Ciclostyle n 0

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Nella foto, realizzata da Luca Montemurro, Annalisa Eboli. Fotoritocco a cura di Virginia Frigione (Accademia Fotografi ca Italiana). Lo scatto è stato usato per la campagna pubblicitaria di lancio di Ciclostyle.6

rassegna stancaVita in carcere: una realtà che spacca in due l'Italia

19scomunicando

AFI: un percorso formativo pensato per il sud

28ultrasuoni

Simone Perrone: parola di un cantautore

8radici quadrate

Il carcere della vergogna. Ieri come oggi?

24ciclostyle

Zampettando e pedalando scoprimmo l'Europa

Redazione: V.le San G. Bosco - Brindisi

www.piazzavittoria.net [email protected]

Editore:Vetrine Inedite

(Ass. di Promozione Sociale)Direttore Responsabile:

Serena PassarelliImpaginazione e Grafi ca:

Stefano Ranalli

Foto:Luca Montemurro

Trucco:Offi cina Open Source

Responsabile internet:Ilaria Passarelli

Pubblicità e comunicazione:Alessandra Taurisano

Luigi MemoliStampa:

Sedit Srl - Servizi EditorialiModugno (Bari)

In redazione: Italo Bernardi

Massimiliano GattiMaura Gatti

Emanuele Vasta Giovanni Membola

Gabriele CiulloPasquale Stefanizzi

Monica CucinelliLuciano Barbuti

Francesco Rodio

EDITORIALEÈ arrivato CicloStyle, una scommessa editoriale dell’associazione di promozione so-ciale “Vetrine Inedite”. Nata con l’intento di promuovere i talenti del nostro territorio, l’associazione brindisina, ha deciso di scommettere su un progetto editoriale nuovo ed innovativo che si affi ancherà alle attività redazionali del portale di informazione www.piazzavittoria.net. L’intento - nonché l’ambizione - è quella di ricreare interesse informativo nel giovane e più in generale in tutti quei brindisini che tengono alla città e che vogliono dare il loro importante contributo, qualunque esso sia. Con tutti i mezzi possibili: internet e carta. CicloStyle nasce come un mensile su formato quotidiano, ma con la grafi ca del magazine. Una vera e propria scommessa editoriale! CicloStyle, infatti, punta sulla tipologia quotidiano da sempre rappresentativa dell’informazione locale. L’innovazione, tuttavia, sta nell’arricchire la notizia prettamente legata al ter-ritorio e al contesto sociale in cui si opera, con una grafi ca da magazine. Non solo. Le fotografi e contenute nel numero sono tutte autoprodotte e vogliono rendere l’articolo, attraverso le immagini, un “pezzo unico”. Gli scatti sono stati realizzati dal mesagnese Luca Montemurro. Continue riunioni di redazione protratte fi no a tarda sera, colazioni davanti ai buonissimi cornetti del Virta Caff è, continue telefonate, sms, chat su msn, hanno dato vita a CicloStyle. Idee di giovani cittadini animati dall’amore verso la città prima, verso la notizia e la fotografi a poi. Un vero e proprio gioco di squadra diffi cile da raccontare. A me l’onore di dare il benvenuto a voi e lo faccio con il ricordo vivo degli oc-chi di ognuno dei ragazzi della redazione senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile. CicloStyle è e sarà il giornale per la città, che racconta la città, che racconta spaccati e stili di vita. Il nome stesso riassume in sé le fi nalità del progetto: Ciclo e Style, intesi come ciclo di vita e stile di vita. Alla base dell’intero progetto associativo ed editoriale, infatti, c’è l’amore per la propria città, la voglia di creare qualcosa che resti nel tempo e sia punto di riferimento per tutti e di tutti: un’associazione con la “porta sempre aperta”; un portale bello, dinamico, interattivo; un giornale che non si sfoglia ma si legge. Serena Passarelli, Direttore Responsabile

numero0dicembre 2009

Testata registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Brindisi n. 14/2009

chiuso il 24 novembre 2009

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www.piazzavittoria.net | [email protected] numero0 | DICEMBRE 2009 | pag3

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se vieni con la rivista!!

NOI, FOTOGRAFI DEL TUOTALENTO

“Vetrine Inedite” scommette sui

giovani e sulle loro capacità. Intervista a Serena Passarelli,

direttore diCiclostyle e

vicepresidentedell’associazione

Conosciamo, attraverso le parole di Serena Passa-relli, vicepresidente e direttore responsabile di CicloStyle, l’as sociazione di promozione sociale

Vetrine Inedite. Quale è la mission di Vetrine Inedite?Vetrine inedite nasce con l’idea di valorizzare le risorse, troppo spesso inutilizzate, del nostro territorio: giovani e imprenditori. Il progetto associativo nasce e si sviluppa nella consapevolezza del fatto che per noi giovani, le possibilità per mettere in mostra quello che siamo e che sappiamo fare, sono quasi pari a zero.Come intendete raggiungere questo obiettivo?È innanzitutto giusto sottolineare che questo è un obiettivo ambi-zioso ma a cui lavorano molti giovani che nel corso del tempo si sono avvicinati all’idea prima, all’associazione poi. Ognuno di noi ha un talento, o più semplicemente delle capacità, che in questo caso mette a disposizione per promuovere altri giovani.A supporto dell’idea associativa c’è il portale di infor-mazione piazzavittoria.net e Ciclostyle.Non si possono promuovere i talenti se non c’è un piano di comunicazione già defi nito. Allo stesso tempo, alla mission principale di Vetrine Inedite, se ne accosta ancora un’altra. L’obiettivo, forse ancora più ambizioso del primo, è di attivare tutti quei processi che creino e ricreino l’inte-resse verso l’informazione.Per essere un associato “Vetrine Inedite”, che tipo di talento bisogna avere? (ride) Non esistono talenti di serie A o di serie B. Il talento è talento. Quello che è importante è mettere al servizio dell’associazione e di tutta la città le proprie capacità.E questo non vuol dire sapere fare cose particolarmente impegnative, ma dedicarsi a se stessi e lasciarsi liberi di esprimersi. Sono già in programma delle ini-ziative che mettano in mostra i

talenti che si sono già avvicinati a questa realtà? Certamente, abbiamo già iniziato a programmare una serie di iniziative.C’è da dire che il nostro compito è innanzitutto quello di “scovare” i talenti.Per questo abbiamo già aperto un bando di concorso che si intitola “Metti in vetrina il tuo talento” dal tema “In bici si può…”. È la prima iniziativa organizzata in collaborazione con l’associazione sportiva “Bici Club Ostuni”.Il bando è a disposizione su questo numero del giornale e su www.piazzavittoria.net.

Ciclostyle e Piazzavittoria.net. Possiamo considerare questi due progetti editoriali il valore aggiunto? Il valore aggiunto è senza dubbio la passione dei ragazzi che si sono affi ancati al progetto associativo.

Senza di loro niente sarebbe possibile.Quale il futuro di Ciclostyle?Fin da questo primo numero, a cui abbiamo lavorato per mesi, possiamo dire di aver off erto al lettore la maggior parte degli elementi che caratterizzeranno la nostra scommessa editoriale. L’idea è quella di essere la vetrina per i talenti, uno spazio di approfondimento, un modo per confrontarsi sui problemi della città. Il fumetto, nato

dall’idea di Massimiliano Gatti, è poi il completamento di tutto il progetto editoriale. Le idee sono ancora tante e speriamo di poter contare sull’aiuto e l’appoggio di nuovi as-sociati, sul sostegno economico degli imprenditori.Se poi questo aiuto dovesse arrivare dai nostri amministratori vorrebbe dire che oltre alle belle parole spese in campagna elettorale, qualcuno scommette davvero sui giovani.Ma questa è un’altra storia.

In foto Tania Ruggiero, San Vito dei Normanni, 33 anni. Tania è una delle banconiste del Bar Liberty di Brindisi. Foto di Luca Montemurro. Fotoritocco di Virginia Frigione (AFI).

L'Associazione Vetrine Inedite è orgogliosa di realizzare e presentare un progetto editoriale senza precedenti, un nuovo modo di concepire

il fumetto. L'obiettivo è ambizioso: portare al grande pubblico un albo bello ed interessante, dove la realtà delle cronache quotidiane si intreccia con la fantasia e con la cultura.Il nome è già un programma. Deux in francese signifi -ca due; due come la luce e l'ombra, come il bene ed il male, come il cielo e la terra. Questi, infatti sono i gran-di temi che il fumetto aff ronterà sulle pagine di questo magazine, fi nché si proporrà al grande mercato edito-riale come serie indipendente ed autonoma.Se potessimo accostare il fumetto ad un simbolo co-nosciuto, questo sarebbe il Tao; il cerchio diviso in due parti, una bianca ed una nera, che si compenetrano a vicenda.Le grandi fi losofi e non sono, però, gli unici temi tratta-ti. L'intera serie prende spunto da reali fatti di cronaca culturale e non - in questa prima uscita si fa riferimento al ritrovamento archeologico di una misteriosa cripta a Trani, notizia approfondita su queste stesse pagine, per poi svilupparsi in trame intricate ed inaspettati col-pi di scena, grazie alla scatenata vena dello sceneggia-tore Massimiliano Gatti.In questo numero di CycloStyle troverete le prime quattro tavole, la copertina del grande Pino Nardelli ed alcune novità che saranno approfondite nella prossi-ma uscita.

Il fumetto, nato dall’idea diMassimiliano Gatti, è poi ilcompletamento di tutto ilprogetto editoriale

'DEUX'.IL FUMETTODIVENTACULTURA.

CICLOSTYLE - STORIE DI COPERTINAdi REDAZIONE > [email protected]

www.piazzavittoria.net | [email protected] numero0 | DICEMBRE 2009 | pag5

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VITA IN CARCERE: UNA REALTÀCHE SPACCAIN DUE L’ITALIA

Testimonianzadi un ex detenuto

mesagnese:“Tutto al nord,

troppo poco al sud”

“Che schifo di città”. Quante volte abbiamo pronun-ciato questa frase? Ci sono delle situazioni, nella nostra Brindisi, dove davvero non puoi fare nul-

la. Alzi le mani e pensi che rassegnarsi conviene più che combattere o ribellarsi. Talvolta ti devi arrendere davanti alla burocrazia, agli uffi ci che non funziona-no, davanti ad un commerciante scortese (capita la giornata no!), a code interminabili nel traffi co (c’è chi prende la macchina perfi no per girare l’angolo) e a ore consumate nell’aff annosa e speranzosa ricerca di parcheggio (e pure a pagamento!). Ma c’è anche una strana tendenza: criticare senza poi fare nulla affi nché le cose vadano verso un’altra direzione. L’associazione Vetrine Inedite è un contenitore di talenti, di persone disperate e consapevoli della realtà ma pronte a fare qualcosa. È per questo, dopo aver accolto la testimo-nianza di questo ex detenuto mesagnese, che abbia-mo deciso di presentare un progetto in collaborazione con l’associazione culturale MA.Dì.MA.Il progetto, già consegnato alla direzione della casa circondariale, prevede la realizzazione di un numero del nostro magazine con i detenuti e l’attivazione di un laboratorio teatrale.Speriamo di potervi dare importanti aggiornamenti nel prossimo numero di CicloStyle.

LA NOSTRA IDEA

“Al nord - racconta - c’era un clima com-pletamente diverso da quello che ho poi riscontato al sud. La vita in carcere ci pone-va di fronte una serie di proposte di attività risocializzanti. Il detenuto poteva scegliere di proseguire il percorso di studi, o poteva scegliere le attività ricreative che riteneva più idonee alle sue caratteristiche. È giusto pagare quando si commettono degli errori ma, come lo stesso ordinamento peniten-ziale prevede, il detenuto deve impegnarsi in attività risocializzanti affi nché ci possa essere il suo recupero e il suo reinserimen-to nella società. Al Nord ho trovato l’atten-

zione giusta che mi ha consentito un vero percorso di ravvedimento. Mi sono impe-gnato in attività sportive e no, ho imparato a lavorare la terracotta e ho perfi no inizia-to un corso di volontariato nella forestale. Qui in Puglia tornai nel 2001 per un tempo limitato, per il processo. Passavo tutta la giornata in cella a giocare a carte e a parla-re del nulla. Dal punto di vista strutturale il carcere di Brindisi è più confortevole delle altre carceri in cui sono stato ma il troppo tempo libero è la vera condanna. I detenuti escono senza dubbio più incattiviti perché vivono dell’ozio del non far nulla pensando e progettando un domani fuori che con ogni probabilità li porterà di nuovo ad es-sere reclusi. Alcune volte, anche le cose più semplici, possono essere atroci crudel-tà per i detenuti. I gesti, gli atteggiamenti, le parole di tutti i protagonisti del recupero di un detenuto hanno poi una importanza notevole, per esempio. È per questo che bisogna che la società intera attivi tutti i meccanismi necessari affi nché il carcere non sia una città nella città ma parte della città. È giusto pagare quando si commet-tono degli errori ma nella pena bisogna ga-rantire l’espressione dei lati migliori della personalità di ognuno garantendo, così, dignità anche nella reclusione”.

