziare le-

galmente in tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea, in quantoogni sentenza di divorzio pronunciata da parte di un Tribunaledi qualunque paese dell’Unione Europea sarà perfettamenteefficace anche in Italia, a patto che la coppia sia stabilmente re-sidente in quel Paese. Quindi aspettiamo fiduciosi a che il no-stro legislatore possa intervenire per far sì che anche in Italia iconiugi separandi non debbano attendere un tempo così lungoper una dichiarazione di cessazione degli effetti civili del ma-trimonio e senza, purtroppo, ricorrere come sovente accade aprocedure estere».

Nella separazione in cui sia presente la prole ilpadre spesso lamenta una discriminazione nei suoiconfronti. Ha ragione?«Con l’introduzione nel 2006 in materia di separazione edivorzio dell’affido condiviso in linea generale il legisla-tore ha inteso garantire un’equa ripartizione di responsa-bilità dei genitori e il proseguimento degli affetti verso ifigli garantendo così il principio della bigenitorialità nelrispetto della figura dei figli medesimi. Tuttavia nella re-altà e soprattutto a causa della perdurante conflittualitàdei genitori separati la figura paterna lamenta spesso unruolo discriminato, ma ritengo dovuto a risvolti perso-nali e il più delle volte vittimistici. In queste situazioni èimportante la figura del legale il quale, per il ruolo equi-distante rivestito, tenderà ad apportare e far riconoscere,facendo leva anche sul principio del “buon senso”, equi-librio al rapporto».

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C&P • GIUSTIZIA42

Diritto di famiglia • Lorenza Cracco

L’avvocato Lorenza Cracco esercita la professione a Padova

[email protected]

I nuovi modelli nell’ambito del dirittocivile, e in particolare del dirittodi famiglia, sono la procedurapartecipativa di negoziazionee il diritto collaborativo. Ne parlal’avvocato Lorenza Cracco

Novità nei conflitti familiari

di Amedeo Longhi

Alcune novità hanno modificato l’insieme di pro-cedure che disciplina il diritto di famiglia, rivo-luzionando non solo la prassi, ma anchel’approccio alle modalità di risoluzione delle con-troversie. «La procedura partecipativa – spiegal’avvocato Lorenza Cracco – riconosce alle parti

un potere di autoregolamentazione dei loro rapporti che portaalla stesura dell’accordo con l’assistenza dei rispettivi avvocati,cui viene riconosciuto il potere di autenticazione delle firmee la verifica della conformità dell’accordo alle norme dilegge». Nell’ottica di una giustizia efficiente, il ruolo collabo-rativo dell’avvocato può portare ai cittadini benefici in terminidi riduzione delle spese giudiziali e dei tempi processuali.Il diritto collaborativo rappresenta invece un nuovo modo disepararsi e di risolvere le controversie familiari. «Tale praticaè tesa a salvaguardare il mantenimento di buone relazioni frai componenti del nucleo familiare anche dopo la separazione,raggiungendo accordi soddisfacenti per entrambe le parti».Presupposti teorici e modalità tecnica della collaborative prac-tice sono innovativi rispetto al tradizionale modo di concepireuna separazione: «Il primo presupposto teorico della CP è cheuna separazione o un divorzio non si possono affrontare solodal punto di vista legale, poiché presentano anche aspetti dinatura finanziaria, psicologica, relazionale e di riorganizza-zione della propria vita. Il soggetto deve rimanere protagoni-sta e non delegare all’autorità giudiziaria e/o agli avvocati; perfare ciò, deve essere messo nella condizione di effettuare lescelte migliori anche in un momento di fragilità come quello

della separazione. Viene rifiutata la logica della contrapposi-zione, poiché entrambe le parti devono sentirsi soddisfatte delrisultato raggiunto».Partendo da questi presupposti è stata studiata una tecnica fon-data sul lavoro di squadra, che è composta dalle due parti, dairispettivi avvocati ed eventualmente anche da altri professio-nisti, come il commercialista, lo specialista dei bambini ol’esperto in relazioni familiari. «Nell’ambito di questo lavorodi squadra – sottolinea l’avvocato Cracco – sono essenziali ri-spetto reciproco, sintonia d’intenti e di modalità di azione, ri-conoscimento reciproco dell’importanza delle competenzealtrui e osservanza di un determinato comportamento e diuna certa tecnica di negoziazione. I professionisti coinvolti ri-cevono un incarico limitato al raggiungimento dell’accordo enessuno di loro potrà prestare la propria attività professionalenell’eventuale susseguente giudizio contenzioso fra le parti.Questo aspetto è il punto di forza della CP e il rispetto diquesta condizione è essenziale».Il diritto collaborativo si fonda sulla soddisfazione degli inte-ressi di entrambi i clienti, le negoziazioni non vengono con-dotte sulla base delle loro posizioni, ma in termini di interesse.Quest’obbligo si inserisce nell’ottica di aiutare il nucleo fa-miliare a ricostruirsi su basi durevoli anche dopo la separa-zione. «Il cambiamento di paradigma – conclude l’avvocatoCracco – si può riassumere nei seguenti passaggi: dal con-traddittorio al dialogo, dall’approccio basato sui diritti a quellobasato sulla soluzione dei problemi, dalla logicavincitore/vinto alla logica vincitore/vincitore».

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Disagio giovanile • Maria Teresa Spagnoletti

Asentire i media si ha la sensazione che la crimi-nalità minorile stia assumendo risvolti preoccu-panti. Sempre più la cronaca dipinge gliadolescenti italiani come protagonisti di reati pe-santi: stupri, omicidi e violenze di gruppo. Asoppesare diversamente il fenomeno interviene

Maria Teresa Spagnoletti, da trent’anni giudice del Tribunaleper i minorenni di Roma e oggi presidente del Dibattimentoe magistrato di sorveglianza. «Se c’è stato un exploit di casipenali? Non mi risulta. Sulla base della mia lunga esperienzaposso dire che la devianza minorile non ha subito grosse va-riazioni da un punto di vista numerico». Dentro questa sostanziale stabilità va però annotato un cam-biamento significativo. «Sono aumentati i reati commessi daminorenni appartenenti a famiglie cosiddette “normali” –prosegue il magistrato – e senza apparenti problemi di disa-gio economico o di emarginazione sociale». Si delinea,quindi, una biforcazione nel profilo del “teppista” di oggi:«Mentre i ragazzi devianti tipici, cioè provenienti da realtà diper sé problematiche, nella grande maggioranza degli episodicontinuano a commettere reati contro il patrimonio, i nuoviimputati spesso sono coinvolti in reati contro la persona, qualile violenze sessuali di gruppo e le lesioni anche gravi. Inol-tre agiscono spesso in “branco” e apparentemente senza mo-tivazioni particolari». Alla domanda sul perché la criminalitàminorile stia irrompendo anche nella cosiddetta società per-bene, Maria Teresa Spagnoletti risponde secca: «È colpa della

logica del tutto e subito, l’assenza di adulti in grado di viverein prima persona e di conseguenza di far vivere la legalitàcome essenziale per una corretta convivenza civile e, infine,la sensazione che il gruppo nasconda le responsabilità perso-nali. Per affrontare una tale situazione è richiesto un forteimpegno da parte di tutti. Certo, il giudice deve e può in-tervenire rispetto al caso concreto, ma l’intera società deveinterrogarsi su come aiutare i nostri giovani ad adottare com-portamenti adeguati e rispettosi». Stringendo sulla casistica del Tribunale di Roma, Spagnolettifa notare come un altro fenomeno in aumento riguardi i ra-gazzi con problematiche di natura psicologica e psichiatrica.Di fronte a questi episodi, la difficoltà è di natura diversa echiama in causa la risposta del sistema giudiziario. «Non sem-pre, infatti, gli strumenti a disposizione del giudice minorileappaiono soddisfacenti vista la carenza di adeguate strutturee di risorse economiche in grado di rispondere a delle esi-genze specifiche». Nonostante i contorni della criminalità minorile siano mu-tevoli, rimane ferma la centralità dei tribunali, strategici nel-l’abbassare l’indice di recidività. «Questo è l’obiettivoprimario del giudice, il cui compito è dare una risposta chenon sottovaluti il comportamento posto in essere, che sia re-sponsabilizzante, che recuperi l’equilibrio che il reato harotto ma che, al tempo stesso – avverte il magistrato – nonisoli il ragazzo dal contesto sociale, dove in ogni caso è chia-mato a vivere, rifuggendo da risposte “buoniste” e da solu-

Per Maria Teresa Spagnoletti, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma,

sono in aumento i reati commessi per mano di ragazzi “normali”: agiscono

contro la persona, si muovono in branco e senza apparente motivo.

«La colpa? L’assenza di adulti in grado di far vivere la legalità»

L’universoin trasformazione della criminalità minorile

di Paola Maruzzi

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Disagio giovanile • Maria Teresa Spagnoletti

zioni meramente repressive». Si tratta, quindi, di spingereverso un processo a «forte valenza educativa, cercando diinstaurare una relazione significativa con il minore impu-tato e di individuare un percorso giusto, che coinvolga an-zitutto la famiglia e, laddove possibile, che metta in campotutte le risorse disponibili». Per il magistrato, l’istituto chemeglio risulta rispondere a questa strategia è quello della«sospensione del processo e messa alla prova attraverso unprogetto che veda il ragazzo protagonista in positivo di im-pegni di studio e di lavoro, di attività socialmente utili infavore dei più deboli, di percorsi di responsabilizzazionecon il sostegno degli operatori dei Servizi sociali ed even-tualmente di quelli specialistici». Quella dell’integrazioneè una logica che va perseguita anche all’interno degli Isti-tuti penali minorili. «Personalmente non li ho mai demo-nizzati, convinta che in alcuni casi siano un passaggionecessario per “fermare” il ragazzo e avviare quel processodi responsabilizzazione che, come ho detto, è obiettivo pri-mario del processo minorile. Bisogna però sottolineare conforza che deve trattarsi di una fase e non della risposta de-finitiva ed esclusiva». La permanenza nelle carceri deve, inconclusione, poter consentire l’avvio di progetti indivi-dualizzati che riescano «a offrire al ragazzo alternativeesterne nel corso delle misure cautelari e della esecuzionedella pena, per garantire al contempo un’effettiva tuteladella collettività e una reale opportunità di positivo reinse-rimento».

L’intera società deveinterrogarsi su comeaiutare i nostri giovaniad adottare comportamentiadeguati e rispettosi

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Disagio giovanile • Gino Rigoldi

Classe 1939, da oltre trent’anni don Gino Ri-goldi continua a operare nell’ambito del disa-gio giovanile sia come cappellano del carcereminorile Cesare Beccaria sia come presidentedi Comunità Nuova, la onlus che si occupa direcuperare dalla strada adolescenti problema-

tici. Le periferie milanesi - Quarto Oggiaro, Corvetto,Quinto Romano, Baggio, Ponte Lambro, Cimiano eGiambellino - sono il suo campo d’azione. «A Milanosono nato e cresciuto, conosco mezza città» spiega donGino mettendo l’accento sull’importanza di avere unavasta rete di relazioni perché, una volta fatto il grosso delpercorso di recupero, il momento più critico sta proprionella ricollocazione sociale. «Questi ragazzi sono motivati,hanno voglia di lasciarsi il passato alle spalle e, soprattutto,chiedono un lavoro vero. Vengono da me e partiamo dal-l’abc: li aiuto a preparare il curriculum, iniziamo a spul-ciare le offerte, a mandare le prime candidature; citeniamo in contatto per un po’ ma dopo qualche mese ditentativi caduti nel vuoto non mi chiamano più». Dinuovo punto e a capo, come in un circolo vizioso: il“patto” di fiducia con il mondo degli adulti viene menoe diventa facile imboccare pericolose scorciatoie. Di questi piccoli “deviati”, di cui molti sono italiani e stra-

nieri di seconda generazione, negli anni don Gino ha im-parato a riconoscere un comune denominatore, «una cosache non avrei mai pensato di trovare. Tra le cause che spin-gono i ragazzi a commettere azioni criminose, e mi riferi-sco principalmente alla trasgressione adolescenziale, albisogno di segnalare al mondo la propria presenza, allascarsa consapevolezza dei diritti degli altri, al basso livellodi aspettativa sul futuro e all’incapacità di sognare, ce n’èuna predominante: la povertà. Gran parte degli autori dirapine e piccoli furti sono spinti da impellenze materialicome mangiare, pagare l’affitto, accudire famiglie sganghe-rate, in cui spesso entrambi i genitori galleggiano in unostato di disoccupazione». Provando a ribaltare le prospettive, da qualche mese Co-munità Nuova ha aperto le porte a un ambizioso progetto:un gruppo di imprenditori milanesi si è reso disponibile adare lezioni di business a ragazzi con al massimo la terzamedia, «gente su cui nessuno prima d’ora avrebbe investitogranché». L’idea è semplice: fatta pulizia di facili perbeni-smi, si riparte dal percorso interrotto e dagli “strumenti”per il riscatto. «Anche tu puoi fare delle belle cose: questoè il messaggio che mi piace rivolgere a chi ha sbagliato. Èla prova che lo spazio per ricollocarsi c’è. Quando guardoal futuro di questi ragazzi non vorrei mai che si ritrovassero

Otto ragazzi disagiati a lezione di business da alcuni imprenditori milanesi con l’obiettivodi ripartire da sé, dai propri sogni e dall’autonomia economica: è l’ultimo progetto direcupero di Comunità Nuova, un’organizzazione presieduta da don Gino Rigoldi

Rimettersi in giocodi Paola Maruzzi

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Gino Rigoldi • Disagio giovanile

a cinquant’anni a fare i manovali. Possono aspirare a qual-cosa di meglio. Ecco allora che l’incontro con un adultodisposto ad ascoltare, la possibilità di frequentare un labo-ratorio professionalizzante, andare a colloquio con psico-logo, dedicarsi allo sport, assumere un atteggiamentodiverso con gli agenti di polizia diventano tasselli comple-mentari del recupero. Certo, la strada non è in discesa,molti promettono di essere cambiati, ma noi per mesi liosserviamo a distanza, riuscendo così ad avere il polso dellasituazione». Che ci voglia impegno lo sa sicuramente chi ogni sabato,per cinque ore, torna sui banchi di scuola per pianificare ilproprio futuro. «Molti lavorano già, nel weekend potreb-bero riposare e invece preferiscono svegliarsi presto per ar-rivare puntuali alle nove di mattina». L’esperimento èancora in corso ma, prima che iniziasse, c’era già un primotestimone positivo, un ragazzo albanese che ha fatto for-tuna con una piccola azienda agricola: ricevuti i finanzia-menti per aprire una piccola serra, lavora ormai da un annoe riesce a sostenere la famiglia. Tra gli otto partecipanti almini corso da imprenditori, due hanno messo in piediun’originale giro d’affari di vecchio ferrame, in praticacomprano i pezzi usati e poi li rivendono su internet, «unatrovata che rende più di 2mila euro al mese».

Questi ragazzi sono motivati,hanno voglia di lasciarsiil passato alle spalle e,soprattutto, chiedonoun lavoro vero

Don Gino Rigoldi, fondatore

di Comunità Nuova

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«La novità principale del Salone? Direi ilfatto stesso che avrà luogo: visti gli attualichiari di luna, non mi sembra poco».Scherza, ma fino a un certo punto, il se-natore del Pdl Filippo Berselli, presidentedella Commissione giustizia a Palazzo

Madama e promotore del Salone della Giustizia, che si terràquest’anno a Roma dopo due edizioni a Rimini. «Un appuntamento molto importante, in un momento incui il nuovo governo sta iniziando a lavorare», anche se,puntualizza Berselli, «il Salone della Giustizia va avanti eresta indifferente rispetto alle attuali vicende politiche». Eammette: «È un evento largamente atteso, ma sarà difficilefare il punto della situazione in questa fase di transizione».Di sicuro si cercherà di volare al di sopra delle polemichee delle schermaglie che l’argomento giustizia ha spesso sca-tenato ultimamente in Parlamento. «Risolvere tutti i pro-blemi in questo ambito – spiega Berselli – non è facile, mail Salone potrebbe contribuire almeno in parte, anche perfar decantare le polemiche degli ultimi tempi, visto che quisi parla e non si grida, si cercano i punti in comune piut-tosto che quelli di dissenso. D’altro canto è questo il com-pito di un evento come il nostro che si definisceistituzionale, non legato a una maggioranza o a un’altra,

come dimostra il fatto che abbiamo sempre ospitato mini-stri ed esponenti politici di tutti gli schieramenti. La giu-stizia infatti va considerata come un patrimonio di interessedi tutti gli italiani, e non come qualcosa di destra o di sini-stra. È uno schema che ha funzionato magnificamente inoccasione delle prime due edizioni, e sono convinto chefunzionerà altrettanto bene quest’anno. La scelta di Romapoi potrebbe dare una spinta indubbiamente maggiore allabuona riuscita dell’evento, dal momento che nella Capitalehanno sede le principali istituzioni giudiziarie». Cambio dilocation a parte, le novità principali si notano scorrendo ilprogramma. «La caratteristica principale di questo Salone –spiega sempre Berselli – è il tentativo, riuscito, di coniu-gare aspetto convegnistico ed espositivo, quest’ultimo digrande interesse anche per i non addetti ai lavori: in pro-posito abbiamo quintuplicato gli spazi riservati alle forzedi polizia. I convegni invece si terranno in due aree: il Par-lamento, quest’anno rappresentato dalla Camera dei depu-tati, e il Palagiustizia, con tre sale distinte checonsentiranno al pubblico di seguire anche incontri che sisvolgeranno in contemporanea». Interessanti anche i ser-vizi offerti, tra i quali «una sorta di ufficio di orientamentolegale gratuito che verrà prestato da circa 200 avvocati chesi alterneranno all’interno di 16 studi professionali ricreati

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La terza edizione del Salone della Giustizia approda a Roma.

Il suo promotore, il senatore Pdl Filippo Berselli, spiega:

«Restiamo indifferenti rispetto alle attuali vicende politiche.

La giustizia non è di destra né di sinistra»

Uno spaziodi decantazione

di Riccardo Casini

Salone della giustizia • Filippo Berselli

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scenograficamente. Ma ci saranno anche 12 cooperativecarcerarie che esporranno e venderanno i loro prodotti ar-tigianali in una sorta di mercatino natalizio: un elementointeressante, anche alla luce del dato secondo cui il 90% deidetenuti che operano all’interno di queste cooperative rie-scono a trovare lavoro, e soprattutto non tornano a delin-quere, una volta usciti dal carcere». Per quanto riguarda itemi, le prime due giornate saranno dedicate alla magi-stratura (giovedì) e all’avvocatura (venerdì). «Sabato – pro-segue Berselli – il programma prevede anche dueimportanti incontri a carattere istituzionale: uno intitolato“La giustizia ai tempi dell’Unità d’Italia”, con un raffrontotra normative sabaude e borboniche, e l’altro, “Conservarela memoria per coltivare la speranza”, con la presentazione,per la prima volta al pubblico, delle lettere restaurate diAldo Moro durante la prigionia, alcune delle quali ver-ranno lette da Michele Placido». Ma non va trascuratoanche un importante aspetto benefico: «Lo scorso anno conl’Associazione nazionale istituti vendite giudiziarie si deciseche il ricavato di un’asta, indetta sia presso la Fiera di Ri-mini sia online, sarebbe stato devoluto agli orfani dei mili-tari caduti in missioni di pace, aggiorn ati al novembre2010. E così abbiamo fatto: nei giorni scorsi il ricavatocomplessivo è stato consegnato all’Onaomce».

Filippo Berselli • Salone della giustizia

Il senatore Filippo Berselli (a sinistra)

durante lo scorso Salone della Giustizia

Il Salone potrebbe contribuirea far decantare le polemichedegli ultimi tempi, visto che quisi parla e non si grida

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Appuntamenti • Il Salone della Giustizia

Il senatore Filippo Berselli con il vicepresidente del CSM,

Michele Vietti

Un’occasione per discuteree confrontarsi sui temi della giustizia,con l’obiettivo di promuovere ediffondere la “cultura della legalità”.Tutto questo è il Salone dellaGiustizia, in programma a Romadal 1 al 4 dicembre

La giustizia, un bene comune

di Guido Puopolo

Si svolgerà dal 1 al 4 dicembre 2011 la terza edi-zione del Salone della Giustizia, un appunta-mento per tutti coloro che operano nelcomplesso sistema giustizia. Dopo due anni a Ri-mini, la manifestazione, grazie al lavoro portatoavanti dalla società Arcomedia, giunge quest’anno

a Roma, che in quanto centro del potere politico e istitu-zionale, è la location ideale per ospitare l’evento. Nei due grandi padiglioni situati all’interno della nuovaFiera di Roma, infatti, saranno tantissime le novità pensateper dare l’opportunità a magistrati, avvocati e politici di po-tersi confrontare pubblicamente, alla presenza dei cittadini, sutemi di interesse generale, in grado di influenzare la nostravita quotidiana. Gli organizzatori, nonostante la crisi eco-nomica, con il sostegno di Fiera di Roma e il contributodella Regione Lazio e della Camera di Commercio diRoma, unitamente alle aziende e agli enti che con la loropresenza hanno voluto sostenere l'iniziativa sono riusciti adassicurare il regolare svolgimento del Salone.Il Salone della Giustizia, che ha come promotore istituzio-nale il senatore Filippo Berselli, presidente della Commis-sione Giustizia di Palazzo Madama, ha sempre evitato dirichiedere contributi pubblici, una scelta che assume ancorapiù valore in questo periodo di difficile congiuntura eco-nomica. L’organizzazione ha messo a disposizione, comesempre, aree gratuite riservate ai dicasteri presenti, tra cui ilministero della Giustizia, della Difesa, dell’Istruzione e dellaGioventù e, rispetto agli scorsi anni, ha addirittura quintu-plicato le aree espositive riservate alle Forze di Polizia. Sa-ranno quindi oltre 1500 i metri quadrati destinati ai tutoridell’ordine, offrendo così ai visitatori una straordinaria pa-noramica delle eccellenze tecnologiche e dei mezzi a di-sposizione di quanti giornalmente lavorano per garantire lanostra sicurezza. Altro elemento di grande rilevanza è rappresentato dal fattoche l’ingresso continuerà a essere gratuito, con l’obiettivo diavvicinare sempre più persone al complesso mondo dellagiustizia, talvolta percepito come molto distante da unabuona parte della popolazione.Il Salone, definito in passato dal Presidente della RepubblicaGiorgio Napolitano come una «nuova forma di comunica-zione istituzionale», si è sempre contraddistinto, rispetto atutte le altre manifestazioni, non solo per l’aspetto conve-gnistico ma anche e soprattutto per la parte espositiva, cheha visto per la prima volta la partecipazione di istituzionicome il Consiglio Superiore della Magistratura, l’Associa-zione Nazionale dei Magistrati, il Consiglio Nazionale Fo-rense, diversi tribunali, tra cui quello di Roma, di Bologna

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Appuntamenti • Il Salone della Giustizia

e quest’anno anche di Cagliari, e molti ordini professionali,insieme a enti e grandi aziende che credono e investononella cultura della legalità.Le grandi aree espositive, sin dalla prima edizione, sono sem-pre state caratterizzate dalla presenza di straordinarie sceno-grafie. Quest’anno sono previsti due nuovi allestimentiscenici. Il primo rappresenterà la Camera dei deputati, il se-condo, invece, un mega Centro convegni, ribattezzato Pala-giustizia, che coprirà un’area di 1600 metri quadri e avrà alsuo interno tre sale denominate Italia, Sigillo ed Ermellino.Il pubblico avrà la possibilità di partecipare a tutti i conve-gni e, grazie all’impegno di Roma Capitale, in collabora-zione con la Camera di conciliazione di Roma, i cittadinipotranno usufruire di un orientamento legale gratuito for-nito da ben 200 avvocati, che si alterneranno nei 16 studi le-gali ricostruiti scenograficamente. Questa terza edizione, che vedrà ancora come media partnerl'agenzia Ansa, terrà inoltre a battesimo il canale ufficiale delSalone della Giustizia, Ius Channel, che darà la possibilità diseguire in tempo reale i temi, le notizie, e i confronti avviatidal format della nostra iniziativa. Ius Channel trasmetterà indiretta il Salone della Giustizia su tutte le piattaforme tec-nologiche attualmente disponibili. E, una volta chiuso il Sa-lone, continuerà a occuparsi quotidianamente di tutti iproblemi che ruotano attorno al “pianeta Giustizia”.La Fiera di Roma, unitamente ad Arcomedia e alla società

di allestimenti Events Group, ha riservato a dodici coopera-tive carcerarie, proposte dal Dipartimento dell'Amministra-zione Penitenziaria, una superficie di oltre 500 metri quadri,all’interno della quale le stesse cooperative potranno esporree vendere prodotti artigianali da loro realizzati, come ma-gliette, borse e collane, ma anche dolci, biscotti e vini. Unmomento importante, per far conoscere i progetti di avvia-mento al lavoro e di reinserimento svolti nelle carceri e, nellostesso tempo, un’occasione per i visitatori di effettuare ac-quisti equosolidali in questo particolare “mercatino di Na-tale”. Al centro di questo contenitore, però, c’è un ricco pro-gramma fatto di eventi, conferenze e incontri, difficilmenteriscontrabile altrove. Giovedì mattina, subito dopo l’inaugurazione, nella grandesala plenaria all’interno del Palagiustizia, per la prima voltanella sua storia, il Consiglio Superiore della Magistratura,rappresentato dal vicepresidente Michele Vietti, incontrerà400 liceali, per poter spiegare direttamente alle nuove gene-razioni l’alto ruolo ricoperto dalla magistratura nel nostroordinamento. A ognuno dei presenti sarà donato un volumeche ripercorre la vita e l’opera dei tanti magistrati caduti nel-l’adempimento del proprio dovere. La presenza dei ragazzi invisita ai padiglioni sarà garantita grazie all’intervento del mi-nistero dell’Istruzione e delle Forze dell’ordine che, con unosforzo organizzativo non indifferente, hanno messo a dispo-

Ius Channel trasmetterà in diretta il Salone della Giustiziasu tutte le piattaforme tecnologiche attualmente disponibili

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In queste pagine, alcune immagini

dell’edizione 2010 del Salone della Giustizia

sizione tutti i pullman necessari al servizio navetta. Negli stessi orari, nelle sale attigue si svolgeranno altri dueconvegni: uno promosso dall’Associazione Nazionale Ma-gistrati, e un altro di strettissima attualità, organizzato dal-l’associazione indipendente dei giornalisti Lettera 22 daltitolo “Giustizia e informazione”. Nel pomeriggio il Con-siglio Superiore della Magistratura affronterà il tema dellafigura del magistrato in Europa, alla presenza di illustri ospitiinternazionali. Sempre nella giornata inaugurale, nellagrande scenografia che vuole rappresentare il nostro Parla-mento, Roma Capitale promuoverà un incontro il cui temaè “Come difendere le nostre città”, presieduto del vicesin-daco di Roma, l’onorevole Sveva Belviso.Se giovedì si delinea come la giornata della magistratura, ve-nerdì sarà il giorno dedicato all’avvocatura. Il Consiglio na-zionale forense ha infatti opzionato più sale, sia la mattinache il pomeriggio, per un’attività molto intensa. Semprenella mattinata di venerdì, ci sarà un incontro promosso dallaFondazione Ania, incentrato sul dibattito che ruota attornoall’istituzione del reato di omicidio stradale e sulle iniziativeda porre in atto per il suo inserimento nel codice penale. IlSalone, però, proprio per rispondere alle esigenze di una pla-tea variegata, non si occupa soltanto di magistratura e avvo-catura, ma lavora per estendere il concetto di giustizia. Infatti,nel pomeriggio verrà affrontato anche il delicato argomentodella tutela della salute. Farmaci nella rete, danni della con-traffazione e medicina difensiva saranno i temi dominanti diquesto convegno sostenuto anche da Farmindustria. Un altroappuntamento irrinunciabile, almeno per tutti gli operatoridel settore, sarà quello promosso dalla Camera arbitrale dellaCamera di commercio di Roma, dal titolo “L’assistenza delleparti in mediazione”, relativamente ai temi della mediazionee della conciliazione.Per la giornata di sabato, sono in programma quattro con-vegni, di cui due di grande importanza sociale. Il primo, pro-mosso dalla presidenza della Camera di Commercio diRoma, affronterà il tema della legalità; il secondo, con lapiena adesione dell’Unicef e il contributo di Dicofarm, ri-guarderà invece la tutela dei minori, e metterà in luce un ar-gomento molto delicato, analizzando il ruolo che istituzionicome la scuola, la politica e la Chiesa sono chiamate a svol-gere in una società attraversata da mutamenti radicali.Gli altri due convegni in calendario sabato nell’ambito del“Parlamento”, sono di carattere istituzionale. Il primo, nellamattinata, riguarda “La Giustizia ai tempi dell’unità d’Italia”,inserito anche dalla presidenza del Consiglio dei ministritra le iniziative volte a celebrare i nostri 150 anni. Alla pre-senza del primo presidente della suprema Corte di Cassa-zione Ernesto Lupo, il presidente della commissione

Il Salone, proprio perrispondere alle esigenzedi una platea variegata,non si occupa soltantodi magistraturae avvocatura, ma lavoraper estendere il concettodi giustizia

Appuntamenti • Il Salone della Giustizia

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Giustizia del Senato Filippo Berselli affronterà insieme a il-lustri relatori, tra cui il Presidente della Corte d’Appello delTribunale di Milano, Giovanni Canzio, e i professori En-rico Genta, Gian Franco Ricci e Girolamo Monteleone, lenormative sabaude e borboniche che vigevano all’epoca incui l’Italia conseguì la propria unità nazionale. L’evento, or-ganizzato in collaborazione con l’università Luiss, vedrà lapresenza di oltre 200 tra laureati e laureandi dell’ateneo.Sabato pomeriggio il Tribunale di Roma, che già lo scorsoanno si distinse per lo straordinario convegno “Violenza infamiglia - Le istituzioni di fronte a una drammatica realtà”,organizzerà un dibattito di grande rilevanza storica e poli-tica, dal titolo “Conservare la memoria per coltivare la spe-ranza”. Al centro dell’iniziativa, la presentazione per laprima volta al pubblico, delle ultime lettere restaurate scritteda Aldo Moro durante la sua prigionia. Michele Placido, ilgrande attore italiano che in occasione del primo salonecommosse la platea ricordando l’attentato di Capaci in cuiperse la vita il giudice Falcone, ne leggerà alcuni branimolto significativi.La domenica, giornata conclusiva, sarà invece dedicata altema “Donne e giustizia”. Nella grande sala Italia verrannoraccolte diverse testimonianze delle donne presenti in ma-gistratura, in avvocatura, in tutte le forze di polizia e nelleforze armate. Un incontro che vuole essere tributo al sim-bolo stesso della giustizia che, non a caso, è rappresentato dauna donna.

LA “PORTA DEL DIRITTO”AL SALONE: AL SERVIZIODELLA CITTADINANZA

Uno degli eventi prin-

cipali di tutta la ma-

nifestazione, ripro-

posto quest’anno dopo il

grande successo della pas-

sata edizione, è senza dub-

bio rappresentato da “La

Porta del Diritto”, inizia-

tiva posta in essere dalla

Camera di Conciliazione di

Roma, con il sostegno di

Roma Capitale e di Arco-

media. La Camera di Con-

ciliazione è un organismo

costituito nel 1996 per ini-

ziativa del Consiglio del-

l'Ordine degli Avvocati di

Roma, in collaborazione

con la Corte d'Appello di

Roma che, fin dal 2004, of-

fre gratuitamente ai citta-

dini di numerosi Municipi

capitolini, in veste del tutto

anonima e nel pieno ri-

spetto delle regole deon-

tologiche, un orientamento

di natura legale sui diritti

del quotidiano. «Tale for-

mula – spiega il Presidente

della Camera di Concilia-

zione di Roma, l’Avvocato

Giuseppe Lepore – verrà ri-

proposta all’interno del Sa-

lone della Giustizia. Qui, in-

fatti, durante i quattro

giorni della manifesta-

zione, le persone avranno

la possibilità di ricevere as-

sistenza legale sui temi più

vari, grazie alla disponibi-

lità garantita da ben 200

avvocati». «Dai dati rac-

colti in questi anni – pro-

segue l’Avvocato Lepore –

possiamo dire che le pro-

blematiche più sentite

sono quelle di natura civi-

listica, che possono andare

dalla semplice lite di con-

dominio al tema degli

sfratti. Anche i difficili rap-

porti tra cittadini e pub-

blica amministrazione,

però, sono spesso al cen-

tro dei contenziosi che ci

troviamo ad affrontare». Il

Salone, conclude Lepore,

«è veramente un evento

importantissimo, caratte-

rizzato dallo spirito co-

struttivo e propositivo che

anima tutti i partecipanti.

Un’occasione unica per

cercare di abbattere quelle

barriere che spesso an-

cora condizionano il rap-

porto tra i cittadini e la

giustizia».

Appuntamenti • Il Salone della Giustizia

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C&P • GIUSTIZIA58

Riforma forense • Maurizio De Tilla

L’abolizione delle tariffe minime, prevista dallanuova versione del maxi emendamento al ddlstabilità, non contribuirà al rilancio della com-petitività dell’Italia, ma avrà l’effetto di rendereancora più precario il lavoro dei giovani avvo-cati. Lo ha sottolineato Maurizio De Tilla, pre-

sidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura, che delineai principi cardine dell’Oua per la riforma forense, sofferman-dosi anche sulle problematiche che oggi interessano i giovanilegali, che saranno chiamati nel prossimo futuro a diventare trai primari operatori della giustizia.

La VII Conferenza nazionale dell’avvocatura di finenovembre, dal titolo “Riforma della giustizia civile epenale: il ruolo essenziale dell’avvocatura”, si è svoltain un contesto di crisi economica particolarmenteacuta. «La conferenza si colloca in un contesto drammatico per ilnostro Paese, vicino alla deriva istituzionale ed economica.Il debito pubblico ha raggiunto punte intollerabili e si ri-schia che lo Stato non sia più in grado di rimborsare i ti-toli emessi. Il tutto si inserisce in uno scenariointernazionale di recessione e di crisi economica che ha ra-dici profonde, le quali traggono origine da un bieco “capi-talismo parassitario”, citando il titolo di un meraviglioso

libro di Zygmunt Bauman, e dal famelico appetito dei po-teri economici. Poteri che hanno sfruttato a proprio piaci-mento la finanza, producendo ripetute bolle finanziarie chehanno in parte polverizzato risorse e risparmi di imprese,professionisti, famiglie e cittadini. I professionisti italianisono le vittime di questi abusi e vengono, invece, indicaticome le concause delle distorsioni del sistema».

Questo cosa comporta?«Su questo paradossale presupposto, le manovre economi-che che si sono succedute in questi ultimi mesi (la prima,la seconda e la terza) varano “pseudo-liberalizzazioni sel-vagge”, che non sono altro che ulteriori penalizzazioni peril reddito della stragrande maggioranza dei professionisti e,segnatamente, degli avvocati. In occasione della conferenzanazionale è stata ampliata la discussione a questi temi perchiarirne gli infingimenti della politica e dei mass media,che tendono a mostrare un ruolo falsificato delle funzionidelle professioni. Si intende evidentemente strumentaliz-zare la crisi economica per “bastonare” i professionisti, sog-getti evidentemente scomodi e contrastanti con il progettodi omologazione del lavoro sul piano più basso della su-bordinazione ai poteri di terzi».

Di cosa vengono accusati, in particolar modo, gliavvocati?

Molte sono ancora le incognite che gravanosulla professione forense e sulle prospettivedei giovani legali italiani. Ma un puntorimane imprescindibile per MaurizioDe Tilla: «La riforma non può che essereimprontata alla funzione costituzionaledell’avvocato»

L’avvocaturadi domani

di Francesca Druidi

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Maurizio De Tilla • Riforma forense

«Gli avvocati vengono indicati ingiustamente come gli au-tori principali del ritardo delle controversie. Con tale as-surdo addebito, si susseguono provvedimenti nella giustiziacivile i quali, anziché enunciare un processo giusto in tempibrevi, finiscono per scoraggiare i cittadini dal far valere ipropri diritti e le proprie ragioni. Ne è una prova evidentela costosissima mediaconciliazione obbligatoria, che nonapproderà a nulla e sanziona senza alcuna ragione i cittadini,anche per questa ragione maltrattati e scoraggiati dall’in-traprendere una lite. A ciò si aggiunge la rottamazione deiprocessi civili con la sentenza breve con “motivazione surichiesta” per i processi in corso. E infine, con l’assunzionetemporanea di magistrati e avvocati dello Stato in pensionecon configurazione di una giustizia non più giovane e mo-derna, ma gerontocratica».

Attorno alla riforma della professione forense sonosorte molte polemiche. L’iter è ora arenato alla pre-sentazione di oltre 500 emendamenti al ddl di riformaapprovato dal Senato e ritornato in discussione inCommissione giustizia della Camera. Quali le condi-zioni affinché una vera riforma possa essere fattiva-mente improntata? «Abbiamo sempre, e con determinazione, sostenuto chel’affollamento degli albi con l’iscrizione di più di 230mila

Sopra, Maurizio De Tilla, presidente

dell’Organismo unitario dell’avvocatura

L’affollamento degli albiva combattuto con la riformae l’ammodernamentodell’ordinamento forense

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C&P • GIUSTIZIA60

avvocati va combattuto con la riforma e l’ammoderna-mento dell’ordinamento forense, per assicurare rigore nel-l’accesso, formazione e prestazioni professionali qualificate,tenuta deontologica, specializzazioni, società professionalisenza soci di mero capitale, impianto territoriale e nazionalemolto partecipativo, retribuzione minima adeguata e ga-rantita. Un coacervo di elementi propositivi e riformatoriper configurare un ruolo e una funzione dell’avvocatura inlinea con i valori costituzionali sanciti dall’articolo 24 (di-fesa) e 111 (giusto processo) della nostra Costituzione».

Quali gli ostacoli maggiori?«Tutto è stato in parte vanificato dalle “lenzuolate” di Ber-sani e dalle norme inserite per le professioni nelle manovreeconomiche, che affermano un principio che non si puòassolutamente condividere, ossia che il professionista, l’av-vocato, è un’impresa. Concetto negato dallo stesso Parla-mento europeo che, nel marzo 2006, ha sancito con grandeevidenza che le professioni legali sono fuori dalla normativasulla concorrenza. La riforma dell’ordinamento forense nonpuò che essere improntata alla funzione costituzionale del-l’avvocato».

Alcune delle direttive dell’Oua si rivolgono esplicita-mente alle generazioni future come la formazione e laspecializzazione. Come valuta oggi la situazione per igiovani legali? «L’Oua si batte per favorire i giovani legali contrastando lamedia conciliazione obbligatoria, sostenendo la necessitàdella reintroduzione dell’inderogabilità dei minimi delle ta-riffe, aprendo a modifiche dell’ordinamento forense cheescludano le specializzazioni “per anzianità” e consentano aigiovani avvocati di accedere senza preclusioni alle rappre-sentanze delle istituzioni forensi. L’Organismo unitario sibatte altresì perché i giovani avvocati possano trovare ter-reno fertile nell’avvio della professione con supporti for-mativi ed economici sostenuti dal “Welfare” che la CassaForense può e deve sostenere con le proprie risorse».

Il neo presidente dell’Aiga Greco invoca vertici dirappresentanza della classe forense più democratici egiovani. Ritiene valida la sua richiesta? «Sono d’accordo. Gli avvocati anziani devono consegnareil testimone ai giovani anche nelle rappresentanze forensidimostrando, con l’esempio, che non si è attaccati alla pol-trona. Ma gli anziani avvocati devono fare anche di più:aiutare i giovani a crescere, preparandoli e illuminando leloro menti con insegnamenti di alto profilo deontologico etecnico. Il che è di difficilissima attuazione. Gli anziani nonsi curano più dei giovani avvocati. E questi non ascoltanopiù i vecchi avvocati».

Gli avvocati anzianidevono consegnare

il testimone ai giovanianche nelle

rappresentanze forensi

Riforma forense • Maurizio De Tilla

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C&P • GIUSTIZIA 61

Dario Greco • Riforma forense

Èstato eletto con il 75% delle preferenze, lo scorsoottobre, nuovo presidente dell’Associazione ita-liana dei giovani avvocati (Aiga): Dario Greco,avvocato palermitano di 40 anni, raccoglie il te-stimone da Giuseppe Sileci – «Intendo prose-guire il percorso del mio predecessore nella

ricerca di nuovi spazi di mercato per l’avvocatura italiana»,ha dichiarato – e si prepara ad affrontare le impegnativesfide che scaturiscono dall’irto scenario politico ed econo-mico restituitoci dalle cronache giorno dopo giorno.

Quali sono i principali obiettivi del suo mandatonel prossimo biennio?«Immagino un avvocato che non intervenga soltanto nelmomento del conflitto tra le parti e nella fase patologica diun rapporto economico. Maggiore attenzione deve essererivolta a quelle attività che oggi sono inspiegabilmente ri-servate ad altre categorie professionali: consideriamo as-surdo che la cessione delle quote societarie di una Srl siaconsentita ai commercialisti e non anche agli avvocati e in-sisteremo affinché l’autentica delle scritture private sia con-sentita ai legali. Nel contempo, incrementeremol’attenzione verso la consulenza, anche al fine di evitare unulteriore appesantimento del contenzioso. Penso, insomma,a un’avvocatura maggiormente utile al Paese, in grado

prima di farlo uscire dalla crisi e poi di farlo crescere».Circa 70.000 avvocati, come lei stesso ha sottoli-

neato, si trovano in una situazione di precariato, inparticolare donne e giovani. Cosa fare per invertirequesta tendenza?«Innanzitutto, non si può più consentire che ogni laureatoin giurisprudenza che non passi il concorso per il ruolo dimagistrato o di notaio, oppure che non trovi un impiegopubblico, si iscriva all’albo per “ripiego”. L’avvocatura nonè un ripiego. Per questo, è necessario introdurre il numeroprogrammato nella facoltà di giurisprudenza oppure creareun nuovo corso di laurea per le professioni legali, semprecon un numero programmato. E poi si deve prevedere perlegge l’obbligo al giusto compenso per il collaboratore deltitolare dello studio legale, con nuove forme di ammortiz-zatori sociali per i giovani professionisti, i soggetti più de-boli e indifesi in periodi di crisi».

Rispetto al testo di riforma della professione fo-rense licenziato al Senato ma ora fermo alla Ca-mera, qual è la valutazione dell’Associazioneitaliana dei giovani avvocati?«Ritengo opportuno proseguire l’iter parlamentare di ap-provazione della legge, anche per evitare che sia un Dpr ariscrivere lo Statuto dell’avvocatura, come previsto dalla

Regolamentare la figura del collaboratoredi studio, rendere il percorso formativodell’avvocato più selettivo, intensificare ildialogo con i principali attori istituzionali,economici e della categoria. Sono alcunedelle priorità indicate dal neo presidentedell’Aiga Dario Greco

Protagonistidella ripresa

di Francesca Druidi

Dario Greco, presidente dell’Associazione

italiana dei giovani avvocati

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C&P • GIUSTIZIA62

Riforma forense • Dario Greco

legge di stabilità recentemente approvata. Noi abbiamo col-laborato con serietà e lealtà con le altre componenti del-l’avvocatura per fornire un testo condiviso al Parlamento.Abbiamo accettato tanti compromessi, nella consapevolezzache la vecchia legge del 1933 fosse ormai inadeguata aitempi. Chiediamo però alcune modifiche: ben vengano leSrl tra avvocati, ma siano esclusi i soci di mero capitale; ladurata dei mandati dei consigli dell’ordine non deve esseresuperiore a tre anni; la presenza femminile negli organismidi rappresentanza deve essere incentivata, anche con la pre-visione di quote rosa. E poi, come dicevo prima, bisognaregolamentare la figura del collaboratore di studio».

Quale ruolo sono chiamati a rivestire i giovanilegali nell’avvocatura che oggi si sta delineando?«Vogliamo essere protagonisti del dibattito socio-politicodel nostro Paese. Questi anni di crisi economica determi-neranno grandi stravolgimenti e, probabilmente, ci affac-ciamo a un modello di società differente da quello cheabbiano conosciuto finora. Da difensori dei diritti dei cit-tadini vogliamo dire la nostra, anche fuori dai Tribunali,anche fuori dall’area dei problemi della giustizia. Interlo-quiremo con tutti: con la politica, ma anche con Confin-

dustria, con i sindacati e con le altre associazioni giovanilidi professionisti. Mantenendo, ovviamente, la nostra voca-zione assolutamente apartitica».

Ha evidenziato la necessità che i vertici di rap-presentanza della classe forense siano scelti su basemaggiormente democratica, dando più spazio aigiovani. Come si articola, nello specifico, la suaproposta?«Oggi nessuno in Italia può legittimamente affermare di rap-presentare tutti gli avvocati italiani. Esiste il Consiglio nazionaleforense, che non ha una rappresentanza democratica perchégrandi distretti di corte d’appello contano quanto quelli piccolie poi ne sono esclusi i giovani avvocati non cassazionisti. Esistel’Oua, che è semplicemente la sommatoria di singole realtà ter-ritoriali; esistono gli Ordini, che rappresentano però i singolifori; esistono le associazioni generaliste come l’Aiga e quelle spe-cialistiche. È necessario ripartire dal basso, consentire agli avvo-cati - e tra questi soprattutto ai più giovani, senza distinzione digenere - di partecipare direttamente ai processi decisionali. Perquesto penso al presidente degli avvocati italiani, con elezionediretta da parte di tutti gli iscritti. Solo così daremo reale auto-revolezza e forza ai rappresentanti dell’avvocatura italiana».

È necessario introdurre ilnumero programmato nellafacoltà di giurisprudenza

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Congresso europeo del Federation des Barreux Eu-ropeénne tenutosi a Firenze dal 26 al 28 maggiosono stati messi a confronto i singoli sistemi nazio-nali di previdenza forense in un periodo in cui la re-cessione economica condiziona inevitabilmente, intutti i paesi europei, il circolo vizioso reddito-con-

tributi. «È stata anche l’occasione per discutere della fattibilità diun sistema sopranazionale europeo – spiega Marco Ubertini, pre-sidente della Cassa nazionale forense – e per confrontarsi sullemodalità della previdenza e dell’assistenza forense. In tempi dicrisi la libera professione dell’avvocato risente del peggioramentodelle condizioni economiche dei clienti. E in Italia, forse più chealtrove in Europa, l’elevato numero di iscritti alla professione im-pone una riflessione sul sistema previdenziale e sulla sua capacitàdi tutelare gli avvocati che più di altre categorie professionalihanno subito le conseguenze di una congiuntura particolarmentesfavorevole».

Quali punti della riforma dell’avvocatura interesse-

ranno la Cassa nazionale forense?

«La riforma forense ci interessa nel suo complesso, poiché rap-presenta il quadro di regole all’interno delle quali si svolgerà tuttal’attività degli avvocati. Come avvocato ritengo essenziale che,dopo quasi ottant’anni, una nuova legge ci consenta di stare sulmercato con regole adeguate. Come presidente di Cassa Forenseho un interesse in più: la capacità degli avvocati di produrre red-

C&P • GIUSTIZIA64

La riforma forense interessa, anche se in maniera indiretta,

il sistema previdenziale degli avvocati gestito dalla Cassa nazionale forense.

Il presidente Marco Ubertini illustra quali sono le novità

riguardanti questo importante aspetto per il futuro dei legali

Pensione modulare,un investimento per il futuro

di Nicolò Mulas Marcello

Riforma forense • Marco Ubertini

Page 63: Dossier Giustizia 12 2011

Quali strumenti di sostegno ha adottato la Cassa per

aiutare donne e giovani in questi ultimi anni contrad-

distinti dalla crisi economica?

«I giovani e le donne sono categorie deboli all’interno del mer-cato del lavoro nel nostro Paese. Ma, purtroppo, in questi anni dicrisi le difficoltà economiche hanno interessato non solo i gio-vani colleghi, in particolare le donne, ma gli avvocati di tutte legenerazioni. La Cassa forense ha agito su due fronti. Da una parteha esteso al massimo, all’interno della riforma appena approvata(che di per sé rappresenta un sostegno ai giovani perché garan-tisce loro la certezza della pensione), le agevolazioni a favore dellefasce più in difficoltà. Dall’altra, sta elaborando una serie di in-terventi specifici, che avranno definitiva approvazione nei pros-simi mesi. Sul primo fronte, è stato esteso da 3 a 5 annid’iscrizione alla Cassa il periodo nel quale i giovani legali paganosola la metà del contributo minimo soggettivo e pagano il con-tributo integrativo solo se lo hanno effettivamente riscosso dalcliente. Ma, più in generale, va sottolineato come la scelta di man-tenere un sistema retributivo per il calcolo delle pensioni puntaa spalmare i sacrifici su tutte le generazioni anche per garantireai più giovani di avere un buon trattamento pensionistico. Sulsecondo fronte, stanno per essere varati una serie di provvedi-menti che daranno un sostegno concreto alle famiglie e, in par-ticolare, alle donne che continuano a svolgere, nell’intero arcodella loro vita, compiti sussidiari in famiglia».

C&P • GIUSTIZIA 65

dito si traduce, ovviamente, anche in contributi per l’ente di pre-videnza e assistenza. Al di là di ogni altra considerazione, la primagaranzia per chi esercita oggi la professione forense deve esserepoter avere domani una pensione adeguata. In particolare, siamomolto attenti alla previsione sulla continuità dell’esercizio dellaprofessione per mantenere l’iscrizione all’Albo. È un aspettomolto delicato: andrà contemperato l’interesse di mantenereiscritti agli Albi solo coloro che effettivamente fanno gli avvocaticon l’esigenza di non penalizzare, addirittura con la cancellazione,quegli avvocati, soprattutto giovani, che, in una fase delicata per-sonale o generalizzata come quella attuale, non raggiungano iminimi di reddito previsti per l’iscrizione obbligatoria alla cassa».

Quali vantaggi permette il meccanismo della pen-

sione modulare in vigore dal 2012?

«La pensione modulare è uno strumento introdotto con la ri-forma della previdenza forense in vigore dall’anno scorso e con-sentirà agli avvocati di avere una pensione più alta al terminedella loro carriera. Per invogliarne l’utilizzo è stato previsto unversamento obbligatorio dell’1%, per il resto è un meccanismodel tutto volontario e molto flessibile. Si tratta di un versamentocontributivo volontario, con un aliquota che, a scelta dell’avvo-cato, può andare dall’1 al 9% del reddito netto. Ogni anno gliavvocati possono scegliere se utilizzarlo o meno. A rendere par-ticolarmente interessante il ricorso alla modulare, contribuisceanche l’integrale deducibilità dei contributi versati».

Marco Ubertini • Riforma forense

Il meccanismo modulare consentirà agli avvocati di avereuna pensione più alta al termine della loro carriera

Page 64: Dossier Giustizia 12 2011

C&P • GIUSTIZIA66

Riforma forense • Antonio Conte

La professione forense non manca

oggi di insidie e di prospettive

incerte riguardo al proprio futuro.

Consapevole del quadro attuale,

l’Ordine degli avvocati di Roma

guidato da Antonio Conte

ha predisposto commissioni

per favorire i giovani legali.

