Calcio2000 194

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diretto da Fabrizio Ponciroli n.194 febbraio 2014 L’enciclopedia del calcio CALCIO2000 pag.18 pag.48 pag.12 “Scambierei il Triplete con il Mondiale” Esclusiva MAICON pag.8 SERIE B EXPLOIT TRAPANI, ECCO MANCOSU… MITI DEL CALCIO MILLA, ANIMA DEL CAMERUN SPECIALE COPPA CAMPIONI 1960/61 LA PRIMA DEL BENFICA pag.22 pag.34 pag.40 IN EDICOLA IL NUOVO CALCIATORI 2013-2014 GRIFFATO LE VERITÀ DI ANTONINI “SOGNO LA CHIAMATA DI PRANDELLI” RACCONTI DI SPORT UN CAMPIONE DI NOME POGGI SPECIALE BRASILIANI DELLA ROMA DA ADRIANO A ZAGO…

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Il primo del 2014 si apre con l’intervista in esclusiva a Maicon, l’ex nerazzurro è proprio disposto a tutto per vincere il prossimo mondiale anche a... La palla passa poi ad Anotonini, l’ex rossonero in cerca di un riscatto in quel di Genoa, anche lui a caccia di un posto per Brasile 2014. Tra le chicche del passato, la storia di Destro (padre), protagonista della rubrica “Una leggenda per ruolo” e il toccante racconto di Michel Platini narrato dalle sapienti parole di Simone Quesiti.

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diretto da Fabrizio Ponciroli

n.194febbraio 2014

L’enciclopedia del calcio CALCIo2000

pag.18

pag.48

pag.12

“Scambierei il Triplete con il Mondiale”

Esclusiva MAICON

pag.8

sErIE b ExpLOIt trApANI, ECCO MANCOsu…

MItI dEL CALCIO MILLA, ANIMA dEL CAMEruN

spECIALE COppA CAMpIONI 1960/61 LA prIMA dEL bENfICA

pag.22

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IN EdICOLA IL NuOvO CALCIAtOrI 2013-2014 grIffAtO

LE vErItà dI ANtONINI“sOgNO LA ChIAMAtA dI prANdELLI”

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3ago 2013calcio2000

CHE SIa L’aNNo gIUSTo

l 2013 lo abbiamo salutato. Un anno complicato, non nascondiamoci… Ora abbiamo dato il ben arrivato al 2014. L’augurio è che sia l’anno giusto. Per-sonalmente spero che vi riservi grosse soddisfazioni e tanti sorrisi, di quelli ne abbiamo un gran bisogno. Ovviamente c’è la questione sportiva, quella

che ci sta maggiormente a cuore. In campionato, nonostante una Juventus for-mato “piglio tutto”, ci stiamo divertendo. A Roma, sponda giallorossa, l’entu-siasmo è evidente. Merito dei boys di Garcia, un gruppo vero, unito, solido. Anche a Firenze e Napoli si stanno impegnando e, ne sono certo, Milano non resterà in disparte. L’Europa ci ha dato, almeno io la penso così, una grossa chance. In Champions, è vero, siamo nelle mani del Milan, l’unico club “europeo” che abbiamo ma, in Europa League, abbiamo quattro assi da giocarci, ovvero Juventus, Fiorentina, Napoli e Lazio, ognuna con velleità di vittoria. L’Europa League non l’abbiamo mai vinta, sarà pure un trofeo secondario, ma vincerlo non sarebbe male. Anche per arrivare, al grande evento del 2014, ossia il Mondiale, con i muscoli ben gonfi. In Brasile tutti si aspettando la nazionale di casa Campione, anche Maicon, l’uomo copertina del mese, c’è l’ha ribadito. Ecco, riuscire a modificare l’ordine naturale delle cose non sarebbe affatto male. Nei momenti di crisi, leggi 2006, la nostra Nazionale sa come sbocciare, quindi in Brasile potremmo, ancora una volta, lasciare tutti a bocca aperta, Brasile compreso. Ecco, vin-cere il Mondiale farebbe del 2014 l’anno giusto, quello da conservare nella memoria nel cassetto delle annate doc. Io ci credo, credo che la fortuna, in

generale, sia in debito con noi italiani e, il 2014, potrebbe essere il momento opportuno per riscuotere, non solo a livello sportivo… Come sempre mi sono

dilungato. Solo il tempo per ringraziarvi sempre del grande appoggio e per “invitarvi” a collezionare l’album Calciatori 2013-14 della Panini. Gli anni

passano ma alcune tradizioni resistono, come, per fortuna, l’album Panini… Ci sarebbe anche da lanciare i tanti contenuti del mese ma vi lascio alla lettura,

faccio prima. Buon 2014, in ritardo ma con la convinzione che ci si possa divertire tutti insieme. Ce lo meritiamo…

Idiretto da Fabrizio Ponciroli

n.194febbraio 2014

L’enciclopedia del calcio CALCIo2000

pag.18

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pag.12

“Scambierei il Triplete con il Mondiale”

Esclusiva MAICON

pag.8

sErIE b ExpLOIt trApANI, ECCO MANCOsu…

MItI dEL CALCIO MILLA, ANIMA dEL CAMEruN

spECIALE COppA CAMpIONI 1960/61 LA prIMA dEL bENfICA

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IN EdICOLA IL NuOvO CALCIAtOrI 2013-2014 grIffAtO

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di Fabrizio Poncirolieditoriale

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SommarIo194

6 LaboccadelleonediFabrizioPonciroli

8 IntervistaEsclusivaMaicondiFabrizioPonciroli

12 SpecialeBrasilianidiDanieleBerrone

18 IntervistaEsclusivaAntoninidiCarloTagliagambe

22 SerieB–MancosudiSergioStanco

26 RubricaLegaPro-PerugiadiGabrieleCantella

28 RubricaSerieD–SanthiàdiCarloTagliagambe

SErIE a

aLTrI CampIoNaTI ITaLIa

serie A

30 Unaleggendaperruolo-DestrodiSamueleMei

34 Imitidelcalcio-MilladiLucaGandini

38 AccadeaFebbraiodiSimoneQuesiti

40 SpecialeChampionsLeaguediGabrielePorri

46 Aunpassodallagloria-OrlandinidiAlfonsoScintiRoger

48Confessionidelcampione-PoggidiAntonelloSchiavello

52 Dovesonofiniti?PirasdiPaoloCamedda

54 Top11–GallesdiAntonioVespasiano

58 SpecialeCalcioArgentinodiThomasSaccani

60 SpecialeGabyMilitodiThomasSaccani

62 Spagna-LaBarcaAffonda66 Inghilterra-Devilsall’Inferno70 Germania-NonsoloBayern...74 Francia-Monaco,l’ultimoparadiso

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5ago 2013calcio2000

SommarIo194Direttore resPonsabilealfonso Giambelli

Direttore eDitorialeFabrizio [email protected]

resPonsabile iniziative sPecialiriccardo [email protected]

caPoreDattoresergio [email protected]

reDazionetania [email protected] boschi

Hanno collaboratoDaniele chiti, renato Maisani, antonio longo, Deborah bassi, luca Gandini, alvise cagnazzo, Gianpiero versace, luca Manes, Flavio sirna, Paolo Mandarà, stefano De Martino, antonio Giusto, nicola Pagano, eleonora ronchetti, simone Grassi, Gianluigi bagnulo, antonio vespasiano, Matteo Perri, Francesco Del vecchio, antonio Modaffari, Gabriele Porri, Paolo camedda, alessandro basile, Francesco schirru, Pasquale romano, elvio Gnecco, Dario lisi, Francesco ippolito, roberto zerbini, andrea rosati, silvia saccani, lorenzo stillitano, riccardo cavassi, antonello schiavello, alfonso scinti roger, elmar bergonzini, alessandro casaglia, simone Quesiti, Pierfrancesco trocchi, stefano benetazzo, nicolò bonazzi, Gianni bellini, Francesco scabar, Daniele berrone, irene calonaci, simone beltrambini, Gabriele cantella

realizzazione GraFicaFrancesca crespi

FotoGraFie agenzia fotografica liverani

statisticHeaction GroUP srl

concessionaria esclUsiva Per la PUbblicitàaction GroUP srlvia londonio 222o154 Milanotel. 02.345.38.338cell. 338.900.53.33e-mail: [email protected]

5fEb 2014calcio2000

calcio2000

Numero chiuso il 30 dicembre 2013

Il prossimo numero sarà in edicola il 15 febbraio 2014

eDitore action Group s.r.l.via londonio, 22

20154 Milanotel: 02 345.38.338

Fax: 02 34.93.76.91

registrazione del tribunale di Milano n.362 del 21/06/97

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6 feb 2014calcio2000

TIKI TAKA CHe bARbA…Buongiorno Direttore,ho una riflessione che vorrei condividere con lei. Seguo spesso la Liga e credo di sapere riconoscere il bel calcio da quello noioso. Per me il Barcellona pratica un calcio noio-so. Tutti stanno a parlare di questo tiki taka, di come avvolge gli avversari, di qua e di là ma a me sembra un gioco noioso, un continuo passarsi la palla, senza concludere nulla. Con i giocatori che hanno, potrebbero vincere a man bassa gio-cando in qualsiasi altro modo, non penso che il tiki taka sia l’unico modello da seguire. E poi, onestamente, quando van-no sotto, con questa continua rete di passaggi si fa fatica a recuperare in fretta. Sono sicuro che mi risponderà, magari sul giornale. Complimenti per la schiettezza con cui affronta ogni tematica.Giulio, mail firmata

Caro Giulio, ammetto, sin da subito, che non sono un so-stenitore del tanto decantato tiki taka ma, altrettanto sin-ceramente, non me la sento di condividere il tuo pensiero. All’apparenza non sarà un gioco illuminante ma, in quanto ad efficacia, fatico a trovare qualcosa di similare. Il Barcel-lona non ti avvolge, attende solamente il momento propizio per colpirti. Quella rete di passaggi orizzontali è pensata so-lamente per trovare lo spazio giusto per l’inserimento in area che spezza le certezze difensive degli avversari. E, aggiun-go, non credo che il Barça possa giocare in maniera diversa. Quei giocatori nascono con il tiki taka e, se ci pensi bene, chi si deve inserire non sempre riesce ad amalgamarsi al meglio (leggi Ibra). Non mi fa impazzire ma il gioco del Barça è funzionale all’anima blaugrana e, poi, è vincente…

LA TOP 11 AD OGGIGentile Redazione,sono un blogger e vorrei da voi la Top 11 della Serie A ad oggi, quella delle prime 17 giornate di campionato. Colgo l’occasione per ringraziarvi dell’eventuale risposta…Filippo, mail firmata

Caro Filippo ti ho già risposto via mail ma ritengo corret-to condividere la mia Top 11 con il resto dei lettori di Cal-cio2000. Eccola: Top 11 Calcio2000 (4-3-3) - Reina (Napo-li); Nagatomo (Inter), Benatia (Roma), Barzagli (Juventus), Maicon (Roma); Pogba (Juventus), Pjanic (Roma), Cerci (Torino); Tevez (Juventus) Higuain (Napoli), Rossi (Fioren-tina). Beh, una squadra un po’ a trazione anteriore ma non potevo lasciare fuori certa gente…

A Me beNITeZ PIACe…

Egregio Ponciroli,anche se parla poco del mio Napoli, devo dire che Cal-cio2000 è sempre piacevole da leggere. Da quando ha au-mentato le pagine sulla storia e gli aneddoti del calcio, è ancora più completo. Le scrivo perché sono piuttosto arrab-biato. Sono un fedelissimo del Napoli, il mio vero amore. Sa bene che noi abbiamo Napoli nel cuore ma certi giornalisti proprio no. C’è un sacco di gente che si permette di giudi-care l’operato di Benitez senza sapere di che sta parlando. Siamo usciti dalla Champions con 12 punti, in campionato stiamo facendo bene, perché si continua a dire che Benitez non va bene? Lei che ne pensa?Mimmo, mail firmata

Per scriverci – [email protected]

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7feb 2014calcio2000

di Fabrizio Ponciroli

Caro Mimmo, io sono pienamente d’accordo con lei. Il Na-poli di Benitez è una signora squadra e, non dimentichiamo-celo, il progetto è appena iniziato. Se non fosse per questa Juve dal passo da marziani e una sfiga colossale in Cham-pions, il lavoro di Benitez verrebbe osannato. Il problema di noi italiani è che pensiamo solo ed unicamente al risultato. Meglio vincere con un autogol al 93’, dopo aver giocato ma-lissimo che dominare una partita, giocare un gran calcio e magari perdere per un, appunto, autogol. È la nostra cultura, difficile non farci i conti. Comunque sia, il tecnico spagnolo è, oltre ad un grande stratega del gioco, anche un vincente e sono convinto che lascerà il segno anche a Napoli, zittendo tutti i critici…

MA STO PALLONe D’ORO?Direttore,sono giorni che continuo a sentir parlare tutti su sto male-detto Pallone d’Oro. Messi, Cristiano Ronaldo, Ribery, tutti sono certi di averlo vinto. Lei che ne sa più di me, chi lo vin-cerà? PS Quando mi metterà un bel romanista in copertina?Fitroma67, mail firmata

Due cose: ricordati di scrivere il tuo nome la prossima volta e, come avrai visto, c’è Maicon in cover… Venendo al di-scorso Pallone d’Oro, ecco quello che penso in proposito. Il calcio è un gioco di squadra, sempre complicato capire chi sia il migliore, visto che molto dipende dai compagni che hai al fianco e dalla squadra in cui giochi. Per me Messi, centi-metro per centimetro, resta il migliore in assoluto, anche del Cristiano Ronaldo dell’ultimo periodo. Milito, nell’anno del Triplete, non l’ha vinto e credo che neppure Ribery riuscirà a portarselo a casa. Io dico Cristiano Ronaldo, farebbe comodo a tutti se lo vincesse lui, in particolare ai tanti sponsor che lo sostengono da tempo… Oggi è il 27 dicembre, quando leggerai questa risposta si saprà già chi se lo aggiudicato… Magari ci ho preso, magari no, resta il fatto che non amo particolarmente questo riconoscimento…

COMe bUTTARSI VIA…Direttore Ponciroli,sono tifoso dell’Inter e pensavo che Icardi potesse diventare il nuovo Milito. Dopo un brillante inizio, ecco che il ragazzo si perde andando dietro a sta Wanda che, me lo lasci dire, non mi sembra neanche sta gran cosa. Perché all’Inter non sanno mai gestire i propri giocatori? Questo fa la fine di Adriano, se lo ricorda?Federico, mail firmata

“Questo fa la fine di Adriano” è da applausi… Federico, la vita privata dei calciatori, per fortuna, è affar loro. Icardi è

CARI CALCIATORIDirettore, ha visto che è uscito il nuovo album dei Calciato-ri? Come sempre le chiedo un parere da collezionista? Ho notato che una raccolta davvero lunghissima…Stefano, mail firmata

Ciao Stefano, ovviamente album già acquistato e completa-to entro la fine dell’anno… Ogni anno mi dico che la Panini non può fare meglio eppure, sempre, mi sbaglio. 822 figu-rine, più tutte le special, un bell’impegno ma, ragazzi, che album. Personalmente sono rimasto stupito dalla doppia pagina dedicata alle figurine sportive ispirate ai personaggi di Topolino, davvero spettacolare. Ormai i Calciatori sono un appuntamento imprescindibile e sempre emozionante. Poi, Gabriele, quest’anno ci va di lusso, visto che ci sono anche i Mondiali…

giovane, ha talento e si è innamorato, non ci vedo nulla di negativo. Il vero problema è che ha deciso, insieme alla sua nuova compagna, di farne un affare di stato. Questi conti-nui cinguettii hanno reso questa storia d’amore di dominio pubblico. Ma, caro Federico, non starei a preoccuparmi più di tanto. All’Inter c’è Mazzarri, uno che sa mettere in riga i giocatori ed Icardi non farà eccezione. Adriano ha avuto altri problemi, più legati all’uso di alcolici, qui, in fin dei conti, parliamo d’amore o così pare…

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8 feb 2014calcio2000

MAICON SI GIOCA IL TRIPLeTe

i giocatori come Maicon, ammettiamolo, ce ne sono pochi in circolazione. All’Inter se lo ricordano

bene. Lui è stato uno dei grandi prota-gonisti delle tante vittorie della Benea-mata, Triplete in testa. Passato al City, sembrava essersi perso ma, rientrato nel Bel Paese, nell’accogliente Capita-le, è tornato a svolgere il suo mestiere di incursore al meglio. Roma ma non solo. Maicon ha in mente il Mondiale. Si gioca in Brasile e lui sarà in campo, con la casacca verdeoro, per trascinare

D

intervista - Maicon Douglas sisenanDo di Fabrizio Ponciroli

la sua amata Nazionale al trionfo che tutti attendono. Calcio2000 lo ha inter-vistato, in esclusiva, durante un evento al Nike Store, in via del Corso, a Roma, in cui è stata svelata la nuova, strepito-sa, maglia del suo amato Brasile…Innanzitutto grazie per averci con-cesso questa intervista… Partiamo dal passato: ricordi ancora la tua prima volta con la maglia del Brasi-le? “Sì, mi ricordo è stata una partita di qualificazione per il Mondiale 2006, la partita contro il Paraguay e sicura-

mente quel giorno lì non lo dimenti-cherò mai”.Hai vinto due Copa America e due Confederations, a quale trofeo sei più legato?“Si tratta di Nazionale, sono trofei importanti però sicuramente la Coppa America del 2004 è stato un trofeo im-portante per la mia carriera”. Che ne pensi del sorteggio? Avver-sarie alla portata del Brasile?“Trattandosi di un Mondiale non biso-gna guardare il sorteggio ma preparar-si e studiare la nazionale che affronti

grande protagonista nella roma, sogna di conquistare il Mondiale con il suo amato Brasile…

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9feb 2014calcio2000

e poi fare bene, poi trattandosi di una competizione mondiale bisogna gio-care con molto impegno”. L’ultima volta che sei stato in Bra-sile, si respirava già l’aria dei Mon-diali? C’è già grande attesa? “Sì, sì certo, l’ultima volta che sono andato là era durante la Confederation Cup e già si pensava al Mondiale”. Giocare in casa è un vantaggio o si rischia l’eccessiva responsabilità e dunque di essere schiacciati dalla pressione?“Ma no, il vantaggio bisogna averlo in campo, bisogna mettere la testa giusta per affrontare ogni partita”. In Brasile non tutti sembrano con-tenti dell’arrivo dei Mondiali. Ci sono tante persone arrabbiate per la questione stadi, tu che ne pensi?“Noi pensiamo a fare il nostro, il no-stro è sicuramente andare con la na-zionale e fare bene perchè così possia-mo cambiare qualcosa”. Potessi scegliere: vorresti incontra-

Sin dalle giovanili, nelle fila del Gremio, il Colosso (uno dei suoi soprannomi) è sempre stato abilissimo sulla fascia. Noto per essere uno dei laterali destri più forti al mondo, Maicon, dopo essersi fatto notare nelle fila del Monaco (dal 2001 al 2004), ha sperimentato il calcio europeo accettando l’offerta del club francese del Monaco. Due stagioni in Ligue1, prima del passaggio, nell’estate del 2006 (per una cifra vicina ai sei milioni di euro) all’Inter. È con la casacca nerazzurra che Maicon diventa un campionissimo. Sin dalla sua prima stagione a Milano, è titolare inamovibile. Con Mourinho in panchina, raggiunge l’apoteosi, conquistando, da assoluto protagonista, il Triplete. Nell’Inter gioca sei stagioni, con un totale di 248 partite e 20 gol all’attivo. Nell’agosto del 2012 si trasferisce in Premier League. A 31 anni suonati, non viene ritenuto più all’altezza del nuovo ciclo nerazzurro. Con i Citizens le cose non vanno benissimo. Tra infortuni e poca fiducia nei propri mezzi, Maicon si perde per strada. Lo scorso luglio, Sabatini decide di dargli una seconda chance, chiamandolo a Roma. Sceglie di indossare nuovamente la casacca numero 13 e decide di dimostrare a tutti che Maicon è ancora uno dei laterali più forti al mondo. Detto, fatto. La Roma di Garcia, con lui in campo, vola. Il Colosso torna a spingere come ai bei tempi, tornando anche a festeggiare il gol (contro la Fiorentina). Doveva chiamarsi Michael in onore dell’attore Michael Douglas ma anche da Maicon (errore all’anagrafe) è un bell’andare…

nato per correre

Il rapporto tra Maicon e la nazionale brasiliana è di lunga data e con diversi successi

MAICON NeLLe fIGURINe PANINI

re l’Italia? In che turno e perché?“Ma certo è sempre un piacere giocare con l’Italia perché è una grandissima nazionale e anche quattro volte cam-pione del mondo quindi sarebbe bello giocare contro l’Italia al Mondiale”.Che finale sogni?

“Io sogno di andare in finale (ride, ndr) poi chiunque affrontiamo va bene”. Brasile escluso, quali sono le tue fa-vorite per il Mondiale?“Il Brasile non va mai escluso, deve andare sempre fino in fondo però se succede possiamo vedere una bella Argentina in finale”. Chi sarà secondo te il giocatore ri-velazione? “Neymar, ha tutto per essere l’uomo di questo Mondiale. Ha un talento pazzesco, classe purissima”…Potessi rubare un giocatore all’Ita-lia, chi toglieresti?“Thiago Motta, lo conosco bene, è uno che sa il fatto suo e sa orchestrare al meglio il gioco. Uno decisamente pericoloso…”Fossi in Prandelli, De Sanctis lo por-teresti ai Mondiali?“Ma si, De Sanctis è un gran portiere, gran compagno e per quello che sta fa-cendo penso che lo merita”. Di Totti che ci dici, uno così come lo

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini

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10 feb 2014calcio2000

intervista - Maicon Douglas sisenanDo

vedi al Mondiale? Troppo vecchio, largo ai giovani?“Ma no, penso che l’età non conta nulla, Totti non ha mai smesso di far vedere le sue qualità, quindi è un gio-catore importante”.Neymar, Messi, Ronaldo, Ribery, Robben, Pirlo: chi sarà la stella e perché?“Secondo me Neymar, lo ripeto, ha tutto per far bene…”

Grande festa al Nike Store di Roma per l’asso del Brasile e della Roma Maicon

Tu che lo conosci bene: Mario Ba-lotelli può arrivare a quei livelli? Cosa gli manca?“Mario è un grandissimo giocatore, con grandissime qualità, se mette la testa a posto sicuramente diventerà un grande campione”.Hai giocato con tanti campioni nel-la nazionale brasiliana… Di quelli che non ci sono più, chi aveva le doti tecniche migliori?

