Albania1e1000 n°0

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Albania1e1000″ è il numero 0 di una rivista, punto di arrivo di un processo di relazione e di ascolto condotto dal gruppo ilmotorediricerca con l’associazione Mergimtari di Torino. Ha la forma di una carta geografica e racconta, in due lingue, le identità di alcuni albanesi che abitano a Torino e il loro desiderio di far nascere una rivista intesa come spazio di mediazione e come possibilità di dialogo interculturale. All’apperenza si tratta di una cartina pieghevole che, una volta distesa, consente a chi la riceve di staccare l’intera sagoma dell’Albania, in modo da poterla vedere fisicamente come forma o come assenza, cioè come finestra sul resto della cartina. Il ragionamento parte dai molti luoghi comuni sull’Albania e sugli albanesi , luoghi comuni che celano il fatto che di questo paese vicino non si conoscono né la storia, né la geografia né la cultura. Da Abitare 483 giugno 2008

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www.ilmotorediricerca.eu

Albania 1 e 1000 numero zero rete, relazioni e autobiografierivista italo albanese a cura di ass. Mergimtari

Progetto di il motore di ricerca nell’ambito di Torino World Design Capital 2008 Torino Geodesign

hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:

il motore di ricerca

Matteo FraternoPia Livia Di Tardo Michele Loiacono Roberto Dell'Orco Valentina VetturiRiccardo Albani Nico Angiuli

per MergimtariImelda AliSaimir BaciJoana GjinajDafina Ikonomi Ergys Kastrati Aurora Kokici Edit MihaliLirien MihaliTome MusliaAldi Pupuleku Elona Sako

Ilir ButkaMarco GigliottiIrene GuidaLuigi QuarantaAntonella MarinoIlir ShaholliAlbana TemaliPiero Vereni

hanno partecipato al progetto Albania 1 e 1000:

ArtegiovaniAss. BarrieraBesa editoreDavide BarlettiPandi BeloAksinja GioiaRaffaele GorgoniEilis CranitchPiro MishaHeldi PemaKastriot Ramollaripadre Tomas SamarajFilomena Vicchio

La rivista è

consultabile online su:

www.ilmotorediricerca.eu

www.mergimtari.info

www.associazionemergimtaricuneo.com

linkswww.ilmotorediricerca.blogspot.comwww.pierovereni.blogspot.comwww.albacenter.itwww.tiranafilmfest.comwww.fluid-video-crew.blogspot.com www.besaeditrice.it

Cari amici, sono Tome Muslia, uno studente della Facoltà di Economia e at-tualmente Presidente dell’associazione culturale albanese “Mergimtari”. Per arrivare ad oggi ho fatto un percorso da una parte molto lungo e faticoso e dall’altra anche soddisfacente, perché sono riuscito a raggiungere alcuni miei obiettivi. Sono venuto in Italia quasi 10 anni fa, nel 1998, in modo clandes-tino, rischiando la vita. A quell’epoca non era facile vivere, per di più come clandestino, e perciò ho cercato di fare qualcosa di utile sia per me sia per la comunità albanese a Torino. Essendo un giovane, avevo e ho tanta vo-glia e passione, soprattutto nell’organizzare eventi di carattere diversi per riunire, presentare e integrare la cultura albanese a Torino. Essendo un cattolico e molto credente sono riuscito con un piccolo gruppo a far celebrare la prima messa in lingua albanese nell’istituto La Sale, officiata dai frati di questo istituto. Così, ogni mese fino ad oggi la comunità albanese ha trovato il suo nido per pregare per i suoi problemi e desideri con un prete che parla in lingua albanese e che tante volte viene anche da Roma.Oltre a questa iniziativa, contemporaneamente organizzavamo eventi cul-turali e portavamo avanti un piccolo giornale, in lingua albanese, che abbiamo intitolato “Mergimtari” e che è andato avanti per ben 22 mesi. Questo giornale e i tanti eventi che abbiamo organizzato ci hanno dato la forza per fondare un’associazione culturale albanese, che ha preso lo stesso nome del giornale, ap-punto “Mergimtari”. Nel 2005 abbiamo fondato l’associazione; io facevo parte del consiglio direttivo, con l’incarico di te-soriere per un anno. Nel gennaio 2006 ho assunto il ruolo di presidente di questa as-sociazione con tanta voglia e passione, che continuo ad avere.Tome Muslia, presidente ass. Mergimtari