Puntando sulla cultura “ordinistica”

Soffia il ventodel cambiamento

di Leonardo Testi

L’Ordine degli avvocati di Roma è il più nu-meroso d’Italia. Il presidente Antonio Conte, dal suo punto di osservazione, testimonia lecriticità che funestano il delicato rapporto traavvocatura e giovani legali. «Oggi, svolgere laprofessione di avvocato è sempre più difficile

– asserisce –. Gli avvocati, insieme al cittadino-cliente, sonocoloro i quali soffrono in prima persona del dissesto dellagiustizia e pagano a caro prezzo una legislazione caotica, avolte contraddittoria, sovente disorganica». Sono in molti adattribuire parte della responsabilità di questo scenario pro-prio agli avvocati. «Ma ciò è manifestamente sbagliato: l’av-vocato è spesso in “trincea”. Deve fronteggiare il declinoinesorabile di un’amministrazione della giustizia sempre piùcarente e deve assolvere il suo incarico difensivo, tra mille dif-ficoltà, tutelando gli interessi del proprio assistito che chiedegiustizia con successo e in tempi ragionevoli».

È possibile arginare la condizione di precariato

che attanaglia, nel complesso, i giovani legali italiani?

«Il precariato è un termine che non dovrebbe assimilarsi allanostra categoria, ma i fatti dicono il contrario. Per questol’avvocatura è fortemente critica, oggi più che mai, nei con-fronti di una politica che continua a escludere la categoriaforense da ogni tavolo di concertazione legislativo sui pro-blemi della stessa, e soprattutto, sugli atavici limiti strutturalidel sistema giustizia che rallentano drammaticamente lo svi-luppo produttivo del Paese».

Lei è il più giovane presidente dell’Ordine che sia

mai stato eletto a Roma. Si sta aprendo una stagione

di rinnovamento?

«È stato un percorso lungo, ma nell’Ordine ora si respira unvento di forte rinnovamento. Per la prima volta, dopo moltianni, le tre cariche consiliari - presidente, segretario e teso-riere - sono sulle spalle di infra cinquantenni e questo ha per-messo una forte azione di cambiamento dell’istituzione,molto apprezzata dai colleghi. Non dimenticando mai, però,le luminose tradizioni del foro romano, come quando ab-biamo “festeggiato” - con un evento di cui hanno parlatoanche i media - i 100 anni di permanenza dell’Ordine capi-tolino dentro il Palazzaccio, dove è stata allestita una mostrafotografica con foto d’epoca dei grandi processi del dopo-

Antonio Conte, presidente dell’Ordine degli avvocati

di Roma. Nella pagina accanto,

Palazzo di Giustizia a Roma

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C&P • GIUSTIZIA 67

Riforma forense • Antonio Conte

guerra e dei grandi avvocati che hanno dato lustro al nostroOrdine. Abbiamo creato apposite commissioni per favorire igiovani colleghi sia con efficaci sportelli informativi nei tri-bunali, sia con gruppi di studio per fornire opportunità dilavoro a chi inizia la professione. È un progetto a lunga git-tata che, però, speriamo dia presto i suoi frutti».

A suo avviso gli avvocati dovrebbero fare squadra

per contare di più in sede politica. Quale ruolo do-

vrebbero svolgere nello specifico?

«L’avvocatura è deliberatamente esclusa dalla politica da sem-pre. Non è una questione di colore politico. Da Bersani adAlfano, quando si è trattato di colpire la nostra categoria nes-suno ha avuto scrupoli. Per questo, l’avvocatura ha bisogno diuna forte rappresentanza che la difenda: questo può essere ilruolo e il rango degli ordini professionali. Sono profonda-mente convinto della forza della cultura “ordinistica”, pur ri-spettando il ruolo giurisdizionale del Consiglio nazionaleforense e il profilo politico dell’Organismo unitario dell’av-vocatura. Ma i risultati parlano chiaro: dal decreto Bersanialla Mediaconciliazione, la rappresentanza politica dell’avvo-catura non è riuscita a portare alcun risultato alla categoria eritengo che gli ordini - che vengono eletti dai colleghi ehanno la forza del consenso, oltre a essere ogni giorno astretto contatto con gli avvocati-elettori - si debbano unirein una nuova forza “anche sindacale”; una forza che consentaall’avvocatura di essere protagonista nella ristrutturazione,ormai non più rinviabile, della giustizia in Italia. Questa po-litica forte dell’Ordine di Roma è particolarmente apprezzatadai tantissimi iscritti al foro capitolino e sta raccogliendo con-

Le tre caricheconsiliari dell’Ordine,presidente, segretarioe tesoriere, sonosulle spalledi infra cinquantenni

sensi rilevanti anche a livello nazionale. Sicuramente il pros-simo Congresso nazionale dell’avvocatura a Bari nel 2012avrà la responsabilità di fare chiarezza su quale dovrà essere larappresentanza effettiva della nostra categoria».

La professione forense potrebbe subire più di uno

scossone tra mediaconciliazione, riforma dell’ordina-

mento professionale, liberalizzazioni. Qual è la sua

posizione in merito?

«La nostra categoria più che scossoni ha subìto, negli ultimianni, veri e propri tsunami legislativi. Se per liberalizzazionesi intende l’abolizione degli ordini e dell’esame di stato, l’ab-normità di tale ipotesi si commenta da sola. Sulla legge pro-fessionale dico solo che l’avvocatura l’attende da 78 anni.Sulla mediaconciliazione, invece, il discorso è diverso: l’av-vocatura è intervenuta fortemente contestando come il de-creto n. 28 del 2010 non abbia assolutamente recepito lelegittime e corrette indicazioni degli ordini forensi e delle as-sociazioni di categoria. Vi sono dei profili di incostituziona-lità sulla questione delle obbligatorietà, come il Tarultimamente ha confermato, e soprattutto il non prevederel’assistenza legale al cittadino che ricorre alla mediazione, haevidenziato la volontà di espellere il ruolo della classe fo-rense dal nuovo istituto, penalizzando il diritto di difesa delcittadino stesso. Gli avvocati, ora, auspicano che la promessadell’ex ministro Alfano di prevedere la difesa tecnica conun’integrazione normativa sia mantenuta dal nuovo mini-stro Severino, fermo restando quanto poi dirà lo scrutiniodella Corte Costituzionale sulla fattispecie dell’obbligato-rietà dell’istituto».

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C&P • GIUSTIZIA70

Semplificazione drastica della normativa, flexsecurity e riunificazione del mondodel lavoro. Questa la ricetta del senatore Pietro Ichino per rianimare il sistemaItalia. Un appello che negli ultimi mesi ha raccolto consensi bipartisan ma cheprobabilmente, se giungerà alla prova dei fatti, sarà grazie al governo tecnico

«Superiamo l’apartheiddei lavoratori italiani»

di Andrea Moscariello

Il nostro neo premier lo sa bene. In Italia non si potràuscire dalla crisi senza ristrutturare il diritto del la-voro. Infatti Mario Monti lo ha già chiaramentedetto in Parlamento, segnalando come l’attuazionedi una riforma incisiva sia oggi irrinunciabile. Tuttid’accordo sulla linea riformista. Più discrasie, invece,

emergono sulle peculiarità che tale riforme dovrebbecontenere. «Occorre cambiare un impianto legislativo vec-chio di oltre quarant’anni» dichiara Pietro Ichino, sena-tore del Partito Democratico. Un uomo più di “scienza”che di politica, Ichino, capace di elaborare un progetto diriforma che ha attratto consensi, e anche molte reticenze,da ogni parte politica. In una recente lettera inviata alCorriere della Sera, il senatore ha definito la volontàespressa da Mario Monti di rinnovare l’impianto del no-stro diritto del lavoro come un “piccolo miracolo”. AncheMonti, come lui, pare voglia combattere il dualismo cheattanaglia il nostro mercato del lavoro, vale a dire la nettadisparità di trattamento tra lavoratori protetti e non pro-tetti. «A chi entra nel mercato del lavoro d’ora in poi dob-biamo offrire un “diritto del lavoro unico”» ha dichiaratoIchino nella sua lettera, sottolineando come non si trattapuramente di una questione di equità, bensì «di efficienzadel nostro tessuto produttivo».

Mercato del lavoro • Pietro Ichino

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C&P • GIUSTIZIA 71

Senatore Ichino, se lei potesse dettare l’agendapolitica, quali sarebbero le priorità da inserire incima alla lista, i primi nodi da sciogliere?«Innanzitutto, una drastica semplificazione della normativavigente: è l’operazione che si può compiere immediata-mente, a costo zero, con il varo del Codice del lavoro sem-plificato, contenuto nel disegno di legge n. 1873/2009».

Che cosa prevede?«In pratica sostituisce più di cento leggi attualmente in vi-gore con 70 articoli brevi, chiari e facilmente traducibili ininglese. In questo quadro rientra anche la seconda priorità:la riforma della materia dei licenziamenti per i nuovi rap-porti di lavoro, secondo il modello della flexsecurity».Oltre alla semplificazione normativa e alla flexse-curity, il suo progetto di riforma punta anche allariunificazione del mondo del lavoro.«Esattamente. Occorre puntare al superamento dell’attualeregime di apartheid che divide i lavoratori protetti dai nonprotetti. È un’operazione che si può compiere soltanto so-stituendo la vecchia tecnica protettiva con una nuova».

Una buona parte del mondo politico e dell’opi-nione pubblica sta convergendo verso la sua pro-posta di riforma. In futuro, dunque, è auspicabileuna maggiore collaborazione tra partiti distanti tra

Pietro Ichino • Mercato del lavoro

Questo della flexsecurityè il regime che offreai lavoratori il massimodi sicurezza economicae professionale nel contestodi mercato odierno.È una protezione miglioreanche rispetto all’articolo 18,che ingessa i posti di lavoro

A sinistra, Pietro Ichino,

senatore del Pd e giuslavorista

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Il quadro politicosta cambiando radicalmentein questi giorni. Ma in ognicaso è importante che suriforme così importantisi cerchi la più ampiacondivisione possibile ancheda parte delle opposizioni

C&P • GIUSTIZIA72

loro in materia di diritto del lavoro?«Il quadro politico sta cambiando radicalmente in questigiorni. Ma in ogni caso è importante che su riforme così im-portanti si cerchi la più ampia condivisione possibile anche daparte delle opposizioni».

I sindacati, invece, come stanno reagendo alla suaproposta di riforma? «La Uil ha sposato integralmente il mio progetto, con una bellalettera del suo leader, Luigi Angeletti, che ho deciso anche dipubblicare sul mio sito web. Vi è ragione di attendersi che unaposizione analoga venga assunta dalla Cisl nei giorni prossimi».

E la Cigl?«Su questo fronte per ora ci sono solo le adesioni di singolidirigenti periferici. La realtà è che la base della Cgil è moltomeno distante da quella di Cisl e Uil di quanto comunementesi pensi. Ma forse la cosa più interessante è costituita dalle ipo-tesi di accordo-quadro regionale per dettare le linee guida dellacontrattazione aziendale in materia di sperimentazione dellaflexsecurity, delle quali si sta incominciando a parlare concre-tamente in alcune regioni, come il Trentino e la Lombardia».

Perché è così importante sostenere il principio di“flessibilità sicura”?«Innanzitutto perché questo della flexsecurity è il regime cheoffre ai lavoratori il massimo di sicurezza economica e profes-

sionale nel contesto di mercato odierno. È una protezione mi-gliore anche rispetto all’articolo 18, che ingessa i posti di la-voro. Ricordiamoci che quando viene l’acquazzone anche ilgesso si scioglie, e il lavoratore si ritrova con un pugno di mo-sche in mano. Il secondo motivo è che la flexsecurity è il soloregime suscettibile di essere esteso davvero a tutti i lavoratori:altrimenti la protezione rigida resta necessariamente limitata auna parte di essi, mentre la flessibilità di cui il sistema ha biso-gno si scarica interamente sull’altra».

Lei ha recentemente dichiarato che “oggi la verascelta politica è tra chi ritiene che sia possibile dare ilcolpo di reni per allinearci ai parametri europei, e chiritiene invece più realistico rinunciarvi”. Qual è laposizione da assumere?«In materia di amministrazione della giustizia, il problema nonè tanto di cambiare le norme processuali, quanto di governaremeglio l’organizzazione del lavoro dei magistrati, responsabi-lizzare i dirigenti e istituire gli incentivi giusti per l’efficienza.In materia di lavoro, l’obiettivo che ci viene indicato dalle isti-tuzioni europee è sostanzialmente questo: conciliare il mas-simo possibile di flessibilità delle strutture produttive con ilmassimo possibile di sicurezza per il lavoratore. Si torna, così,alla flexsecurity. È ora che ci cimentiamo seriamente su que-sto fronte, senza paure e con molto buon senso».

Mercato del lavoro • Pietro Ichino

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C&P • GIUSTIZIA74

Una riforma sull’apprendistato era attesa datempo. Si avvertiva, infatti, la necessità di dareun nuovo impulso a un istituto che, nonostantele indubbie potenzialità, non ha mai avuto unagrande diffusione nel mondo delle imprese. Laragione dello scarso utilizzo di questo contratto

era dovuta essenzialmente a una eccessiva stratificazione le-gislativa. La regolamentazione degli aspetti formativi, dap-prima demandata in toto alle Regioni, è stata ampliata in unsecondo momento alla contrattazione collettiva, alla qualeil Legislatore ha voluto conferire un ruolo di temporaneasupplenza in attesa dell’intervento regionale. L’accorpa-mento della normativa in un’unica legge era, quindi, tantoatteso quanto auspicabile, al fine di rilanciare un istitutoche, se correttamente utilizzato, rappresenta per i giovaniun vero e proprio ponte di ingresso nel mondo del lavoro. Al Testo unico sull’apprendistato (d.lgs. 167/2011), defini-tivamente entrato in vigore lo scorso 25 ottobre 2011,vanno sicuramente riconosciuti due meriti. Il primo èquello di aver dato un nuovo impulso all’istituto riorganiz-zandolo, fissando le linee guida e introducendo novità in-teressanti come ad esempio l’apprendistato rivolto ailavoratori in mobilità. Il Legislatore ha voluto, e questo è ilsecondo aspetto rilevante, ridisegnare una tipologia con-trattuale di tipo flessibile che, tuttavia, non sacrificasse l’esi-genza di stabilità. Il nuovo contratto di apprendistato, infatti,a prescindere dalla tipologia contrattuale utilizzata (ap-prendistato per il conseguimento di una qualifica profes-sionale, di alta formazione o professionalizzante), puressendo a tempo indeterminato è comunque uno stru-mento flessibile in quanto, al termine del rapporto, l’aziendapuò decidere se recedere senza dare alcuna motivazione oproseguire con un normale contratto di lavoro subordinatoa tempo indeterminato. In questo senso, la riforma ha coltonel segno. La flessibilità, infatti, deve essere uno strumentoutile a tracciare un sentiero duraturo nel mondo del lavoro

a tempo indeterminato o quanto meno stabile. Ciò che contraddistingue fortemente l’apprendistato è l’ob-bligo del datore di lavoro di impartire al lavoratore un’ade-guata formazione, finalizzata da ultimo all’inserimento deigiovani nel mondo del lavoro. In cambio dell’attività for-mativa svolta, le aziende beneficiano di forti sgravi contri-butivi. Per evitare che le aziende godano dei beneficicontributivi senza svolgere una effettiva formazione, il Testounico ha previsto sanzioni economiche molto pesanti. Nelcaso di mancata erogazione della formazione il datore dilavoro sarà tenuto al pagamento di una somma pari al dop-pio dei contributi previdenziali “risparmiati” utilizzando ilcontratto di apprendistato. Anche su questo punto, la ri-forma è condivisibile. Il timore di gravi sanzioni, infatti,dovrebbe disincentivare l’abuso o, comunque, l’utilizzo di-storto dell’istituto. In quest’ottica, la riforma rappresenta unbuon inizio per investire in una efficiente flessibilità in in-gresso, che sarà una buona occupazione in futuro.

Mercato del lavoro

di Gabriele FavaGiuslavorista

IL NUOVOAPPRENDISTATOTRA GARANZIEE FLESSIBILITÀ

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C&P • GIUSTIZIA76

Contrattazione collettiva di prossimità • Andrea Stanchi

Andrea Stanchi, partner di StanchiStudioLegale di Milano

[email protected]

Andrea Stanchi affronta il temadella certezza del diritto come valoreper l'impresa ed entra nel meritodell’articolo 8 del decreto legge 138,convertito poi nella 148 del 2011. Sonoluci od ombre per le aziende,con l’introduzione delle disposizionia sostegno della contrattazionecollettiva di prossimità?

Cosa cambiacon l’articolo 8?

di Manlio Teodoro

L’Europa ci richiama ad una rinnovata ga-ranzia nella certezza del diritto, che si tra-duce sul piano economico in certezza dicomportamenti, costi e stabilità organizza-tive per l’impresa. Richiamo che si leva dauna stagione di interventi legislativi carat-

terizzati dal richiamo a clausole generali, ma interventi diminuto dettaglio. Il riferimento vale sia rispetto alle nu-merose norme del cosiddetto “collegato lavoro”, sia ri-spetto alla manovra economica dello scorso settembre, conriguardo in particolare all’articolo 8 del decreto legge 138del 2011 (convertito nella legge n.148 del 2011), che con-tiene disposizioni a sostegno della contrattazione collettivadi prossimità. Come spiega l’avvocato esperto in diritto dellavoro, Andrea Stanchi, partner di StanchiStudioLegale diMilano, che vede tra l’altro al suo interno anche gli avvo-cati fondatori Vincenzo e Romolo Stanchi, e AnnamariaPedroni: «Questa norma – come tutte– una volta promul-gata, inizia a vivere di vita propria, guidata solo dall’inter-pretazione. Ciò significa che, anche una norma cosìcontestata e problematica, certamente ha molte applica-zioni possibili e coerenti con le finalità dell’ordinamento».

Cosa implica ciò in riferimento all’articolo 8, ci-tato?«Parlando di questo articolo specifico, ciò significa chequesta affermazione astratta va contestualizzata in un ordi-namento che ormai vive su più fonti. Di queste il solo realearbitro è, col giudice, l’operatore specializzato ed esperto,che non solo comprende bene la realtà delle esigenze degliassistiti, ma – grazie all’esperienza giudiziale – è in gradodi costruire e offrire soluzioni armoniche con il sistema.Oltre che di rappresentarle efficacemente in giudizio, qua-lora se ne presenti la necessità. La velocità del cambiamentoaffida un ruolo importante "all'uomo di legge", come intutte le epoche di transizione».

Si riferisce alla moltiplicazione delle fonti?«La pluralità delle fonti è un problema complesso, che siritrova non solo nell’interpretazione di norme “in bianco”- come potremmo definire l’art. 8 citato -, ma anche diquelle che presiedono a vicende organizzative dell’impresa.All’interno di queste ultime il trasferimento di rami di at-tività, outsourcing, prestazione di servizi transnazionalisono divenuti passaggi indispensabili per la ricerca dellacompetitività, in cui occorre districarsi tra norme e deci-

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Contrattazione collettiva di prossimità • Andrea Stanchi

sioni di diversi livelli, interne ed europee. Allo stesso modoè divenuta fondamentale la consapevolezza delle proble-matiche e delle opportunità organizzative consentite dallatecnologia».

A quali opportunità fa riferimento?«Mi riferisco alle pratiche ormai invalse di remote wor-king e quelle di remotizzazione delle competenze, che im-pongono la capacità di comprendere le moltepliciproblematiche di privacy, controllo sul lavoro a distanza, eresponsabilità amministrativa dell’impresa. Consapevolezzeche, se impongono ai professionisti HR di gestirne le no-zioni, pretendono dall’avvocato giuslavorista di avere di-mestichezza nel trattarle di fronte alle autorità che se neoccupano come, per esempio, il Garante della privacy».

Qual è la situazione delle norme in merito aquesto ordine di problemi?«La rapidità del mutamento tecnologico, da un lato, im-porrebbe l’introduzione di regole più flessibili e meno ge-neralizzanti per le imprese, e opportunità sono a miogiudizio contenute nell'art. 8 citato; dall’altro, l'ordina-mento vivente sconta una concezione e la formazione digiudici e dottrina su di un mondo "fordista", sul quale lenozioni del diritto del lavoro sono costruite. Realtà chenulla hanno più a vedere con i portati moderni di infra-strutture, regole economiche, di organizzazione e di com-

petizione, che impongono velocità di mutamenti senzaprecedenti. I quali a loro volta generano problemi giuri-dici, che richiederebbero soluzioni ritagliate sul nuovostato delle cose: cioè il cambiamento quale costante».

In che modo quindi è di fatto mutata la figuradell’avvocato giuslavorista?«Nello scenario dei problemi attuali per il diritto del la-voro, l’avvocato non è soltanto un fornitore di servizi –schema a cui pare lo si voglia confinare –, al contrario è unsupporto all’imprenditore per le strategie d’impresa. Devesapere "fare squadra" con i professionisti HR. Anche ov-viamente la modalità della prestazione - di fatto immutatada tempi immemori - è oggi all'alba di un radicale muta-mento. Insomma non solo un gestore del contenzioso,bensì un supporto per evitarlo o ricondurlo a elemento deltutto residuale per la vita dell’impresa».

In questo contesto, come si collocano la tuteladella certezza del diritto e, soprattutto, il consiglioall’impresa sulla consapevolezza dei limiti di cer-tezza possibili?«Entrambi pare non possano prescindere dalla valorizza-zione del giusto processo, principio sancito dalla nostracarta costituzionale, attraverso la specifica garanzia dei ca-ratteri di terzietà e imparzialità del giudicante, intesa comegaranzia a un’attività interpretativa del giudice e alla rico-

La rapidità del mutamentotecnologico pretende daiprofessionisti dell’impresa e dai loro consulenti esterni di “fare squadra”. Ovvero di lavorare insieme pergovernare secondo il miglioreinteresse possibile non solol’innovazione ma anche glieffetti della tecnica

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C&P • GIUSTIZIA78

struzione di un’evoluzione coerente del sistema. Ciò con-tribuisce a cercare di evitare soluzioni differenziate che sisovrappongano al dato normativo, rendendolo ancor piùdisomogeneo e disfunzionale alle esigenze dei soggetti chenel diritto del lavoro dovrebbero poter trovare elementi diorientamento delle proprie attività e di tutela dei propridiritti».

Quali modifiche normative sarebbero necessarieper arginare questo scivolamento nell’arbitrio?«L’operatore del diritto e nello specifico l’operatore del di-ritto del lavoro, in questo frangente storico, avverte la ne-cessità che sia perseguita una rinnovata tutela del principiodella certezza del diritto e ciò in contrapposizione al ri-schio divenuto insostenibile di trovarsi a dover fronteggiareapplicazioni della norma spesso imprevedibilmente crea-tive, variabili o non ragionate negli effetti conseguenti al-l’interpretazione. È infatti indispensabile – specialmentenel nostro settore – poter apprezzare ex ante la qualifica-zione giuridicamente corretta di comportamenti e scelte,quindi di poter in conseguenza individuare concreti spaziper pianificazioni e investimenti, nel rispetto di quei valorie quei principi che l’evoluzione dell’ordinamento, nell’in-treccio fra fonti nazionali e sovranazionali, impone di os-servare e tutelare con sempre rinnovati strumentiall’impresa che operi sul territorio del nostro Paese. In-somma occorre acquisire la consapevolezza che il diritto è"un bene" che consente, come altri, la valorizzazione e lacompetizione del sistema paese. Tema in realtà già sollevatodal caso Fiat, ma poco affrontato».

Quale riverbero ha questa situazione sulla vitadelle imprese, già gravate da un panorama econo-mico complesso?«In questo momento di generali difficoltà economiche evero e proprio disorientamento normativo, le questioni chela clientela avverte in modo specifico sono quelle relativea strategie che da un lato consentano di fronteggiare lacrisi, ma dall’altro si muovano con relativa certezza tra con-tinui interventi del legislatore in cui è difficile trovare si-stematicità. In questo quadro, la difficoltà dell’assistenza ènel guidare e immaginare soluzioni che siano da un latoconservative del lavoro, efficaci nel contenimento dei costi,innovative concorrenzialmente e propedeutiche al rapidosviluppo nel momento della ripresa».

UNO STUDIO LEGALERIVOLTO ALLE IMPRESE

StanchiStudioLegale è

stato fondato a Milano

nel 1975 da Vincenzo

e Romolo Stanchi, che al-

l’epoca avevano già matu-

rato una lunga esperienza

nel campo del diritto del la-

voro. Lo Studio è quindi

stato nel tempo protagoni-

sta dell'evoluzione del di-

ritto del lavoro e delle sue

interpretazioni, specie giu-

diziali, in Italia. Il ruolo

svolto nella pratica ha con-

sentito di consolidare la

clientela di grandi imprese

italiane e multinazionali che

si rivolgono ai suoi servizi

di consulenza e di assi-

stenza giudiziaria. Lunga

esperienza e innovatività ne

hanno fatto un attore di ri-

ferimento nei settori IT, del-

l’outsourcing, dei media –

tradizionali su carta e on

line –, dell’energia, dell’in-

dustria alimentare, della di-

stribuzione, dei trasporti,

del settore farmaceutico,

dei servizi aeroportuali,

della finanza, della moda,

nel settore bancario e in

quello, particolare, delle so-

cietà proprietarie di squa-

dre di calcio. La struttura

compatta, formata dai soci

e da sette professionisti,

puntando sulla tecnologia,

risulta dinamica e flessibile

nell’organizzazione a team

affidata ai soci Andrea Stan-

chi e Annamaria Pedroni.

Contrattazione collettiva di prossimità • Andrea Stanchi

Andrea, Vincenzo e Romolo Stanchi e Annamaria Pedroni

di StanchiStudioLegale

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Diritto del lavoro • Massimo Paradisi

Si sta aprendo una fase molto complessa e comun-que assai stimolante per l’avvocato giuslavorista,nella prospettiva riformistica di adeguare il nostromercato del lavoro alle attuali richieste. «È però ne-cessario che ciò si determini nel rispetto della fi-gura e del ruolo del professionista – aggiunge

l’avvocato Massimo Paradisi – e con conseguente e contestualeaffermazione di una cultura che gli assicuri di operare per ilprogredire di una necessaria collaborazione “virtuosa” conl’imprenditore, essendo questo un obiettivo imprescindibilenella realtà economica attuale, con riferimento in particolarealle Pmi, maggiormente colpite dai costi di eventuali sfiancanticontenziosi».

Quali devono essere le basi per impostare i rapportinel mondo del lavoro?«Stante la crescente esigenza di sempre maggiore competiti-vità per le aziende e la necessità di ridurre e possibilmente con-trollare l’insorgere del contenzioso del lavoro, il ruolo chel’avvocato deve darsi è quello di affiancare in via preventival’imprenditore, in particolare nella gestione del personale e dellastruttura organizzativa, al fine di ridurre esponenzialmente lapercentuale di rischio di contenzioso. L’evoluzione dei rap-porti tra legale e imprese deve infatti orientarsi in questa dire-zione, con l’affermazione di una cultura e di una prassisecondo cui si arrivi a ritenere necessario e utile rivolgersi al-l’avvocato non al momento dell’insorgere del contenzioso, main via preventiva, e quindi in sede di preliminare consulenzanella scelta per esempio degli strumenti contrattuali da utiliz-zare per la gestione del personale, con soluzioni appropriate econgrue rispetto agli interessi evidenziati».

In che modo si dovrebbero aggiornare ruolo ecompetenze degli avvocati?«Il perseguire una sempre maggiore specializzazione nella ma-teria affrontata è e deve essere il fine a cui deve tendere ognistudio legale. È pertanto da condividere la scelta, ancora nonintegralmente definita, di introdurre modalità istituzionalizzatea livello nazionale di acquisizione di siffatte specializzazioni, inmodo da assicurare ai professionisti la facoltà di avvalersi di ti-toli formalmente riconosciuti, anche al fine di associare l’espe-rienza maturata con una professionalità adeguatamente

Massimo Paradisi esercita presso l’omonimo studio di Firenze e fa

parte di un team di avvocati a cui si rivolge con regolarità la sigla

sindacale Fisascat Cisl

[email protected]

Per risolvere in maniera costruttiva le problematiche che si presentano nelmondo del lavoro, secondo MassimoParadisi è necessario reimpostare ilrapporto fra avvocato giuslavorista,imprenditore e lavoratori

Un nuovo approccio al lavoro

di Amedeo Longhi

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certificata, stante la formazione conseguita e continuamenteaggiornata. Così facendo si garantisce anche al beneficiario ul-timo di tale servizio un metro di valutazione, paragone e con-fronto che possa permettergli di scegliere consapevolmente trale numerose offerte presenti sul mercato. Evidentemente, ac-canto a un ruolo per così dire di natura preventiva, che si as-socia a un’attività prevalentemente di consulenza, è logico edel tutto funzionale all’esecuzione del mandato acquisito asse-gnare all’avvocato il compito di filtro per evitare che il con-tenzioso già insorto sfoci poi in un processo davanti il Tribunaledel lavoro».

Esiste secondo lei un modello procedurale capacedi migliorare la situazione?«Nel rito del lavoro era normativamente prevista una proce-dura per consentire alla parti di ritrovarsi in via preventiva eobbligatoria – costituendo tale passaggio una condizione diprocedibilità dell’azione giudiziale – di fronte a un organo am-ministrativo, quindi non togato, di mediazione, ove poter di-scutere della questione insorta e trovare così una soluzionebonaria del conflitto in essere. Adesso tale procedura è soltantofacoltativa e quindi, in assenza di un filtro siffatto, il contenziososi è oltremodo inasprito. Per questi motivi, appare del tutto in-concepibile che, proprio in ambito giuslavoristico, ove taleesperienza è nata e progredita, si sia voluto abbandonare lastrada dell’obbligatorio preventivo tentativo di conciliazione,per intraprendere percorsi nuovi e diversi, invece di provare amigliorare e rendere più efficiente il sistema già in essere».

Quale sarebbe in quest’ottica il ruolo dell’avvocato?«Dovrebbe assumere un ruolo di intermediario tra attori chesempre più di frequente si scontrano sulle questioni di fondodel mercato del lavoro. Il suo compito dovrebbe consistere nelprivilegiare tali percorsi alternativi di risoluzione del radicatocontenzioso, nella convinzione che il ricorso al magistrato siconfiguri come rimedio ultimo. Ciò evidentemente nel ten-tativo di perseguire una risoluzione più rapida possibile deiconflitti e un contenimento dei costi, utili per garantire allanostre aziende quella maggiore competitività sul mercato dicui tanto si parla. Ma tale funzione dell’avvocato deve esserecomunque perseguita in un contesto ove sia possibile arrivarea tanto, e dove vi siano oggettivamente le condizioni per ga-rantire il perseguimento di tali fini».

A questo proposito come dovrebbe intervenire illegislatore?«È necessario che da parte sua venga meno l’attuale e ripe-tuta “schizofrenia” legiferativa, nella consapevolezza che ilsupporto normativo attualmente in vigore non debba es-sere integralmente stravolto, ma più semplicemente ade-guato e reso più funzionale alle esigenze di mercato incontinua evoluzione. Tutto ciò risulta particolarmente dif-ficoltoso alla luce della continua proliferazione di nuovenormative che vengono via via introdotte nel nostro or-dinamento, nella speranza, non sempre sufficientementeperseguita, di migliorare il “sistema lavoro”. Norme chepoi, però, vengono sistematicamente sospese in attesa diuna più precisa definizione della loro operatività, come nelcaso della normativa detta del “collegato lavoro”».

L’avvocato deve affiancare in via preventival’imprenditore, al fine di ridurreesponezialmente la percentualedi rischio di contenzioso

Massimo Paradisi • Diritto del lavoro

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Diritto del lavoro • Vincenzo Fabrizio Giglio

Vincenzo Fabrizio Giglio è avvocato in Milano presso

lo studio Giglio & Scofferi –Studio legale del lavoro-

www.giglioscofferi.it

«È l’economia che traina il diritto,non viceversa». Vincenzo FabrizioGiglio spiega la necessitàdi intervenire tempestivamente sullasemplificazione del sistema di dirittodel lavoro. Con un corpo normativoche regoli la materia in modofinalmente organico

Riforme a costo zeroper favorirel’impresa

di Nicoletta Bucciarelli

Rallentamento della dinamica lavoro. “Prudenza”nell’assumere e, come risvolto della stessa meda-glia, lavoratori qualificati che incontrano mag-giori difficoltà nel cambiare lavoro, anche a causadel fatto che le retribuzioni offerte oggi sono fre-quentemente inferiori a quelle stipulate qualche

anno fa. Sono alcune delle dinamiche che l’avvocato Vin-cenzo Fabrizio Giglio dello studio Giglio e Scofferi di Mi-lano, da esperto di diritto del lavoro, riscontra nella propriaesperienza professionale in Lombardia. Una regione in cui«anche il ricorso a riduzioni di personale e ammortizzatorisociali appare consistente».

Molti, sia imprenditori che investitori, chiedonoal nostro sistema di diritto del lavoro maggior sem-plicità e soprattutto flessibilità. «L’istanza di una maggiore semplicità non può che esserecondivisa. I “codici” che oggi raccolgono le norme di leggerilevanti per il diritto del lavoro sono composti da oltre 2000pagine e ospitano norme emanate a partire dal 1923 fino ainostri giorni che regolano i più diversi aspetti del rapportodi lavoro tra datore e lavoratore. Una simile mole, unita aduna qualità tecnica e linguistica nella fattura delle normesempre più scadente, crea molte difficoltà ai destinatari e frui-tori, che sono appunto, in primo luogo, nell’ambito di nostrointeresse, le parti del rapporto di lavoro. A mio parere, talestato di cose non è affatto un male necessario e il suo supe-ramento attraverso l’introduzione di un’opera organica sa-rebbe certamente meritorio. Esistono già delle proposte intal senso ma fino ad oggi non hanno trovato la necessaria at-tenzione. Più complesso è il tema della flessibilità. A miomodo di vedere, una maggiore libertà in uscita dal rapportodi lavoro, indurrebbe una minore “prudenza” nell’assumereda parte delle imprese e, dunque, una maggiore facilità di tro-vare o cambiare lavoro. Ciò potrebbe risolversi, almeno per iprofili professionali più elevati, in maggiori occasioni di va-lorizzare la propria professionalità e, dunque, la propria forzacontrattuale; e, in definitiva, la propria retribuzione. Proba-bilmente, tuttavia, sarebbe diverso l’effetto per i lavoratorimeno qualificati e dunque maggiormente bisognosi di unatutela giuridica che compensi la mancanza di forza contrat-tuale».

Secondo il suo parere, una riforma del lavoro so-prattutto in materia di neo assunti, potrebbe bastare

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Diritto del lavoro • Vincenzo Fabrizio Giglio

I “codici” che oggi raccolgonole norme di legge rilevantiper il diritto del lavoroospitano norme emanatea partire dal 1923. Serveuna semplificazionetempestiva

per far ripartire l’economia e dar quindi nuova cre-dibilità al nostro paese?«Io credo che un corpo normativo che regoli la materia inmodo finalmente organico, semplice e comprensibile da chideve operare quotidianamente sarebbe senz’altro di aiuto. Èl’economia che traina il diritto e non viceversa. Ma il dirittosi pone quale infrastruttura indispensabile per chi intende fareimpresa e può costituire uno straordinario volano di sviluppoo un grave fattore di rallentamento e costi. L’incertezza perchi fa impresa è un fattore di rallentamento, poiché incidesulla rapidità ed efficacia delle decisioni; ed è un costo, poi-ché talora induce ad affrontare spese legate unicamente al-l’imprevedibilità dei risultati delle proprie scelte».

Dove bisognerebbe intervenire tempestivamente?«A mio modo di vedere un tema cruciale è quello delle re-lazioni sindacali. Oggi i rinvii della legge alla contrattazionecollettiva o alle consultazioni sindacali sono numerosi e spessodeterminanti. Il sindacato svolge quindi una funzione istitu-zionale che non è tuttavia accompagnata da una sua struttu-razione istituzionale. Ciò determina delle incertezze, sia inmerito ai soggetti sindacali di volta in volta interessati; sia inmerito all’efficacia che le decisioni prese possono esprimerenei confronti dei lavoratori. Si tratta di un tema fortementedibattuto sul quale si contrappongono visioni anche moltodistanti: alcune organizzazioni sindacali vorrebbero raggiun-gere una soluzione per via sindacale; l’attuale Legislatore hatentato di intervenire per via legislativa con l’ormai celebrearticolo 8 della Manovra di Ferragosto che attribuisce alla

contrattazione aziendale una delega estremamente ampia perregolare i rapporti di lavoro, anche in deroga alla legge. A mioparere, occorre ripartire dall’articolo 39 Cost. attuandolo omodificandolo in maniera da rendere possibile conseguirnegli obiettivi con strumenti adeguati ai tempi. Ma comunqueattraverso una soluzione che deve necessariamente essere le-gislativa».

Quali sono in questo ambito i problemi concretiche si trova quotidianamente ad affrontare?«Posso fare qualche esempio. Se un’azienda romana intendeassumere due apprendisti in due regioni diverse deve fare iconti con le diverse regole regionali. In questa materia, perfortuna il recente testo unico sull’apprendistato sembra muo-versi nella direzione di una maggiore uniformità. Seun’azienda di Torino intende procedere ad una riduzione col-lettiva di personale in Puglia deve sapere che uno degli or-ganismi regionali coinvolti e presenti in altre regioni è statosoppresso da un tale comma di una tale legge finanziaria re-gionale che ne ha trasferito le funzioni all’assessorato regio-nale. Se un’azienda milanese con sedi sparse in tutta Italiaintende ridurre il personale su tutto il territorio dovrà farsicarico di inoltrare le comunicazioni ai sindacati interessati inogni provincia, avendo cura di reperire gli indirizzi e i numeridi fax di ciascuna di esse tramite l’elenco del telefono o sitiinternet più o meno affidabili o telefonando al centralino. Intutti questi casi, gli errori costano cari. A ben guardare, dun-que, per favorire l’impresa e conseguentemente il lavoro, inmolti casi basterebbero riforme a costo zero».

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Diritto del lavoro • Wanni Torresani

L’avvocato Wanni Torresani esercita la professione

presso l’omonimo studio di Milano

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Semplificazione e flessibilità sono temiall’ordine del giorno per chi si occupadi diritto del lavoro. Ma sono esigenzea cui, oltre alle imprese, devono far fronte anche gli stessi avvocati. Ne parla Wanni Torresani

Le esigenze del mercato del lavoro

di Amedeo Longhi

Il diritto del lavoro è sempre più interessato dalle pres-santi richieste che giungono dalle imprese che, in que-sto momento di difficoltà, invocano l’aiuto dellegislatore, a cui è chiesto in particolare di allentare lamorsa che una burocrazia eccessivamente farraginosaesercita sull’attività imprenditoriale. Secondo Wanni

Torresani infatti, «la semplificazione del diritto del lavoro èun’esigenza che va di pari passo con una maggiore flessibilitàsia in entrata che in uscita dal mondo professionale. Ciò nonsignifica che debbano venire meno le tutele per i lavoratori,anzi, ma ci vogliono poche norme chiare e di facile applica-bilità. L’esperienza mi ha dimostrato che la preoccupazionepiù grande delle aziende che assumono, soprattutto quellemedio-piccole, non è il costo del lavoro, ma quello dell’even-tuale recesso. E questa incertezza frena le assunzioni e incen-tiva il ricorso a figure contrattuali atipiche».

Quali sono gli ambiti che creano maggior pro-blemi alle aziende in merito ai quali è richiesta as-sistenza?«Il primo nemico è la burocrazia e i suoi costi economici e so-ciali. Purtroppo esiste anche una crescente conflittualità a li-vello legale in parte causata dalla complessità della normativavigente ma, sempre più spesso, avviata da chi ha finalità me-ramente speculative. Quindi la richiesta di assistenza, soprat-tutto delle piccole e medie aziende, va dal consiglio “di merobuon senso” alla gestione del contenzioso a ogni livello e, oggipiù che mai, volto al recupero dei crediti in sofferenza».

Può fare qualche esempio dei casi più frequenti di

abuso del diritto?«La figura giuridica dell’abuso del diritto è di origine giuri-sprudenziale ed è servita per motivare delle decisioni altri-menti non sostenibili in base alla normativa vigente. Per laverità ho dovuto constatare che nel quotidiano viene prati-cata una sorta di “abuso del diritto” al contrario, nel sensoche è la pubblica amministrazione che si avvale dei propripoteri e prerogative a danno del cittadino. Faccio un esem-pio pratico: lo Statuto del contribuente è una Legge dellaRepubblica italiana che dovrebbe regolare i rapporti tra am-ministrazione finanziaria e contribuente. Di fatto lo Statutoè sconosciuto ai più e in molti casi non viene applicato. Èvero che vi sono esigenze di cassa e che noi italiani nonsiamo i più virtuosi nel rapporto con il fisco, ma sono certouna sua applicazione più rigorosa potrebbe migliorare il rap-porto tra Stato e contribuente a vantaggio della collettività».

Anche lo stesso avvocato si trova a fronteggiareproblematiche difficili.«L’esigenza è oggi ridurre i costi fissi a parità di servizio pergli assistiti, obiettivo non facile da raggiungere, se non au-mentando, per quanto possibile, l’impegno lavorativo del ti-tolare dello studio, anche solo per dare il buon esempio aicollaboratori. Tutto ciò a costo di enormi sacrifici fisici,mentali e degli affetti familiari. Da questo deriva l’impor-tanza del ruolo dell’avvocato – con la “A” maiuscola – inuna realtà sempre più complessa. La funzione che siamochiamati a svolgere richiede spirito di servizio e abnegazione,spesso non quantificabili dal punto di vista economico».

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L’avvocato Francesco Lauri, presidente dell’Osservatorio Sanità

www.studiolegalelauri.eu

www.osservatoriosanita.com

Combattere la malasanità e tutelare i diritti dei pazienti, tra errori medicie compagnie assicurative sempremeno propense a rispettare i loroobblighi. Come intervenire permigliorare il sistema sanitarionazionale secondo l’opinionedell’avvocato Francesco Lauri

A tutela dei dirittidel paziente

di Guido Puopolo

Compagnie assicurative “latitanti”, che tendono aesulare dalle loro responsabilità, ed errori nonsolo del singolo medico ma, soprattutto, del si-stema sanitario nella sua complessità. Sono que-sti i due filoni principali alla base dell’attivitàdell’avvocato Francesco Lauri, titolare dell’omo-

nimo studio legale a Roma e presidente di “OsservatorioSanità”, associazione che si occupa dell’analisi delle presta-zioni sanitarie e della loro organizzazione. «In Italia abbiamodelle eccellenze invidiate da tutto il mondo», sottolineaLauri. «I nostri professionisti sono tra i migliori in Europa,anche se purtroppo non mancano le eccezioni negative. Trai tanti casi che trattiamo, più che quello singolo, spiccano glierrori di sistema. Mi riferisco alle segnalazioni d’infezioni,alle sviste sui farmaci o ai ritardati interventi chirurgici».

Quale bilancio può trarre dai primi anni di atti-vità dell’Osservatorio?«Il bilancio è positivo. L’Osservatorio è nato nel settembre2007. Da subito abbiamo ricevuto molte segnalazioni, piùdi quanto previsto. Anche perché, nei primi tempi, non dicoche eravamo una novità assoluta, ma certamente interessante,anche in virtù del fatto che il compenso dei professionisti èlegato indissolubilmente al risultato conseguito in terminidi risarcimento. Non va dimenticato che nella stessa strutturalavorano gomito a gomito avvocati e medici, il che deter-mina un'attenzione maniacale alla documentazione ricevutaa supporto delle tante segnalazioni, e ciò al fine di evitare

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Responsabilità medica • Francesco Lauri

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I casi di responsabilità da noi accertati, dopo unattento e scrupoloso screeningdelle segnalazioni ricevute,solitamente sfociano in un risarcimento per viaextragiudiziale

che vengano intraprese azioni temerarie nei confronti di me-dici che non hanno commesso alcun errore. Sembrerà strano,ma il mio studio svolge un'attività di sostanziale, ancorchéindiretta, tutela della classe medica».

Cosa succede quando l’Osservatorio accerta la re-sponsabilità e l’errore del medico?«I casi di responsabilità da noi accertati, dopo un attento escrupoloso screening delle segnalazioni ricevute, solitamentesfociano in un risarcimento per via extragiudiziale. A partei casi più gravi, comunque, che impongono il ricorso allaProcura, la maggior parte delle vicende sono errori, non dicoscusabili, ma che possono fare parte del nostro attuale si-stema sanitario. Come dicevo, tentiamo di evitare di trasci-nare i medici in giudizio, ma non è neanche giusto che lapersona che ha subito un danno reale non debba otteneregiustizia. Il vero problema è la latitanza massiccia delle com-pagnie di assicurazione, che non danno seguito alle indica-zioni dei loro stessi medici, spesso i primi a esprimersi afavore del risarcimento».

Come è possibile ovviare a questa situazione?«Il nodo è che non c’è obbligatorietà di assicurazione per lestrutture sanitarie. La compagnia non è, quindi, un soggettodirettamente confrontabile. Sulla base di questa fotografiadella realtà, il futuro dell’Osservatorio è che opererà semprenell’ottica della salvaguardia del Sistema Sanitario e dei me-dici. Il problema è che non ci si potrà esimere dal vedereaumentare il contenzioso, non solo per l’irreperibilità delle

compagnie di assicurazioni. L’altra grande questione è rap-presentata invece dalla conciliazione. La legge, infatti, in que-sti casi prevede di affidarsi a un mediatore, una figura chenon ha però competenze né mediche, né legali. Il mediatoreavrà l’impegno obbligatorio di dirimere controversie dallespecifiche difficoltà tecniche, il che è alla fonte del sostanzialefallimento della media conciliazione in materia di malprac-tice. Per questo ci sarebbe bisogno di un serio intervento daparte del legislatore, che obblighi le compagnie assicurativea rispondere immediatamente dei danni provocati. Unalegge che incida, quindi, sul rapporto tra cittadino, strutturesanitarie e assicurazioni, perché di tutto abbiamo bisogno,tranne che di un soggetto ibrido e dalle competenze incerte,quale attualmente è il conciliatore».

Oltre all’attività in ambito sanitario, il suo Studioin quali altri campi offre consulenza e supporto le-gale?«Lo Studio è una boutique firm creata nel 2000, con loscopo di assicurare servizi di eccellenza in ambito giuridico.La politica dello studio è improntata all’analisi preliminaredelle problematiche, al fine di legare l’impegno professionaleal risultato, evitando perdite di tempo e denaro per il cliente.L’esperienza maturata dai singoli professionisti colloca lostudio in posizione privilegiata nell’ambito della tutela deidiritti dei consumatori e della finanza agevolata in favore dienti pubblici o privati, ma anche del diritto di famiglia edel diritto commerciale internazionale».

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Responsabilità medica • Francesco Lauri

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L’avvocato Antonello Patanè

dello Studio Patanè e Associati di Roma

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Il medico chiamato a consultoha gli stessi doveri del medico curante,per cui non può esimersida responsabilità se adduce di aversolo valutato la specifica situazione.La parola ad Antonello Patanè

La responsabilitàmedica

di Emanuela Caruso

Negli ultimi anni si è assistito a un progressivo au-mento delle cause di responsabilità medica, inparticolar modo di quelle relative alla responsa-bilità del dottore chiamato a consulto e del-l’equipe medica, con un contenzioso che èaumentato del 200% rispetto ai 60 anni prece-

denti. Allo stesso modo, nell’ultimo decennio, si è riscontratoanche un notevole incremento dei casi di giurisprudenza fa-vorevole a individuare la responsabilità sanitaria come causadell’esito negativo di un intervento medico. Essendo, infatti,tutti gli operatori sanitari, dai medici ai paramedici agli spe-cialisti, portatori di una posizione di garanzia, ovvero un ob-bligo di solidarietà costituzionalmente imposto nei confrontidel malato, la cui salute deve essere tutelata contro qualsiasipericolo, ciascun dottore coinvolto nella cura di un pazienteè responsabile tanto del rispetto delle regole di diligenza con-nesse alle sue mansioni, quanto della condotta degli altri me-dici curanti. Come spiega l’avvocato Antonello Patanè delloStudio Patanè e associati di Roma «le ragioni di queste nuovedinamiche in campo medico sono da rintracciare nella mag-giore consapevolezza da parte del paziente dell’attività me-dico-chirurgica cui è sottoposto e nella pluralità dei soggettiad alta specializzazione che, intervenendo in successione tem-porale sul paziente, sono quindi tutti potenzialmente passa-bili di responsabilità professionale».

Quando si parla di posizione di garanzia del me-dico chiamato a consulto, la giurisprudenza fa riferi-mento al principio di affidamento, di che cosa sitratta?«Secondo il principio di affidamento, ciascun dottore puòcontare sull’adempimento da parte degli altri medici curantidei loro specifici doveri ed essere quindi esente da responsa-bilità nel caso in cui un evento dannoso a scapito del pazientesia riconducibile alla condotta esclusiva di uno degli altri me-dici contitolari della posizione di garanzia. Va altresì detto chese l’inadempimento dei propri doveri da parte di uno deimedici è palese e facilmente riscontrabile, allora il principiodi affidamento cessa».

Può fare un esempio concreto del principio di af-fidamento?«Quando un medico generico chiama a consulto uno spe-cialista, la responsabilità in ordine alla diagnosi e alla tera-pia viene attribuita soltanto a quest’ultimo. Ma se lospecialista incorre in un errore grossolano di cui il medico

Responsabilità sanitaria • Antonello Patanè

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Responsabilità sanitaria • Antonello Patanè

Il principio di affidamento non opera se l’errore commessoda uno dei medici coinvolti nella cura del pazienteera conoscibile dagli altri

generico può accorgersi con facilità, allora la responsabilitàè di entrambi».

Quali articoli del codice penale ricorrono in casodi responsabilità del medico chiamato a consulto equale il miglior approccio legale da adottare?«Oltre agli articoli del codice penale riguardanti l’eventoverificatosi, cioè morte o lesioni del paziente, rilevano l’ar-ticolo 40 del codice penale, che disciplina il rapporto dicausalità, stabilendo che nessuno può essere punito per unreato se l’evento dannoso o colposo non dipende dalle suaazione od omissione; l’articolo 43 del codice penale, chedisciplina l’elemento psicologico del reato e, per quello chein questa sede rileva, la colpa; e l’articolo 113 del codicepenale che definisce la cooperazione nel delitto colposo,statuendo che quando l’evento è cagionato dalla collabora-zione di più persone, ciascuna di esse soggiace alle pene sta-bilite per il delitto stesso. Per quanto concerne l’approcciolegale da adottare, questo dipende dal singolo caso, tenutoconto della condotta contestata, nonché degli atti e dei do-cumenti di cui si dispone».

Di grande rilevanza è, perciò, il rapporto di cau-salità fra la condotta del medico chiamato a consulto

e l’evento verificatosi. In che modo si accerta questarelazione?«Il modo più corretto per accertare il rapporto di causalità èquello di far ricorso alle c.d. leggi scientifiche di copertura, daapprezzare in termini di probabilità logica più che di probabi-lità numerica. In altre parole, è possibile ravvisare il nesso cau-sale se l’azione doverosa omessa avrebbe impedito l’eventodannoso con un elevato grado di credibilità razionale, che siraggiunge quando per il giudizio controfattuale l’evento è ri-conducibile senza alcun dubbio alla condotta del medico».

Cosa consiglia a un cittadino danneggiato dallacattiva condotta di un medico chiamato a consulto?«Ormai, sempre più spesso, il cittadino lamenta episodi dimala sanità, che però andrebbero verificati di volta in volta, inquanto l’attività del medico è diventata più delicata e rischiosadi un tempo. In ogni caso, se si ritiene di essere stati vittimedi un errore medico, anche se chiamato per un consulto, ri-volgersi a un legale consente di inquadrare l’eventuale tipo diresponsabilità e valutare l’opportunità di denunciare l’acca-duto all’Autorità Giudiziaria che stabilirà se l’azione del me-dico è stata improntata secondo i principi di diligenza,prudenza e perizia, cardini dell’ars medica».