RASSEGNA STANCA - L’ALTRA FACCIA DELLA VERITÀRASSEGNA STANCA - L’ALTRA FACCIA DELLA VERITÀdi SERENA PASSARELLI > [email protected]

Detenuti ed ex detenuti e le loro qua-si inesistenti prospettive: troppe al nord, troppo poche al sud. È con

questo appello confi dato sottovoce - ma che dovrebbe spaccare i timpani di coloro che siedono sulle poltrone che contano - che ini-zia il racconto di un giovanissimo ex detenu-to mesagnese. Marco, nome di fantasia, ha oggi 41 anni.“Un ragazzo rispettato e un lavoratore degno di stima”, come lui stesso, con orgoglio, si de-scrive. Marco viene travolto dal vortice nero a soli 27 anni: sbaglia e poi sbaglia ancora.Cade e ricade. E arriva il momento di pagare “il debito con se stessi prima ancora con la società”. Per Marco la pena detentiva non è una scommessa che si vince in ogni caso.La considera piuttosto un gioco di numeri che lo porta ad essere uno tra i duecento, su mille detenuti, che si salvano. Trova in sé stesso la forza di cambiare e il suo recupero è per lui cosa certa. E che lo sia anche per concittadini e parenti, importa per quello che basta. Sa che oggi può guardarsi allo specchio fi ero per l’uomo che è ritornato ad essere e il resto non conta, nemmeno quello che si è detto e che forse si dice in giro sulla sua vicenda giudiziaria. “Se l’abito non fa il monaco, certamente nemmeno la fedina pe-nale può raccontare una persona”, aff erma. Ha negli occhi la certezza di una esperienza detentiva che lo ha cambiato e che lo ha con-vinto a ritrovare quel giovane di 27 anni pie-no di sogni e di speranze. Una parentesi che lo ha visto essere ospite di diverse case cir-

condariali al nord, prima di tornare nella ter-ra del sole, ospite del carcere di Lecce prima, di Brindisi poi. Le diff erenti città dei detenuti che lo hanno ospitato, si spaccano in due: ha trovato tutto al nord, quasi niente al sud. Il suo periodo nero ha inizio nel 1997 con un problema fi sico che gli rovina la giornata prima, la vita poi. Uno scambio di referti me-dici gli fa credere di essere malato al punto da non poter fare niente: il suo contributo a questa vita volge al termine, secondo i medici. In realtà è aff etto da una epatite che verrà riscontrata proprio in carcere.La vita che fi nisce, senza che lui conosca un solo motivo giusto perché vada così e dunque sentendosi ingiustamente punito, lo convince che la restante non merita di essere vissuta degnamente. È vcosì che di giorno è il bravo ragazzo di sempre, che frequenta gli stessi bravi amici. Di notte però si fa trasportare nel buio di una vita che oggi non rim-piange. Più di 90 milioni di vecchie lire, frutto di lavoro e di risparmio, sono andati via e, a quel punto, quando la vita ha già emesso la sua dura sen-tenza, non ha senso più essere il la-voratore degno di stima che sempre era stato. Una tormentata parentesi di vita nella illegalità lo porta ad es-sere recluso nel 1997. La sua espe-rienza detentiva si consuma in diverse case circondariali del nord Italia ma che preferisce non nomi-nare per tutelare la sua privacy.

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In foto Gabriele Morleo, mesagnese, 25 anni.

pag6 | DICEMBRE 2009 | numero0 www.piazzavittoria.net | [email protected] www.piazzavittoria.net | [email protected] numero0 | DICEMBRE 2009 | pag7

foto

di:

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RADICI QUADRATEa cura di > [email protected]

vetr ine ined ite

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Il carcere giudiziario di via Appia fu consegnato dal Genio Civile, titolare del progetto, al direttore della casa circondariale Pietro Motolese il 12 agosto del

1937. La realizzazione seguì le indicazioni introdotte nel nuovo “Regolamento per gli Istituti di prevenzione e di pena”, approvato nel 1931 come fedele traduzione dell’ideologia fascista nel set tore penitenziario, rimasto in vigore sino al 1975. I nuovi criteri prevedevano, tra l’altro, la suddivisione dei detenuti in diverse categorie e reparti, come anche l’isolamento continuo di chi era in attesa di giudizio e l’obbligo di lavoro diurno per i già condannati. L’istituto, progettato per poter contenere complessivamente duecento detenuti, doveva essere realizzato in una zona isolata dal centro abitato, circondata da un’area di rispetto larga 30 metri ove non potevano sorgere abitazioni con un’altezza superiore ai due piani per evitare di guardare all’interno del cortile del carcere. Il 31 agosto del 1937 furono trasferiti nella parte già costruita i detenuti dal vecchio carcere annesso alle Scuole Pie, ritenuto inadeguato per i locali troppo umidi e privi di aria. Difatti buona parte del pianterreno dell’ex collegio degli scolopi, su via Giovanni Tarantini, dopo la metà dell’800 ebbe funzioni di carcere mandamentale.La presenza delle grate ad alcune fi nestre del piano terra, ancora visibili sino a qualche anno fa, ricordava ai passanti il triste utilizzo del complesso, ricordato dai più anziani come “carcere vecchio”.Nel 1938 furono appaltati ulteriori lavori di com-pletamento alla struttura di Via Appia, opere che dalla fi ne del 1939 al ‘41 subirono forti rallentamenti per le diffi coltà di approvvigionamento di cemento e ferro causate dal confl itto mondiale in atto, tanto da richiedere l’utilizzo di altre strutture per confi namento degli arrestati. Pertanto nel maggio del 1944 le reverende suore Francescane Missionarie d’Egitto ricevettero l’ordine di sgom-brare la casa dell’asilo infantile comunale sito in via Vinci, una

delle ultime traverse di via Lata, che si aff acciava anche su via del mare. Esigenze di guerra fecero mutare quel luogo in carcere giudiziario.Qui venivano reclusi anche “li zumpisti” catturati dalla Police inglese, ovvero coloro che saltavano sui camion militari di passaggio per rubare i sacchi delle provviste o di altro materiale da rivendere alla “borsa nera”. Alla fi ne del confl itto il fabbricato fu dismesso ed occupato abusivamente da più nuclei famigliari.Solo negli anni ’70 fu sgomberato e successivamente demolito per far spazio ad un parcheggio ad oggi non ancora realizzato. Infatti oggi di quell’edifi cio, consacrato da Monsignor Valeri nel gennaio del 1935, non rimane nulla. In precedenza altri stabili furono destinati alla reclusione dei detenuti nonostante avessero desti-nazioni d’uso originarie completamente diff erenti.Durante il periodo risorgimentale i vani sui due lati della Torre dell’Orologio, in piazza Sedile, furono utilizzati come carceri distrettuali: negli ambienti a piano terra sul lato dell’attuale via Rubini vi erano le carceri femminili, mentre sull’ala di piazza Sedile vi erano le celle per gli uomini. Le fi nestre quadrate “protette da grosse spranghe” erano comunque basse e permettevano di scorgere i prigionieri rinchiusi all’interno, che così potevano anche scam-biare qualche parola con i propri famigliari. Qui vennero rinchiusi molti patrioti citta-dini, tra cui Camillo Monaco di Oria, che nel 1853, già a domicilio forzato nel capoluogo per aver organizzato una sommossa, fu accusato di non aver esultato per l’inno

borbonico. Nelle segrete del Castello Alfonsino e di Forte a Mare già dal ‘700 sono stati detenuti molti condannati per reati politici come i sospetti cospiratori della politica dei Borboni, e successivamente anche i “presidiari”, ovvero i reclusi per omicidio. Questi ultimi andavano vestiti di giallo, senza catene, ed erano custoditi da una guarnigione di militari alloggiati con le proprie famiglie all’interno del Forte. Il Castello Svevo nel 1814 fu trasformato in bagno penale sotto il regno di Gioacchino Murat ed utilizzato a tale scopo sino al 1908, quando dal Ministero di Grazia e Giustizia il maniero passò alla Marina Militare. Le cronache raccontano che nel 1835 vi erano reclusi 250 forzati mentre nel 1879 si contavano più di 800 galeotti, occupati principalmente nei lavori di escavazione del porto.Le condizioni dei condannati erano al limite della sopravvivenza, alcuni morivano per stenti e venivano semplicemente interrati nel fossato del castello, senza il diritto di una degna sepoltura.

Il “Regolamento per gli Istituti di prevenzione e pena” stabiliva che “Gli istituti dovevano essere realizzati in una zona isolata dal centro abitato, circondata da

un’area di rispetto larga 30 metri ove non potevano sor-gere abitazioni con un’altezza superiore ai due piani per evitare di guardare all’interno del cortile del carcere”.Forse all’inizio era così, in quanto la zona in cui ora si trova il carcere di Brindisi era disabitata, era campagna.Ma oggi, per la posizione attuale è un carcere che non risponde più ai requisiti stabiliti dal Regolamento: è cir-condato da palazzi di oltre due piani; dalle fi nestre si può vedere tutto quello che succede all’interno del carcere; un depravato, con un cannocchiale, può spiare sia i de-tenuti che gli agenti persino nell’intimità! Mancano del tutto gli spazi di “vita”: attività, lavoro, studio, svago!Un altro aspetto negativo è lo spettacolo che si presenta agli occhi dei passanti di via Appia il giorno dei colloqui. Sul marciapiede, in attesa dell’ingresso, una folla di per-sone: sono mogli, madri, sorelle, fi gli, bambini innocenti, che anche se fi sicamente sono fuori dal carcere, tutta-via nel carcere hanno il cuore, scontano ugualmente la pena, una pena durissima, forse più dura di chi sta den-tro.Si trovano lì, magari dopo aver aff rontato un viaggio massacrante, alla vista di tutti con il loro bagaglio di soff erenze e di buste che contengono quel poco che è permesso portare.Io l’ho chiamato il “marciapiede della vergogna”!(leggi tutto il testo sul portale di informazione: www.piazzavittoria.net).

Novembre 2009.Testimonianza di Padre Giovanni,cappellano del carcere di Brindisi

Nulla mi ha colpito il cuore come percorrere le corsie e le sale di questa

fortezza, sempre accompagnato dal rumore di ferraglie.

I settecento forzati vi vanno e vengono intesi ai loro lavori.

Sono vestiti di camiciotti bruni e coperti, secondo il grado della loro

pena, da un berretto rosso e verde.

Tutti trascinano la gamba, gravata dal peso di quella barbara catena

che parte dalla nostra cintura e fi nisce in un anello ribadito intorno alla

caviglia. Camminando con quel passo pesante, nessuno fa rumore, ma

tutti quei piccoli urti di ferro contro ferro, sommandosi, formano una

specie di grande rumore metallico, e l’intera fortezza ne vibra.

E’ una cosa indistinta, misteriosa, sinistra [...] l’eco del castello ascolta

questo tragico concerto d’espiazione salire verso l’immobile cielo, a ogni

movimento di questi disgraziati. Sui loro volti non si legge l’affanno

angoscioso e furioso, ma l’ebetismo davanti all’irrimediabile destino.

Queste facce di schiavi, non illuminati da alcun raggio di speranza, non

lasciano traspirar traccia alcuna di segreta, selvaggia rivolta.

Ma il loro destino, per quanto rassegnato, è pur sempre là, immutabile.

La visione di queste esistenze racchiuse per sempre nel bagno penale,

è più penosa che altrove in questo paese di partenze. [...]