“Per me chi è stato unico è Ronaldo, un fenomeno. Inimitabile, unico in tutti i sensi…”Hai vinto tutto, cosa ti regalerai in caso di vittoria del Mondiale?“Ma niente, dopo che vinci il Mon-diale non devi regalarti più niente (ride, ndr). Diciamo che sarei a posto così…”Un’ultima domanda: Totti ti parla mai del Mondiale vinto? Scambie-resti il Triplete con il suo Mondiale?“È dura però il Mondiale è importan-te, e si lo cambierei; il Triplete per il Mondiale”.Per sua fortuna, in caso di successo del Mondiale, non dovrà separarsi da quel Triplete che ha fatto la sto-ria dell’Inter. Certo è che, dovesse portarsi a casa anche la Coppa del Mondo, la bacheca di Maicon sareb-be completa e invidiata da tutti, Totti compreso…

In pochi lo sanno ma Maicon, se non fosse stato per una persona, avrebbe giocato a centrocampo. L’aneddoto è stato svelato dallo stesso Maicon, tre anni fa, proprio a Calcio2000. Siamo andati a riprendere quello stralcio di intervista per ricordare come, a volte, i consigli di un padre possono cambiare il corso di una carriera. “Assolutamente no. Giocavo a centrocampo, ero un centrocampista. Non pensavo di poter giocare da esterno destro di difesa, e se sono arrivato a farlo, e anche in maniera discreta, lo devo a mio padre. Prima di entrare nel mondo del calcio che conta, giocavo nel Criciuma, una squadra brasiliana allenata proprio da mio padre. Durante una gara, s’infortunò il nostro terzino destro, mio papà mi chiamò e mi disse: “Gioca tu da laterale, so che puoi dare molto e che puoi farcela”. Mi impegnai in un ruolo non mio e con grande stupore mi trovai a mio agio, tanto che l’allenatore mi schierò, da quel momento, sempre e solo in quella posizione. Forse, e sottolineo forse, ci ha visto lungo. Grazie papà”. Beh, decisamene grazie… Alla luce di quanto ha fatto e sta facendo da esterno di difesa, l’intuizione del padre vale quanto quella di Ancelotti quando decise di mettere Pirlo davanti alla difesa al Milan…

Terzino grazie a…

Il Brasile sogna di vincere i Mondiali di casa, la Nike pure... Nike, infatti, è lo sponsor che ha realizzato la speciale maglia da gioco per la nazionale verdeoro. Presentata a Rio de Janeiro, la divisa combina innovazione, elementi di design che richiamano la cultura e la tradizione con la sostenibilità ambientale. Una maglia speciale per una squadra speciale… All’avanguardia per traspirabilità e comfort e con un occhio importante alla sostenibilità aziendale, la divisa ha fatto la felicità di tutti, in particolare di Neymar, uno degli assi del Brasile: “Indossare la ‘amarelinha’ è un onore per me e i miei compagni di squadra. Il Brasile è un posto davvero speciale per giocare a calcio e vogliamo giocare bene e vincere per il nostro Paese. Questa divisa ci aiuterà a farlo grazie alla tecnologia e all’ispirazione che ci offre”. Una maglia speciale per un’impresa speciale…

Una maglia per vincere…

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11feb 2014calcio2000

MAICON SI GIOCA IL TRIPLeTe

CARTA D’IDENTITànome: ........................................... Maicon Douglas Sisenandonomignolo: ............................... Maiconluogo e data di nascita: ....Criciuma (BRA), 26/07/1981ruolo: ............................................ Difensoresquadra attuale: .................. Romanumero di maglia: .............. 13squadre precedenti: ......... Criciuma, Cruzeiro, Monacoesordio in serie a: ................ 09/09/2006 (Fiorentina-Inter 2-3)Prima rete in serie a: ......... 28/01/2007 (Sampdoria-Inter 0-2)Palmares: ................................... 1 Coppa del Brasile, 1 Campionato Brasiliano, 2 Campionati Mineiro, 2 Copa Sul-Minas, 4 Scudetti, 3 Supercoppa Italiana, 2 Coppa Italia, 1 Champions League, 1 Coppa del Mondo per club, 2 Coppa America, 2 Confederations Cup

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12 feb 2014calcio2000

A ROMA SI bALLA LA SAMbA

sPeciale - Brasiliani a roMa di Daniele Berrone

Da cerezo a Mancini passando per aldair e cafù, tanti i campioni verderoro che hanno vestito la maglia giallorossa

S

uando si pensa al Brasile viene immediatamente in mente il futbol bailado, la tecnica sublime, il bel gio-

co ed un sole che ti accarezza la pelle. A circa ottomila chilometri di distanza sor-ge una delle città più belle del mondo, culla della cultura classica e madre della più grande civiltà della storia: Roma. Nella capitale del Bel Paese i calciatori brasiliani hanno da sempre trovato uno dei luoghi migliori in cui esprimersi, in cui trovare una seconda casa. Apri-fila del movimento è stato un attaccante di Rio de Janeiro, Dino da Costa, approda-to in giallorosso nel 1955 e ben presto divenuto un idolo dei tifosi. Capace di

Q segnare 12 reti in 9 derby con la Lazio, è tutt’oggi il più prolifico cannoniere del-la stracittadina romana, al pari di Marco Del Vecchio e Francesco Totti. Dopo di lui Josè da Silva, Da Costa Jair e quel Benedicto Sormani capace di incantare in campo e condurre la squadra dalla panchina una volta ritiratosi. Quando penso al binomio Roma-Brasile, è però impossibile non pensare immediata-mente a Paulo Roberto Falcao e To-ninho Cerezo, campioni capaci di fare la storia del calcio e del club capitolino. Falcao è stato una colonna della società dell’allora presidente Dino Viola, un le-ader, in campo e fuori. Arrivare ad esser apostrofato come il “divino” o “l’ottavo

re di Roma” è un’onorificenza che la ti-foseria della Sud ha concesso ad un solo altro uomo, un certo Francesco Totti. Il “baffuto” Toninho Cerezo è stato invece simbolo della voglia di vincere, tanto da sacrificare le proprie vacanze pur di gio-care (e decidere) la finale di Coppa Ita-lia contro la Sampdoria, squadra con cui giocherà e vincerà negli anni avvenire. Da sempre fra i campioni della Seleçao e la Roma si è stretto un forte legame, che nel corso degli ultimi vent’anni è stato di luci ed ombre, successi e tonfi. Simbolo di questo rapporto sono cer-tamente due difensori, che con il loro carisma e le loro giocate hanno segnato indelebilmente la storia del club. I tifo-

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13feb 2014calcio2000

Tra i tanti brasiliani arrivati a Roma, Aldair ha un posto speciale nel cuore del popolo giallorosso

si della “Lupa” avranno già capito di chi sto parlando, Aldair Nascimento do Santos e Marco Evangelista de Moraes.Aldair, approdato alla Roma nel lonta-no 1990 dal Benfica, è stato uno stopper fantastico, che faceva dell’eleganza e della concretezza i suoi punti di forza. Marcatore implacabile a dispetto della sua velocità non proprio memorabile, Aldair sapeva come pochi essere nel po-sto giusto al momento giusto, frapporre il suo corpo e le sue lunghe leve alla pro-pria porta, per chiuderla a doppia man-data. Soprannominato dai tifosi “Pluto”, il difensore brasiliano ha saputo guada-gnarsi l’affetto ed il rispetto della piaz-za, tanto da portare al braccio la fascia di capitano per molti anni. Marco Evan-gelista de Moraes, o più semplicemente Cafu, è stato per il Brasile e per la Roma un’istituzione, un pezzo di storia. Ancor prima di essere un terzino formidabi-le, Cafu è stato un esempio in campo e fuori. Sempre gentile e sorridente, ha in-carnato i giusti valori che un campione dello sport deve avere. La gioia nel fare il proprio lavoro, nell’allenarsi e nel far fronte a successi e sconfitte, sono le qua-lità che tutti i grandi sportivi dovrebbero avere. In campo Cafu era un’ira di Dio, solcava la fascia con impressionante re-golarità ed era sempre pronto, tanto in difesa quanto in attacco. Il soprannome “Pendolino” descrive perfettamente le capacità del terzino destro più forte degli ultimi vent’anni, abile tanto nel ripiegare quanto nell’offendere, sempre pronto a farsi in quattro per i compagni e l’ultimo a mollare. Il suo palmarès, fatto di trionfi in ogni continente e squadra, parla da solo. Franco Sensi aveva un debole per i brasiliani, nel corso della sua presidenza non solo Aldair e Cafu, ma molti altri carioca hanno avuto il pri-vilegio di vestire la maglia giallorossa. Alcuni hanno ripagato la fiducia, altri hanno deluso amaramente. Pensiamo ad

esempio agli ultimi quindici anni, il pe-riodo più sudamericano nella storia del club. Sono approdati a Roma, nell’or-dine, Paulo Sergio, Zago, Fabio Junior, Emerson, Assunçao, Lima, Mancini, Cicinho, Doni, Taddei, Julio Baptista e Adriano, fino ad arrivare ai più recenti Marquinhos, Castan e Maicon. Quasi tutti giocatori di un certo livello, ognuno dei quali ha avuto una storia particolare.Come Paulo Sergio, attaccante rapido e prolifico acquistato dai tedeschi del Ba-yer Leverkusen, con cui i Sensi faran-no sempre ottimi affari. Campione del Mondo nel 1994, Paulo Sergio griffa 24 reti in due anni e saluta la piazza roma-na per andare a chiudere la carriera in Germania, al Bayern Monaco. Prima di andarsene, lascia a tutti un indelebile ri-cordo nel perentorio 5-0 contro il Milan. Un goal memorabile, fantastico, in cui salta con irridente semplicità Costacurta e batte Sebastiano Rossi con un potente destro incrociato. Perso Paulo Sergio, i capitolini decidono di puntare ancora su un attaccante della Seleçao, acquistando a peso d’oro quello che in patria viene soprannominato “il nuovo Ronaldo”. Fabio Junior arriva dunque in giallo-rosso per 30 miliardi di lire e colleziona una sequela di magre figure che fanno ben presto capire al mondo intero che l’unica cosa in comune con il nume-ro 9 dell’Inter è il taglio di capelli. La sua esperienza romana dura la miseria di 16 spezzoni di partita, sufficienti per far esultare la Sud nel momento del suo commiato. Diversa fortuna ebbero Car-los Zago, Emerson e Marcos Assunçao, grandi in campo e idoli della piazza per quello storico Scudetto nel 2001. Zago era un difensore duro e ruvido come pochi, capace di formare con Aldair e Samuel una linea difensiva tutta suda-mericana, l’unica che nel corso della sua storia Fabio Capello ha schierato a tre. Zago non aveva la classe di Samuel

o la visione di gioco di Aldair, ma era il perfetto “mastino” che ogni squadra vorrebbe. Davanti a lui giostrava Emer-son, approdato a Roma nuovamente dal Bayer Leverkusen. Il numero 8 è stato uno dei perni della squadra di Capello, un valore aggiunto. Abile tanto in fase di possesso quanto in ripiegamento, Emerson ha deciso con le sue giocate più di una partita, giustificando i 22 mi-lioni di dollari versati nelle casse della squadra delle “aspirine”. Dinamico e sempre concentrato, Emerson è stato il faro del centrocampo di Capello, affian-cato ora da Tommasi, ora dal connazio-nale Assunçao. Approdato a Roma l’an-no prima dello Scudetto, Assunçao non è stato un titolare inamovibile della me-diana giallorossa, ma ha entusiasmato la gente come pochi. Aveva una visione di gioco notevole e calciava le punizioni in maniera divina. Specialista dai 25 me-tri, calciava di forza o precisione indif-

I bRASILIANI DeLLA ROMA NeLLe fIGURINe PANINI

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini

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14 feb 2014calcio2000

A ROMA SI bALLA LA SAMbAsPeciale - Brasiliani a roMa

ferentemente, scavalcando la barriera e gonfiando la rete in più di un’occasione.Per rinforzare il reparto di centrocampo, l’anno dopo il tricolore, Capello chiede un brasiliano atipico. Niente piedi buo-ni o visione di gioco, ma tanta corsa e grinta. Lima era il classico calciatore che il tecnico di Pieris sa apprezzare. Senza fronzoli e con la voglia di lottare su tutti i palloni, Lima è entrato a picco-li passi nella storia del club giallorosso, lasciando un bel ricordo di sé. Come un gladiatore dell’antica Roma, Lima non contemplava la possibilità di arrendersi o togliere la gamba, uno spirito enco-miabile che lo porterà a giocare oltre i 40 anni. Gli anni di Spalletti, poco dopo l’ebbrezza tricolore, vedono una Roma molto attiva nel mercato brasiliano, con giocatori in entrata ed in uscita ad ogni sessione di mercato. Praticamente ogni zona del campo ha il suo carioca, ad iniziare dalla porta. Donièber Alexan-der Marangon, o per meglio dire Doni, arriva a Trigoria in sordina con i crismi del vice Curci. In men che non si dica l’estremo difensore di Jundiaì si con-quista il posto da titolare e non lo molla per diversi anni, venendo anzi affiancato dal connazionale Jùlio Sèrgio nella sta-gione successiva. La retroguardia viene puntellata con due laterali, approdati ri-spettivamente via Siena e Real Madrid. Rodrigo Taddei, jolly di fascia esploso nella squadra toscana, viene acquistato nell’estate del 2005 a parametro zero. Forse non si tratta di un fuoriclasse, ma la generosità dell’esterno di San Paolo è fondamentale per Spalletti, che fa di Taddei uno dei perni della sua squadra. Da par suo il brasiliano ripaga la fiducia con goal pesanti, come quello al Santia-go Bernabeu negli ottavi di Champions League, e con giocate strabilianti. Cele-bre il numero che lui stesso ha ribattez-zato “Aurelio” in onore del suo massag-giatore, esibito durante una delle notti europee sul campo ateniese dell’Olym-piakos. Per un cursore che ha fatto la storia, uno che non ha lasciato alcuna traccia. Cicero Joao de Cèzare, meglio noto come Cicinho, viene acquistato per 9 milioni di euro dal Real Madrid. Presentato in pompa magna, il naziona-

le verdeoro dev’essere il fuoriclasse che puntella la difesa, che le conferisce qua-lità. La storia insegna invece che il terzi-no paulista è stato un vero flop sulle rive del Tevere, restando a libro paga fino all’ultimo giorno del suo pluriennale contratto. A centrocampo, per raccoglie-re le pesanti eredità dei predecessori, arriva in un freddo giorno dell’inverno 2002 un talentuoso ragazzo di Belo Ho-rizonte. Esploso nell’Atlètico Mineiro, Amantino Macini strega gli osservatori romani, che lo acquistano e lo parcheg-giano sei mesi a Venezia, in Serie B. Qui trova diverse difficoltà di ambientamen-to, con mister Gregucci che lo fa sedere in panchina con sconcertante regolarità. Spalletti lo vuole comunque valutare e in estate viene riportato alla base, dove impressiona con la sua rapidità, i suoi dribbling e quel genio carioca che ti con-quista. L’amore fra Mancini e la Roma deflagra in tutta la sua forza, fino ad esplodere con un goal di tacco nel derby con la Lazio. Il Brasile è la patria degli attaccanti, tanto quelli di classe quanto quelli di potenza. La prima scommessa giallorossa per il reparto avanzato arriva ancora da Madrid. Jùlio Baptista, cen-travanti soprannominato “la bestia” per il suo fisico corpulento e la sua potenza atletica devastante. Esploso nel Sevilla, con il Real Madrid ha vissuto periodi di luci ed ombre e arriva a Trigoria con

l’entusiasmo di chi è pronto a spaccare il mondo. La voglia c’è, l’impegno an-che, la fortuna meno. Baptista giocherà 57 partite in 3 stagioni, siglando 12 reti, una delle quali con una rovesciata d’altri tempi per vincere in zona Cesarini con-tro un Torino mai domo. Per affiancarlo, nell’estate di qualche anno fa, la scom-messa. Adriano Leite Ribeiro, scaricato dall’Inter solo un anno prima, ha fatto faville in patria con la maglia del Fla-mengo. La Roma fiuta l’affare e ingag-gia il panzer di Rio, con la speranza di fare l’affare. La speranza si tramuta ben presto in un incubo, con Adriano che si presenta in condizioni imbarazzanti. De-motivato, triste e completamente fuori forma, l’ex enfant prodige nerazzurro colleziona la miseria di 5 apparizioni, la-sciando la città con l’immediata rescis-sione del contratto, per giusta causa. Le recenti esperienze negative non hanno scoraggiato la Roma, che con la nuova proprietà statunitense è tornata ad inve-stire sul mercato carioca. L’anno scorso è arrivato a Trigoria Castan, centrale difensivo di grande affidamento e conti-nuità. In estate è stato invece acquistato quello che può esser considerato ancora oggi uno dei terzini più forti del mondo, Maicon. Con gli osservatori di mercato ben attenti sui giovani talenti, la feijoada potrebbe ben presto sostituire l’amatri-ciana in quel di Roma.

Non è bastato l’impegno a Baptista per lasciare il segno in quel di Trigoria

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15feb 2014calcio2000

Titolo: AllA ricercA del cAlcio perduTo Autore: Nicola calzarettaeditore: GoalBook

Nostalgia del calcio che fu. Quello degli anni Settanta ed ottanta, quello dei due punti a partita, quello delle partite giocate tutte in con-t e m p o r a n e a la domenica pomer igg io , quello delle maglie dal numero uno al nu-mero undici. il libro riporta a galla ricordi, aneddoti, emozioni, andando a scavare nell’album della memoria. in ordine rigo-rosamente alfabetico, vengono riportate le interviste effettuate dall’autore a nume-rosi icone del calcio italiano e pubblicate, periodicamente, all’interno della rubrica “Amarcord” della storica rivista “Guerin Sportivo”. Si comincia con demetrio Al-bertini, si prosegue con enrico Albertosi e Giancarlo Antognoni, per andare avanti, solo per citarne alcuni, con Franco Bare-si, Antonio cabrini, Bruno conti, luciano Moggi, roberto pruzzo, Stefano Tacconi, Marco Tardelli, Gianluca Vialli, dino Zoff e tanti altri ancora. personaggi dentro e fuori il rettangolo di gioco, fuoriclasse che hanno infiammato i cuori di milioni di tifosi e che sono rimasti, in maniera indelebile, nell’immaginario collettivo, nell’olimpo del calcio nostrano e non solo.

Titolo: FioreNTiNA SToryAutore: paolo Mugnai editore: edizioni della Sera

una passione lunga quasi novant’anni con-notata da un unico colore: quello viola. e’

di Antonio Longo

forte e radicato il legame che crea un connu-bio inscindibile tra la città di Firenze e la for-mazione giglia-ta. Tra successi e discese agli inferi, tra gioie ed altrettanti delusioni, l’au-tore ripercorre le tappe fondamentali della storia della Fiorentina, cominciando dagli albori per giungere sino a nostri giorni. immagini, flashback, aneddoti, personaggi che tornano prepotentemente a galla per fare rivivere, nei cuori e nelle menti dei ti-fosi, emozioni e sussulti solo in apparenza sopiti. Gli scudetti e le coppa italia con-quistati, la retrocessione in serie B, il falli-mento della società, il rischio di morire cor-so da Antognoni, le vicende di calciopoli: il film della memoria è ricco di accadimenti che attendono solo di essere rinverditi, nel bene o nel male.

Titolo: Gli ANNi del re Autore: Stefano discretieditore: ultra Sport

una coppa intercontinentale (a Tokyo, contro l’Argentinos Juniors), una coppa dei campioni (contro il liverpool nella tragica serata dello stadio Heysel), una coppa delle coppe (contro il porto), una Super-coppa europea (ancora contro il liverpo-ol) e due scu-detti (nelle stagioni 1983/84 e 1985/86): tutti trofei vinti nell’ar-co di cinque anni. il quinquen-nio d’oro della Juventus, guida-ta in panchina

SULLO SCAFFALE DI CALCIO2000dal tecnico Giovanni Trapattoni, in mezzo al campo poteva contare sul determinante contributo di “le roi” Michel platini, uno dei fuoriclasse più osannati della storia del calcio mondiale. l’autore celebra i succes-si del team bianconero che nel primo scor-cio degli anni ottanta ha dettato legge in italia e in europa. un’entusiasmante ed ap-passionante cavalcata, raccontata anche attraverso i contributi di alcuni juventini doc e splendide immagini che ritraggono i campioni del tempo. prefazione affidata al giornalista roberto Beccantini.

Titolo: ToTTeideAutore: Franco costantini editore: imprimatur

Tra fantasia e realtà, tra storia e leggenda, tra i banchi di scuola tutti hanno stu-diato ed apprez-zato le gesta dei grandi eroi dei poemi epici. Al pari di Achille o di ulisse, l’auto-re dedica a Francesco Totti versi intrisi di ammirazione, passione, vero e proprio cul-to. “er pupone”, il capitano, il condottiero di mille battaglie colorate di giallo e di ros-so è entrato a buon diritto nella leggenda del calcio italiano ed internazionale di tutti i tempi, capitolino in particolare, regalan-do nei decenni goal ed emozioni. l’autore, sulla falsariga del solco tracciato dal “ma-estro” Gianni Brera, celebra un autentico eroe dei nostri giorni, esaltando, tra il serio e il faceto, vittorie, magie, reti da applausi. endecasillabi organizzati in quartine, quasi 1.800 versi, numerose note a piè di pagine per illustrare e spiegare meglio il significa-to di termini e figure retoriche, un prologo e dieci “canti”: il mito Totti viene osannato anche in questo modo.