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L’Agenzia delle Entrate punta, per il 2011, aquota 11 miliardi. «E i risultati finora rag-giunti – precisa Cinzia Romagnolo, diret-tore aggiunto Accertamento – sonoassolutamente in linea con le previsioni».Nel corso del 2010 l’attività di recupero del-

l’evasione si è rafforzata rispetto agli esercizi precedenti;sono state recuperate entrate per circa 10,5 miliardi di euro,con un +16% rispetto ai 9,1 miliardi di euro del 2009. Unnotevole balzo in avanti rispetto ai 3,7 miliardi recuperatinel 2001, anno di nascita dell’Agenzia, e ai 4,4 del 2006.

La direzione centrale accertamento programma,indirizza e coordina l’azione di controllo. Comestanno evolvendo strategie e metodologie?«Le numerose misure antievasione messe in campo in que-sti ultimi anni rispondono a una precisa strategia: poten-ziare gli strumenti per intercettare le più diffuse forme dievasione e contrastarle più efficacemente, sia nella fase delcontrollo sia in quella del recupero effettivo del gettito pre-gresso. L’analisi del rischio per tipologia di contribuente(grandi contribuenti, imprese medie, imprese di piccole di-mensioni e professionisti, enti non commerciali) è uno deicardini dell’attività di controllo poiché permette di faredelle selezioni mirate».

Di recente è partita la sperimentazione del nuovo“redditometro”. Come funzionerà?«Il nuovo redditometro rappresenta più uno strumento dicompliance che di controllo; infatti sarà messo a disposi-

L’Agenzia delle Entrate si aspetta quest’anno un ulteriore balzoin avanti nel recupero dell’evasione. «L’analisi del rischio per tipologiadi contribuente – spiega il direttore aggiunto Accertamento CinziaRomagnolo – è uno dei cardini dell’attività di controllo»

Strumentisempre più efficaci

Michela Evangelisti

Cinzia Romagnolo,

direttore aggiunto Accertamento dell’Agenzia delle Entrate

Evasione Fiscale • Cinzia Romagnolo

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fitta collaborazione con l’Inps e la Guardia di Finanza, at-traverso un sistema di scambio dati. Un ruolo centrale, poi,è riservato alla collaborazione con i Comuni, che sta dandorisultati in linea con le attese sia in termini di numero di se-gnalazioni utili all’avvio di controlli e accertamenti, sia intermini di maggiori imposte accertate e sanzioni. Inoltre,esiste da tempo una collaborazione con i commercialisti,con i quali sono stati siglati diversi protocolli d’intesa a li-vello regionale. Dunque, ci aspettiamo di continuare suquesta strada perché i risultati finora ottenuti dalla sinergiacon gli altri interlocutori istituzionali sono stati utili al raf-forzamento del recupero dell’evasione e alla semplificazionedel rapporto con i contribuenti».

Nella recente manovra finanziaria sono presentinuove norme relative alla lotta all’evasione. Qualescenario si prospetta? «Negli ultimi anni Governo e Parlamento hanno varato nu-merose norme che ci hanno consentito di incrementare irisultati raggiunti nel recupero dell’evasione. Tra le misurepiù efficaci, il contrasto alle indebite compensazioni e allefrodi Iva, il rafforzamento delle misure cautelari, lo speso-metro e il nuovo redditometro. L’ultima manovra, inoltre,permette al fisco di utilizzare i dati finanziari presenti nel-l’anagrafe dei conti correnti per la formazione di liste dicontribuenti che presentano anomalie rispetto ai dati di-chiarati. In questo modo, possiamo focalizzare in manieraestremamente precisa il rischio di evasione, migliorando ul-teriormente la qualità della nostra azione di recupero».

Il fisco ha a disposizioneun ventaglio di strumentiefficaci: probabilmentela principale difficoltà chesi incontra nel nostro Paeseè di carattere culturale

zione dei contribuenti affinché possano misurare la coe-renza tra quanto spendono e quanto dichiarano al fisco. Labase di calcolo prende a riferimento cinque aree geografi-che, undici tipi di nuclei familiari per cinquantacinquegruppi omogenei e oltre cento voci di spesa rappresentativedi tutti gli aspetti della vita quotidiana che contribuisconoalla stima del reddito, ad esempio iscrizione a club esclusivie palestre, gioielli. Lo strumento, in buona sostanza, puntaalla “coerenza” del reddito dichiarato rispetto alla capacitàdi spesa, e solo in presenza di un elevato scostamento tra idue fattori fa scattare la fase del controllo».

Quanto conta lo sforzo di cooperazione percombattere l’evasione fiscale e, al contempo, incre-mentare la fiducia dei contribuenti italiani? Qualirisultati vi aspettate, in particolare, dalla collabora-zione con commercialisti e Comuni?«L’Agenzia delle Entrate ha inaugurato da diversi anni una

Cinzia Romagnolo • Evasione fiscale

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biamo scovato complessivamente 25,4 miliardi. Questoprova che il fisco ha a disposizione un ventaglio di stru-menti estremamente efficaci. Con l’ultima manovra, poi, siè chiuso il cerchio grazie a una serie di misure che vannoa potenziare in maniera straordinaria i mezzi a disposizionedel fisco per intercettare e combattere le più diffuse formedi evasione, ma anche a scoraggiare il fenomeno “a monte”,generando tax compliance».

L’evasione è dunque un problema culturale o glistrumenti legislativi per accertare e sanzionare do-vrebbero essere resi più efficaci?«Probabilmente la principale difficoltà che si incontra nelnostro Paese è di carattere culturale. Per dare il proprio con-tributo anche su questo fronte, dal 2002 l’Agenzia portaavanti, d’intesa con il Miur, il progetto “Fisco e scuola”, perinsegnare ai più giovani che pagare le tasse è un gesto diciviltà. Allo stesso scopo, la scorsa estate è stata lanciata unacampagna pubblicitaria che presenta l’evasore fiscale perquello che è: un parassita della società».

Oltre all’evasione c’è un modo più sottile e ambi-guo di non pagare le tasse: l’elusione. È possibile quan-tificarla? Gli strumenti a disposizione del fisco peraccertarla sono adeguati?«Proprio perché l’elusione fiscale si muove sulla sottile lineadi confine di aggiramento delle norme rispetto alla direttaviolazione, non ci sono stime ufficiali. Ciò posto, occorre ladefinizione di un quadro normativo certo in materia di elu-sione, come ad esempio una norma anti-elusiva di carat-tere generale che, codificando il principio dell’abuso deldiritto elaborato dalla giurisprudenza sia italiana sia comu-nitaria, possa permettere di contrastare a tutto campo que-sto tipo di comportamenti. La lotta all’elusione, che trovafondamento nel principio costituzionale di capacità con-tributiva, deve garantire, nel contempo, certezza ai contri-buenti e alla stessa amministrazione finanziaria, attraversocriteri uniformi di contestazione dell’abuso e adeguate ga-ranzie procedurali».

In particolare la manovra ha introdotto alcunenorme relative alle cosiddette società di comodo. Sco-prirle non sempre è un compito facile: quali sono learmi a disposizione del fisco?«È in atto una stretta sulle società di comodo, cioè quelleimprese che non sono create per esercitare un’attività eco-nomica, ma solo per sfruttare i vantaggi (come la deduci-bilità dei costi) che derivano dall’intestare dei beni, anchedi lusso, a una società. Le ultime misure prevedono un in-nalzamento dell’aliquota Ires sul reddito minimo delle so-cietà di comodo di 10,5 punti percentuali. Le società inperdita fiscale per 3 anni consecutivi si considerano nonoperative a partire dal quarto periodo d’imposta. Un’altranorma affina ulteriormente le armi del fisco su questofronte: se il corrispettivo annuo stabilito per il godimentodi beni dell’impresa da parte di soci o familiari è inferioreal valore di mercato, la differenza costituisce reddito per gliutilizzatori e i costi relativi a questi beni non sono deduci-bili. Infine, è diventato obbligatorio comunicare i dati re-lativi a questi rapporti: l’Agenzia effettuerà dunque controllisistematici sulla posizione fiscale degli utilizzatori dei beni».

Si parla addirittura di 200 miliardi l’anno, rispetto aiquali i 10,5 recuperati risultano una minima parte. Èpossibile fare una stima veritiera rispetto al valore del-l’evasione fiscale nel nostro Paese? «Secondo stime ufficiali, l’evasione fiscale sottrae ogni annoallo Stato circa 120 miliardi di euro. Dal 2008 al 2010l’Agenzia ne ha recuperati circa 30. Se poi consideriamo illavoro svolto insieme a Inps e a Equitalia, nel solo 2010 ab-

Evasione Fiscale • Cinzia Romagnolo

Secondo stime ufficiali,l’evasione fiscale sottraeogni anno allo Stato circa120 miliardi di euro

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Evasione fiscale • Claudio Siciliotti

Il primato del nostro Paese, secondo solo alla Grecianella classifica dell’evasione fiscale, è riconducibile,secondo Claudio Siciliotti, a ragioni in parte intrin-seche al rapporto tributario, in parte quasi sociologi-che. «In primo luogo la pressione fiscale è molto alta;elemento che ci differenzia dalla Grecia, dove la pres-

sione è decisamente più bassa – precisa –. D’altro canto danoi, anche se in misura inferiore rispetto alla Grecia, è ele-vato il livello di inefficienza nella spesa pubblica e di sfidu-cia dei cittadini nelle istituzioni».

Infatti ha affermato che, per eliminare davvero ilproblema dell’evasione, occorrerebbe partire dalla ri-duzione della pressione fiscale. «Esatto, che però è resa al momento virtualmente impossibiledal fatto che anzi, a breve, dovrà aumentare, per effetto degliimpegni già presi nelle manovre estive: fino a quasi il 45% nel2013, e probabilmente il dato reale sarà addirittura superiorea questa percentuale. Quello che si può fare allora è andare acostruire un prelievo che sia meno iniquo nella sua distribu-zione tra redditi di lavoro e redditi patrimoniali».

In che modo?«Nel contesto di un sistema che funziona può aver senso tas-sare di più il reddito di lavoro e meno quello di derivazionepatrimoniale, ma in un paese come il nostro, dove la ricchezzasi è formata in anni caratterizzati da un’elevatissima evasionefiscale, ritenere che il risparmio accumulato abbia già subitouna tassazione alla fonte significa dare per scontato qualcosache così scontato non è. Inoltre, non bisogna fare confusionetra tassazione che colpisce i patrimoni, sulla quale è sicura-mente opportuno andare più cauti, e tassazione che colpiscei frutti dei patrimoni. É per noi inspiegabile che, a parità di

reddito, sia tassato di più colui che trae il suo sostentamentodal lavoro e dalla produzione rispetto a chi lo trae dal patri-monio. Il nostro paese deve tornare a crescere: il risparmio vasicuramente tutelato, ma non a discapito del lavoro e dellaproduzione, altrimenti si finisce non per tutelare il risparmio,ma per proteggere chi ha già risparmiato, rendendo impossi-bile risparmiare a chi non l’ha già fatto».

Qual è la vostra opinione a proposito dell’efficaciadei controlli?«Riteniamo che dal nuovo redditometro possa derivare unimpulso forte nel contrasto dell’evasione da parte dell’am-ministrazione finanziaria. Fermo restando che l’utilizzo diquesto strumento non dovrà essere automatico, ma a sup-porto della selezione delle posizioni da assoggettare poi acontrolli analitici. Nonostante la legge autorizzi un uso au-tomatico, a nostro parere sbagliato, l’Agenzia delle Entrateha mostrato l’intenzione di seguire la strada da noi indicata.Una dichiarazione di intenti che ci fa molto piacere, ma sa-remmo ancora più contenti se la norma venisse adeguata,piuttosto che lasciare aperti possibili ripensamenti futuri».

Lei ha sottolineato più volte anche l’importanza dicostruire una certezza dei diritti e dei doveri. «Innanzitutto occorre far sì che leggi di condono non pos-sano più essere approvate con la semplice maggioranza par-lamentare, ma che richiedano delle convergenze ampie, inmodo da tornare ad essere ciò che dovrebbero: non unostrumento utilizzato nella storia del nostro paese con tristeordinarietà, a servizio delle esigenze di gettito del governodi turno, ma un provvedimento straordinario, sul quale nonpoter fare affidamento. L’uso smodato che ne è stato fattoha infatti avuto l’effetto di aumentare la disaffezione fiscale.

«Un’azione antievasione che sia efficacesenza diventare però feroce». ClaudioSiciliotti, presidente del Consiglio nazionaledei dottori commercialisti e degli esperticontabili, sottolinea l’importanza di costruireuna certezza dei diritti e dei doveri

Controlli miratie regole certe

di Michela Evangelisti

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Claudio Siciliotti • Evasione fiscale

Altro intervento importante per ripristinare la certezzadelle regole è andare a normare in modo più puntuale ilcosiddetto “abuso del diritto”, un problema molto sentitotra gli operatori economici e gli imprenditori, che creaspesso contenziosi con il fisco in presenza non di vere eproprie violazioni di norme ma solo di presunte pianifica-zioni fiscali ritenute troppo aggressive. È indubbio che intaluni casi le contestazioni del fisco siano corrette, moltealtre volte però sono alquanto discutibili: bisogna trovareuna linea di confine, altrimenti sarà difficile, in un quadroeccessivamente magmatico di rapporti con l’amministra-zione finanziaria, che possano fiorire investimenti dal-l’estero e insediamenti produttivi in Italia».

A suo avviso è un errore utilizzare il recupero del-l’evasione per fare cassa. Come andrebbero allora im-piegate queste somme?«Il presupposto di partenza per costruire un giusto equili-brio nella lotta all’evasione fiscale, ovvero un’azione che siaefficace senza diventare però feroce, è un patto tra Stato ecittadino, per il quale il recupero di gettito derivante dallalotta all’evasione fiscale cessi di essere utilizzato a coperturadi spese e venga accantonato in un fondo da utilizzare pe-riodicamente in sede di legge finanziaria a copertura di ri-duzioni delle imposte. Questo elemento accrescerebbe lacompartecipazione del cittadino alla lotta all’evasione, lad-dove oggi la percepisce non a suo favore ma come una lottatra lui e lo Stato, e aiuterebbe anche la stessa amministra-zione finanziaria ad avere minori pressioni sugli obiettiviquantitativi di gettito da raggiungere».

Una recente sentenza della Corte di Cassazione haconfermato il sequestro preventivo nei confronti del

professionista che concorre alla realizzazione dell’ille-cito tributario con l’azienda di cui è depositario dellescritture contabili. Cosa ne pensa?«Nella misura in cui sia adeguatamente provato, non conmere presunzioni, che un professionista non è stato sem-plicemente l’esecutore di un disegno del suo cliente ma ad-dirittura il soggetto che ha architettato un comportamentocriminoso, è logico che in qualità di soggetto che ha con-corso al reato sia coinvolto anche nelle conseguenze di tipopenale e patrimoniale».

La legge di stabilità parla di una riforma degli ordiniprofessionali. Come auspicate che il nuovo governo sirapporti al vostro ordine?«Auspichiamo innanzitutto che si rapporti, che ci sia consa-pevolezza del fatto che è opportuno fare la riforma delle li-bere professioni insieme alle professioni stesse. Certamentenon dobbiamo cadere in un modello concertativo che bloccatutto a priori: qualche interlocutore delle professioni eccessi-vamente protezionista non può pretendere di esercitare unasorta di diritto di veto. Ma nel mondo delle professioni cisono grandi aperture a una riforma, che non sia un’abroga-zione, e tra queste voci aperte al dialogo c’è senza dubbioquella dei commercialisti. Dobbiamo partire dal superamentodel concetto dei professionisti come una casta di privilegiati,da combattere o da blandire. Gli iscritti all’albo sono sempli-cemente un pezzo del paese, 2milioni in tutto: questo mondoeterogeneo va affrontato per quello che è, togliendo sacchedi privilegio dove ve ne sono. Queste sacche non coincidonocon i percorsi formativi e gli esami di stato, che sono elementidi qualificazione, bensì con le esclusive laddove non giustifi-cate, con i numeri chiusi laddove non giustificati».

Occorre un prelievomeno iniquo nella suadistribuzione traredditi di lavoro eredditi patrimoniali

Claudio Siciliotti, presidente

del Consiglio nazionale

dei dottori commercialisti

e degli esperti contabili

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Evasione fiscale • Daniela Gobbi

Secondo l’ultima relazione di monitoraggiosullo stato del contenzioso tributario e sull’at-tività delle relative commissioni, nel 2010 il nu-mero totale di ricorsi presentati, considerandoentrambi i gradi di giudizio, è rimasto sostan-zialmente invariato rispetto al 2009; nel detta-

glio, però, risulta diminuito presso le commissioniprovinciali e aumentato presso quelle regionali. «Questainversa tendenza, che vede un aumento dell’11% circadegli appelli, potrebbe rappresentare il sintomo di un’ac-cresciuta attenzione dei contribuenti alla definizione aproprio favore del contenzioso e alla salvaguardia dei pro-pri interessi – commenta Daniela Gobbi, al vertice delConsiglio di presidenza della giustizia tributaria –. La crisieconomica, già presente nel 2010, ha certamente avuto ilsuo effetto nello stimolare i ricorrenti a non prestare ac-quiescenza al giudizio di primo grado, tentando di sov-vertirlo nel grado successivo».

Per quanto riguarda le decisioni assunte dai giudici,nelle commissioni regionali gli esiti favorevoli al con-tribuente superano il 45% dei casi. Un dato decisa-mente alto. Cosa non funziona nel modo di portareavanti gli accertamenti sugli evasori? «Compito del giudice non è quello di esprimere valuta-zioni in merito al modus operandi degli uffici impositori,ma esclusivamente di valutare le ragioni esposte dai ri-correnti alla luce dei dettati normativi. Il prevalere delleragioni dei contribuenti rispetto a quelle degli uffici fi-nanziari, d’altronde, non è un dato di quest’anno, ma una

tendenza confermata da almeno un triennio e che il Con-siglio di presidenza ha sempre segnalato. Risposte più ef-ficaci alla domanda potrebbero venire anche da unapuntuale analisi delle imposte oggetto delle decisioni deigiudici regionali: difatti nelle tabelle del 2010 in primopiano tra gli esiti favorevoli al contribuente troviamo lesentenze sulla materia dell’Irap, e ben sappiamo come inquesti ultimi anni l’applicazione di tale imposta ad alcunecategorie produttive sia risultata priva dei necessari pre-supposti».

Nonostante l’ampia fetta di esiti favorevoli al contri-buente, sono entrate in vigore ed entreranno ulterior-mente in vigore norme che rendono sempre piùspedita la riscossione di ciò che viene accertato. Cosane pensa? «Le richieste di sospensiva degli atti impugnati sono inquesti ultimi anni in costante aumento (33% in più solonel 2010) e l’avvio ad ottobre di quest’anno della nuovadisciplina che rende direttamente esecutivi gli avvisi di ac-certamento senza bisogno di attendere il ruolo fa ritenereche ce ne sarà un’ulteriore crescita esponenziale con uncongestionamento del lavoro delle commissioni. Proprioperché le nuove norme approvate tendono a rendere piùspedita la riscossione, il vero problema a mio avviso èquello di continuare a garantire la tutela degli interessi deicontribuenti e degli enti impositori con una migliore edefficace attività della giustizia tributaria, potenziandonegli organi e dotandoli di efficaci strumenti di lavoro».

Il sistema di giustizia tributaria potrebbe essere ul-

Le prospettive future per il sistema dellagiustizia tributaria non sono favorevoli.«Destinare al suo rafforzamentole risorse derivanti dall’introduzionedel contributo unificato» è una delle proposte di Daniela Gobbi

Il punto sulcontenzioso

di Michela Evangelisti

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Daniela Gobbi • Evasione fiscale

teriormente snellito e velocizzato?«La giustizia resa dalle commissioni tributarie è senza dub-bio la più veloce del nostro sistema giudiziario. I tempi dideposito delle sentenze dalla data di presentazione del ri-corso sono circa 2 mesi dalla discussione in udienza. Untempo record. Le prospettive sono meno favorevoli. Perazzerare l’arretrato, presente perché in generale gli orga-nici sono insufficienti, il Consiglio di presidenza ha di-sposto il ripristino delle 4 udienze mensili per collegio. Abreve entreranno a far parte del corpo giudicante 960nuovi giudici tributari, tutti provenienti dalla magistraturaordinaria, amministrativa, contabile e militare. Astratta-mente si può ritenere che la presenza di nuovi giudici ac-celererà il processo di smaltimento dell’arretrato».

E invece?«Da alcune parti è stato evidenziato il timore che, trattan-dosi di ingressi riservati ai soli magistrati di carriera, lamaggior parte dei quali già ampiamente oberati dal caricodi lavoro presente nelle amministrazioni di rispettiva pro-venienza, il problema dell’arretrato potrebbe non trovaresoluzione, anzi, essere destinato ad aumentare. Il Consi-glio di presidenza potrebbe ovviare ai problemi di avvio eriorganizzazione del sistema giudiziario monitorando lesingole situazioni delle commissioni tributarie, ma i re-centi tagli di bilancio, che hanno ridotto la dotazione fi-nanziaria di circa il 45% rispetto a quella riconosciuta nel2007, ha di fatto impedito che proseguisse nella ricerca disoluzioni specifiche e di pronta applicazione».

Le recenti manovre hanno introdotto numerose no-

vità anche in materia di processo tributario. «In primo luogo si rileva l’introduzione dell’accertamentoesecutivo, i cui effetti possono essere temperati solo da unapronuncia di sospensione cautelare del provvedimento insede giudiziale. Diversamente, il contribuente prima dovràpagare e poi, se ha presentato ricorso, sperare in una sen-tenza favorevole. Vi è comunque da osservare che l’intro-duzione del contributo unificato, in un primo tempopensato per reperire nuove risorse da destinare alla giu-stizia tributaria e al miglioramento complessivo del si-stema, di fatto si sta traducendo in un’entrata certa per loStato, la cui destinazione non è ancora stata definita. Se lerisorse non saranno devolute in massima parte al miglio-ramento della giustizia tributaria, si potrà affermare che ilcontribuente sarà stato penalizzato due volte. In primoluogo perché per difendersi dal pagamento di un tributoche reputa ingiusto o illegittimamente preteso dovrà ver-sare un ulteriore tributo, in secondo luogo perché, anchese dovesse risultare vincitore, comunque avrà versatoun’imposta per la quale non è previsto il rimborso».

Come ovviare dunque al problema? «Destinando le risorse agli organi che operano a favoredella giustizia tributaria, alla formazione e all’aggiorna-mento dei giudici, al potenziamento delle strutture e alloro ammodernamento, ai giudici tributari stessi, ricono-scendo loro un compenso idoneo alla funzione che svol-gono, in modo tale che l’intero sistema ne tragga unmiglioramento in termini di efficienza e produttività: cosìi vantaggi avrebbero un ritorno concreto sul contri-

La crisi economicaha stimolato i ricorrentia non prestareacquiescenza algiudizio di primo grado

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Evasione fiscale • Daniela Gobbi

buente».Per chiudere più facilmente le liti minori pendenti è

stato definito un mini condono riguardante le causetributarie di valore inferiore ai 20 mila euro. Serviràad alleggerire il lavoro delle commissioni?«Alla data di entrata in vigore della norma che permettela definizione dei ricorsi presentati contro l’Agenzia delleEntrate e di importo inferiore a 20.000 euro il numero diessi è stato stimato in circa 290.000 sui 624.000 pendenti.In termini percentuali rappresenterebbero quindi circa il46% del totale arretrato e, ovviamente, il loro smaltimentocon tale procedura semplificata alleggerirebbe non poco ilnumero di quelli che i giudici tributari sono chiamati adecidere; tuttavia il vero dato significativo sarà quello delnumero di coloro che decideranno di utilizzare lo stru-mento della definizione extragiudiziale. Solo allora potràesserne valutato l’impatto sul lavoro ordinario delle com-missioni».

Il prevalere delle ragioni deicontribuenti rispetto a quelledegli uffici finanziari è unatendenza confermata daalmeno un triennio

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Il ministero delle Finanze ha stimato che nel nostro Paesel’evasione fiscale di massa ammonta a circa 110 miliardidi euro. Ma qual è il confine tra la questione culturale ela mancanza, rispetto agli altri paesi, di sanzioni adeguateper chi evade il fisco? Da questo punto di vista le normenel nostro ordinamento certamente non mancano, ma

gli accertamenti, secondo il professor Carlo Federico Grosso,evidenziano una carenza strutturale nella loro realizzazione. «Sitratta sia di una questione culturale, in quanto il cittadinomedio italiano ritiene che rubare al fisco non costituisca un il-

lecito ma sia dimostrazione di furbizia, che di organizzazionegiuridica. Sotto questo secondo profilo, più che di carenza disanzioni adeguate contro gli evasori parlerei, soprattutto, di ca-renze perduranti nel sistema degli accertamenti, in larga misuradovute alla mancanza di una reale volontà politica di preveniree reprimere tale fenomeno».

Per i reati penali tributari sono state ridotte le so-glie per le quali scatta la sanzione penale in materiadi reati tributari, con la possibilità di carcerazione im-mediata per i maxi evasori. L’inasprimento delle penepotrà servire ad arginare in qualche modo questomalcostume?«Nella misura in cui la sanzione penale è utile a disincen-tivare dalla commissione degli illeciti (e questa utilità esistesicuramente, anche se, in concreto, risulta appannata dallainefficienza complessiva della giustizia italiana), ampliarel’ambito di applicazione delle sanzioni e prevedere la pos-sibilità di incarcerazione immediata nei casi di maggior gra-vità può avere una sua efficacia. Come ho già detto, misembra che il terreno di intervento più utile sia, comun-que, quello dell’affinamento dei meccanismi di ricerca eaccertamento delle evasioni fiscali da parte degli uffici fi-nanziari e della Guardia di Finanza».

Anche per la prescrizione dei reati tributari si è pas-

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Nell’ultima manovra finanziariasono state introdotte norme ancora più restrittive contro l’evasione fiscale.Come ricorda l’avvocato Carlo FedericoGrosso, il primo passo è costituito dagliaccertamenti che devono rappresentarel’arma principale per scoprire gli evasori

Accertamentipiù efficaci

di Nicolò Mulas Marcello

Evasione fiscale • Carlo Federico Grosso

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sati dai 6 agli 8 anni e, inoltre, viene previsto che ilpatteggiamento possa essere richiesto solo nel caso incui venga estinto il debito fiscale. Qual è l’efficacia diqueste misure?«Rendere più difficile l’estinzione dei reati a causa del soprag-giungere della prescrizione possiede un indubbio effetto raf-forzativa dell’efficacia preventiva della sanzione. Il problemanon riguarda tuttavia soltanto il settore dei reati fiscali, ma tuttii settori di reità».

Oggi i Comuni hanno più potere nella lotta al-l’evasione. Grazie alla collaborazione con Agenziadelle Entrate e Guardia di Finanza sarà più facile in-dividuare i redditi occultati. I controlli sono il primopasso per scoprire le evasioni. Secondo lei questa èun’altra carenza del nostro sistema?«Si tratta, in realtà, di una misura particolarmente utile, inquanto costituisce strumento di affinamento dei meccanismi diricerca e accertamento dell’evasione fiscale, che, come hodetto, a mio avviso costituiscono il mezzo più importante dilotta al fenomeno dell’evasione fiscale. Ben vengano, pertanto,ulteriori interventi su questo terreno. Ma non ho l’impres-sione che la lotta all’evasione fiscale sia, tuttavia, davvero alcentro dell’attenzione e della volontà politica di governo eParlamento (o lo sia comunque stato)».

A sinistra, Carlo Federico Grosso, professore ordinario di diritto

penale nell’Università di Torino

I meccanismi di accertamento a mio avviso costituisconoil mezzo più importantedi lotta all’evasione

Carlo Federico Grosso • Evasione fiscale

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Violazioni fiscali • Studio Bana

L’apertura di procedimenti penali a carico di amministratori dellesocietà per violazioni fiscali, rende di estrema attualità il problema del rischio penale nelle scelte di pianificazione fiscale. Neabbiamo discusso con gli avvocatidello Studio Bana

Rischi penalinella pianificazionefiscale

di Nicoletta Bucciarelli

Nei moderni sistemi di tassazione aziendale,vista la pluralità di regimi fiscali tra loro in-trecciati e correlati, il contribuente può sce-gliere il modo meno oneroso fiscalmente perrealizzare le operazioni economiche. La “le-cita pianificazione fiscale”, cioè la scelta, tra

due regimi fiscali alternativi, messi a disposizione dall’or-dinamento con pari dignità, degenera qualche volta inespedienti e scappatoie formalmente leciti, ma disappro-vati sostanzialmente dallo spirito del sistema. Si prendaper tutti ad esempio il caso dell’elusione fiscale, in cui cisi serve di imperfezioni o altri sfasamenti normativi al finedi aggirare i principi sistematici di alcuni settori della tas-sazione. La pianificazione fiscale pertanto, attività impor-tantissima nel quadro delle scelte strategiche dell’impresa,si trova sempre più spesso, nel corso di questi ultimi anni,a dover fronteggiare proprio il rischio penale. Questo di-pende dal vasto ambito di applicazione delle norme pe-nali tributarie e da alcuni recenti orientamentigiurisprudenziali. Ne abbiamo parlato con i professioni-sti dello Studio Bana, attivi da anni nel settore dei reatitributari.

Quali sono le cause che stanno dietro l’au-mento di procedimenti penali per reati tributari acarico di amministratori di società?FABIO CAGNOLA: «Una delle cause del proliferare diprocedimenti penali è senza dubbio l’interpretazione chead alcune norme della legge penale tributaria viene datadalle autorità fiscali, secondo le quali ogni violazionedelle norme fiscali superiore a determinati importi (le co-siddette “soglie di punibilità”, decisamente basse se rife-rite alle società di medie-grosse dimensioni), anche senon commessa con l’uso di mezzi fraudolenti, integra unaviolazione penale. E, per quanto una parte della magi-stratura non condivida tale approccio, ogni verifica fiscalenella quale vengono contestate violazioni che superinole soglie di punibilità sfocia inevitabilmente in un proce-dimento penale. Questo dipende dal fatto che le autoritàfiscali hanno l’obbligo di segnalare la violazione alla Pro-cura della Repubblica, senza poter procedere ad alcuna

Lo Studio Bana ha la sede a Milano

www.studiobana.it

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Studio Bana • Violazioni fiscali

valutazione in diritto. Un altro fattore è l’atteggiamentoassunto sempre più spesso dalle stesse autorità fiscali che,specie nel settore delle società multinazionali, a volte - amio giudizio - non valutano adeguatamente le implica-zioni dell’appartenenza della società a un gruppo multi-nazionale e quindi la necessità di considerarne la politicafiscale in un’ottica globale, non limitata alla prospettivadel fisco italiano».

Possiamo quindi dire che nella pianificazionefiscale si annida oggi un rischio di procedimentopenale?GIACOMO GUALTIERI: «Direi proprio di sì inquanto la possibilità che nel corso di un’ispezione fiscalevengano contestate voci che superano le soglie di puni-bilità e che quindi le autorità fiscali inoltrino rapportoalla Procura della Repubblica è, specie per le società dimedie-grosse dimensioni, frequente».

Ma che cosa comporta per l’amministratore diuna società la pendenza di un procedimento pe-nale a suo carico?G.G.: «Certamente una grande preoccupazione: si trattainfatti il più delle volte di soggetti che hanno effettuatoil trattamento fiscale di determinate voci, sia confidandonei dati e nelle informazioni ricevute dalle strutture com-petenti della società, sia nei pareri di professionisti esterni,e che faticano quindi a comprendere perché si trovano adover affrontare una vicenda penale. Per di più, moltospesso si tratta di cittadini stranieri residenti all’estero, aiquali diventa ancora più difficile spiegare le logiche delnostro sistema normativo tributario e penale-tributario.E non sono solo preoccupazioni per la pena che potrebbeessere inflitta al termine di un procedimento penale: lalegge penale fiscale, infatti, prevede anche la possibilità disequestrare il profitto del reato in corso di procedimento,a carico sia della persona fisica che della società».

Quali sono i settori dell’attività d’impresa chemaggiormente si sono trovati al centro di proce-dimenti penali per reati tributari?ANTONIO BANA: «Principalmente, quelli dei prezzidi trasferimento, i ‘transfer pricing’, che vengono spesso

Le autorità fiscali, specie nel settore delle società multinazionali, a volte non valutano leimplicazioni dell’appartenenzadella società a un gruppomultinazionale e quindi la necessità di valutarla in un’ottica globale

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contestati dalle autorità fiscali. I cosiddetti ‘costi digruppo’, e cioè i costi che la casa-madre alloca presso leconsociate quali corrispettivi per la fruizione di serviziche la casa madre svolge. C’è poi la ‘stabile organizza-zione’, che ricorre ogniqualvolta le autorità fiscali riten-gano che presso una società italiana appartenente ad ungruppo multinazionale operi una succursale della societàstraniera che non produca reddito tassato in Italia e, infine,le ‘esterovestizioni’, ossia società aventi sede all’estero cheil fisco ritiene invece soggette a tassazione italiana. Altrosettore in cui pure è frequente il sorgere dei procedimentipenali è quello delle accise».

In questi ultimi tempi si è sentito parlare spessodi ‘elusione fiscale’ o ‘abuso del diritto’: quale è ilriflesso penale di tali istituti?MARCELLO BANA: «Vi è un dibattito aperto in dot-trina e in giurisprudenza sul fatto se il fenomeno elu-sione/abuso del diritto possa dare effettivamente luogo aviolazioni di natura penale. Personalmente, io ritengo dino, dal momento che in tali casi il contribuente pone inessere operazioni sotto tutti i profili di diritto valide e le-gittime, che vengono però dichiarate dal fisco non op-ponibili in quanto giudicate prive di valide ragionieconomiche. Punire penalmente il contribuente, non per-ché abbia violato una norma fiscale - come avviene nelcaso di evasione - ma soltanto in quanto, secondo il giu-dizio assolutamente discrezionale delle autorità fiscali, haposto in essere operazioni non supportate da “valide ra-gioni economiche” significa far dipendere il rischio pe-nale solo ed esclusivamente dalle valutazioni discrezionalidella autorità amministrativa. Questo lo ritengo in con-trasto con i principi fondamentali del diritto penale, cheimpongono invece che il cittadino, nel momento in cuitiene una determinata condotta, debba essere in condi-zione di conoscere in modo chiaro e preciso ciò che è le-cito e ciò che non lo è».

Nel corso dell’estate del 2011 il legislatore hariformato in parte il diritto penale tributario. Inche direzione si sono mosse tali riforme?GIUSEPPE BANA: «Anzitutto sono state ulterior-mente ridotte le già basse soglie di punibilità. Poi si sono

Quando si può provare che l’amministratore si è premurato di verificare la correttezza delle propriescelte in materia fiscale, si puòescludere che abbia agito condolo e che quindi debbarispondere penalmente

Violazioni fiscali • Studio Bana

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allungati i termini di prescrizione, per cui oggi il termineper l’estinzione della maggior parte dei reati tributari, te-nendo conto anche dei fatti interruttivi, è di ben diecianni. E ancora, sono stati posti dei limiti alla concessionedel beneficio della sospensione condizionale della pena,quando l’ammontare dell’imposta evasa abbia superatodeterminati limiti. La possibilità di usufruire del patteg-giamento, infine, è stata subordinata all’avvenuto paga-mento dei debiti tributari».

Che giudizio date di tali interventi riformatori?GIOVANNI BANA: «Secondo noi si è eccessivamenteaccentuato l’intervento della sanzione penale nel settoredelle violazioni fiscali e si è persa invece un’occasione perfare chiarezza su argomenti di diritto penale tributarioancora controversi, quale quello della elusione/abuso deldiritto»

In una situazione di questo genere come do-vrebbero comportarsi gli amministratori delle so-cietà italiane?G.G.: «Dovranno prestare particolare cura nel verificareche il trattamento fiscale delle varie voci inserite in di-chiarazione sia conforme a legge. Se non possiedono suf-ficiente preparazione in materia fiscale, dovranno farsiassistere da consulenti che possano adeguatamente consi-gliarli. Quando si tratti di società multinazionali, do-vranno assicurarsi che le scelte di pianificazione fiscale

effettuate dalla società capogruppo siano rispettose anchedelle norme fiscali italiane. Certo, tutto ciò non escludeil rischio che le autorità fiscali possano comunque muo-vere contestazioni al trattamento fiscale delle varie voci,ma non dobbiamo dimenticarci che i reati fiscali sonoreati dolosi, che presuppongono l’intenzionalità dellacondotta e la volontà di evasione fiscale. Ciò significa che,quando si può provare che l’amministratore si è premu-rato di verificare la correttezza delle proprie scelte in ma-teria fiscale, magari chiedendo pareri ad esperti del settoreche lo hanno rassicurato in relazione a tali scelte, si puòescludere che abbia agito con dolo e che quindi debbarispondere penalmente. Altro punto molto importante èquello della trasparenza delle scelte. Sappiamo che in temadi ‘transfer pricing’ le recenti riforme normative hannoprevisto una causa di non applicabilità delle sanzioni tri-butarie quando la società abbia istituito i ‘files’, che sonosostanzialmente dei dossier contenenti la documentazionea supporto del trattamento fiscale delle voci, appunto, di‘transfer pricing’: riteniamo che tale normativa sia espres-sione di un principio più generale, secondo il quale nonvi può essere dolo tutte le volte in cui il contribuente in-dichi nella documentazione ufficiale della società le ra-gioni delle sue scelte fiscali, in modo da rendereimmediatamente edotte le autorità fiscali, in caso diverifica, dei motivi che hanno determinato tali scelte».

Studio Bana • Violazioni fiscali

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La Corte di Cassazione è intervenuta in varie occasioni per definirel’interpretazione corretta delle norme in materia di reati fiscali.Alessio Scarcella spiega su quali ambiti si sono espressi i giudicie quali sono le zone d’ombra ancora esistenti

Le linee guidadella Cassazione

L’efficacia sanzionatoria dei reati tributari è indi-scutibilmente in stretta relazione con l’interpre-tazione delle leggi da parte dei giudici. Su questofronte è intervenuta spesso la Corte di Cassa-zione per affermare e ribadire i principi cardinedel nostro ordinamento in materia di reati fiscali.

«La strategia di contrasto al fenomeno delle frodi fiscali –spiega Alessio Scarcella, magistrato in servizio presso la Cortesuprema di Cassazione – assume una valenza extranazionale,pur in presenza di fenomeni che nel nostro Paese hanno as-sunto preoccupanti contorni».

La Corte di Cassazione, con la sentenza 1235/11, hadecretato che i reati in materia fiscale sono speciali ri-spetto al delitto di truffa a danno dello Stato. Comesi è arrivati a questa decisione?

«La Corte, dopo aver affermato che il delitto di frode fiscale siconnota come reato di pericolo o di mera condotta, ha preci-sato che è configurabile un rapporto di specialità tra le fatti-specie penali tributarie in materia di frode fiscale e il delitto ditruffa aggravata ai danni dello Stato. Qualsiasi condotta frau-dolenta diretta all’evasione fiscale esaurisce il proprio disvalorepenale all’interno del quadro delineato dalla normativa spe-ciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e di-verso rispetto all’evasione fiscale, quale l’ottenimento dipubbliche erogazioni. La Corte, inoltre, richiamando il cosid-detto “principio di assimilazione” sancito dall’articolo 325 delTrattato sul funzionamento dell’Unione europea, ha precisatoche le predette fattispecie penali tributarie, repressive anchedelle condotte di frode fiscale in materia di Iva, esauriscono lapretesa punitiva dello Stato e dell’Unione perché idonee a tu-

Reati fiscali • Alessio Scarcella

di Nicolò Mulas Marcello

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telare anche la componente comunitaria, atteso che la lesionedegli interessi finanziari dell’Ue si manifesta come lesiva, invia diretta e indiretta, dei medesimi interessi».

È possibile entrare nello specifico della norma?«La sentenza depositata nel gennaio 2011, nel ribadire in ma-niera più chiara l’esistenza del rapporto di specialità tra le duefattispecie, ha in sostanza affermato che sia il delitto di dichia-razione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documentiper operazioni inesistenti che quello di emissione di fatture oaltri documenti per operazioni inesistenti, sono in rapporto dispecialità rispetto al delitto di truffa aggravata ai danni delloStato. Questo perchè qualsiasi condotta di frode al fisco - pur-ché non ne derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto al-l’evasione fiscale, quale l’ottenimento di pubbliche erogazioni- non può che esaurirsi all’interno del quadro sanzionatoriodelineato dall’apposita normativa. Ciò significa, dunque, chenel caso in cui la condotta fraudolenta sia finalizzata al soloscopo di evadere il fisco, si applicheranno solo le norme penalitributarie e non anche il reato di truffa ai danni dello Stato; di-versamente, ove il comportamento fraudolento abbia di mirail conseguimento di un profitto ulteriore e diverso rispetto allasolo evasione fiscale, scatterà il concorso tra fattispecie».

Esistono casi nei quali è possibile ravvisare un rap-porto di concorso tra frode fiscale e truffa allo Stato?«Non vi è dubbio che il comportamento fraudolento deter-mina un danno erariale derivante, in positivo, dal mancato ver-samento dei tributi, ovvero dall’emersione di crediti erarialinon dovuti. La compresenza del danno ha interrogato più voltela giurisprudenza sull’applicazione del “giusto” criterio, por-tando, nel più recente passato, alla contestazione multipla, cioè,di concorso con le situazioni specificamente trattate dallenorme penal-tributarie. Qualsiasi condotta di frode al fisco, senon intende realizzare obiettivi diversi, non può che esaurirsiall'interno del quadro sanzionatorio delineato dall’appositanormativa: se, invece, l’attività fraudolenta, oltre che consentirea terzi l’evasione del tributo (o a permettere indebiti rimborsi)è destinata a finalità ulteriori - tipica l’ipotesi della emissionedi false fatture per consentire a un operatore di ottenere inde-bitamente contributi, comunitari e non - è evidente che nonpotrà sussistere alcun problema di rapporto di specialità franorme, venendo in discorso una condotta finalisticamente“plurima” e tale da ledere o esporre a pericolo beni fra lorodifferenti».

In materia di reati tributari ci sono recenti casi incui la Corte di Cassazione è stata chiamata a espri-mersi definendo meglio l’interpretazione delle leggi?«In questo ambito rientra, ad esempio, la recente decisione resain una nota vicenda giudiziaria assurta agli onori della cro-naca, secondo cui il valore di riferimento per il sequestro fun-zionale alla confisca per equivalente, in caso di delitto diriciclaggio transnazionale avente a oggetto i proventi del reatodi frode fiscale, deve essere quantificato sulla base del profittodi tale ultimo reato, entrato a far parte delle operazioni di ri-ciclaggio transnazionale; precisandosi che se il riciclaggio ha aoggetto i proventi del reato di frode fiscale, detti proventi co-stituiscono anche il profitto del riciclaggio in relazione ai sog-

getti autori del solo reato transnazionale». A suo giudizio in Italia i giudici hanno tutti gli

strumenti necessari per colpire gli autori delle frodifiscali e delle truffe o esistono zone d’ombra? «La strategia di contrasto al fenomeno delle frodi fiscali (inparticolare di quelle Iva) assume una valenza extranazionale,pur in presenza di fenomeni (quali quelli dell'evasione e del-l'elusione fiscale) che nel nostro Paese hanno assunto preoc-cupanti contorni, sì da far ipotizzare la reintroduzione disanzioni penali detentive dotate di reale deterrenza e afflittività,con conseguente superamento del blando impianto sanziona-torio introdotto poco più di dieci anni or sono con il decretolegislativo 74/2000».

Cosa occorre fare in più su questo fronte?«In tema di lotta alle frodi sono state adottate diverse conven-zioni. Pur riconoscendo l’esistenza di adeguati strumenti legi-slativi di contrasto, non può tuttavia sottacersi come,nonostante l’esistenza di strumenti operativi di natura caute-lare destinati a incidere immediatamente e con efficacia sulfronte preventivo, un’importante zona d’ombra del sistema re-pressivo è costituita dall’esclusione della responsabilità ammi-nistrativa da reato degli enti, ex decreto 231 del 2001, stante lamancata inclusione nel catalogo dei cosiddetti reati-presuppo-sto delle fattispecie penali tributarie. Ciò, all’evidenza, rappre-senta un grande limite, depotenziando la risposta sanzionatoriae l’effettività della tutela degli interessi fiscali, anche del-l’Unione europea, soprattutto laddove si consideri che il fe-nomeno delle frodi carosello è tipico delle strutture societarie.Da qui deriva la necessità, de iure condendo, che il legislatoreadotti le necessarie contromisure per impedire che la soluzionefornita dalla Corte - si badi bene, obbligata perché impostadalla normativa attuale - rappresenti una comoda scappatoiaper attività fraudatorie degli interessi fiscali dello Stato e del-l’Ue. Azioni poste in essere in modo disinvolto da soggetti che,trincerandosi dietro l’utile paravento della persona giuridica, sivedano garantita l’impunità proprio grazie alla mancata inclu-sione dei reati tributari nel catalogo dei reati-presupposto chefanno scattare la responsabilità dell’ente».

Un’importante zona d’ombradel sistema repressivoè costituita dall’esclusione dellaresponsabilità amministrativada reato degli enti

Alessio Scarcella • Reati fiscali

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Le prestazioni del commercialista per conto delcliente sono caratterizzate da una crescente spe-cializzazione, soprattutto nell’area finanza econtrollo, nell’area amministrativo-contabile,nella revisione e nella consulenza di dirittocommerciale e tributario e nel campo delle va-

lutazioni d’azienda e delle operazioni straordinarie. Lagiurisprudenza nel tempo ha accresciuto l’ambito di re-sponsabilità del commercialista: «Se l’errore del profes-

sionista – spiega l’avvocato Alessio Lanzi – è dovuto auna sua colpa, il contribuente potrà rivalersi sul propriocommercialista».

Le fattispecie che contemplano le responsabilitàdel commercialista nell’esercizio della sua profes-sione sono aumentate nel tempo? «Le fattispecie intese come previsioni legali non sono au-mentate, quello che è cresciuto è l’ambito applicativodelle forme di corresponsabilità che la giurisprudenza haassegnato anche ai professionisti, in relazione a quella cheè la loro attività di consulenza. Quindi, gli illeciti sia pe-nali che fiscali sono sempre gli stessi, però il commercia-lista, sulla base dell’interpretazione e della evoluzionegiurisprudenziale, è stato maggiormente coinvolto nelleresponsabilità che si possono verificare a carico del con-tribuente in relazione a queste ipotesi di reato».

Come si è evoluta la giurisprudenza in questoambito specifico? «Si sono allargati i confini della responsabilità del profes-sionista. Mentre un tempo munendosi di un “affidavit” oun parere tecnico “pro veritate”, il contribuente potevaseguire la traccia fornitagli dal consulente che aveva in-terpellato, adesso la giurisprudenza - basti pensare anchealle recenti sentenze in tema di abuso del diritto ed elu-sione fiscale - è molto meno incline a considerare lecitoun comportamento di un contribuente perché consiglia-togli dal professionista».

Nel caso in cui un commercialista commette l’er-rore di far dedurre dei costi che non sono deducibili,

C&P • GIUSTIZIA110

I rischi delle condotteillecite in ambito tributario

Reati fiscali • Alessio Lanzi

Occorre distinguere tra gli ambiti tributario amministrativo e penale tributarioper capire meglio le responsabilità del commercialista e quelle del contribuente.Il punto del professor Alessio Lanzi sulle colpe delle condotte illecite

di Nicolò Mulas Marcello

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in caso di accertamenti la responsabilità è sua?«Parlando di responsabilità tributaria, fiscale e ammini-strativa, la colpa è sempre del contribuente perché è luiche si assume l’obbligo della dichiarazione e, quindi, laresponsabilità dei contenuti. Peraltro se l’errore del pro-fessionista è dovuto a una sua colpa, il contribuente potràrivalersi sul commercialista e quindi chiedere a sua voltaun risarcimento dei danni per le sanzioni che ha dovutoeventualmente pagare all’erario».

La polizza assicurativa sulla professione del dottorecommercialista copre ogni possibile responsabilità? «Dal punto di vista della sfera patrimoniale del professio-nista la polizza assicurativa copre la responsabilità per er-rori dovuti a colpa. A questo punto però bisognadistinguere tra una responsabilità tributaria amministra-tiva e quella penale tributaria. Gli eventuali reati com-messi dal contribuente in concorso con il professionistasono un’altra faccenda, in quanto i reati fiscali allo Statosono soltanto dolosi, ovvero ci deve essere l’intenzionedel professionista. Pertanto deve accadere che il profes-sionista sia d’accordo con il contribuente e, al fine di far-gli evadere le imposte, consiglia assolutamente in modoconsapevole e fraudolento un comportamento da tenere.Questa, però, è una condotta diversa da quella della re-sponsabilità sul piano amministrativo e determinaun’azione di concorso del reato. È una condotta che nonè coperta da una polizza assicurativa perché le assicura-zioni non coprono i casi di dolo e, quindi, di volontarietàdel danno».

A sinistra, Alessio Lanzi, avvocato e professore ordinario

di procedura penale all’Università statale di Milano

Alessio Lanzi • Reati fiscali

Se l’errore del professionista è dovuto a una sua colpa, il contribuente potrà rivalersisul proprio commercialista

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Di recente è stata introdotta una rimodulazionedei criteri per riconoscere le società di comodo.Una volta scoperte, occorre verificare se visiano le condizioni per disapplicarle e, successi-vamente, stabilire se sono considerate operativeo non operative in base al test predisposto.

Quelle non operative devono procedere alla determina-zione del reddito presunto se non vogliono incorrere nel-l’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. «Èauspicabile che si preveda allo scioglimento – spiega il pro-fessor Victor Uckmar – con l’applicazione della sola impo-sta di registro sul trasferimento nella proprietà dei beni aseguito di liquidazione».

Ma cosa sono e quanto costa aprire una di que-ste società?«L’espressione “società di comodo” ha una pluralità di si-gnificati. Il legislatore con l’articolo 30, legge 1994, n. 734le ha indicate come quelle che hanno limitate immobiliz-zazioni e un reddito inferiore a determinati parametri,mentre l’Agenzia delle Entrate usa la denominazione “so-cietà non operative”. Con la normativa in corso è stata ag-giunta l’ipotesi di società con perdite per tre anniconsecutivi o con reddito inferiore a quello descritto inbase a determinati coefficienti; lo stesso provvedimento ha

C&P • GIUSTIZIA114

Scoprire le società di comodonon sempre è un compito facile.A chiarire meglio la questione intervieneVictor Uckmar, che spiega a cosaservono e come scoprirle

Società di comodo: le nuove norme

di Nicolò Mulas Marcello

Vicktor Uckmar, professore emerito dell’Università di Genova

Società di comodo • Victor Uckmar

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disposto l’aumento del 10,5% della aliquota di imposta. Mala costellazione delle società di comodo è ben più ampia: cisono quelle intestatarie di beni di lusso - ville, yacht, aerei,auto di alto costo - costituite per evitare che detti beni en-trino nell’indice di ricchezza o comunque denotino unanotevole disponibilità dell’effettivo beneficiario, ovvero lepotenzialità economiche individuali in tema di reddito.Altre ancora sono le società che costituiscono “paravento”per evitare che alti proventi, talvolta illeciti - intermedia-zioni, sopravvenienze, partecipazioni agli affari - affluiscanoin capo al beneficiario con effetto per la imposizione per-sonale. Scorrendo le liste dei contribuenti dichiaranti nonne vedo traccia (e i calciatori?) anche se i nomi girano sullepagine dei giornali».