Per sopportare questo spettacolo di vinta umiltà, bisogna ricordarsi

che c’è del sangue su quelle mani che alzano il berretto per salutare lo

straniero [...] il lavoro è relativamente dolce nei vasti laboratori areati.

Si sa che un’intelligentissima direzione applica, alternandoli, questi

condannati alla coltivazione delle terre, che la città, in altri tempi infestata

dalle febbri, è, in tal modo, diventata abitabile”.

Novembre 1890. Testimonianza del saggista francese

Paul Bourget

Il rumore metallico dei ferri trascinati dai forzati che risuonava sinistro nel silenzio di una città all’epoca quasi del tutto deserta (la popolazione

nel 1835 era di soli 7.504 abitanti, dei quali 3.417 maschi e 4.087 donne), ha impressionato l’imma-ginario di illustri visitatori che hanno trasmesso nei loro scritti la descrizione macabra di tale sensazione. Le principali testimonianze sono quelle del pittore e poeta scozzese Craufurd Tait Ramage del 1828 e dell’archeologo Leon Palustre de Montifaut del 1867, ma vogliamo riportare quasi integralmente i testi dello scrittore e saggista francese Paul Bourget, in visita a Brindisi il 19 novembre del 1890:

RADICI QUADRATEdi GIOVANNI MEMBOLA > [email protected]

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• doposcuola• incontri culturali e seminari• corsi e lezioni

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pag8 | DICEMBRE 2009 | numero0 www.piazzavittoria.net | [email protected] www.piazzavittoria.net | [email protected] numero0 | DICEMBRE 2009 | pag9

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BRINDISI / Via San G. Bosco, 40 /

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Gli incontri si tengono il

Mercoledì ore 15:00; gli altri giorni su appuntamento.

Non è soloquestione di centimetri

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Gruppo di autoaiutofi nalizzato al vivere sano

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SCOMUNICANDOdi LUCIANO BARBUTI > [email protected]

SCOMUNICANDOdi MAURA GATTI > [email protected]

C’era una volta il far west in località Sbitri. Tutto ebbe inizio circa venti anni fa, più o meno.Lamiera dopo lamiera, recinto dopo recinto, barac-

ca dopo baracca, a nord nella nostra costa nacque un bel villaggio. Pezzi di legno, qualche mattone e tanta lamiera: sembrava proprio un villaggio del vecchio far west.E tutti a Brindisi lo conoscevano così.“Mi sono fatto la casa al far west”, si diceva con orgoglio. Cittadini felici di avere la “casa” di villeggiatura proprio da-vanti al mare, davanti ad uno splendido pezzo di mare blu e sabbia fi ne.E si vedevano correre ragazzini e verande piene di gente e teglie di lasagne…Uno spettacolo che chiunque, passando in auto, poteva gu-stare. Una “città” nata quasi dal nulla e negli anni divenuta sempre più grande. E negli anni, dalle lamiere si era passati ai mattoni. E dai recinti, ai muretti.

Ma tutto era abusivo, nient’altro che abusivo. C’era di tutto, al far west, ma era tutto illegale. E cosi un giorno si decise per la giusta de-molizione. Era una bruttura, per la nostra costa, che si intendeva svi-luppare turisticamente. Le ruspe si sono date da fare, alla presenza di polizia, carabinieri, vigili urbani e politici.La compostezza e l’educazione degli ex abitanti del far west, è stata quasi uno schiaff o morale a tanto polverone alzato.“Quest’area sarà restituita alla costa”, ci illusero. E poi sorsero un mucchio di diffi coltà burocratiche che con-clusero solo che bisognava mettere in sicurezza e insac-chettare tutto l’ethernit e l’amianto che, in quel villaggio, si usava in abbondanza.Prima delle elezione, sui giornali, il Sindaco puntò il dito con-tro la Provincia e la Regione dando un ultimatum di 30 gior-

ni. Durante le elezioni, ad ultimatum scaduto, si disse che la città avrebbe provveduto da sé e poi, se mai, si sarebbe rivalsa contro chi di competenza.E furono stanziati 80 mila euro per lo sgombero delle ma-cerie. Dalle elezioni sono passati sei mesi. La scorsa estate è stata risistemata la recinzione dell’intera area con un telo che potesse non far vedere lo scempio delle macerie abban-donate. Ma tutto è li, nel silenzio di altri mesi trascorsi.Anni che trascorreranno?C’era una volta il far west.C’era una volta e forse ancora oggi c’è, la nostra costa, il no-stro far west.

Miti e leggende aff ascinano gli uomini sin dai tempi antichi ma ad aff ascinare i pugliesi in particolare, scavi e racconti che comprovereb-

bero, in qualche modo, il fatto che la terra del sole sia stata teatro di scontro tra: vampiri con residenza a Trani e licantropi con residenza a Brindisi.Malgrado l’avanzamento inesorabile della nuova tecno-logia, che tutto spiega e nulla lascia alle ipotesi, i misteri ancora ci fanno correre un brivido lungo la schiena. Molti conoscono le più diverse storie fantastiche legate alla terra pugliese ma, forse, non tutti sanno che, proprio la terra del sole, del mare e del vento, nasconde un primato in fatto di leggende. TRANI - Qualche anno fa è stata scoperta una tomba mol-to particolare che fa entrare l’Italia di diritto nelle terre abitate dai Vampiri. Gli scavi erano stati condotti dall’ar-cheologa Ada Ricciardi nel 2001 ma la sorprendente no-

tizia è stata rivelata solo nel marzo del 2002, perché ciò che si è presentato davanti agli occhi degli archeologi e antropologi era davvero fuori da ogni logica. Ci troviamo a Capo Colonna, piccola penisola di Trani dove, già negli anni ‘70, erano stati eff ettuati degli scavi e scoperti re-perti di epoca micenea e tardo-ellenica, anche se, stra-namente, questi reperti non sono mai stati resi noti né pubblicati. Gli ultimi scavi, ripresi in una zona adiacente, portarono alla luce strutture di ambienti. La particola-rità fu subito visibile: le mura esterne erano costituite da lastroni piantati in verticale nel terreno, tecnica mai attestata precedentemente per l’epoca a cui risalgono. Nei frammenti riaffi orati si notava un disegno altrettan-to particolare: un bipede con un’enorme cresta e una coda da rettile. Gli archeologi fanno risalire la struttura e i reperti intorno alla fi ne del IX o all’inizio dell’VIII secolo avanti Cristo. Tutto fa pensare che il luogo

VAMPIRICONTROLICANTROPI

Abbiamo intervistato un profondo conoscitore della storia di Brindisi nonché delle famiglie che vi abitano da generazioni.

Fabio, lo chiameremo così per questioni di privacy, ci ha fornito molte informazioni e racconti sulla leggenda dei licantropi nelle terre pugliesi.Lei conosce molti racconti a proposito dei licantropi, come ne è venuto a conoscenza?Il lavoro mi porta a conoscere molte persone e in qua-rant’anni ho avuto occasione di ascoltare diverse storie riguardanti i licantropi.Ce ne può raccontare qualcuna?Si racconta che al Casale, cinquanta anni fa, vivesse una famiglia tra le più antiche di Brindisi e molto rinomata, sulla quale circolavano delle voci a proposito di fenomeni di licantropismo. Tutti sospettavano che qualcuno appartente al casato fosse aff etto da licantropismo perché si sentivano rumori e ululati durante le fasi di luna piena. Alcuni ragazzi, una sera, stavano giocando vicino a un capannone dismesso. All’improvviso sentirono un rumore e videro un’ombra poco lontano. Pensando ad un animale mossero qual-che passo per controllare e si trovarono di fronte ad una creatura che, velocemente, si arrampicò su un albero vicino. I ragazzi scapparono terrorizzati e, nel descrivere quello che avevano visto, dissero che non si trattava di un animale ma di un uomo piuttosto peloso che correva carponi ad una velocità incredibile.Molti non gli credettero, altri invece ebbero la conferma dei tanti sospetti che circolavano riguardo ai licantropi. Un’altra storia riguarda una famiglia che abitava in una villetta. Molti vicini sentivano ululare durante la notte e molta gente cominciò a parlare e ad additare la famiglia come discendente dei licantropi. Una sera, non potendone più degli ululati, la moglie

L'INTERVISTA

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La Puglia teatro di scontro, di lotta e di

aff ascinanti racconti.Trani e Brindisi

terre di residenza delle creature

della notte

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ILNOSTRO

FARWEST

Località Sbitri:cambia tutto,il degrado resta.Un litoraleda serie "Z"

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fosse adibito a rituali. Ma la scoperta più scioccante sono state le due tombe rinvenute una all’interno dell’edifi cio e una al suo esterno.In quest’ultima è stato trovato un uomo in una po-sizione inginocchiata, con addosso una lastra di pietra, esattamente come nella tomba all’interno, tre uomini seppelliti con una lastra sulla schiena. Il primo è un uomo sulla quarantina, gli altri sono due adulti tra i venti e i quarant’anni e un ragazzo di quindici. All’interno della tomba non sono stati trovati ornamenti o corredo funebre di alcun tipo, il ché fa pensare a persone escluse dalla società. Strano che fossero seppelliti e non gettati altrove senza sepoltura, com’era usanza dell’epoca. Oltre alla lastra sulla schiena le tombe furono interrate e ricoperte da un ulteriore lastrone di pietra. Evi-dente è la speranza che, con una sepoltura simile, i defunti non tornassero più in vita. E ovvio è stato il collegamento con le uniche fi gure mitologiche in grado di tornare dal regno dei morti: i vampiri. Altra stranissima coincidenza è che proprio a Trani è stato redatto uno dei primi trattati del mondo sui vampiri. Autore della “Disserzione sopra i Vampiri” è niente meno che l’arcivescovo di Trani, Giuseppe Davanza-ti (1665/1755), un resoconto completo sul fenome-no del vampirismo in tutte le sue forme. Ovviamente non ci possono essere vampiri se non ci sono anche i loro nemici giurati: i licantropi.BRINDISI - Prima di perderci nelle leggende legate a Brindisi è bene fare una piccola precisazione. I lican-tropi sono uomini-lupo dalla nascita a diff erenza dei lupi mannari, che lo diventano a causa del morso di un licantropo. In Puglia i nomignoli dati ai licantropi sono molteplici: lupomini in gergo meridionale, lupi-nari in salentino, e così via. Si narra che a Brindisi, nell’immediato dopoguerra, ci fossero delle famiglie considerate “strane”. Gli uomini erano descritti con una certa cura: tratti del viso marcati, peluria folta su tutto il corpo, mani grandi e unghie scure, riservati, maniacali, solitari e sorprendentemente intelligenti. Gli anziani raccontano che tutti li conoscevano e sospettavano cosa si nascondesse dietro alla loro riservatezza ma che, non avendo mai fatto del male alla gente di città, se ne tenevano alla larga con molto rispetto e timore. Chi abitava in campagna ricordava gli ululati spettrali che riempivano il cielo nelle notti di luna piena. Ma non c’era mai stata paura perché, a diff erenza dei racconti classici, i licantropi ricono-scevano gli abitanti e cercavano di non nuocere loro. Alcuni li hanno addirittura defi niti “protettori” della città. Una signora di ottantacinque anni racconta il suo incontro con un licantropo avvenuto nel lontano 1949. Stava correndo per le strade di Brindisi di not-te, diretta a casa del dottore perché la sorella aveva la febbre molto alta, il padre era fuori città, la madre accudiva l’invalida e lei, sorella maggiore, aveva l’ob-bligo di cercare aiuto. Ecco il suo racconto:"Era dicembre e faceva molto freddo. Io avevo paura perché le signorine non dovevano girare da sole per

strada. Noi non avevamo il telefono perciò l’unico modo per parlare con il dottore era recarsi presso la sua abita-zione. Mentre correvo mi sono ritrovata ad un incrocio. Ho aspettato un minuto, non mi ricordavo la via, e all’im-provviso ho visto un animale enorme venirmi incontro. Sembrava un cane, solo molto più grosso.Aveva gli occhi scuri e ringhiava forte. Mi sono spaven-tata tanto da non riuscire più a muovermi. Poi mi sono ricordata le parole della nonna, diceva sempre che gli incroci sono una croce segnata a terra, e lì si chiamano i morti. Nessuno ti fa del male quando ti trovi agli incroci.Non mi sono mossa. Il lupo si è avvicinato, mi ha guarda-to dritto negli occhi, come se sapesse chi ero.