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16 feb 2014calcio2000

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18 feb 2014calcio2000

“GeNOA, PORTAMI AL MONDIALe!”

on quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, che abbia-mo noi prima di andare

a Genova” cantava Paolo Conte nel 1975 ben incarnando lo stato d’animo che assale i forestieri in visita alla città della Lanterna. Luca Antonini Genova la conosceva già, avendo militato per una stagione tra le fila della Sampdoria, ma ora, dopo aver girato l’Italia e vinto uno scudetto con la maglia del Milan, ha incrociato nuovamente le sue om-bre con la città Superba, questa volta da giocatore del Grifone: cambiato il punto di vista, non muta certo l’amore che il terzino rossoblù nutre per la sua nuova città, lo stesso che ha ispirato i versi del celebre cantautore…Luca, partiamo dal principio: prima di approdare al Milan hai fatto tanta ‘gavetta’ nelle serie minori, cosa hai imparato da queste esperienze?

“C

intervista - luca antonini di Carlo Tagliagambe

“Sono cresciuto tanto, sia come calcia-tore, che come uomo. Nel corso degli anni ho arricchito la mia esperienza calcistica giocando in piazze e catego-rie diverse, ma ho anche trovato l’e-quilibrio personale costruendo la mia famiglia, che mi ha sempre seguito e sostenuto”.Che sensazione è stata per te, cre-sciuto nelle giovanili del Milan, tor-nare a Milanello da protagonista? “È stata un’emozione particolare: era il 2008/09 e il Milan mi aveva richia-mato alla base dopo una stagione in prestito ad Empoli. Quell’anno Cafu e Serginho avevano dato l’addio al cal-cio e i rossoneri avevano scelto me per sostituirli…”Balotelli dice che indossare la maglia per la quale hai sempre fatto il tifo, ti fa rendere di più: tu che l’esperienza l’hai provata, sei d’accordo?“È vero, il rossonero mi ha accompa-

gnato nei miei undici anni di settore giovanile e posso confermare che, quando ho esordito da professionista, ero doppiamente motivato a fare bene, sia come calciatore… che come tifo-so!”È stato difficile imporsi in rossoblù per te che hai militato anche nella Samp?“No, perché l’annata alla Sampdo-ria (2003/04, ndr) la considero un’e-sperienza negativa: ero giovane e ho giocato davvero poche partite in blu-cerchiato, quindi non c’è stato nessun problema con i miei nuovi tifosi che, anzi, mi hanno accolto alla grande…”Che emozione è segnare in un derby così sentito come quello della Lan-terna?“È stata un’emozione bellissima, anche perché arricchita da una serie di coinci-denze incredibili: ero un ex, all’esordio con la maglia del Genoa, nel derby dei

Dopo l’esperienza al Milan, antonini sta volando con il grifone e il sogno si chiama Brasile…

i

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19feb 2014calcio2000

La rete nel derby della Lanterna è stata un’emozione unica per Antonini

120 anni della società terminato con un secco 3-0. È un qualcosa che porterò sempre con me, e la mia esultanza sot-to la Nord è la fotografia più bella di quella partita…”In cosa il derby della Lanterna è si-mile a quello della Madonnina e in cosa è diverso? Quale preferisci?“Credo che il derby di Genova sia mol-to più sentito per un semplice motivo: qui si tifa o per il Genoa, o per la Samp, mentre a Milano la mappatura del tifo è più variegata, basti pensare ai tanti ti-

Luca Antonini, meneghino classe 1982, muove i primi passi da calciatore nelle giovanili del Milan, lui, da sempre tifoso rossonero. Con la Primavera del Diavolo conquista l’edizione 2001 del Torneo di Viareggio, contribuendo in prima persona al trionfo della propria squadra con un gol nella finale vinta 3-1 a spese del Vitoria. Nella stagione successiva viene spedito a farsi le ossa al Prato, che quell’anno centra la promozione dall’allora C2 alla C1. Nel 2002/2003 arrivano un nuovo prestito, Ancona, e una nuova promozione, stavolta dalla B alla A. L’anno seguente Antonini approda alla Samp, che rileva la metà del suo cartellino, ma per lui in blucerchiato non c’è abbastanza spazio e così, dopo solo 7 presenze e un gol, si trasferisce al Modena, in Serie B, prima di passare al Pescara nel gennaio del 2005. Terminata la parentesi abruzzese, comincia quella Toscana, che lo vede peregrinare tra Arezzo, Siena ed Empoli. Con gli azzurri Antonini fa il suo esordio nelle coppe europee, segnatamente nella partita di Coppa UEFA contro lo Zurigo, esordio bagnato dal gol del momentaneo 2-0 su calcio di rigore. Le ottime prestazioni offerte a Empoli convincono il Milan a riportarlo alla casa madre. L’8 dicembre 2009 Antonini debutta in Champions League, l’avversario è ancora una volta lo Zurigo, mentre il 15 maggio 2010, nel giorno della sua centesima presenza in Serie A, arriva il primo gol in maglia rossonera, nel 3-0 casalingo rifilato alla Juventus. In cinque anni al Milan Antonini totalizza 111 presenze (un gol) e vince uno scudetto e una Supercoppa italiana, prima di passare, il 31 agosto di quest’anno, al Genoa, in cambio di Valter Birsa, che fa quindi il percorso inverso. Antonini vanta anche una convocazione nella Nazionale maggiore, in occasione dell’amichevole Italia-Costa d’Avorio del 10 agosto 2010.

S I È F A T T O D A S O L O …

fosi juventini presenti in Lombardia…Ecco perché la stracittadina genovese è più emozionante sotto l’aspetto del tifo”.Sei subito entrato nel cuore dei tifosi rossoblù: quanto è importante per te il loro supporto? “È fondamentale sapere che il pubblico mi vuole bene e apprezza le mie qualità e l’impegno che metto in campo. Ora mi sento davvero apprezzato: se a Mi-lano ero uno dei tanti qui a Genova i tifosi mi hanno subito fatto sentire im-

di Gabriele Cantella

portante”.In che rapporti eri (e sei rimasto) in-vece con quelli del Milan? “Buoni rapporti, anche se mi è un po’ dispiaciuto il fatto di non aver ricevuto quanto sento di aver dato per la maglia rossonera”.Liverani ti schierava da terzino, mentre Gasperini adesso ti impiega come difensore puro… Come sta an-dando? “Nella nuova posizione mi trovo a meraviglia: il mister mi sta insegnan-do tanto e io mi sento già più maturo, avendo ampliato il mio bagaglio tecni-co-tattico con questa nuova esperien-za”. Qual è il consiglio che ti ripete sem-pre Gasperini?“La sua parola d’ordine è ‘osare’: se-condo lui è meglio sbagliare rischiando

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini

ANTONINI NeLLe fIGURINe PANINI

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20 feb 2014calcio2000

“GeNOA, PORTAMI AL MONDIALe!”intervista - luca antonini

per staccare un biglietto per il Brasile e dimostrare di meritare la maglia az-zurra…”Il 6 agosto 2010 sei stato convocato per la gara contro la Costa D’Avorio, senza però scendere in campo: che sensazioni hai provato?“Un grande senso di orgoglio all’idea di rappresentare il mio paese e di far parte di una ‘selezione’ di soli 23 gio-catori: la convocazione è il coronamen-to delle buone prestazioni con la ma-glia del club, e quindi rappresenta una soddisfazione doppia”.Il sogno che ti piacerebbe realizzare per la tua carriera?“Non ho dubbi: partecipare ad un mon-diale con la maglia azzurra…”Quando hai iniziato a giocare a cal-cio? Dove?“Ho iniziato a sei anni nel Borgolom-bardo, la squadra del mio paese. Ci allenavamo due o tre volte a settimana e giocavamo i tornei: è lì che mi sono innamorato del calcio…”Il tuo idolo quando eri bambino e la tua squadra del cuore?“Tifavo naturalmente Milan e tra i miei idoli c’è Gianluca Zambrotta, anche perché a lui mi accomuna una ‘me-tamorfosi’ dal punto di vista tattico: abbiamo iniziato entrambi da esterni di centrocampo per poi diventare, nel corso della carriera, terzini nei quattro di difesa. Da lui ho imparato tanto nei tre anni in cui abbiamo giocato insieme nel Milan”. Il momento più bello che hai vissu-to…da tifoso!“Sicuramente la finale di Champions League a Manchester contro la Juven-tus del 2003!”Sappiamo che fai grande uso dei so-cial network, in particolare di Twit-ter: è un modo per sentirti più vicino ai tifosi?“Sì, mi piace condividere i miei stati d’animo prima e dopo le partite con i tifosi, renderli partecipi delle mie emo-zioni. Devo dire che in questo mi aiuta molto mia moglie Benedetta, che si occupa personalmente del mio sito e dei miei profili sui social con ottimi risultati…”

Antonini ha girovagato per tutta la Penisola, qui lo vediamo in maglia ModenaLuca Antonini è un calciatore

moderno, un ragazzo dei nostri tempi, i tempi di Twitter e Facebook. Il difensore del Genoa è infatti presente su entrambi i social network citati, che costituiscono per lui un mezzo per interagire coi propri tifosi, per condividere con loro i suoi pensieri, i suoi stati d’animo, la sua quotidianità. Twitter e Facebook, ma anche Instagram, diventano un modo per conoscere l’uomo Antonini e la sua vita al di fuori del campo. Nel rapporto di Antonini con i social network fondamentale è il ruolo giocato dalla moglie Benedetta, che cura l’aspetto comunicativo del numero 3 del Grifone. Per chi volesse seguire Antonini su Twitter: @OfficialAnto_77. Per coloro che invece fossero interessati a visitare il suo sito ufficiale: www.lucaantonini77.it. Ricordiamo che anche la società Genoa è presente su Twitter: @GenoaCFC. Il Grifone dispone pure di un sito web attraverso il quale vengono divulgate ufficialmente tutte le notizie relative alla squadra e al club: www.genoacfc.it.

ANTONINI, IL SOCIAL…di Gabriele Cantella

Cosa fai nel tuo tempo libero? “Nulla di particolare: mi piace stare a casa con mia moglie e goderci insieme le nostre due bambine Sofia Vittoria e Viola Maria”.Vialli diceva di amare Genova per-ché poteva aprire le finestre e vedere il mare… Tu che rapporto hai con la tua nuova città?“Ha ragione Gianluca! Passare da Mi-lano a Genova è stato un cambiamento felice, anche a livello di qualità della vita… Milano offre tantissimo, però è una città un po’ fredda nei rapporti umani: qui a Genova, in pochi mesi, sono già riuscito a costruire una rete di amicizie davvero solide e importanti”.Non c’è spazio per i rimpianti per uno come Luca Antonini, che riparte da Ge-nova per ritrovare quella serenità che forse gli è mancata nell’ultimo perio-do in rossonero: ora che ha ritrovato se stesso a suon di buone prestazioni, l’obiettivo del numero 3 rossoblù è uno soltanto: convincere Prandelli a schiu-dergli le porte della nazionale. E, di questo passo, non è detto che non possa coronare il suo sogno…

qualcosa, che limitarci ad eseguire il compitino…”Tu, quando hai scelto il Genoa, che obiettivi personali ti sei posto?“Io mi sento un calciatore forte e, dopo gli ultimi tre anni al Milan, avevo biso-gno di tornare protagonista, giocare e divertirmi”.Nel Genoa stai avendo l’opportuni-tà di giocare con continuità e lo stai facendo bene: speri di riuscire a con-vincere Prandelli a portarti in Bra-sile?“Io ci spero eccome, anche perché la nazionale l’ho già assaporata senza però aver esordito sul campo: ora punto sulla mia capacità di ricoprire più ruoli

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21feb 2014calcio2000

per il 53° anno consecutivo panini propone la collezione per eccellenza, calciatori!!! la collezione è sempre più ricca: 865 figurine, 104 delle qua-li con materiali o trattamenti speciali, da collezionare tutte nello splendido album di 128 pagine. la copertina si ispira alla collezione 1970-71 e vuo-le essere un omaggio, oltre che alle singole squadre, alla Nazionale in vi-sta del Mondiale 2014. Anche questa collezione calciatori, oltre ad ospitare tutte le star del nostro calcio, è un’in-credibile miniera di dati, statistiche e curiosità, che ti consentono di non perdere alcuna informazione utile e di avere, sempre di più, tutto il calcio nelle tue mani!

SEZIONE SERIE A TIM. importante novità per questa edizio-ne: l’esclusivo spazio dedicato ad ini-zio album ai simboli, i trofei e ai palloni ufficiali della Serie A TiM, della TiM cup e della Supercoppa italiana TiM! 7 figurine metallizzate ed inedite…

LE SQUADRE DELLA SERIE A TIM. Ben 4 pagine dedicate ad ogni squa-dra di Serie A, con dettagliate infor-mazioni legate al club (presenti anche i profili Facebook e Twitter). Tradizio-

nale ed immancabile, poi, lo spazio riservato alle figurine di aggiornamen-to per i nuovi titolari e gli acquisti del mercato di Gennaio. da urlo il numero di figu, ben 29 per ogni squadra! lo scudetto ufficiale del club è realizzato quest’anno su una figurina ad “effetto stoffa”. la squadra schierata è un puz-zle di 6 figurine con tanto di immagini della tifoseria! l’allenatore è ritratto per la prima volta a mezzobusto. presente anche la figurina della primavera…

LE SQUADRE DELLA SERIE A. le figurine dei calciatori, oltre alla tradizionale foto a mezzobusto, sono presenti moltissime informazioni sul giocatore, così da rendere la figurina una vera e propria “carta d’identità” calcistica. Troviamo in particolare: nome e cognome, luogo e data di nascita, peso e altezza, nazionalità, numero di maglia e trofei vinti, oltre al ruolo e alla squadra di appartenenza. e, novità di quest’anno, l’indirizzo Twit-ter di ogni giocatore!

LE SQUADRE DELLA SERIE B EUROBET. decisamente rinnovate ed arricchi-te le pagine dedicate alle squadre di Serie B, che riportano le informazioni e l’organico societario, la prima divisa ufficiale e il palmares. Tra le figurine per la prima volta in assoluto nella storia dell’album calciatori è presen-te, raffigurato a mezzobusto, anche l’allenatore.

GLI ALTRI CAMPIONATI. Sempre ricche le pagine della leGA pro, che contengono il logo uffi-ciale della lega e il pallone ufficiale. per la priMA diViSioNe ospitano le figurine delle squadre schierate e degli scudetti, per la SecoNdA di-ViSioNe gli scudetti. Anche nelle pa-gine leGA pro trovano spazio delle curiosità ad hoc. le pagine dedicate

CI SIAMO, ECCO CALCIATORI PANINI 2013-2014

alla lNd-Serie d contengono la presentazione di tutte le squadre par-tecipanti e i loghi ufficiali della lega e della competizione. immancabile an-che la sezione dedicata alla Serie A FeMMiNile.

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Tempo scaduto, è giunto il momento della vera,unica, grande collezione di calcio…

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22 feb 2014calcio2000

SULLe ORMe DeL bISONTe

serie B - Matteo Mancosu di Sergio StancoB

uella di Matteo Mancosu è una storia d’altri tempi, di quelle belle da raccontare: esordio in Serie B, a 29

anni, dopo tanta (troppa?) gavetta nel-le serie inferiori. Sempre in Sardegna, terra natia amata alla follia (tanto da te-nerlo legato all’isola e, forse, rallentar-ne la carriera), fino a 25 anni, quando la fidanzata lo spinge sul “continente”. Qualche difficoltà iniziale, poi l’esca-lation: Latina, Vigor Lamezia, Trapani, Serie B, Capocannoniere. Così veloce da non riuscire neanche a stare al pas-so, tanto che, se cercate su internet, non esiste neanche la sua pagina di “Wiki-pedia”. Un caso più unico che raro per un professionista. Troverete, invece,

Q quella di Marco Mancosu, il fratelli-no minore di Matteo (25 anni), che ha esordito in A (col Cagliari ad Ascoli) a 18 anni ed è pure andato in gol. Ora Marco, cui avevano pronosticato un grande futuro, è a Benevento in Lega Pro, mentre Matteo, che a quei tempi si barcamenava nel campionato dilettanti sardo, gioca a San Siro in Coppa Italia e sogna di ripercorrere le orme di un bisonte... Matteo, partiamo da questo inizio folgorante di stagione: te l’aspettavi? “Sinceramente no, anche perché in car-riera non mi era mai capitato. È stata una sorpresa positiva anche per me”.Tu ti sei dato una spiegazione di que-sto exploit?

“Credo che tutto dipenda dall’ambien-te, dal fatto di essere in una squadra che gioca insieme da tanto tempo ed è sostenuta da una società molto atten-ta. Anche se io sono arrivato qui solo l’anno scorso, ora è già come se fossi a casa”.Ho letto recentemente una dichiara-zione del tuo procuratore: “Matteo oggi vale 26 milioni”. Che effetto ti fa? “Non scherziamo, era una battuta. So benissimo di non valere certe cifre, quelle sono valutazioni che meritano solo i fuoriclasse”.Ma il capocannoniere della Serie B non può non avere la pagina Wiki-pedia… “Hai ragione (ride, ndr), cercherò di

intervista esclusiva a Matteo Mancosu, attaccante del trapani autore di un inizio di stagione scintillante…

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fare ancora meglio così qualcuno forse si deciderà a farmela. Magari se arrivo in Serie A è più facile… (ride, ndr)”.Non sei geloso che tuo fratello Marco ce l’ha e tu no? “Tra fratelli non esiste gelosia. E poi lui in Serie A ha già giocato e ha pure segnato! Dunque lui se l’è meritata (ride, ndr)”.All’inizio a Marco avevano pronosti-cato una grande carriera, mentre tu giocavi nelle serie inferiori. Ora lui è in Lega Pro e tu sei capocannoniere di B: il calcio è strano… “È vero, ma è altrettanto vero che ti concede sempre una seconda opportu-nità. Quando avevo 25 anni io giocavo in C2, dunque Marco è già più avanti e ha tutto il tempo di tornare nelle ca-tegorie che merita. E sono certo che ci riuscirà, perché è un ragazzo serio”.Tu, invece, ti sei dato una spiegazione sul perché sei “arrivato” così tardi? “Ogni calciatore ha il suo processo di maturazione, forse il mio è stato un po’ più lento. Poi, credo di aver in qualche modo pagato il mio legame con la Sar-degna: amo la mia terra perché si sta benissimo e noi sardi siamo piuttosto restii ad abbandonarla. Forse, mi fossi deciso prima a tentare il grande salto, sarebbe andata diversamente. E pensa-re che è stato quasi un caso…”.In che senso? “Nel senso che sono stato spinto dalla mia fidanzata o, meglio, dal fatto che lei dovesse andare a Londra a fare un tiro-cinio in ospedale. A quel punto mi son detto che potevo provarci anche io…”.

Chi l’avrebbe mai detto? Dopo una vita trascorsa nelle leghe minori e una serie infinita di fallimenti, il Trapani ha raggiunto il gotha del calcio, partecipando alla Serie B, ovvero l’anticamera del massimo campionato italiano. Una soddisfazione enorme per la società (rifondata nel 2002) e per l’intera città che sta seguendo con grande passione le imprese dei propri beniamini. Come se non bastasse, l’esordio dei granata nel campionato cadetto, a Padova, ha portato anche una storica vittoria. Insomma, una “prima volta” in Serie B che fa ben sperare per il futuro di una società ambiziosa e trascinata da un pubblico da Serie A. Il libro dei record vuole essere riscritto, lo si avverte tra le vie della città. C’è chi sogna un nuovo Barraco, massimo goleador del Trapani, con 74 reti in sei stagioni o chi di avere un nuovo Nazionale che abbia indossato la maglia dei granata (ad oggi ci sono riusciti Materazzi, Parisi e Terlizzi, tutti con un passato a Trapani). Insomma, a Trapani c’è tanta voglia di fare la storia. Mancosu, da questo punto di vista, sta regalando davvero delle grandi soddisfazioni…

T r a p a n i , c h e p a s s i o n e …

Il neopromosso Trapani si sta divertendo molto, soprattutto grazie ai tanti gol di Mancosu

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SULLe ORMe DeL bISONTeserie B - Matteo Mancosu

Dunque se oggi sei capocannoniere di B lo devi a lei? “Un po’ sì, ma non diciamoglielo se no si monta la testa (ride, ndr)”.Dalla Sardegna a Latina: com’è sta-to l’impatto? “Non semplicissimo, perché come di-cevo prima noi sardi siamo molto legati alle nostre abitudini. Poi, all’inizio non è che giocassi molto. Nella seconda parte di stagione, invece, ho iniziato a giocare con più continuità, fare anche qualche gol e tutto è filato liscio”.Da Latina alla Vigor: in Calabria com’è andata? “A Lamezia mi son trovato subito be-nissimo, giocavo e segnavo e un attac-cante non può chiedere di più. Mi di-spiace solo che l’esperienza non si sia conclusa con la promozione in Prima Divisione (sconfitta ai play off, ndr), un successo che i tifosi e tutto l’ambiente si sarebbero meritati”.Poi, lo sbarco in Sicilia, un campio-nato incredibile e la promozione in Serie B… “È stata una cavalcata indimenticabile, il gol promozione, quello del 4-3 a Cremo-na lo ricorderò per tutta la vita. È stata l’emozione più grande della mia carrie-ra, perché l’ambiente era incredibile: i tifosi ci tenevano tanto dopo la delusione dell’anno precedente (sconfitta in finale play-off contro il Lanciano, ndr)”.E adesso, per te, il sogno continua: esordio in B da capocannoniere… “Sì, è vero, ma non mi monto la testa. So che questo campionato è difficilissi-mo e pieno di insidie, quindi mi godo il

momento ma senza fare voli pindarici”.Qual è l’obiettivo del Trapani e il tuo in particolare: “Quello di squadra è la permanenza nella categoria, il mio è quello di ar-rotondare il bottino di gol. Di solito un attaccante punta sempre ad andare in doppia cifra, ma visto che ci sono già arrivato, voglio andare oltre”.La tua storia mi ricorda quella di Dario “Bisonte” Hubner: anche lui ci aveva messo un po’ ad arrivare nel grande calcio, ma poi si era tolto la soddisfazione di diventare capocan-noniere in A col Piacenza… “È un grande onore essere paragona-to a lui, che tra l’altro è un attaccante che seguivo molto perché io adoro tut-ti i bomber, li studio per carpire loro i segreti. Aveva un’ottima progressione e un gran tiro, due caratteristiche che anche io cerco di sfruttare”.Il tuo idolo invece chi era? “Inzaghi, perché era il prototipo del bomber. Pur non essendo particolar-mente dotato tecnicamente, faceva

sempre gol, in ogni modo”.Il sogno che vorresti ancora realiz-zare? “Tutti i giocatori sognano un giorno di giocare in Serie A e questo vale anche per me. Quando siamo andati a giocare a San Siro contro l’Inter e siamo andati in campo a fare la ricognizione prima della partita (Coppa Italia, ndr), mi sembrava di essere in un videogioco, è stata un’emozione pazzesca. Chiun-que giochi al calcio vuole vivere certe esperienze”.Di te, tra l’altro, si parla in chiave Cagliari: per te che hai lottato così tanto per affermarti e che sei così le-gato alla tua terra, deve essere una soddisfazione doppia… “Ovviamente fa piacere, ma non ci penso minimamente, anche perché non credo che il Cagliari, con tutti gli at-taccanti forti che ha, possa essere inte-ressato ad uno come me. Io voglio solo fare bene col Trapani, poi si vedrà”. Determinato, testardo e umile. Chi non lo vorrebbe un attaccante così?