Quali sono le armi del fisco per scoprirle? E acosa servono le società di comodo, quando nonvengono costituite per aggirare il fisco?«Le società dell’ultimo tipo sono centinaia e, quindi, l’inda-gine è assai impegnativa e comunque con risultati a lunga di-stanza. Da tempo ho suggerito che per le società di tipopersonale che non svolgono effettiva attività industriale ocommerciale e, in sostanza, non coprono le funzioni propriedella società di capitali di adottare, per evitare la elusione nelladichiarazione dei redditi, il metodo della tassazione per “tra-

sparenza”, cioè direttamente in capo ai soci, come avviene perle società di persone (tendenza recentemente perseguita negliStati Uniti): ossia qualcosa del genere del regime previsto perle Controlled Foreign Companies per attività all’estero».

Come sono cambiate nel tempo le normative cheriguardano queste società? «Nella costellazione delle società di comodo ci sono anchequelle intestatarie di beni familiari (soprattutto immobili, ca-ratterizzate dalla stabilità nella proprietà dei beni, senza ope-razioni speculative) nel tempo costituite soprattutto a frontedel prelievo confiscatorio per l’imposta di successione. È au-spicabile si preveda lo scioglimento (come era stato consen-tito dalla richiamata legge del 1994), con l’applicazione dellasola imposta di registro sul trasferimento nella proprietà deibeni a seguito di liquidazione: sarebbe anche un buon me-todo per raccogliere prontamente quattrini».

Dalla manovra finanziaria arriva un’addizionaledel 10,5% e una serie di norme restrittive. Di cosasi tratta e cosa comporterà in concreto?«Il provvedimento, che prevede l’addizionale del 10,5%, noncredo sia profittevole di risultati per la lotta all’evasione non-ché della elusione e tanto meno per il buon ordine del rile-vante settore economico e ciò anche ai fini della perequazionetributaria».

Victor Uckmar • Società di comodo

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C&P • GIUSTIZIA116

La creazione di società offshore non sempre è illegale a priori.

Quello che non è legale è la fittizia localizzazione della residenza fiscale

all’estero per sottrarsi agli adempimenti tributari dell’ordinamento di reale

appartenenza. Giovanni Briola ne spiega il funzionamento

La frontieratra il legale e ilpenalmente rilevante

di Nicolò Mulas Marcello

Società offshore • Giovanni Briola

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C&P • GIUSTIZIA 117

Spesso le pagine dei giornali riportano notizie dellascoperta di ingenti evasioni fiscali riconducibili allacostituzione di società offshore in paradisi fiscali. Maqueste società sono inevitabilmente illegali o esisteuna linea di demarcazione precisa tra legalità e ille-galità? Proprio per fare il punto della situazione su

questo tema si è svolto nelle scorse settimane a Milano un con-vegno organizzato dall’Ordine degli avvocati del capoluogo lom-bardo: «Dall’incontro – spiega Giovanni Briola, avvocato erelatore del convegno – è emersa una totale distonia tra l’accer-tamento tributario e quello penale».

Facciamo un po’ di chiarezza. In quali casi è illegale

possedere una società offshore?

«La costituzione di una società in un paese dell’Unione europeaè consentita. Si tratta del diritto di stabilimento disciplinato dagliarticoli 49-55 del Trattato di funzionamento dell’Unione euro-pea. Quindi l’Ue lo prevede e ci sono paesi che incentivano que-sto tipo di creazione come Gran Bretagna, Olanda, Lussemburgo.È, quindi, un diritto che spetta sia a persone fisiche che a personegiuridiche. Quello che non è legale è la fittizia localizzazionedella residenza fiscale in paesi, anche Ue, per sottrarsi agli adem-pimenti tributari dell’ordinamento di reale appartenenza. Ov-vero nei casi in cui si verifica una simulazione finalizzata aun’elusione, abbiamo una violazione del principio di legalità. Inmateria di esterovestizione ad esempio, Dolce & Gabbana sonostati assolti perché è stato ritenuto legittimo questo tipo di crea-zione estera, quindi penalmente non sanzionabile. La menzionedi “società offshore” evoca trame oscure e Paesi esotici, comescritto da Grisham nel libro Il socio. Nel romanzo la società off-shore aveva sede alle isole Cayman, ma oggi non è più così. Cisono più società della Cayman in Svizzera che non alle Caymanstesse, come ha anche ribadito il ministro Tremonti all’Ecofin diBruxelles lo scorso maggio».

Quali sono i motivi principali che spingono

un’azienda ad andare offshore?

«Il motivo che può spingere a “emigrare” è, anzitutto, la fiscalità.Lo stesso governatore, Mario Draghi, al Forex (Congresso pergli operatori finanziari tenutosi a Verona il 25-27 febbraio 2011),ha affermato che la pressione fiscale in Italia è di circa il 43% delprodotto interno lordo, circa 3 punti in più rispetto a quella eu-ropea. La tassazione sul reddito è del 52%. Per questo molti cer-cano una scappatoia magari dove la fiscalità è al 4%».

I benefici valgono i rischi di una società diquesto

tipo?

«Il beneficio principale è di poter ottenere una tassazione age-volata, di molto inferiore a quella applicata in Italia. I rischi, in-vece, sono di due tipi: uno tributario e uno penale. Nel primocaso, ove venga accertata la sottrazione di un adempimento tri-butario nei confronti dell’Italia, ci sarà una ripresa fiscale e le re-lative sanzioni a carico del contribuente. Nel secondo caso ilrischio è che venga aperto un procedimento penale per le fatti-

specie previste dagli articoli 4 e 5 D.Lgs. n. 74/00 oppure per leipotesi alternative di riciclaggio o truffa aggravata ai danni delloStato».

L’ordine degli avvocati di Milano ha recentemente

tenuto un convegno sul tema “Paradisi fiscali, società

off-shore: la frontiera tra il legale e il penalmente rile-

vante”. Cosa è emerso dall’incontro?

«È emersa una totale distonia tra l’accertamento tributario equello penale. In concreto vi è una maggiore incisività dell’azioneamministrativa, anche perché poggia su principi diversi da quellidel processo penale, quale l’inversione dell’onere probatorio (lasocietà deve provare che la correttezza dell’operazione). Nel-l’ambito penale, invece, vigono i principi di legalità e di tassati-vità delle fattispecie, quindi per un giudice è molto difficilearrivare a una sentenza di condanna in assenza di prove certeanche per la difficoltà di trovarle, basti pensare alla Svizzera chenon presta collaborazione nell’ambito di reati legati all’ambitofiscale. Un sistema quindi a doppio binario con procedimentiindipendenti».

Il motivo che può spingerea “emigrare” è, anzitutto,la fiscalità in quantola pressione fiscale in Italiaè di circa il 43% del prodottointerno lordo

Società offshore • Giovanni Briola

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C&P • GIUSTIZIA118

Le aziende italiane che decidono di intraprendere il cammino

dell’internazionalizzazione si possono trovare, per richiesta di partner stranieri,

a costituire joint venture in paesi considerati paradisi fiscali. Giuseppe Marino

definisce la linea di confine della legalità

Il fisco nelmercato globale

di Nicolò Mulas Marcello

Società offshore • Giuseppe Marino

La scelta di costituire una società offshore può es-sere talvolta dettata dalla necessità di interagirecon partner stranieri. In un mercato sempre piùglobale, i rapporti con i paesi Bric spingono lenostre imprese a prendere questa decisione pernon precludersi la possibilità di stringere accordi

con partner situati nei paesi emergenti. «Sono i partneresteri – sottolinea Giuseppe Marino, docente di Dirittotributario internazionale e comunitario presso l’UniversitàBocconi – che talvolta chiedono alle aziende italiane di

localizzare la joint venture all’interno di un paradiso fi-scale».

La domanda che spesso ricorre è: possedere una

società offshore è legale?

«Assolutamente sì, è perfettamente legale. L’importante ètenerne conto nell’ambito della propria dichiarazione deiredditi. Non è contro la legge detenere investimenti al-l’estero o localizzati nei paradisi fiscali».

Al di là dell’elusione fiscale perchè un cittadino

privato decide di collocare il proprio capitale al-

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C&P • GIUSTIZIA 119

Società offshore • Giuseppe Marino

gica d’uso del paradiso fiscale, paradossalmente può esseredettata dal dover interagire con partner di altri stati, comead esempio nei paesi Bric. In questo caso i partner stra-nieri possono chiedere all’azienda italiana di localizzare lajoint venture all’interno di un paradiso fiscale. A diffe-renza del passato, il nostro sistema impresa, è oggi pre-sente nei paradisi fiscali per necessità, perché altrimentinon avrebbe la possibilità di chiudere accordi con partnersituati nei paesi emergenti. Un’altra motivazione extratri-butaria risiede nel mondo delle M&A: molto spesso leaziende italiane che crescono all’estero devono acquisiresocietà che già si trovano nei paradisi fiscali».

Quali sono i rischi di una società di questo tipo

dal punto di vista legale?

«Rischi non ce ne sono nella misura in cui si dichiara diavere una società controllata in un paradiso fiscale. Lalegge impone che quella società sia fiscalmente traspa-rente. Ovvero gli utili che si producono sono automati-camente utili italiani, quindi tassati in Italia. Se invece siopera una opacità, quindi si vuole che non ci sia traspa-renza, in questo caso il rischio sussiste. Per evitare questo,occorre presentare un’istanza di interpello all’Agenziadelle Entrate motivando che la scelta di avere la residenzafiscale all’estero è necessitata da ragioni di business, e chela società nel paradiso fiscale ha vari motivi economici,come il personale dipendente, lo stabilimento, gli uffici,e che è radicata nel mercato del territorio dove è inse-diata. In questo caso si richiede all’Agenzia delle Entratedi applicare la normativa Cfc (Controlled foreign compa-nies). In caso di approvazione la residenza fiscale può ri-manere nel paradiso fiscale, e gli utili realizzati nonvengono tassati in capo alla società controllante italiana».

In ambito normativo come è regolata questa ma-

teria in Italia?

«In Italia questa materia è eccessivamente regolata. Percui il rischio è che dal contrasto all’abuso del paradiso fi-scale si passi, considerando la logica dell’economia glo-bale nella quale viviamo, a un sistema di penalizzazioneper le imprese italiane. Un ostacolo considerevole in con-fronto alla libertà di cui godono le imprese di altri ordi-namenti che hanno meno vincoli del nostro».

l’estero?

«Per i privati cittadini il desiderio di andare ad allocare ilproprio patrimonio nei paradisi fiscali può essere moti-vata dal fatto che in essi sono localizzati gestori finanziariparticolarmente bravi rispetto a quelli che si potrebberotrovare nel proprio paese. Oppure preferiscono mante-nere all’estero il proprio patrimonio, pur nel rispetto ditutte le leggi tributarie e valutarie italiane, perché così fa-cendo il capitale è più difficilmente aggredibile dalle au-torità italiane. Per le persone fisiche possono pertantoesistere motivazioni extratributarie che spingono a collo-care, nel rispetto della legge, il proprio capitale all’estero».

E per quanto riguarda le società?

«Per le società la scelta è condizionata dalla propria atti-vità d’impresa. Alla caduta delle barriere tributarie nel1990, è stato consentito al nostro sistema impresa di an-dare a investire liberamente all’estero senza vincoli dialcun genere. Ciò si accompagnava anche al desiderio dipagare meno imposte all’estero. Prima di allora, esportarecapitali fuori dai confini era punito con sanzioni penali.Questo discorso nell’arco dei decenni si è corretto pervirtù degli interventi legislativi e ha introdotto una seriedi misure per contrastare l’abuso dei paradisi fiscali dalpunto di vista imprenditoriale. Attualmente quindi la lo-

Giuseppe Marino, docente

di Diritto tributario

internazionale

e comunitario presso

l’Università Bocconi

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C&P • GIUSTIZIA120

Qual è la natura dell’esenzioneintrodotta dall’articolo 217 bisdella legge fallimentare? L’avvocatoTommaso Pietrocarlo affrontagli aspetti controversi della normaintrodotta nel 2010 e i rischiconnessi al procrastinarsidi una semplificazione legislativa

Il nodo della responsabilità

di Luca Cavera

Il recente aggiornamento della legge fallimentare che,con l’articolo 217 bis, stabilisce l’esenzione da re-sponsabilità in ordine ai reati di bancarotta semplicee preferenziale, al di là dei suoi contenuti di merito,non può non ispirare una riflessione sul sistema nelsuo complesso. «Sebbene ci troviamo in una stagione

segnata da una profonda crisi – osserva l’avvocato Tom-maso Pietrocarlo – l’evoluzione del corpo legislativo ri-ferito alle attività produttive e imprenditoriali, anzichéorientarsi verso una maggiore chiarezza, pare complicarsi.Paradossalmente questa situazione trova una sua infelicecoerenza nel resto del corpus giuridico italiano, dato chein ogni settore manca una legislazione organica e conce-pita per consolidarsi nel tempo, per consentirne la sedi-mentazione e dare certezza ai suoi destinatari». L’articolo217 bis della legge fallimentare, introdotto con decretolegge il 31 maggio 2010, in seguito convertito in legge,prevede una forma di esenzione dalla responsabilità pe-nale per i reati di bancarotta preferenziale e bancarottasemplice in relazione ai pagamenti e alle operazioni ese-guiti in esecuzione di un concordato preventivo, di un ac-cordo di ristrutturazione dei debiti omologato o di unpiano di risanamento attestato da un professionista.

In che senso l’articolo 217 bis introduce unaforma di esenzione dalla responsabilità penale?«Laddove la norma introduce l’esenzione da responsabilitàpenale, lo fa proprio con riguardo a condotte in astrattocostituenti reato poste in essere in esecuzione di una diqueste tre procedure. Sulla natura dell’esenzione – terminedel tutto improprio rispetto alla teoria generale del reato– si ritiene che si tratti di una causa di esclusione della ti-picità. La norma opera nel senso che i pagamenti e le ope-razioni eseguiti in esecuzione dei tre istituti sono lecitirispetto alle ipotesi di bancarotta preferenziale e di banca-rotta semplice. I problemi applicativi che si potrebberoporre, in primo luogo, riguardano esatto significato deltermine “operazioni”, che è un po’ troppo generico».

Sono stati evidenziati diversi profili problema-tici in merito all’applicazione dell’articolo, in par-ticolare relativamente al piano di risanamentoprevisto dall’art. 67, comma 3, lett. d. In tal sensoquali nuovi interventi sarebbero necessari da partedel legislatore?«Sarebbe necessario individuare con sufficiente certezza i

La Legge Fallimentare • Tommaso Pietrocarlo

Tommaso Pietrocarlo, avvocato penalista del foro di Roma

[email protected]

Page 119: Dossier Giustizia 12 2011

C&P • GIUSTIZIA 121

La Legge Fallimentare • Tommaso Pietrocarlo

Con questa norma, c’èil rischio per l’imprenditoredi non riuscire ad agirenel pieno rispettodella legalità

criteri che il professionista è tenuto ad adottare per atte-stare la “ragionevolezza” del piano. Infatti, nel silenzio dellalegge, egli rischia di non avere alcun modello comporta-mentale di riferimento. Ci si chiede, in particolare in que-sta ipotesi, quale tipo di verifica debba precederel’asseverazione e se gli accertamenti necessari si debbanospingere fino, per esempio, alla verifica, non soltanto del-l’esistenza, ma anche della bontà di eventuali crediti indi-cati dall’imprenditore o della qualità dei debitori sociali.Non va infatti dimenticato che, a differenza del concor-dato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione, il pianoè adottato senza una preventiva omologazione da parte deltribunale e, in sostanza, che esso si basa esclusivamente sul-l’asseverazione del professionista che se ne assume la re-sponsabilità».

Se il cosiddetto “atto incriminato” può risultaredifficilmente identificabile per i professionisti, aquesto punto apparirà ambiguo anche per l’im-prenditore il confine tra lecito e illecito. Non c’è ilrischio di indurre l’imprenditore a commettere, tal-volta anche inconsapevolmente, un reato?«Il rischio è concreto, in quanto l’imprenditore che si ri-volge a un professionista per l’adozione di un piano di ri-sanamento, una volta ottenuta l’asseverazione, può darvicorso in perfetta buona fede e confidando sulla serietà delgiudizio espresso. Ove poi egli non sia in grado di com-pletare l’esecuzione del piano, si vedrà esposto, in caso difallimento, a un giudizio a posteriori da parte del giudicepenale, il quale, se riterrà irragionevoli le previsioni delpiano, potrà applicare le norme penali in materia falli-mentare rispetto ad atti compiuti in esecuzione del pianostesso».

Il professionista rischia di esercitare, in questoambito, totalmente privo di modelli comporta-mentali da seguire. A causa di questo scenario, cosarischiano professionisti e imprese?«Il rischio per l’imprenditore – e, in queste ipotesi, ancheper il professionista asseveratore – è quello di non riusciread agire nel pieno rispetto della legalità. Inoltre, per noiavvocati penalisti, il rischio è quello di non poter riuscirea esercitare il ruolo di consulenti che contribuiscano a evi-tare la commissione di reati, ma soltanto quello di legaliche intervengono nel processo solo dopo la commissionedel reato e quindi del danno».

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L’avvocato Adalberto Castoro esercita

la professione forense a Milano

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C&P • GIUSTIZIA122

Una contrazione degli ordinativie una conseguente riduzionedel fatturato e del credito bancariohanno comportato una richiestasempre maggiore di assistenza legale.Ne parla Adalberto Castoro

Supporticontrol’indebitamento

di Nicoletta Bucciarelli

Il 26 ottobre 2011 è stato approvato dalla CommissioneGiustizia il disegno di legge che intende risolvere in ma-niera non traumatica le difficoltà economiche delle pic-cole imprese, attraverso l’introduzione di una proceduraspecifica per affrontare la crisi da “sovraindebitamento”.«Un nuovo istituto» spiega l’avvocato Adalberto Castoro,

esperto di contenzioso civile e diritto fallimentare, «è intro-dotto dal disegno di legge nell’ambito di una più ampia disci-plina finalizzata al contrasto dell’usura e dell’estorsione. Taleprocedimento costituisce un innovativo istituto per la compo-sizione di crisi da indebitamento: si applica a individui o im-prenditori che non sono assoggettabili a procedurefallimentari». Una procedura a cui può ricorrere, come nel casodi fallimento dell’imprenditore, chi si trova impossibilitato a farfronte agli impegni assunti per mancanza protratta nel tempodi risorse economiche. Un istituto finalizzato ad evitare inutilicollassi economici «ma soprattutto ad evitare il ricorso al mer-cato dell'usura e quindi al crimine organizzato».

Quali sono i punti salienti di tale disegno e che cosaapporterebbe se venisse definitivamente approvato?«Il nuovo istituto prevede la facoltà del debitore di proporre aicreditori un accordo relativamente a un piano di ristruttura-zione dei debiti che assicuri il regolare pagamento dei credi-tori estranei all’accordo stesso. La proposta di accordo prevedela risistemazione dei debiti e correlativamente la soddisfazionedei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessionedi redditi futuri. Il giudice competente dispone una morato-ria di centoventi giorni nei quali non possono essere iniziateo proseguite azioni esecutive individuali né acquistati diritti diprelazione sul patrimonio del debitore. È previsto il coinvolgi-mento dei cosiddetti “organismi di composizione della crisi dasovraindebitamento” i quali svolgono attività di assistenza aldebitore per il superamento della crisi di liquidità e per la so-luzione di eventuali difficoltà insorte nell'esecuzione dell'ac-cordo nonché attività di consulenza e vigilanza sull'esattoadempimento dello stesso. Qualora sussistano tutti i presuppo-sti di legge l'accordo, ivi compresa l’accettazione di tanti cre-ditori che rappresentano almeno il 70% del ceto creditorio,viene omologato dal tribunale».

Quanto ha inciso la crescente crisi economica sulsuo lavoro?«La richiesta di assistenza legale è oggi fortemente influenzatadalla perdurante crisi economico finanziaria italiana e inter-nazionale che sta creando problemi sia alle imprese che ope-rano a livello locale o estero, sia ai privati cittadini. Le difficoltàdelle imprese sono determinate da un lato dalla forte contra-

Nuovi istituti • Adalberto Castoro

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C&P • GIUSTIZIA 123

Nuovi istituti • Adalberto Castoro

La richiesta di assistenza legale è oggi influenzata dallaperdurante crisi economica finanziaria italiana e internazionale

zione degli ordinativi e dalla conseguente riduzione del fattu-rato, dall’altro dalla riduzione del credito bancario. Nel campocommerciale tutto ciò porta all’inevitabile aumento del con-tenzioso e all’intensificarsi di procedure concorsuali sia con fi-nalità liquidatoria sia di quelle volte a mantenere in vital’impresa, come i concordati e i piani di ristrutturazione. Perquanto riguarda invece le difficoltà dei privati cittadini si regi-stra un forte aumento di procedure esecutive mobiliari e im-mobiliari».

Cosa accade quando l’impresa assoggettabile a pro-cedura di insolvenza è dislocata in più paesi?«L’espansione dell’attività dell’imprenditore fuori dell’area ter-ritoriale nazionale è uno dei fenomeni sempre più frequentiper resistere alla concorrenza di un mercato globalizzato. Ciòavviene non soltanto attraverso la commercializzazione deibeni e dei servizi prodotti, ma anche tramite l’espansione e iltrasferimento all’estero di parte dell’azienda. Le procedure con-corsuali dell’imprenditore transfrontaliero vengono disciplinatein ambito comunitario dal Regolamento CE 1346 (e sue mo-dificazioni) che attribuisce allo Stato nel cui territorio è situatoil centro principale degli interessi del debitore la competenzaad aprire la procedura di insolvenza principale. Essa ha ten-denzialmente portata universale riguardando tutti i beni deldebitore. È comunque possibile dare corso a procedure terri-toriali in altri Stati della UE dove il debitore ha sedi locali, in-cludendovi unicamente il patrimonio situato in tali diversi Stati.La procedura principale e quelle secondarie possono contri-buire a un’efficace liquidazione dell’attivo soltanto se viene ef-fettuato un opportuno coordinamento tra tutte le procedure

pendenti con una stretta collaborazione informativa tra i di-versi organi di curatela».

Nell’ambito della attività di recupero crediti di cuisi occupa il suo studio rientra anche il “patto di quotalite”. In quali ambiti e materie viene maggiormenteapplicato il patto?«Fino a non molti anni fa l’accordo che prevedesse, tra avvo-cato e cliente, la commisurazione in una percentuale prede-terminata del pagamento in funzione dell’esito del recuperoera rigorosamente vietato in quanto si riteneva che una talepattuizione avrebbe potuto compromettere l’obiettività e se-renità del professionista nel portare a termine, nell’esclusivo in-teresse del cliente, l’incarico ricevuto. A seguito del decretoBersani del 2006, volto a liberalizzare le professioni, tale divietoè stato rimosso a motivo che è stato ritenuto che il professio-nista-avvocato nell’interesse precipuo del cliente potrà portarea termine più proficuamente l’incarico tanto più sarà interes-sato al positivo esito del medesimo. Nella mia esperienza pro-fessionale il patto di quota lite non ha trovato sino ad oggisignificativa attuazione. Esso trova origine e ampia diffusionenel mondo anglosassone».

Che cosa andrebbe fatto per semplificare la nor-mativa che fa da piedistallo al “patto di quota lite”?«Oggi l’unico presupposto o condizione per la validità civili-stica del patto di quota lite è la forma scritta. Cionondimenole prescrizioni deontologiche professionali impediscono di sti-pulare patti eccessivamente onerosi. In ogni caso è opportunoche l’accordo scritto venga chiaramente disciplinato in tutti isuoi aspetti».

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C&P • GIUSTIZIA124

Il fondo patrimoniale • Giovanna Iraci

L’avvocato Giovanna Iraci esercita nell’omonimo

studio di Milano dagli anni ‘90

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Un vincolo attraverso il qualesalvaguardare da potenziali creditorideterminati beni, a patto che questisiano utilizzati per far fronte ai bisognidella famiglia. È il fondo patrimoniale,come spiega Giovanna Iraci

Il limite del fondo patrimoniale

di Diego Bandini

Ogni attività economica presenta necessaria-mente dei rischi. Il capitale investito può in-fatti produrre un guadagno, ma anche subiredelle perdite, e ciò rientra nel concetto stessodi rischio d’impresa. Imprenditori e profes-sionisti, però, hanno a loro disposizione alcuni

strumenti utili a limitare questo rischio, mettendo al ri-paro da qualsiasi sorpresa i beni di uso personale, come adesempio la casa, per evitare così che siano coinvolti neglieventuali problemi dell’azienda. Queste esigenze di sicu-rezza possono essere soddisfatte dal fondo patrimoniale,che come recita l'articolo 167 del codice civile, consistenella imposizione convenzionale di un vincolo in forzadel quale determinati beni, immobili o mobili iscritti inpubblici registri, o titoli di credito, sono destinati a farfronte ai bisogni della famiglia. «L’obiettivo di questostrumento – sottolinea l’avvocato milanese Giovanna Iraci- è quello di consentire alla famiglia, che diventa titolaredi un interesse prioritario rispetto a quelli degli stessi co-niugi che pure la costituiscono insieme ai figli, ove nati,la realizzazione e il soddisfacimento dei propri bisogni,garantendole la stabilità economica».

In che modo il fondo garantisce l’inespropria-bilità dei beni in esso presenti rispetto ai creditori?«Ai fini dell’opponibilità del fondo rispetto ai creditorioccorre valutare se le obbligazioni assunte per assolvereimpegni professionali e lavorativi servono o meno ai bi-sogni della famiglia. La legge dispone infatti che i benicompresi nel fondo patrimoniale e i loro redditi non pos-sono essere soggetti a esecuzione forzata, per i debiti cheil creditore sapeva essere stati contratti per scopi estraneiai bisogni della famiglia. Tra questi rientrano sicuramentetutti i debiti contratti nell’esercizio di un’impresa com-merciale o comunque di un’attività professionale, maanche, secondo l’opinione prevalente, quelli derivanti daatto illecito a condizione che questo non sia correlato alleesigenze familiari. È importante sottolineare che il fondopatrimoniale, comunque, non può mai essere utilizzatoper sottrarsi al pagamento di debiti preesistenti. Un similetentativo, infatti, potrebbe avere rilevanza penale, soprat-tutto se si tratta di debiti fiscali o nei confronti delloStato».

Quali sono i soggetti per cui è prevista la pos-sibilità di costituire un fondo patrimoniale?

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C&P • GIUSTIZIA 125

Il fondo patrimoniale • Giovanna Iraci

«Il fondo può essere costituito sia dai coniugi, tramiteatto pubblico, che da un soggetto terzo, che può essereanche una società. È inoltre importante evidenziare chel’atto di disposizione del fondo può essere contenutoanche in una disposizione testamentaria. Il fondo nascecon l’obiettivo di tutelare le esigenze della famiglia cosìcome intesa dall’articolo 29 della Costituzione, e proprioquesta sua impostazione rappresenta anche il suo limiteprincipale».

In che senso?«Per costituire un fondo patrimoniale è infatti indispen-sabile essere sposati, e questo appare oggi un po’ anacro-nistico, visto che nella società odierna sono sempre dipiù le famiglie non basate sul vincolo del matrimonio.Credo quindi che un intervento del legislatore sia quantomai necessario per far fronte a questa situazione, dando adesempio la possibilità di costituire un fondo anche aquelle persone che, pur non essendo sposate, presentanouno stato di famiglia unitario. Infatti, se è vero che tra idestinatari del fondo patrimoniale, e quindi con la possi-bilità di beneficiarne, rientrano anche i figli naturali diun solo coniuge purché conviventi con la famiglia legit-tima del medesimo, non si capisce perché il vincolo ma-trimoniale debba essere condizione necessaria per potercostituire il fondo».

Esistono altri vincoli particolari relativi alla co-stituzione di un fondo?«Come tutte le convenzioni pattizie il vincolo di inalie-nabilità, rispetto ai beni collocati nel fondo, può esseredefinito nel suo contenuto rispetto alla volontà dei co-niugi, e ciò permette maggiore flessibilità nell’uso del-l’istituto di quanto si possa pensare. Tuttavia un elementoche potrebbe scoraggiare la costituzione del fondo patri-moniale è rappresentato dal fatto che, se nella famiglia cisono figli di minore età, l’eventuale alienazione dei benicompresi al suo interno deve essere autorizzata dal giu-dice tutelare, a garanzia che detta operazione di venditavenga effettuata nell’interesse del minore. Credo però chequesto limite abbia un valido fondamento, perché è giu-sto che, ad esempio, il ricavato dell’eventuale vendita diun appartamento inserito nel fondo per assicurare unafonte di reddito ai figli, debba poi essere utilizzato nel-l’interesse dei figli stessi».

È possibile individuare delle similitudini tra ilfondo patrimoniale e l’istituzione del trust?«Molti sono portati a pensare che il fondo patrimonialesia di fatto un trust, in quanto le due fattispecie legali na-scono per consentire la c.d. segregazione del patrimonio,o di una parte di esso, con un vincolo di destinazione.Tuttavia le affinità sono inferiori rispetto alle diversità, in

Per costituire un fondopatrimoniale èindispensabile esseresposati. Una condizioneanacronistica, visto chenella società odierna sonosempre più numerose lefamiglie non basate sulvincolo del matrimonio

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C&P • GIUSTIZIA126

quanto l’istituto del trust ha meno limiti rispetto al fondopatrimoniale, che come detto nasce come strumento a tu-tela della sola famiglia legittima. Tuttavia, per quanto conevidenti limiti, questo istituto, vista la possibilità di de-stinare parte del patrimonio familiare, se non l’intero pa-trimonio, allo scopo “famiglia”, può veramente garantiree assicurare, ai componenti della stessa, nello spirito dellasolidarietà familiare, quel soddisfacimento di bisogni chesolo un’adeguata tutela del patrimonio, soprattutto im-mobiliare, può dare. Questo perché, come abbiamo visto,tutti gli appartenenti della famiglia beneficiano del fondoe dei beni ivi destinati, frutti compresi, senza alcuna pos-sibilità di discriminazione, realizzando così, all’internodella famiglia, un’assoluta parità. Un aspetto di grande ri-levanza che il trust può, viceversa, violare, proprio in ra-gione della sua maggiore flessibilità».

In che modo la figura dell’avvocato può rap-presentare un riferimento per quelle persone in-tenzionate a istituire un fondo patrimoniale?«Nonostante il fondo debba essere costituito con atto no-tarile, l’avvocato rappresenta sicuramente la figura pro-fessionale più vicina ai cittadini, con la possibilità diassistere e supportare quelle categorie che, anche in virtùdella loro professione, sono solite rivolgersi frequente-mente a un legale di fiducia».

Sulla base della sua esperienza, crede che laconsapevolezza di poter usufruire di uno stru-mento come il fondo patrimoniale sia oggi suffi-cientemente diffusa tra i cittadini?«L’istituto del fondo patrimoniale a mio avviso, nono-stante i progressi fatti registrare in questi ultimi anni, èancora scarsamente conosciuto dalla gente. Credo inveceche il fondo, anche in considerazione degli scenari attuali,possa rappresentare un ottimo strumento da utilizzare le-gittimamente come tutela del patrimonio, e non in frodeai creditori, per garantire i bisogni della famiglia, checome detto in precedenza, deve però essere necessaria-mente intesa in un senso più ampio rispetto alla previ-sione codicistica».

Se nella famiglia ci sono figlidi minore età, l’eventualealienazione dei benicompresi al suo internodeve essere autorizzatadal giudice tutelare

Il fondo patrimoniale • Giovanna Iraci

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L’avvocato Gian Piero Geminiani del Foro di Milano, specializzato

in diritto del lavoro, amministrativo e commerciale

www.studiogeminiani.it

C&P • GIUSTIZIA128

Una nuova forma giuridica consentealle imprese di unirsi attornoa obiettivi comuni e di regolarele modalità di partecipazionealla partnership. Il puntodi Gian Piero Geminiani

Il contrattodi rete

di Luca Cavera

Con la legge sviluppo del 2009 e la cosiddettamanovra estiva 2010 sono stati convertiti inlegge i decreti (in particolare, dl 5/2009 e dl78/2010) che hanno introdotto una nuovaforma giuridica: il contratto di rete. Questoconsente alle imprese di sviluppare rapporti di

partnership, mantenendo la propria individualità, ma conil vantaggio di vedere regolati i rapporti giuridici deri-vanti da una collaborazione stabile basata su obiettivi stra-tegici. L’avvocato Gian Piero Geminiani ne illustra gliaspetti salienti. «Grazie al contratto di rete più imprendi-tori possono perseguire lo scopo di accrescere, individual-mente e collettivamente, la propria capacità innovativa ecompetitività sul mercato. Per questo scopo, sulla base diun programma comune di rete, più soggetti possono col-laborare, scambiare informazioni e prestazioni di naturaindustriale, commerciale, tecnica e tecnologica. Inoltre,possono esercitare in comune una o più attività attinentiall’oggetto della propria impresa».

Chi può stipulare un contratto di rete e conquali requisiti?«Si tratta di un contratto plurilaterale stipulabile solo fraimprenditori, che siano convenuti su una comunione discopo. Questi sono liberi di partecipare alla rete sottoqualsiasi forma (individuale o collettiva), prescindendo daaltri elementi dimensionali, geografici (anche impreseestere) o di struttura giuridica, quindi possono aderire in-differentemente società, consorzi e cooperative. Il con-tratto deve avere una struttura aperta e prevedere lemodalità per l’eventuale adesione futura di altri contra-enti. Tali modalità e parametri di accesso sono stabilitidagli originari partecipanti».

Quali obiettivi è possibile conseguire con que-sto tipo di contratto?«Gli obiettivi, che ovviamente devono essere comuni agliimprenditori contraenti, devono riguardare la crescita dellacapacità innovativa, sia individualmente sia collettiva-mente, e l’incremento della competitività sul mercato. Fragli obiettivi del contratto di rete è possibile anche porrel’attesa di risultati che non abbiano immediati riflessi eco-nomici – come per esempio attività di ricerca, studio eformazione. A tale fine, i contraenti possono sia collabo-rare in forme e ambiti predeterminati attinenti all’eserci-zio delle proprie imprese, sia condividere conoscenze e

Nuove forme giuridiche • Gian Piero Geminiani

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C&P • GIUSTIZIA 129

Nuove forme giuridiche • Gian Piero Geminiani

Con questo contratto, una retedi imprese di piccole e mediedimensioni ha la possibilitàdi partecipare collettivamentealle gare d’appalto

prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica otecnologica, sia esercitare in sinergia una o più attività chericadano sotto le competenze di ciascuno».

In concreto, quali forme può assumere la colla-borazione in un contratto di rete?«Può assumere diverse forme. Attività di coordinamento,per ottenere migliori condizioni nei rapporti esterni, op-pure coordinamento dei processi di controllo della qualitàdei beni lungo la filiera. Il coordinamento può prevedereanche la definizione di una politica dei prezzi – nei limiti,ovviamente, di quanto stabilito dalla normativa antitrust.Può assumere la forma di attività strumentali, volte a rag-giungere migliori risultati di gestione: gruppi di acquistoo vendita di beni e servizi di interesse comune, gestionelogistica e di magazzino, di piattaforme telematiche. Si puòsvolgere in forma congiunta la promozione di beni e mar-chi o realizzare laboratori e centri di ricerca in comune.Infine, un aspetto che potrà interessare molte imprese dipiccole e medie dimensioni, è la possibilità di parteciparecollettivamente alle gare d’appalto o ai bandi regionali».

Invece, in quale forma, dal punto di vista giuri-dico, va stipulato?«Per la sua validità, il contratto deve essere redatto in formadi atto pubblico o di scrittura privata autenticata e deve es-sere iscritto nel registro delle imprese presso la Camera diCommercio alla quale si riferisce ciascuna impresa. La datadi efficacia del contratto coincide con l’ultima delle iscri-zioni prescritte a carico dei sottoscrittori originari. Ognisuccessivo aderente al contratto dovrà iscrivere il contrattonella sezione del registro ove l’aderente è iscritto e il con-tratto sarà efficace per lui solo a partire da quella data».

La rete si muove come fosse una sola entità im-prenditoriale. Questa costituisce un soggetto giu-ridico a sé?

«No, il contratto non crea un nuovo soggetto giuridico.Per questo motivo la denominazione della rete è mera-mente eventuale e non obbligatoria, poiché non si tratta diun ente personificato. È tuttavia consigliabile utilizzare ilnome della rete nei rapporti con i terzi, per evitare che inquesti ultimi sorga la convinzione che stiano operandocon gli imprenditori singolarmente e non con la rete – ilche potrebbe, per il principio dell’affidamento, limitarel’autonomia patrimoniale del fondo della rete. È quindimolto importante definire un’identità della rete, in modoche questa sia riconoscibile da banche, fornitori e poten-ziali nuovi aderenti».

Quali sono gli elementi più importanti per gliinteressi dei contraenti che vanno specificati nelcontratto?«Oltre ai dati anagrafici e relativi alle ragioni sociali delleimprese, alla durata, alla struttura e alle regole decisionalie di adesione o uscita dei partecipanti, è importante definirecon precisione gli obiettivi strategici – sono tutti elementiobbligatori per legge – Questo per assicurare che le particondividano pienamente le ragioni fondanti della collabo-razione, per evitare possibili contrasti sulle scelte operative eper prevenire comportamenti abusivi da parte di chi volesseentrare nella rete solo per appropriarsi di risorse e cono-scenze altrui senza contribuire o addirittura compromet-tendo il raggiungimento degli obiettivi strategici».

Quali sono i vantaggi fiscali?«È prevista una sospensione di imposta per le imprese chesottoscrivono il contratto di rete per la quota di utili desti-nati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio desti-nato all’affare. Tuttavia la quota non può superare il limite di1 milione di euro e inoltre a patto che gli investimenti delprogramma di rete siano realizzati entro l’esercizio successivoal conferimento al fondo».

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C&P • GIUSTIZIA130

Fusioni, scissioni, operazioni di finanza straordinaria e strutturata.La parola all’avvocato Luigi Ragno,come consulente legale d’impresa

Gestirela crisid’impresa

di Manlio Teodoro

Pochi mesi fa, nello studio Libonati-Jaeger – cheda anni segue controversie giudiziali e arbitralidi alto profilo, nonché operazioni e transazionicommerciali e societarie come acquisizioni, fu-sioni, scissioni, operazioni di finanza straordi-naria e strutturata, di riorganizzazione e di

ristrutturazione aziendale –, sono entrati come nuovi par-tner Luigi Ragno e Duilio Cortassa, insieme all’interna-zionalista Francesca Graziani. «Questa realtà professionale,che ha avuto un ruolo in molte delle operazioni chehanno determinato cambiamenti strutturali dell’economiaitaliana – spiega l’avvocato Luigi Ragno –, guidato da Ni-cola Squillace e Giustina Jaeger, può vantare una consoli-data esperienza nel campo delle procedure fallimentari econcorsuali oltre che, in generale, nella gestione delle crisidi impresa, nel diritto amministrativo, nel diritto delle as-sicurazioni e nel diritto della proprietà intellettuale, in-cluso l’IT e il food regulatory». Luigi Ragno, avvocato messinese, si è formato a Milanoper poi – dopo una parentesi che lo ha visto attivo nellapolitica siciliana –, tornare sull’isola a gestire lo studio difamiglia. «Il nostro studio è stato avviato a Messina nel1924 e oggi abbiamo anche una sede a Roma. Lo studiocura gli affari legali di importanti società, molte di questequotate in borsa. Durante la mia esperienza a fianco diquesti assistiti, ho partecipato a collegi arbitrali e svoltoincarichi nelle procedure concorsuali, in qualità di cura-tore fallimentare e liquidatore giudiziale. Da anni lavorocon Duilio Cortassa, esperto di diritto industriale e con-tratti internazionali. Un torinese, anche lui formatosi aMilano, presso lo studio Ercole Graziadei, per poi entrare,dopo un periodo nella carriera diplomatica, presso Allen& Overy». Luigi Ragno è attualmente membro del con-siglio di amministrazione, membro dell’Opc e dell’orga-nismo di vigilanza di Sorin Spa, membro del consiglio diamministrazione di Methorius Capital Spa e consiglieredi Air Four Spa, oltre che vice presidente di Santa GiuliaSpa e di Cascina Rubina Spa. «In passato ho fatto partedel consiglio di amministrazione del Consorzio per le au-tostrade siciliane e sono stato membro del Cda di Risana-mento Spa, che ha curato la ristrutturazione industriale efinanziaria delle società. Inoltre ho presieduto Tethis Spa,BH Holding Spa e Alenia Aeronavali Spa, società delGruppo Finmeccanica, che si occupa di trasformazione diaeromobili da trasporto civile in aerei cargo. «L’attività del-l’azienda era concentrata in tre stabilimenti, a Brindisi, Ve-nezia e Napoli, ma si occupava anche di interventi direvisione per l’Aeronautica Militare presso la base aerea diPratica di Mare».

Diritto d’impresa • Luigi Ragno

L’avvocato Luigi Ragno del foro di Messina

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C&P • GIUSTIZIA132

Diritto d’autore • Gaetano Blandini

«Il diritto d’autore è un beneimmateriale di cui molti nonpercepiscono il valore». Il direttoregenerale Siae, Gaetano Blandini,difende la creatività dell’artista

A difesa del diritto d’autore

Renata Gualtieri

La Siae, per assicurare il rispetto dei diritti dei suoi90mila associati, ha contrastato l’illecita riprodu-zione delle opere sin dal primo manifestarsi del fe-nomeno negli anni 70, costituendo un appositonucleo antipirateria. Da quel momento in ogni sededella rete territoriale si è insediato un responsabile

antipirateria che affianca il gruppo che opera nella direzionegenerale. Oggi gli ispettori dei servizi di antipirateria dellaSiae coadiuvano le forze dell’ordine nell’attività di repressionedella pirateria. La Siae, in base all’articolo 182 bis della legge633/1941, ha specifici compiti di vigilanza, che espleta conl’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, al fine di pre-venire e accertare le violazioni della normativa sul dirittod’autore. La vigilanza sul territorio è effettuata in maniera ca-pillare, con l’accesso diretto nei locali dove avviene l’utilizzodelle opere: discoteche e sale da ballo, pub e ristoranti, teatri,luoghi per concerti, copisterie. A testimonianza dell’intensaattività di tutela effettuata dalla Siae, il direttore generale Gae-tano Blandini ricorda che lo scorso anno, solo nell’ambitodella cooperazione con l’Agenzia delle Entrate per l’acquisi-zione del volume d’affari nel settore dello spettacolo, l’orga-nismo ha monitorato l’attività svolta in oltre 142mila luoghidi spettacolo.

Nel convegno “Il mercato che non c’è” lei ha vo-luto fare un’importante precisazione sul compensoagli autori e la libertà della rete. È una tassa o la tu-tela di un diritto?«Il diritto d’autore non è una tassa, perché non si tratta diun tributo da pagare allo Stato, in modo diretto o indiretto.Il diritto d’autore è la remunerazione che spetta all’autoreper il suo lavoro, cioè la creazione dell’opera, che mette adisposizione di tutti. In sintesi, è lo “stipendio” dell’autore.Il legislatore ha, infatti, previsto la tutela del lavoro in tuttele sue forme, compresa quella di natura intellettuale, rego-lando il diritto d’autore tra i diritti del lavoro e ricono-scendo il diritto esclusivo dell’autore di utilizzareeconomicamente l’opera creata».

Perché si acquistano con facilità beni materiali manon sempre si è disposti a pagare quelli immateriali?«Il diritto d’autore è un bene che non si vede e non si tocca,

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Gaetano Blandini • Diritto d’autore

per cui molti non riescono a percepire il suo intrinseco va-lore, come generalmente accade per i beni di consumo o altribeni tangibili. Credo anche che molti di coloro che scaricanoillegalmente opere dalla rete o acquistano prodotti contraffattisi sentano quasi gratificati nell’affermare un presunto dirittoalla libertà e gratuità della cultura, senza rendersi conto deidiritti di coloro che creano contenuti e lavorano per lo svi-luppo della cultura nel nostro Paese. Persino gli stessi artisti,siano registi, musicisti o autori teatrali, davanti alla richiesta diuna presa di posizione contro la pirateria via web, manife-stano cautela, per timore di dispiacere a quello che una voltasi definiva popolo della rete. Comunque l’ampliamento del-l’offerta legale è un ottimo deterrente alla pirateria e la Siaesi è mossa da tempo in questa direzione».

L’Agcom ha deliberato uno schema di regola-mento in materia di tutela del diritto d’autore sullereti di comunicazione elettronica ma il testo è statoriconsiderato.«L’Agcom ha adottato due delibere successive per prospet-tare uno schema di regolamento in materia di tutela delleopere dell’ingegno nelle reti di comunicazione elettronica.La prima delibera (la 668 del 17 dicembre 2010) prevedevaun sistema di tutela molto più efficace, sia per quel che ri-guarda la tempistica delle procedure di accertamento dellalegittimità dei contenuti trasmessi, sia per quel che riguardale sanzioni. La seconda (la 398 del 6 luglio 2011), che so-stituisce la precedente, presenta rilevanti modifiche rispettoalla prima su cui nutro talune perplessità circa un allunga-mento della tempistica procedurale e un’attenuazione delleA sinistra, Gaetano Blandini, direttore generale della Siae

La vigilanza sul territorioè capillare, con l’accessoa discoteche, sale da ballo,pub dove avvengono leutilizzazioni delle opere

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sanzioni, con particolare riferimento ai siti esteri. In ordinea quest’ultima delibera si è recentemente pronunciata laCommissione Ue, che ha rivolto al governo italiano unaserie di domande “significative” su molti punti dello schemadi regolamento, per verificarne la compatibilità con le di-rettive europee in materia di diritto d’autore e commercioelettronico».

Che durata hanno i diritti economici per gli autori?«I diritti di utilizzazione economica durano per tutta la vitadell’autore e fino a settant’anni dopo la sua morte. Trascorsotale periodo l’opera cade in pubblico dominio. Nel caso diopere in collaborazione il termine di durata dei diritti sicalcola con riferimento al coautore che muore per ultimo.L’opera caduta in pubblico dominio è liberamente utilizza-bile, purché si tratti di un’opera originale e non di una suaelaborazione protetta».

Come vengono stabilite le tariffe per un autore oun utente Siae?«La Siae assicura ad autori ed editori un compenso per ognisfruttamento delle loro opere, fungendo, di fatto, da spor-tello unico per lo spettacolo e la cultura. Le misure dei com-pensi sono stabilite dagli organi sociali, che rappresentanogli autori e gli editori associati e vengono concordate, tra-mite accordi rinnovati periodicamente, con le organizza-zioni e le associazioni delle varie categorie di utilizzatori».

A quanto ammontano in Italia, in termini eco-nomici, i danni causati dalla pirateria agli autori eall’industria culturale?«Non è possibile calcolare i danni causati agli autori in ter-mini di mancato versamento dei compensi dovuti per leutilizzazioni delle opere. Invece per avere un’idea dei dannicausati all’industria culturale basta scorrere i dati diffusidalle associazioni di categoria (Fimi, Fapav), secondo cuiessi ammontano a circa 298 milioni di euro per il settoremusicale in Italia e a 490 milioni di euro per quello audio-

visivo. Vi sono poi i danni subiti dall’Erario, connessi al-l’evasione dell’Iva, e quelli inerenti alle migliaia di posti dilavoro sottratti all’industria culturale».

La Siae non collabora solo con le forze dell’or-dine per reprimere comportamenti lesivi del dirittod’autore ma svolge anche attività di prevenzione,sensibilizzando l’opinione pubblica e soprattutto igiovani. Con quale frequenza si tengono dei semi-nari e quali richieste arrivano dai giovani?«La Siae sta portando avanti con Afi e Nuovo Imaie, qualipartner italiani della European music copyright alliance,l’iniziativa “Rispettiamo la creatività”, una campagna in-formativa e di educazione al rispetto del diritto d’autorenelle scuole italiane. L’obiettivo è quello di far capire chechi crea un’opera compie un lavoro e come tutti i lavora-tori ha diritto al suo compenso, che gli viene sottratto lad-dove si acquistino prodotti non originali, compiendo unatto che, oltre a essere un reato, danneggia tutta l’industriaculturale con gravi perdite di posti di lavoro».

Nell’anno scolastico 2010-2011, la campagna quantisoggetti ha coinvolto e quali spunti sono emersi?«L’iniziativa, in collaborazione con Ellesse Edu e con il pa-trocinio del Ministero della Pubblica istruzione, ha interes-sato oltre 15.000 studenti di scuole secondarie di primogrado di 9 regioni italiane (Veneto, Toscana, Sardegna, Li-guria, Lombardia, Lazio, Piemonte, Campania e Sicilia), cuiè stato inviato il kit didattico “Rispettiamo la creatività”con un piano di lezioni, giochi e attività di gruppo, pro-prio per spiegare i principi che regolano il mondo dellamusica e i diritti che tutelano i suoi protagonisti. Dalle in-terviste dei 500 docenti coinvolti è emerso che il tema deldiritto d’autore, pur avendo destato molto interesse, è ri-sultato il più difficile da trattare. Tra i ragazzi spesso prevalel’idea che gli artisti siano ricchi e i talent show spesso in-generano l’illusione di un facile trampolino».

Secondo i dati Fimi, Fapavi danni causati dalla pirateriaal settore musicale in Italiaammontano a circa298 milioni di euro

Diritto d’autore • Gaetano Blandini

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Storicamente per pirateria si intende l’utilizza-zione abusiva delle opere dell’ingegno, in tutte lesue forme e modi, con particolare riferimentoalle varie fattispecie di illecita riproduzione ocommercializzazione. Nella società dell’infor-mazione la definizione dell’atto di pirateria non

è però altrettanto semplice e lineare come in passato, poi-ché è possibile individuare due ambiti separati, seppur con-nessi tra loro. Da un lato vi è un ampio numero di soggettiche, nell’ambito di una organizzazione criminosa, si dedi-cano in via professionale all’attività di contraffazione, du-plicazione e distribuzione delle opere tutelate, fenomenoquesto riconducibile alla pirateria. Esiste però, una ben piùampia platea di persone che, pur non agendo su scala com-merciale, trae indubbi benefici economici dalla fruizionedi contenuti resi abusivamente disponibili e accessibili sullereti telematiche. «Nei confronti di quest’ultima categoria –precisa Maurizio Mandel, membro dell’ufficio affari giuri-dici e legali della Siae – le sanzioni penali non sembranocostituire lo strumento di contrasto più idoneo, in quantorappresentano l’extrema ratio per reprimere condotte ri-provevoli non solo sul piano strettamente giuridico».