Sembrava uno sguardo umano. Ha ululato e se ne an-dato.Io sono corsa dal dottore e, quando sono tornata a casa, ho raccontato tutto alla nonna.Lei non sembrava sorpresa, mi disse solo che, di quelle crea ture, non c’era d’aver paura”.Questa è una delle tante testimonianze di incontro con un animale che ricorda il Licantropo della leggenda.Che siano esistiti i vampiri o i licantropi non ha impor-tanza. Ad un bel racconto non si rinuncia mai, che ci si creda oppure no. E chi volesse saperne di più può fare una bella gita a Trani, o sedersi accanto ai nonni e farsi raccontare delle storie che sicuramente saranno intri-ganti e magiche!

SCOMUNICANDOdi MAURA GATTI > [email protected]

Nella foto a lato i protagonisti del fi lm Twilight diretto da Catherine Hardwick e sceneggiato da Melissa Rosenberg.

Twilight è un adattamento cinematografi co del 2008, del romanzo omonimo di Stephenie Meyer del 2005.Il fi lm ha ottenuto il quattordicesimo posto nei mag-giori incassi nel primo giorno di proiezione ed ha ot-tenuto un incasso internazionale pari a 280 milioni di euro circa. Al centro del fi lm l’amore di un’adolescente per un vampiro. Da poche settimane la seconda pelli-cola della saga “Twilight” intitolata "New Moon" ha fat-to letteralmente impazzire l’esercito di “vampirofi li”.I personaggi del fi lm, già noti al pubblico per il successo della prima pellicola, si sono riconfermati

straordinari protagonisti di un aff ascinante lavoro cinematografi co, diventando a tutti gli eff etti, veri e propri idoli per migliaia di ragazzi in tutto il mondo.

dal 1995un tuff o nel passato,navigando verso il futuro

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del presunto licantropo salì sul balcone per far rientrare il marito, ma l’uomo, non essendo cosciente, la spinse giù e la donna morì sul colpo.Lei che idea si è fatta su queste creature?Penso che non si tratti di veri e propri licantropi, ma di persone aff ette da una malattia che li porta a comportarsi in un certo modo. In fondo in psicologia sono stati descritti casi simili.La cosa che mi sorprende è la quantità di storie che registra Brindisi a questo proposito.Sembra che qui vi sia stata un’alta concentrazione di episodi simili tra gli anni ’50 e gli anni ’70.Lei ha mai visto un licantropo? Personalmente no. Ma conosco degli amici che vent’anni fa si presero un bello spavento in zona Cappuccini.Stavano camminando quando da una traversa sbucò un uomo che camminava accovacciato.Si muoveva con un’agilità innaturale. Loro corsero subito via. Molte famiglie a Brindisi si dice avessero casi di licantropismo in casa. Quand’ero piccolo io ne conoscevo alcuni, in particolare un signore al casale.Tutti sentivamo gli ululati la notte.Com’erano fi sicamente queste persone? Corpulente, molto pelose e con delle unghie lunghe marroni. Avevano dei tratti del viso marcati.Facevano un po’ impressione! Recentemente le è capitato di sentire di avvistamenti simili?Sono più di vent’anni che non sento più persone parlare di licantropi. Anni fa si era molto più superstiziosi e non si avevano le conoscenze che si hanno adesso.Ha mai sentito storie sui vampiri?A Brindisi? No. Mai sentito storie sui vampiri, il ché è molto strano dato che abbiamo leggende su folletti, fantasmi oltre che sui licantropi.So che se ne parla a Trani, ma a Brindisi non c’è mai stato un episodio che si possa ricollegare al vampirismo. Maura Gatti

L'INTERVISTA

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In foto Stefano Magrì (licantropo), mesagne-se, 21 anni e Gabriele Quaranta (vampiro),

mesagnese, 22 anni.

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Eccoci alla prima uscita di "Deux", il fumetto forte-mente voluto da Vetrine Inedite e realizzato in col-laborazione con l’associazione culturale Ma.Dì.Ma.

Ogni mese, si alterneranno artisti della china, inediti e non, per off rirci emozioni in bianco e nero. Quattro tavole per au-tore, un contributo importante per spaziare tra gli stili e le

passioni di ogni singolo artista e per aff ondare i canini nel gotico mondo di Deux. Conosciamo l’artista che ha diseg-nato le prime quattro tavole.Identità (nome, cognome, età)Luca Bempensante, 35 anni. Identità segreta (nick, pseudonimo artistico o altro)?

Attualmente “Dexter”, un collega di un corso di grafi ca notava una somiglianza fi sica…Parlaci di te: come sei, com’eri, come pensi, che sarai?Ero e sono un viaggiatore dentro. Amo sentirmi “senza casa”, ma anche avere una casa dove poter tornare.Il mio desiderio è quello di avere una professione che sia versatile e adattabile ad ogni eventuale spostamento geografi co: per questo ho scelto di essere disegnatore e, attualmente, mi occupo anche di grafi ca.Quando si è bambini, si sogna di fare il calciatore, l’astronauta, il pompiere.

LUCA BEMPENSANTE,IL RITRATTO DI UN FUMETTISTA.

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Titolo del fumetto: DeuxCopertina di: Pino Nardelli

Titolo delle tavole: Aube noireAutore delle tavole: Luca Bempensante

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Cosa ti ha portato a voler diventare fu-mettista?A dir la verità è stata una scelta fatta in un momentaccio. All’età di ventuno anni mi sono trovato a sentirmi smarrito e a non sapere che fare del mio futuro.Così ho pensato di guardare e cercare nel passato.Ho ricordato di aver sempre disegnato, fi n dalle elementari e mi son detto: “perché non posso farne una professione?”Quali sono gli autori o i personaggi che hanno folgorato la tua vita artistica?Ho adorato Pratt, soprattutto per la caratterizzazione dei

suoi personaggi. Ovviamente il grande Pazienza di cui ho divorato le storie stralunate, e Lorenzo Mattotti che mi fa sentire e gustare l’atmosfera “popolare” in ogni sua storia.Se potessi fumettare un capolavoro del cinema, della musica, della letteratura o altro, cosa sceglieresti?E come lo faresti?Penso che farei una versione illustrata del “Maestro e Margherita” di Bulgakov, magari mettendo mano ai colori a pastello e sperimentando tecniche miste (stoff e, foglia d’oro, acrilici, e così via).Sappiamo che nella tua vita hai vissuto per un periodo in

un posto fantastico.Sì, la Nuova Zelanda. Una cosa curiosa è che ho vissuto per tre mesi praticamente spesato di tutto, in diversi ostelli che lì si chiamano backpackers e sono in genere molto più fi chi dei nostri.Facevo murales a tema libero e qualche volta sponsorizzando bungee jumping e altre attività del luogo.Ho trovato una buona risposta anche quando facevo acquerelli per strada, visto che per le espressioni artistiche il terreno è vergine e i posti danno una buona ispirazione. Per sei mesi ho vissuto praticamente di acquerelli.

Ah, un’altra cosa curiosa è che è molto facile scambiarsi la “merce” sotto forma di baratto.Mi è capitato di ricevere in cambio di miei lavori ospitalità (una notte in un piccolo residence) e off erte d'altro tipo. Inoltre, è uso comune, vendere quadri nei caff è e nei ristoranti (io per esempio ho venduto tre quadri ad olio in un caff è), che li espongono sulle pareti. Insomma la professione dell’artista è un vero e proprio lasciapassare, tanto che anche quando mi sono azzardato a dipingere luoghi sacri per i Maori, anche loro mi hanno lasciato fare contenti che immortalassi quei luoghi e anzi mi hanno

commissionato un disegno che ritraeva la loro famiglia con una moltitudine di bambini e in cambio, manco a dirlo, mi hanno off erto di andare a raccogliere cozze sulla scogliera con loro e, ovviamente, di mangiarle insieme, come poi è stato.Sei cosciente del fatto che se, dopo aver letto questa intervista, metà della popolazione italiana migrerà in Nuova Zelanda, la responsabilità sarà tua?Ambasciator non porta pena. (ride)"Deux" è un progetto ambizioso portato avanti da due associazioni culturali, Vetrine Inedite e Ma.Dì.Ma., che da

semplice inserto, vogliono far diventare il fumetto una testata indipendente a tutti gli eff etti.Cosa ti ha spinto a collaborare?Mi piace l’idea che sia un progetto in nascita e che perciò non ci sono ancora schemi editoriali e stilistici troppo rigidi. E dato che per me questo è un po’ un rientro, la ritengo un’ottima palestra anche per testare idee e stili nuovi, mi piace inoltre la tattica dei “vasi comunicanti”, ossia un fumetto che sia legato anche ad altre forme di editoria.Come descriveresti i tuoi lavori?Dove si possono vedere?segue a pag 17 > segue a pag 18 >

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FOTOGRAFIA DI BASE Il corso spiega all’allievo cos’è la fotografi a e quali sono le fasi di ripresa atte a realizzare un’immagine tecnicamente perfetta. Viene inoltre studiata la macchina fotografi ca in tutte le sue parti e tutta l’accessorietà ad essa correlata.

SALA POSA Il corso approfondisce l’utilizzo della sala posa in tutta la sua strumentazione e le tecniche di ripresa nella fotografi a profes-sionale. Grazie alla presenza di truccatori e modelle e alla guida dell’insegnante, l’allievo avrà la possibilità di realizzare immagini di elevata qualità.

STILL LIFE Una delle più aff ascinanti espressioni della luce nel campo della fotografi a è lo still life. Il corso si impone di realizzare la ricerca delle ombre giuste e della perfezione delle forme e dei volumi attraverso la scelta delle luci, della migliore angolazione di ripresa e della più adatta ottica da utilizzare.

REPORTAGE Fare Reportage vuol dire raccontare una sto-ria attraverso le immagini e far provare a chi le osserva la sensazione di viverle. Durante il master vengono illustrate le tecniche per poter trasmettere le proprie sensazioni me-diante la fotografi a.

FOTORITOCCO L’avvento del digitale ha fatto sì che i diversi processi di postproduzione, che in passato erano svolti in camera oscura, potessero es-sere perfezionati, realizzando un prodotto di elevata creatività. L’allievo avrà la possibilità di acquisire le basi necessarie per poter svi-luppare le diverse tecniche del fotoritocco.

COMUNICAZIONE VISIVA Al di là delle conoscenze tecniche e delle doti artistiche un fotografo, per defi nirsi comple-to, deve sapersi confrontare con il mondo circostante, e capire quali sono le sue esi-genze. Il corso spiegherà come inserirsi nel mondo del lavoro e come cogliere il punto di vista richiesto.

UN PERCORSOFORMATIVOPENSATOPER IL SUD.

Intervista aVirginia Frigione:

“La mia esperienzaha dato vita a questa

scuola”.

Virginia Frigione, 29 anni, brindisina e titolare dell’AFI (Accademia Fotografi ca Italiana,

Ndr). L’unica scuola di fotografi a del sud nonché una realtà imprenditoriale promettente e una possibilità forma-tiva unica per i giovani talentuosi e aspiranti fotografi di Brindisi e non solo. Virginia è un giovanissimo talento made in Brindisi che, come spesso accade, pur di coltivare la sua passione ed affi nare i suoi studi ha dovuto fare le valigie e partire per Milano dove ha frequentato la Scuola di Fotografi a “John Kaverdash”, una delle strutture formative più attrezzate e complete del panorama nazionale. Ma, a farle onore, il fatto di essere tornata e di aver scommesso su questo territorio. Come nasce la tua passione verso la fotografi a?In famiglia ci sono già “pre-cedenti” (ride). Mi riferisco a mio cugino, Massimiliano Frigione, fotografo del quotidiano.A diciassette anni, ho scoperto la macchina fotografi ca grazie a un mio amico. A lui devo questo mio amore incondizionato verso questo mestiere.È stato diffi cile coltivare questa tua tendenza e assecondare le tue capacità?È stato diffi cile vivere lontano da casa, in una città molto diversa dalla nostra come Milano. Io sono stata molto fortunata perché ho avuto accanto i miei genitori che mi hanno sostenuta in questo mio progetto, sia dal punto di vista psicologico che economico. Non tutti i giovani, però, hanno le mie stesse possibilità. Ecco perché ho dato vita all’Afi . Ancora oggi vivo tra Brindisi e Milano dove mantengo delle collaborazioni. Ma il mio cuore è sempre qui, a Brindisi, dove spero di poter ritornare defi nitivamente.Parliamo dell’Accademia e di questa tua idea impren-ditoriale che si pone nel panorama brindisino come un'off erta formativa nuova e un’azienda promettente.