Dopo tanti anni di difficoltà, la tifoseria del Trapani si sta divertendo nel suo primo anno di B

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Marco Mancosu è il fratello di Matteo, ha 25 anni e gioca nel Benevento, in Lega Pro. Lui, però, ha già realizzato il sogno di suo fratello maggiore, perché la maglia del Cagliari l’ha già indossata. Anzi, nel settore giovanile del club di Cellino ci è proprio cresciuto. E si è tolto anche la soddisfazione di esultare con la maglia rossoblù addosso, lui che non è neanche attaccante (gioca come centrocampista): è successo proprio all’esordio, nell’ultima gara del campionato 2006-2007 disputata ad Ascoli. Da quel momento, però, ha cominciato a girovagare proprio come Matteo (Rimini, Empoli, Siracusa) fino ad arrivare a Benevento, dove hanno creduto in lui, acquistandolo a titolo definitivo. Da lì, ora, anche Marco vuole spiccare il volo e, chissà, magari riguadagnarsi la maglia del Cagliari: “Per noi sardi – ci ha detto Matteo durante l’intervista – quella maglia significa tanto, tantissimo, e tutti prima o poi vorremmo indossarla. Come sarebbe un Cagliari di soli sardi? Sarebbe una grande squadra a cui, di certo, non mancherebbe l’attaccamento alla maglia”. E in quel Cagliari i fratelli Mancosu ci starebbero alla grande…

L’ a lt r o M a n c o s u

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26 feb 2014calcio2000

I NUOVI GRIfONI

al Perugia dei miracoli, imbattuto ma secondo al termine del campionato di Serie A 1978/79, con

Castagner in panchina e Bagni in me-diana, a quello di Serse Cosmi e Fabio Grosso, che conquistò la Coppa Inter-toto nell’estate del 2003, i Grifoni um-bri sono entrati di diritto nella mitolo-gia del calcio italiano (il Grifone è per l’appunto figura mitologica) e ne fanno parte ancora oggi, dopo due fallimenti e la perdita del titolo sportivo. La nuo-va società, denominata Associazione Calcistica Perugia Calcio, militante in Lega Pro 1a Divisione, si affida adesso all’esperienza d’un capitano di lungo corso, quale Gianluca Comotto e al

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lega Pro - Perugia di Gabriele Cantella

giovane rampante Umberto Eusepi, per centrare una promozione in Serie B che da queste parti manca da tanto, troppo tempo. Gianluca, dopo una carriera ricca di soddisfazioni in Serie A, che ti ha visto militare in squadre del calibro di Fiorentina e Torino, hai deciso di ripartire dalla Lega Pro e da Peru-gia, perche?“È stata una scelta dettata dalla mia vo-glia di nuove sfide, dal mio bisogno di nuovi stimoli. In estate ho avuto parec-chie richieste da club di Serie B, ma ho deciso di accettare la missione di pro-vare a riportare una squadra blasonata e di grandi tradizioni come il Perugia nel posto che le compete”.

Che ambiente hai trovato in Um-bria? “Ho trovato un ambiente che ha grande voglia di rivalsa, desideroso di tornare laddove la storia e le tradizioni di que-sto club impongono”.Perugia è da sempre una piazza cal-cisticamente importante, che vive però ormai da alcuni anni una realtà non in linea con un passato così glo-rioso... Da capitano senti urgente la necessità di riportare questo club nel posto che gli spetta?“La sento come un’urgenza assoluta, ma non sarà semplice perché quello di Lega Pro è un campionato particolare in cui ci sono almeno 4-5 squadre co-struite per vincere”.

a Perugia c’è tanta voglia di tornare grandi, la serie B è il primo passo…

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Com’è stato l’impatto con la Lega Pro per un calciatore come te, abi-tuato a ben altri palco-scenici?“Non facile, anche per il tipo di calcio che viene giocato in questa categoria, che è totalmente diverso da quello che si gioca in Serie A e B. C’erano campi che non avevo mai calcato prima d’ora, ma anche queste esperienze fanno par-te del bagaglio di un calciatore”.Soddisfatto della stagione tua e del-la squadra fino a questo momento? Vi aspettavate di trovarvi in testa a questo punto della stagione o siete sorpresi?“L’inizio non è stato facile, ma era ab-bastanza preventivabile, dal momento che siamo una squadra nuova, che ha pure cambiato allenatore ancor prima che avesse inizio il campionato. Ades-so stiamo andando forte e non dobbia-mo mollare, perché abbiamo sempre addosso il fiato delle inseguitrici. Sono sorpreso per la rapidità con cui siamo riusciti a conquistare la vetta della clas-sifica, ma ero certo che saremmo riu-sciti a venir fuori da quel momento di difficoltà iniziale. Ora abbiamo la se-renità che ci deriva dall’essere in testa, ma pure la pressione di dover giocare ogni domenica da capolista”.L’obiettivo è la Serie B?“È l’obiettivo dichiarato da inizio sta-gione, ma le rivali non mancano e sono tutte molto agguerrite. Per raggiunge-re questo traguardo dovremo ancora migliorare, la nostra è una squadra giovane ed io, da capitano e giocatore d’esperienza, ho a cuore la crescita di questi ragazzi e mi auguro che nel loro futuro possa esserci una carriera ricca di soddisfazioni. La gioia più grande per me sareb-be quella di riuscire, in-sieme a loro, a riportare il Perugia in Serie B”.Chiuderai a Perugia?“Assolutamente sì. Se, facendo i dovu-ti scongiuri, vinceremo il campionato, avrò ancora un anno di contratto e poi appenderò le scarpette al chiodo, ben felice di chiudere qui la mia carriera. Dal momento in cui ho firmato per il Perugia, la mia intenzione è sempre stata questa”. Eusepi festeggia uno dei suoi tanti gol in questo folgorante inizio di stagione dei Grifoni.

Umberto, un lungo peregrinare hai finalmente trovato la tua dimensione a Perugia... Cosa è cambiato rispetto alle tue precedenti esperienze?“Dopo l’esperienza della passata stagione tra Varese e Vercelli, negativa dal punto di vista realiz-zativo perché di gol ne sono arrivati pochi, ma comunque positiva dal momento che ho avuto la possibilità di giocare in Serie B, sono approdato quest’anno a Perugia, dove sono stati bravi a sfruttare il mio potenziale nella maniera migliore. Grazie al mister e ad una squadra ben organizzata sto riuscendo a esprimere le mie doti, non soltanto di goleador, ma anche di giocatore al servizio dei compagni”.Hai già realizzato diversi gol, punti al titolo di capocannoniere?“Purtroppo non mi hanno assegnato quello contro il Gubbio (ride ndr). Detto questo, punto decisamente a laurearmi capocannoniere, ma il mio obiettivo primario è quello di vincere il campionato col Perugia. Non mi importa granché di mettere a segno 20 gol, 18 oppure 16, piuttosto preferisco realizzarne 13 e conquistare la promozione in Serie B, che è ciò che più conta per tutti noi, per i tifosi, per una piazza che merita ben altri palcoscenici”.Ti aspettavi un inizio così o sei stupito di te stesso?“Stupito no, ma guardando la media gol in rapporto alle gare giocate, considerando che sono stato fuori tre partite, devo ammettere di essere davvero soddisfatto. Forse non mi aspettavo così tanti gol a questo punto della stagione, ma, ero sicuro che almeno 5-6 reti da inizio stagione a dicembre li avrei senz’altro garantiti. La differenza tra questa stagione e le mie precedenti è probabilmente il fatto che quasi mai mi era capitato, tranne a Carpi di giocare un intero campionato con la stessa maglia, mentre qui invece sto avendo questa possibilità. Avevo bisogno di un’esperienza importante in una piazza importante come Perugia”.Dove vuole arrivare Umberto Eusepi? Il sogno è la Serie A?“Io vorrei arrivare innanzitutto in Serie B con questa maglia il prossimo anno, è questo il mio obiettivo a breve termine. Poi, nell’arco d’un paio d’anni mi auguro di poter approdare in Serie A, il mio sogno è quello. Sto lavorando per raggiungere questo traguardo, ma devo prima salire una serie di gradini, di cui il primo è conquistare la promozione col Perugia, il resto si vedrà”.

IL NUOVO CHE AVANZA... A SUON DI GOL! F a c c i a a f a c c i a c o n E u s e p i , u n b o m b e r d i c u i s e n t i r e m o p a r l a r e a l u n g o …

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28 feb 2014calcio2000

IL SANTHIà RICOMINCIA DA TRe

l 2013 rappresenta l’anno zero della storia ultracentenaria del Santhià Calcio. Una tabula rasa arrivata dopo un ciclo vincen-

te durato quattro anni che ha visto la società granata, allora allenata dall’ex juventino Giovanni Koetting, superare lo scoglio del campionato di eccellenza per varcare finalmente i cancelli della serie D: un grande traguardo a coro-namento di un progetto che ha radici solide e che si è sviluppato nel tempo grazie alla tenacia e alla programma-zione del presidente Giuseppe Cuomo e del direttore generale Pier Antonio Mezza. “Ventisei anni fa –racconta il Dg a Calcio2000 - io e il presidente ab-biamo preso in mano il Santhià sull’or-lo del fallimento e abbiamo iniziato una ricostruzione che, nel tempo, ci ha dato grosse soddisfazioni”. Un sogno

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serie D - santhià di Carlo Tagliagambe

partito da lontano, dalla seconda cate-goria, che con il passare del tempo ha portato i granata ad una scalata vertigi-nosa che li ha visti, nel 2005, vincere il campionato di Promozione e appro-dare in Eccellenza a distanza di 38 anni dall’ultima volta (era il 1967). L’im-presa che schiuderà le porte del calcio che conta alla formazione piemontese reca in calce la firma di un allenatore che, sportivamente parlando, la città di Santhià considera il suo eroe: quel Fabio Pairotto che, scomparso tragi-camente nel 2006 a causa di un mare incurabile, dà il nome all’impianto cit-tadino e vive tuttora nella memoria di tutti i santhiatesi. Dal 2006 in poi, la storia calcistica dei granata è stata un climax ascendente che li ha portati a raggiungere lo storico traguardo della Serie D, sfiorando in un paio di occa-

sioni il grande salto in Seconda Divi-sione, sfumato all’ultimo solo nel ma-rasma dei play-off. Poi, proprio sul più bello, ecco arrivare il ‘funesto’ anno 2013, quello del ridimensionamento. “Dopo anni a grandi livelli – spiega Mezza - sono venuti a mancare alcuni interventi economici esterni necessari per mantenere la squadra al vertice del campionato. Quindi, complice la diffi-cile situazione economica generale, la società si è trovata costretta a ridurre gli investimenti e a razionalizzare le spese: ora ripartiamo, con fiducia, dai nostri giovani e puntiamo alla perma-nenza in Serie D”. Una rivoluzione 2.0 imperniata sui prodotti del settore giovanile: l’età media della rosa del Santhià si aggira tra i 21 e i 22 anni, tra le più basse della categoria. Quasi un paradosso per la società più vecchia

il d.g. Mezza, il d.s. Bolla e mister villa sono gli uomini scelti dal presidente cuomo per il nuovo corso…

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del calcio dilettantistico piemontese, fondata nel lontano 1903, ormai 110 anni orsono, in questa fetta di Pianura padana bagnata dalle risaie che si di-stende, quasi in segno di sottomissione, ai piedi di sua Maestà il Monte Rosa. Una maglia che trasuda di storia, quella granata, e che richiama ogni domenica allo stadio un discreto numero di tifosi, compreso tra le 100 e le 200 unità, che aspettano ogni anno il derby con il Bor-gosesia per dare sfogo a un po’ di sano campanilismo. Derby che, quest’anno, è coinciso con l’addio al tecnico Ni-sticò, scelto come pioniere del nuovo corso santhiatese, ma poi durato solo 12 partite sulla panchina granata. “La colpa dell’inizio di campionato ne-gativo non è tutta del tecnico –spiega Mezza - anche perché nel mercato di dicembre abbiamo cambiato gran parte dei giocatori…”. Mercato che è salda-mente nelle mani di Alec Bolla, giova-ne direttore sportivo fresco di diploma a Coverciano e con un passato di tutto rispetto da calciatore, che ha condotto le trattative portando alla corte del neo allenatore Pietro Villa (fino a qualche settimana fa allenatore dei portieri) una serie di giovani con prospettive dav-vero interessanti. “La nostra strategia – confessa Bolla - è stata quella di pun-tare su giovani calciatori che avessero fame e voglia di lottare su ogni pallo-

ne, che sono qualità indispensabili per centrare il traguardo della salvezza. Prima di concludere le trattative, ho guardato negli occhi ognuno di questi ragazzi per capire se avevano la giusta motivazione per accettare questa sfida, sicuramente non semplice. Tutti mi hanno dimostrato quella voglia di cre-scere che serve tanto a loro per mettersi in mostra, quanto al Santhià per uscire da una situazione di classifica difficile. Parlandoci, ho chiaramente detto loro che, a questi livelli, bisogna essere pri-ma grandi uomini che calciatori: si può sbagliare in campo e non succede nien-te, l’importante è non commettere erro-ri che possano compromettere la vita e i rapporti umani, che sono le cose più preziose. Oltre all’aspetto calcistico, quello che mi interessa trasmettere ai ragazzi è il prestare attenzione al lato umano, costruendo la propria perso-nalità, dentro e fuori dal campo”. E a Santhià c’è tutto per crescere e matura-re, sotto tutti i punti di vista. “La socie-tà granata – continua il ds - è una vera e propria famiglia, fondata sul rispetto delle persone, sulla lealtà e sulla corret-

tezza nei rapporti: ecco perché, dopo la mia esperienza al Villalvernia, ho su-bito capito che il Santhià sarebbe stato un passo davvero importante per la mia carriera”. Chi, alla sua carriera ha già dato una piccola ‘svolta’ è mister Pietro Villa che, dopo una vita passata a fare il secondo (lo ricordiamo a Novara con Frosio e alla Pro Patria con Scanziani) o l’allenatore dei portieri, ha scelto di rimettersi in gioco prendendo in mano la prima squadra a stagione in corso: “Ho accettato subito di buon grado la proposta della dirigenza, perché sen-to di poter mettere la mia esperienza, anche di calciatore (negli anni 70’ ha giocato tra la Serie B e la Serie A di-fendendo le porte di Vigevano, Fog-gia, Parma e Novara ndr) al servizio di questi giovani ragazzi”. È quindi Villa l’uomo scelto per centrare il traguardo della salvezza: “Sarà una battaglia du-rissima, la squadra è cambiata molto nel corso del mercato e deve ancora assumere un assetto tattico definitivo, a partire dal modulo che deve meglio adattarsi alle caratteristiche dei gioca-tori. Credo però ci siano le condizioni per lavorare bene e far crescere questi ragazzi, garantendo anche un futuro alla società”. Futuro che non potrà cer-to prescindere dal glorioso passato di una squadra che è un pezzo di storia del calcio piemontese.

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30 feb 2014calcio2000

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Una leggenda per rUolo - flavio destro di Samuele Mei

Destro, Di nome e Di fatto...

per la rubrica di “Una leggenda per ruolo”, parliamo di un numero 2 vero, di quelli che sapevano cosa fare in campo…

ebbraio è il mese numero 2 dell’anno e il “2”, nella numerazione classica del calcio, indica il terzino

fluidificante destro. Destro di nome e di fatto è la “leggenda del ruolo” di questo mese. Non stiamo parlando di Mattia, attaccante della Roma appena rientrato dall’infortunio, ma di Flavio (papà di Mattia), roccioso e affidabi-lissimo terzino destro dell’Ascoli dei miracoli, tra il 1986 e il 1990. Flavio Destro era quello che nelle formazioni dell’Ascoli anni ‘80 trovavi sull’album Panini: veniva dopo il portiere. In quel calcio d’altri tempi, i numeri erano dall’1 all’11 e il numero due rappresen-tava appunto il terzino destro, con il tre il terzino sinistro e così via fino all’un-dici, che rappresentava l’ala sinistra. Signor Destro, vorrei sapere la sua definizione del ruolo classico di ter-zino destro, il numero 2: come lo interpretava e come è cambiato nel tempo?“Attualmente il ruolo classico del nu-mero 2 non c’è più. Il terzino di oggi ha poco a che fare con quello di vent’an-ni fa. Il terzino destro era chiamato esclusivamente alla fase difensiva ed era forzatamente poco propenso ad at-taccare. Era un po’ sacrificato in fase di copertura e aveva rare occasioni per proporsi nella metà campo avversaria. Erano richieste attenzione, concentra-zione e affidabilità...Oggi c’è molto più movimento, ci sono le sovrapposizioni e si marca a zona”.Prima di ripercorrere le tappe prin-

cipali della sua carriera, ci parli dei suoi ricordi d’infanzia legati al cal-cio. Com’è nata la passione per que-sto splendido gioco?“Giocare a calcio è il sogno di ogni bambino. Appena potevo mi mettevo a rincorrere il pallone, bastava una porta improvvisata e cominciavamo a gioca-re... poi ho iniziato a frequentare l’ora-torio e ho capito che giocare a pallone era la mia grande passione”.Lei, che è nativo di Rivoli, ha tra-scorso la sua “adolescenza” calci-stica nelle giovanili del Torino. Che cosa ricorda di quegli anni?“Ho avuto la fortuna di crescere nelle giovanili del Torino dagli 11 ai 19 anni. Dico la fortuna perché in quel periodo il vivaio del Torino era molto quotato, uno dei migliori in circolazione. Non solo dal punto di vista calcistico e tec-nico, ma anche dal punto di vista uma-no. C’erano dei grandi educatori che insegnavano prima i valori della vita, poi quelli del calcio”.Nei primi anni Ottanta, lasciata la casa madre Torino, ha fatto le sue prime esperienze girando alcune squadre del Sud Italia (Reggina e Catanzaro) nelle categorie minori tra C e B. Ci può raccontare qualche fatto curioso o qualche aneddoto di quel periodo?“Il passaggio da un settore giovanile ad una prima squadra è davvero compli-cato. A quel tempo ogni anno il Tori-no mandava due o tre giocatori a fare esperienza in squadre minori. Un salto immenso per quanto riguarda visibili-

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tà e pressione. Mi ricordo l’esordio in prima squadra alla Reggina in Serie C, con tutto il pubblico che ci sosteneva e pretendeva chissà cosa da noi. Era tutto così diverso rispetto alle giovanili del Toro dove veniva poca gente a veder-ci e tutto sommato il risultato contava poco. C’era un grado di responsabilità molto più alto e questo incideva molto anche sull’atteggiamento da tenere in campo”.Arriviamo così agli anni più splen-denti della sua carriera, quelli pas-sati ad Ascoli, dove ha militato dal 1985 al 1990 collezionando più di 100 partite in Serie A. Che cosa mi dice a riguardo?“La prima annata all’Ascoli fu stupen-da. In Serie B con il grande Boskov. Sia-mo stati sempre primi in classifica e ab-biamo vinto il campionato alla grande. Eravamo una grande squadra, con un grande allenatore e un presidente fanta-stico, l’indimenticato Costantino Rozzi. Poi arrivò l’anno successivo l’esordio in Serie A contro il Milan, che fu davvero ricco di soddisfazioni. Infatti vincemmo subito a Milano, con quell’1-0 divenuto giustamente famoso...”E così nacque il mito dell’Ascoli “ammazzagrandi”...“Sì, diciamo che ci siamo presi le no-stre soddisfazioni, vincendo molte partite in casa, al Del Duca, ma anche qualche partita fuori. Ci siamo fatti ri-spettare insomma...”Ci dica qualcosa della sua predilizio-ne per il Milan, al quale ha segnato un goal in Coppa Italia e uno in Serie A...“Ricordo il goal che feci al Milan in Coppa Italia la sera di San Valentino del 1988. Fu davvero sorprendente perché io ero un marcatore deputato a contenere le punte del Milan. Le occa-sioni per “sganciarsi” erano davvero poche, poteva capitare una o due volte a partita, magari su calcio d’angolo o su rimessa laterale. Quella volta inter-cettai un pallone a centrocampo, saltai Costacurta e mi inventai un incredibile pallonetto, credo da 30 metri”.Tornando al ruolo di terzino destro, lei accennava prima a quanto sia

cambiato negli ultimi 20 anni. Non pensa che sia andata persa un po’ quella concentrazione e quella “fe-rocia” agonistica con cui i marcatori “curavano” gli attaccanti?“Come dicevo, il ruolo è molto cam-biato. O almeno è mutata l’interpre-tazione del ruolo alla luce dei nuovi schemi. Oggi i fluidificanti sanno im-postare, lanciarsi in profondità e hanno spesso grandi qualità tecniche. D’altra parte dal punto di vista difensivo si è

persa la concentrazione classica del marcatore... anche perché ormai si ten-de sempre più a occupare gli spazi e a curare a zona”.Da ottimo difensore qual è stato, se-condo lei chi può essere considerato il miglior difensore italiano degli ul-timi 30 anni?“Nella mia generazione ci sono stati molti difensori forti. Se faccio un elen-co rischio di dimenticarne qualcuno: comunque tra i migliori io metto Mal-

Chi èFlavio Destro è nato a Rivoli il 28 agosto 1962. Calcisticamente è cresciuto nelle giovanili del Torino esordendo tra i professionisti nella stagione 1981-82 con la maglia della Reggina. L’esordio in Serie A arrivò invece nella stagione 1986-87 dopo la grandiosa promozione conquistata l’anno precedente dall’Ascoli. Con la maglia della “Regina delle Marche” Flavio Destro ha trascorso gli anni più splendenti della sua carriera. Lasciato l’Ascoli giocò nel Pescara (1990-91), nel Cesena (1991-1993) e nell’Empoli (1993-94). Negli ultimi anni ha intrapreso anche la carriera di allenatore, prima al Montichiari (2008), quindi come secondo di Lerda al Crotone (2009-10) e al Torino (2010-11). È il padre di Mattia, attuale giocatore della Roma. Nel complesso Flavio Destro ha giocato oltre cento partite in Serie A con la maglia dell’Ascoli. Ha militato inoltre in Serie B nelle file del Catanzaro, del Pescara e del Cesena.