Qual è la natura giuridica del contrassegno pre-visto dall’articolo 181 bis della legge 633/1941?«Il contrassegno Siae è stato fin dagli anni 70 uno stru-mento fondamentale per la lotta alla pirateria, inizialmenteadottato grazie ad accordi con le case di produzione disco-grafica e reso obbligatorio dalla legge 121/87. Attraverso ilcontrassegno vengono registrati i flussi di circolazione dei

supporti, per la verifica della legittimità della riproduzionedell’opera, rendendo possibile l’immediato riconoscimentodel prodotto commerciale lecito da parte dei consumatorie delle forze dell’ordine. Con il decreto legislativo 685 del1994, è stato inserito nella legge sul diritto d’autore l’arti-colo 171 ter, che sanziona la mancata apposizione del con-trassegno per la vendita o il noleggio di qualsiasi supporto“contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematograficheo audiovisive o sequenze di immagini in movimento”. La legge248 del 2000 ha introdotto nella legge di autore l’art. 181bis, ribadendo l’obbligatorietà del contrassegno Siae “suogni supporto contenente programmi per elaboratore o multime-diali, nonché suoni, voci o immagini in movimento”, messo incommercio o ceduto a qualunque titolo a fine di lucro. Ilcontrassegno Siae, agli effetti dell’applicazione della leggepenale, è considerato un segno distintivo dell’opera dell’in-gegno e in tal senso può essere individuata la sua naturagiuridica».

Quale può essere ad oggi una sanzione efficaceper i trasgressori?«Le sanzioni attualmente previste, ad esempio dall’art. 171ter, spaziano dalla reclusione alla multa, con pubblicazionedella sentenza e sospensione dell’attività produttiva, non-ché interdizione da una professione e dagli uffici direttividelle imprese: esse sono certamente appropriate per com-battere la pirateria su scala commerciale e industriale. Ri-tengo però che per altre tipologie di utilizzazioni illecite,quali il peer to peer, sarebbero preferibili diverse forme di in-tervento, quali le sanzioni amministrative a carattere pecu-

«La tecnologia offre grandi opportunitàper l’accesso e la circolazione delle operedell’ingegno», ne è convinto l’avvocatoMaurizio Mandel. Ma va garantital’effettività delle sanzioni

di Renata Gualtieri

Pirateriae contenutilegali

Maurizio Mandel • Diritto d’autore

L’avvocato Maurizio Mandel,

membro dell’ufficio affari giuridici e legali della Siae

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indigenza, i quali peraltro hanno ricavi molto modesti. Di-versamente è a dirsi per la pirateria marcatamente tecnolo-gica, che non richiede la copertura del territorio econsente ad esempio al titolare del sito web di ricevere di-rettamente i benefici economici».

Si parla spesso degli atti di pirateria del popolodella rete, ma non dei profitti delle multinazionalidelle comunicazioni. Altri Paesi stanno varandodelle leggi che impongono agli Internet providerdi controllare lo scaricamento illecito delle operetutelate. A che punto è l’Italia?«I grandi gruppi dell’industria informatica, telematica e te-lefonica hanno sicuramente tratto un rilevante vantaggioeconomico dalla maggiore diffusione sulla rete delle operedell’ingegno. È evidente, infatti, che i dispositivi tecnologici,telefonici e multimediali e i servizi di connessione a Inter-

net divengono particolarmente appetibili quando consen-tono un’ampia fruizione di contenuti (film, brani musicali,video, ma anche libri, fotografie, disegni, articoli di stampa)liberamente disponibili, condivisibili e riproducibili. Par-tendo da questo presupposto è indubbio che tali soggetti,comunemente definiti come Internet service provider o In-termediari di servizi, ma in realtà riconducibili alla più vastacategoria dei new media e delle compagnie di telecomuni-cazioni, debbono essere responsabilizzati. Non possiamopretendere che i provider si trasformino in poliziotti dellarete, ma non sussistono valide ragioni perché invochinoesenzioni di responsabilità. Al momento non vi sono signi-ficativi disegni di legge in via di approvazione, anche se si

niario, opportunamente integrate da misure tecnologicheche non necessariamente giungano al distacco della con-nessione. Potrebbe essere efficace un sistema certificato chepreveda, per il tramite dei provider, l’invio di avvisi ai tra-sgressori (notice and take down) e che possa giungere, conl’autorizzazione della magistratura o di altra autorità, alladisabilitazione all’accesso, limitatamente al sito web pirata,nonché alla disattivazione dei link».

Ma vi sono anche altri strumenti offerti dallatecnologia?«Intervenendo sulla velocità di connessione si possono ga-rantire le funzioni primarie (posta elettronica, accesso aInternet), ostacolando lo scaricamento di contenuti illeciti.Tali azioni dovrebbero accompagnarsi a una politica di in-vestimenti nel settore dell’informazione e dell’educazione,al fine di sensibilizzare soprattutto i giovani, indirizzan-doli al rispetto della legalità. L’importante, però, è garan-tire l’effettività delle sanzioni, che attualmente non èriscontrabile».A chi finiscono i soldi del materiale contraffatto?«Nell’ambito della mia ventennale esperienza in sede giu-diziaria come avvocato della Siae, ho potuto constatare cheesistono numerose organizzazioni criminali strutturate sulterritorio nazionale che gestiscono direttamente il business.Sono poi riscontrabili realtà minori, con attività a caratterefamiliare e talvolta cooperativo, che a loro volta traggonoprofitto diretto, seppur in minor misura. Vi è infine la catenadella distribuzione dei supporti, notoriamente costituita daextracomunitari o da altri soggetti che versano in stato di

I dispositivi tecnologici,telefonici e multimedialidivengono appetibili quandoconsentono un’ampia fruizionedi contenuti come film, branimusicali, video, ma anche libriliberamente disponibili

Diritto d’autore • Maurizio Mandel

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registrano molti fermenti e aspettative, in tal senso è certa-mente importante l’iniziativa assunta da Agcom».

Sussistono responsabilità dell’Internet serviceprovider in presenza di utilizzazioni illecite rile-vanti per il diritto d’autore?«La giurisprudenza ha più volte affermato la sussistenza degliobblighi di cooperazione del service provider, necessari per evi-tare il dilagare dei comportamenti illeciti, anche alla luce delladirettiva 2000/31 che impone di agire “immediatamente” unavolta avuta effettiva conoscenza del carattere illegale delle atti-vità. Anche in passato la magistratura ha ritenuto di poter ap-plicare le norme esistenti alle innovazioni tecnologiche, comenel caso del software riconosciuto già negli anni 80 quale operadell’ingegno. In particolare, in alcune recenti decisioni rese insede civile, si è affermato che il provider deve rimuovere il ma-teriale illecitamente trasmesso, su segnalazione dell’avente di-ritto, senza attendere l’ordine dell’autorità giudiziaria. In sedepenale alcune decisioni degli ultimi anni, ad esempio nel casodi ThePirate, Bay.org e BtJunkie, hanno ordinato ai provideritaliani che fornivano la connessione di disabilitare l’accesso aisiti pirata, riconoscendo in caso di uploading una responsabilitàpenale per il reato di diffusione o comunicazione al pubblicoabusiva dell’opere dell’ingegno sulla rete Internet».

Come si è sviluppato il dibattito che investe la tu-tela della privacy?«È avvenuto su presupposti non corretti: è chiaro, infatti, che latutela delle opere dell’ingegno non può e non deve comportarelesioni del diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati per-

sonali, così come del diritto alla libera manifestazione del pen-siero. È altrettanto vero, però, che la privacy non può divenireuna copertura inviolabile a favore di chi intenda infrangere lalegge. Anche in questo caso basta attenersi ai principi generaliche hanno sempre consentito l’accertamento di ogni attività il-lecita e l’identificazione del responsabile».

Come riequilibrare il sistema tra pirateria e dif-fusione dei contenuti legittimi?«Non credo che si tratti esattamente di riequilibrare due feno-meni in qualche modo paragonabili tra loro: sia la normativaitaliana che quella comunitaria, nel rispetto dei trattati interna-zionali, prevedono che sia consentita unicamente e soltanto ladiffusione dei contenuti legittimi. Conseguentemente lo Stato,nelle sue varie componenti e secondo le rispettive competenze,deve varare al più presto eventuali leggi che regolino specifica-tamente il settore, assicurando quanto prima misure efficaci, pro-porzionate e dissuasive nei confronti delle utilizzazioni illecite inrete, così come previsto dalla direttiva comunitaria n. 29 del2001. Si potrà così pervenire all’effettiva tutela dei diritti, checonsentirà lo sviluppo dell’offerta di contenuti legali, relegandoin pari tempo la pirateria a quella fisiologica “zona grigia” incui opera un ristretto novero di soggetti che accetta il rischio diviolare le leggi».

Su cosa si attesta la sfida digitale al diritto d’autore?«Sono convinto che la tecnologia offra grandi opportunità perpromuovere e agevolare l’accesso e la circolazione delle operedell’ingegno nell’interesse degli utilizzatori e dei consumatori eche anche gli autori abbiano interesse a che le loro creazionivengano conosciute e apprezzate dalla più vasta platea di utenti.Secondo le normali regole dell’economia, tale maggiore diffu-sione comporterà certamente una contrazione dei relativi costi:contrazione che non si può però pretendere di realizzare sino aquando il mercato legale rappresenterà una percentuale mode-sta rispetto a quello illegale. Ciò infatti deve avvenire attraversomeccanismi che complessivamente garantiscano il riconosci-mento di un compenso adeguato in favore degli autori, chiamatiallo sviluppo culturale e creativo e degli editori e produttori chepossono investire somme rilevanti solo avendo la certezza dipoter fruire della necessaria tutela, limitando l’alea al fattore suc-cesso. Diversamente opinando la tecnologia diverrebbe per ildiritto d’autore la tomba della legalità, con la compromissionedel patto sociale che regola la società civile superando la di-mensione dell’homo homini lupus».

Maurizio Mandel • Diritto d’autore

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Il diritto di autore ha avuto sin dalle origini una for-tissima vocazione internazionale testimoniata dallaConvenzione dell’Unione di Berna del 1886, voca-zione oggi ancor più spiccata considerato il trend cre-scente di globalizzazione nell’uso dei beni e deiservizi. Una linea ideale di continuità ha sempre le-

gato le convenzioni internazionali, a partire dal Trattato diBerna, per giungere agli accordi Gatt/Trips della fine deglianni 90, nonché al sistematico susseguirsi delle direttive co-munitarie via via recepite all’interno dei vari ordinamentinazionali. A livello comunitario la tutela della proprietà in-tellettuale e industriale, già prevista nel 1957 dal Trattato diRoma, è stata riconosciuta dal Trattato di Maastricht; più direcente analoghe affermazioni si rinvengono nella Con-venzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomoe delle libertà fondamentali e nella Carta dei diritti fonda-mentali dell’Unione europea del 2000. «La giurisprudenzadella Corte di Giustizia e le direttive comunitarie in mate-ria mostrano a loro volta chiaramente come la protezionedella proprietà intellettuale – commenta l’avvocato Gio-vanni Flora, professore ordinario di diritto penale all’Uni-versità di Firenze – sia saldamente presente nei suddettitrattati e convenzioni». Il fondamento costituzionale del di-ritto d’autore è stato inoltre sancito sul piano internazionaledalla Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo adot-tata dalle Nazioni unite nel 1948.

La proprietà intellettuale è riconosciuta in tuttoil mondo?«Nell’attuale contesto esistono legislazioni sulla proprietà in-tellettuale in tutte le parti del mondo, anche nei Paesi dell’exblocco comunista, in Cina e in Africa. Pure le società di ge-stione collettiva rappresentano una realtà consolidata: sonooltre 150, legate tra loro da una rete di accordi di rappresen-tanza, estesi anche ai diritti online, e la loro funzione di tu-tela delle opere dell’ingegno, quale che sia la forma giuridicaadottata, viene considerata ovunque di rilevanza generale».

Dal Trattato di Bernaa oggiServono regole certe, chiaree condivise, secondo Giovanni Flora,professore di diritto penaleall’Università di Firenze

di Renata Gualtieri

L’avvocato Giovanni Flora, professore ordinario

di diritto penale all’Università di Firenze

Diritto d’autore • Giovanni Flora

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In che misura l’utilizzo dei sistemi informaticilede il diritto di autore?«Credo si possa sostenere la sicura neutralità della tecno-logia rispetto all’uso che viene fatto dell’opera dell’inge-gno. In altre parole la creazione artistica e intellettualeconserva le sue caratteristiche, e come tale fruisce deglistrumenti di tutela previsti dalla legge, indipendentementedai mezzi e dagli strumenti adottati per la sua veicolazionee comunicazione al pubblico. È innegabile che le nuovetecnologie hanno agevolato enormemente le possibilità diriproduzione e di diffusione dell’opera dell’ingegno senzache a tale fenomeno abbia corrisposto un controllo effet-tivo sui contenuti, una precisa individuazione di respon-sabilità (anche in capo ai provider) e un realecoordinamento degli strumenti di tutela per assicurare illecito utilizzo di un bene immateriale, particolare e com-plesso, quale è il diritto di autore. Vi sono poi alcuni pro-grammi telematici, come il “famigerato” Bit Torrent, cheoggettivamente hanno reso possibile in misura esponen-ziale lo scambio e la condivisione non autorizzati su In-ternet di contenuti tutelati».

Emblematica in tal senso la sentenza del Tribu-nale di Stoccolma del 2008, confermata in appello,nei confronti del sito The Pirate Bay.«Il sito forniva un servizio di file sharing basato propriosul protocollo Bit Torrent, rendendo disponibile al pub-blico senza alcuna autorizzazione un numero sterminatodi opere protette, di cui ciascun utente poteva estrarrecopia con il supporto di un servizio di indicizzazione ericerca delle opere condivise. Nel 2011 è intervenuta unasentenza della Corte Suprema finlandese sul caso Finre-actor (tracker Bit Torrent molto popolare nel Paese) eanche in Francia e in Germania diverse decisioni dei giu-dici hanno condannato i titolari di siti web che utilizzanosimili tecnologie, come RapidShare, senza entrare nel me-rito della questione ma riconoscendo profili di responsa-bilità concorrente in capo agli stessi titolari per il serviziodi file sharing. Al tempo stesso le nuove tecnologie pos-sono rappresentare un formidabile volano di sviluppo perl’offerta legale di contenuti in rete e più in generale perla circolazione, la promozione e la facilitazione all’accessoalle opere dell’ingegno e alla cultura. Ciò che si chiede èun sistema di regole certe, chiare e condivise che assicuriil diritto degli autori a percepire un giusto compenso perl’utilizzazione delle proprie opere anche sulle reti tele-matiche e di comunicazione».

Non solo diritti economici ma anche diritti mo-rali d’autore. Cosa sono?«Il diritto di autore è unico anche se presenta due diversiaspetti: quello morale e quello patrimoniale. Il diritto mo-rale è strettamente collegato alla personalità del creatoredell’opera e comprende essenzialmente il diritto alla pa-ternità e all’integrità dell’opera. L’articolo 2577 secondocomma codice civile dispone infatti che l’autore, anchedopo la cessione dei diritti patrimoniali sull’opera, può ri-vendicarne la paternità ed opporsi a qualsiasi deforma-zione, mutilazione o altra modificazione della stessa chepossa essere pregiudizievole al suo onore o alla sua repu-tazione. Vi sono anche un diritto di inedito, e cioè la fa-coltà di decidere se un’opera di propria creazione possaformare oggetto di pubblicazione in qualsiasi forma, e ilcosiddetto diritto di pentimento (ritiro dell’opera dalcommercio). Il diritto patrimoniale si specifica invecenelle varie facoltà di utilizzazione economica dell’operaindicate dagli articoli 12 e seguenti della legge d’autore ecomprende anche il diritto di impedire che altri faccianoun uso non autorizzato dell’opera. Il diritto morale nonsolo non si prescrive, ma è inalienabile e permane in capoall’autore anche dopo il trasferimento dei diritti esclusividi utilizzazione economica».

C&P • GIUSTIZIA 139

Giovanni Flora • Diritto d’autore

Le nuove tecnologie agevolanola diffusione dell’operadell’ingegno senza controllosui contenuti

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Tutela del brand • Adriano Vanzetti

La contraffazione di merci e la violazione della proprietà intellettualein ambito europeo hanno provocato una «bulimia legislativa» che, per il professorAdriano Vanzetti, non consente alcuna sicurezza sul diritto vigente

Diritto industrialebaluardo delmade in Italy

di Paola Maruzzi

L’universo della contraffazione è in continuaevoluzione: ha raggiunto livelli sofisticati e in-vestito ambiti merceologici che prima neerano immuni. Se, per esempio, fino a ven-t’anni fa il mercato del falso riguardava so-prattutto i generi di lusso, oggi questo tipo di

“industria” realizza e vende in massa beni di largo consumo,dai prodotti farmaceutici a quelli agroalimentari. Stretta-mente connessa a questa deriva, c’è la questione della tuteladel diritto d’autore, dei brevetti per invenzione e dei mar-chi. Adriano Vanzetti, avvocato e professore emerito di Di-ritto industriale all’Università Cattolica, guardando ai tantiprovvedimenti europei, avverte sul rischio di emanare con-tinuamente nuove norme e parla di una «bulimia che nonconsente alcuna sicurezza sul diritto vigente».

Di fronte all’aumento esponenziale della contraffa-zione di marchio qual è stata la reazione legislativa?«In un primo momento è stato configurato come reato sol-tanto quella che nel codice della proprietà industriale è stataindicata come “pirateria” e a cui lei si riferisce con il terminecontraffazione; successivamente, con modifiche al codice pe-nale, sono state represse più severamente e indiscriminata-mente sia l’imitazione completa dell’altrui marchio siaun’imitazione non piena che ingeneri una possibilità di con-fusione. Questo è senz’altro eccessivo».

In che senso internet ha complicato le cose?«La creazione e lo sviluppo del web hanno comportato cer-

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Adriano Vanzetti • Tutela del brand

L’imitazione totaleo parziale di un marchioche produca confondibilitàè repressa sia in sede civileche in sede penale

tamente dei problemi nuovi, essenzialmente sia sul pianodella tutela del diritto d’autore che su quello della tutelacontro la confondibilità, in relazione ai domain names e al-l’uso dei marchi in internet».

All’interno dell’Unione europea quali sono le ca-renze ancora da colmare per garantire il rispetto ef-fettivo dei diritti di proprietà intellettuale?«La copiosa produzione normativa nel campo della proprietàintellettuale a livello europeo pare indice di bulimia legisla-tiva. La continua emanazione di nuove norme non consentealcuna sicurezza sul diritto vigente. Questa produzione rifletteun’ideologia nettamente dirigistica, di compressione delle li-bertà individuali, con un’esasperazione delle fattispecie vietate

e la previsione di un penetrante controllo della pubblica au-torità anche su attività a contenuto chiaramente privatistico».

Ci sono i marchi contraffatti e quelli imitati. Qual èla differenza?«In generale contraffazione e imitazione sono usati come si-nonimi. In linea di massima l’imitazione totale o parziale di unmarchio che produca confondibilità è repressa sia in sede ci-vile sia in sede penale. Cosa diversa è la pirateria, per esempioi container di falsi Gucci che arrivano dalla Cina o da Taiwan.Purtroppo la recente riforma delle norme penali in materianon fa distinzione e c’è chi auspica che il giudizio di confon-dibilità sia, anche in sede penale, ispirato a criteri identici aquelli usati per l’imitazione confusoria. In sede civile la mag-gior parte delle fattispecie esaminate in ambito giudiziale ri-guarda le imitazioni».

Lei si occupa anche di concorrenza fra aziende.Cos’è che, nella maggior parte dei casi, non viene ri-spettato nelle pubblicità commerciali?«Non mi consta che vi sia una grande estensione della pub-blicità illecita. A parte quella denunciata dai concorrenti, visono due enti che possono agire d’ufficio contro la pubblicitàingannevole e la pubblicità comparativa, il Giurì dell’autodi-sciplina e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.Questi enti nel complesso non si risparmiano e a livello im-prenditoriale l’atmosfera che si è creata è quella di un timorediffuso - specie relativo alle iniziative dell’Autorità garante -anche per chi ha la coscienza tranquilla».

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Lo studio legale Bianchi Schierholz Montani & Par-tners, con sede a Milano e Roma, fornisce servizi diconsulenza e assistenza in ambito legale e tributario.Negli ultimi anni l’attività di tutela dei marchi edella proprietà industriale in genere, è andata incre-mentando per via dell’estensione della tutela anche

con riferimento ai nomi a dominio e, più generalmente, allatutela degli abusi a mezzo internet. «Volendo fare una medialo studio ha avviato circa 40 pratiche ogni anno», afferma l’av-vocato Fabrizio Bianchi Schierholz, che illustra le principalinorme giuridiche in materia di tutela del brand.

Per individuare “affinità” tra i prodotti non bastal’appartenenza alle diverse classi merceologiche.Quali criteri sono stati fissati dalla giurisprudenza pervalutarne l’omogeneità?«S’intendono “affini” quei prodotti che, per la loro natura, laloro destinazione alla medesima clientela o alla soddisfazionedel medesimo bisogno, risultano in misura rilevante fungibilie, pertanto, in concorrenza. La conseguenza è che essa debbaimplicare la comunanza di una qualità ontologica dei prodottiin questione e non tanto la mera appartenenza dei medesimia un ambito, di origine culturale o di costume».

Come la giurisprudenza si esprime sulla distinzionetra marchi deboli e forti e sulla diversità della tutelache compete loro?«Il marchio debole si caratterizza per l’uso di denominazioni,segni, forme o raffigurazioni coerenti nei confronti del prodotto

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La giurisprudenza manifesta la giusta attenzione e garantisce un’ampia tutela alladifesa dei marchi, oggi diventata più «vulnerabile», sostiene l’avvocato Fabrizio BianchiSchierholz, per via dello sviluppo industriale e tecnologico di dimensioni globali

Come difendersi in tempi di globalizzazione

di Elisa Fiocchi

L’avvocato Fabrizio Bianchi Schierholz dello studio legale

Bianchi Schierholz Montani & Partners

Tutela del brand • Fabrizio Bianchi Schierholz

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cui viene associato, derivando, il più delle volte, dalla combina-zione di parole, segni e forme di uso comune. Il marchio fortesi contraddistingue per essere un marchio di fantasia, originalee svincolato dal prodotto cui si riferisce. In ragione della sua mi-nore originalità al marchio debole è riservata una tutela più fie-vole che s’innesca, sostanzialmente, solo quando è riprodottointegralmente o imitato in modo molto prossimo, mentre ilmarchio forte trova tutela ogni qual volta una riproduzione oimitazione di esso si attesti anche esclusivamente su una suaparte, purché atta a orientare le scelte dei potenziali acquirenti».

Attraverso quali procedure lo studio legale è ingrado di offrire un servizio di tutela del brand?«Lo studio assiste i propri clienti in via preliminare attraversouna corretta scelta in merito alla registrazione. È da conside-rare in quante e quali, una o più, classi si intende registrare ilmarchio oltre che in quali paesi. In Italia sono state istituite leSezioni specializzate per la proprietà industriale e intellettualeche hanno competenza specifica o funzionale, tra l’altro, inmateria di tutela dei marchi. Può dunque adirsi in via ordina-ria il tribunale competente, introducendo un giudizio a co-gnizione piena. Ove, invece, ne ricorrano le circostanze èpossibile richiedere provvedimenti d’urgenza, quali l’inibito-ria, il sequestro e gli altri provvedimenti utili ad assicurare unatutela immediata».

Quanto la valutazione del giudice è influenzata dallecircostanze nella determinazione dei criteri di affinità?«Ogni caso è a se stante, tuttavia la valutazione si attesta sì sul

caso di specie, ma non può essere disancorata dalla valutazionedella percezione della collettività dei consumatori rispetto aun dato marchio proprio perché la valutazione sulla confon-dibilità del marchio (o del prodotto) non può prescindere dallavalutazione globale del rischio di confusione in cui può cadereun consumatore medio: il livello di attenzione può variare infunzione della categoria di prodotti o di servizi cui si riferiscail caso di specie, inoltre solo raramente ha la possibilità di pro-cedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fareaffidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenutonella memoria».

In quali principali settori operano le grandi societàche si rivolgono per una consulenza sul marchio e lacontraffazione?«I marchi che soffrono maggiormente la contraffazione sonoquelli relativi ai beni di lusso e all’abbigliamento, in particolaregli accessori. Sorprenderà sapere che spesso la tutela del mar-chio è azionata anche dagli istituti finanziari per la protezionedi particolari pacchetti o strumenti di investimento o finan-ziamento nonché dalle case farmaceutiche. Poi, con la divul-gazione dei sistemi informatici, chiunque possieda un nome adominio o un sito web contraddistinto da un proprio marchioè un potenziale portatore di un interesse di difesa. In questosenso anche molte piccole imprese che si occupano della pro-duzione, distribuzione e vendita dei più disparati prodottichiedono sempre più di frequente assistenza per usurpazioneo abuso del proprio marchio».

Fabrizio Bianchi Schierholz • Tutela del brand

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C&P • GIUSTIZIA146

Tra Pa e imprese • Cristina Lenoci

Per realizzare una concreta sinergia trale pubblica amministrazione e leimprese coinvolte nel sistema degliappalti non occorrono nuove leggi mauna pragmatica applicazione di quellegià esistenti. Il punto di vistadell’avvocato Cristina Lenoci

Razionalizzaregli appalti pubblici

di Giulio Conti

Se vogliamo che le cose inizino davvero a cambiarein Italia dobbiamo smettere di pensare che la pa-nacea di tutti i nostri mali sia esclusivamente nellemani del Legislatore. Continuando a sovraccari-carci di norme non faremo altro che arenarci inprocedure estremamente burocratizzate e perciò

incapaci di generare sviluppo e produttività». L’avvocato Cri-stina Lenoci, amministrativista esperta in materia di appaltipubblici, così snocciola la questione: «Quello di cui oggi ab-biamo bisogno è un’amministrazione forgiata alla razionale esistematica applicazione delle norme già esistenti». In tal sensopuò essere certamente da stimolo ogni iniziativa volta a tra-durre in fatti concreti, e cioè in cantieri e lavoro, le regoleimposte dal nostro Paese e, più in generale, dalla ComunitàEuropea.

Quali linee e strategie sono emerse alla fine delConvegno di Ravello per realizzare concretamentel’opportunità che lo intitola “Appalto Pubblico:chance di sviluppo efficiente”? «All’esito delle relazioni, degli interventi e soprattutto allaluce del confronto a più voci moderato dal Presidente del-l’Antitrust, Antonio Catricalà, vi è stata una maggiore presad’atto della fondatezza di gran parte delle critiche mosse daglioperatori economici contro la scarsa pragmaticità nell’appli-care le norme sia da parte della P.A. sia da parte delle imprese.Su questo aspetto, tuttavia, il Presidente del Consiglio di Stato,Pasquale de Lise, ha saggiamente evidenziato la necessità diconsiderare anche le innegabili difficoltà della finanza pub-blica che spesso impongono alle Amministrazioni una ge-stione a senso unico delle risorse. Così accade purtroppospesso che si definanziano le opere per le quali i cantieri nonsono attivati nei termini previsti o che segnano ritardi ingiu-stificati, senza tuttavia considerare che a volte occorronomesi, se non anni, per la pubblicazione di una delibera delCipe (già varata), e senza far nulla per attuare il sinallagmacontrattuale (oltre che una specifica Direttiva comunitaria)in ordine ai tempi dei pagamenti alle imprese. È seguito, in-fine, l’invito acché nel momento di grave crisi finanziaria chestiamo vivendo vi sia un intervento più incisivo da parte delloStato nelle dinamiche economiche, con l’auspicio, tuttavia,che tale intervento sia diretto a introdurre le riforme strut-turali delle quali il nostro Paese ha tanto bisogno, in uno spi-rito di sinergia con il mondo imprenditoriale e sindacale, ilcorpo sociale, i cittadini tutti: in sintesi, più politiche pubbli-che e più apporti dei privati».

A supporto di una più trasparente redditività, qua-

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Tra Pa e imprese • Cristina Lenoci

In apertura Cristina Lenoci, avvocato amministrativista, com-

ponente del Comitato Scientifico del convegno di Ravello del-

l’Ottobre scorso, cui ha partecipato il Presidente del Consiglio

di Stato, Pasquale de Lise (in foto)

www.studiolenoci.net

lità e puntualità dei lavori in appalto non crede cheandrebbe rivisto il criterio di partecipazione alle garetrasformatosi in “gioco al ribasso”?«A mio avviso non è detto che un’offerta recante un prezzoparticolarmente vantaggioso per la P.A. celi sempre e co-munque un lavoro e/o un servizio e/o una fornitura di scarsaqualità o, peggio ancora, il rischio di un blocco dei cantieri.Ben potrebbe accadere che un’impresa sia dotata di un’orga-nizzazione tale da consentirle di offrire all’amministrazioneun prezzo estremamente appetibile. Semmai va cambiatol’approccio della Stazione appaltante nei confronti delle of-ferte recanti un ribasso prima facie di dubbia sostenibilità,estendendo la verifica di congruità delle stesse alle cono-scenze tecnologiche del settore effettivamente possedute dalsoggetto proponente, attraverso l’esame e la comparazionedei vantaggi e degli svantaggi di soluzioni alternative. In altritermini, l’esame delle offerte non deve limitarsi alla disaminadel solo elemento prezzo».

In che modo si potrebbe dunque realizzare la si-nergia tra il sistema pubblico e quello dei privati?«Innanzitutto occorre procedere a un’integrale e organica ri-codificazione dell’intero settore del “partenariato pubblico-privato”. A tal proposito si “rumoreggia” l’introduzione di unnuovo strumento contrattuale, il “contratto di disponibilità”,nonché del cosiddetto “leasing in costruendo”, delle societàmiste pubblico-private per la gestione unitaria delle varie ti-pologie di infrastrutture, e così via. Con riferimento invece almodello del project financing, gli interpreti già da tempohanno avuto cura di rilevare il rischio di “ingessatura” dell’isti-tuto causata dal contenuto eccessivamente dettagliato dello stu-

dio di fattibilità predisposto dall’Amministrazione e posto abase di gara. Alla qualcosa, a onor del vero, il Legislatore ha cer-cato di porre rimedio con il Decreto Svuluppo, riformulando,ad esempio, il comma 19 dell’articolo 153 del D. Lgs. n.163/2006, ss.mm.ii., che consente ora la presentazione di pro-poste relative a concessioni di lavori pubblici o di pubblica uti-lità non presenti nella programmazione triennale ex articolo128 piuttosto che negli strumenti di programmazione appro-vati dalla P.A. sulla base della normativa di settore vigente. Ini-zia quindi a intravedersi un approccio più concreto da partedello Stato alla materia a mezzo di interventi volti a introdurreriforme strutturali e comunque in sinergia con le iniziative ele esigenze imprenditoriali e sociali».

Quali ingranaggi del sistema appalti andrebbero ri-visti per non penalizzare le aziende potenzialmenteidonee all’ottenimento di una gara? «In ossequio al principio del favor partecipationis, a mio avviso,andrebbero espunte dal mondo giuridico tutte quelle cause diesclusione che badano più alla forma che alla sostanza. Delresto, è stato proprio questo uno dei nodi gordiani su cui spessosi è imbrigliata anche la giurisprudenza amministrativa, assu-mendo orientamenti non sempre univoci. Nel tentativo di di-rimere siffatta questione il Legislatore, con il Decreto Sviluppo,ha posto un freno alla discrezionalità delle stazioni appaltanti,stabilendo che l’inserimento di clausole a pena di esclusionenegli atti di gara è consentito solo se dette clausole sono con-seguenti a obblighi scaturenti da norme del Codice dei con-tratti pubblici. Pertanto, nell’ipotesi in cui le clausole in paroladovessero essere inserite senza presupposto normativo, le stesseandrebbero considerate nulle».

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C&P • GIUSTIZIA148

Recentemente è stata modificatala disciplina che stabilisce le regoleper avviare una proceduracontenziosa, introducendo un regimeeconomicamente penalizzanteche solleva diversi dubbi di legittimità.Ne parla Maurizio Steccanella

Oneri pesanti per i contenziosi

di Amedeo Longhi

Lo scorso agosto, attraverso il voto di fiducia, è stataapprovata la legge 111 del 2011, che ha convertito,modificandolo, il decreto legge 98, sempre del2011, recante “Disposizioni urgenti per la stabiliz-zazione finanziaria”. L’avvocato Maurizio Stecca-nella, esperto di diritto pubblico, diritto

amministrativo e in particolare in materia di appalti pubblici,di lavori, di forniture e servizi, nei giudizi di responsabilitàalla Corte dei Conti, nell’urbanistica e nelle pubbliche affis-sioni approfondisce in particolare l’articolo 37 della legge111, che ha per oggetto il contributo unificato, cioè lasomma che deve essere anticipata per avviare una proceduracontenziosa in sostituzione delle marche da bollo.

Qual è la nuova procedure in materia?«Per quanto riguarda il contenzioso sulle procedure di ag-giudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e ser-vizi, l’importo del contributo unificato è stato elevato a 4.000euro. Nel caso in cui l’avvocato incaricato non disponesse diuna Pec – vale a dire la posta elettronica certificata –, talecontributo salirebbe addirittura a 6.000 euro. È del tutto evi-dente che l’avvocato incaricato di agire deve preliminar-mente chiedere al cliente di anticipare 4.000 euro – che, vistoche moltissimi avvocati non dispongono di Pec, nella stra-grande maggioranza dei casi sarebbero in realtà 6.000 euro.Non pochi clienti, a fronte di un esborso del genere, rinun-ceranno e desisteranno dall’agire, considerando il fatto che ilpagamento deve essere effettuato indipendentemente dal-l’esito dell’azione che si intende intraprendere».

Intravede un secondo fine di natura extra-giuri-dica nel provvedimento?«A mio parere non si tratta soltanto di una misura studiataper “fare cassa”, ma di un evidente disegno politico intesoa scoraggiare il ricorso alla giustizia amministrativa e a di-sincentivare la giurisdizione di legittimità. Da tempo si av-verte una decisa ostilità nei confronti dei GiudiciAmministrativi – T.A.R. e Consiglio di Stato – ai quali sifa carico di volersi intromettere nelle aggiudicazioni degliappalti pubblici da lasciare, invece, alla piena discrezionalità,che però è assai spesso connessa con intenti corruttivi oconcussivi o con scelte “di favore”».

Ritiene dunque che questa risoluzione possa es-sere gravata da un’illegittimità di fondo?«Appare evidente l’inosservanza dei precetti costituzionalicontenuti negli articoli 24 e 113 commi 1 e 2 della Costitu-zione. Per questo motivo mi sento di prevedere e, anzi, au-spicare un giudizio da parte della Corte Costituzionale».

Appalti pubblici • Maurizio Steccanella

L’avvocato Maurizio Steccanella esercita

la professione forense a Milano

[email protected]

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Sotto, l’avvocato Pier Costanzo Reineri, dello Studio omonimo

di Torino. In alto l’avvocato Paolo Alberto Reineri riceve in premio

la toga dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino,

Mario Napoli, per il brillante esito dell’esame di Stato, sessione

2008-09. Nella pagina a fianco l’avvocato Nicola Peretti

[email protected]

C&P • GIUSTIZIA150

Un esempio significativo per capirelungaggini e contraddizioni del sistema giuridico italiano. Una problematica connessa agliespropri per pubblica utilità illustrata da Pier Costanzo Reineri

Esproprisenza indennizzo?

di Guido Puopolo

Èopinione diffusa che lentezza dei procedimenti eincertezza degli esiti della giustizia italiana scorag-gino gli investimenti esteri nel nostro Paese. Aquesto proposito abbiamo chiesto un parere all’av-vocato Pier Costanzo Reineri, del Foro di Torino,che sta seguendo un caso emblematico in materia

di espropriazione per pubblica utilità, in cui la Cassazione ci-vile ha negato l’indennizzabilità del “valore” azienda, purquando essa venga eliminata per effetto dell’esproprio delfondo su cui insiste.

Ci può spiegare di che si tratta?«Una grande stazione di servizio per la distribuzione dei car-buranti, con le annesse strutture, posta su area privata in fre-gio a un’arteria di grande comunicazione e quindi moltoredditizia, è stata espropriata dall’ente proprietario della stradaper realizzarne una variante. Per effetto dell’esproprio la sta-zione di servizio è stata eliminata».

E la proprietà non è stata indennizzata della suaperdita?«Con la sentenza n. 1072/2003 la Corte d’Appello di Torinoriconobbe un indennizzo, rapportato alla media dei redditiche la stazione di servizio aveva prodotto negli ultimi anni.Venne cioè riconosciuta l’indennizzabilità del valore del-l’azienda, andata perduta insieme al fondo. Successivamente,nel 2009, si è espressa in senso contrario la 1ª Sezione civiledella Cassazione con la sentenza n. 8229, richiamando un ri-salente indirizzo giurisprudenziale, per cui quando l’espro-prio riguarda un’area su cui esiste un complesso di beni

Espropri per pubblica utilità • Pier Costanzo Reineri

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C&P • GIUSTIZIA 151

Esiste un’evidente distonia fra il principio enunciato dallaCassazione e i principi dellagiurisprudenza della Cedu

destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale, cioèun’azienda, la perdita di quest’ultima non va indennizzata».

Questa sentenza urta anche con il senso comune.«La Cassazione ha affermato che nella determinazione del va-lore venale della “res” oggetto di espropriazione occorre te-nere presente la differenza tra l’area espropriata, comprensivadegli edifici che vi insistano, e l’azienda, per cui “le costru-zioni esistenti sull’area vanno considerate nel loro valore in sé,non per il diverso valore che esse possono avere in rapportoalla particolare destinazione connessa all’attività d’impresa”.La sentenza è stata oggetto di critiche, anche perché in con-trasto con i principi della Convenzione Europea dei Dirittidell’Uomo - CEDU, firmata anche dall’Italia».

Può precisare?«Esiste un’evidente distonia fra il principio enunciato dallaCassazione e i principi della giurisprudenza della Corte Eu-ropea dei Diritti dell’Uomo, per cui il cittadino non può es-sere espropriato di un proprio bene senza un indennizzoadeguato alla perdita concretamente subita. Per la suddettaCorte la nozione di bene si espande fino a ricomprendereogni utilità concretamente ricavabile dalla “res” oggetto diesproprio. E il giudice deve interpretare la norma interna inmodo conforme alla disposizione internazionale, entro i li-miti nei quali ciò sia permesso dai testi delle norme interne.Qualora ciò non sia possibile, ovvero si dubiti della compati-bilità della norma interna con la disposizione convenzionale“interposta”, il giudice deve proporre la relativa questione dilegittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117, 1°

comma della Costituzione che stabilisce che “la potestà legi-slativa è esercitata … nel rispetto dei vincoli derivanti … dagliobblighi internazionali”, quali quelli che promanano dallaCedu».

La questione dell’indennizzabilità di quell’aziendaespropriata è quindi ancora aperta?«Certamente, il giudice del rinvio ove ora pende la causa (an-cora la Corte d’Appello di Torino), pur non potendo disco-starsi dal principio affermato dalla sentenza della Cassazione,potrà però sollevare questione di legittimità costituzionaledelle norme interne in tema di indennizzo espropriativo,come interpretate riduttivamente dalla Cassazione, per viola-zione dei principi in materia della suddetta Convenzione equindi per violazione dell’art. 117, comma 1, della Costitu-zione».

L’ultima parola passerà quindi alla Corte Costitu-zionale?«Si, se la Corte di Torino solleverà la predetta questione. Al-trimenti la stessa questione dovrà essere riproposta con un ri-corso in Cassazione. Se quest’ultima dovesse riconfermare ilprincipio della sentenza n. 8229/2009, non resterà che adirela Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo».

Il suo studio è quindi specializzato in materia diespropriazione per pubblica utilità?«Certo, ma non solo. È uno studio amministrativo e civile, al-l’interno del quale collaborano l’avvocato Nicola Peretti e miofiglio Paolo Alberto. La materia dell’espropriazione per pub-blica utilità è, per così dire, a cavallo dei predetti ambiti».

Pier Costanzo Reineri • Espropri per pubblica utilità

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C&P • GIUSTIZIA152

Editoriale • Vittorio Paolucci

La fiscalità dei terreni edificabili si è evoluta sostan-zialmente negli ultimi anni. In passato in diritto tri-butario, anche nella sua applicazione, il concetto diedificabilità era riconnesso alla sua sostanza giuridica,e veniva quindi mutuato dalla disciplina urbanistica.La stessa normativa, richiamando concetti, strumenti

e riferimenti propri della disciplina urbanistica �Piani urbani-stici generali; Piani attuativi; urbanizzazioni; lottizzazioni; zo-nizzazioni (Zone A, B, C, D, E, ed F); etc.� portava a considerarel’edificabilità di un’area quale presupposto esogeno e non en-dogeno alla normativa tributaria. Dalla disciplina urbanistica lagiurisprudenza si discostava solo occasionalmente in presenzadi casi assolutamente peculiari. Tale panorama è oggi radical-mente mutato, e non certo nella prospettiva della certezza deldiritto. Benché la legislazione fiscale continui a fare riferimentoa concetti e strumenti propri della disciplina urbanistica, e seb-bene la normativa di settore tenga chiaramente distinti gliaspetti qualificatori dell’edificabilità dei suoli da quelli estima-tivi, il legislatore prima -con i c.d. Decreti Bersani- e la giuri-sprudenza poi, hanno mutato il quadro di riferimento, iniziandoa riconnettere il concetto di edificabilità non più alla sua so-stanza giuridica bensì ad una economica. Si è finito, sostanzial-mente, con il confondere i piani della qualificazioneedificatoria e della valutazione estimativa, sconfinando nel pa-radosso di assoggettare a imposta come edificabili anche beniche non hanno alcuna effettiva giuridica possibilità di venireedificati. Addirittura la Corte di Cassazione ha cristallizzatoespressamente il concetto che l’“edificabilità fiscale” sarebbecosa diversa dalla “edificabilità urbanistica”. Di qui una serie diproblematiche applicative non certo in linea con la certezza deldiritto, di cui il nostro Paese dichiaratamente si vanta essere laculla, ma che ormai risulta totalmente inesistente per qualsivo-glia operatore.In questo il caso dell’Emilia Romagna è emblematico. La LeggeRegionale Urbanistica n.20 del 24 marzo 2000 ha acuito leproblematiche interpretative e applicative. Questa legge ha “so-stanzialmente” scisso (“spacchettato”) il Piano Regolatore Ge-

di Vittorio PaolucciAvvocato del Foro di [email protected]

LA “BABELE”DEI TERRENI EDIFICABILI

nerale in tre diversi strumenti: Piano Strutturale Comunale(P.S.C.), Regolamento Urbanistico Edilizio (R.U.E.), e PianoOperativo Comunale (P.O.C.). In base alla normativa il P.S.C. non è destinato precipuamentea individuare quali ambiti abbiano natura edificabile o meno,bensì ha la finalità di delineare le scelte strategiche di assetto esviluppo del territorio, curando in particolare la tutela dell'in-tegrità fisica e ambientale e l'identità culturale dello stesso. La Legge Regionale chiarisce con fermezza (vieppiù oggi dopola novella introdotta con la L.R.n.6/2009) che il P.S.C. non haportata conformativa dei diritti edificatori. La stessa AssembleaLegislativa della Regione Emilia Romagna ha precisato che“l’elemento qualificante di detta riforma del sistema è dato dalla di-stinzione tra un piano strategico strutturale, il P.S.C., che in nessun casoattribuisce diritti edificatori; e un piano operativo che regola le trasfor-mazioni da realizzare nei successivi cinque anni, il POC, il quale at-tribuisce detta edificabilità”, precisando altresì espressamente chenon possono essere richiamati i c.d. Decreti Bersani per consi-derare edificabile un’area già solo sulla base delle previsioni delP.S.C., chiarendo ulteriormente che: “dal P.S.C. non è desumi-bile una vocazione edificatoria che giustifichi una legittima aspettativasulla possibilità di edificare le aree attualmente non urbanizzate, inquanto la funzione attributiva dello jus aedificandi è propria esclusi-vamente del P.O.C.”. Pur dovendo ricordare che le Regioni non hanno potestà le-gislativa propria in materia tributaria, si rileva tuttavia che laRegione ha qui legiferato non in materia fiscale ma solo inmateria di governo del territorio, mentre le interpretazioni dellanormativa in ordine ai riflessi fiscali costituiscono unicamente“Atto di indirizzo”.Per contro, la Corte dei Conti ha assunto orientamento diversoda quello dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Ro-magna, pretendendo che l’edificabilità (fiscale) sia riconducibilegià alle previsioni di P.S.C., ma ciò assumendo, avendo dato perassodati concetti presupposti invero invece errati. È dunque inquesto quadro normativo che si sta aprendo una vera e propria“babele” interpretativa con effetti applicativi devastanti.

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Sarà inaugurata a breve la sede palermitana del-l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e ladestinazione dei beni sequestrati e confiscatialla criminalità organizzata. Seguiranno poiquelle di Milano e Napoli. È un ulteriore passoin avanti nell’opera di contrasto ai patrimoni

mafiosi che, al 1 ottobre, fa registrare la confisca di 11.699beni, tra cui 1.472 aziende. «Per sottrarre i beni alla cri-minalità organizzata e restituirli alla collettività – spiega ildirettore dell’agenzia, il prefetto Giuseppe Caruso – oc-corre essere ben radicati sul territorio in modo da svilup-pare adeguati rapporti con l’autorità giudiziaria, leprefetture, le forze di polizia, le amministrazioni comunalie gli altri enti territoriali e le associazioni rappresentativedella società civile».

Con le aperture di queste nuove sedi, come sipotenzierà l’agenzia? «Si rafforzerà la struttura sul territorio e verrà dato nuovoslancio all’azione dell’agenzia, che si appresta ad assumerela piena operatività anche in relazione ai beni oggetto disequestro e di confisca non definitiva, in seguito alla pros-sima emanazione dei regolamenti attuativi. In questomodo, viene superata la frammentazione delle competenzeregistratasi prima della creazione dell’agenzia nazionaleche, insieme all’oggettiva difficoltà di gestire beni com-plessi come quelli confiscati, era causa di un’eccessiva di-latazione del periodo intercorrente tra il sequestro e ilprovvedimento finale di destinazione dei beni».

Quali altre novità si prospettano?«L’ex ministro Maroni ha firmato il 13 luglio scorso un’ar-

ticolata circolare diretta ai prefetti della Repubblica gra-zie alla quale è in corso l’istituzione presso ogni prefet-tura di un nucleo di supporto che sarà presieduto da unfunzionario prefettizio e di cui faranno parte, oltre a rap-presentanti delle forze dell’ordine, anche esponenti di altreamministrazioni, enti o associazioni. Un organismo che,da un lato, consentirà un più puntuale monitoraggio deibeni destinati e che, nel contempo, agevolerà l’attività del-l’agenzia nel ripristino delle condizioni del loro effettivoutilizzo per finalità istituzionali e sociali».

C&P • GIUSTIZIA

Il nuovo Codice antimafia include misure anche in materia di confischedi beni sottratti alle organizzazioni criminali e riassegnati per finalità sociali.A illustrarle è il direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazionee la destinazione di questi beni, Giuseppe Caruso

Ottimizzare le risorse per destinarei beni confiscati

di Francesca Druidi

Legalità • Giuseppe Caruso

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C&P • GIUSTIZIA

Giuseppe Caruso • Legalità

Qual è la situazione proprio sul fronte dell’ef-fettiva assegnazione dei beni confiscati? Quali cri-ticità ancora si propongono?«Finora poco meno del 70% dei beni confiscati ha giàavuto una destinazione finale, mentre il 30% è in attesa didestinazione, a causa di numerose problematiche che sto-ricamente affliggono tali beni quali, ad esempio, la pen-denza di procedure giudiziarie, la presenza di gravamiipotecari e di pignoramenti, il pessimo stato di conserva-zione degli immobili, le occupazioni abusive. I gravamiipotecari rappresentano, in assoluto, il fattore che mag-giormente rallenta il riutilizzo dei beni confiscati, risul-tando necessaria una defatigante attività legale perottenere la liberazione degli immobili. C’è poi l’occupa-zione abusiva, tenuto anche conto dell’elevato tasso dicontenzioso che genera l’attività di sgombero, di fonda-mentale importanza, oltre che per la riaffermazione deiprincipi di legalità, anche per assicurare, a seguito delladestinazione, la concreta disponibilità dei beni per gli as-segnatari».

Per quanto riguarda, nello specifico, la gestionedelle società confiscate?«Esistono in questo caso problemi eterogenei, aggravatidal momento di crisi in cui versa la nostra economia. E sitratta di criticità non di immediata risoluzione: dalla fugadei clienti all’improvvisa “aggressività” dei creditori; dallachiusura dei rubinetti del credito al mantenimento dei li-velli occupazionali, per non parlare dei maggiori costi dasostenere per regolarizzare tutta una serie di situazioni il-legali sotto il profilo fiscale, contributivo e lavorativo».

Quali misure adottare? «Per i beni immobili sono previste importanti novità nelTesto unico antimafia di recente approvazione, che do-vrebbero consentire un più celere iter per l’accertamentodei diritti dei terzi e la liberazione dalle ipoteche gravantisui beni. Si sta poi compiendo uno sforzo importante nelleregioni cosiddette “Obiettivo convergenza” (Campania,Sicilia, Calabria e Puglia) con i fondi e i finanziamenti eu-ropei del Pon Sicurezza, che ha istituito un obiettivo spe-cifico (2.5) finalizzato al recupero e al rilancio sul mercatodei beni confiscati: un obiettivo dotato di circa 92 milionidi euro, di cui oltre 53 impegnati a tutt’oggi. È, tuttavia,necessario compiere qualche passo in più, costruendo unavera strategia dell’ottimizzazione delle risorse che arri-vano dall’Ue, ponendo a fattor comune i fondi del PonSicurezza e quelli dei Por attribuiti alle regioni».

Sul versante delle amministrazioni delleaziende?«L’obiettivo è quello di mantenerle sul mercato e garantire iposti di lavoro. Occorre liberare le imprese dal condiziona-mento criminale, evitando che siano assistite dallo Stato, di-ventando un costo per la collettività. Nella consapevolezza dinon poter raggiungere da soli tali difficili risultati abbiamo ini-ziato a tessere una rete di collaborazioni e di intese con gli or-ganismi che esprimono le giuste professionalità, dalle grandiassociazioni datoriali (Confindustria, Confagricoltura, Con-fcommercio) e quelle cooperative, per la realizzazione di si-nergie utili a individuare risorse che consentano un più celereed efficace reinserimento delle aziende nel circuito econo-mico legale».

La criminalità organizzata si sta insediando sem-pre più nel Nord Italia e, in particolare, nella suacapitale economica, Milano. Quali nuovi scenari sistanno allora delineando per i beni confiscati? «L’insediamento della criminalità organizzata al Nord èun fenomeno ormai acquisito e confermato in diverse in-dagini. Questo dato costituisce un punto di partenza peruna riflessione più complessa che attiene più agli organiinvestigativi che all’agenzia nazionale. La risposta delleistituzioni locali resta comunque fondamentale, e diversi-ficata secondo i vari territori considerati. Vanno registrati,a titolo di esempio, due atti importanti delle RegioniLombardia ed Emilia Romagna che, in questo delicatomomento, hanno messo a disposizione fondi importantiper la gestione e la ristrutturazione dei beni confiscati. Èimportante sottolineare che, essendo i fondi Pon dedicatiesclusivamente a quattro regioni del Meridione, bisognaimmaginare per il Nord Italia altre sinergie per liberarerisorse da destinare al riutilizzo per fini sociali dei beniconfiscati».

Occorre sviluppare rapporticon autorità giudiziarie, prefetture,forze di polizia e amministrazionicomunali

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C&P • GIUSTIZIA156

Il sequestro dei beni, proventi delle mafie, e il lororeimpiego costituiscono sicuramente un segnaleforte contro il crimine organizzato. Accanto a essi, èimportante il lavoro delle associazioni antiracket sulterritorio, che si svolge d’intesa con gli organi delloStato. «Il precedente governo – sottolinea Giancarlo

Trevisone, commissario straordinario antiracket – ha datoalle forze dell’ordine e alla magistratura, strumenti cheprima non c’erano mai stati. Una grande attenzione allalotta alla mafia posta in essere con pervicacia, attuandonorme importantissime che hanno portato a un largo nu-mero di confische e di sequestro di beni».