ALBANIA 1E1000 è il progetto di una rivista in prog-ress avviato attraverso un percorso di relazione e ascolto. Dalla Puglia il motore di ricerca parte per incontrare la comunità albanese che abita l’Italia raccontando il work in progress, accogliendo bi-ografie e suggerimenti progettuali. Corpi si sono messi in movimento, hanno attraversato regioni, con l’intento di raccogliere e mappare memorie, competenze, incroci esterni e interni a questa comunità. Di contatto in contatto il motore di ricerca ha cucito una prima rete di legami, è entrato in relazione con alcuni el-ementi di questa realtà che è apparsa monadica e frammentata. Una prima rete di corpi si è creata. Con attitudine multilineare il motore di ricerca ha fatto emergere l’elemento connettivo di questa Albania in Italia che è una e mille, accumulando memorie e restituendo una complessità di intrecci per far emergere l’appartenenza comune, la scheda madre. >> www.ilmotorediricerca.eu

Scettico sono andato a incontrare le persone di quel progetto perché ultimam-ente sono molti i progetti che coinvolgono Albania, e essendo io molto esposto per via del festival, e per la mia disponibilità, il mio ufficio e diventato un specie di pellegrinaggio.Quando poi ho incontrato le persone che mi hanno parlato del progetto, mi e sembrato talmente bello che dubitavo di non aver capito bene.Mi e piaciuto perché diversamente dal innumerevoli progetti che circolano in-dubbiamente questo progetto e più interessante perché non ha fini di promuo-vere e procurare qualche formazione professionale e non e neanche interes-sato per gruppi di persone distinti per eta, sesso e interesse.Il bello di questo progetto l’ho trovato nel fato che sopratutto qua si tratta di un progetto che risalta i rapporti umani e si basa sulle esperienze delle persone, ricordi, affetti, conoscenze e riflessioni.Il lavoro che io faccio, (il festival), a parte di un concorso artistico propone pro-prio quella filosofia del condivisione di esperienze. Condividere risalta i valori della nostra esperienza. Condividere con altri la propria esperienza e nobile e credo che noi abbiamo molto da condividere. A parte delle persone del pro-getto che avevo incontrato a Tirana, ho conosciuto a Torino un gruppo di gio-vani albanesi che studiavano in Italia. Belli, molto belli, (almeno cosi mi sono

sembrati), ragazze e ragazzi, parlavano un perfetto italiano, (constatato da un straniero come me), volonterosi e impegnati, hanno suscitato in me una fiducia e ottimismo per il futuro del mio paese. (Ho saputo da loro che, attualmente più di 20 000 ragazzi studiano fuori dal Albania mentre maggior parte, studiano in Italia come loro!) Un numero cosi grande tenendo conto il numero di abitanti del nostro paese (3 000 000), vuol dire molto riguarda il futuro integrazione tra due paesi dal punto di vista delle relazioni umane. Questo e il vero “workshop”, questo e il vero “motore di ricerca”. Perché secondo me i progetti sono esperi-

menti di laboratorio testati in piccoli gruppi invece io trovo, (grazie a questo workshop), realizzato questo progetto in realtà, riferendo a questi gio-vani albanesi e loro relazioni con loro coetanei italiani. Essere giovani

vuol dire tanta energia. Ai giovani albanesi che studiano in Ita-lia li suggerisco fortemente di invitare i loro amici di visitare Albania. Con il senso dovuto di responsabilità e tenerezza

d e g n o della caratteristica ospitalità che ci distingue presentare a loro i miglior valori della vostra terra. Raccontate loro passato e il presente,

folklore e usanze,

paesag- gi e le persone, la vostra cita e le vostra casa, amici, famigliari e genitori. Non ci vergogniate dal disagio urbano e dalla probabile apparente povertà che troveranno. Fatelo tutto quello con umiltà e loro sapranno capirvi meglio, e vi rispetteranno. Solo i veri amici possono farlo. Ai giovani italiani, dopo aver finito la scuola chi non trova lavoro suggerisco di viaggiare in posti come Albania perché ci sono opportunità di lavoro e di amici-zia, di esperienza e di conoscenza come un atto reale di crescita e formazione caratteriale. Il viaggio di per se non e solamente un spostamento geografico perché voi non siete oggetti, avete percezioni, curiosità, nostalgie, sentimenti e per quello il vostro viaggio e di più di un semplice spostamento. Il viaggio e esperienza personale e conoscenza del esperienze altrui, rispetto per altri e per voi stesi, capacita di adattarsi, disponibilità di apertura mentale, confronto coraggioso delle cultura e pensiero.Ragazzi non chiedete vostri genitori soldi per comprare telefonini ma chiedete soldi per i biglietti di viaggio.Ilir Butka, direttore Tirana Film Festival