L’idea è stata quella di dare la possibilità a tutti quei giovani talenti che, per esigenze economiche, non possono coltivare le proprie tendenze al punto da attraversare tutta l’Italia come ho fatto io. Questo progetto nasce dalla voglia di far crescere la città e di off rire a tutto il sud, un prodotto qualitativamente molto alto dal punto di vista formativo.

Come si svolgono i corsi? Le lezioni sono concentrate e le classi sono a numero chiuso e questo consente un rapporto diretto con il docente che può anche seguire meglio il singolo a tutto vantaggio della formazione individuale. Ogni allievo sceglie se seguire uno o più corsi. Alla fi ne del percorso didattico viene consegnato un attestato di frequenza al corso di fotografi a professionale. Chi può frequentare l’Afi ?È una scuola molto pratica e può essere frequentata da chiunque purché l’allievo sia mosso da tanta passione e dedizione.Mancano poche settimane alla chiusura della seconda edizione del concorso organizzato dall’Afi che mette in palio una borsa di studio per il più talentuoso.Esattamente, le iscrizioni si chiudono il 20 dicembre. L’anno scorso, la brindisina Silvia Manigrasso si è aggiudicata que-sta possibilità. È stato molto diffi cile scegliere il vincitore.È per questo che consiglio a quanti hanno già partecipato alla prima edizione di inviare nuovamente i loro lavori.Il successo si costruisce con tanto lavoro. Tuttavia è fon-damentale il sostegno delle persone che abbiamo accan-to. C'è qualcuno che senti di ringraziare particolarmente? La mia famiglia, i miei amici e il mio fi danzato Francesco.Da quando è iniziata quest'avventura mi hanno sempre so-stenuto e mi han dato la forza di superare tutte le diffi coltà incontrate durante tutto il percorso fi no ad oggi; senza la loro forza non avrei mai potuto realizzare tutto questo.

A parte quelli nell’emisfero australe (di cui sto cercando di recuperare foto), ho un sito dove ho messo qualche illustrazione e qualche quadro, per ora è ancora acerbo, ma conto di aggiornarlo con fumetti ed altro.

Progetti per il prossimo futuro?Un fumetto su un soggetto che mi ha proposto la mia ragazza, dovrebbe essere rivolto agli adulti, ma con uno stile che ricorda i fumetti dell’infanzia.

SCOMUNICANDOdi REDAZIONE > [email protected]

[email protected]

0831.430605 / 331.4790258

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L'autoritratto di Luca Bempensante,

autore delle prime 4 tavole.

olorem ad modionse

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Arriva a Brindisi, dagli Stati Uniti, una soluzione contro la crisi: il crossing, una tendenza straniera che ridà lustro al buon vecchio baratto. "Di necessità virtù", recitava

un vecchio proverbio; ovvero, quando se ne ha bisogno è tutto buono. Ecco allora che in tempi di crisi, vere o presunte, si moltiplicano le trovate salva risparmi e si rispolverano le vecchie abitudini: quelle che permettevano ai nostri nonni di tirare avanti, nonostante le diffi coltà del dopoguerra. Una delle più diff use, arriva dagli Stati Uniti e si chiama "crossing", scambio o anche incrocio, dall'inglese; perché a noi italiani i termini stranieri, e soprattutto inglesi, fanno ancora un certo eff etto. All'interno del fenomeno crossing, il più famoso è forse il "book crossing", lo scambio gratuito di

libri nato all'incirca una quindicina di anni fa dalle esigenze di piccole associazioni che, dovendo risparmiare, si scambiavano gratuitamente libri ed altro materiale. Grazie a quel modo di appassionarsi alle soluzioni alternative, tipico degli americani, la cosa prese lentamente piede fi no a raggiungere livelli planetari anche grazie

alla complicità di internet. Oggi il book crossing coinvolge associazioni, pub, ristoranti, librerie, stazioni del treno, teatri, cinema, siti internet e milioni di persone in tutto il mondo. Partecipare è semplice: basta andare in uno qualunque dei luoghi che sposano l'iniziativa, lasciare i libri ai quali non si è più interessati, con la dicitura "questo libro partecipa al book crossing, quando hai fi nito di leggerlo rimettilo in circolo" e, se se ne trova uno interessante, la regola non cambia: prenderlo in prestito, leggerlo e rimetterlo in libertà. Da qualche anno il fenomeno si è diff uso anche da noi in Italia, faticando però ad evolversi, per l'innata diffi denza degli italiani verso l'usato, considerato 'da poveracci'. È solo da qualche mese che un piccolo bar romano ha fatto partire

l'iniziativa allestendo uno scaff ale dedicato al book crossing, ed è stato subito un successo: ogni giorno decine di persone scelgono il proprio libro, lo prendono in prestito e ne portano altri. Il fenomeno crossing, non si ferma però ai libri: tutto può essere scambiato.Esiste il "dress crossing", lo scambio degli abiti, il "toys crossing" che riguarda i giocattoli dell'infanzia ed il "cd crossing" per lo scambio di musica e fi lm.A Brindisi il "book crossing" è attivo già da un paio di anni nei locali dell'associazione Ma.Dì.Ma., in Via Ottaviano, che mette a disposizione dei propri associati una vasta raccolta di libri e fumetti, e all'interno del multisala Andromeda che dall'anno scorso ospita un ripiano dedicato allo scambio di libri. A ben guardare il crossing non è né nuovo, né originale: veniva praticato già da secoli da tutte quelle famiglie, italiane e non, che riutilizzavano gli indumenti dei fi gli maggiori per darli ai più piccoli. La diff erenza è che noi ci vergogniamo di ammettere quando un vestito o un paio di scarpe è stato riutilizzato; gli americani ne fanno una soluzione contro la crisi, e ne vanno fi eri.

SCOMUNICANDOdi MASSIMILIANO GATTI > [email protected]

SCOMUNICANDOdi PASQUALE STEFANIZZI > [email protected]

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A SCUOLAD'INNOVAZIONE

Primi passiverso la

modernizzazionedei metodi

didattici nelleaule brindisine

Recentemente impazza in Italia la polemica sulla scuola pubblica, in particolare sulla sua capacità di formazione, sugli obsoleti metodi didattici

ancora utilizzati e sul non corretto utilizzo delle moderne tecnologie. Ricorrono allora illustri esperti in talk show di intrattenimento per dire che la realtà della scuola è quella raccontata dai video pubblicati sul sito www.blog.scuolazoo.it. (mercifi cazione del corpo di giovani ragazze che, per copiare un compito o per riscuotere le attenzioni dei compagni di classe, sono disposte a mostrare i propri seni). Attenzione però a non confondere la “vecchiaia” della didattica con i fenomeni pubblicizzati, conseguenza invece, a parere del Ministro dell’istruzione Gelmini, della rarefazione dei valori di cui è causa, in primis, la disaggregazione della famiglia e, successivamente, l’incapacità della scuola di ascoltare i messaggi di disagio dei ragazzi. In verità, come più volte aff ermato da illustri studiosi quali l’americano Marc Prensky o il connazionale Antonio Calvani, la didattica e

l’insegnamento non possono prescindere dalla conoscenza dei mezzi di comunicazione dei ragazzi e dal loro perfetto uso delle moderne tecnologie; è necessario dunque capire come parlano e utilizzare i loro stessi strumenti di interazione per trasmettere loro dei contenuti. È questa, in sintesi, la best practice realizzata presso l’ITG “Odone Belluzzi” di Brindisi; dove dalla constatazione che, attualmente, i ragazzi pre-diligono colloquiare attraverso chat, utilizzano al meglio internet e valicano i confi ni cittadini ricorrendo al mondo virtuale è nato il blog http//pon-spirito-iniziativa.blogspot.com. Il blog, ossia lo strumento di comunicazione digitale, ha avuto come contenuti i riassunti delle lezioni frontali (quelle classiche) che sono diventati il prodotto della ipotetica impresa digitale, la quale ha avuto come entrate/ricavi la vendita di spazi pubblicitari e come uscite/costi un aiuto ai connazionali abruzzesi vittime del terremoto! L’obiettivo, ampiamente conseguito, è stato quello di dimostrare che è possibile fare impresa partendo dalla

coltivazione di un hobby, traslandolo su internet (attraverso la creazione di un blog, per esempio) ed inventandosi un sistema per monetizzare lo sforzo!Quest’idea, semplice nella sua essenza, ha partecipato al concorso internazionale “Global Junior Challenge 2009”, ideato dalla Fondazione Mondo Digitale e promosso dal Comune di Roma con il patrocinio del Ministero del-l'Istruzione, che ha premiato i progetti più innovativi nella diff usione delle moderne tecnologie informatiche nel campo dell'educazione e della formazione.In esso il blog http://pon-spirito-iniziativa.blogspot.com si è candidato alle fasi fi nali portando alla ribalta Brindisi, l’ITG “Belluzzi” e la voglia di cambiamento e di innovazione dei suoi allievi! In conclusione quindi è necessario se non indispensabile modernizzare, anche attraverso l’uso delle moderne tec-nologie, la scuola ed i suoi metodi didattici.A Brindisi ciò è iniziato!!!

Arriva dagliStati Uniti

una soluzionecontro la crisi.

Anche a Brindisila cultura viene

barattata

CROSSING,INCROCI ESCAMBI

o è forse il "book crossing", lo scambio gratuito ddi da qualche mese che un piccolo bar roo d

Non è sempre la quiete la condizione desiderata dopo una tremenda tempesta. Il nostro intento era, piuttosto, scatenarla! Dopo aver indossato per anni

passivamente un burqa, esserci accontentati di quell’istmo di visibilità e aver estinto ogni espressione di colore dal volto, lasciando terreno fertile a colture prive di gusto, i nostri sensi ci hanno urlato contro! È arrivato il tempo di confrontare i bisogni di ognuno e marciare verso un unico obiettivo: l’attiva partecipazione alla vita sociale.Sono questi i pilastri che sostengono la nuova associazione Arci “Offi cina Open Source” di Mesagne, costituita da ragazzi desiderosi di stimolare un più ampio coinvolgimento, per la realizzazione di attività di promozione sociale e culturale, lontana da qualsiasi infl uenza partitica e religiosa.L’associazione si prepara a percorrere un sentiero costellato di appuntamenti artistico - espressivi, incontri di confronto su tematiche attuali ed eventi mirati all’informazione e alla sensibilizzazione su problematiche sociali, nonché alla valorizzazione delle numerose e nascoste ricchezze umane e bellezze territoriali. Sperando di alimentare ogni giorno l’entusiasmo, di incentivare la partecipazione di chi crede che "insieme è meglio”, ci auguriamo di potervi presto incontrare durante gli eventi che costantemente vi proporremo. Offi cina Open Source Mesagne

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RICORDAVO…LA STORIA DI UN GIOVANE NONNO: IL MIO, IL TUO.

CICLOSTYLE - SPACCATI DI VITAdi EMANUELE VASTA > [email protected]

L'unicitàdel rapporto

nonno - nipoterivissuta attraversole parole toccanti di

un ricordo - racconto.