I numerosi arresti di boss e latitanti che sonostati effettuati negli ultimi anni hanno inflitto duricolpi alle mafie. Cosa occorre fare in più su que-sto fronte? «La magistratura e le forze dell’ordine stanno ottenendorisultati eccezionali. Lo si vede nella cronaca quotidiana diarresti, confische e sequestri. Il problema è quello di de-molire il concetto di sottocultura dell’omertà mafiosa.Non è sufficiente arrestare i mafiosi, occorre spurgarel’ambiente dall’acqua sporca in cui questi pesci vivono eprosperano. La mafia va combattuta coinvolgendo tutti,dalle istituzioni alle forze dell’ordine, dalle associazioni di

categoria a quelle di volontariato per far crescere un con-cetto sociale di legalità. È necessario pertanto fare rete,ovvero affermare il concetto di quella che si può definiresicurezza partecipata, in cui tutti facciano sistema. La si-tuazione sarebbe anche favorevole allo sviluppo di questapolitica in quanto i grandi boss sono in galera e si stannocostituendo sempre più associazioni antiracket».

Molti sono i colpi inferti alla criminalità organizzata negli ultimi anni, grazie a importanti arresti e al sequestro di numerosi beni appartenenti a boss e latitanti. Giancarlo Trevisone spiega cosa occorre fare per demolire l’omertà mafiosa

Associazioni antiracket,garanzia di lealtà di Nicolò Mulas Marcello

Legalità • Giancarlo Trevisone

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C&P • GIUSTIZIA 157

Qual è l’apporto e l’interazione di queste asso-ciazioni con le istituzioni?«Il loro apporto è fondamentale, perché insieme alle asso-ciazioni di categoria svolgono una forma di informazione,di sostegno e di accompagnamento dei soggetti a denun-ciare. Come commissario antiracket, io lavoro con loro el’ho fatto anche come prefetto di Palermo. Il loro vantag-gio è quello di essere vicini alla gente, sono iscritte pressole prefetture e sono presenti sul territorio, conoscono esono conosciuti, quindi hanno una garanzia di lealtà e diprofessionalità. Io ritengo che il loro ruolo sia assoluta-mente insostituibile».

La reintroduzione della norma che obbliga alladenuncia chi subisce tentativi di estorsione è unmodo per arginare questo problema. Quali altremisure sono necessarie?«Non è sufficiente imporre la norma dell’obbligo di de-nuncia ma bisogna trovare una maniera per spingere i sog-getti a collaborare, perché senza collaborazione non sivince. Il pizzo è radicato nella subcultura del territorio.Occorre fare in modo che i commercianti abbiano ancheun vantaggio economico dalla denuncia. Accanto alla san-zione è necessario anche uno stimolo. Dopo la denuncia,quando inizia il processo, la legge 44 del 1999, il cui fondo

è amministrato da me, dà la possibilità di elargizioni a co-loro che hanno un’attività economica, per i danni ai benimobili, immobili, mancato guadagno, lesioni personali econdizionamento ambientale. Attualmente sto studiandoun’ulteriore campagna informativa su questo tema. È ne-cessario pertanto capire se si possono offrire vantaggicome l’esenzione dell’Irap o dall’Irpef comunale o regio-nale per un periodo di tempo, o sanzioni di carattere am-ministrativo come la sospensione della licenza oltre allesanzioni di carattere penale».

Sulle modalità di reimpiego dei beni sequestratiesistono ancora zone d’ombra e tempi molto lun-ghi. Come è necessario operare per migliorarequesto sistema? «L’agenzia per i beni confiscati svolge proprio questocompito e quindi è di loro competenza questo ambito.Stando alla mia esperienza prima dell’istituzione di que-sta agenzia, in veste di prefetto di Palermo, gestivo i beniconfiscati attraverso l’agenzia del demanio. Il problemafondamentale è la loro utilizzazione, perché è qui che loStato si gioca la sua immagine. L’altro problema è quellodei beni immobili che i mafiosi lasciano in condizioni pie-tose, pertanto c’è un costo importante per il loro ripri-stino. Occorre, quindi, trovare finanziamenti ad hoc».

Giancarlo Trevisone • Legalità

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C&P • GIUSTIZIA158

Sotto il profilo della criminalità organizzata ilterritorio di Bari sta vivendo un delicato pe-riodo di transizione. Nelle parole del procura-tore capo Antonio Laudati, a commento delleultime operazioni che hanno portato all’arrestodi alcuni noti boss, si leggono soddisfazione per

il lavoro svolto ma anche una certa preoccupazione per lasituazione che si sta delineando. «Se gli esponenti di spiccosono in carcere è chiaro che i clan sono in mano alle se-conde generazioni – evidenzia il magistrato – ovvero sonogestiti da giovanissimi delinquenti emergenti dal grillettofacile ma non in grado di progettare vere e proprie stra-tegie criminali. Di qui le sparatorie fra la gente in orari dipunta avvenute a Bari negli ultimi mesi». La necessità diridisegnare la mappa della criminalità barese, tenuto contodei nuovi equilibri e delle nuove alleanze che si stannonecessariamente generando, diventa perciò prioritaria perla procura antimafia di Bari al fine di mettere a puntoun’efficace azione di contrasto.

Quali strategie sono allo studio per fronteggiare ilnuovo ordine che si sta costituendo? «Accanto alle classiche, fondamentali, forme d’investiga-zione, la procura sta sperimentando - con discreto suc-cesso - un’altra strategia: quella della condivisione dellagiustizia. In tal senso potrei dire che il mio distretto stadiventando un vero e proprio laboratorio. Siamo partitidal presupposto che il nostro compito non è solo quello

di arrestare i criminali, ma anche “catturare” la fiducia deicittadini. Per questo motivo abbiamo dato vita a un’asso-ciazione, “Organizzare la giustizia”, che mette insieme leforze sane e propositive della società animate dalla volontàdi dare il proprio contributo al miglioramento dell’azionegiudiziaria. Attorno a un tavolo si sono seduti non solo imagistrati, ma anche gli esponenti degli enti locali, del-l’avvocatura penale e civile, del giornalismo, della cultura.Insieme, mettendo ognuno a disposizione la propria pro-fessionalità e il proprio tempo, abbiamo cercato di condi-videre un’idea di giustizia».

E che risultato avete ottenuto?«Una straordinaria risposta dei cittadini, che interagiscono

Usciti di scena i boss storici, le seconde generazioni sono in cerca di alleanze e diequilibri nuovi. La procura antimafia del capoluogo pugliese, guidata da AntonioLaudati, studia efficaci azioni di contrasto. A partire dalla condivisione della giustizia

Ridisegnare la mappadella criminalità baresedi Michela Evangelisti

Legalità • Antonio Laudati

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C&P • GIUSTIZIA 159

con la procura come non succedeva prima: si fidano e col-laborano».

Di recente è stato inaugurato uno sportello antirac-ket e antiusura ad Altamura, a cura di un’associazionedi Molfetta. Qual è l’attuale situazione del contrasto aquesti fenomeni nel distretto?«Anche in questi casi l’attenzione della procura di Bari èsempre stata molto alta, se non addirittura più alta diquella riservata alle organizzazioni criminali, perché la vit-tima del racket e dell’usura è il cittadino, quello più de-bole, che in un momento della propria vita si trovaoggetto di una violenza inaudita. In questi casi i classicimetodi investigativi sono a volte meno efficaci perché in-dispensabile diventa la collaborazione della vittima e que-sta, se rimane sola, avrà sempre più paura e nondenuncerà. Ecco perché le associazioni antiracket e le fon-dazioni antiusura sono strumenti preziosi».

Dove riescono ad arrivare?«Da tempo opera sul Gargano lo sportello antiracket diVieste. E posso tranquillamente dire che la lotta alla mafiain quel territorio non avrebbe prodotto i risultati otte-nuti senza la sua presenza, senza la sua testimonianza. Lostesso discorso vale per la fondazione antiusura di don Al-berto Urso a Bari. Le associazioni antiracket e la fonda-zione antiusura sono veri e propri presidi di legalità».

Ma, in generale, sono stati compiuti passi avanti versoun maggior coraggio della denuncia oppure il clima diomertà è ancora forte? «Onestamente devo dire che anche nel nostro territorio cisono discrete sacche di omertà che, comunque, riguardanosoprattutto episodi mafiosi: in occasione di diversi omi-cidi avvenuti nella provincia di Bari in ore di massimo af-flusso, in zone centrali della città, non abbiamo avuto unsolo testimone. Possibile che nessuno abbia visto nulla? Ilsilenzio che circonda questi episodi è il cibo preferito conil quale si nutre la mafia. Per correttezza devo anche direche nel Barese non è ancora molto radicata la cultura dellamafia, quindi i margini di speranza di un recupero ci sono.Per questo motivo io per primo scendo fra la gente - par-tecipo a molti incontri, convegni, lezioni nelle scuole, maanche spettacoli teatrali e cinematografici - proprio neltentativo di avvicinarla e rassicurarla: noi ci siamo, della“squadra Stato” ti puoi fidare».

Ha dichiarato che più degli arresti possono i seque-stri dei beni dei boss: ai recenti colpi messi a segnocontro alcuni boss dei clan mafiosi Strisciuglio e Parisihanno fatto seguito anche confische patrimoniali? «Il vero contrasto ai mafiosi lo si fa attaccandone i patri-moni: se li si priva delle loro ricchezze verrà meno la loroforza criminale. Ma i sequestri non hanno solo l’obiettivoconcreto di privare di risorse i clan: hanno anche un va-

lore fortemente simbolico per il cittadino. Quello cheviene tolto a chi ha illecitamente conseguito un profittoviene reimpiegato al servizio della società. Se al postodella casa del boss lo Stato sarà in grado di allestire unasilo comunale, il cittadino avrà la certezza che davvero sipossono cambiare situazioni difficili, anche quelle più in-cancrenite. È vero che i tempi burocratici della confiscatendono a scoraggiare la pratica, ma nel nostro ordina-mento di recente è stato inserito il meccanismo del se-questro per equivalente, vale a dire che i beni patrimonialisottoposti a sequestro possono essere utilizzati a fini so-ciali e giudiziari. Anche in questo caso la procura di Bariha fatto da apripista: le auto sequestrate al clan Parisi ven-gono utilizzate dal mio ufficio e non solo, così come al-cuni immobili sono destinati a diventare archivi di attigiudiziari, sedi di polizia giudiziaria e così via».

Quello che servirebbe, come in più occasioni ha sot-tolineato, è una visione più europea della lotta allamafia. Sono stati compiuti ultimamente passi avanti inquesta direzione?«Di fronte a una criminalità organizzata capace di ade-guarsi a un mercato sempre più globale è chiaro che anchele risposte della magistratura e delle forze dell’ordine nonpossono che andare in questa direzione. All’interno del-l’Unione europea, specie fra quelli che possiamo definireormai gli Stati “storici”, esiste una collaborazione semprepiù intensa sul piano dello scambio delle informazioni in-vestigative e vi è anche una maggiore sinergia interforzesia fra gli inquirenti sia fra gli investigatori. Qualche pro-blema si ha con i nuovi Stati, tra i quali gli scambi, anchesolo per ragioni burocratiche, sono ancora complicati e,quindi, si possono, anche involontariamente, creare pro-blemi di natura politico-diplomatica. Ma i miei colleghi diBruxelles stanno lavorando in tal senso e, se crediamo chel’Unione europea non sia solo una questione monetaria,con lo sforzo di tutti riusciremo a parlare una sola linguaanche nella giustizia».

Antonio Laudati • Legalità

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Una realtà fluida, caratterizzata da una pluralità diconsorterie che si relazionano, internamente edesternamente, secondo modalità spesso incerte emutevoli. Così si configura il volto della crimi-nalità pugliese. Con due sole eccezioni: la “societàfoggiana” e la “sacra corona unita” mesagnese, tra-

dizionalmente verticistiche e insistenti su più vaste aree. Que-sta precarietà di equilibri, se da un lato rappresenta unadebolezza strutturale, dall’altro causa un’imprevedibilità chenon rende agevole l’attività di contrasto. Le strategie investi-gative del centro operativo Dia di Bari, spiega il colonnelloClaudio Peciccia, si muovono principalmente sul fronte dellaprevenzione personale e patrimoniale a carico dei componentidi clan, «alla quale si sommano uno screening approfonditodei soggetti condannati e l’esame delle segnalazioni sospette,dalle quali possono scaturire indagini mirate di natura giudi-ziaria e patrimoniale».

Dalle vostre analisi sulle connotazioni strutturalie le modalità operative peculiari delle organizza-zioni criminali del territorio, quali linee evolutivestanno emergendo? «La contiguità della cosiddetta area metropolitana con quellaurbana consente un’interazione criminale tra i comuni delleprovince e lo stesso capoluogo, attraverso rapporti intrattenuticon esponenti o referenti locali. La nostra analisi evidenzia un

panorama criminale caratterizzato da andamenti ciclici, con-seguenti alle alterne attività di contrasto messe in campo sulterritorio dall’azione congiunta della magistratura e delle forzedi polizia nei confronti dei vertici “storici”; questi, disartico-lati dalle varie operazioni di polizia, lasciano spazio, nella lorosfera d’influenza, ai livelli intermedi, dando luogo alla gem-mazione di novelli gruppi criminali emergenti».

La Puglia si presta per posizione geografica a es-sere porta di ingresso e di transito degli stupefa-centi destinati al territorio italiano ed europeo.Quanto è elevata l’interazione tra la criminalitàpugliese e quelle straniere?

C&P • GIUSTIZIA160

«Il panorama criminale pugliese è caratterizzato da andamenti ciclicie da una forte interazione tra i comuni delle province e il capoluogo»spiega il colonnello Claudio Peciccia della Dia di Bari. E il traffico di stupefacentirimane l’attività illegale prediletta dalle consorterie operanti sul territorio

Clan pugliesi,un equilibrio incerto

di Michela Evangelisti

Legalità • Claudio Peciccia

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C&P • GIUSTIZIA 161

delle vittime, e al gioco d’azzardo, esercitato prevalente-mente per mezzo di apparati elettronici di tipo illegale,spesso imposti ai gestori di bar e circoli ricreativi attraversoil potere d’intimidazione delle organizzazioni criminali. In-fine non mancano lo sfruttamento e il favoreggiamentodella prostituzione, mediante il reclutamento di ragazze ex-tracomunitarie».

Di recente sono stati colpiti da ordinanze di custo-dia cautelare in carcere alcuni esponenti dei clan baresiStrisciuglio e Parisi. Questi arresti avranno ripercus-sioni decisive sulla disarticolazione delle organizza-zioni?«La contemporanea detenzione dei capi clan e delle figure cri-minali apicali, la voglia delle giovani leve di scalare veloce-mente le gerarchie, ma soprattutto il desiderio di occupare glispazi lasciati dai numerosi arresti eseguiti nel breve periodo,potrebbero aver minato gli equilibri stabilitisi tra i vari clan.In particolare, potrebbe essere venuto meno l’equilibrio crea-tosi nel tempo tra i diversi gruppi criminali egemoni, ovverogli Strisciuglio, i Di Cosola e i Parisi, i più attivi nel “coloniz-zare” la provincia e i cui obiettivi potrebbero sovrapporsi pe-ricolosamente. I superstiti dei predetti clan, tuttavia, si stannoriarmando per tenersi pronti a occupare i territori lasciati li-beri dagli avversari. È verosimile che sia in corso una lotta in-testina per la reggenza».

«I rapporti con le criminalità straniere non sono particolar-mente significativi, fatta eccezione per le organizzazioni cri-minali di origine albanese. La Puglia ha una sua importanzastrategica, perché porta dell’Adriatico e crocevia di molteplicitraffici illeciti gestiti, oltre che dalle consorterie autoctone,anche dalle organizzazioni criminali albanesi, ormai sottratte alruolo di sussidiarietà rispetto alle prime e in grado di conqui-stare autonomi spazi di manovra e stringere alleanze su unpiano di parità. Numerose sono le operazioni condotte daquesto centro operativo sia per quanto riguarda il contrasto alfenomeno del contrabbando di tabacchi lavorati esteri, sia perlo smantellamento di organizzazioni criminali albanesi dediteal traffico di sostanze stupefacenti».

Traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, usura edestorsioni: quali sono le principali attività della crimi-nalità organizzata locale?«Sul piano delle attività illegali, le consorterie criminalioperanti sul territorio pugliese continuano a prediligere itradizionali settori dell’illecito, in primis il traffico di stu-pefacenti, gestito con caratteri di sempre maggiore im-prenditorialità e fonte di sanguinosi contrasti fra i varigruppi per fini egemonici. Si dedicano poi al contrabbandodi tabacchi, pur ridimensionato in sede locale, alle estor-sioni e all’usura, che continuano a suscitare grave allarme ehanno, come contraltare, l’esiguità delle denunce da parte

Claudio Peciccia • Legalità

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C&P • GIUSTIZIA162

Legalità • Andrea De Martino

Èdifficile fare una disanima corretta della piccola egrande criminalità in Campania. Soprattuttoquando questo fenomeno non è scindibile dalla so-cietà civile e dal territorio. Quando le infiltrazionidella criminalità nell’economia e nella politica sonotante e troppi sono gli interessi in gioco. Da sem-

pre ci provano con convegni e libri gli “uomini di frontiera”,giudici e magistrati, che in un modo o nell’altro hanno avutoa che fare con la malavita, il cui unico obiettivo è quello di farconoscere il fenomeno alla più ampia platea possibile di citta-dini per sensibilizzare la società e arginare sempre di più la ma-lavita. Ne è convinto anche il prefetto Andrea De Martino, inprima linea a Napoli nella lotta alla criminalità organizzata,che pone l’accento sugli interessi economici che gravitano at-torno a essa, convinto che, estirpati quelli, la lotta per la lega-lità ne uscirà vincente. «Occorre tagliare i fili alla camorra –sottolinea –. La camorra va distrutta colpendola nei suoi inte-ressi economici».

Il lavoro delle forze dell’ordine, da solo, spesso non

basta ad arginare i fenomeni di piccola e grande cri-

minalità. Quanto può aiutare siglare un patto di sicu-

rezza con il mondo economico come quello

perfezionato con il protocollo dello scorso ottobre?

«Serve un patto forte con la cittadinanza, in particolar modocon le categorie commerciali più esposte. Non è un modo perdelegare ad altri quello che è il nostro compito. L’invito è

Contrastare il fenomeno della criminalità attraverso patti di legalità

con le associazioni presenti sul territorio e rispondendo colpo

su colpo alle azioni criminali. Il prefetto Andrea De Martino

commenta i dati dell’azione congiunta di forze dell’ordine

e istituzioni

Ognuno aggiungaun tassello al mosaicodella sicurezza

di Luca Donigaglia

Andrea De Martino, prefetto di Napoli

Page 161: Dossier Giustizia 12 2011

C&P • GIUSTIZIA 163

Legalità • Andrea De Martino

quello di condividere un percorso e unire le energie per irro-bustire le difese contro la criminalità, augurandoci che già dalprossimo anno i dati siano migliori. Ognuno nel propriocampo deve contribuire ad aggiungere un tassello per com-porre il mosaico della sicurezza».

Considerando la criminalità organizzata in partico-

lare, come valuta i risultati dell’azione congiunta di

istituzioni e forze dell’ordine negli ultimi anni?

«Nel 2010 sono stati sequestrati a Napoli e provincia beni per715 milioni di euro alla camorra. Dal 2006 a oggi sono stati ar-restati 84 latitanti, 34 dei quali facenti parte dei 100 conside-rati più pericolosi d’Italia. Prosegue una lotta ferrea, ingenerale, a chi ha provato a fare impresa non in regola».

A Napoli e dintorni crisi e criminalità diventano fe-

nomeni intrecciati. Più le difficoltà economiche per-

mangono, più la tendenza a commettere reati può

crescere. Che cosa fanno le istituzioni per contrastare

questa tendenza?

«È indispensabile che le istituzioni, le forze dell’ordine e lecomponenti della società civile facciano fronte comune in unmomento in cui le difficoltà economiche legate alla crisi con-tribuiscono all’aumento di furti e rapine, anche in vista del pe-riodo natalizio, che solitamente comporta l’incremento di reatipredatori».

Ad esempio, recentemente la Prefettura ha siglato

un protocollo con la Camera di Commercio di Napoli

È indispensabile che le istituzioni, le forze dell’ordinee le componenti della società civile facciano fronte comune

e le associazioni di categoria locali che prevede l’in-

troduzione di alcuni strumenti specifici per rafforzare

la sicurezza in città. Il trend dei reati è in crescita?

«Stando ai dati relativi all’ultimo anno, calcolati fino al 15 set-tembre, il numero di rapine resta costante. Mettendo però aconfronto il periodo che va dal 1 luglio al 30 settembre tra glianni 2010 e 2011, si registra un aumento di denunce e arresti,che passano dai 622 del 2010 ai 743 del 2011. Di qui la forzadi attacco impressionante messa in campo dalle forze dell’or-dine per rispondere colpo su colpo a una situazione che, nelbreve periodo, non sembra destinata a migliorare, anche invirtù della sfavorevole congiuntura economico-finanziaria cheattraversa il nostro Paese».

L’accordo tra Prefettura e Camera di Commercio

prevede l’istituzione di un fondo per le imprese che ne

facciano richiesta. Il bando è aperto alle categorie di

farmacisti, orafi e gioiellieri, tabaccai e benzinai. Ci

sono 150 mila euro per favorire l’automatizzazione

delle casse eliminando la presenza massiccia di denaro

contante, si possono impiegare fondi per la realizza-

zione di impianti di videosorveglianza, per l’assun-

zione di guardie giurate.

«Il protocollo va ad ampliare il concetto di difesa passivaincrementandolo di significati concreti. È un piccolo passoin una città che convive costantemente con queste pro-blematiche».

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C&P • GIUSTIZIA164

Scommessa sui giovani, rilancio della sicurezza emaggiore collaborazione da parte dei cittadini.Questi i temi affrontati al momento del suo inse-diamento in città, avvenuto il 30 dicembre scorso.Oggi il prefetto di Catanzaro Antonio Reppuccitraccia un primo bilancio del suo operato, sottoli-

neando il grande impegno profuso a favore della città, nonsempre seguito da risultati eccellenti, davanti ai quali però nonsi deve desistere. L’obiettivo resta l’affermazione di una culturadella legalità, una sorta di «religione civile» che porti a capireche la lotta all’illegalità e alla criminalità è un problema che ri-guarda la società civile in tutte le sue espressioni e non solo leforze dell’ordine. «Va affermata la cultura del rispetto delle re-gole e non quella dell’omertà, perché la paura è un diritto mail coraggio è un dovere».

Quale i prossimi passi da fare lungo il percorsotracciato?«Bisogna innanzitutto recuperare il gap che il Sud ha rispettoal Nord del Paese. Le potenzialità rimangono tante perché laCalabria ha una cultura e una storia non inferiore alle altrecittà italiane; occorre però valorizzare le numerose eccellenzedel territorio, come gli 800 km di costa e un settore turi-stico da corroborare. Come ogni cosa anche la ‘ndrangheta haun inizio e una fine, ma bisogna crederci. Partecipo a tanticonvegni nelle scuole e nei comuni e vedo dei germogli po-sitivi, come l’associazionismo diffuso, ora però ci vuole una

Davanti a fasce della popolazione ancoraindolenti è la cultura a diventarestrumento di elevazione, dalla scuola allafamiglia. Antonio Reppucci, prefetto diCatanzaro, indica da dove occorre partirese «non si vuole continuare a parlare infuturo degli stessi fenomenidelinquenziali di oggi»

Il risveglio culturalecontro l’omertà

di Renata Gualtieri

Antonio Reppucci, prefetto di Catanzaro

Legalità • Antonio Reppucci

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C&P • GIUSTIZIA 165

sorta di tsunami culturale perché legalità, solidarietà e coe-sione sociale rappresentino le stelle polari dei cittadini».

Ha più volte dichiarato che è necessario operaresoprattutto nella scuola per affermare la cultura dellalegalità. Le istituzioni come possono indirizzare i

giovani al rispetto delle regole?«Bisogna scoraggiare i giovani a emulare modelli poco edi-ficanti, come quelli dettati dallo spettacolo, facendo passareil messaggio che solo l’impegno e la fatica a lungo pagano,senza sperare in scorciatoie. Il primo impegno viene dallascuola e dalla famiglia. La cultura diventa strumento di ele-vazione, anche grazie ai social network che vanno però uti-lizzati nel modo opportuno».

All’incontro “Donne di mafia” ha parlato di un ri-sveglio culturale per sradicare le venature omertosein tutti gli strati sociali. «È stata un’iniziativa molto interessante, promossa da un ma-gistrato in pensione, Romano De Grazia, e in questa occa-sione ho fatto riferimento a quello che diceva Calvino“l’inferno è sulla terra e noi dobbiamo saper distinguerlo percombatterlo” e ho citato Corrado Alvaro, uomo di questaterra che sapeva leggerne le criticità e invitava a lottare peril miglioramento».

In tema di sicurezza e ordine pubblico quali sono learee della provincia che a oggi la preoccupano di più?«In questo territorio ci sono una trentina di clan tra i territoridi Soverato, Lamezia e Catanzaro, con circa 600 adepti, ma poibisogna contare molte altre centinaia di collaterali. Le forzedell’ordine e la magistratura fanno sentire il fiato sul collo aqueste persone “feroci” che, anche all’inizio di quest’anno, sisono macchiati a Lamezia di delitti efferati».

Antonio Reppucci • Legalità

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C&P • GIUSTIZIA168

Criminologia • Carmelo Lavorino

Se le nuove tecnologie oggi

inchiodano alcuni assassini impuniti

del passato, manca talvolta l’analisi

criminale investigativa seria,

scientifica e sistemica e vincono

gli errori congetturali, la voglia

di potere e di fare carriera

Nuovi strumentima indagini viziate

di Elisa Fiocchi

Tra i delitti più sorprendenti che da casi irrisoltihanno trovato una giustizia dopo anni di incognite,ritorna attuale il delitto dell’Olgiata. Attraversol’utilizzo delle recenti tecnologie d’indagine «è statoindividuato su un lenzuolo insanguinato una mac-chietta di sangue dell’assassino, mentre tutte le altre

erano della vittima», racconta il criminologo Carmelo Lavo-rino, che ha studiato alcuni dei maggiori casi di cronaca neraitaliana. «Ciò è stato possibile grazie a una metodica scientificasofisticata». Alle nuove tecniche oggi in mano agli inquirenti,non può tuttavia mancare anche un perfetto metodo investi-gativo che escluda quegli interessi che corrono nella direzioneopposta alla verità. Contro ogni delitto? «Scienza, logica e in-telligenza». Ecco le tre tracce da seguire nel modus operandi diCarmelo Lavorino.

Le nuove tecnologie quali altri casi irrisolti sono in

grado di riaprire?

«Solo quei casi dove vi sono tracce biologiche, dattiloscopiche,merceologiche, psicologiche e comportamentali che, all’epocadei fatti, non era possibile individuare, fissare, comprendere, ela-borare ed assegnare ad alcun personaggio, mentre oggi è pos-sibile farlo. Questo perché ogni criminale, prima, durante edopo il crimine, lascia sulla scena del delitto tracce di sé e delleproprie azioni di ogni tipo: bisogna saperle interpretare e de-codificare».

E quali casi del passato, vorrebbe riaprire e perché?

«Parto dalla fine. Per motivi di giustizia, verità e scienza, perriabilitare e liberare le vittime di errori, per fare punire i col-pevoli, per restituire la dignità a chi è stato ingiustamente in-famato ed ai loro cari e familiari. Vorrei fare riaprire i casi delmostro di Firenze, di Cogne, di Arce, di Tommaso Onofri, divia Poma e tanti altri irrisolti, perché giustizia non è stata fatta».

Si assiste a molti delitti in cui manca la prova cru-

ciale e ci sono solo una serie di indizi. Per quale ra-

gione la criminologia e la scienza non sono in grado

di sbrogliare alcuni casi?

«Un caso è risolto quando c’è la confessione vera, o il testi-mone oculare vero, o la prova scientifica e certa inchiodante,oppure una serie di indizi precisi, gravi, pieni, certi e concor-danti che inchiodano il vero colpevole senza possibilità di dub-bio. Questo in teoria, praticamente è un’altra cosa. Occorronometodi e sistemi mentali di analisi criminale speciali, che va-dano a individuare prima singolarmente, poi globalmente e in

Carmelo Lavorino, criminologo, criminalista e investigatore

penale, direttore del Cescrin, esperto in scena del crimine,

criminal profiling e investigazioni criminali, esperto in indagini

difensive e cold cases

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C&P • GIUSTIZIA 169

Criminologia • Carmelo Lavorino

interrelazione, i concetti strutturali del crimine quali il mo-vente e la circostanza del delitto, il contesto dove si è verifi-cato, lo scopo iniziale del crimine, la vittimologia, il livellotecnico, il tipo di organizzazione e premeditazione, lo studiocriminologico delle tracce di modus operandi ed esecutive,psicologiche e di autoconservazione (quello che il criminale hafatto per “farla franca”) e lo studio criminalistico (origini, pro-duttore, composizione, morfologia), l’analisi finale della scenadel crimine e l’elaborazione di un profilo comportamentale elogico dell’ignoto autore del fatto. Questo deve essere il puntodi partenza».

E invece?

«Assistiamo a inquirenti che passano notizie segrete ai giorna-listi che fanno loro da battistrada, a inquirenti che pensano soloa fare conferenze stampa e a vincere con forzature i processi,ma l’analisi criminale investigativa seria, scientifica e sistemicamanca. Possiamo dire che mancano padella, manico e chimantenga il manico».

Come questi interessi vanno a discapito delle inda-

gini?

«Tutti gli errori giudiziari partono da un’intuizione sbagliatache diviene tesi, da un errore d’equipe che diviene innamo-ramento della tesi, da indagini superficiali viziate dal pregiu-dizio o dalla fiducia incondizionata sul proprio operato, dalla

voglia di risolvere il caso per ottenere successo, visibilità e car-riera e perché si vuole dare un colpevole all’opinione pubblica.In tal modo viene puntato un soggetto, si costruisce un’ipotesidi colpevolezza e si cercano solo quegli elementi utili a dimo-strarla, addirittura, se all’interno del gruppo d’indagine qual-cuno critica questo metodo possibilistico viene isolato e poiallontanato. Appare evidente che questi interessi spingano leindagini verso la direzione sbagliata a discapito della verità, dellagiustizia, dei diritti umani e del “popolo italiano”: non dimen-tichiamo che chi indaga lo fa per conto del popolo italianoche lo ha delegato attribuendogli poteri invasivi e lo paga perfare bene il proprio lavoro».

In quali processi si è manifestata tale carenza?

«Al processo per gli omicidi di Meredith Kercher, di Simo-netta Cesaroni, di Tommaso Onofri, di Samuele Lorenzi, il de-litto di Arce, il processo contro Pietro Pacciani e tantissimi altrinon famosi, semplici e di “poco conto”. Il minimo comunedenominatore è nella ricerca di visibilità, negli errori conget-turali, nella voglia di potere e di fare carriera».

Nell’inchiesta sul mostro di Firenze lei afferma che

sono venuti fuori tutti i mali della nostra organizza-

zione investigativa all’italiana.

«Ho usato il termine “contaminazioni” non solo in senso fisicoe chimico, ma anche procedurale e d’invadenza psicologica: te-stimoni fuorviati, compiacenti e minacciati; metodologie in-vestigative illogiche, banali e obsolete; reperti stranissimi emiracolati quali la cartuccia rinvenuta nell’orto di Pacciani, unportasapone bianco anonimo poi divenuto rosa con scrittaDeis, anche in tal caso prima è stato individuato il presuntocolpevole (o costruito in laboratorio) e poi sono stati cercati,creati e confezionati elementi utili solo a inchiodarlo».

Come dev’essere impostato un metodo investiga-

tivo affinché sia efficace?

«Perchè sia perfetto deve comprendere cosa è successo, indagareverso tutte le direzioni, non farsi fuorviare da nulla, esserefreddo; deve analizzare la scena del crimine e tutti i suoi indi-catori, unire le scienze e le discipline della criminologia qualeanalisi del comportamento e delle motivazioni, la criminali-stica come ricerca della prova scientifica, come medicina le-gale e come insieme di scienze forensi, dell’investigazione intesacome ricerca logica, razionale e totale di ogni frammento di ve-rità e di dati informativi, dell’intelligence intesa come analisi econtrollo dei fatti per incastrare il colpevole».

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C&P • GIUSTIZIA170

Criminologia • Francesco Bruno

Tutto è cominciato con il caso

di Vermicino, nel 1981. «Ciò che attrae

il pubblico è il mistero, dall’identità

di Jack lo squartatore fino ad arrivare

al mostro di Firenze che resta

nella nebbia». Il fascino del male

e della caccia all’uomo nell’intervento

di Francesco Bruno

Delitti da copertina

di Elisa Fiocchi

Nuove realtà scontornano la scena del delitto, realtàmediate come le definisce il criminologo Fran-cesco Bruno, docente di Psicopatologia forense ecriminologia all'università La Sapienza di Roma.Quelle in cui dominano i nuovi media, la forzaunificante della nostra società, dove il crimine

entra nel palcoscenico virtuale assumendo i connotati cine-matografici, come nel caso di Sarah Scazzi: «Si assiste alla tra-sformazione dell’omicida e dei complici - sostiene Bruno - inpersonaggi di una commedia, nemmeno di una tragedia, daitoni grotteschi». Avanza così un nuovo modo di intendere la te-levisione, oggi non più unica finestra sul mondo dopo la dif-fusione della telefonia cellulare, con le informazioni in temporeale, e di internet, luogo parallelo dove le persone si incon-trano e comunicano. «Questo rende rara la giustizia, perchènon c’è più quella nei tribunali, o meglio esiste ma è una so-rella inferiore di una giustizia più corposa e importante: quelladei mass media». E il grande pubblico? E’ attratto dal male as-soluto più di quanto è in grado di ammettere, racconta Fran-cesco Bruno, sfogliando i principali delitti di cronaca neraitaliana resi avvincenti come romanzi gialli dal potere dell’in-formazione.

I mass media si occupano costantemente dell'ar-

gomento serial killer, talvolta come fosse una spetta-

colarizzazione di un fenomeno senza dubbio brutale.

Che spazio occupano stampa e giornali nella scena del

crimine?

«Alle persone interessa da sempre la storia personale e le vi-cende processuali perchè vivere il male negli altri permette inqualche modo di esorcizzarlo, di allontanarlo da noi. I romanzihanno da sempre fatto leva su questi sentimenti per dipingere

le storie più truci e la stessa cosa fanno i giornali che si buttanoa pesce su queste vicende, soprattutto quelle in cui la gente siproietta meglio, dove c’è il gusto del giallo, del mistero e lacaccia all’uomo. Oggi quindi nulla è diverso dal passato, maciò che cambia drammaticamente è il ruolo dei media cheprima non esistevano».

In Italia, si può affermare che tale fenomeno me-

diatico si è diffuso nel 1994, con il processo Pacciani,

il presunto mostro di Firenze?

«Tutto è cominciato molto prima, nel 1981, con il caso diVermicino, il bambino che cadde nel pozzo. La vicenda di-ventò un fatto corale che attraverso la televisione fu vissutodall’intero paese, presidente della Repubblica compreso. Inquel momento si comprese l’uso spaventoso della televisionee in seguito la vera invenzione della giustizia mediatica è av-venuta con Berlusconi e, soprattutto, con il caso Cogne».

Prendendo alcuni dei serial killer italiani, esiste un

profilo comune tracciabile e in che cosa consistono in-

vece le differenze?

«I serial killer sono un fenomeno particolare che storica-mente non esisteva fino all’avvento della rivoluzione indu-striale in Inghilterra, Francia e Germania. Il fenomenoriguarda personaggi rari, uno su 500mila persone, che svi-luppano una patologia tale da dover uccidere, non riesconocioè a vivere un rapporto se non con una persona morta. Ilpubblico è attratto dal loro mistero, come nel caso di Jacklo squartatore di cui è incerta l’identità ma si presume fosseun principe, fino ad arrivare al mostro di Firenze che ri-mane nella nebbia. Naturalmente ci sono anche dei serialKiller meno dotati d’intelligenza che vengono facilmentecatturati: sono poveri personaggi, privi della rivalità che gli

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C&P • GIUSTIZIA 171

Criminologia • Francesco Bruno

deriva dall’imprendibilità, dal cinema, dai ruoli sproporzio-nati che gli vengono assegnati».

Quali processi hanno subito in maniera particolare

l’invasione dei mezzi di informazione?

«Penso al caso Cogne, a Garlasco, a Meredith, a Scazzi, che lista superando tutti, e infine alla vicenda di Melania Rea. Nelnostro sistema ciò che è rilevante non sono tanto questi delittimostruosi, quanto i fatti di cronaca che possono essere anchebanali, come ad esempio è avvenuto nell’omicidio di MeredithKercher, una ragazza uccisa nelle condizioni più classiche evecchie del mondo. Qualcuno ha tentato di abusare di lei chesi è negata ed è stata uccisa. Poi ne è venuto fuori un grosso af-fresco, con la volontà di tinteggiare luci negative del mondogiovanile, presentando intere realtà che nulla c’entravano conl’omicidio stesso. I processi ai serial killer risultano il più dellevolte noiosi, soprattutto quando sia sa già chi è il colpevole. Ilmostro di Firenze, ad esempio, ha interessato così tanto perchési trattava di Pacciani e dei “compagni di merenda”, personecosì lontane dall’essere il mostro che non ci credeva nessuno.Nel caso di Donato Bilancia c’è stato il processo e la condanna.Spesso al killer non gli si vuole riconoscere una patologia men-tale che invece c’è in molti casi, e allora diventa un fatto co-mune, non si sa i motivi per i quali uccide. Basta la condannae tutto finisce».

Allora con quali criteri un caso finisce nel conteni-

tore mediatico?

«Difficile dirlo. Penso a un delitto recente di una donna uccisaa Varese, nella sua casa, da un tizio che ha confessato l’omici-dio. Questo caso, avrebbe avuto tutti i connotati per diventareun giallo mediatico ma non lo è stato e non lo sarà. Il mondodei media è in gran parte autoreferenziale. Ad esempio, si con-

A destra, Francesco Bruno, criminologo

e docente di Psicopatologia forense

e criminologia all’Università

La Sapienza di Roma

centra l’attenzione su una storia come quella di Yara dove nonaccade assolutamente niente tranne la sparizione di questa ra-gazzina. L’attenzione è tale per cui intere troupe di personestanno sul posto per mesi nella ricerca del corpo. Si genera unareazione a catena e i motivi sono tanti, ma comunque media-tici, e riguardanti più il mondo generale con cui i media vi-vono che il singolo fatto».

Il criminologo che prende parte ai salotti televi-

sivi, come deve porsi nel rispetto del pubblico e del

processo in corso?

«Quando ho cominciato a lavorare nelle televisioni ho elabo-rato un decalogo di elementi a cui cerco di rimanere fedele.Intanto devo portare un parere scientifico e trovo giusto chei media possano far uso della mia conoscenza per offrirla ai let-tori. Nel fare questo però, devo essere libero, non posso venirepagato da quel media se non attraverso il rimborso spese, al-trimenti divento un attore che recita in una commedia, uncantante che porta una canzone. Questo non è il mio me-stiere, serve libertà di pensiero e obiettività. C’è poi un terzopunto: posso parlare di tutto, anche dei processi in corso e diquelli non in corso, rispettando le regole. Se sono consulentedi parte, non posso certamente parlare contro il mio assistito,allo stesso modo se sono un avvocato, oppure se sono consu-lente per il giudice sono tenuto al segreto. Abbiamo dei canonietici a cui fare riferimento, come, banalmente, non parlaremale dei colleghi. Entro questi limiti possiamo dire e fare tutto,senza censure, perché viviamo in uno stato democratico. Ri-tengo che non ci possano essere argomenti di cui non si puòparlare in televisione, perché non si tratta di un mondo di-verso da quello in cui viviamo. Anzi, addirittura comincia adessere il mondo vero».

Page 170: Dossier Giustizia 12 2011

C&P • GIUSTIZIA172

Criminologia • Nicodemo Gentile

Cosa accade quando il giudice

è l’opinione pubblica? «Il processo

mediatico può trasformarsi

in un prodotto commerciale, costruito

per piacere e con protagonisti

interscambiabili – afferma

Nicodemo Gentile – ma le cause

non si vincono in televisione»

Dentrole aulemediatiche

di Elisa Fiocchi

Ogni anno, circa un centinaio di casi giudiziari fini-scono sulla scrivania dell’avvocato NicodemoGentile, originario di Cirò ma perugino d’ado-zione. Il suo volto è ormai noto al grande pub-blico dopo l’attenzione che alcuni media nazionalihanno riservato ai più recenti processi nei quali è

intervenuto assieme al collega Walter Biscotti che ha incon-trato quattro anni fa nella difesa di Rudy Guede per l’omici-dio di Meredith Kercher. Da allora, la coppia di avvocati haseguito i principali casi di cronaca italiana come l’omicidio diSarah Scazzi in difesa della madre Concetta, di Melania Rea, inrappresentanza del marito Salvatore Parolisi, o in veste di legalidi Azenete, la mamma del transessuale Brenda, e di WinstonManuel Reves, il filippino che ha confessato di aver ucciso lacontessa Alberica Filo della Torre nella sua villa dell’Olgiata.Secondo Gentile, i grandi fatti di cronaca hanno da sempre at-tirato l’attenzione della gente che si è sempre appassionata allesorti di quella vittima o di quell’imputato, prendendo comeesempio il caso Montesi, dove ricorda: «Si faceva la fila al-l’edicola per sbirciare la copertina della “Domenica del Cor-riere” di Valter Molino». I tempi moderni quindi, avrebberosemplicemente assecondato questa curiosità e facilitato la tra-smissione di notizie in tempo reale. «Oggi, ci sono in ogni casatre televisioni e tre computer, i mezzi d’informazione devonoesclusivamente servire a riferire “ ciò che la Giustizia fa”». Mase i verbali si trasformano in copioni? Nicodemo Gentile svelail meccanismo oscuro che unisce i delitti ai mass media: tra at-tori buoni e cattivi, notizie amplificate ed indagini appesantitedalla presenza incessante della telecamera.

Dopo l’assoluzione di Amanda Knox e Salvatore

Sollecito, si è molto parlato dell’influenza e del ruolo

della stampa, in particolare di quella americana. Cosa

ne pensa?

«Bisogna evitare ogni sorta di pericolosa commistione tra le“Aule dei Tribunali” e le cosiddette “aule mediatiche” chespesso si pongono come un vero e proprio Foro alternativo.Le prime, sono frequentate solo da soggetti professionalmenteattrezzati, le seconde possono essere frequentate da chiunque.La nostra millenaria civiltà e cultura giuridica può, senza temadi smentita, farci ignorare le banali critiche mosse dagli ame-ricani al nostro sistema».

E per quale ragione, su Guede, si sono spenti i ri-

flettori così velocemente dopo la sua condanna?

«In ogni vicenda giudiziaria con più parti, per un “oscuro mec-canismo” alcuni degli attori rimangono in penombra, distanti

Nicodemo Gentile, avvocato del Foro di Perugia

Page 171: Dossier Giustizia 12 2011

C&P • GIUSTIZIA 173

Criminologia • Nicodemo Gentile

dagli altri, che né diventano, forse, anche inconsapevolmente,protagonisti nel bene o nel male. Il processo di Perugia è ilprocesso di Amanda. Secondo l’Accusa “Rudy voleva com-piacere Amanda” per questo ha partecipato all’aggressione diMez. Questa ricostruzione, ovviamente per noi infondata, è lamigliore risposta».

Nell’omicidio di Sarah Scazzi, un ruolo importante

lo ha giocato un’intervista dei giornalisti a Michele

Misseri che ha aperto la strada alle successive confes-

sioni. In questo caso la stampa ha avuto un ruolo stra-

tegico oppure l’accanimento mediatico ha ugualmente

ostacolato le indagini?

«Fino al ritrovamento del corpo della povera Sara, ad Ave-trana, la stampa è stata utile quanto l’attività degli investigatori.Successivamente si è esagerato, arrivando a gabellare per cro-naca ed informazione notizie infondate, se non addirittura in-ventate, che in alcuni casi più che ostacolare le indaginisicuramente le hanno appesantite».

Ora segue la difesa di Salvatore Parolisi, che ha de-

finito assieme all’avvocato Biscotti “vittima di un lin-

ciaggio mediatico”. A cosa si riferisce in particolare?

«Parolisi è stato maltrattato. Il termine “linciaggio mediatico”è riferito a quell’informazione non equidistante, vicina sol-tanto ad alcune delle parti interessate. Significa inoltre ampli-ficare a dismisura l’immagine negativa di un uomo che, finoa sentenza irrevocabile è, non bisogna mai dimenticarlo, unpresunto innocente».

Esistono delle “regole del gioco” che contraddi-

stinguono oggi un processo mediatico da uno “tradi-

zionale”?

«Il processo mediatico può essere anche un prodotto com-merciale costruito per piacere, dove i protagonisti sono mobilied intercambiabili, perché non sempre tende a ricostruire i fattiavvicinandosi alla reale dinamica degli accadimenti. Il veroprocesso, o meglio l’unico processo ad oggi esistente, serve atutelare la collettività attraverso un’azione posta in essere daprofessionisti, che tenuti unicamente al rispetto delle regole edella Legge, sono obbligati a ricostruire una verità processualepiù aderente possibile alla verità storica».

Non c’è il rischio che i talk show possano com-

promettere la trasparenza e la regolarità dell’iter pro-

cessuale?

«Il nostro habitat naturale sono le aule dei tribunali, non si vin-cono le cause in televisione, ma davanti agli organi della giu-stizia. Gli addetti ai lavori non possono e non devonoconfondere i due aspetti che devono rimanere su livelli diversi.Il processo è retto da regole ferree, governato da un giudiceche non è l’opinione pubblica».

Servono, a suo avviso, provvedimenti che limitino

gli interventi della stampa in ambito processuale?

«Esistono già, bisognerebbe applicarli, ma solo nei confronti diquei giornalisti, pochi per fortuna, che non hanno rispetto pernessuno, neanche per la loro nobile professione. Quelli veri eseri, che sono la gran maggioranza, ho notato che si auto li-mitano senza grosse fatiche e senza bisogno di provvedimentipunitivi».

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C&P • GIUSTIZIA174

Delitti irrisolti • Nino Marazzita

A36 anni dall’omicidio di Pier Paolo Pasolini,dopo sei riaperture d’indagini, di cui l’ultimaancora in corso, una sterminata produzione dilibri, documentari e trasmissioni televisive sulcaso, la soluzione del giallo italiano potrebbeessere vicina. La scientifica ha accertato tracce

di dna appartenenti a un terzo uomo, quindi non ricon-ducibili né al poeta né a Pino Pelosi, il reo confesso chedopo aver scontato la pena ha ritrattato. Che all’idroscalodi Ostia Pelosi non fosse solo è una verità nota. Lo ricordaNino Marazzita, storico protagonista della vicenda, nomi-nato parte civile dalla madre della vittima la mattina del 3novembre del 1975, il giorno dopo la scoperta del cada-vere. «Incontrai prima Pelosi, che non si era ancora cam-biato dalla notte precedente. I vestiti erano puliti, avevasolo un graffio sul sopracciglio destro e una macchia disangue sul polsino sinistro». Poi il cadavere di Pier Paolo,«un grumo di sangue e carne, talmente irriconoscibile chela persona che lo scoprì, una tale Maria Teresa Lollobri-gida, stava per buttarlo nei rifiuti. Mi accorsi subito chequalcosa non quadrava». È la prima nota stonata, a cui nesegue un’altra. «Il processo al Tribunale dei minori diRoma si conclude con la condanna di Pelosi per aver com-messo l’omicidio in presenza di ignoti. A quel punto sa-rebbe dovuto scattare l’obbligo da parte della procuragenerale di riaprire il caso ma il giorno dopo la sentenzavenne impugnata e la vicenda fu chiusa».

Perché? «Ci fu un chiaro desiderio di non scoprire la verità, attra-verso gli esecutori materiali si poteva risalire ai mandanti.Pasolini non era amato dal potere, parlava dalla Democra-zia cristiana come di un’associazione a delinquere che an-

dava processata per la strage di Brescia e di piazza Fontana.Avevano già cercato di buttarlo da Ponte Garibaldi, poi fusalvato da un gruppo di turisti americani: questo era il climadi quegli anni».

Riaprire un caso archiviato da anni: qual è laprincipale difficoltà?«Reperire i testimoni, molti possono essere morti. Di posi-tivo c’è che oggi abbiamo tecniche d’avanguardia, anche serispetto agli Usa facciamo passare troppo giorni per fare iltest del dna».

Il tempo ha giocato a favore, dopo 30 anni il reoconfesso Pino Pelosi ha cambiato clamorosamenteversione dei fatti.«In un caso così complicato il tempo sta, in parte, facendochiarezza. Pelosi? Dice bugie e verità. Parla dei fratelli Bor-sellino, entrambi morti di Aids, ma non svela i nomi deglialtri complici, forse perché sono ancora in vita, quindi po-trebbe essere ancora un testimone chiave».

Quanto siamo vicini dalla verità?«Bisogna che i prossimi passi giudiziari siano mirati a indi-viduare di chi è la traccia di dna sulla tavoletta che ha col-pito Pasolini. Se le indagini fossero state fatte subito dopoil processo, indipendentemente dal dna, si sarebbero potutitrovare gli altri complici».

È stato parte civile nel primo processo, oggi cheruolo gioca? «Seguo le vicende perché sono stato avvocato storico dellafamiglia Pasolini. Graziella Chiarcossi, l’unica erede, non sene vuole occupare più. È provata dai processi e la capisco,ma spero di convincerla a riprendersi il suo ruolo. Questoavrebbe un significato simbolico molto importante».

In questi 36 anni tanti non addetti ai lavori hanno

Il caso Pasolini è a un punto di svolta:per l’avvocato Nino Marazzita, parte civilenel primo processo, chiarire una voltaper tutte chi sono esecutori e mandantisignificherebbe restituire all’Italiala memoria di quegli anni

Paola Maruzzi

Ritornaresulle mezzeverità

Page 173: Dossier Giustizia 12 2011

C&P • GIUSTIZIA 175

Nino Marazzita • Delitti irrisolti

avanzato ipotesi attraverso articoli, libri, documen-tari, testimonianze, trasmissioni televisive, mentrela giustizia è arrivata in ritardo.«È così. Un solo esempio: subito dopo il processo arrivò aPaese Sera una lettera indirizzata a me, in cui si diceva chequella sera la macchina di Pier Paolo era seguita da una Fiatazzurra targata Catania, si davano persino i primi numeri.Chiesi di riaprire le indagini ma non se ne fece nulla».

Le cose sono cambiate, nel 2010 prima Veltroni,poi l’ex ministro della Giustizia Alfano, hanno in-coraggiato la riapertura del caso.«Premesso che verità non è né di destra né di sinistra, que-ste mi sono sembrate richieste strumentali, un po’ formali».

C’è mistero anche attorno alla sparizione del dodice-simo capitolo di Petrolio, il romanzo postumo che con-tiene chiari riferimenti sul caso Mattei. Che ne pensa?«Rileggendo oggi Petrolio, credo che Pasolini avesse rag-giunto delle verità, cosa che non aveva ancora fatto quandoscriveva quei bellissimi pezzi sul Corriere della Sera,quando diceva: “Io so, conosco il responsabile di piazzaFontana, ma non ho le prove”».