Torino, lunedì 17 aprile. Terzo giorno di workshop, dedicato ai linguaggi audio-visivi. Sulla parete della trendissima sede di “Arte giovane” scorrono i video di uno dei più bravi artisti albanesi balzati sulle recenti scene dell’arte inter-

nazionale, Adrian Paci. In primo piano una bambina ( la figlia Tea) racconta, in italiano e con proprietà di linguaggio, la sua esperienza di esule a Milano. Pregiudizi razziali ed ignoranza verso l’arte contemporanea si mescolano in-vece con surreale ironia nell’interrogatorio dentro un ufficio di polizia di un giovane albanese (lo stesso Paci), sospettato di pedofilia per alcune foto che ritraggono le figlie nude con strani timbri impressi sulla pelle. Difficile spiegare al questurino che si trattava di una precisa operazione artistica…Quando la proiezione finisce si discute. Tutti sembrano apprezzare, anche se il gruppo di studenti albanesi dell’associazione Mergimtari si ritrova poco nella vi-cenda del loro connazionale. L’ aggancio al proprio vissuto sembra per Paci ed altri artisti e intellettuali della sua generazione - quella coinvolta, per intenderci, nel primo e secondo grande esodo che nel ’91 e soprattutto nel ’97 riverseran-no sulle nostre coste migliaia di esuli dall’Albania- una scelta obbligata, o meglio il modo migliore per il trauma, trasformare il dramma i n r i s o r s a narrativa. Una scelta privatis- s i m a , ma che al tempo stesso

non ha

“niente di personale”, come ho voluto intitolare questa pic-cola rassegna artistica. “Niente di personale” perché per questi au-tori il personale è politico, per dirla con un vecchio slogan. Rimanda infatti a sé ma anche al carattere storico e persi- n o u n i -versale dell’esperienza collettiva dell’esilio, la perdita di identità e radici, lo sradicamento, a metà tra inquietu-dine per ciò che di lascia e speranza di cambiamento. Nelle ultime generazioni che questa realtà vivono in maniera indiretta, tale equilibrio un po’ si spezza. Lo si capisce osservando i video dell’altra sezione, dedi-cata a cinque emergenti albanesi, Heldi Pema, Fani Zguro, Eltjon Valle, Elsa Martini, Robert Alaj Dragot: che propongono una più smaliziata tendenza alla lettura critica delle contraddizioni di una città vi-tale ma complessa come Tirana, e in generale dell’Albania attuale. Di fronte a queste immagini alcuni dei giovani presenti, pur generazionalmente vicini ai cinque autori, non ci stanno. Non accettano la mancanza di filtri poetici, la freddezza documentaria con cui essi ci mostrano una fotografia cruda del proprio paese. Il disorientamento si accentua quando più tardi, a sorpresa,

nella stanza fa irruzione uno strano personaggio in tuta bianca, stile Ris, che legge con tono deciso un comunicato di sapore politico. E’ la performance del collettivo barese-torinese dottor Porka’s P-project, che si confronta invece radicalmente con urgenze sociali, ben poco “personali”. Il dibattito continua, la discussione si anima, investe il problema troppo spe-cialistico del concetto di arte. Alla fine ci si lascia con idee non molto chiare su come rielaborare questi spunti per il lavoro della rivista. Ma, ne sono convinta, con qualche utile interrogativo e qualche curiosità in più… Antonella Marino, curatrice e critica d’arte

I n Albania L a prima im- magine dell’Albania è “mediati-

ca”. Siamo seduti in un bar lun- go la rotta tra Gjirokastër

e Ko- rcë, fuori è già buio e dobbiamo sbrigarci, non sappiamo

come sarà la strada e siamo

un po’ preoc-cupati. Ma a b b i a m o

a n c h e v o -

g l i a d i stac-care

u n m o -

m e n t o , di confrontarci dopo

due giorni intensi di immagini e parole. Entrare in Albania dalla Gre-

cia ci ha permesso di fare i terzisti, di porci un poco di lato rispetto all’opposizione canonica tra italiani e albanesi di cui comunque tutti sap-piamo qualcosa. Abbiamo incontrato albanesi

della minoranza greca, e altri arumeni. Questa mat-tina, uscendo dall’albergo di Saranda, abbiamo cono-

sciuto una coppia greca, di Cefalonia, in Albania per vacanza. Non so se ai miei compagni di viaggio ha fatto lo stesso effetto, ma io sono

rimasto particolarmente colpito di sentire anche solo parlare di Albania come luogo di vacanza, per di più per cittadini greci. Ho ancora freschi ricordi del disprezzo che gli albanesi suscitano molto spesso nei giudizi in Grecia, e trovo piacevole questo cambiamento.Gjirokastër, poi, mi è caduta addosso con le sue mura di pietra disposte in saliscendi, e un paesaggio montano dolorosamente intenso. Il crocevia del