Flavio è il padre di Mattia, attuale attaccante in forza alla Roma, lui fa l’attaccante

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dini e Nesta. E poi come non citare il grande Franco Baresi. E Beppe Bergo-mi? La scuola italiana ha sempre sfor-nato ottimi difensori”.Trattando di attualità, secondo lei chi è il miglior terzino della Serie A?“È difficile dirlo, sicuramente negli ul-timi anni trovare dei terzini forti è un compito difficile perché si tratta di un ruolo molto delicato da interpretare... io penso che De Sciglio del Milan ab-bia tutte le potenzialità per fare un ot-tima carriera. Certo non bisogna fare paragoni troppo pesanti con i grandi campioni del passato. Come difensori vedo molto bene il blocco della Juve, formato da Chiellini, Bonucci e Barza-gli... inoltre mi ha molto impressionato il centrale della Roma Benatia. Arrivato dall’Udinese, ha subito trovato gli ac-corgimenti giusti per blindare la difesa della Roma”.Qual è stato l’allenatore più impor-tante della sua carriera?“Devo dire che ho imparato qualcosa da ogni allenatore che ho avuto. Ma Carlo Mazzone e Boskov avevano qualcosa in più, non solo sul piano tat-tico-calcistico, ma nella loro capacità di proporsi come leader carismatici”.Anche lei, una volta appese le scarpe al chiodo, ha provato a intrapren-dere la carriera di allenatore, rico-prendo il ruolo di secondo di Lerda al Crotone e al Torino. Quali sono le sue idee tattiche? Ha un modulo di riferimento?“Un allenatore deve avere prima di tutto la disponibilità del gruppo e dei giocatori di qualità. Con i giocatori giusti io credo che il 4-4-2 sia il siste-ma migliore per occupare tutti gli spazi. Fermo restando che ci vuole duttilità e intelligenza”.Tra il 1986 e il 1990 con l’Ascoli lei ha giocato contro i più grandi campioni dell’epoca quali Maradona, Van Ba-sten, Gullit, Vialli etc. Qual è stato l’attaccante più difficile da marcare?“C’è l’imbarazzo della scelta. Se par-liamo di attaccanti puri, le confesso che Van Basten è quello che mi ha im-pressionato di più, sia per fisico sia per

tecnica”.Se pensiamo alle vicende delle ultime ore, non possiamo non parlare della brutta situazione finanziaria in cui versa l’Ascoli Calcio. Vorrei un suo pensiero a riguardo, da ex capitano della “Regina delle Marche”...“Un vero peccato... la giornata di ieri (16 dicembre) è stata molto triste per noi che viviamo ad Ascoli e per me che ho giocato tanti anni con la maglia bianconera e sono legato affettivemnte all’ambiente. Si stringe il cuore a ve-dere quello che è successo, ma bisogna avere la forza e trovare la voglia di ri-prendere...”.Ha mai pensato, da grande difenso-re, che suo figlio Mattia potesse di-

ventare un grande attaccante?“Sono gli scherzi della vita. Sin da bambino Mattia quando giocava si met-teva là davanti cercando di fare goal. Si vedeva che aveva delle caratteristi-che offensive. Che arrivasse in Serie A nessuno poteva immaginarlo e neanche sperarlo... ma sono cose che bisogna vivere gradualmente, anno dopo anno, senza pressioni troppo grosse”.Non sono molte le famiglie che pos-sono vantare padre e figlio in Serie A. I Destro hanno uno speciale DNA legato al calcio...“Beh, è una grande soddisfazione. Sia io, sia lui, abbiamo avuto la fortuna di fare ciò che ci piace di più nella vita, quanto c’è di più bello”.

Una leggenda per rUolo - flavio destro Destro, Di nome e Di fatto…

Destro ha legato la sua carriera soprattutto all’Ascoli, con cui ha giocato dal 1985 al 1990

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no tra i più nobili ruoli ricoperti dal calcio è il far conoscere, attraverso le imprese dei propri pro-

tagonisti, parti del nostro pianeta che, altrimenti, rimarrebbero sepolte in un oblio di stereotipi e contraddizioni. È grazie a George Weah e alle sue pro-

U

miti del calcio - roger milla di Luca Gandini

sotto iL seGno DeL Leone

È pieno di colore e passione il calcio di roger milla, il leone indomabile del camerun.

dezze, ad esempio, se la Liberia ha potuto mostrare al mondo che guer-ra civile e miseria non sono gli unici frutti prodotti da quella terra tormen-tata. Oggi, se parli di Corea del Nord, non pensi tanto alle testate nucleari, alla censura o all’isolamento interna-zionale messo in atto dal regime di

Pyongyang, bensì alla straordinaria cavalcata della Nazionale dei cosid-detti “ridolini” al Mondiale del 1966. E che dire poi del Camerun? Un nome come tanti altri, destinato a rimanere chiuso nell’atlante, se non fosse stato per le gesta di Roger Milla, l’uomo capace di trascinare quell’angolo di

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Africa in una festosa marcia di danze e colori.

SCACCO A LE ROIFiglio di un ferroviere, Albert Roger Mooh Miller è nato a Yaoundé, la Capitale del Camerun, il 20 maggio 1952. Appassionato di calcio e am-miratore di Pelé, ebbe un’infanzia piuttosto movimentata a causa del lavoro del padre, chiamato a ripetu-ti trasferimenti. Le prime notizie del Milla (questo il suo nome d’arte) cal-ciatore ci giungono infatti da Douala, la città più popolosa del Paese, dove, dall’età di 13 anni, iniziò a mettersi in mostra nella squadra dell’Éclair. 5 anni dopo, ecco il salto di qualità e l’approdo nel Léopard, una delle so-cietà più prestigiose del Camerun, con cui cominciò a farsi conoscere anche al di fuori dei confini nazionali, gra-zie a una memorabile edizione della Coppa dei Campioni d’Africa. Erava-mo nel 1973 e Roger fu il principale protagonista della cavalcata dei “le-opardi” interrotta solo in semifinale dagli zairesi del Vita Club. La vera gloria internazionale, il formidabile attaccante iniziò ad assaporarla qual-che anno dopo, quando, con la maglia del Tonnerre di Yaoundé, conquistò la Coppa delle Coppe d’Africa nel 1975 e il premio quale miglior calciatore del continente nero nel 1976. Impossi-bile, a quel punto, rifiutare la chiamata dell’Europa. Nel 1977 furono i fran-cesi del Valenciennes ad assicurarsi le prestazioni dell’asso camerunense, ma quell’avventura fu tutto tranne che positiva. Roger passò la prima stagio-ne relegato nella squadra riserve e la seconda invischiato nella mediocrità generale del sodalizio biancorosso. Alcune beghe contrattuali e la con-temporanea, allettante, offerta del Monaco, lo convinsero dunque a cam-biare aria e a trasferirsi nel Principato. Anche qui, però, le cose non andarono per il meglio. Una sola stagione, po-chi gol, tanti infortuni e una Coppa di Francia vinta da riserva. Troppo poco per meritarsi la riconferma. Ripartì al-

lora dal Bastia, dove, nel 1980/81, si tolse la prima vera soddisfazione eu-ropea, andando a rivincere, ma stavol-ta da protagonista, la Coppa nazionale contro il Saint-Étienne di un certo Mi-chel Platini. Fu proprio Milla a siglare uno dei gol della finale con un guizzo da gazzella, sfogando poi tutta la sua gioia in un’esultanza dal sapore libe-ratorio.

I LEONI INVINCIBILISi avvicinava, intanto, il grande ap-puntamento di Spagna ‘82, il Mundial a cui la Nazionale del Camerun par-tecipava per la prima volta. Destino aveva voluto che la compagine africa-na potesse allineare un undici di tutto rispetto, trascinato non solo dalla for-za d’urto di Milla, ma anche dal genio di Théophile Abega, una mezzala che ricordava un po’ Johan Cruijff per il raffinato controllo di palla a testa alta e per via del numero 14 sulla maglia, e dal talento del portiere Thomas N’Ko-no, Pallone d’Oro africano nel 1979. Tre fuoriclasse e tanti buoni gregari, impegnati in una lotta per emergere che andava oltre lo sport. Paese pove-

ro, con una speranza di vita di soli 53 anni e sempre sull’orlo della guerra ci-vile, il Camerun riuscì a farsi conosce-re e apprezzare grazie alla sorprenden-te vitalità dei suoi “Leoni Indomabili”, che prima costrinsero allo 0-0 il Perù, poi ripeterono lo stesso risultato con la ben più quotata Polonia di Zibì Bo-niek e infine colsero un 1-1 con i futuri campioni dell’Italia. Solo una spietata differenza-reti permise agli Azzurri di Enzo Bearzot di qualificarsi a spese dei camerunensi, ma poco importa: Roger Milla e compagni furono pro-tagonisti della più convincente prova mai offerta da una compagine africana in 52 anni di Coppa del Mondo. Non fu un fuoco di paglia. Nel 1984, per il Camerun arrivò infatti il primo allo-ro continentale, con la conquista della Coppa d’Africa. Milla si accontentò di siglare un solo gol, ma utile comun-que per superare i padroni di casa del-la Costa d’Avorio in un difficile match del primo turno. Il ruggito dei Leoni terrorizzò l’Africa in un crescendo di successi. Secondi nel 1986 alle spalle dell’Egitto, si ripresero il trono con-tinentale 2 anni dopo in Marocco. Il

L’apoteosi per Muller è arrivata con la conquista della Coppa del Mondo 1974

Ancora oggi, Roger Milla è considerato il più grande giocatore del Camerun

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miti del calcio - roger milla sotto iL seGno DeL Leone

nostro Roger, ancora una volta, non deluse, e il suo nome entrò a far parte della formazione ideale della manife-stazione.

NONNO INSUPERABILEAlla fine della stagione 1988/89, Milla concluse la sua ultradecennale esperienza nel campionato francese. Lo fece giocando nel Montpellier, al fianco del giovane Laurent Blanc (fu-tura colonna della Nazionale campio-ne del mondo) e di quel mattacchio-ne di Carlos Valderrama, il “Gullit Biondo” colombiano. Si ritirò quindi sull’Isola della Riunione, nelle calde acque dell’Oceano Indiano, dove, tra un bagno di sole e l’altro, trovò anche il tempo per militare in una squadretta locale, il Saint-Pierroise. Il Mondiale di Italia ‘90 era ormai alle porte, ma nulla parve convincere il vecchio le-one ad abbandonare quell’esilio dora-to. Sinché non avvenne l’incredibile. Una telefonata del Presidente della Repubblica in persona, il fuoco sacro che riprese ad ardere nel petto et voi-là: Roger Milla era pronto a tornare ad indossare l’amata casacca del Came-run. Ebbe quindi inizio, a 38 anni, il capitolo più esaltante della sua carrie-ra. Inserita in un raggruppamento a dir poco proibitivo, con i campioni uscen-ti dell’Argentina, Romania e Unione Sovietica, la squadra africana, forte di alcuni reduci di Spagna ‘82 (Milla e N’Kono su tutti) e un manipolo di gio-vani promettenti, partì alla grandissi-ma, sconfiggendo nella gara d’esordio Maradona e compagni nella bolgia di San Siro. Un tripudio di danze triba-li, colori e orgoglio africano fecero da cornice a una delle giornate più sorprendenti che il calcio abbia mai vissuto. Milla, che in quella gara era subentrato nella ripresa senza lasciare traccia, si scatenò nell’incontro suc-cessivo con la Romania, siglando la doppietta vincente. Nemmeno un’in-nocua sconfitta con i sovietici tolse ai Leoni Indomabili la soddisfazione di chiudere il girone davanti a tutti. Or-mai eletta come la squadra-simpatia

del Mondiale, il Camerun affrontò poi negli ottavi la Colombia, un’al-tra compagine pittoresca, con quei “locos” di Carlos Valderrama e René Higuita a fare il bello e cattivo tempo. Il risultato rimase inchiodato fino ai supplementari, poi salì in cattedra Ro-ger Milla con un’altra magistrale dop-pietta. Indimenticabile il suo secondo gol, dopo aver rubato palla a Higuita in una delle non rare sortite offensive del portiere-clown. La fuga verso la bandierina che ne seguì, con tanto di balletto, divenne una delle immagini-simbolo del torneo. Lanciato a mille, il Camerun non aveva ancora smesso di stupire. Nei quarti c’era l’Inghilter-ra: una sfida più da fuori che da dentro ma non per questo da affrontare senza il coraggio di sempre. Milla partì an-cora dalla panchina, da dove assistette al vantaggio inglese di David Platt. Poi, una volta entrato, diede un’auten-

tica lezione ai maestri del calcio, pro-curandosi prima il rigore del pareggio e inventando poi un assist al bacio per il 2-1. Il calcio, a volte, sa però essere incredibilmente crudele e così due clamorosi errori di ingenuità dei difensori camerunensi permisero ai Bianchi di Sua Maestà di guadagnarsi e trasformare i due penalty del defini-tivo sorpasso. Il sogno era tramontato, ma il ricordo di quell’avventura sotto il cielo di un’estate italiana sarebbe ri-masto impresso a lungo nel cuore di un’intera generazione di tifosi.

L’ULTIMA IMPRESARientrato in Patria, più osannato di un vecchio patriarca, Roger vinse il secondo Pallone d’Oro africano della carriera, a 14 anni di distanza dal pri-mo. Si tornò a parlare di lui nel no-vembre del 1993, quando, accettando l’invito dei vertici governativi, si lan-ciò nell’ennesima sfida. Il Mondiale di USA ‘94 bussava prepotentemente alle porte e il Camerun aveva ancora bisogno del suo campione. Gli anni passavano, ma l’entusiasmo era quel-lo di sempre. Riprese a giocare con il Tonnerre Yaoundé, la squadra che l’a-veva fatto conoscere in Europa, e poi coltivò il suo personalissimo sogno americano. Non fu un torneo memo-rabile, quella volta, per i Leoni, elimi-nati subito al primo turno. Ma il nostro Milla piazzò comunque la zampata. 28 giugno 1994, Stanford Stadium di San Francisco. La Russia stravinse 6-1, ma di chi fu l’unico gol camerunense? Il suo, quello del vecchio guerriero che, a 42 anni e 39 giorni, conquistò il re-cord quale calciatore più anziano ad aver giocato e segnato in una partita dei Mondiali. Un primato che resiste tuttora e che chissà fra quanto tempo verrà battuto. Fu l’ultimo ruggito di una storia lunga e appassionante, con protagonista questo irriducibile figlio dell’Africa. Un personaggio autentico che, come quegli eroi delle favole, ci ha voluto insegnare che, in fondo, un leone indomabile vive nascosto nel cuore di ognuno di noi.

Milla ha esordito in nazionale a 26 anni e l’ha lasciata a 42 anni suonati

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ogna, il ragazzino Michel. Come tutti quelli che hanno l’età per sognare. Da bambi-no inventa interminabili par-

tite di calcio nel cortile davanti al bar del nonno, a Jouef. Il locale è pieno di italia-ni, perché nonno è arrivato in Lorena da Agrate Conturbia, provincia profonda di Novara, in cerca di fortuna. E dall’Ita-lia sono arrivati in tanti, all’epoca, per lavorare nelle miniere della regione. Sogna, il ragazzino Michel. Inventa sfide mondiali che naturalmente vince, perché con un po’ di fantasia si vince sempre. Il suo idolo si chiama Pelé, e in mezzo al cortile Pelé era lui, lui e nessun altro. Per questo, ogni volta che gli capi-

accadde a... - febbraio 1978 di Simone Quesiti

maLeDetto bLoCCo

Ha scritto la storia della Juventus ma poteva essere l’idolo della beneamata, l’incredibile storia di platini…

s ta di dover firmare un pezzo di carta, si diverte a storpiare il proprio cognome. Il ragazzino Michel si trasforma, si chia-ma Platini e ogni volta diventa Peleatini. Destino, certo che c’entra il destino. Le origini italiane, la dannata voglia di es-sere calciatore, di sentirsi calciatore. Il giorno che lo chiamano in municipio, per ritirare la sua prima carta d’identità, alla voce “professione” scrive proprio così: calciatore. L’impiegato comunale gli spiega che quella non è una profes-sione: sbagliava, eccome se sbagliava.

L’INCONTRO SEGRETOMichel Platini firma il primo contrat-to da professionista a Nancy. Seimila

franchi al mese, più o meno un milione e duecentomila lire. Debutta in prima squadra il 3 maggio del 1973, in oc-casione di Nancy-Nimes, finita 3-1. I primi gol, due, arrivano un paio di settimane dopo, a Lione, dove Platini e compagni s’impongono per 4-2. Il Nancy è una specie di famiglia, a due passi da casa. E per Michel è un diver-timento fare il calciatore. Ma diventa mestiere, o arte, giorno dopo giorno. Cresce, Michel Platini. A dispetto di quel fisico che proprio atletico non è, a guardarlo bene. Muscoli pochi, e con-tro madre natura si può fare il giusto. E allora avanti con quei piedi magici, con la classe che non si insegna e non si im-

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para, per sopperire a certe carenze. L’I-talia di Michel è quella dei racconti del nonno, delle vacanze estive tra i parenti di Agrate Conturbia. Il futuro è ancora meno di un’ipotesi, fino a che, in quel febbraio 1978, Mazzola e Fraizzoli sti-pulano un pre-accordo segreto con l’a-stro nascente del calcio francese…

L’ATTIMO FUGGENTEMichel viene portato a casa Fraizzoli, una reggia nella parte più ricca della città milanese. Quadri di Giotto, opere di Raffaello, candelabri d’oro: cornice perfetta di quello che sarebbe potuto passare alla storia come uno dei più grandi colpi di mercato della storia. Fraizzoli chiede una bottiglia di cham-pagne e decide di farla aprire a Michel. Quando il tappo salta, fa un rumore sordo, come un sogno evaporato, un affare mancato, un sogno sfumato. Michel ha ancora un anno di contratto col Nancy e le frontiere sono chiuse. Gli propongono perciò di versare i sol-di del contratto nell’attesa della fine dell’embargo, con la promessa di ritor-nare a Milano non appena alle squadre italiane fosse concesso tesserare gli stranieri. Attraverso l’organizzazione di amichevoli all’estero, l’Inter avreb-be così depositato il denaro in un conto parigino intestato a Platini. Michel vi-sita anche Appiano, dove incontra per la prima volta mister Bersellini e il suo vice Onesti. Sandro, sarà mica un nuo-vo acquisto, il ragazzo che ho visto? Dichiarerà in seguito Sandro Mazzola. Ragazzi, così non va. Mi portate sem-pre della gente impresentabile. Questo ha il sedere da sposa e i piedi piatti. Due giorni dopo, l’8 febbraio del 1978, si affrontano Italia e Francia e sono dolori per gli azzurri: Michel batte due volte Zoff su punizione, due capolavori di quelli a cui ormai ha abituato i fran-cesi e a cui abituerà gli italiani. Uno dei due gol viene annullato, l’altro invece vale il 2-2. A casa Mazzola, il telefono non si fa attendere. Bersellini chiama subito: Sandro, quello che ha fatto gol mi sembra di conoscerlo. Anche se ha il sedere da sposa e i piedi piatti, mi pare li sappia usare.