“Il caso Mattei” è anche un film inchiesta diFrancesco Rosi, ma quand’è che la finzione scon-fina nell’inchiesta giudiziaria vera e propria?«In Italia raramente, cosa che accade invece nei paesi an-glosassoni. Basti pensare allo scandalo Watergate».

Quali altri casi irrisolti andrebbero riaperti?«Bisognerebbe ricostruire la storia d’Italia dalla strage dipiazza Fontana in poi, soffermandoci sulla vicenda Moro,di cui sono stato parte civile. Da quel momento ci è statanegata la storia. Il filosofo Severino diceva: “Un paese chenon conosce la storia è meno libero degli altri”».

Bisognerebbe ricostruirela storia d’Italia dalla stragedi piazza Fontana in poi,soffermandocisulla vicenda Moro

In apertura, Nino Marazzita, avvocato penalista; sotto, l’anarchico

Pietro Valpreda durante un'udienza per la strage di piazza Fontana

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Delitti irrisolti • Luciano Garofano

C&P • GIUSTIZIA176

Wilma Montesi, Elisa Claps, Pier Paolo Paso-lini: sono alcuni “vecchi” casi giudiziari sucui si potrebbe tornare a distanza di anni persciogliere nodi e dinamiche rimaste in so-speso. Le nuove tecnologie danno, infatti, lapossibilità di fare indagini a ritroso ma anche

di approcciarsi diversamente alle scene del crimine dei no-stri giorni. I passi in avanti sono stati tanti «ma nessuno hala bacchetta magica, tutto sta nel partire dalle tracce biolo-giche, solo se ci sono possiamo persino spingerci nella ri-costruzione di omicidi accaduti molto in là nel tempo»spiega Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma.«Come vedo lo situazione in Italia? Da un punto di vistatecnico non siamo secondi a nessuno ma bisogna fare unsalto culturale soprattutto nello snellimento delle cosiddetteanalisi irripetibili».

Quali sono i nuovi strumenti a disposizione dei Ris?

«Sostanzialmente due, entrambi portano all’identificazionepersonale: in primis c’è l’analisi del dna, che negli anni haconsentito di lavorare su tracce minimali permettendo di ar-rivare a un profilo genetico completo. Le tracce biologiche,quindi la saliva, il sudore e il sangue, sono più stabili rispettoalle impronte digitali e la possibilità di lavorare anche su ma-teriale cellulare è un enorme vantaggio. Accanto a questo c’èil versante delle impronte digitali: se un tempo eravamo abi-tuati a spennellare di polveri le superfici dei reperti oggi i re-attivi chimici migliorano la possibilità di trovarle anche a

«I crimini sono gli stessi, siamo noi che cambiamo maturando nuove strategie

di ricerca». Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma, getta uno sguardo

sui retroscena di alcuni casi irrisolti

Vecchi delittie nuove tecniched’indagine

di Paola Maruzzi

Page 175: Dossier Giustizia 12 2011

Delitti irrisolti • Luciano Garofano

C&P • GIUSTIZIA 177

distanza di tempo». Come cambiano i sopralluoghi effettuati subito

dopo il crimine?

«La scena del crimine è quella in cui ci sono gli elementi perrisolvere il caso e in tal senso bisogna migliorare l’approccioa partire dal primo intervento, dai volontari del 118 all’arrivodei carabinieri o polizia del posto. La scena va tutelata, iso-lata e protetta affinché non vengano contaminate o la di-strutte le tracce. A mio avviso c’è ancora tanto da fare in fattodi formazione dei funzionari preposti, le azioni di tutti do-vrebbero seguire protocolli più severi, affidate a competenzedi professionisti».

In che direzione consiglia di andare?

«Va inquadrata meglio la funzione di chi si occupa solo diquesto tipo di indagini, di chi è specializzato nel trovare anchele tracce invisibili. In definitiva va fatto un salto culturale. Ab-biamo le risorse a disposizione, pensiamo alla Ert o ai Ris,forse andrebbero calate meglio nelle realtà territoriali».

Come si pone l’Italia verso le più avanzate tecniche

scientifiche di investigazione?

«Di certo non è in ritardo: se c’è l’urgenza, il dna si fa in po-chissimo tempo. Quand’ero a capo dei Ris di Parma se eranecessario si facevano le nottate. Il problema è un altro e, pervie indirette, incide sul passare del tempo: il nostro sistemagiuridico è più garantista rispetto, per esempio, a un paesecome gli Usa. Ci troviamo di fronte alle cosiddette analisi ir-ripetibili, mentre altrove questo tipo di analisi possono essere

effettuate senza dare avvisi a nessuno. In Italia sono previsteuna serie di formalità che servono per garantire il contrad-dittorio, quindi nel momento i cui si fanno le analisi devonoessere informate tutte le parti che, a loro volta, possono in-formare dei consulenti».

Quali celebri casi irrisolti potrebbero essere riaperti?

«Tutti quelli in cui c’è la disponibilità di avere reperti e oggettiche possono essere analizzati. Sarebbe interessante fare uncensimento dei casi irrisolti e credo che le probabilità di suc-cesso siano elevate. Non ci sono limiti temporali, basti pensarealle analisi condotte sulle ossa del poeta Matteo Maria Bo-iaro, vissuto a fine Quattrocento».

“Ris, delitti imperfetti” è anche una fiction televi-

siva. Qual è l’errore più grossolano che viene com-

messo sui set?

«Queste fiction hanno avuto il merito di aver fatto cono-scere al grande pubblico il lavoro scientifico delle forze del-l’ordine ma hanno anche tanti demeriti perché propongonomodelli di perfezione molto distanti dalla realtà. In tv si sagià dove andare a cercare, guarda caso viene presa sempre latraccia più importante e in laboratorio si fanno miracoli.Le fiction hanno esemplificato le indagini, dando l’impres-sione che tutto sia possibile, facendo vivere profonde delu-sioni quando questo non si verifica nella realtà.Paradossalmente anche tra gli avvocati, i magistrati e leforze dell’ordine è passata una certa “pretesa” che ogni casodebba essere risolvibile, ma purtroppo non è così».

Luciano Garofano, ex comandante dei Ris Parma

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C&P • GIUSTIZIA180

Le prove scientifiche come quelle informatiche, ildna e le intercettazioni telefoniche sono diven-tate sempre più decisive nei processi. La tecno-logia ha fatto passi da gigante al servizio degliinquirenti, contribuendo a raggiungere risultatiimportanti nell’accertamento della verità. Non

sempre, però, la riservatezza di questo tipo di informazioniviene rispettata. Da tempo il dibattito politico si è accesointorno alla pubblicazione sui giornali di conversazionitelefoniche che si è poi trasformato in uno scontro tragiustizia, etica e informazione. «Oggi questi sistemi –spiega l’avvocato Franco Coppi – permettono con mag-giore rapidità e sicurezza di arrivare alla verità. Facendoriferimento alla magistratura inquirente mi pare che ci siaun ricorso sempre più frequente a questo tipo di tecno-logie».

Qual è la linea di demarcazione tra uso e abuso?«Di abuso non parlerei perché in un processo, che per de-finizione dovrebbe essere volto ad accertare la verità, èchiaro che si può dar fondo a tutte le risorse della tecnolo-gia per raggiungere la verità. L’abuso è semmai nella divul-gazione intempestiva e nell’uso che si fa delle informazioni.Nelle conversazioni frutto di intercettazioni telefoniche siraccoglie di tutto, alcune conversazioni possono essere at-tinenti al processo ma altre no, e spesso vengono divulgateanche quelle che non servono ai fini del processo, magaricontenenti pettegolezzi o storie private che poi diventano

puro gossip. Detto questo, è ovvio che non si può negarel’ingresso nel processo di strumenti tecnologici».

Si tratta solo di un problema di divulgazione dellenotizie?«Il secondo problema è che nessuna di queste prove di persé deve essere considerata decisiva. Ad esempio, nel casodella prova del dna occorre vedere quando e come è statalasciata questa traccia sul luogo del delitto. Individuare unatraccia di dna non equivale a trovare l’assassino, tutto va va-lutato nel contesto delle altre prove. Lo stesso per le con-versazioni telefoniche che vanno interpretate e immersenel contesto in quanto prese singolarmente e isolate pos-sono avere un significato diverso da quello contestuale ge-

La tecnologia al servizio della magistratura inquirente ha permesso, attraversostrumenti sempre più all’avanguardia, di accertare la verità dei fatti con rapidità esicurezza. Franco Coppi spiega l’impiego di queste tecniche e il problema delladivulgazione delle informazioni

Indagini sempre piùprecise graziea tecniche avanzate

di Nicolò Mulas Marcello

La prova e il processo • Franco Coppi

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C&P • GIUSTIZIA 181

nerale. Starà poi all’abilità dell’investigatore e del giudicesaper mettere tutte le pietre del mosaico al loro posto e allafine trarne una conclusione. L’abbiamo visto anche recen-temente, anche se non sono state ancora pronunciate sen-tenze definitive, grazie alle prove del dna sono stati riapertidei casi che sembravano insolubili. Da parte mia quindi nonc’è nessuna remora all’uso di questo tipo di prove ma nonbisogna essere schiavi della tecnologia. Per quanto riguardale intercettazioni, bisognerebbe procedere in modo da sal-vaguardare la riservatezza e i diritti delle persone con rife-rimento a tutte quelle conversazioni che non hanno a chefare con il processo. Anche se ormai pare di predicare neldeserto in quanto vediamo che, anche nel caso di segretoistruttorio, si anticipano le emissioni di provvedimenti cau-telari da parte della procura. Un tempo tutto ciò era vera-mente impensabile».

Come si è arrivati a questa situazione? «A volte non si riesce neanche a capire perché si corrompaun certo costume. Ormai purtroppo è così. Può essere pro-tagonismo di un magistrato, un rapporto di amicizia tra uf-fici giudiziari e giornalisti. Possono essere talvolta anche glistessi difensori a divulgare qualcosa che ritengono conve-niente per il loro assistito. È un degrado del costume giu-diziario che si è lentamente sviluppato e accentuato e cheoggi ha raggiunto livelli sorprendenti e a mio avviso intol-lerabili».

Anche le prove informatiche sono sempre più im-

portanti. «Ormai si riescono a localizzare i percorsi di una personache abbia semplicemente un telefono in tasca e si riescedalla memoria del computer a risalire a corrispondenze chesono state scambiate nel tempo non solo via e-mail. Pensiall’esame dei cellulari che consentono di stabilire se unapersona si trovasse in un posto preciso al momento del de-litto o anche a tutto ciò che emerge dall’analisi delle me-morie dei computer anche se viene cancellato. Quindi,anche sotto questo punto di vista la tecnologia ha fatto deigrandi passi in avanti nella ricerca della verità e ha portatoun contributo importantissimo».

Franco Coppi • La prova e il processo

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Il diritto di difendersi • Carmine Pepe

C&P • GIUSTIZIA182

Il concetto di difesa, che di solito viene erronea-mente riportato esclusivamente alla figura dell’im-putato, necessita di un ampliamento di indaginecomprensiva di tutti i soggetti e di tutte le attivitàche necessitano dell’esercizio della difesa. «La giuri-sprudenza – spiega Carmine Pepe - ha infatti affer-

mato che restringere l’indagine al solo diritto di difesadell’imputato di fronte all’esercizio dell’azione penale,equivale a restringerne il suo contenuto, limitandone tuttala sua portata estensiva».

Il 24 ottobre la giunta dell’Unione delle camere

penali italiane ha denunciato una serie di gravi at-

tacchi al diritto di difesa. Attualmente secondo lei

il diritto di difesa è in qualche modo non rispet-

tato?

«A mio avviso attualmente il diritto di difesa non viene ri-spettato. Invero, al centro del dibattito sulle garanzie e sulrispetto dei diritti dell’individuo, vi sono la struttura e lefunzioni cui, in un moderno stato sociale di diritto, deveassolvere il processo penale. La presenza sempre maggioredi reminiscenze inquisitorie hanno riproposto la cosid-detta questione giustizia. Per porre rimedio all’emergenzasì è optato per un ritorno a logiche di segno autoritario,che si riteneva di aver superato con la riforma del 1988.Si è superato il modello accusatorio per privilegiare unmodello diretto all’accertamento della verità materiale,

La difesa è un diritto inviolabile

da rispettare in ogni stato e grado

del procedimento. Carmine Pepe spiega

perché spesso viene messo in pericolo

Le possibili violazionidel diritto alla difesa

di Nicolò Mulas Marcello

Carmine Pepe, professore ordinario di diritto pubblico

presso l’Università di Salerno

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Il diritto di difendersi • Carmine Pepe

C&P • GIUSTIZIA 183

che oltrepassa i limiti consentiti dalla legislazione di emer-genza, in uno stato di diritto in cui il processo deve iden-tificarsi con il dubbio, con le prove, con la presunzione diinnocenza fino a sentenza di condanna e con il rispettodel principio del contraddittorio. In senso contrario èstato anche il contributo della Consulta che ha dettato unorientamento “involutivo” del processo penale».

I penalisti lamentano ad esempio il fatto che

sempre più spesso i pubblici ministeri iscrivono

tardivamente gli indiziati nel registro degli inda-

gati, in modo da poterli interrogare senza la pre-

senza del difensore o che vengano usate come

prova, le intercettazioni tra difensore e assistito,

cosa vietata per legge. È possibile tutto ciò?

«La procedura penale deve essere intesa sempre come re-gola superiore e limite al potere della magistratura, men-tre oggi viene intesa quale superamento della supremaziadella legge. Questo significa che la forza dei provvedi-menti dei magistrati risiede sempre meno nella legge esempre più nell’organo che dispone del potere. È propriopartendo dalla disciplina delle prove che si è smantellatoil sistema del modello accusatorio, infatti, più sentenzecostituzionali hanno ammesso la possibilità di utilizzare ledichiarazioni rilasciate durante le indagini preliminari in-nanzi al pubblico ministero e agli organi di polizia giudi-ziaria, nonché i documenti e i verbali di prova formati in

altro procedimento. Il dibattimento finisce così con il di-ventare il luogo in cui vengono confermate le prove chesi sono già formate altrove, in una fase in cui ciò è fattodivieto, facendo così rivivere i principi propri di un mo-dello inquisitorio i cui non c’è nessuna minima garanziadel diritto di difesa, ma allo stesso tempo anche del prin-cipio del contraddittorio e di oralità».

Il diritto di difesa secondo lei è sancito in ma-

niera esaustiva dal nostro ordinamento o occorrono

interventi da parte del legislatore?

«Il diritto di difesa è certamente sancito in manieraesaustiva nella nostra Carta costituzionale, ma non nellalegislazione ordinaria attuativa, tutta improntata al-l’emergenza. De iure condendo, ciò che dunque sia au-spica, per un ritorno alla regolarità e alla legalità, è diridimensionare i poteri del pubblico ministero, rivisi-tando in senso di maggior rispetto, le norme a conte-nuto probatorio; fissare in maniera chiara e precisa lefinalità della custodia cautelare, al fine di scongiurarequalsiasi forma di abuso; ridurre i disagi e le carenze chesi hanno a seguito della lentezza della macchina giudi-ziaria, e, contestualmente, predisporre un piano per re-cuperare la figura ed il reale ruolo del diritto di difesanel corso del processo. Solo così, può essere assicuratauna effettiva terzietà del giudice rispetto sia alla difesache all’accusa».

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C&P • GIUSTIZIA186

Emergenza carceri • Anna Chiusano

L’avvocato Anna Chiusano, il cui studio ha una sede

a Torino e l’altro a Roma

www.studiochiusano.it

I detenuti aumentano, mentre calanole risorse a disposizione e le carceriitaliane sono sull’orlo del collasso.Anna Chiusano analizzala condizione, proponendo alcunemisure che potrebbero dare respiroa una situazione sempre più critica

Carceri,urgonointerventi

di Guido Puopolo

«Una vergogna per il Paese». Non hausato certo giri di parole il Presidentedella Repubblica, Giorgio Napoli-tano per descrivere, in un suo recenteintervento, la situazione delle carceriitaliane, caratterizzate da un cronico

sovraffollamento che costringe i detenuti a vivere in condi-zioni di estremo disagio. «In Italia esistono 208 istituiti carce-rari, di cui quasi la metà costruiti nei secoli scorsi e quindiassolutamente inadeguati agli standard oggi richiesti», affermacon forza l’avvocato Anna Chiusano. «Le strutture attuali po-trebbero ospitare un massimo di 45 mila detenuti, anche se, se-condo quanto riportato dai dati relativi allo scorso mese diaprile, le persone rinchiuse in carcere sono oltre 67 mila, di cuisolo la metà condannate in via definitiva».

Per cercare di far fronte a questa situazione il Go-verno, nel gennaio 2010, ha dichiarato lo “stato diemergenza delle carceri italiane”, a cui ha fatto seguito,nel giugno dello stesso anno, l’approvazione del “Pianocarceri”. Quali sono i risultati ottenuti fino a oggi?«L’urgenza dettata dall’effettiva emergenza di risolvere il pro-blema carceri, ha portato il Governo ad adottare un piano cheinizialmente prevedeva la realizzazione di undici nuovi istitutipenitenziari. Attualmente, invece, sta prendendo quota il pro-getto di costruire carceri a bassa sicurezza che dovrebbero as-sorbire circa 5 mila posti, affiancati da venti padiglioniaggiuntivi che potranno ospitare fino a 4 mila persone. Ov-viamente però per tutto questo occorre tempo e denaro e, te-nuto conto delle difficoltà nel reperire le risorse economichenecessarie, credo che difficilmente un’opera di questo tipopotrà essere realizzata in tempi brevi».

Quali altri provvedimenti sono compresi all’internodi questo provvedimento?«Il Piano carceri è stato elaborato sulla base di tre pilastri che,oltre alla costruzione di nuove strutture, prevedono anche unpiano normativo che attui misure deflattive alla carcerazioneper chi deve scontare un modesto residuo di pena e un pianorelativo al potenziamento dell’organico del Corpo di PoliziaPenitenziaria. Gli agenti di polizia, così come gli operatori im-pegnati a lavorare negli istituti, sono infatti costretti a turnimassacranti a causa della carenza di risorse, con il rischio di es-sere loro stessi vittime della situazione di emergenza in cui svol-gono il loro operato, e proprio per questo diventaindispensabile provvedere a nuove assunzioni».

Quali misure sono state attuate, invece, per poten-ziare il ricorso all’uso di misure alternative alla deten-zione?«Per favorire questa soluzione, in accordo con quanto stabilitodal secondo pilastro del Piano, alla fine del 2010 è entrata in vi-gore la Legge 199/2010, conosciuta anche come “svuota car-

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Emergenza carceri • Anna Chiusano

ceri”. Nello specifico detto provvedimento prevede la con-cessione della detenzione domiciliare ai condannati che ab-biano ancora dodici mesi di pena definitiva da scontare.Proprio in questi giorni si sta discutendo se elevare a un annoe mezzo i termini per l’applicazione della succitata legge. Tut-tavia, come fa notare il capo del Dipartimento di Ammini-strazione Penitenziaria - DAP, il dottor Franco Ionta, essaavrebbe potuto avere un effetto maggiore se i magistrati nonavessero attuato la norma in modo restrittivo. Le procedureper la sua applicazione sono infatti troppo farraginose e quindilente. Basti pensare che il tempo necessario per ottenere la de-tenzione domiciliare solitamente non è mai inferiore ai tremesi, che sui dodici da scontare incidono in modo considere-vole».

Circa 14 mila persone attualmente in carcere sonoin attesa di giudizio. Crede che un ripensamento dellostrumento della custodia cautelare potrebbe, almenoin parte, risolvere il problema del sovraffollamentodelle carceri?«Varie associazioni, tra cui l’Unione delle Camere Penali, inquesti anni hanno più volte richiamato i giudici all’osservanzadelle norme del codice di procedura penale. La custodia cau-telare in carcere, in origine, era stata prevista dal nostro legi-slatore come “extrema ratio”, mentre non sempre così è stataapplicata. Il bisogno di certezza della pena, richiesto dal co-mune cittadino in cerca di tutela e sicurezza, deve necessaria-mente collimare con il diritto dell’indagato a non scontareanticipatamente una pena non ancora inflitta. La limitazionedella misura cautelare in carcere ai casi più gravi, e l’uso mag-

giore di misure alternative alla detenzione come quelle previ-ste dal CPP, avrebbero sicuramente come immediata conse-guenza un miglioramento della situazione per tutti queisoggetti in attesa di giudizio».

Nel passato si è spesso cercato di ovviare al so-vraffollamento delle carceri con soluzioni temporanee,come l’amnistia o l’indulto. Crede che lo strumentodell’indulto oggi possa essere riproposto? «In linea generale non sono contraria a soluzioni quali l’amni-stia o l’indulto. Chiaramente però non si può pensare di risol-vere il problema del sovraffollamento delle carceri con unricorso sistematico a questi provvedimenti. Amnistia e indulto,infatti, possono garantire una certa efficacia solo se inseriti al-l’interno di una riorganizzazione strutturale che, affiancata da

Il bisogno di certezza della pena, richiesto dalcomune cittadino in cerca di tutela e sicurezza, devenecessariamente collimare con il diritto dell’indagatoa non scontare anticipatamenteuna pena non ancora inflitta

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un potenziamento delle misure alternative alla carcerazione eda una seria politica di depenalizzazione di alcuni reati, per-metterà di uscire da quella che oggi è, per il nostro Paese, unavera e propria emergenza».

Nel 2009 l’Italia è stata condannata dalla Cedu a ri-sarcire un detenuto bosniaco per i danni morali subitia causa del sovraffollamento della cella in cui è statorecluso per alcuni mesi. Come giudica questa sentenzae quali scenari ha aperto?«Nel luglio 2009 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hacondannato il nostro paese a risarcire un detenuto bosniacoper il trattamento disumano e degradante ricevuto in carcere,in violazione della previsione di cui all’art. 3 della Conven-zione Europea per la salvaguardia dei diritti umani. Questa sen-tenza, a mio avviso, ha avuto risvolti molto significativi, inquanto ha aperto la via alla legge “svuota carceri”, ma soprat-tutto ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sullecondizioni disumane in cui vivono i detenuti».

Sulla base di queste considerazioni, crede che oggil’istituzione carceraria sia ancora in grado di assolvereal suo compito “rieducativo”? «Ultimamente il nostro Presidente della Repubblica ha aper-tamente invitato le istituzioni ad adottare ogni possibile inter-vento volto a porre rimedio alla drammatica situazionecarceraria. Essa è in contrasto non solo con l’art. 3 e l’art. 27 delnostro dettato costituzionale che sanciscono rispettivamente lapari dignità sociale dei cittadini e la finalità rieducativa dellapena nel rispetto dei trattamenti non contrari al senso di uma-nità, ma soprattutto stride con il senso di umanità che albergain ognuno di noi. Celle che dovrebbero ospitare al massimodue o tre detenuti e che invero ne contengono cinque/sei, co-stretti a vivere in condizioni spesso disumane, non possono farealtro che alimentare il malessere di chi già soffre per la priva-zione della libertà. Non è un caso che il tasso dei suicidi abbiaormai raggiunto livelli preoccupanti, come emerge da un rap-porto nazionale sulle condizioni di detenzione presentato aRoma da Antigone Onlus il 28 ottobre scorso. Va da sé che inquesto contesto mi pare poco realistico pensare che l’istitu-zione carceraria possa essere in grado di assolvere al suo com-pito rieducativo. Solo attivando seriamente tutte le risorsenecessarie, quali l’aumento dell’organico penitenziario, la de-penalizzazione di alcuni reati, l’attuazione di misure deflattiveal carcere e la costruzione di nuove strutture, sarà possibile ot-tenere un reale miglioramento della situazione, a vantaggio nonsolo dei detenuti ma di tutta la comunità».

Ultimamente anche il nostroPresidente della Repubblicaha apertamente invitatole istituzioni ad adottareogni possibile interventovolto a porre rimedioalla drammatica situazionecarceraria

Emergenza carceri • Anna Chiusano

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Seppur le campagne di informazione sulle possi-bili truffe che possono nascondersi su internetsi susseguano costantemente, gli utenti della reteche rimangono vittima di questo tipo di reatisono ancora molti. Le tecniche di sottrazione deinostri dati sensibili diventano, infatti, sempre più

avanzate. «Accanto alla responsabilità penale dell’autore delreato – spiega Ugo Ruffolo, avvocato e professore di Dirittocivile dell’Università di Bologna – altri soggetti possono ri-spondere come civilmente responsabili, in via diretta o vi-caria».

Ogni anno miliardi di dollari sono il frutto di unaserie di diversi reati informatici e le vittime sonosolitamente privati cittadini. Tra questi uno dei piùcomuni è il furto di dati bancari. Nonostante lecampagne di informazione, sono ancora alti i reatidi questo tipo?«Il furto dei dati bancari è problema attualissimo, soprat-tutto in tempi di home banking e conti correnti on line.Particolarmente insidiosa, fra le altre, è la tecnica del phi-shing, che mira a ottenere dati riservati (quali password diaccesso a un conto corrente bancario o postale online) at-traverso l’invio di messaggi esca che, simulando e riprodu-cendo quelli delle banche o delle società emittenti carte dicredito, richiedono l’inserimento dei propri dati e codici. Èbene non rispondere a email dai contenuti analoghi: è unaprassi estranea ai “veri” istituti di credito. A chi ha subito si-mili frodi è accordata tutela penalistica. Sono ora previstiappositi reati “informatici”, che sanzionano siffatti com-portamenti: in primis, il delitto di frode informatica, chepunisce chiunque, alterando il funzionamento di un sistemainformatico o intervenendo senza diritto su dati, informa-zioni o programmi contenuti in un sistema informatico,procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.Il vero problema, in questi casi, non è l’assenza di norme,

bensì l’individuazione dei colpevoli».Fermo restando che la violazione del diritto

d’autore è un reato e come tale va perseguito, esi-ste una discussione in ambito legale che ne prevedauna sua evoluzione in ambito informatico?«È un tema che mi occupa anche come avvocato. La leggecontempla già diverse norme, anche penali, che moraliz-zano il “mondo informatico”. È punita, infatti, l’ immis-sione in un sistema di reti telematiche di opere dell’ingegnoprotette. Molto è ancora da fare per adeguare una norma-

La giurisprudenza deve adeguarsi alla velocità con cui le tecniche di frodeinformatica si moltiplicano. Un campo di applicazione difficile, in quanto spesso le tracce degli autori del reato si perdono nell’etere. Ugo Ruffolo spiega come difendersi in ambito legale

Internet e la salvaguardiadei dati personali

di Nicolò Mulas Marcello

Reati informatici • Ugo Ruffolo

Ugo Ruffolo, docente di diritto civile presso l’Università di Bologna

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tiva ideata su opere dell’ingegno “tradizionali” alle tecno-logie sempre più immateriali. Mentre l’Antitrust segnala lanecessità di nuove discipline in materia di contenuti edito-riali on line, l’Agcom propone uno schema di regolamentotipo “notice and take down”, per una procedura in più fasi:segnalazione del titolare del diritto d’autore al gestore delsito; segnalazione all’Autorità in caso di mancata rimozionedel materiale entro 4 giorni; verifica di quest’ultima in con-traddittorio tra le parti; adozione da parte dell’Autorità diun ordine di rimozione; monitoraggio successivo e appli-cazione di sanzioni in caso di inottemperanza (sono prov-vedimenti impugnabili dinanzi al Tar Lazio). L’iniziativa èmeritoria, ma a patto di evitare i tempi decisionali “italiani”,e quantomeno rispettare quelli ora previsti (10 giorni peril contraddittorio fra le parti ed eventuale ordine di rimo-zione nei successivi 20 giorni, prorogabili per altri 15); eche, in caso di eclatante violazione, l’Autorità possa adottareun provvedimento immediato “inaudita altera parte”».

Uno dei temi più attuali è sicuramente quello delcyberstalking. La legge prevede delle misure a ri-guardo?«Cyberstalking è l’impiego delle nuove tecnologie in fun-zione persecutoria e assillante, quali il ripetuto invio di e-mail dai contenuti offensivi o sgradevoli, l’intrusione nelsistema informatico della vittima tramite programmi voltiad assumerne il controllo o a danneggiarlo, l’impersonifi-cazione della vittima in chat o social network (spesso anche

in contesti diffamatori, quali siti di genere erotico), la pub-blicazione in rete di fotografie, video o contenuti offensiviriguardanti la vittima. Per la Cassazione rientrano nel re-centemente introdotto reato di stalking (art. 612 bis c.p.)tutti quei comportamenti persecutori e ossessionanti, anchecol mezzo telematico, fra cui anche il reiterato invio allapersona offesa di messaggi sia di posta elettronica sia sui so-cial network (ad esempio "Facebook"), che siano tali da in-durre la persona offesa a cambiare le proprie abitudini divita, ovvero da ingenerare nella stessa un grave stato di ansiao di paura».

Spesso risulta difficile scoprire la mente di certefrodi informatiche. I cittadini riescono in qualchemodo a ottenere giustizia?«Il problema più ricorrente è proprio l’individuazione deicolpevoli, le cui tracce si perdono nell’etere; o che si “na-scondono” dietro prestanome inconsapevoli o società irre-peribili. Accanto alla responsabilità penale dell’autore delreato, altri soggetti possono rispondere come civilmente re-sponsabili, in via diretta o vicaria. Come per gli istituti dicredito chiamati a risarcire nei casi in cui la frode sia avve-nuta anche a causa di carenze di sicurezza od inadeguataprotezione del sistema informatico dell’istituto stesso. Danon escludersi, però, un eventuale concorso di colpa dellastessa vittima, laddove anche il comportamento colposo diquesta abbia avuto ruolo determinante nell’illecito: atten-zione, dunque, anche ai propri sistemi informatici e allaloro sicurezza».

La legislazione in materia di crimini informaticiè ancora in evoluzione. Quali sono gli aspetti da af-frontare con maggiore urgenza?«Sicuramente urgente è la già invocata riforma del dirittod’autore dell’editoria, alla luce delle nuove forme di fruizionedi libri e giornali via tablet e smartphone. Fondamentale, poi,sarebbe disciplinare la responsabilità del provider. Se pare in-dubbia la possibilità di ritenere responsabile il provider per il-leciti commessi da esso stesso (si pensi al provider cheillecitamente diffonda dati personali di utenti registrati), piùdifficile appare, invece, affermarne la responsabilità in relazionea illeciti commessi da terzi (utenti che tramite la struttura tec-nica del provider navigano in rete o gestiscono un sito web),in assenza di un obbligo, per i provider, di un controllo pre-ventivo. Se fino a oggi si è fatto ricorso a strumenti di tutelaattinti da altre fonti normative, quali la disciplina sulla prote-zione dei dati personali, o quella relativa al commercio elet-tronico, sicuramente la materia meriterebbe un interventonormativo ad hoc».

Ugo Ruffolo • Reati informatici

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«Il ricorso sempre maggiore ai sistemi in-formatici e alle reti e servizi di comuni-cazione telematica per esigenze di vitaquotidiana – spiega Antonio Apruzzese,direttore della polizia postale – ha pro-iettato noi tutti, privati cittadini, imprese

e istituzioni, nella nuova dimensione del cyber spazio o“mondo virtuale”». Di conseguenza la minaccia criminaleinformatica è diventata più concreta per tutti gli utenti dellarete. Dai comuni virus informatici ai più sofisticati sistemidi intromissione nelle banche dati delle istituzioni, gli at-tacchi al web si ripetono quotidianamente.

Negli ultimi mesi gli attacchi informatici alle infra-strutture strategiche italiane hanno conquistato leprime pagine dei quotidiani. Possiamo parlare di al-larme hacker?«La cyber minaccia è un fenomeno attuale, concreto e pre-occupante quanto le tradizionali forme di aggressione, agliinteressi privati o della collettività, poste in essere dalla cri-minalità comune, organizzata e o dai gruppi eversivi o ter-roristici che operano in ambito nazionale o internazionale.L’approccio allarmistico non crediamo possa produrre ef-fetti positivi. È, invece, indispensabile acquisire, a tutti i li-velli, una comune e piena consapevolezza non soltantodelle potenzialità di tale nuova dimensione ma anche delle

insidie che in essa sono radicate e della necessità di adottarele cautele di tipo tecnologico, normativo e organizzativoadeguate all’utilizzo in libertà e sicurezza delle risorse tele-matiche».

Anche la Polizia è stata oggetto di attacchi. Ad esserecolpito, con precisione, è stato il Centro nazionale an-ticrimine informatico per la protezione delle infra-strutture critiche. Quali danni ha subito e quali misureha adottato la polizia?«In relazione alla pubblicazione sulla rete, alla fine delloscorso luglio, di documenti riconducibili all’attività delCnaipic, peraltro di quantità esigua rispetto alla mole di do-cumentazione artefatta o assolutamente non afferente allostesso centro, sono attualmente in corso approfondimentiinvestigativi e tecnici, mirati ad accertare l’esatta dinamicadel fatto, i reali obiettivi e l’identità dei responsabili. Una ri-sposta a tali aggressioni è comunque possibile. Essa deve es-sere data con determinazione, per il bene comune. e ciòpresuppone che si agisca in una prospettiva internazionale,in stretta collaborazione con gli omologhi organismi di po-lizia all’estero».

A essere colpiti dagli hacker sono stati anche moltialtri siti istituzionali e di aziende. Questo genere di at-tacchi ha di norma uno scopo dimostrativo e di sen-sibilizzazione o si tratta di furti di informazioni con

Gli attacchi informatici alle infrastrutturestrategiche si sono intensificati negliultimi mesi anche in Italia. L’impiegodi nuovi sistemi di protezione dei datisi affianca alle indagine delle forzedell’ordine. Antonio Apruzzese illustra il quadro della situazione

Il fenomenodella cyberminaccia

di Nicolò Mulas Marcello

Reati informatici • Antonio Apruzzese

Antonio Apruzzese, direttore della Polizia Postale

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ben altri scopi?«Non spetta a noi operatori di polizia giudicare le spinteemotive o ideologiche alla base della condotta di un hacker.Noi siamo chiamati ad applicare la legge nei confronti dichiunque commette azioni nelle quali è ravvisabile una fat-tispecie di reato prevista dal nostro ordinamento. Tuttavia,quando con la loro condotta tali soggetti travalicano i con-fini della libertà di manifestazione del pensiero e commet-tono un reato ben poco contano gli “ideali”. E, soprattutto,questi soggetti con grandi capacità informatiche devonofare molta attenzione al rischio di strumentalizzazione aopera di terzi, animati da ben più gravi finalità criminali.Ecco perché anche un semplice attacco informatico a scopodimostrativo e di protesta, può trasformarsi in qualcosa diben più grave e determinare, anche a distanza di tempo,azioni di vero e proprio sabotaggio o la sottrazione di datie informazioni sensibili».

Nel caso della Sony, oltre al danno produttivo perl’azienda c’è stato anche quello a carico degli utenticon sottrazione di dati sensibili (identità e numeri dicarte di credito). Cosa deve fare un utente, a livello pra-tico, in questi casi?«Non esistono accorgimenti radicalmente diversi da adot-tare nel cyber spazio, per proteggere i nostri dati personalie i nostri interessi patrimoniali, rispetto a quelli che siamo

abituati a porre in essere nel “mondo reale”. I consigli chela Polizia di Stato fornisce quotidianamente ai cittadini, at-traverso gli uffici di polizia sul territorio e tramite il por-tale www.commissariatodips.it, sono orientati alla massimaprudenza nel comunicare i propri dati personali, all’attentacustodia delle proprie credenziali di accesso ai servizi dihome banking e di posta elettronica e dei codici di utilizzodelle carte elettroniche di pagamento, al costante aggior-namento dei software antivirus installati sui propri personalcomputer e, soprattutto, all’utilizzo consapevole dei socialnetwork».

Dal punto di vista delle organizzazioni è possibile inqualche modo prevenire questi attacchi? Cosa si pre-vede per il futuro?«Siamo profondamente convinti, come operatori di pub-blica sicurezza, della possibilità di ottenere sempre risultatipiù concreti in termini di prevenzione e contrasto di unaminaccia destinata, per le ragioni di cui sopra, a estendereil proprio campo d’azione. Tale obiettivo sarà più facil-mente conseguito seguendo un percorso articolato, cheprevede iniziative di sensibilizzazione dell’utenza al temadell’uso sicuro di internet e degli strumenti informatici, epartnership pubblico-privato finalizzate a incrementarel’efficacia delle misure atte a prevenire e contrastare lacyber minaccia».

Antonio Apruzzese • Reati informatici

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Reati informatici • Marco Strano

Oggi tutti sono concordi nell’affermare che ilweb rappresenta un’incredibile risorsa a dispo-sizione di tutti gli utenti. La rete, però, presentaanche numerosi elementi di rischio. Pedofilia,prostituzione, truffe, terrorismo, riciclaggio,hacking: la Rete ha offerto nuovi strumenti ai

vecchi reati, generando allo stesso tempo nuove forme di il-legalità. Quali sono i reati più comuni in rete? Come pos-siamo difenderci? A chi possiamo rivolgerci se siamovittime di un crimine telematico? Secondo il cyber-crimi-nologo Marco Strano i più esposti ai pericoli che si anni-dano in Internet sono gli adolescenti. Tra i reati più diffusic’è l’adescamento di minori che, secondo Strano, avvieneper il 20% dei casi tramite telefonino.

Si stimano pari circa a 18.600 in tutta Europa i pcinfettati quotidianamente da un virus, con una cre-scita annua che si attesta al 23%. In questo scena-rio l’Italia si posiziona quarta, con Roma e Milanotra i primi posti nella classifica delle città più col-pite. Quanto il web è stato sfruttato in questi annidai cyber-criminali? «L’avvento di internet e l’interconnessione tra organizza-zioni digitalizzate - tra reti di computer - propone nuoveazioni criminali. Dal proprio spazio vitale l’individuo esce

e si inserisce in un altro gruppo interconnesso. Il tipicosuono del modem che attiva l’accesso all’infosfera digita-lizzata segna anche percettivamente il passaggio a una pos-sibilità di azione. La scena del crimine, il sistema attaccato,si può collocare anche a migliaia di chilometri dall’attac-cante e la distanza geografica tra autore e vittima influiscesui livelli di percezione del crimine».

I sistemi di comunicazione internet “senza filo” negliultimi anni fino a che punto hanno giocato un ruoloin tutto questo? «La nascita dei sistemi wireless di connessione, come gprs,umts e hspda, riduce ancora la percezione di localizzazionedell’utente. Il cavo, ultimo cordone ombelicale tra la di-mensione fisica del soggetto e l’infosfera digitalizzata lasciail posto a uno spazio elettromagnetico. Si diffonde la tecnicadel wardriving, che consiste nel girare in automobile conun computer portatile per trovare qualche connessione wi-reless non protetta. Accedere alla rete attraverso la connes-sione di un altro soggetto ignaro abbatte ulteriormente lapercezione del rischio da parte del computer criminal diessere individuato. Gli adattamenti percettivi e cognitivi inottica criminologica legati alle tecnologie wireless riguar-dano quindi la difficoltà di comprendere cognitivamentel’esistenza e l’inviolabilità di uno spazio virtuale definito al-

Non solo chat e social media, le minacce“tecnologiche” arrivano anche dai cellulari.A essere in pericolo sono soprattuttogli adolescenti, il cui adescamentoper lo più avviene proprio tramiteil telefonino. Il punto di Marco Strano,criminologo esperto di cyber crimini

I pericolidella rete

di Luca Donigaglia

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C&P • GIUSTIZIA 195

Marco Strano • Reati informatici

l’interno di un’impalpabile rete di onde elettromagneticheche si configura come canale di accesso alla scena del cri-mine digitale».

La diffusione di smartphone e Blackberry hannoproposto una modalità nuova di connessione alla rete.L’accesso è perenne e i servizi web ed e-mail si mi-schiano con i servizi voice e sms. Per quanto riguardai minori, ad esempio, come le nuove tecnologie pos-sono offrire nuovi spazi ai crimini informatici? «I primi studi attivati dall’International crime analisys as-sociation a partire dal 2001 sui rischi di adescamento deiminori in chat hanno evidenziato numeri preoccupanti conpercentuali superiori al 10% di giovani navigatori entratiin contatto con un pedofilo in chat. Numerosi fatti di cro-naca recente indicano che, a partire dalla seconda metà deglianni 2000, il fronte di rischio rispetto al fenomeno dei ten-tativi di adescamento dei minori da parte di pedofili e altrimalintenzionati si è progressivamente allargato da internetai sistemi di telefonia cellulare che si sono diffusi rapida-mente anche in soggetti molto giovani. La nuova genera-zione di telefonini consente infatti l’accesso ai servizi webe a sistemi di comunicazione interattiva, tra cui le chat el’invio di immagini, e tali servizi possono essere sfruttati daeventuali malintenzionati per tentare di avvicinare dei mi-

nori con diverse finalità. Questo nuovo scenario di rischiodi fatto limita fortemente l’efficacia delle strategie di pre-venzione progettate per il computer negli ultimi anni chesi basano sostanzialmente sul controllo e osservazione dellanavigazione da parte dell’adulto di riferimento e su filtriinformatici (di dubbia utilità). Il telefono cellulare è infattiuno strumento facilmente portatile che accompagna difatto il minore in tutta la sua giornata e che può esserequindi utilizzato lontano dagli occhi indiscreti dei genitori.Lo studio “Child smartphone risk perception” attivato apartire dal 2008 ha mostrato una percentuale di tentativi diadescamento di minori attraverso il cellulare superiore al20% (quasi raddoppiato rispetto al computer)».

E per quanto riguarda blog e social network? «I blog e i social network rappresentano una delle più in-novative e interessanti forme di comunicazione digitale chesta consentendo a milioni di persone in tutto il mondo diesprimere i loro pensieri e le loro emozioni e di condivi-derli con altri utenti del web. Tali fantastici strumenti pre-sentano però alcune insidie, soprattutto legate alla diffusioneinvolontaria da parte dell’utente di informazioni personaliche potrebbero essere utilizzate da qualche malintenzionatoper commettere dei reati».

Il mezzo informatico si presta anche come poten-ziale strumento di molestie. Si può parlare scientifica-mente di cyberstalking? «Uno studio sul cyberstalking è stato attivato dall’Icaa nel2008 e tende a valutare scientificamente l’incidenza del fe-nomeno stalking attuato attraverso mezzi digitali come sms,e-mail e pubblicazione di materiale personale sul web. Unquestionario anonimo denominato “Cyberstalking inci-dence questionnaire”, somministrato a un campione di uo-mini e donne vittime di stalking, ha delineato come ilmezzo informatico possa aumentare a dismisura il numerodei contatti indesiderati agiti dal molestatore nel corso dellacampagna di stalking e come le vittime di tali comporta-menti possano sottostimare la gravità di tali atti, soprattuttonella fase iniziale».

Marco Strano, criminologo

e direttore scientifico dell’International

Crime Analysis Association.

È funzionario di Polizia presso

il Centro neurologia e psicologia

medica, responsabile dell’area

Criminologia e criminal profiling

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C&P • GIUSTIZIA198

Gli articoli 416 bis codice penale e 275 terzo comma del codice diprocedura penale presentanospecifiche problematiche che siconfigurano in un vuoto normativonel primo caso e in un’eccessivaseverità nel secondo. Michele Priolospiega nel dettaglio queste criticità

Criticità del codice antimafia

di Amedeo Longhi

La previsione normativa ex articolo 416 bis co-

dice penale è una formulazione improntata a cri-teri di particolare genericità, come spiegal’avvocato Michele Priolo, che da tempo sottoli-nea la manchevolezza di questa norma: «La cri-tica che sollevo riguarda le modalità attraverso le

quali il giudice perviene al suo libero convincimento: sitratta certamente di un meccanismo improntato a buonafede, ma che nel concreto finisce col non avere elementi diriferimento certi nei quali muoversi per dare all’ipotesi direato ex articolo 416 bis una sua specifica natura, che cometale non può non avere a mio avviso le indispensabili ca-ratteristiche della tipicità e della specificità». Il riferimento è proprio alla formulazione normativa, cheindividua l’associazione di tipo mafioso nel caso in cui ipartecipanti, o tali ritenuti, si avvalgano della forma di in-timidazione del vincolo soggettivo e della condizione diassoggettamento e di omertà che ne deriva. «Si passa poi auna sofferta individuazione di delitti dalla tipologia incerta– prosegue Priolo –, così finendo con il muoversi da unpresupposto non dimostrato, cioè quello che attiene allaqualifica dell’essere partecipe. Il punto è che si omette didare una precisa qualifica dell’essere partecipe, indicare idati fattuali e comportamentali posti in essere dal singolosoggetto agente tali da farlo ritenere partecipe. Si finisce amio avviso così con l’omettere di individuare e indicareprecisi e rigorosi criteri valutativi nella ricerca degli speci-fici elementi costitutivi della figura criminosa che inte-

Procedura penale • Michele Priolo

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C&P • GIUSTIZIA 199

L’avvocato Michele Priolo esercita la

professione a Reggio Calabria

[email protected]

Il punto è che si omette di dare una precisa qualificadell’essere partecipe, indicarei dati fattuali e comportamentali posti in essere dal singolo soggetto

ressa».C’è poi una specificazione riservata alla possibile diversitàdi ruoli da svolgere all’interno del sodalizio, senza indica-zione alcuna di dati comportamentali espressivi del ruolopartecipativo del soggetto, con ampio spazio valutativo peril singolo giudice all’atto della specificazione di elementidimostrativi della effettività di condotta partecipativa. «C’èun vuoto normativo che non indica i caratteri tipici delruolo partecipativo e conferisce al giudice un potere ampiodi valutazione, che finisce molto spesso con l’essere dal sin-golo giudice personalizzato e diversamente visto rispettoad altri».Per quanto riguarda invece l’ipotesi di cui all’articolo 275terzo comma, secondo l’avvocato Priolo «sarebbe auspica-bile un più uniforme orientamento giurisprudenziale nelsenso della possibile diversità del criterio valutativo da ri-servare a tale previsione, legata alla presunzione di perico-losità del soggetto raggiunto dai gravi indizi ex articolo273 di sua appartenenza al sodalizio mafioso, potendo amio avviso tale giudizio riguardare solo il provvedimentogenetico e non la verificabilità in concreto richiesta inepoca successiva al fine di accertare l’adeguatezza di tale oaltre misure meno afflittive. Insomma, il criterio è quellodella presunzione della pericolosità sociale e quindi del-l’applicazione della sola misura estrema carceraria senza lapossibilità di valutazione alternativa. Obbligatorietà di cu-stodia in carcere che dovrebbe riguardare soltanto l’emis-sione per la prima volta della misura coercitiva e non

momenti successivi inerenti la possibile revoca, sostituzioneo attenuazione della misura stessa. In tal caso, per esempio,basterebbe tener conto, e la norma non lo prevede, del de-corso del tempo o della concreta verifica sulla sussistenzadella prosecuzione della pericolosità sociale ravvisata almomento dell’emissione del provvedimento. Non si deveescludere che in qualsiasi momento il giudice possa e debbarivisitare la pericolosità iniziale: per esempio, il giudiceemette il provvedimento custodiale in quanto raggiunge ilconvincimento che a carico del soggetto sono attribuibilidati comportamentali espressivi della sua partecipazione alsodalizio mafioso, però poi attraverso l’attività difensiva equant’altro il singolo soggetto può far emergere e portarealla sua conoscenza una serie di circostanze che potrebberoa un tempo attenuare la gravità del quadro indiziario equindi già da ciò far dedurre una diversa e più attenuatapericolosità sociale, ma anche una serie di elementi, che almomento della emissione del provvedimento non vengonomagari valutati, come per esempio l’incensuratezza». Inoltre, il maggior indice di riferimento quanto alla possi-bile sussistenza dell’ipotesi associativa si deduce dall’appar-tenere a un determinato luogo, dal frequentarsi in manierapiù intensa o comunque dal partecipare ad attività sospette.«Bisogna starci in quel posto – conclude Priolo –. C’ègente che lascia il paese all’interno del quale si ritiene possasussistere quella specifica locale mafiosa, si allontana fisica-mente, oltre che nella quotidianità di vita, ma poi di tuttociò non si tiene conto».

Michele Priolo • Procedura penale

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L’avvocato Francesco Calabrese esercita a Reggio Calabria

[email protected]

C&P • GIUSTIZIA200

Sequestro e confisca dei benisono argomenti molto controversi.L’avvocato Francesco Calabreseinterviene sul ruolo dell’avvocatura inmateria di confisca e sulle prospettiveche si delineano, anche alla lucedella giurisprudenza comunitaria

Più tutelain materiadi sequestroe confisca

di Lucrezia Gennari

La legislazione in materia di sequestro e confiscariguarda interessi concreti molto significativi e ri-chiama principi normativi, anche di rango costi-tuzionale, particolarmente importanti. Trovaparticolare applicazione, soprattutto, in ordine aiprovvedimenti di confisca per i beni di soggetti

sospettati di far parte di associazioni mafiose, ma incide no-tevolmente anche nella materia del cosiddetto sequestro“per equivalente”, di recente introduzione normativa, cheattinge beni di non diretta provenienza illecita ma che necostituiscono semplicemente un valore equivalente all’in-troito percepito dal reo. «Quello del sequestro e della con-fisca è un ambito estremamente delicato – affermal’avvocato Francesco Calabrese – che ha visto, negli ultimianni, un indirizzo applicativo assolutamente univoco, teso aprivilegiare le esigenze di ordine pubblico riconnesse allaconfisca dei patrimoni illeciti e che non sempre ha salva-guardato i principi normativi posti a garanzia dell’indivi-duo e del suo patrimonio».

Può fare qualche esempio?«Ne è un paradigmatico esempio la normativa in materia dimisure di prevenzione che ha di fatto introdotto, conl’avallo della giurisprudenza di legittimità, una vera e pro-pria inversione dell’onere della prova tale per cui incombein capo al soggetto attenzionato dimostrare la provenienzalecita del proprio patrimonio. Se non lo fa, subentra la con-fisca dello stesso. Sul punto vi è ormai un confronto ser-rato tra l’avvocatura e la giurisprudenza e, solo ultimamente,sembrano emergere dei significativi segnali che dimostranouna presa di coscienza dell’estrema facilità attraverso cui siperviene alla dimostrazione della provenienza illecita deipatrimoni».

Può dare un riferimento in relazione a ciò?«Un esempio significativo è il principio, di esclusiva deri-vazione giurisprudenziale, secondo cui laddove il soggettoattenzionato riesca a dimostrare di aver sviluppato una no-tevole capacità reddituale e la stessa non è stata sottoposta aprelievo del fisco, il patrimonio acquisito deve essere con-siderato illecito e deve essere confiscato. Chiaramente, lanorma non è finalizzata a sanzionare l’ipotesi di evasionefiscale, ma solo ed esclusivamente i patrimoni di ricono-sciuta provenienza delittuosa. Dunque l’assimilazione traredditi illeciti e redditi provenienti da evasione fiscale nonappare in alcun modo comprensibile. La più recente giuri-sprudenza di legittimità sembra aver recepito questo indi-rizzo e averne operato una applicazione più consona,

Sequestro e confisca di beni • Francesco Calabrese

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C&P • GIUSTIZIA 201

Sequestro e confisca di beni • Francesco Calabrese

L’ambito del sequestroe della confisca havisto, negli ultimi anni,un indirizzo applicativoteso a privilegiarele esigenze di ordinepubblico riconnessealla confiscadei patrimoni illeciti

ritenendo che i patrimoni acquisiti con redditi provenientida evasione fiscale non possono essere considerati di per séidonei a condurre alla confisca del patrimonio».