Una persona è sempre banale stimata in lontananza. Ciononostante, vivendola quotidianamente, scopri il suo universo taciuto, sei investito dalla sua energi-

ca voragine, ne fantastichi l’immortalità. Mio nonno amava ironizzare, diceva che valicando quel biologico traguardo sarebbe stato più fresco, meno acciaccato, e giovane per sempre. Mi addolciva la pillola, temeva che la senilità fosse già stata troppo benevola, tuttavia il suo inarrestabile sarca-smo sfi dava quotidianamente l’eterno abbandono.La sua assenza, senza peccare di consolanti illusioni, mi tiene inchiodato alla realtà. Ne sento ancora lo spirito.Alcuni legami vigorosi restano, non hanno timore nemme-no dell’imposizione maggiore con la quale tutti, prima o poi faremo i conti. Mi intitolo Emanuele, porto il suo nome con onore, come un blasone del quale esserne fi ero, apro l’albo mentale dei ricordi ed ascoltando “Amazing Grace” traccio sul calendario una X rossa fuoco colma di invisibili angu-stie… poi penso: “Maestro è già passato un anno dall’ulti-ma stretta di mano, ricordi?”All’inizio il dolore è molto intenso, nemmeno urlare al cielo può fare la diff erenza. Non accetti il distacco, il trauma di lutto ti rende infi nitamente piccolo, anche se pesi un quin-tale. Purtroppo arrivi a credere che il suo capitolo sia chiuso, e che il tuo si sta continuando a scrivere. Non è mai esistita la totale simbiosi, noi però la stavamo rasentando.Al sud i nonni sono fondamentali, è una mentalità che noi brindisini forse capiamo maggiormente. Loro hanno il dif-fi coltoso compito di tramandarci il “romanzo familiare”, di renderci partecipi dello spirito folk, nonostante in passato

venissero quasi emarginati, resi insignifi canti dalla nostra ignoranza e dalle loro infermità di anziani.Nonno Emanuele sfi dava il moderno costume di arginare i “vecchi” negli ospizi, era più avanti di certi padri, un dongio-vanni appresso a certe madri. Un uomo di mondo, uno che ha saputo vincere molte battaglie, tutt’altro che una perso-na limitata. Il bellissimo paese di Cisternino gli diede i natali, ma da giovane ambizioso si trasferì con la nonna in città sin dagli anni '60 dove prese il posto di cuoco nella mensa sa-lesiana sita via Appia. Viveva in un tratturo vicino al lavoro, cresceva mio padre e mio zio con tanta dottrina. Mi raccontava che Brindisi all’epoca era più bella, nonostan-te le bombe piovute dal cielo; gli amici che perse e disperse in prima linea, di certi valori di un tempo, piegati, ma mai distrutti dai confl itti coatti. Amava la tecnologia, in viale Aprilia comprò per primo il televisore; ed ogni sera i vicini si prenotavano il posto a sedere, come un cinema collet-tivo in una reggia di cartapesta. I soldi erano pochi, ma il cuore di tutti era più franco, la paura diventava coraggio, e chi non rischiava non cresceva. I nonni di oggi a quei tempi erano i padri agguerriti dell’Eia eia alàlà. Parecchi ambivano solamente al pane meno duro del cemento e qualche ora lieta la sera, dopo il lavoro, per stare in famiglia. Il mestiere che faceva nonno Emanuele, invece, gli aveva permesso di relazionarsi sempre con giovani studenti, ragazzi con idee accattivanti, presenze che gli trasmettevano smania di ambire ad una casa più grande, un lavoro meglio retribuito ed un futuro più dignitoso per i fi gli. In breve tempo e con un gruzzolo messo da parte, acquistò la casa che aveva sempre bramato al quartiere Casale e riuscì ad inserirsi nel personale dell’Istituto Tecnico Nautico come usciere.Senza perdere il senso del sacrifi cio pian piano conquistò la stima di studenti e professori; mi ricordava spesso che l’umiltà spiana le strade più tortuose anche quando sembra non valorizzata. Mi diceva che era nato per dare dritte ai più giovani e questa nuova attività gli diede ancora più espe-rienza nel rapporto con le nuove leve. Scherzava asserendo di essere un prete mancato, un sacerdote alternativo, ma eccessivamente appassionato alle donne. L’Italia rinasce-va, ma lui non si fi dava, pertanto fece lo sbaglio più grande della sua esistenza cedendo il primogenito alla sorella ame-ricanizzata, strasicuro di assicurargli un lieto avvenire.Non credeva di aver marchiato per sempre la sua coscien-za, strappato un fi gliuolo ad una madre sempre troppo con-

senziente, e cambiato la visione della vita di mio padre, che rimanendo solo subì un trauma psicologico.Nonno non aveva padroni, era un uomo di polso che non amava sentirsi rimproverare, nemmeno a lavoro dai suoi superiori. Ammiccando sbraitava: “Io spacc l’uocch’ a ttutt”- perché nonostante amasse Brindisi, non ha mai voluto as-similare il nostro simpatico vernacolo. Nascere e crescere sotto la sua falda protettiva non è stato agevole, da me voleva sempre il meglio, mi insegnava tutto prima del momento giusto, avevo tre anni che ero stato già in volo verso la Big Apple al matrimonio dello zio cresciuto dal New Jersey. Ero poco più di uno spermatozoo quando imparai l’alfabeto, i numeri, qualche aforisma dialettale del trullo, allacciare le scarpe, o canzonare le suore dell’asilo.Sicuramente non ero un bambino indaco, era lui a rendermi precoce bilanciando al meglio “la curescia” (cintura, dal ver-nacolo brindisino) con le coccole aff ettuose e culinarie.Mia madre non immaginava di avere un fi glio così rodato, ma capì repentinamente di chi era la colpa o il merito. Intanto al Casale crescevo gagliardo, mi rimase impresso quel viaggio in America, per questo il nonno mi portava spesso all’aeroporto vecchio, dove c’era quel posticino (ora divenuto parcheggio, Ndr) dal quale si potevano ammirare gli aerei in partenza o in arrivo. Come un esperto ricercato-re d’oro lo ascoltavo raccogliendo pinoli, prendevo spunto dall’alto della sua facile chiacchiera, sognavo di assomi-gliargli, fantasticavo di arrivare alla sua età per raccontare ciò che in vita avrò vissuto e ciò che avrei potuto evitare, esibendo una chioma innevata ed un parkinson di tutto rispetto. Quanta luce nei suoi occhi, nonostante le pesanti rughe che man mano lo franavano nella vecchiaia mentre mi riempiva di scatti polaroid. Frequentemente mi regalava palloni, giocattoli, racchette, soldini, carezze, schiaff oni, massime importanti, parabole formative e pillole d’astuzia.L’educazione era la materia più ripetitiva, guai se non ram-mentavo che ogni persona doveva essere rispettata col buongiorno, grazie, mi perdoni, prego, ma si fi guri.Riuscivo ad essere un bravo bambino, con la faccia spol-verata, e due occhietti sempre pronti. Al “Marinaio d’Italia” (quartiere Casale, Ndr) ero il marmocchio meno elementare alle elementari, la maestra arrossava i miei fogli coi “bravis-simo”, e nonno era fi ero che il suo omonimo nipote potesse dare lustro al casato. La nonna per premio mi aff ogava di maccheroni, perché più che il genietto delle elementari di-

venissi lo scassinatore degli alimentari. Nonno non manca-va mai ai miei saggi musicali, alle mie feste di compleanno, ai miei esami. Ero il suo prediletto nonostante l’arrivo della sorellina. Tuff atosi in pensione girava senza sosta su tutti gli autobus dell’Stp, forse qualche autista pluridecorato se lo ricorda. Spesso in estate mi portava con sé, gli piaceva la Upim, la Standa e tutti i patronati. Continuava a purifi care i miei slanci, anche quando ci allontanò quell’ombra latente

che stranisce i pensieri denominata adolescenza.Mi gridava: <<vagabbondooo!!!>>, ma io e la mia fi danza-tina sfrecciavamo già in sella alla mia vespa per viale Duca degli Abruzzi direzione Monumento. Presi la patente, partii

a Roma per il servizio di leva, ma lui c’era sempre, mi regalò il primo paleolitico cellulare, perché io lo tenessi aggiornato sulle mie novità. Mio padre diceva che lui e mia nonna vi-vevano per me, mi intenerivo, pensavo alle numerose notti passate a casa loro, a quando mi sporcavo di dentifricio e la nonna con un po’ di saliva genuina mi lavava.Meditavo sul secondo viaggio in America con loro del '92, sui Mondiali '94 addentando una focaccia supercalorica, ad i miei pianti inutili dopo un piccolo fallimento, condivisi con loro. E allo stesso modo le gioie, gli orgogli, le vittorie.Nei suoi ultimi anni di vita mio nonno è sopravvissuto poco alle due prove più dure: la mia emigrazione in Emilia per ra-gioni lavorative e la morte della nonna. Ho vissuto al nord per cinque anni, durante cui ho intrapreso una attività sco-nosciuta ai brindisini. Sono diventato operatore socio sani-tario perché quella era la mia vocazione, perché amo dare amore ai soff erenti, perché mi ha permesso di aff ezionarmi a tanti nonni in un'unica grande casa di riposo. Mi rodeva non poter fare a chi m’ha cresciuto ciò che facevo quotidia-namente a dei poveri anziani abbandonati. Quando perì la nonna stavo per lasciare l’Emilia, non potevo sostenere la situazione economica e morale nonostante il mio stipendio e qualche amico vero che mi supportava nei momenti diffi -cili. Nonna ci lasciò per un cancro al pancreas, soff rì molto, fu la prima volta che vidi piangere nonno. Era sopravvissuto alla guerra, alla fame, ai pidocchi, ma dopo 50 anni il distac-co netto dalla moglie lo fece abbattere tantissimo, fi nché una notte di sei mesi più tardi morì anche lui, di presunto

edema polmonare, in una barella dell’ospedale Perrino rag-giunto troppo tardi. Il suo nipote prediletto quella stessa sera stava brindando coi colleghi al suo rimpatrio, quando ricevette la telefonata più brutta della sua vita.Non era contemplata una fi ne imprevedibile, ma del resto perì in maniera stravagante così come aveva vissuto. In un angolo delle mia profondità ne piango l’assenza con lacrime ardenti che mi esplodono in volto. Ringrazio il mio guru straordinario per avermi trasformato in un cucciolo di

uomo maturo che porta il sorriso nei cuori più cupi.Stringo una cassetta di legno sulla quale nonno Emanuele annotava eventi della sua vita, ora sorrido e penso a quanti nonni ci hanno allevato con stile salutare, a quanto grande dev’essere il nostro grazie per poterci sdebitare.Siamo stati fortunati ad averli vissuti, forse i nostri sogni, sospiri e trionfi sono schegge preziose del ponte tra noi.

di EMANUELE VASTA > [email protected]

“le alite le forniamonoi…”

Agente Vincenzo CalabrettiVia F. Consiglio, 4 • 72100 BrindisiTel. 0831.523107 / Fax 0831.560985

[email protected]

Emanuele coi nonni Emanuele e Ida

Nonno Emanuele a Chianciano Terme, 1973, concertodi Orietta Berti

Nonno Emanuele e famiglia, primi anni'70

Nonno Emanuele con la comitiva nel dopoguerra (il primo da sinistra col piede in acqua)

CICLOSTYLE - SPACCATI DI VITA

Nonno Emanuele negli anni '60 sul lungomare di Brindisi

pag22 | DICEMBRE 2009 | numero0 www.piazzavittoria.net | [email protected] www.piazzavittoria.net | [email protected] numero0 | DICEMBRE 2009 | pag23

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Non hanno mai avuto grossi problemi alle zampe e quando si stancavano li trasportavamo nei carrellini, anche se era più che altro una maniera per punirli

quando erano iperattivi. Noi mangiavamo yogurt o frutta tutto il giorno, e la sera, dopo esserci accampati, ci nutrivamo con qualcosa di più sostanzioso, in gran parte cibo in scatola o pasta con sughi precotti. Qualche screzio fu-

tile tra noi ci ha permesso di sfogare lo stress accumulato e superare ogni giorno i limiti im-

posti dalla stanchezza.Ringraziamenti ed aspettative future?

Un grazie particolare al Comune di Ostuni, alla Fe-derazione Ciclistica Italiana, ad Enzo Longo e Pie-

ro Greco (rispettivamente Ds e Presidente Bici Club Ostuni, Ndr) per la loro amicizia, la disponibilità come

organizzatori dell’evento e fornitori delle nostre biciclette speciali. Un caloroso saluto a tutti coloro che, senza ripen-

samenti, hanno sposato a pieno la nostra causa. Ci aspet-tiamo che i nostri sacrifi ci giovino ad accrescere l’amore per gli animali e che ci siano meno cuccioli vaganti.Nel mio lavoro di conducente godo di assoluta fl essibilità, presto farò un altro viaggio, ma prima scriverò il libro di quest’ultimo. Walk on!!!