RIMPIANTIDopo un anno, Fraizzoli, suggestionato da voci su un possibile prolungamento dell’embargo e preoccupato per il grave infortunio alla gamba destra incorso a Platini, scioglie il contratto. E così, dopo aver centrato la vittoria della coppa di Francia con il Nancy, a Platini arriva una chiamata di quelle che non si rifiu-tano. Michel passa al St.Etienne, vero motore del calcio transalpino. Il titolo arriva nella stagione 1980-81: il pub-blico stravede per il ragazzo diventato uomo e poi campione, quello che non ha il fisico, ma non importa perché quando è laggiù, in mezzo a un campo di calcio, non si vede. Platini è una favola viven-te, è il brutto anatroccolo che si infila scarpe bullonate e scende in campo per recitare la sua parte di meraviglioso ci-gno. Improvvisamente, però, nella vita del campione che sognava di essere Pelè, entra l’Italia. Non è più quella dei ricordi di bambino, delle vacanze esti-ve, dei parenti lontani. È la Juventus, la signora del calcio. L’avvocato Agnelli

lo vede, lo stima, lo vuole. L’occasione, ancora una volta, è una sfida tra presente e futuro: a Parigi, il 23 febbraio 1982, Michel Platini gioca contro l’Italia la sua più bella partita con la maglia della nazionale. Vince la Francia, segna Plati-ni, s’innamora Agnelli. Ma Michel è un uomo onesto e per correttezza, prima di firmare con i bianconeri, chiama l’Inter. “Ho dato la mia parola quattro anni fa, se mi volete sono disposto”. La rispo-sta negativa dà il via libera a Boniperti che, a tempo di record, chiude l’opera-zione. Costa 148 milioni ma l’aspetto economico, per l’Avvocato, è l’ultimo dei pensieri. Lui ha scelto Platini per-ché Platini corrisponde esattamente alla sua idea di calcio: divertimento, essenza del gioco, naturalezza. Affronta il calcio con la stessa eleganza, la stessa felici-tà con cui andrebbe affrontata la vita. È già Michel Platini, unico, come tutti i fuoriclasse, diverso, nel suo modo di essere artista del pallone, così naturale da non farlo pesare, a volte nemmeno apparire.

Fenomeno bianconero, poteva diventare una stella dell’Inter

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l 1960-61 è l’anno delle “prime volte” in Coppa Campioni: non vince il Real Madrid e si veri-fica una sorpresa in finale. È la

sesta edizione e vi sono 28 squadre di 27 nazioni, per arrivare agli ottavi si disputano 12 scontri diretti, sono esentati i detentori del Real e poi, per sorteggio, Amburgo, Burnley e Panathinaikos.L’Italia è rappresentata dalla Juven-tus: inserita nell’urna dell’Europa dell’Est, pesca i bulgari del CDNA, vecchio nome del CSKA Sofia. L’an-data è a Torino e l’inizio è piuttosto comico, poiché viene suonato l’inno reale bulgaro, quando in Bulgaria c’è la repubblica da ormai quattordi-ci anni, coi giocatori ospiti che, già alle prime note, rompono le righe. La Juve passa nel primo tempo con Lojodice e Sivori, ma nella ripresa si ferma, sicura che il 2-0 basti al ritor-no. Ci sono una serie di assenze im-portanti a Sofia: mancano Sivori, uno dei pochi che avrebbe potuto risol-vere la situazione, Stacchini, Emoli e il portiere Vavassori. La Juve non scende praticamente in campo, però all’intervallo è sotto soltanto di un gol, su punizione di Kovachev. C’è paura negli occhi dei bianconeri e al 57’ realizza ancora Kovachev dopo una duplice deviazione di Lojodice e del portiere Romano. Il 3-0 porta la firma di Panaiotov, il 4-0 del cen-trattacco Zanev. Non serve a nulla il gol di Nicolè, la Juve ancora una volta esce subito per mano di una squadra non irresistibile. L’eroe di giornata è Nikola Kovachev, difen-sore-centrocampista che più avanti

iLa Prima VoLta DeL benfiCa

dopo cinque successi di fila, il real resta a guardare la finalissima di berna…

sarà allenatore del CSKA. Il resto dei preliminari riservano una sola grossa sorpresa, l’eliminazione dell’Ajax da parte dei norvegesi del Fredrikstad, capaci di resistere in Olanda, 0-0 dopo il 4-3 in casa. Vincono con pun-teggi netti Barcellona, Stade Reims e Young Boys, passano anche Ben-fica, Ujpest, Aarhus, Malmö, Rapid Vienna, mentre Hradec Kralove e Karl-Marx-Stadt avanzano per la ri-nuncia dei rispettivi avversari. Oggi siamo abituati a vedere scontri diretti tra le big soltanto a partire da febbra-io-marzo, ma la vecchia Coppa dei Campioni prevedeva sorteggio sen-za teste di serie. Ecco che agli ottavi accade quel che molti desiderano e alcuni temono: lo scontro tra le due corazzate spagnole. Il Real, che ha finora sempre vinto e il Barcellona,

antagonista catalano che ha vinto il titolo a parità di punti, per due gol in più di differenza reti proprio sul Real. Non c’è più Herrera, passato all’Inter, la panchina è occupata da Ljubisa Brocic, ex Juve. Lo slavo è il primo nella storia della Coppa a non perdere al Bernabeu, dopo 15 vittorie dei Blancos con 66 gol fatti e solo 8 subiti. Il Real parte fortissimo e trova il gol con Mateos, pareggia Suarez con una punizione dal limite. Gento alla mezzora riporta avanti i madridisti, ma è ancora il galiziano a siglare il 2-2 finale, all’87’ con un rigore contestato. Le polemiche non cessano, anzi aumentano in occasio-ne della gara di ritorno al Camp Nou. Il Real si vede annullare tre gol, at-tacca, ma va sotto su azione rocam-bolesca da corner, rete di Verges con

speciale coppa campioni 196o/1961 di Gabriele Porri

tutte le statistiche della champions su www.soccerdataweb.it

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41feb 2014calcio2000

AmburgoHorst SchnoorGerhard KrugJürgen KurbjuhnJürgen WernerJochenfriz Meinke (Cap.)Peter Wulf Klaus NeisnerHorst DehnUwe Seeler Klaus StürmerGert DörfelCT: Günther Mählmann

Amburgo-bArCELLoNA 2-1 (0-0)

bArCELLoNAAntonio RamalletsFonchoEnrique GensanaSigfrido GraciaMartin VergesJuan Segarra (Cap.)EvaristoSandor Kocsis Ladislav KubalaLuis SuarezAndres SucoCT: Enrique Orizaola

mercoledì 26 aprile 1961, ore 17:30 - Amburgo (Stadio “Volkspark”)Arbitro: gérard VErSYP (bEL) - Spettatori: 75.000reti: 58’ Wulf, 68’ Seeler, 90’ Kocsis

bArCELLoNAAntonio RamalletsFonchoSigfrido GraciaJuan Segarra (Cap.)Enrique GensanaJesus GarayRamon VillaverdeEvaristo Ladislav KubalaLuis SuarezZoltán CziborCT: Enrique Orizaola

bArCELLoNA-Amburgo 1-0 (0-0)

AmburgoHorst SchnoorGerhard KrugJürgen KurbjuhnJürgen WernerJochenfriz Meinke (Cap.)Dieter SeelerKlaus NeisnerHorst DehnUwe SeelerKlaus StürmerGert DörfelCT: Günther Mählmann

bENfiCA Alberto Costa PereiraAngeloFernando CruzGermanoManuel Francisco SerraJosé NetoJosé AugustoJoaquim SantanaJosé Aguas (Cap.) Mario Coluna Domiciano Cavem CT: Bela Guttmann

bENfiCA-rAPiD ViENNA 3-0 (2-0)

rAPiD ViENNALudwig HujerWilhelm ZaglitschWalter Glechner,Josef HöltlGerhard Hanappi (Cap.)Johann SteupPaul HallaWalter SkocikRobert DienstRudolf FlögelJosef BertalanCT: Robert Körner

mercoledì 12 Aprile 1961, ore 21 - barcellona (Stadio “Nou Camp”)Arbitro: Lucien Van Nuffel (bel) - Spettatori: 90.000reti: 46’ Evaristo

mercoledì 26 aprile 1961 - LiSboNA (Stadio “da Luz”)Arbitro: Kevin HoWLEY (ENg) - Spettatori: 65.000reti: 19’ Coluna, 24’ Aguas, 61’ Cavem

semifinaLi

finaLe

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bENfiCAAlberto Costa PereiraMario JoãoGermanoAngeloJosé NetoFernando CruzJosé AugustoJoaquim SantanaJosé Aguas (Cap.) Mario Coluna Domiciano Cavem CT: Bela Guttmann

bENfiCA-bArCELLoNA 3-2 (2-1)

bArCELLoNAAntonio Ramallets (Cap.) (aut.)FonchoSigfrido GraciaMartin VergesEnrique GensanaJesus GarayLadislav KubalaSandor Kocsis EvaristoLuis SuarezZoltán Czibor CT: Enrique Orizaola

mercoledì 31 maggio 1961, ore 19 - bErNA (Stadio “Wankdorf”)Arbitro: gottfried DiENST (Sui) - Spettatori: 26.732reti: 21’ Kocsis, 31’ Aguas, 32’ Aut. Ramallets, 55’ Coluna, 75’ Czibor

Rapid ViennaLudwig HujerWilhelm ZaglitschWalter GlechnerJosef HöltlGerhard Hanappi (Cap.)Paul HallaKarl GieszerWalter Skocik Robert DienstRudolf FlögelJosef BertalanCT: Robert Körner

rAPiD ViENNA-bENfiCA 1-1 (0-0)

BenficaAlberto Costa PereiraAngeloFernando CruzGermanoAntonio SaraivaJosé NetoJosé AugustoJoaquim SantanaJosé Aguas (Cap.) Mario ColunaDomiciano CavemCT: Bela Guttmann

giovedì 4 maggio 1961 - ViENNA (Stadio “Prater”)Arbitro: reginald LEAfE (ENg) - Spettatori: 63.000reti: 66’ Aguas, 71’ Skocik

sPareGGio

bArCELLoNAAntonio RamalletsFonchoEnrique GensanaSigfrido GraciaMartin VergesJuan Segarra (Cap.)Ladislav KubalaSandor KocsisEvaristo Luis SuarezZoltán CziborCT: Enrique Orizaola

bArCELLoNA-Amburgo 1-0 (1-0)

AmburgoHorst SchnoorGerhard KrugJürgen KurbjuhnJürgen WernerJochenfriz Meinke (Cap.)Peter WulfKlaus NeisnerHorst DehnUwe SeelerKlaus StürmerGert Dörfel CT: Günther Mählmann

mercoledì 3 maggio 1961, ore 17 - bruXELLES (Stadio “Heysel”)Arbitro: Tage SØrENSEN (DEN) - Spettatori: 63.000reti: 42’ Evaristo

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42 feb 2014calcio2000

speciale coppa campioni 196o/196o La Prima VoLta DeL benfiCa

Giocatore Presenze RetiRuoloNazData Nascita

BENFICA

COPPA CAMPIONI 1960/61

Alberto COSTA PEREIRA 9 -10PortierePOR22.12.1929

Fernando CRUZ 9 0DifensorePOR12.10.1940

José NETO 9 0DifensorePOR05.10.1935

ANGELO (Angelo Martins Gaspar) 8 0DifensorePOR19.04.1930

GERMANO (Germano de Figueiredo) 8 0DifensorePOR23.12.1932

Manuel Francisco SERRA 3 0DifensorePOR06.11.1935

MARIO JOÃO (Mario João Sousa Alves) 2 0DifensorePOR06.06.1935

Artur SANTOS 1 0DifensorePOR27.03.1931

Mario COLUNA 9 2CentrocampistaPOR06.08.1935

JOSÉ AUGUSTO (José Augusto Pinto de Almeida) 9 7CentrocampistaPOR13.04.1937

Joaquim SANTANA 9 3CentrocampistaPOR22.03.1936

Antonio SARAIVA 5 0CentrocampistaPOR13.07.1934

José AGUAS 9 11AttaccantePOR09.09.1930

Domiciano CAVEM 9 2AttaccantePOR21.12.1932

Bela GUTTMANN 9AllenatoreHUN27.03.1899

CoPPa CamPioni 1960/61 - benfiCa

complicità di Pachin. Il Real domina, ma è il Barca a raddoppiare di testa con Evaristo, portando la folla in de-lirio. Al Real non resta che continua-re ad attaccare a testa bassa e anche se i minuti scorrono velocemente, le occasioni non mancano. Gento col-pisce la traversa e all’85’ è Canario a trasformare in gol da due passi l’as-sist di Del Sol. In tribuna si trema quando poi Marquitos, l’uomo che segnò il gol della vittoria nella prima edizione, tutto solo manda sopra la traversa. Agli ottavi esce a sorpre-sa il Reims, eliminato dal Burnley, squadra storica del Lancashire alla sua prima (e tuttora unica) parteci-pazione in una coppa, in virtù del

suo secondo e ultimo titolo inglese, dopo quello del 1921. Proseguono Benfica (facile sull’Ujpest), Aarhus, Rapid Vienna, Malmö, Hradec Kra-love e Amburgo, che spegne i sogni di gloria dello Young Boys. Visto il lotto delle partecipanti, davvero non si capisce chi possa fermare la corsa dei catalani. Nei quarti, mentre Bar-cellona, Benfica e Rapid la fanno da padrone rispettivamente su Hradec Kralove, Aarhus e Malmö, la sfida più avvincente è Burnley-Amburgo. I tedeschi sono un gruppo rodato fin dalle giovanili e senza nuovi in-nesti da anni, con un attaccante che ne diverrà il simbolo: Uwe Seeler. Tuttavia a Burnley comincia male,

una doppietta del piccoletto terribile Pilkington e una rete di James Rob-son, a segno in precedenza anche col Reims, rendono le cose difficili fino al gol di Dörfel al 75’. La rimonta è così fattibile e prende piede anche grazie ai 75.000 del Volkspark. Segna subito Stürmer, raddoppia a fine tem-po Seeler, di testa in tuffo. Il Burnley sembra ormai spacciato, ma trova l’1-2 con un tiro da fuori di Harris. Torna in cattedra Seeler e serve un assist per il 3-1 di Dörfel, poi segna egli stesso il gol-qualificazione. Il sorteggio delle semifinali sembra an-cora una volta accoppiare le due più forti rimaste, Barcellona e Amburgo. In effetti la sfida corre sul filo dell’e-

Giocatore N° Minuti% Titol.Rig. N°Partite Giocate

CLASSIFICA MARCATORI

N° OgniRig. Falliti

RetiMaxReti

José AGUAS (Benfica) 9 810 0,0 9 0 0 11 74' 2

JOSÉ AUGUSTO (Benfica) 9 810 0,0 9 1 0 7 116' 2

EVARISTO (Barcellona) 10 900 0,0 10 0 0 6 150' 2

Uwe SEELER (Amburgo) 7 630 0,0 7 0 0 5 126' 2

Klaus STÜRMER (Amburgo) 7 630 0,0 7 0 0 4 158' 2

Luis SUAREZ (Barcellona) 9 810 0,0 9 1 0 4 203' 2

CLassifiCa Cannonieri

tutte le statistiche della champions su www.soccerdataweb.it

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44 feb 2014calcio2000

Nonostante la presenza di una stella come Luis Suarez, il Barcellona non si portò a casa la coppa

quilibrio, rotto solo da un gol di Eva-risto nello spareggio di Bruxelles. Prima le due squadre avevano vinto di misura, ognuna in casa propria, con il Barcellona che aveva agguan-tato il playoff a pochi secondi dalla fine. Dall’altra parte, più sbilancia-to il confronto tra Benfica e Rapid. Al “Da Luz” vanno a segno Mario Coluna, ex attaccante che il “vate” Bela Guttmann ha arretrato a centro-campo e il bomber e capitano José Aguas, che con i suoi gol ha mandato avanti i lusitani, un po’ a fari spenti, con sorteggi favorevoli. Con Cavem è 3-0, ma il ritorno al Prater finisce malamente, sull’1-1 a 5’ dalla fine al Rapid è negato un rigore e la squa-dra abbandona il campo. La finale di Berna è così Barcellona-Benfica. Gli spagnoli sono favoritissimi, per la Coppa hanno trascurato il campio-nato e anche il povero Brocic ci ha rimesso la panchina, affidata al vice Orizaola. L’occasione per i catalani è unica: il grande Kubala e il por-

tiere Ramallets sono vicini al ritiro, Suarez è lì lì per raggiungere Herrera all’Inter. Ma devono fare i conti con la solida squadra messa in piedi da Guttmann. L’inizio è favorevole ai Blaugrana, che passano con Kocsis di testa, ma il povero Ramallets in due minuti compie due errori fatali: al 31’ sbaglia uscita permettendo ad Aguas di segnare a porta vuota poi, forse abbagliato dal sole si scontra con Foncho e fa addirittura autogol! È un duro colpo da cui tutto il Barça fatica a riprendersi e Coluna, a ini-zio ripresa, segna con un tiro al volo da fuori. I catalani non si danno per vinti e segnano con Czibor quando mancano 15’, l’assedio finale tutta-via si infrange sui pali della porta di Costa Pereira, colpiti da Czibor stesso e da Kubala. Al fischio finale dello svizzero Dienst l’esultanza dei rossi di Lisbona è tanta, finalmente il titolo europeo esce dalla Spagna, pur restando confinato nella penisola iberica.

speciale coppa campioni 196o/1961 La Prima VoLta DeL benfiCa

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45feb 2014calcio2000

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46 feb 2014calcio2000

uella notte di un mercoledì di primavera un ragazzone ventunenne della provin-cia bergamasca ferma il

tempo con una scudisciata di sinistro. Pierluigi “Gigio” Orlandini, cresciuto nell’Atalanta, era subentrato all’84’ a Fi-lippo Inzaghi nella finale del campionato europeo under 21, il 20 aprile del 1994, a Montpellier, quando l’Italia di Cesare Maldini – quella che, schierava, insieme a tanti altri, elementi di sicuro avvenire come Fabio Cannavaro, Christian Pa-nucci e Francesco Toldo – contendeva il titolo continentale al Portogallo, sfidan-do futuri campioni del valore di Figo, João Pinto e Rui Costa. Il regolamento prevedeva, nel caso di rete realizzata du-rante i tempi supplementari, che l’incon-tro avesse termine immediatamente e fu proprio Orlandini, al 7’ del primo tempo, a piazzare da fuori area il “golden gol” e a regalare il secondo trionfo consecutivo alla truppa azzurra. Per questo talentuo-so esterno offensivo – per struttura fisica ed impeto nelle sgroppate somigliante ad un altro purosangue della fascia, anche lui “Gigio”, ovvero Gianluigi Lentini – quell’anno la vittoriosa affermazione in terra francese non costituì l’unico mo-mento d’oro. Infatti, dopo aver assaggia-to, nel corso del campionato 1990-1991 la massima serie con gli orobici ed aver sommato, con la stagione seguente, 14 presenze in maglia nerazzurra, era matu-rato in B con il Lecce (29 incontri dispu-tati e 3 reti), per poi rientrare alla casa madre, proprio per il torneo ’93-’94, al termine del quale non solo, come detto, si laurea campione d’Europa, ma riesce

Q

a Un passo dalla gloria - pierlUigi orlandini di Alfonso Scinti Roger

L’Uomo CHe fermÒ iL temPo

Un predestinato, un giocatore che aveva qualcosa di speciale, ecco chi era orlandini…

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47feb 2014calcio2000

L’Uomo CHe fermÒ iL temPo

a tingere di rosa anche una stagione in-grigita dalla retrocessione finale. Quella squadra registrava la presenza di Paolo Montero in difesa e di Ricardo Alemão a centrocampo, ma era proprio l’attacco il vero settore forte, almeno sulla carta, con un bomber di razza come Mauri-zio Ganz, un tornante travolgente come Roberto Rambaudi e tre promettenti prodotti del vivaio locale, Tomas Loca-telli, Mimmo Morfeo e Chicco Pisani. Orlandini, comunque, sbaraglia la con-correnza interna e in 23 apparizioni sigla 5 marcature, diventando il vicecapocan-noniere atalantino dietro Ganz (9 reti). È questo il momento della svolta, la sua carriera non cambia colore, ma blaso-ne, perché lo acquista l’Inter di Ernesto Pellegrini. All’ombra della “Madunina” Gigio, complice la perdurante assenza di Alessandro Bianchi, conquista un posto da titolare a partire dalla sesta giornata del torneo ’94-’95 e lo conserva fino alla quindicesima, poi deve accontentarsi di tanta panchina e di altre sole 4 appari-zioni dall’inizio. Il consuntivo parla di 23 gare disputate e 4 reti, di cui la pri-ma in A contro il Torino, al diciottesimo turno, realizzando un penalty per il 2-1 conclusivo. L’annata viene ricordata dai posteri, più che altro, per il passaggio di consegne dall’uscente Pellegrini a Mas-simo Moratti al vertice della dirigenza, mentre la prima squadra, agli ordini di Ottavio Bianchi, chiude al sesto posto, a 21 punti dalla Juventus campione d’Italia sotto la guida di Marcello Lip-pi. Svanita nel giro di un solo anno la speranza dell’Inter costellata di meteore come Dennis Bergkamp, Wim Jonk e Darko Pancev, si riparte col britannico Roy Hodgson in panca e l’aggiunta di un fantastico duo di esterni, il brasilia-no Roberto Carlos e, soprattutto, l’ar-gentino Javier Zanetti – arrivato come mero complemento all’ingaggio del più celebrato connazionale Sebastian Ram-bert, subito eclissatosi – con l’aggiunta di un pizzico di autarchia in attacco, grazie all’acquisto di Ganz. La ventata di aria nuova, comunque, non produce nessun miglioramento, anzi i nerazzurri chiudono perfino settimi e Orlandini ra-

cimola in tutto giusto 7 apparizioni. Ce n’è d’avanzo per cambiare aria, Gigio tenta il rilancio a Verona (1996-1997) e, anche stavolta, come a Bergamo, vive un’ottima stagione, forse la migliore, a dispetto del declassamento degli scalige-ri tra i cadetti. Con 30 presenze e 6 reti merita un’altra chance con una grande e si guadagna un posto in organico con il Parma di Carletto Ancelotti, fresco vice-campione d’Italia a due sole lunghezze dalla solita Juve del solito Lippi. Nello squadrone ducale – arricchito dalla clas-se di Gianluigi Buffon, Fabio Canna-varo e Lilian Thuram nelle retrovie, di Stefano Fiore sulla mediana e di Enrico Chiesa ed Hernan Crespo in avanti – ad Orlandini non restano che scampoli di partite, per un totale di sole 13 incontri. Né gli va meglio l’anno dopo, quando le occasioni in cui calca il rettangolo verde si riducono ad 11, sempre senza l’ombra di un solo gol. Eppure, il destino sembra riservargli una seconda prova d’appello, consentendogli di ritornare alla “Sca-la del calcio”, addirittura con il Milan neo-tricolore di Alberto Zaccheroni, al

fianco di Oliver Bierhoff, George Weah ed Andriy Shevchenko. Ciononostante, prima del mercato invernale di ripara-zione gioca 2 gare, una sola nell’undici base, in un rotondo 3-0 a S. Siro contro il malcapitato Venezia, proprio la squa-dra nella quale, con Ganz, milita per la seconda metà del campionato, disputan-do in totale 10 partite con il contorno di una segnatura. Non basta per evitare che anche quest’altra avventura si concluda con una nuova retrocessione. Le ultime due stagioni nella massima divisione, a Brescia e di nuovo a Bergamo (con 8 partite in due anni), rappresentano l’ul-timo, malinconico capitolo di una storia personale che, quella notte di primavera del ’94 sembrava destinata a ben altro epilogo, che non quello della chiusura tra i dilettanti in Puglia. Il giovanotto di belle speranze che aveva deciso la fina-le di Montpellier, il calciatore che aveva fermato il tempo con una sua imparabile staffilata di sinistro non è riuscito, poi, a parare il colpo mancino del destino, che si è preso la sua rivincita fermando, in pratica, la carriera di Pierluigi a quella sera. Le occasioni di Milano (spon-da prima interista e quindi milanista) e Parma sono la conferma, al rovescio, di quello che Orlandini poteva essere e non è stato, la prova in negativo di una spe-ranza che, al tirar delle somme, è andata delusa. Il possente trequartista che aveva fatto innamorare di sé la dirigenza interi-sta, convinta di aver intravisto in lui uno dei più promettenti interpreti del ruolo, non ha saputo esprimersi all’altezza del-le attese riposte in lui dopo l’exploit con l’under 21. Per lui il tempo si è fermato quella notte, tra le grida di gioia per un trionfo che, con il passare degli anni, si è rivelato l’unica rondine di quella strug-gente primavera.