In questa materia vi è stata una discreta inci-denza da parte della normativa e della giurispru-denza comunitaria. In che termini nello specifico?«Diverse decisioni quadro della Corte Europea invitanol’Italia a estendere in maniera più efficace la disciplina inmateria di sequestro e confisca “per equivalente” a tutte leattività. Si tratta comunque di una disciplina che non èstata ancora integralmente recepita e che, nel momento incui lo sarà, probabilmente, determinerà tutta una serie diripercussioni negative vista l’applicazione non ortodossache prevede, in via giurisprudenziale, della normativa giàesistente. Peraltro, per ciò che attiene specificamente allagiurisprudenza comunitaria, è ormai consolidata la presadi posizione della Corte europea dei diritti dell’uomo cheha sanzionato più volte l’Italia per la sbrigatività dei pro-cedimenti che conducono al sequestro e alla confisca, so-prattutto in materia di prevenzione. Il principio di dirittosancito consiste nel fatto che la tutela della proprietà deveconsiderarsi di rango paritario rispetto agli altri diritti fon-damentali dell’imputato e dunque il relativo procedimentodeve essere assimilato al normale giudizio penale a cui lostesso è sottoposto».

Quali cambiamenti sono auspicabili?«Ci si augura una presa di posizione su questo aspetto al

fine di ristabilire un equilibrio tra le parti che, obiettiva-mente, è stato completamente sconvolto. Il principio devevalere anche per la restante materia in cui, ad esempio, icriteri valutativi della sussistenza dei presupposti per il se-questro sono spesso ancorati a valutazioni di massima, as-solutamente formali, semplicemente tesi a verificare lacorrispondenza del fatto alla fattispecie di reato oggettodi contestazione. E ciò senza alcuna verifica in ordine algiudizio valutativo che ha condotto il giudice del meritoa ritenere integrato e provato quel fatto. Ciò viene nor-malmente tollerato perché, sostanzialmente, non incide di-rettamente sui diritti della persona ma sul patrimonio.Ebbene, proprio quella parificazione ormai consolidata inseno alla giurisprudenza comunitaria si ritiene possa aprirenuove prospettive allo scopo di garantire, anche solo nellafase cautelare, una valutazione assolutamente conforme ri-spetto al normale giudizio sulla responsabilità penale. Pe-raltro, la ormai consolidata presa di posizione della Cortecostituzionale riconosce la normativa comunitaria quale“fonte interposta” e, dunque, sostanzialmente di rango su-periore alla legge ordinaria; derivando da ciò la necessitàche la normativa nazionale si debba conformare a quellacomunitaria derivante dall’interpretazione che ne vienedata dalle pronunce della Corte europea. Si auspica, dun-que, che proprio in questo senso quella presa di posizionepossa essere al più presto recepita al fine di garantire al sog-getto attenzionato una migliore e più efficace tutela».

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C&P • GIUSTIZIA204

Stalking • Marialuisa Capuani

Marialuisa Capuani,

avvocato in Torino

[email protected]

Quando attenzioni, telefonatee sorprese diventano ossessione.Lo stalking è una degenerazionepatologica di comportamentiin linea di principio leciti.Un fenomeno diffuso, sul qualesi può intervenire legalmente.Il punto di Marialuisa Capuani

Stalking,un fenomenoda arginare

di Eugenia Campo di Costa

Il termine stalking è ormai entrato nella coscienza co-mune, da quando, nel 2009, è entrata in vigore la leggeche punisce reati relativi alle forme ripetitive di aggres-sione messe in atto da un soggetto che, in modo assil-lante, continuativo, indesiderato e distruttivo, irrompenella vita privata di un altro individuo, con gravi conse-

guenze psicologiche. Non è un caso che il termine stalkingtrovi fondamento nel linguaggio venatorio, rendendo benel’idea di colui che si apposta, controlla e raccoglie informazionisulla vita privata della preda, per conoscere a fondo il com-portamento di un soggetto destinato ad essere catturato. «Perdefinire una situazione di stalking – spiega l’avvocato Maria-luisa Capuani – occorre la compresenza di tre fattori: il “mo-lestatore”, o stalker, la vittima, stalking victim, e ilcomportamento intrusivo che può riferirsi a condotte qualil’invio di fiori, doni, lettere, telefonate, sms, visite a sorpresa,nel momento in cui, reiterate nel tempo e prive del consensodel destinatario, si trasformano in vere e proprie forme di per-secuzione. Lo stalking è quindi l’intenzionale, malevole, persi-stente condotta di seguire o molestare un’altra persona,minacciandola in modo credibile».

Quali aspetti vengono tutelati dalla legge sullo stal-king?«Quello di stalking è un nuovo reato di atti persecutori che, semesso al confronto con le classiche figure di cui agli artt. 572e 660 del c.p., maltrattamenti e molestie, si presenta come piùpuntuale e idoneo a punire comportamenti molesti e reiterati.La nuova fattispecie introdotta dal Dl. 11/09 convertito dallaLegge 38/2009 ha avuto subito una massiccia applicazione nelcampo giudiziario. Il reato in esame è stato collocato nella IIISez. del III codice penale: “delitti contro la libertà morale”. Ilbene giuridico tutelato è la libertà morale, ovvero la libertà diautodeterminarsi. Anche la salute è un bene tutelato dallanorma in questione, se pensiamo che la condotta potrebbecomportare un grave disagio psichico e ledere un bene costi-tuzionalmente protetto. Lo stalking è perciò un reato pluriof-fensivo».

Dopo quasi tre anni dall’introduzione della Leggesullo stalking si può fare un bilancio in merito al suc-cesso della normativa?«Credo sia ancora prematuro fare un bilancio in merito al suc-cesso o all’insuccesso della normativa in vigore. Ritengo peròche il fenomeno dello stalking sia stato per lungo tempo sot-tovalutato nel nostro paese, specie se si considera che gli attipersecutori incidono profondamente su valori quali la dignitàumana e la libertà dell’individuo, che sono protetti sia a livello

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Stalking • Marialuisa Capuani

Costituzionale, che a livello Comunitario. Tale tipo di mole-stia si concretizza in una vera e propria forma di violenza psi-cologica, talmente devastante da limitare significativamente lalibertà di autodeterminazione del soggetto che le subisce».

Quali dunque le novità introdotte dalla normativa?«La rivoluzione operata dal Legislatore è consistita nel punirecon un unico reato una pluralità di condotte, già ascrivibili afattispecie di reato previste nel codice penale, ma che a causadei limiti edittali molto bassi, in quanto reati prettamente con-travvenzionali, non consentivano l’applicabilità di misure cau-telari, ma soprattutto fornivano una risposta sanzionatoriainadeguata rispetto all’offensività della condotta. L’introdu-zione del reato di stalking risponde all’esigenza, finalmentesoddisfatta dal nostro Legislatore, di trovare una valida rispostagiuridica nei confronti delle molestie persecutorie che inci-dono in maniera devastante sulla vita di coloro che le subi-scono, anche se allo stato dei fatti rischia di rivelarsi, purtroppo,ancora insufficiente. Ciò non toglie, però, che costituisce untassello importante, che una volta incastonato in un sistema ditutele tutte effettivamente funzionanti, potrebbe garantire unadifesa concreta e soddisfacente».

Cosa si può ancora migliorare per ottenere una tu-tela davvero soddisfacente?«È indispensabile compiere un ulteriore sforzo culturale estrutturale nel “sistema” delle tutele al cittadino, operando unaprevenzione che aiuti le vittime ancor prima che si verifichinoviolenze nei loro confronti, consentendo di allontanare il per-secutore, garantendo un ausilio psicologico che le sostenga egarantendo allo stalker una pena certa entro una tempistica si-cura e ragionevolmente breve».

È cambiato qualcosa, secondo la sua esperienza,nella coscienza dei perseguitati e dei persecutori daquando è stata introdotta la normativa?«Il persecutore, di qualunque classe sociale sia, è un uomo con-sapevole di cosa sta facendo. Ciò nonostante non riesce a og-gettivizzare. Seppur aiutato da uno psicologo non è in gradodi capire appieno il significato della sua condotta, che appar-tiene alla sfera irrazionale dell’individuo, ovviamente ben di-versa da quella affettiva. L’amore grande sa rinunciare,l’ossessione che è un tipico modo di essere dello stalker, trovaorigine in un nucleo psicotico che talvolta può degenerare inun vero e proprio dramma collettivo. Per quel che riguarda il“perseguitato”, se dapprima può sentirsi lusingato da tanta at-tenzione, poi ne rimane soffocato e, successivamente, travolto.Se è un soggetto sensibile può cercare di comunicare e, gra-dualmente, tentare il distacco con amore. Se, invece, è un sog-

getto forte si adopererà per tagliare il legame senza troppe pre-occupazioni».

Possiamo fare un identikit del molestatore assil-lante? «Non si può generalizzare, lo stalker appartiene a qualsiasi classeed estrazione sociale e può porre in essere condotte moltepliciche diventano illecite, solo nel momento in cui vengono per-petrate con insistenza. Personalmente ritengo che colui chenon accetta un rifiuto abbia un profondo senso di solitudine,accompagnato però a una insana percezione della realtà. In ognicaso è importante comprendere la motivazione che spinge unmolestatore assillante a porre in essere tali condotte in manieracosì insistente: l’incapacità di instaurare una relazione senti-mentale, il desiderio prettamente sessuale, l’incapacità di ac-cettare la fine di una relazione, la ricerca di un amoreimpossibile. Il panorama è molto vasto. La caratteristica co-mune ai diversi molestatori, può osservarsi nel fatto che lo stal-ker agisce nei confronti della vittima in virtù di uninvestimento ideo-affettivo, cioè la relazione sentimentale puòessere parzialmente o totalmente immaginata, e il soggetto inalcuni casi è vendicativo, in altri affettivo, in altri ancora cor-teggiatore imbranato o cacciatore famelico».

Quali caratteristiche contraddistinguono questi di-versi “profili”?

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C&P • GIUSTIZIA206

«Il vendicativo è colui la cui condotta è spinta dal desiderio divendicarsi di un danno che ritiene di aver subito ed è quindialimentato dalla ricerca di soddisfazione a tutti i costi. È un in-dividuo pericoloso che può ledere l’immagine della vittima inprima istanza fino ad arrivare ad ucciderla. L’affettivo è inveceun uomo bisognoso di affetto, motivato dalla ricerca di unastoria d’amore con la sua vittima dalla quale vorrebbe conti-nue attenzioni, coccole e tenerezze. La negazione della sessua-lità o dell’amore da parte della vittima porta ad un vero eproprio delirio erotomane del soggetto in questione che puòarrivare a commettere gesti insulsi che sfociano in gravi con-dotte a sfondo penale. Il comportamento del corteggiatore im-branato, invece, è caratterizzato da una totale incompetenzarelazionale. Appare goffo nel prodigarsi ad avere attenzioni ecura nei confronti della sua vittima che finisce per trovarlo ri-dicolo e passa a considerarlo da “speciale” a “soffocante”, per-ciò lo abbandona. Non si tratta di un soggetto pericoloso masicuramente di un uomo ferito e in grado pertanto di com-mettere gesti anticonservativi. Il cacciatore, infine, è colui chesi fa predatore, ovvero ambisce a possedere, volendo avere con-tinui rapporti sessuali con la vittima che non conosce o di cuiè solo amico. Per ottenere ciò è pronto a minacciarla, coartarla,intimorirla e a creare un senso di paura tale da eccitarsi. Si trattadi un soggetto non solo pericoloso, ma incontrollabile che puòavere disturbi nella sfera sessuale essendo un potenziale pedo-filo o feticista».

Qual è la particolare abilità del legale nell’assistereuna vittima di stalking? «L’abilità del legale è quella di non seguire il cliente passiva-

mente, ma di indirizzarlo alla verità, sensibilizzandolo concre-tamente mediante la lettura attenta agli atti di causa. È neces-sario che il cliente sia sincero e racconti la sua storia, e chel’avvocato lo ascolti con impegno, ma è altresì indispensabileche le scelte processuali siano il frutto di un ragionamento fattoinsieme, ma nel rispetto della neutralità e della professionalitàdell’avvocato. Capita spesso che un cliente davvero stalker lo di-venti anche con il suo professionista: sta alla bravura dell’avvo-cato arginare il fiume dei “perché” o dei “non ha capito”».

In conclusione, come crede sia possibile arginare ilfenomeno?«Lo stalking è una sorta di partita a scacchi, in cui ci sono mossedirette a stabilire o ristabilire una relazione orientata all’amici-zia e all’affetto così come all’aggressione e alla prevaricazione.L’importante è analizzare quale carta viene scelta, se quella dicuori o di picche. In questa logica di partita il giocatore stal-ker sa sempre che mossa fare. Purtroppo la stalking victim nonsolo non sa da quale mossa dovrà difendersi ma non sa neppurese sarà in grado di farlo. Lo stalker è infatti un soggetto che sidimostra incapace di giocare secondo le regoli comuni e con-divise, è incompetente sotto il profilo relazionale e non avviaun processo dinamico che gli permetta di esprimere una pre-senza per realizzare un obiettivo comune, e questo perché nonè in grado di farlo. Se quindi appare indiscutibilmente neces-sario porre rimedio a tale fenomeno, occorre oltremodo pre-venirlo. Credo che la prevenzione debba partire anche dallescuole, formando i ragazzi all’affettività o dando il giusto rilievoalla maturità emotiva, in modo da individuare i comportamentiche vanno promossi e quelli che vanno sanzionati».

Lo stalker agisce neiconfronti della vittimain virtù di un investimentoideo-affettivo, cioèla relazione sentimentalepuò essere parzialmenteo totalmente immaginata

Stalking • Marialuisa Capuani

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C&P • GIUSTIZIA208

Diritti dei disabili • Roberto Speziale

Una onlus di supporto informativo e giuridicoper le persone con disabilità e i loro familiari.Questo è Anffas, l’associazione che offre ser-vizi, informazioni e consulenza su tutti i prin-cipali argomenti di interesse per la disabilità, inparticolare intellettiva o relazionale. Numerose

sono le iniziative che la vedono impegnata in prima personaattraverso le 173 sedi locali presenti sul territorio nazionale.Tra i progetti c’è anche il Tribunale dei diritti per i disabili,un’idea itinerante nata grazie alla collaborazione con la na-zionale italiana magistrati, che ogni anno evidenzia i casipiù importanti passati in Tribunale e in Cassazione. «Sicu-ramente il fatto di vedere tante richieste di aiuto – spiegaRoberto Speziale, presidente nazionale dell’associazione –dimostra che oggi c’è finalmente una presa di coscienza euna consapevolezza dei propri diritti che in passato nonc’era e questo è decisamente positivo».

Quali sono le principali attività dell’associazione?«Anffas è stata fondata a Roma il 28 marzo 1958 ed è at-tualmente presente sul territorio con 173 associazioni lo-cali, 16 organismi regionali e 40 autonomi enti. Allestrutture associative del territorio afferiscono, in totale, oltre14.000 soci. L’associazione svolge diverse attività di rilievolocale, nazionale e internazionale, unite dal filo conduttoredella promozione e tutela dei diritti umani delle personecon disabilità e dei loro genitori e familiari. In particolare,Anffas si occupa di stabilire e mantenere rapporti con gliorgani governativi e legislativi di vario livello: internazio-nali, europei, nazionali e regionali. Ci occupiamo, inoltre, dipromuovere e partecipare a iniziative in ambito legislativo,amministrativo e giudiziario e sollecitare le attività di ri-cerca, prevenzione, cura e riabilitazione sulla disabilità in-tellettiva o relazionale, proponendo alle famiglie ogniinformazione, anche di carattere normativo, sanitario e so-ciale. Operiamo per rimuovere le cause di discriminazionee creare le condizioni di pari opportunità in tutti gli ambitidella vita, con particolare attenzione a quello scolastico e la-vorativo».

Quali altri compiti svolgete?«Grazie al nostro centro studi e formazione e alla collabo-razione con il consorzio “La rosa blu”, promuoviamo la for-mazione-informazione delle persone con disabilità, dellefamiglie e di tutti gli operatori “del settore” e in tale ambitoè da segnalare il recente riconoscimento dell’associazione,da parte del Miur, quale soggetto accreditato per la forma-zione del personale della scuola. La nostra associazioneopera, soprattutto grazie al lavoro delle strutture associativedel territorio, in un’ottica di sussidiarietà, anche nel campodello sviluppo delle strutture e dei servizi destinati alle per-sone con disabilità intellettiva o relazionale e alle loro fa-miglie».

Oltre 14mila persone afferiscono ad Anffas,associazione nata per promuovere la tuteladei diritti delle persone con disabilitàintellettiva o relazionale. Roberto Spezialesostiene l’importanza dell’informazione

Più supporto alle personecon disabilità

di Nicolò Mulas Marcello

Roberto Speziale, presidente

nazionale di Anffas Onlus

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C&P • GIUSTIZIA 209

Roberto Speziale • Diritti dei disabili

Per quanto riguarda la tutela legale, un disabile puòrivolgersi all’associazione per informazioni? «Certo. Da tempo Anffas ha attivato il servizio accoglienzae informazione “S.A.I.?”, attraverso cui fornisce gratuita-mente informazioni, suggerimenti e consulenza. L’elencodegli sportelli è disponibile sul nostro sito www.anffas.netnella sezione “SAI? Anffas in rete”. Inoltre, l’associazionesta operando attivamente, ormai da diversi anni, nel campodella tutela a persone vittime di discriminazione ai sensidella 67/06 e diverse strutture associative sul territoriosono anche legittimate ad agire in giudizio in tal senso».

Il tribunale dei diritti per i disabili è nato nel 1999.Quali le sue funzioni?«Il tribunale, nato grazie alla collaborazione con la mazio-nale italiana magistrati, ha rappresentato in questi anni unaiuto importante per le persone con disabilità e per le lorofamiglie per fare in modo che l’uguaglianza dei diritti e lapari dignità sociale siano sempre rispettati, a prescindere dalcontesto, e attraverso la sua attività siamo riusciti a eviden-ziare una panoramica delle condizioni in cui versano le per-sone con disabilità e delle difficoltà che devono affrontarequotidianamente e a consolidare una serie di pareri (purnon aventi valore giuridico vincolante) che sono divenutinostro patrimonio culturale e che abbiamo voluto racco-

gliere, in occasione del decimo anno di attività di tale or-ganismo, nel volume “Da 10 anni insieme per una buonacausa”, anche questo disponibile sul nostro sito internet».

Possiamo trarre un bilancio di questi primi 12 annidi attività? «Le problematiche portate all’attenzione del tribunale sonostate molteplici poiché spaziano dai contributi richiesti il-legittimamente ai parenti di persone con disabilità gravis-sima ai comportamenti riferibili alla sfera sessuale di unapersona con disabilità, dalla gestione dei servizi alla personatramite gare d’appalto alle gite scolastiche negate, fino alleerrate valutazioni mediche. Insomma, inclusione scolastica,accessibilità, discriminazione, compartecipazione alle spesesono tematiche che ci toccano da vicino e che nella vita ditutti i giorni, purtroppo, sono diritti difficili da far rispet-tare. Sicuramente il fatto di vedere tante richieste di aiutodimostra che oggi c’è finalmente una presa di coscienza euna consapevolezza dei propri diritti che in passato nonc’era e questo è decisamente positivo. Di contro c’è da direche il fatto di vedere così tante persone rivolgersi alla leggeper far rispettare diritti legittimi che non dovrebbero es-sere messi in discussione dimostra che c’è ancora molto dafare in materia di uguaglianza. Il successo ottenuto in que-sti anni ha spinto la nostra associazione a pensare di attuareuna rivisitazione in chiave maggiormente divulgativa e me-diatica, al fine di raggiungere il più ampio numero di per-sone in tutta Italia e quindi stiamo lavorando in tal senso».

L’Italia, rispetto al resto dell’Europa, è ancora lon-tana da una cultura cosciente delle disabilità. Cosa oc-corre fare in più in questa direzione?«Nonostante l’Italia abbia ratificato nel 2009 la Conven-zione Onu sui diritti delle persone con disabilità e il suoprotocollo opzionale, ancora oggi nel nostro paese si con-tinua a fare troppo poco per eliminare tutti quegli ostacolifondati su stereotipi e pregiudizi e in questo contesto le di-scriminazioni continuano a proliferare. Il movimento dellepersone con disabilità sta facendo ogni sforzo per cambiarequesta situazione attraverso iniziative di informazione esensibilizzazione ma un segnale dovrebbe arrivare anchedalle nostre istituzioni e invece, mai come in questo pe-riodo, le difficoltà sono aumentate, soprattutto in seguitoagli ultimi provvedimenti presi in materia di politiche so-ciali che hanno contribuito a peggiorare una situazione giàcomplicata. Occorre aprire una nuova stagione di politicheche consentano a tutte le persone con disabilità di vivereuna vita dignitosa. Per far ciò è importante attivare un cam-biamento culturale che veda definitivamente affermarsi, atutti i livelli, il modello della disabilità basato sui dirittiumani e agire contro la discriminazione e a favore del-l’uguaglianza dei diritti e le pari opportunità per tutti, per-sone con disabilità comprese».

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C&P • GIUSTIZIA210

La strada dellasolidarietàParte integrante del rispetto dei dirittidei disabili è la giustizia legale.Per ribadire i diritti e informare i malatisulle loro facoltà legali è nata un’iniziativainteressante. Raffaele Della Valle spiegadi cosa si tratta

di Nicolò Mulas Marcello

Da dodici anni l’associazione Anffas e la Nazio-nale italiana nagistrati portano avanti un pro-getto itinerante che prende il nome diTribunale dei diritti dei disabili. Si tratta di ses-sioni di dibattimento dei casi più eclatanti chesono emersi durante l’anno e che coinvolgono

direttamente la rivendicazione legale dei diritti dei disabili.Il successo è decretato dalla grande affluenza di partecipanti,dal prestigio dei magistrati che prendono parte a queste ses-sioni e dall’aiuto informativo e psicologico che questi in-contri rappresentano per i malati e per i loro familiari.Un’iniziativa importante che in qualche modo dona spe-ranza ai disabili che troppo spesso vedono i loro dirittiignorati: «Le leggi ci sono – sottolinea l’avvocato RaffaeleDella Valle, membro del collegio difensivo del Tribunale deidisabili – ma occorre una mentalità più vicina al problemadel disabile e una maggiore sburocratizzazione».

Lei fa parte del collegio dei difensori del Tribu-nale dei siritti dei disabili. Dal 1999 a oggi il tribu-nale ha raggiunto una discreta partecipazione. «Ha raggiunto una notevole diffusione in campo nazio-nale partendo dalla provincia di Como. Le sedute avven-gono con cadenza abbastanza regolare, grazie al dottorCalabrò, che è stato l’animatore di questa iniziativa itine-rante. Abbiamo tenuto udienze pubbliche in tante cittàd’Italia e i partecipanti sono diventati col tempo di grandecalibro e prestigio».

Raffaele della Valle, avvocato membro del collegio difensivo

del Tribunale dei disabili

Diritti dei disabili • Raffaele Della Valle

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C&P • GIUSTIZIA 211

A livello sociale la dignità del disabile è semprerispettata? «Si sono fatti sicuramente dei passi avanti ma c’è ancoramolto da fare, sia nel campo tecnico legislativo sia in quellodelle disponibilità economiche dei vari enti locali. Vannostanziati maggiori fondi per far fronte alla problematica deidisabili. La disabilità è un dramma che è difficile da viverema se manca anche la solidarietà dal punto di vista econo-mico è ancora più difficile. Oggi tutto questo è lasciato al-l’iniziativa privata e all’entusiasmo con cui il volontariatoaffronta questo problema. Bisogna riconoscere che c’ègrande sensibilità anche da parte del disabile, il quale vivela propria disabilità con grande dignità e speranza di recu-pero. Il Tribunale dei disabili serve anche a dare un soste-gno dal punto di vista psicologico e serve a dimostrare chela società è vicina al malato e ai suoi familiari e cerca dispronare le istituzioni. Pensiamo ad esempio a chi è malatodi Alzheimer, le strutture sociali sono ancora poche eppurei bisogni di assistenza sono alti. Non solo dal punto di vistapsicologico, per aiutare anche i parenti di un malato di que-sto tipo, ma anche dal punto di vista economico».

Mancano le leggi o semplicemente non vengono ri-spettate?«Occorre una maggiore sensibilità e una burocrazia più ve-loce perché spesso i tempi sono troppo lunghi e la rispostada parte degli enti pubblici non arriva. La giustizia anche inquesto campo è lenta, ma tante volte ciò dipende anche dalgiudice. Rispetto al passato la società presta maggiore sen-sibilità alla problematica ma bisogna ancora fare tanta stradasenza abbassare la guardia. Occorre continuamente insistereper rivendicare i diritti dei disabili, diritti che talvolta nonvengono riconosciuti, con argomentazioni che ricondu-cono a una carenza legislativa. Altre volte, invece, i dirittinon sono riconosciuti per cause di carattere strumentale,pertanto quando si va in giudizio bisogna sperare in unagiustizia rapida».

Qual è la funzione di questo appuntamento? «La funzione è quella di analizzare i casi più eclatanti chehanno destato maggiore attenzione dal punto di vista tec-nico giuridico. Casi che vengono portati alla discussione daun gruppo di avvocati che prospetta la fattispecie da esa-minare. Un collegio costituito da molti magistrati, che par-tecipano a rotazione, formula un giudizio. Esso è una sortadi lodo arbitrale (non una sentenza che possa essere vinco-lante per l’autorità giudiziaria), che può costituire un indi-rizzo che i giudici possono seguire. È importante perché sitratta di un giudizio che viene formulato sulla base di unacondizione tecnico scientifica da parte dei giudici. Non èvincolante ma può senz’altro indicare la strada».

La disabilità è un drammache è difficile viverema se manca anche lasolidarietà dal punto di vistaeconomico è ancora più arduo

Raffaele Della Valle • Diritti dei disabili

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Infortunistica stradale • Fernando Santoni de Sio

L’avvocato Fernando Santoni de Sio esercita la professione

forense a Torino. Lo studio fornisce assistenza legale sia

in ambito civile che penale, sia giudiziale che stragiudiziale

[email protected]

Le attuali norme che regolanol’ infortunistica stradalee la possibilità dell’istituzione del reatodi omicidio stradale. Ne discutiamocon l’avvocato Fernando Santoni de Sio

Introdurre l’omicidio stradale?

di Nicoletta Bucciarelli

In Italia ogni anno circa 5 mila persone perdono la vitain seguito a scontri stradali. Si calcola che almeno unterzo di questi sia riconducibile alla fattispecie dell' "omi-cidio stradale". In questo contesto diventa di primariaimportanza la proposta di modificare il codice penale eistituire un nuovo reato, l’omicidio stradale. Abbiamo

parlato del nuovo disegno di legge con l’avvocato FernandoSantoni de Sio di Torino, dello Studio Santoni de Sio.

Quali sono le norme che regolano il fenomeno in-fortunistica stradale conseguente alla guida in stato diebbrezza o sotto l’effetto di droghe?«Ad oggi l’omicidio stradale è punito ai sensi dell’articolo 589,commi II e III codice penale che prevede, in caso di omicidiocolposo commesso con violazione delle norme del Codicedella Strada, la reclusione da due a sette anni, da tre a dieci annise il soggetto attivo del reato è in stato di ebbrezza alcolica osotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Le lesionipersonali colpose conseguenti ad un sinistro sono invece pu-nite dall’articolo 590, che dispone la reclusione da tre mesi a treanni e, nei casi di guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto didroghe, da sei mesi a quattro anni».

Quali sono le critiche che vengono fatte maggior-mente a tale disciplina?«Le maggiori critiche riguardano il fatto che essa non sarebberispondente al reale atteggiamento psicologico del reo il quale,pur in presenza di particolari presupposti oggettivi (stato di eb-brezza, alterazione da sostanze stupefacenti), si pone comunquealla guida di un veicolo, con ciò accettando il rischio di pro-

vocare la morte o la lesione altrui».Gli obiettivi dei promotori del disegno di legge

sono quelli di predisporre un quadro sanzionatorioautonomo, che possa individuare un discrimine nettotra dolo eventuale e colpa con previsione nel caso dimorte e lesioni collegate a scontri stradali causati daindividui sotto effetto di alcol e/o droga?«Le modifiche normative andrebbero ad incidere sia sul Co-dice della Strada, sia sul codice penale che di procedura pe-nale. Il Codice della Strada verrebbe modificato agli articoli219, 222 e 223, del Codice della Strada inasprendo le previ-sioni in tema di revoca, sospensione e ritiro della patente diguida in caso di incidenti con lesioni o decessi (combinato di-sposto da alcuni definito “l’ergastolo della patente”). Nel co-dice penale verrebbe introdotto l’articolo 575 bis del codicepenale con una pena detentiva da otto a diciotto anni perchi, ponendosi consapevolmente alla guida in stato di eb-brezza o sotto l’influenza di droghe, cagioni la morte di unuomo, e fino a ventuno anni in caso di morte di più persone.Nel caso di lesioni personali stradali, il nuovo articolo 582bis, c.p. sanzionerebbe chi si pone alla guida in stato di eb-brezza o sotto l’influenza di droghe con la reclusione da duemesi a due anni. Da ultimo, il codice di procedura penaleprevederebbe l’estensione dell’arresto obbligatorio in fla-granza anche nel caso di delitto di omicidio stradale. Nonresta che attendere per sapere se le novità di cui sopra, sen-z’altro rilevanti, verranno a tutti gli effetti introdotte nel no-stro ordinamento».

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Sandro Callegaro dello studio Callegaro di Bologna

www.avvocato-callegaro.it

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La diversificazione delle competenzeall’interno dello studio legale puòrappresentare un importanteplusvalore. L’avvocato Sandro Callegarone illustra le caratteristiche e i vantaggi

Il valoredella consulenzadiversificata

di Luca Cavera

Offrire una consulenza diversificata, che possarispondere, con efficienza e competenza, allequestioni inerenti più materie di carattere le-gale. L’avvocato Sandro Callegaro ha organiz-zato l’attività del suo studio di Bologna peraree di competenza. Una scelta strategica con-

trocorrente, in tempi in cui la tendenza degli studi legaliè la superspecializzazione, ma che riserva non pochi van-taggi ai diversi soggetti, pubblici o privati, che necessitanodi una consulenza legale. «Alcune aree di competenza –spiega l’avvocato - sono orientate a soddisfare le esigenzedi persone fisiche, mentre altre sono mirate alle esigenzedi società ed enti. Ciascuna area prevede a sua volta spe-cializzazioni settoriali che vanno dal diritto di famiglia allesuccessioni, dalle locazioni alla responsabilità medica, civilee professionale, dal diritto commerciale alla contrattuali-stica e agli appalti».

Quale valore aggiunto offre la consulenza di-versificata?«La consulenza diversificata costituisce un plus valore perdiversi motivi. Quando un assistito è soddisfatto dell’ope-rato del proprio legale, preferisce farsi assistere sempredallo stesso studio anche su materie diverse, giacché l’ele-mento fiduciario che sta alla base del rapporto fra avvocatoe assistito, viene fortemente alimentato dalla consapevo-lezza del cliente di potersi affidare all’avvocato lasciandosiguidare verso la soluzione dei propri problemi. Questo èpossibile però solo per uno studio che offra un serviziomultidisciplinare».

I rami principali della vostra attività sono la re-sponsabilità medica e professionale e la materiadegli appalti privati. Esistono delle criticità, nellalegislazione italiana, comuni a entrambi gli ambiti?«La normativa di settore, sovrabbondante, spesso mal for-mulata e mal coordinata, è sicuramente migliorabile. Tut-tavia ciò che pesa maggiormente è l’incertezzagiurisprudenziale. Giurisprudenza non solo ondivaga, maanche creativa ed evolutiva, dato che non è raro riscon-trare letture costituzionalmente orientate di un qualchearticolo di legge che assume così una veste nuova, evolu-

Consulenza • Sandro Callegaro

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Consulenza • Sandro Callegaro

Ciò che pesa maggiormente è l’incertezza giurisprudenziale.In termini economici, queste incertezze comportano una richiestadi consulenza assai più frequente di quello che si potrebbeconsiderare "normale"

tiva appunto. Ad aggravare la situazione contribuiscono itempi dei giudizi che, allungandosi sull’arco di vari anni,si sovrappongono inevitabilmente con mutamenti nor-mativi o di indirizzo giurisprudenziale. Ciò può com-prometterne l’esito o quantomeno può portare a unrisultato divergente rispetto a quello inizialmente pro-spettato al cliente».

Quali sono gli altri effetti pratici di tali criticitàper gli assistiti?«In termini economici, queste incertezze comportanouna richiesta di consulenza assai più frequente di quelloche si potrebbe considerare “normale”. Ciò è dovuto pro-prio alla volontà di evitare di commettere errori, che pur-troppo si concretizza in un aumento dei costi e in unnotevole incremento del contenzioso. In certi casi, tutta-via, a tali conseguenze si cerca di porre rimedio andandoincontro alle esigenze degli assistiti e stipulando con essicontratti di consulenza continuativa. Questa consenteun’interfaccia costante con il professionista e un tratta-mento tariffario più vantaggioso, soprattutto per leaziende».

E come influiscono invece sull’attività dell’av-vocato?«Per l’avvocato e lo studio nel suo complesso significa so-

stanzialmente un continuo aggiornamento professionale,con conseguenti costi per l’acquisto di riviste specializ-zate, banche dati, monografie, partecipazione a corsi diformazione. Tutte spese che a mio avviso non sempre tro-vano un adeguato riconoscimento fiscale. Inoltre attual-mente gli avvocati si trovano a dover agire non solo concompetenza, ma anche con estrema prudenza, sia per tu-telare gli interessi del cliente che per non incorrere essistessi in responsabilità e sanzioni disciplinari».

Qual è la sua opinione sull’istituto della media-zione, recentemente introdotto?«Ideato con l’intento di alleggerire il numero dei conten-ziosi che affollano i tribunali, crea di fatto un allungamentodei tempi della giustizia. Lo Stato, invece di risolvere i pro-blemi che ostacolano un’effettiva tutela dei diritti attra-verso un giudizio giusto e in tempi ragionevoli, impone,addebitandone i relativi costi ad altri, il ricorso a una me-diazione. A fronte di ciò il compito dell’avvocato, soprat-tutto nel rapporto con il suo cliente, non si presenta facile.Complessivamente, risulta difficile credere che tale istitutopotrà in un qualche modo risolvere i problemi dell’econo-mia o che sia orientato a tutelare e incentivare una cor-retta attività di impresa, garantendo i diritti attraverso ungiudizio giusto e rapido».

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Le sentenze emesse nel 2011 hannomodificato l’amministrazione deicondomini. Per Gabriele Calvetto,andrebbe innanzitutto rivisto il sistemadi recupero delle spese condominiali

Le spesecomuninei condomini

di Adriana Zuccaro

Uno dei problemi più frequenti nella vita condo-miniale è quello delle spese comuni, non solo perla loro ripartizione fra i condomini ma soprattuttoper la loro deliberazione. Infatti, spesso i contrastisi manifestano nella fase decisionale, quando adesempio si tratta di approvare o meno una certa

spesa o di scegliere un preventivo piuttosto che un altro.«Sulla base delle tabelle millesimali in cui è espresso il valorepredeterminato delle singole unità immobiliari rispetto all'in-tero edificio, grazie a non poche sentenze della Cassazioneemesse nel corso del 2011, oggi è possibile modificare le particomuni, quali ad esempio l’androne o le scale, senza dover rag-giungere l’unanimità dei condomini ma solo la maggioranzaqualificata». L’avvocato Gabriele Calvetto, civilista esperto soprattutto nellagestione e risoluzione di controversie legate al mondo immo-biliare e condominiale, oltre a porre l’accento sull’importanzadella nuova strada attuativa dei condomini, rivela alcuni casimeritevoli di attenzione, non solo dal punto di vista legislativoma anche come cartina tornasole dei cambiamenti interni allacomproprietà condominale degli ultimi anni. «Sono sempre più numerosi i casi di mancato pagamento daparte degli inquilini delle spese condominiali – annuncia il ci-vilista –. Così che quando gli amministratori si rivolgono al-l’avvocato per recuperare le quote mancanti, succede che dopouna serie di verifiche sulla base delle quali si stabilisce la mo-rosità del condomino, si giunge al decreto ingiuntivo per i pro-prietari dell’immobile e di conseguenza, per i conduttori,all’attuazione dei procedimenti di sfratto che, a Milano sem-brano essere stati velocizzati a favore di una più congrua ri-chiesta delle case comunali legata, senza dubbio, anche allacritica condizione economica in cui versa oggi un gran nu-mero di famiglie».Se poi il moroso è proprietario dell’immobile ed ha in corsoil pagamento dello stesso tramite mutuo, «il problema si am-plifica perché inizia il pignoramento che nella maggior partedei casi giunge al finale pignoramento e successiva vendita al-l’asta dell’immobile da parte della banca. A quali conseguenzeconduce tale situazione? L’amministratore condominiale cheha sollecitato il pagamento della quota mancante delle spesecomuni, così come l’avvocato incaricato del recupero di talisomme, finiranno col ritrovarsi “con un pugno di mosche inmano”, a causa dell’ipoteca legale che sempre la banca iscriveper prima». Viene allora da chiedersi cosa occorrerebbe fare per ovviare atali problematiche? Secondo l’avvocato Calvetto, «una stradada perseguire per ottimizzare gli accordi condominiali e pre-vederne le eventuali controversie, potrebbe basarsi sulla dispo-nibilità di un fondo assicurativo o di una fideiussione da cuil’amministratore potrebbe attingere per tutelare il condomi-nio e i suoi abitanti dalla mancanza di pagamento di una o piùquote per le spese comuni».

Amministrazione dei condomini • Gabriele Calvetto

L’avvocato Gabriele Calvetto, civilista

dello studio legale Calvetto di Milano

www.studiocalvetto.it

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Nei primi sei mesi dell’anno, secondo l’Inail, inItalia si sono contati 428 morti per infortunisui luoghi di lavoro, lo 0,7% in meno rispettoai 431 del 2010. Ma se è rimasto sostanzial-mente stabile il numero di morti bianche, siconferma il trend favorevole degli infortuni

con circa 16mila incidenti in meno rispetto all’anno pas-sato. Da cosa dipendono questi numeri? «Il problema –spiega Raffaele Guariniello, procuratore di Torino – è diuna effettiva applicazione di norme e sanzioni».

Le norme in materia di sicurezza del lavoro cisono, ciò che manca è la cultura della sicurezza.Secondo lei questo può dipendere dall’entità delle

pene che finora sono state applicate?«Non parlerei tanto di cultura della sicurezza, che è poiuna conseguenza; ciò che occorre è una maggiore orga-nizzazione da una parte della vigilanza e dall’altra dellamagistratura perchè non mi sembrano adeguate alle esi-genze che ormai sono pressanti».

Qual è il suo giudizio sul decreto 106/2009? Hain qualche modo salvato la struttura base del Testounico 81?«Sotto vari aspetti il decreto 106 ha migliorato o chiaritoalcuni punti che erano un po’ oscuri del testo originario.Complessivamente non mi pare che abbia ridotto l’effi-cacia del testo unico. I due decreti, quello originario equello successivo, complessivamente formano un robustotesto unico potenzialmente idoneo a darci grandi stru-menti di prevenzione».

Non tutte le procure sono specializzate in ma-terie di sicurezza sul lavoro. Il problema dellamancata applicazione delle sanzioni spesso quindinon è dettata da lacune legislative quanto dallascarsa competenza dei giudici? «Il punto non sono le norme e nemmeno le sanzioni. Lepene ci sono e sono previste anche sanzioni penali pesantiladdove ci siano fattispecie che lo richiedano. Mi pare chealcuni dei processi che abbiamo fatto ne siano la palesedimostrazione. Ciò che manca è l’effettiva applicazione diqueste norme e sanzioni. Ed è da qui che nascono le dif-ficoltà dell’Italia sia sotto l’aspetto della adeguatezza degliorgani di vigilanza sia sotto quello dell’intervento del-l’autorità giudiziaria. Certamente la specializzazione èuno strumento fondamentale per l’incisività dell’inter-vento della magistratura. Purtroppo abbiamo un numeroeccezionale di piccole procure che non sono in grado di

DOPO LA SENTENZA DEL PROCESSOTHYSSENKRUPP COSA CAMBIERÀIN ITALIA SUL PIANO GIUDIZIARIODELLA SICUREZZA SUL LAVORO?NE PARLA RAFFAELE GUARINIELLO

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Il commento

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Il commento

specializzarsi in questa o quella materia. Quindi credo chel’indicazione che è stata data nell’ultima manovra econo-mica, ovvero quella di ridurre il numero degli uffici giu-diziari sia un’indicazione molto importante in questadirezione. Avere procure più ampie significa anche averela possibilità di garantire una specializzazione nelle variematerie, in particolare nella sicurezza sul lavoro. Se poi siriuscisse ad arrivare a creare in materia di lavoro una pro-cura nazionale, questo sarebbe addirittura un fiore all’oc-chiello per il nostro paese».

Ci sono decisioni storiche della Cassazione chehanno dato un impulso positivo alla giurispru-denza in tema di sicurezza sul lavoro?«Proprio nell’ultimo anno abbiamo avuto sentenze dellaCorte di Cassazione che rappresentano una svolta pro-fonda in materia di sicurezza sul lavoro. Sotto la spinta deltesto unico è maturata una novità sul piano giurispru-denziale molto importante. La Corte di Cassazione hapreso in particolare consapevolezza del fatto che infor-tuni, malattie professionali e disastri sul luogo di lavorocostituiscono molto spesso non il frutto di carenze occa-sionali ma di carenze strutturali, quindi addebitabili ascelte aziendali di fondo. Questo ha condotto la giuri-sprudenza a ritenere che il livello delle responsabilità sicolloca al vertice delle imprese pubbliche e private. Per le

società per azioni si riconduce la figura del datore di la-voro penalmente responsabile, indistintamente a tutti imembri del consiglio di amministrazione. Questa è un’in-dicazione che ci deve portare a entrare nelle stanze deiconsigli di amministrazione per capire come mai è stataadottata una certa politica aziendale. Quindi occorre con-siderare l’infortunio non come un episodio sporadico macome un fatto strutturale su cui pesano le decisioni delvertice dell’impresa».

Il processo Thyssenkrupp ha raggiunto una de-cisione storica da questo punto di vista. Questosecondo lei può cambiare le cose? In particolarepuò creare un precedente per l’imminente sen-tenza del processo Eternit?«I due processi sono in qualche modo distinti perché unoriguarda infortuni sul lavoro e l’altro malattie professio-nali, però hanno sicuramente un’ispirazione comune, nelsegno di quella giurisprudenza della Corte di Cassazioneche pone la necessità di individuare le responsabilità pe-nali al livello in cui vengono effettivamente adottate certedecisioni. Questa dovrebbe costituire un’indicazione dimetodo anche per la magistratura, perché quando essacerca di individuare le responsabilità non deve fermarsinecessariamente ai livelli bassi o intermedi ma deve vol-gere lo sguardo verso l’alto». - NMM

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Guardia costiera • Marco Brusco

«Oltre 4.100 persone salvate, di cui1.720 bagnanti e 2.304 diportisti;930 unità da diporto soccorse, quasi10mila illeciti amministrativi con-testati e circa mille reati accertatidurante l’attività». È questo il bi-

lancio dell’operazione di polizia marittima “Mare sicuro”che, come ogni estate, ha visto impegnata da giugno a set-tembre la Guardia costiera. Secondo il suo comandante ge-nerale, l’ammiraglio ispettore capo Marco Brusco, «ilnumero delle richieste di soccorso, soprattutto per cause fa-cilmente evitabili grazie al buon senso e all’osservanza scru-polosa delle minime regole di prudenza, è stato inferiorerispetto agli anni precedenti. È dunque evidente il successodelle campagne di sensibilizzazione che il Corpo ha portatoavanti nei mesi che precedono la stagione estiva, incon-

Il comandante generale Marco Bruscoillustra le attività della Guardia costiera:un 2011 impegnativo, tra l’emergenzasbarchi e l’alluvione in Liguria. Senzadimenticare le attività di polizia giudiziaria,soccorso e prevenzione, anche nelle scuole

Un corpoa serviziodel mare

di Riccardo Casini

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Marco Brusco • Guardia costiera

trando tra l’altro oltre 100mila studenti in circa 900 scuolemedie e superiori del Paese: questo rafforza in noi la con-vinzione che una buona azione di prevenzione paga. Tral’altro, il progetto con le scuole è ripartito proprio in que-sti giorni per coinvolgere stavolta tutti gli istituti italiani diogni ordine e grado».

Complici anche le tensioni nel Nord Africa, il 2011 èstato un anno record sul fronte degli sbarchi. Qualisono state le principali difficoltà incontrate?«Le unità navali utilizzate per il trasporto di migranti sonoquasi sempre in condizioni precarie, sovraccariche di uo-mini, donne e bambini, tali da richiedere interventi imme-diati e specializzati. Per rendere il quadro più chiaro, bastipensare che unità di una decina di metri di lunghezza avolte hanno centinaia di persone a bordo: è evidente dun-que quali siano i rischi per questi mezzi, aggravati ancor dipiù dalle condizioni del mare. Per questo il supporto na-vale della Guardia costiera nelle acque di Lampedusa, giàcomposto da 4 motovedette, è stato rafforzato nel corso del2011 con due ulteriori mezzi, una classe 300 e una classe200, realizzati espressamente per le emergenze in mare con-nesse con il fenomeno migratorio e dedicate al soccorso alunga distanza dalla costa».

Un impegno aggiuntivo da parte vostra, insomma.«In realtà le primavere arabe non hanno modificato il traf-

fico di merci e uomini nel Mediterraneo: anche nei mo-menti più acuti delle rivolte il flusso quotidiano di mer-cantili nel Mediterraneo è stato nella norma, con circa7.200 unità. Altra cosa invece sono i continui flussi di di-sperati in fuga da Paesi in rivolta: sono oltre 52mila le per-sone salvate in mare tra uomini, donne e bambini ridottispesso in condizioni disumane, senza cibo né acqua, am-massati in barconi prossimi all’affondamento. Un picco ri-spetto ai dati registrati nei precedenti anni, che ci hacostretto a rimodulare i nostri assetti operativi per affron-tare i nuovi scenari, spesso drammatici e sicuramente ecce-zionali per il numero di persone da soccorrere in mare».

Qual è stato invece il ruolo della Guardia costieranella gestione degli eventi alluvionali che hanno colpitoil paese e in particolare la Liguria nelle ultime setti-mane?«Gli ultimi eventi alluvionali in Liguria hanno interrottomolteplici vie di comunicazione terrestri. Il compito dellaGuardia costiera è stato sostanziale per il trasporto e l’eva-cuazione di emergenza sia via mare, con mezzi navali, cheattraverso l’impiego degli elicotteri dislocati nella vicinabase aerea di Sarzana. A Vernazza, in uno dei tanti eventiche ci ha visti parte attiva nell’emergenza, un equipaggiodella motovedetta della Guardia costiera di La Spezia, dopoun difficile attracco al porticciolo, ha prestato i primi soc-corsi a una persona ferita e a un’altra con un infarto in atto.Inoltre, l’equipaggio è sceso a terra e ha attraversato il paeseoffrendo aiuto a coloro che ne necessitavano e a coloro chevolevano essere trasbordati in un’altra località. Nella suc-cessiva emergenza che ha colpito la città di Genova, inol-tre, 30 uomini della Guardia costiera hanno provveduto,con mezzi terrestri della locale Capitaneria di porto, a for-nire assistenza ai cittadini colpiti dall’alluvione che neces-sitavano di aiuto».

Di recente a Messina è stata inaugurata la sede delcentro nazionale di formazione Vtmis. Qual è il suocompito?«Il centro di formazione nazionale Vtmis della Guardia co-stiera è una scuola di specializzazione e polo di formazioneper la gestione dei sistemi di monitoraggio del traffico ma-rittimo del Mediterraneo. È un’importante realtà per le Ca-pitanerie di porto, non solo perché ci pone all'avanguardianella formazione in un settore altamente tecnologico, es-

Marco Brusco, comandante

generale della Guardia costiera

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Guardia costiera • Marco Brusco

senziale per la sicurezza della navigazione, ma anche per-ché rafforza il ruolo della Guardia costiera italiana in am-bito sovranazionale garantendo, nel rispetto degli standardinternazionali, l'alta qualificazione del personale impiegatonel sistema».

Quali sono le sue caratteristiche maggiormente in-novative?«L’unicità della struttura è quella di poter operare anchecome Vts autonomo, quale servizio di informazione e diausilio alla navigazione reso alle navi, e di ricevere i dati deicentri operativi Vts distribuiti sul territorio, in modo dacreare livelli di controllo multipli - locali, di area e centrali- che interagiscono su differenti gradi operativi, contri-buendo a garantire una più sicura ed efficiente condottadella navigazione a salvaguardia della vita umana in mare ea tutela dell’ambiente marino e costiero. Inoltre, il sistemaha la capacità di essere integrato con altri sistemi di moni-toraggio del traffico marittimo gestiti dalle Capitanerie,prendendo la denominazione di Vtmis, i cui dati possonoessere condivisi con altre organizzazioni ed enti della pub-blica amministrazione, altri stati dell'Unione europea e inambito internazionale».

Nelle scorse settimane in Calabria avete provvedutoinvece al sequestro di due depuratori in stato di ab-bandono. Qual è oggi l’impegno del vostro corpo nelladifesa dell’ambiente marino?«L’attività di verifica e monitoraggio sulla depurazione delleacque è da sempre tra i nostri compiti a difesa dell’ambientemarino. Nel caso di Reggio Calabria, gli accertamenti svoltidal personale della Capitaneria di porto hanno portato al ri-levamento dei due impianti di depurazione lasciati in totaleabbandono e degrado, completamente inattivi a causa delmancato afflusso dei reflui che si riversano direttamente inmare senza alcuna depurazione. Gli uomini e le donne dellaGuardia costiera hanno quindi proceduto al sequestro deidue depuratori e all’affidamento in custodia al Comune,per la successiva bonifica delle aree e il ripristino del ciclo

depurativo».Ma come si è evoluto l’impegno della Guardia co-

stiera nel contrasto ai fenomeni illeciti?«La Guardia costiera svolge attività di polizia giudiziaria acarattere specialistico principalmente nei settori della sicu-rezza della navigazione, tutela dell’ambiente marino e co-stiero e pesca marittima. L’attività trova poi ulteriore fontenelle norme del diritto interno, del diritto dell’Unione eu-ropea e dei trattati internazionali in vigore: nel corso del2010 sono state ispezionate dagli operatori Port State Con-trol della Guardia costiera, specializzati nel controllo dellenavi straniere che approdano nei porti italiani, ben 1.981navi, delle quali 121 fermate perché non rispondenti ai ca-noni di sicurezza previsti, mentre 312 sono state, nel 2011,le notizie di reato in materia di sicurezza della navigazione.In ambito pesca, le Capitanerie di porto svolgono inveceattività di vigilanza e controllo sulla filiera ittica, dal mo-mento della cattura in mare del prodotto fino all’arrivo sullatavola dei consumatori: nel 2011, fino a oggi, sono stati se-questrati 221.504 metri di reti illegali, inflitte 4.134 tra san-zioni penali e amministrative e sequestrati 293.820 kg. dipescato. In materia di tutela ambientale, infine, il Corpo haregistrato 69.192 infrazioni nel corso dell’anno, con 126 se-questri penali».

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