•Partenza: il 22 agosto 2008 da Ostuni;

•Ritorno: 27 settembre 2009 ad Ostuni;

•Tempo del viaggio: 13 mesi, 409 giorni;

•Giorni trascorsi in viaggio: 409;

•Nazioni attraversate: 10 = Italia, Francia,

Spagna, Gibilterra, Portogallo, Belgio, Olanda,

Germania e Austria;

•Regioni: 55;

•Provincie: 231;

•Città: 904;

•Km percorsi: 11.000;

•Media Km percorsi al giorno: 27;

•Velocità: 7,7 km/h;

•Tempo giornaliero del viaggio: circa 3-4

ore distribuite nell'arco della giornata;

•Hanno trascorso le loro notti

quasi sempre in tenda;

•Sono stati invitati solo 12 notti

in casa (in Portogallo).

Un’avventura durata ben tredici mesi e che ha visto protagonisti i coniugi salentini Antonio De Matteis (per gli amici Tony, Ndr) e Sabine Knoll che han-

no attraversato l’Europa a cavallo di bici speciali, in com-

pagnia di tre simpatici meticci, per sensibilizzare contro l’abbandono e il maltrattamento degli animali. Due grandi cuori impegnati a diff ondere un messaggio di solidarietà pienamente condiviso dall’associazione sportiva Bici Club Ostuni che si è fatta carico dell’organizzazione dell’evento. I veri e propri protagonisti di questa fi ction apparente - qua-si inutile sottolinearlo - sono i loro tre meticci: Fido, Mona e Whisky, anch’essi protagonisti di storie crudeli di abban-dono e maltrattamento. Divenuti emblema di questa nobile causa, hanno condiviso con Tony e Sabine le ostili circo-

stanze di questa favola. Un forte malessere alle ginocchia frena Sabine, che abbandona l’impresa un mese prima del termine ma non il marito che, anche grazie al suo sostegno morale, giunge belligerante fi no al traguardo. Riviviamo con Tony alcuni momenti di questo lungo viaggio alla scoperta dell’Europa che si è reso possibile anche grazie al contribu-to dell’azienda ostunese Longo Bikes che ha fornito loro le biciclette e tutta l’attrezzatura necessaria per una buona riuscita dell’iniziativa.Tony, qual è stata la motivazione di questa idea/iniziativa?Avevo intenzione di realizzare un’impresa anomala, sug-gerita dalla mia precedente avventura da cicloturista in Europa. Stavolta ho convinto Sabine spiegandole che, oltre alla passione per la bicicletta, ci avrebbe spinto una giusta motivazione: testimoniare per la totale salvaguardia degli animali. Abbiamo deciso di accompagnare i nostri tre tro-vatelli Whisky, Mona e Fido in questa favola, come aff asci-nanti simboli di tutte le bestiole con un passato trascurato come il loro. La bicicletta è un mezzo di trasporto vantag-gioso dal punto di vista salutare, economico ed ecologico; le relazioni che si possono intrattenere in sella sono uniche. Basta poco per attirare l’attenzione, anche perché noi fortu-natamente non passavamo inosservati.Avevate dotazioni particolari per il trasporto dei cani e lo-candine per spiegare la vostra causa?Per legge, i cicloamatori devono fornirsi di guinzagli molleg-gianti, reperibili nel commercio americano e tedesco.Le nostre bici avevano otto ruote perché munite di carrelli per il riposo dei cani ed il trasporto di provviste ed eff etti personali. Su di esse avevamo affi sso delle locandine sulle quali c’era scritto il nostro messaggio come se lo rivelassero direttamente i nostri trovatelli, locandina scritta in quattro lingue diverse. Avevamo due paia di bandierine che indica-vano le nostre origini: due bandierine italiane sventolavano sulla mia bici, mentre quelle tedesche su quella di Sabine. Su ogni “carovana” c’era una cassetta nella quale i passanti più magnanimi gettavano qualche monetina. In base a quale criterio avete scelto l’itinerario da fare e come vi hanno accolto nelle altre 904 cittadine visitate?Ci siamo allenati molto per questo tragitto, ma è servito a non cedere. Abbiamo preferito toccare tutti i punti maggior-mente frequentati dai turisti, per informare più gente pos-sibile che qualcuno è disposto ad intraprendere “missioni impossibili” per denunciare l’abbandono degli animali ed il

sempre più elevato tasso di randagismo. Il nostro messag-gio è stato acclamato parecchio dalla gente che ci salutava col pollice verso l’alto, sorridendo. Durante il nostro passag-gio alcuni lavoratori rimanevano impietriti, lasciavano tutte le loro attività in stand-by; molti fi eri animalisti ci hanno chiesto l’autografo. Diverse testate giornalistiche famose si sono occupate di noi, tra le quali: Il Resto del Carlino, La Gazzetta del Mezzogiorno, La Stampa, Il Tirreno.Siamo stati intervistati da diverse televisioni nazionali ed estere. Le associazioni animaliste che ci hanno dato più spazio in assoluto sono state quelle portoghesi che han-no condiviso la nostra impresa da guinness portandoci in trionfo come eroi. Quali sono state le maggiori diffi coltà?Ci sono state persone che non ci valorizzavano per il loro scetticismo, sono state indiff erenti, ma quiete. Abbiamo valicato venticinque passi resistendo alle perturbazioni, vivendo nature meravigliose, incontrando diff erenti etnie, collezionando quarantatre forature. I nostri piccoli eroi non mollavano mai, nonostante le intemperie ed i percorsi non sempre accessibili. Ricordo che a causa di un’imminente tromba d’aria nei pressi di Siviglia, il Sindaco ci ha accolto in una casetta per alcune notti. In Portogallo una famiglia ci ha ospitati più di una settimana. Avevamo sempre pochi soldi, anche se la gente ci è stata molto solidale. Pensate che allo start presso il Comune di Ostuni avevamo in tasca solo sei euro e qualche contributo elargito dell’amministrazione lo-cale. I cani erano quelli che sentivano meno i “morsi” della fame, perché molti veterinari o titolari di negozi per animali, li riempivano di ottimi croccantini.

ZAMPETTANDOE PEDALANDOSCOPRIMMO L’EUROPA

Antonio de Matteis, sua moglie e tre

meticci.In bicicletta per

testimoniarecontro l’abbandono e il maltrattamento

degli animali

CURIOSITA’

• Partenza: il 22 agosto del 2008 da Ostuni• Ritorno: 27 settembre 2009 ad ostuni• Tempo del viaggio: 13 mesi, 409 giorni• 409 giorni trascorsi in viaggio• 10 nazioni attraversate: Italia, Francia, Spagna, Gibilterra, Portogallo, Belgio Olanda,Germania e Austria. • 55 regioni• 231 provincie• 904 città• 11 mila chilometri percorsi • Media chilometri percorsi al giorno: 27 • Velocità: 7,7 km/h, • tempo giornaliero del viaggio: circa 3-4 ore distri-buite nell'arco della giornata. • Hanno trascorse le loro notti quasi sempre in tenda. • Sono stati invitati solo 12 notti in casa (in Porto-gallo).

CICLOSTYLE - SPACCATI DI VITAdi EMANUELE VASTA > [email protected]

“La bicicletta è un mezzo di trasporto vantaggioso dal punto di vistasalutare, economico ed ecologico;le relazioni che si possonointrattenere in sella sono uniche”.

curiositÀ

pag24 | DICEMBRE 2009 | numero0 www.piazzavittoria.net | [email protected] www.piazzavittoria.net | [email protected] numero0 | DICEMBRE 2009 | pag25

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LE PARTITE DI CALCIO TE LE ORGANIZZAFUBLES.COM

ULTRASUONIdi GABRIELE CIULLO > [email protected]

Il brindisinoVito Zongoli ci

presenta la sua creatura, un social

network in grado di risolvere i problemi

che possono sorgere nell’organizzazione

di un incontroamatoriale di calcio.

I bianchi scendono in campo con Matteo, Flavio, Valer-io, Giancarlo e Gabriele. Per i neri: Gino, Ciccio, Peppe, Fabio e…? Ma come, mancano poche ore al calcio

d’inizio e ce ne manca uno? E mo' come si fa?La soluzione a questa problematica e a tutte le complicazioni che possono sorgere nella organizzazione di una partita amatoriale di calcio l’ha trovata Vito Zongoli, brindisino classe '79, ideatore di fubles.com, social network che sta riscuotendo gran successo in tutto il Paese, ma che, come purtroppo spesso accade, stenta a decollare nella nostra città.Frutto di un lavoro di quasi tre anni di pro-gettazione, questo social network è sbarcato in rete nel 2006 e fa leva su un sistema tanto semplice quanto funzionale: per organizzare una partita di calcio - a 5, a 7 o a 11 che sia- è suffi ciente iscriversi, prenotare un campo e inserire i dettagli del match. Al resto ci pensa fubles.com. Perché investire energia e pecunia nel telefono cellulare, passare ore ad accordarsi su Mes-senger o aspettare che l’amico risponda su Facebook quando si può contare su un’unica piattaforma in grado di far convergere tutte queste applicazioni, avvisando gli amici nel momento in cui si crea una partita? Saranno loro a decidere con un click se parteciparvi o meno. Grazie ad un data-base aggiornato e verifi cato dagli utenti, Fubles aiuta a trovare i campi presenti in città, fornendo anche preziose informazioni come il numero di telefono, la zona, il terreno di gioco, il costo dei campi e le modalità di prenotazione. Inoltre, come ogni social network che si rispetti, il portale permette agli utenti di interagire, invitare i propri amici a far parte del proprio “network di fi ducia”, lasciare loro messaggi

in bacheca e chattare. Insomma, tutto ciò che vuol dire fare community, con la particolarità che poi ci si incontra realmente in un campo di gioco.Subito dopo lo svolgimento della partita gli utenti pos-sono comunicarne l’esito, eleggere il “man of the match”,

esprimere voti e giudizi sullo stato di forma e sul ren-dimento in campo attraverso la funzione “dicono di lui”.In questo modo, ogni iscritto ha una cronistoria di ciò che ha fatto, con dettaglio statistico partita per partita.“ll progetto di Fubles - commenta Vito Zongoli con l’entusiasmo di un padre che vede crescere il proprio fi glio - fa leva su un processo sofi sticato, che comprende diverse variabili. La sua funzionalità è data dalla ca-

pacità di tramutare in linguaggio informatico tutte le problematiche che possono sorgere nell’organizzazione di una partita”.Laureato in ingegneria elettronica nel 2005 al Politecnico di Milano, città in cui vive ormai da 11 anni, come tanti

brindisini costretti a vivere fuori, Vito lascia trasparire tanto entusiasmo e amore quando parla della nostra città, considerata un po’ croce e delizia della propria vita.“L’idea vera e propria di questo portale - confi da- nasce proprio a Brindisi, dove fi n da piccolo mi ‘sbattevo’ per organizzare ogni settimana diverse partite. Chi in città mi conosce un po’ meno - aggiunge - si ricorda di me soprattutto come il rompiscatole che faceva decine di chiamate per convincerli a giocare…".Non a caso, appena arrivato a Milano, Vito ha assunto il ruolo di responsabile delle squadre di calcio del Politecnico. È in questa fase che nasce Fubles.“All’inizio non c’era un’idea di business, tuttavia, dopo qualche anno, ho deciso di dare una svolta, anche in virtù del momento di crescita che stavano vivendo gli altri social network. Oggi, il core business di Fubles consiste in due attività: la vendita degli AdSense di Google, sistema che permette di sfruttare al massimo le potenzialità di guadagno del sito utilizzando

annunci personalizzati con targeting contestuale, e accordi con i campi sportivi, che cedono una percentuale del loro guadagno sulle 10-15 partite che ogni giorno vengono organizzate direttamente dal team di Fubles".A Vito si sono aggiunti oggi altri sei ragazzi.Insieme gestiscono un portale che viaggia nell’ordine di 6.000 utenti unici (fi no a 3 anni fa erano solo 300), con una media di circa 35 nuovi iscritti al giorno.

L’obiettivo dichiarato è raggiungere entro l’anno la soglia dei 10.000 utenti: risultato possibile, considerando che le fonti ISTAT parlano di 4 milioni di italiani che ogni giorno si accordano per organizzare partite di calcio.I match organizzati attraverso Fubles coinvolgono le principali città universitarie italiane, tra cui Milano, Roma, Torino, Bologna, Lecce, ma anche piccole piazze pugliesi come Maruggio, Sava, Galatina.