Orlandini, nel corso della sua carriera, ha militato in tanti club, tra cui anche il Venezia

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini e la famiglia Piras per l’invio delle foto

orLanDini neLLe fiGUrine Panini

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48 feb 2014calcio2000

l campanile di Piazza San Marco si affaccia imponente in mezzo alla laguna vene-ziana. Lo sguardo di un tra-

monto si posa sulle calli e sui canali dove silenziose le gondole amoreggia-no con il mare dell’alto adriatico, rega-lando a questa meravigliosa città un’a-ria dolcissima, soffice e magica, trasparente e fragile come un vetro di Murano ma forte e spessa come la ge-nuinità dei sogni scolpiti in un sospiro”. Sant’Elena è un quartiere situato nel centro storico della splendida città ve-neta ed è qui, in questa culla invidiataci dal mondo che il 16 febbraio 1971 è nato Paolo Poggi. Già in tenera età, com’è naturale in quasi tutti i bambini,

“i

le confessioni del campione - paolo poggi di Antonello Schiavello

La faCCia PULita (D’anGeLo) DeL CaLCio

ci sono giocatori che sono nati per restare unici, come paolo poggi, stella di un calcio romantico…

riversa la propria attenzione su un pal-lone, divenendone fin da subito insepa-rabile amico. Sui masegni (le pietre in trachite di origine vulcanica che pavi-mentano calli e campi di Venezia) o su spiccioli di verde presenti in città, Pao-lino prende confidenza sempre più con il suo amico sferico accarezzandolo educatamente con il piedino sinistro. Cresciuto, entra nel settore giovanile della squadra della sua città. Debutta con la maglia arancioneroverde in pri-ma squadra nel corso del campionato 1989-90 (C1 girone A) sotto la guida di Antonio Pasinato prima e Giuseppe Sa-badini poi, collezionando 10 presenze coronate da 2 reti. L’anno successivo segnando 6 gol in 25 presenze contribu-

isce alla promozione del suo Venezia in Serie B , anche se questo traguardo ver-rà conseguito grazie allo spareggio di Cesena contro il Como (2-1 per i lagu-nari). L’allenatore di quella trionfale cavalcata è Alberto Zaccheroni. I due si ritroveranno più avanti nell’Udinese, e saranno altre belle pagine di calcio e storia da raccontare. Il battesimo con la serie cadetta avviene il primo settembre del 1991 nella partita Lecce-Venezia. Poggi scese in campo con la maglia nu-mero 7 ma è un’altra, la maglia numero 11, che lo contraddistinguerà in quasi tutta la carriera. Una settimana dopo contro il Messina realizza il primo dei 7 gol totali realizzati nelle 31 presenze in campionato. Sul ventenne Poggi si

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49feb 2014calcio2000

moltiplicano sguardi ed attenzioni. Il Torino, muovendosi in anticipo e sbor-sando 5 miliardi di lire, si aggiudica la corsa e il cartellino ad aggiudicarsi le prestazioni sportive future di quel bion-dino dalla faccia d’angelo, anticipando sul tempo altre società interessate all’attaccante veneziano. L’esordio in Serie A è datato 22 novembre 1992, la partita: Torino-Juventus. È il 36° del se-condo tempo. La Juventus ha pareggia-to con Vialli da pochi minuti il gol del vantaggio granata realizzato da Sordo. Mondonico, il tecnico di quel Torino, chiama il ragazzo di Sant’Elena seduto in panchina. Lo fa scaldare e poco dopo gli regala il battesimo con il calcio che conta facendolo subentrare al posto di Silenzi. Una sfortunata autorete di Ven-turin due minuti oltre il 90° regalerà il successo ai bianconeri di Trapattoni “sporcando” la gioia del ragazzo di Ve-nezia per il debutto ma avrà modo di “vendicarsi” sportivamente su altre Ju-ventus che incontrerà in futuro. Spic-ciole o frammentate comparse in cam-po staccano i giorni dal calendario e così si arriva al 31 gennaio, il giorno del primo gol in Serie A. E che gol! 67° mi-nuto di gioco di Ancona-Torino, Poggi scaglia un missile di sinistro da oltre 30 metri che si infila all’incrocio dei pali alla destra del portiere Nista, regalando il successo alla squadra granata. Un al-tro suo gol contro la Sampdoria a Ma-rassi il 7 marzo del 1993 consegna ai granata i due punti e il terzo posto (mo-mentaneo) in classifica. Due giorni dopo a Torino va in scena il primo atto della semifinale di coppa Italia. Il der-by. Al 49° Roby Baggio su rigore porta in vantaggio i bianconeri ma 19 minuti dopo il suo ingresso in campo in sosti-tuzione del difensore Sergio (60°), Pog-gi, sfruttando un preciso assist di testa di Casagrande, mette alle spalle del portiere Peruzzi il pallone dell’1-1 con una splendida volèe di sinistro. La “vendetta”personale sportiva era giun-ta, anche se il risultato di 1-1 ancora una volta, ipoteticamente poteva star meglio alla Juventus in quanto “ospite” in casa Toro. Il 31 marzo 1993 si dispu-ta il derby di ritorno. Il primo tempo si

chiude con la Juventus avanti per 1-0. La ripresa vede Poggi in campo al posto di Sergio. Al ventiduenne con la maglia numero 16 bastano 7 minuti per ripaga-re la fiducia dell’allenatore Mondonico. Ricevuto un lancio dalla trequarti de-stra, Poggi di prima intenzione, coordi-nandosi splendidamente sferra un vio-lento sinistro che infila Peruzzi, proprio davanti alla Maratona, il tempio del tifo granata. Molti anni dopo sia Totti in Sampdoria-Roma che Di Natale in Udi-nese-Chievo emuleranno quel gesto, lo stesso gol che per tecnica, coordinazio-

ne e precisione ricorderà ai tifosi del Torino quello segnato da Paolino Poggi di Venezia in quel derby del 1993. Ra-vanelli al 62° e un minuto dopo Pato Aguilera, fisseranno il risultato finale sul 2-2. Il Toro è in finale. La doppia finale regala tantissime emozioni e gol a catinelle (10 in totale) sorridendo alla squadra piemontese. Pur non giocando nemmeno un minuto della duplice fina-le contro la Roma di Boskov, Poggi en-tra di diritto tra i protagonisti di quello storico traguardo, la conquista della quinta Coppa Italia da parte del Club…

Poggi ha guidato l’attacco friulano per anni, qui è in compagnia di Muzzi

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50 feb 2014calcio2000

Un ricordo di Ajax-Udinese del nostro collaboratore Antonello, ovviamente a firma Paolo Poggi

le confessioni del campione - paolo poggi

la prima (ed unica) per lui. Una presen-za in più rispetto all’anno prima (22-21) e gli stessi gol (3) archiviano la sta-gione 1993-94 la seconda e ultima con la maglia granata del Torino. In estate Poggi viene ceduto in comproprietà all’Udinese, squadra appena retrocessa in Serie B. Il Club friulano verserà 1 miliardo e mezzo di lire per aggiudicar-si la metà del cartellino del giocatore. Nel capoluogo friulano Poggi trova la dimensione giusta per crescere ulterior-mente come uomo ed affermarsi come calciatore. Instaura un bellissimo rap-porto con la gente e la città amandola e facendosi amare senza alcuna riserva. Il primo anno a Udine (94-95) è già da ri-cordare: 36 presenze, 11 gol e la pronta risalita in Serie A. In estate arrivano a Udine due personaggi che contribuiran-no a scrivere pagine importanti della storia dell’Udinese: Alberto Zaccheroni e Oliver Bierhoff. Nel campionato 95-96 le zebrette si classificano al 10° po-sto centrando l’obiettivo prefissato all’inizio del torneo, una tranquilla sal-vezza. Bierhoff (17 gol) e Poggi (9) sono gli alfieri del duo d’attacco della squadra. Ma nella mente del tecnico di Cesenatico qualcosa incomincia a frul-lare quando, l’estate dopo arriva a Udi-ne, ampiamente sponsorizzato da Zico, il brasiliano Marcio Amoroso, attaccan-te di mestiere. È il 1997. Nasce il tri-dente Poggi, Amoroso e Bierhoff, a Udine molto più famoso degli intra-montabili “Gre-No-Li” di milanista memoria o del” Ma-Gi-Ca” napoletano. Una batteria d’attacco formidabile che a fine torneo totalizzerà 39 gol sui 53 complessivi della squadra. Un gioco spettacolare, per certi versi rivoluziona-rio e importanti vittorie spingono l’Udi-nese ad un onorevole 5° posto nella classifica finale. E quinto posto vuol dire…Europa! Mai l’Udinese in 100 anni di storia aveva centrato un traguar-do tanto prestigioso. Il 16 settembre 1997 in Polonia, avviene il battesimo per l’Udinese in Coppa Uefa. Il Widzew Lodz vince 1-0 ma pesa un netto rigore non concesso all’Udinese. 15 giorni dopo a Udine rientrerà Poggi assente in

Polonia, e la musica sarà diversa. Bierhoff dopo soli 2 minuti fa esplodere il “Friuli”, passano 5 minuti e Paolino, all’esordio in una competizione euro-pea, trafigge nuovamente il portiere po-lacco. Chiuderà definitivamente i conti relativi alla qualificazione Locatelli con uno splendido gol di tacco all’89°. Dall’urna di Ginevra esce il nome dell’Ajax... La gara di andata disputata-si all’Amsterdam Arena malgrado l’e-norme differenza di blasone, importan-za ed esperienza in campo europeo, l’Udinese la gioca a viso aperto e limita i danni uscendone sconfitta per 1-0. Così come contro il Widzew, anche questa qualificazione si deciderà tra le mura amiche il 4 novembre 1997. È una serata fredda, umida ma le mani sono caldissime tanti sono gli applausi da ri-versare sul campo alla Zac-Band che produce un gioco veloce, spettacolare e carica a testa bassa. 26° minuto. Un re-tropassaggio di Oliseh al proprio por-tiere viene intercettato da Poggi che anticipandone l’uscita disperata, lo su-pera con un tocco felpato realizzando il gol dell’1-0. Delirio puro in campo e sugli spalti. Il sogno di Paolo era diven-tando realtà. Sette minuti più tardi toc-cherà a Bierhoff mettere il pallone alle spalle di Van Der Sar e a qualificare m-o-m-e-n-t-a-n-e-a-m-e-n-t-e l’Udinese al turno successivo. Cappioli sbaglierà il possibile 3-0 che avrebbe chiuso il discorso invece…. a 10° dalla fine, Ar-veladze con il suo gol spegnerà, lui si definitivamente, tutti i sogni che si sta-vano concretizzando in quella magica

atmosfera novembrina. La gara contro l’Ajax sarà il ricordo più bello ma allo stesso tempo, più brutto del Paolo Pog-gi calciatore. Finita l’avventura euro-pea la squadra friulana si rituffa anima e cuore nel campionato inanellando grandi prestazioni che la porteranno alla fine dello stesso ad uno strepitoso terzo posto nella classifica finale. È il miglior piazzamento conseguito

FIGU INTROVABILENel 1997-1998 esce un mini album da completare con le figu presenti con le gomme da masticare. Una volta completato il mini album, se spedito alla casa Dolber s.p.a., si può avere in premio addirittura la maglia del campione preferito autografata. Ottima idea ma…. grandissimo problema. Le figurine di Paolo Poggi e di Sergio Volpi, allora giocatore del Bari, sono introvabili! Si scatena un putiferio incredibile, addirittura si muove “Mi manda Lubrano”. Alla fine si scopre che la tiratura delle due figurine era stata limitatissima. Un altro segno dell’unicità di Paolo Poggi…

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51feb 2014calcio2000

La faCCia PULita (D’anGeLo) DeL CaLCio

dall’Udinese in Serie A dopo il secondo posto ottenuto nel 1954-55... Poggi timbrerà il cartellino dei marcatori 10 volte in 31 presenze. Alla fine di quell’annata straordinaria Zaccheroni e Oliver Bierhoff salutano la compagnia e si trasferiscono a Milano sponda ros-sonera. Poggi in un colpo solo rimane “orfano” del maestro e del compagno che assieme ad Amoroso formavano il tridente delle meraviglie. Al posto del tecnico di Cesenatico viene chiamato Francesco Guidolin che ha una visione ben diversa di come impostare le sue squadre in campo rispetto a Zaccheroni. Poggi comunque è e rimane un elemen-to imprescindibile anche per l’attuale allenatore dell’Udinese. 29 presenze e 2 gol in campionato più la rete pesantissi-ma nello spareggio (nella gara di ritorno a Torino il 31 maggio 1999) valido per la qualificazione in coppa Uefa realiz-zato… alla Juventus (ora il debutto in Serie A era stato abbondantemente “vendicato”). Con la fascia di capitano al braccio e sotto la guida del nuovo al-lenatore Gigi De Canio, Poggi comin-cia la sua sesta ed ultima avventura in bianconero. 14 presenze, 3 gol e poi l’addio alla maglia numero 11 dell’Udi-nese. Il 23 gennaio Paolo Poggi è sedu-to in panchina in quella che sarà la sua ultima apparizione allo stadio Friuli. In campo si danno battaglia la sua Udine-se e il suo Venezia. Ma nemmeno sul risultato di 4-2 a favore della squadra di casa (il quinto gol sarà realizzato al 90°), De Canio lo mise in campo. Il giorno dopo, il paesaggio che si presen-tava agli occhi di Poggi era completa-mente diverso. Le alpi carniche aveva-no lasciato il posto ai 7 colli di Roma. Nella sessione di mercato invernale la Roma aveva acquistato il cartellino del “giustiziere” della Juventus per 5 mi-liardi più la comproprietà di Lanzaro, ed era pronta per lui la maglia numero 20 e un contratto quadriennale. Il de-butto in giallorosso avviene il 30 gen-naio a San Siro contro l’Inter. Poggi subentra all’84° al posto di Montella. Collezionerà altre 10 presenze con i ca-pitolini ma quasi sempre partendo dalla

panchina. Nel gennaio 2001 dopo 6 mesi senza mai praticamente mettere piede sul terreno di gioco perchè chiuso da campioni quali Batistuta, Montella, Totti, Del Vecchio, la Roma lo cede in prestito (fino a giugno) al Bari anche se, il Treviso aveva già pronto un qua-driennale pronto da fargli firmare. Con i pugliesi mette insieme 17 presenze e 4 reti di cui una decisiva al 90° con un perfetto colpo di testa, nel derby contro il Lecce il 31 marzo 2001. Ritorno a Roma, cessione al Parma e prestito al Piacenza. Ed è proprio con la maglia del Piacenza che Poggi il 2 dicembre 2001 realizza il gol più veloce della sto-ria del calcio italiano. Stadio Artemio Franchi di Firenze. Il direttore di gara, il Sig. Cassarà di Palermo mette alla bocca il fischietto per far cominciare la partita. Il calcio d’inizio spetta alla Fio-rentina. 1-2-3-4-5-6-7-8 secondi e gol del Piacenza! L’allenatore di quel Pia-cenza, Walter Novellino doveva ancora sedersi in panchina quando l’ex barese con uno scatto fulmineo brucia sul tem-po i difensori viola e l’uscita del portie-re Mareggini depositando il pallone in fondo al sacco.. Ne segnerà altri 2 nel corso della sua permanenza in quel di Piacenza entrambi nella stessa partita il 19 dicembre a…Venezia. In due minuti, 81° e 83° ribalta il risultato a favore della sua squadra portandola dal parzia-le 1-2 al finale 3-2. Il cuore avrà pianto ma l’onestà e la professionalità che da sempre hanno contraddistinto Poggi non erano state scalfite. A fine torneo ri-entra al Parma dove svolge la prepara-zione estiva. Lo vogliono il Piacenza, il Chievo, il Modena e addirittura al Gui-gamp in Francia, ma ecco il colpo di scena dettato dal cuore. Il “suo” Venezia è allo sbando. Il presidente Zamparini si era portato via tutto lasciando il glo-rioso Club lagunare in balia delle onde del suo stesso mare. Poggi parla con Sacchi il direttore tecnico dei parmensi e spiega le sue intenzioni di far ritorno al Club che per primo l’ha lanciato nel calcio professionistico e che ora si bar-camenava nelle acque fredde della Se-rie B. Accettando una forte riduzione

dell’ingaggio, scendendo di categoria e rinunciando alle offerte che via via era-no giunte per il suo cartellino, Poggi ottiene il benestare dal Parma e ritorna al suo primo vero amore, il Venezia. Con 36 presenze giocate sempre col cuore in mano e 8 gol spinge il vecchio leone verso una salvezza insperata alla vigilia. L’Ancona lo chiama nell’estate 2003 proponendogli un contratto bien-nale. Ma con l’Ancona Poggi disputerà solamente 9 partite prima di ritornare nuovamente al Venezia. Nel 2005 altra città sulla strada di Poggi, il Mantova in serie C. Nella città del Virgilio dantesco Paolo Poggi si ferma 3 anni mettendo assieme 65 presenze 17 gol , una pro-mozione in Serie B e, sfiorando addirit-tura la Serie A nella doppia finale play-off dell’8 e 11 giugno 2006 contro il Torino. Gli ultimi anni di carriera ter-minano come è giusto che sia nella sua città. 91 partite e 15 reti in 3 campiona-ti di Serie C con il Venezia. Appese le scarpette al chiodo, fa ritorno nel 2009 a Mantova in veste di dirigente voluto dal presidente biancorosso Lori ma, alla fine di quell’annata, la retrocessione prima e il fallimento societario poi fe-cero calare il sipario sulla breve carriera di dirigente del ragazzo di Venezia. De-luso da questa parentesi negativa, Pog-gi silenziosamente si discosta dal mon-do del calcio e con la famiglia, apre un Bed and Breakfast nel cuore di Venezia. Ma l’amore per quel pallone nato da bambino e cresciuto nel corso degli anni non è facile da dimenticare. Così, assieme a Paolo Morangon decidono di mettere su una scuola calcio, la Paolo e Nik Football Camp, al lido di Venezia, regalando a tanti bambini l’opportunità di avvicinarsi al mondo del calcio se-guendo e non distruggendo i loro picco-li sogni. Il successo in questo campo ha fatto sì che l’Udinese lo richiamasse al suo cascinale e gli affidasse il ruolo di coordinatore generale dell’area tecnica di Udinese Academy. E forse un giorno, quel bambino con la faccia d’angelo che giocava sui masegni fra le calli e i canali, si accorgerà di essere diventa-to….un grande!