centro, con le sue insegne scolorate e le vetrine dei negozi di legno, sembra il set di uno spaghetti western, con maschere felliniane a fare da comparse, ma c’è anche un ufficio turistico dove due giovani impiegate mi hanno dato i normali depliant di una città turistica, le mappe, le indicazioni, i posti.L’Albania ci sta venendo incontro sempre più veloce, in questo viaggio dis-organizzato perfettamente dal Motore di Ricerca. Le nostre macchine trabal-lano spesso lungo la carreggiata, ma traballiamo più spesso noi, di dentro. Se quindici anni fa, quando venivo qui le prime volte, l’Albania era un viaggio nel tempo, dove potevo trovare senza sforzo i gilet di mio nonno, gli sguardi dei vecchi del paesino di mio padre che ricordo nelle osterie quand’ero bambino, ora faccio fatica a orientarmi, il “prima” che mi ricordo si incrocia costante-mente con un “ora”, a volte con un “dopo”, come quando (tra un paio di giorni, a Tirana) chiacchiererò con uno studente italiano in un locale notturno.Ma dicevo dell’immagine mediatica che l’Albania mi ha lasciato. Siamo in quel bar, allora. Beviamo tè e chiacchieriamo, cercando di guardarci negli occhi per vedere cosa gli altri hanno visto. Siamo attorno a un tavolino, ci siamo tutti: io, Matteo, Roberto, Michele, Nico e Valentina. Le nostre macchine da presa, le nostre fotocamere, hanno già inghiottito chilometri di strada, facce, monumen-ti, muri, capitelli stradali, bunker, posti di frontiera. Ogni macchina poggiata ora sul tavolino del bar sembra un polifemo addormentato, pronto a risvegliarsi per ricominciare a inghiottire la realtà con il suo occhio, un’immagine alla volta. Anche questo è un modo di controllare non solo quel che ci sta attorno, ma anche i rapporti di potere: se siamo noi a guardare, ancora non viene messa in dubbio la nostra “soggettività” (e, di converso, la loro “oggettivabilità”). Più o meno mentre penso a questo, guardo il televisore appoggiato a un mo-bile alto, che trasmette le notizie di Top-Channel, il canale televisivo che dal

2001 si sta affermando come uno dei più importanti del “nuovo corso” albanese. Lo stile delle news è simile a quello imposto dal modello

C N N , che ormai conosciamo tutti: notizie rapide con titoli in sovrimpressione e un “rullo” continuo di testo che scivola sotto le immagini. Ci vuole poco a capire che il notiziario parla di noi, cioè

parla dell’Italia. Riporta due notizie: la pri-ma racconta, con dovizia di dettagli iconici, l’emergenza spazzatura in Campania. La seconda, invece, parla dell’emergenza

meningite che proprio in quei giorni stava cre-ando allarme, soprattutto nel Veneto. In un paio

di minuti tutta l’arroganza e il senso di superiorità dello sguardo italiano sono cancellati. Proveniamo da

un paese invaso dall’immondizia e dove la gente muore di meningite. Penso al 1991, alle “carrette del mare”. Penso al 1997, al crollo delle piramidi finanziarie e alla “guerra civile”. A come abbiamo raccontato quelle storie nei nostri mezzi di comunicazione in un trionfo di semplificazioni e stereotipi che sono andati ad alimentare il nostro pre-giudizio.Ora, si direbbe, veniamo ri-pagati con la stessa moneta. Ben ci sta, mi viene da pensare. Ma poi mi dico che non è con una duplice raccolta di prevenzioni che potremo capirci più a fondo e quindi vivere meglio. Abbiamo invece ancora più bisogno di parlarci, di incontrarci. Ecco perché risaliamo in macchina, perché Roberto e Michele si rimettono al telefono a fissare appuntamenti. Ecco perché valeva la pena di venire qui, in Albania.Piero Vereni, antropologo

Nga data 15 deri më 18 mars 2008, në Torino, në galerinë “Artegiovani“. e cila gjendet në via Crescentino, nr. 25 nën kujdesin e grupit shumëdisiplinor il Motore di Ricerca dhe në bashkepunim me shoqatën “Mergimtari të Torinos u orgganizuan ditët e laboratorit të punës per krijimin e një reviste në bash-këpunim më bashkësitë lokale dhe sipërmarrëse në territorin e Piemontes, për konkursin Torino Geodesign 2008. Përballoheshin në këtë ditë eksperienca që grupi shumëdisiplinor Il Motore di Ricerca kishte sjellë me shtrësen e parë të rrjetit të krijuar nga takimet me gazetarë, shkencëtare, studies jo vetëm shq-iptarë por edhe italianë me raporte njohje mbi Shqipërinë.Albana Temali >>http://www.ilmotorediricerca.eu/articolo%20albanese.pdf