E Brindisi? A questa domanda Vito fa spallucce: “Mi duole sottolineare che abbiamo tante diffi coltà a far partire Fubles nella nostra città.Credo che la motivazione sia da attribuire innanzitutto alla scarsa confi denza con il PC da parte della cit-tadinanza, come dimostra il fatto che i social network stanno dilagando da poco più di un anno.Inoltre, bisogna tener conto che il brindisino medio è tipicamente abitudinario e accetta a fatica il cam-biamento. Mi auguro per il futuro che le cose possano cambiare e di poter fi nalmente assistere anche a Brindisi al trionfo di un progetto realizzato da un brindisino”.

Sposi Amo Wedding PlannersCorso Roma, 3 / BrindisiTel. 0831.527951 / Mobile [email protected]

ULTRASUONIdi GABRIELE CIULLO > [email protected]

pag26 | DICEMBRE 2009 | numero0 www.piazzavittoria.net | [email protected] www.piazzavittoria.net | [email protected] numero0 | DICEMBRE 2009 | pag27

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ULTRASUONIdi SERENA PASSARELLI > [email protected]

SimonePerrone,

talento salentino,sta lavorando

al suo primodisco con la

Carosello Records.

Simone Perrone, giovanissimo cantautore salentino classe 1987, è uno dei nuovi artisti scoperti da Carosello Records, nel 2007, in occasione del

Cornetto Free Music Audition. L’evento musicale fu per lui una vetrina importante. Infatti, fu scelto, tra tutti i partecipanti, per esibirsi in qualità di opening act al concerto di Zucchero davanti a 20 mila spettatori. Carosello Records è l’etichetta con la quale sta la-vorando al suo primo disco prodotto da Francesco Migliacci, Francesco Musacco e Davide Massa. Un talento emotivo e una semplicità che distinguo-no non solo Simone Perrone come uomo ma an-che come artista. Testi e melodie mai banali che danno vita a un mix di emozioni che hanno già conquistato un posto importante nel panorama lo-cale sebbene Simone non sia entrato nel vortice dei talent show. Reso noto al pubblico radiofonico con il primo singolo “l’Estate di Adelina”, il musicista è di-venuto anche un viso familiare al pubblico brindisino proprio grazie all’emittente radiofonica Ciccio Riccio, una delle prime radio a scommettere sul suo talento e che ne ha fatto uno degli più acclamati protagonisti del tour estivo organizzato dalla radio (Ciccio Riccio in Tour, Ndr). Simone Perrone nasce, con la musica nel sangue, in provincia di Brin-disi il 9 luglio 1987. Impara a suonare chitarra e pianoforte come autodidatta. A soli dieci anni fa parte di una band e a quindici scrive il suo primo pezzo. I suoi genitori lo spingono a coltivare la sua passione e non sbagliano: Simone sta lavo-rando duramente al suo primo progetto discografi co che sta registrando tra Gallipoli e Roma. Conosciamolo meglio!Come nascono le tue canzoni?Non c’è uno schema preciso. La mia musica e le parole nascono d’impulso, è per me una cosa naturale. Una frase, un gesto, un evento può scatenare in me una serie di emozioni che io traduco in musica. Le tue canzoni parlano quasi tutte d’amore. Si direbbe quasi che hai una vita amorosa molto tormentata!? (Ride) No, no tormentata no. Il mio spunto è il quotidiano. Osservo molto quello che ho intorno sperando che il risultato sia apprezzato da chiunque e non da un target particolare. Dalle tue canzoni si evince un attaccamento molto forte alla tua terra. “L’Estate di Adelina” è forse una delle espressioni più belle di questo attaccamento. Possiamo considerare la tua terra una fonte d’ispirazione?Adelina è il ritratto del Salento. Mi sento molto legato alla mia terra: la amo quanto la critico, questo è bene puntualizzarlo. Cosa spinge Simone Perrone ad investire il proprio tempo esclusivamente in un mondo così incerto come quello discografi co anziché in un lavoro che possa in qualche modo assicurarti uno stipendio alla fi ne del mese?Sempre che sia possibile ancora aspirare a tanto…Ecco appunto: niente è ormai certo al giorno d’oggi, non ci

sono più certezze. Un’artista, in quanto tale, non sceglie di fare quel mestiere piuttosto che un altro. Ci sono alcune

persone che nascono con doti particolari. Io sento la musica come una parte di me, ne ho l’esigenza, non

so fare altro. Cosa farai da grande?Io sono già grande (ride). Scriverò canzoni. Quale è la tua fi losofi a di vita? Vivo alla giornata perché chi pensa troppo fonde il cervello. Musica per te vuol dire?Vita. Esigenza. Emozione.Se potessi spiegare l’amore in una frase tratta dalle tue canzoni?

“Se bastasse uno schiocco di dita per dire basta”. Bisogna prendere coscienza, nel bene e nel male,

di quello che si vive.Che cos’è l’amicizia?

L’amore ingloba il concetto di amicizia. L’amicizia, in questo momento della mia vita, è molto importante, più

dell’amore. Il brivido che non hai mai provato?

O mamma, che bella domanda. Tanti ancora. Ma ci scriverei sicuro una canzone. Il pezzo che ti è venuto meglio?Non saprei dirlo perché per me nessuno è ancora venuto bene come vorrei. Quello a cui tengo particolarmente è 2140. Sei mai dovuto scendere a compromessi?Viviamo in una società che ci obbliga al compromesso, ne è quasi una regola. Il compromesso non deve però ledere la propria dignità e la propria personalità. Qual è l’arma segreta di Simone - uomo?La simpatia e la sincerità.E dell’artista?La sensibilità, così almeno dicono. Daresti la vita per?Per un sacco di persone e per la musica. Aborto si o no?Si. Matrimonio o convivenza? Dipende dalle situazioni.Accetti e condivi o accetti e non condividi?Accetto e condivido.Faresti mai cantare ad altri un tuo inedito?Solo per benefi cienza. Per il resto è importante per me usare tutto il mio lavoro per me stesso e per i miei obiettivi. Il nostro giornale vuole essere un mezzo per promuovere talenti come te. Quale è il tuo vero talento?Il talento non può essere sempre capito, è qualcosa che ti parte dalla pancia, è la capacità di trasmettere emozioni. Il mio talento è esprimere, attraverso la musica, le sensazioni suscitando delle emozioni.

PAROLA DIUN CANTAUTORE

Fammi vibrare come una volta, come una corda tesafi no a tagliarti la voceTi prego non parlare,fammi male, hai paura, tu tremiCambia la pelle come un serpente che si nasconde e non sai che c’è ma non si vede, c’è ma non si vede, c’è ma non si vede…

(Tratto dal singolo Dannato Amore)

Per ascoltarealcuni inediti:www.myspace.com//simoneperrone

info: 380.7029338www.cosimochirone.it

Cosimo Chirone, mesagnese venticinquenne, parteciperà al prossimo campionato italiano velocità in categoria Superbike. L’evento sportivo si disputerà sui più importanti circuiti italiani a partire da aprile 2010 e verrà trasmesso in diretta su Sport Italia e Canale Moto TV (piattaforma Sky).Un traguardo importante per lo sport brindisino e una vetrina senza precedenti per le aziende del territorio che sosterranno il giovane talento.

S COMME TTI SULLO SPORT BRINDISINO

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IL SALENTOFUN PARK:UN CANTIERECULTURALE

Alcuni giovaniridonano vita al

pattinodromo diMesagne: sono i

vincitori delbando

Principi Attivigiovani idee

per unaPuglia

migliore

Un sogno che diventa progetto. Un progetto che diventa realtà: il Salento Fun Park, uno spazio attrezzato per la pratica dello skate, per l’arram-

picata sportiva, la pratica della breakdance e per la rea-lizzazione di eventi vari. Silenzio. Complicità. Amici d’infanzia. Energia, vita, sorrisi, skate e un vecchio pattinodromo in disuso.Così, tanti anni fa, è nato un sogno negli occhi di un bambino che ha trovato per strada lo spazio e nello skate un modo attra-verso cui esprimersi e so-cializzare.Il sogno, divenuto oggi realtà, è quello di Marcello Ostuni, 26 anni, laureato in scienze motorie a Bologna.Presidente della Street Sport Association vincitrice con il progetto “Salento Fun Park” del bando “Principi Attivi” - Giovani idee per una Puglia migliore ha dato vita, insieme ad altri giovani fra i 21 ed i 29 anni, ad un’interessante laboratorio sperimentale per le street arts. Gli straordinari protagonisti di questa impresa al fi anco di Marcello Ostuni, responsabile area sportiva: Angelo Cisternino (detto Blazon), direttore artistico e musicale ed Angelo Bellanova, responsabile del web e del marketing. Importante sottolineare una delle preziose collaborazioni strette dal-l’associazione con Wany Sergio, "writer" di livello internazionale.Il progetto presentato alla Regione, puntava sulla riqualifi cazione di un vecchio impianto sportivo comu-nale in stato di semi-abbandono sito in Mesagne, in via Udine, affi anco al Palazzetto dello Sport, nei pressi della stazione ferroviaria. Nel vecchio pattinodromo in disuso, abbellito di colori e arricchito di attrezzature nuove, sono state allestite diverse aree mirate alla riqualifi cazione e valorizzazione delle street arts: due piste adibite allo skate; l’area writing, mura libere a disposizione di artisti

che vogliono esprimersi; l’area boulder, arrampicata libera laterale; l’area dedicata street basket (3 vs 3); l’area dedicata allo street soccer (3 vs 3).Ma tanto ancora off re il progetto: breakdance, jam e contest, progetti musicali, mostre, proiezioni, performance artistiche, e così via. È stato anche attivato al link www.myspace.com/salentofunpark, uno spazio

virtuale di incontro dove poter scambiare idee, ri-chieste, proposte e poter essere aggiornati sulle ul-time novità e le iniziative dell’associazione.Il Salento Fun Park si candida ad essere il più

importante spazio di tutto il Salento, uno spazio aperto di espressione e comunicazione in cui nel fare si inventi il modo di fare. Ci troviamo davanti ad un “cantiere culturale” come ama defi nirlo Marcello Ostuni, una palestra artistica e creativa dove giovani - e non solo - possono ritrovarsi ed esprimersi.“Un ringraziamento particolare - dichiara Marcello Ostuni- è da rivolgere a Titti Stoppa, assistente sociale presso il comune di Mesagne. Titti è da sempre molto attenta alle problematiche giovanili ed ha dedicato una vita ai giovani. E un ringraziamento è senza dubbio da fare alla Regione Puglia che ha dato spazio a 500 gruppi

di giovani che, grazie al contributo, hanno potuto realizzare la loro idea”. Un progetto giovane e promettente, realizzato da giovani per i giovani. Un modo importante che testimonia come oltre le diffi coltà della burocrazia e le resistenze del territorio, oltre il lamentarsi ed il pensare che la realtà non possa cambiare, che cambiare è possibile, proporsi è possibile.

ULTRASUONIdi MONICA CUCINELLI > [email protected]

Qualunque cosa tu possa fare,qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L'audacia reca in segenialità, magia e forza.Comincia ora. (J.W.Göethe)

Hai talento? Mettilo in mostra.

Partecipa anche tu al concorso nella

tua sezione preferita: Arte, Fotografi a,

Musica, Fumetto, Scrittura.

La bicicletta.

Un mezzo di attività sportiva, un mezzo

di trasporto, un mezzo per svagarsi.

Un mezzo che non inquina, che ha co-

sti modesti ed effetti positivi sulla salute.

Viaggiare in bicicletta agevola le relazio-

ni sociali e migliora la qualità della vita.

L’uomo, infatti, partecipa attivamente al

trasporto essendo la bicicletta un mez-

zo a propulsione umana. I sorrisi della

gente, i paesaggi, il sole, la strada, la

natura. Tutto questo è possibile in bici-

cletta, un mezzo alla portata di chiun-

que.Ecco perché l’Associazione Brindisi-

na Vetrine Inedite in collaborazione

con l’Associazione Sportiva Bici Club

Ostuni, realizza il primo concorso de-

dicato ai talenti della provincia dove la

bicicletta ne diventa un simbolo.

Il concorso, infatti, vuole la massima li-

bertà di espressione: così come la bici-

cletta lascia liberi di agire e interagire.

Leggi il bando sul portale di informazio-

ne www.piazzavittoria.net.

Tanti premi in palio per i più talentuosi.

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pag30 | DICEMBRE 2009 | numero0 www.piazzavittoria.net | [email protected]

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