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anti gol pesanti fra Serie A e Serie B e tutti con la maglia del Cagliari. Nato il 22 otto-bre 1954, Gigi Piras è stato

una bandiera del club sardo. “Ho ini-ziato a giocare a calcio nel mio paese a 12 anni, nell’Oratorio Don Orione. – racconta a Calcio2000 – A 14 anni mi prese il Selargius, poi Mario Tid-dia, che ai tempi allenava la Prima-vera rossoblù, mi vide giocare e mi fece prendere dal Cagliari all’età di 16 anni”. È il 1971, e così ha inizio la lunga avventura di Piras con gli isolani. “Oltre a me in quella squadra c’erano giocatori che poi avrebbero fatto carriera, come il portiere Cop-paroni. – dice – Quegli anni furono determinanti per la mia crescita, e Tiddia per me fu un maestro oltre che un allenatore. La cosa più bella era poter affrontare il giovedì sera in par-titella i grandi campioni della Prima squadra, che nel 1970 avevano vinto lo Scudetto. Per noi ragazzini era un onore giocare con gente del calibro di Riva, Domenghini, Nené, Albertosi, Tomasini…”. Le qualità di Piras emersero pre-sto, e il suo talento venne premiato “A 17 anni, con Edmondo Fabbri in panchina, feci per la prima volta la preparazione con la Prima Squadra, l’anno seguente, il 28 aprile 1974, esordii nella massima serie. Gioca-vamo al Sant’Elia contro la Fiorenti-na, – ricorda – allora non esisteva la panchina lunga, e il mister Chiappella decise di portarmi in panchina assie-

t

dove sono finiti?- gigi piras di Paolo Camedda

L’ereDe Di ‘rombo Di tUono’

il ricordo di una vera bandiera del calcio sardo…

me al portiere di riserva Copparoni e a Dessì. Con il risultato inchiodato sullo 0-0, mi chiamò per sostituire Nenè. Dopo qualche minuto, ci fu un calcio d’angolo per il Cagliari. Riva andò sul primo palo, attirando su di sé 4 avversari, ma la palla arrivò sul secondo, dove ero posizionato io, che lasciato libero, segnai il gol della vit-toria. Fu una gioia immensa, perché grazie a quella rete il Cagliari ottenne

la salvezza matematica con 3 giornate d’anticipo”. Dopo tre anni in A, nel 1975-76 il Cagliari incappò in un’an-nata storta e retrocesse in B appena 6 anni dopo lo Scudetto. “Successe che a gennaio, contro il Milan, a San Siro, si fece male Riva: distacco del tendine dell’adduttore della gamba destra. Saltò tutto il girone di ritorno. – spiega Piras - In panchina a Suarez subentrò Tiddia, che decise di gio-carsela con 6 sardi in formazione e 6 elementi provenienti dalla Primavera. Alla fine andammo in Serie B, io co-munque riuscii a segnare 4 gol, di cui 3 in una sola partita contro la Sam-pdoria. Avevo 21 anni, e penso che se fosse successo oggi avrei avuto una carriera assicurata…”. Riva non tornò più in campo, e la fine della carriera del mitico ‘Rombo di Tuono’ coincise con l’esplosione dell’altro Gigi, Pi-ras. “Riva era un leader. – sottolinea il bomber di Sleargius – Giocare con lui era come partire in vantaggio, lo capi-vi dalla paura che leggevi negli occhi degli avversari. A me ha insegnato moltissimo”. Piras eredita sulle spalle il numero 11 del bomber di Leggiuno, ma non risente della grande responsa-bilità che gli viene affidata: “Non ci ho mai pensato. – dice – Nella mia vita sono stato sempre abituato a prender-mi delle responsabilità. Nella mia fa-miglia ero il primo di 10 figli, e spes-so dovevo badare io ai miei fratelli”. In Serie B Piras e Virdis diventarono un po’ ‘i gemelli del gol’ della Sar-degna. “Ho potuto giocare da titolare

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con continuità – ricorda Piras – Con Pietro segnavamo tanto, nel 1976-77 facemmo 38 gol in 2, solo la sfortu-na ci impedì di passare agli spareggi. Nel 1978-79, senza Virdis, ceduto alla Juventus, ci piazzammo al 2° posto dopo un bel campionato e ritornam-mo in Serie A assieme all’Udinese”. Forte fisicamente e dotato di grande personalità, Piras riuscì a confermar-si anche nella massima serie. “Per me gli anni dal 1979 al 1983 furono quelli della consacrazione. – racconta – Giocai con attaccanti del calibro di Selvaggi, campione del Mondo a Spa-gna 1982, Virdis, tornato in Sardegna, e Briaschi, che poi sarebbe andato alla Juventus. I primi due anni feci 4 gol, ma la cosa più importante fu il 6° posto conquistato nel 1980-81, davvero un grande risultato per noi. Poi per due anni di seguito arrivai a quota 9 reti. Purtroppo nel 1982-83, la dirigenza decise di vendere giocatori importanti. Restammo soltanto io e Quagliozzi, e dopo un’annata sfortu-nata in cui dilapidammo un cospicuo vantaggio, retrocedemmo di nuovo in

Nel 1987 Piras giocò un brutto scher-zo alla Juve: segnò infatti a Torino il gol qualificazione che portò i sardi alle semifinali di Coppa Italia. A fine anno però i rossoblù retrocessero in C e finì il lungo binomio, con il numero 11 che spese gli ultimi anni di carriera con il La Palma. “Oggi, assieme a due dei mie fratelli gestisco un’azienda a Settimo San Pietro. – racconta Piras – Fare l’allenatore mi ha comunque permesso di restare nel calcio, il mio mondo, anche se negli ultimi anni la crisi ha colpito fortemente il calcio sardo e i club sono in difficoltà”. In tutto sono stati 87 i gol di Piras col Cagliari in campionato, di cui 31 in Serie A. “Il più bello? Oltre al gol all’esordio, sicuramente quello che ho segnato a Zoff nel 1983. – dichiara – Sono stato infatti l’ultimo giocato-re a batterlo prima che si ritirasse. I bianconeri rimontarono con Platini e Boniek, ma io mi tolsi quella soddi-sfazione”. Sugli avversari affrontati, Piras non ha dubbi: “Quello che mi metteva più in difficoltà era Collova-ti, perché si staccava sempre e non mi permetteva di giocare con il fisico e di attaccarlo”. A ricordare la sua av-ventura con il Cagliari ci pensano le figurine Panini, che lo immortalano da giovane promessa o con i baffi in età più avanzata: “Da bambino facevo la collezione, – rivela Piras – di re-cente poi hanno pubblicato la mia car-riera sull’album, e alcuni bambini mi hanno chiesto l’autografo. Non nego che questo sia stato per me motivo di orgoglio e mi abbia fatto grande pia-cere”.

Le Vecchie Glorie del Cagliari Valeri, Bellini, Gigi Piras e Roccotelli posano con un tifoso

Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini e la famiglia Piras per l’invio delle foto

Piras neLLe fiGUrine Panini

Serie B”. Per il Cagliari fu l’inizio dell’inferno, con la squadra chiamata a lottare per non retrocedere in C, e Piras fu cor-teggiato da club importanti: “Mi vole-vano in tanti, – rivela la punta – avrei avuto milioni in più ma per me non c’era nulla di più importante dell’af-fetto e dell’amore dei tifosi sardi e così fino all’ultimo restai in rossoblù. Ancora oggi, quando giriamo la Sar-degna con le Vecchie Glorie del Ca-gliari, è sempre un bagno di folla, e il giorno del mio compleanno mi sono commosso a vedere sulla bacheca di Facebook 1000 messaggi di auguri”.

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nche la federazione galle-se, istituita nel lontanissi-mo 1876 (terza in assoluto dopo Inghilterra e Scozia),

come le altre federazioni britanniche ha il posto nell’International Football Association Board, l’organo che dal 1886 ad oggi ha il compito di far ri-spettare ed eventualmente proporre modifiche al regolamento del gioco del calcio. E questo suo ruolo è senza dubbio l’impronta più importante la-sciata dal Galles nella storia di questo sport. Ci sono voluti infatti ben 82 anni prima di vedere i Dragoni protagonisti sulle scene internazionali. Accadde ai Mondiali del 1958 quando il periodo d’oro del calcio gallese, improntato su uno stile di gioco oltremodo “british”, senza estro né romanticismo, ma più rude e proletario, partorì una discre-ta nidiata di stelle (da Jack Kelsey a Ronnie Burgess, da Ivor Allchurch, a Cliff Jones) tra cui quella più brillan-te di tutte di John Charles. Il piccolo Galles s’arrese solo ai quarti contro il Brasile di Pelé futuro campione. Dopo allora però il buio. Mai più un acuto da parte del Galles, che paga non solo le ridotte dimensioni del bacino d’utenza da cui attingere, ma anche la spietata concorrenza del rugby, vero sport na-zionale. Da segnalare la bella caval-cata agli Europei del 1976 interrotta ai quarti di finale ancora una volta dai futuri campioni della manifestazione, gli jugoslavi.Il peso specifico del calcio gallese lo si può registrare prendendo atto dei do-

a

top 11 - galles di Antonio Vespasiano

L’imPeto Dei DraGoni

piccolo paese ma grande determinazione, in perfetto stile gallese…

dici trofei (di cui cinque in condivisio-ne) del British Home Championship, lo storico Torneo Interbritannico che dal 1884 mette di fronte le “Home Nations”. La maggior parte di questi successi il Galles li ha ottenuti prima che fossero istituiti i Mondiali di cal-cio e durante il periodo di esilio dalla FIFA delle quattro federazioni britan-niche (esilio costato la partecipazione alle prime tre edizioni della Coppa Rimet), senza il quale, probabilmente, anche i gallesi avrebbero potuto dire la loro in ambito internazionale. Altro storico deficit del calcio gallese è sta-to l’assenza di un proprio Campionato nazionale (istituito solo dalla stagio-ne ’92-93), campionato al quale non hanno aderito - tra le altre - squadre come il Cardiff City (unico club non inglese ad aver vinto una FA Cup nel 1927), lo Swansea (che a febbraio di quest’anno ha vinto la Coppa di Lega) e il Wrexham club tra i principali pro-motori della rivoluzionaria scelta di ridurre a 11 il numero di giocatori per squadra. Oggi con Bale e Ramsey c’è una sottile speranza per il Galles di rin-verdire i fasti d’un tempo.

LA FORMAZIONE DI SEMPREDIFENSORI D’ALTRI TEMPIÈ NEVILLE SOUTHALL il miglior portiere gallese di sempre. Indiscus-so titolare per oltre un decennio tanto nell’Everton, club di cui è diventato una delle icone intramontabili, vincen-do due Campionati, due FA Cup e la storica Coppa delle Coppe del 1985

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(anno in cui fu nominato miglior gio-catore del campionato inglese), con tanto di record assoluto di presenze, quanto nella Nazionale i cui pali ha difeso 93 volte (primatista assoluto). Nonostante una discreta presenza fisi-ca, era reattivo, concentrato, fortissimo nell’uno contro uno. Come secondo “il gatto con le zampe magnetiche”, era questo il nomignolo di JACK KEL-SEY, uno dei grandi portieri della sto-ria dell’Arsenal, unico club di cui ha vestito la maglia, vincendo il Campio-nato nel ‘52-53. Fu incluso nella rosa del London XI squadra allestita ad hoc per giocare la Coppa delle Fiere del ‘55-58 arrivando per giunta in finale ma venendo sconfitta dal Barcellona. Portiere titolare ai Mondiali del ’58, dove le sue parate tennero in gioco i gallesi fino all’1-0 di Pelè. In totale collezionò 41 presenze in Naziona-le, ma avrebbero potuto essere molte di più se un infortunio non lo avesse costretto al ritiro. La maglia numero due spetta ad ALF SHERWOOD uno dei più grandi giocatori del Cardiff City. Originariamente era un’ala sal-vo poi affermarsi come terzino destro grazie a ritmo ed un ottimo senso di posizione. Lo chiamavano “il re della scivolata” e a detta di Stanley Mat-thews era l’avversario più tosto contro cui avesse giocato. Al centro un altro pezzo da novanta dell’Everton e della Nazionale, KEVIN RATCLIFFE. No-minato capitano ad appena 23 anni è stato uno dei pilastri dei Toffees con i quali ha vinto due Campionati, una Coppa d’Inghilterra ma soprattutto la Coppa delle Coppe del 1985. Difen-sore coriaceo ma soprattutto velocissi-mo. Col Galles ha collezionato 59 pre-senze, molte delle quali da capitano, sfiorando la qualificazione ai Mondiali del 1986. Autorevole difensore cen-trale, MIKE ENGLAND è stato una delle leggende del Tottenham club nel quale ha giocato oltre 300 partite tra gli anni ’60 e ’70, vincendo la Coppa d’Inghilterra del ’67, la Coppa Uefa del ’72 e perdendo in finale col Feye-noord quella del ’74. Difensore sempre

concentrato, calmo ed imperturbabile. Vestì la maglia della Nazionale 44 volte. Laterale sinistro JOEY JONES uno dei calciatori più estroversi e “co-lorati” mai visto su un campo di calcio (lo chiamavano “The Clown Prince of Welsh Football”), qualità che sapeva riversare nel suo stile di gioco. Pro-tagonista dei successi del Liverpool targato Bob Paisley, soprattutto della Coppa dei Campioni del ’77 contro il Borussia M’Gladbach. 72 le sue pre-senze in Nazionale. In riserva a destra PETER RODRIGUES storico capita-no del Southampton nella finale di FA Cup del ’76, vinta contro il Manche-ster United a cinque minuti dal termi-ne. Terzino di tempra, avventuroso ma consapevole dei suoi limiti. Col Galles raccolse 40 presenze. Impossibile non citare poi FRED KEENOR, autentica leggenda del calcio gallese. Eroe di guerra, ferito due volte sulla Somme, fu il capitano del Cardiff City nella storica vittoria della FA Cup del ’27. Prima e unica volta in cui un club non inglese se l’aggiudicava. Leadership innata, tenacia, determinazione e tanta tanta corsa. In Nazionale fu l’ispirato-re delle vittorie del Galles nei British Home Championship del ’24 e del ’48. All’esterno del Cardiff City Stadium una statua ne ricorda la figura. L’altro centrale è ROY PAUL, altro grande difensore della storia del Galles. Dopo

aver trascinato lo Swansea in seconda divisione lo acquistò il Manchester City, strappandolo alla concorrenza dei Millonarios di Pedernera e Di Ste-fano. Capitanò i Cityzens in due fina-li di FA Cup vincendo quella del ’56. Difensore fisicamente prestante, duro nel gioco e nel carattere temprato negli anni giovanili in miniera. Carismatico e rispettato, dopo aver perso la finale del ’55 minacciò di menare i suoi com-pagni se non avessero dato il tutto per tutto per battere il Birmingham City. Chiudiamo con WALLEY BARNES giocatore eclettico, affermatosi però come terzino sinistro nell’Arsenal, club dove fu tra i protagonisti della vittoria del Campionato del ’48 e della FA Cup del ’50. 22 le sue apparizioni in Nazionale.

ROMBO DI TUONOVertice basso di una mediana davvero stellare è RON BURGESS annovera-to tra le leggende del Tottenham, club col quale vinse il Campionato nel 1951 indossando la fascia di capitano, e pen-sare che gli Spurs lo avevano pratica-mente scartato. Come la maggior parte dei giocatori della sua generazione per-se gli anni migliori per via della guer-ra, ma lo spirito gagliardo non lo ab-bandonò mai. Col Galles collezionò 32 presenze giocando anche nella rappre-sentativa della Gran Bretagna che nel

Il Galles non ha vinto nulla di importante ma è sempre stato una nazionale molto competitiva

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top 11 - galles

made in walesIl calcio gallese per quanto non certo la disciplina più seguita resta comunque una cosa seria. Indossare la maglia dei Dragoni è ancora oggi ritenuto un grande onore per ogni buon gallese che si rispetti, ecco perché sono davvero pochi, pochissimi gli atleti a cui la Federcalcio è felice di aprire le porte. Il primo calciatore gallese di colore a rappresentare il Galles fu Eddie Parris nel 1931. Il padre era nato in Canada (così come la madre) ma aveva origini giamaicane. Di padre belga così come di natali era Pat Van Den Hauwe difensore dell’Everton vincitore della Coppa delle Coppe nel 1985. Robert Earnshaw (unico giocatore capace di segnare una tripletta in ogni divisione del campionato inglese - Premiership, Prima Divisione, Seconda Divisione, Terza Divisione -, in FA Cup, in Coppa di Lega inglese e finanche in Nazionale) è nato in Zambia nel 1981 salvo poi trasferirsi in Malawi e dopo la morte del padre nel 1990 in Galles dove è stato naturalizzato, collezionando 16 gol in 58 presenze. La sfilza di giocatori inglesi che grazie ad ascendenze (più o meno lontane) gallesi hanno vestito la maglia dei Dragoni è bella lunga, il più rappresentativo di tutti però è Ryan Giggs che fino a 16 anni aveva la nazionalità inglese per via del padre, salvo poi cambiare cognome e passaporto scegliendo quelli della madre. Scelta che ha segnato un bivio nella sua carriera da calciatore. Da registrare poi i natali a stelle e strisce del portiere del West Brom Boaz Myhill, nato in California da padre americano e madre gallese.

di Antonio Vespasiano

’47 affrontò il Resto d’Europa. Sulla destra BILLY MEREDITH prima vera superstar del calcio gallese. Ala destra funambolica, cliente scomodissimo da affrontare per ogni difensore. Talento straordinario, rapido, guizzante, con un tiro micidiale. Capace di fare la sto-ria sia dei Citizens, con i quali ha vinto da capitano il primo trofeo della loro storia, la FA Cup del 1904, che dei Red Davils con cui ha vinto due Campio-nati e un’altra Coppa d’Inghilterra. Ha legato il suo nome anche alle battaglie per dar vita al primo sindacato dei gio-catori. Col Galles ha raccolto 48 pre-senze trascinando i Dragoni al primo successo nell’Home Championship del 1907. Nato nel 1874 è ancora oggi una leggenda. Parlando di leggende sulla fascia sinistra corre ancora “la” leg-genda vivente del calcio gallese RYAN GIGGS. Ala sinistra per eccellenza nel calcio degli anni ’90. Giocatore fanta-stico, senza rivali. Uno dei pochissimi nel ruolo capace ancora di saltare l’uo-mo sistematicamente, inarrestabile in progressione grazie ad un bagaglio tec-nico sconfinato. Dribbling, finte, visio-ne di gioco, tiro forte e preciso, assiste sempre in canna. Ha sempre e solo ve-stito la maglia del Manchester United vincendo tutto quelle che era possibile vincere e battendo ogni record. Pecca-to che con la Nazionale, nonostante 12 gol in 64 presenze, non sia riuscito a

prender parte, almeno per una volta, ad una grande manifestazione. Ai Giochi Olimpici del 2012 ha però vestito la fa-scia di capitano del Regno Unito. Ver-tice alto del rombo spetta a GARETH

Ora allenatore, Hughes è stato un altro attaccante straordinario in maglia Galles

BALE Mr. 100 Milioni di Euro. Pare infatti questa la folle cifra sborsata da Florentino Pérez per strapparlo al Tot-tenham. Bale è senza dubbio uno dei giocatori più forti e promettenti dei nostri giorni. Talento il suo in verticale ascesa anno dopo anno. Partito come terzino la sua classe ha avuto la me-glio tanto che adesso gioca in avanti, come seconda punta, come trequartista e come ala d’attacco su entrambe le fasce. Tecnica sontuosa combinata ad velocità supersonica. Elegante e raffi-nato nello stile di gioco, nel dribbling e nel calciare la palla. È l’uomo nuovo e la speranza del calcio gallese. Già 43 le presenze in Nazionale dove ha il primato del più giovane marcatore di sempre. Mediano di riserva MEL CHARLES, fratello di John, uno dei protagonisti della spedizione gallese ai Mondiali del ’58. Giocatore versa-tile e coraggioso, forse troppo all’om-bra del più famoso fratello. 31 le sue presenze con i Dragoni e 6 reti di cui 4 in una stessa gara (il 4-0 sull’Irlan-da del Nord nel ’62). Ha gareggiato in otto Home Championship, vincen-do quelli del ’60. Indimenticabile poi TERRY MEDWIN l’ala destra volan-te del Tottenham che centrò il Double nel ‘61 e la FA Cup nel ’62. Anche lui membro della rappresentativa gallese ai Mondiali del ’58 dove segnò la rete decisiva nello spareggio con l’Unghe-

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L’imPeto Dei DraGoni

ria per accedere ai quarti di finale. Ha chiuso la sua carriera in Nazionale con 30 presenze e 6 gol. Storica anche la doppietta rifilata all’Irlanda del Nord nell’Home Championship vinto nel ’60. Prima di Giggs e di Bale l’ala si-nistra più forte del calcio gallese era CLIFF JONES. Velocità, tecnica, vi-sione di gioco. Uno dei migliori e più temuti esterni della sua generazione. Protagonista col Tottenham nelle sta-gioni d’oro degli anni ’60, quelle del Double e della Coppa delle Coppe. Col Galles ha giocato i Mondiali del ’58, chiudendo la sua avventura in Nazionale con 59 presenze e 16 gol. Sulla trequarti IVOR ALLCHURCH il “golden boy” del calcio gallese e sen-za dubbio il più grande giocatore del-la storia dello Swansea. Talento puro, si muoveva sornione sulla trequarti, pronto ad illuminare il gioco col suo sinistro magico. Protagonista con due gol nel doppio spareggio con Israele per accedere ai Mondiali del ’58, dove ne segnò altri due. In Nazionale per lungo tempo le sue 68 presenze e i suoi 23 gol gli sono valsi i relativi primati.

IL GIGANTE DEL CALCIOIl centravanti del Galles non può che essere JOHN CHARLES simbolo d’un calcio “puro” ancora lontano dalle contaminazioni dello show business. Giocatore fisicamente prestante, alto forte coraggioso come un leone. Tra-volgeva gli avversati come se fossero birilli, mai però in maniera scorretta, si guadagnò così il soprannome di “Gi-gante buono”. Alla Juve formò con Si-vori una coppia stellare entrando di di-ritto non solo nella Storia della società bianconera ma anche in quella del no-stro campionato, che lo annovera come uno dei più forti stranieri che vi abbia-no giocato. Tre Scudetti, due Coppe Italia e il titolo di capocannoniere nel ’58. In Nazionale, di cui è senza dub-bio il giocatore più forte e rappresenta-tivo di sempre, è stato il cuore pulsante nell’unica partecipazione ai Campio-nati Mondiali. Nel ’58 infatti era lui il vero trascinatore dei Dragoni. Il suo

infortunio nella gara con l’Ungheria non gli permise di giocare la gara col Brasile ed è questo il più grande “se” nella storia del calcio gallese. Compa-gno di reparto di Charles è IAN RUSH. Centravanti con un innato istinto per il gol, valanghe sono infatti le reti che ha realizzato nel corso della sua carriera, vissuta da protagonista soprattutto con la maglia del Liverpool (la parentesi in maglia bianconera fu solo un incidente di percorso). 380 gol in 783 gare uf-ficiali, Nazionale compresa, dove con 28 gol è il miglior marcatore di sem-

pre. Con i Reds ha vinto una marea di trofei. Memorabile l’annata ‘83-84 dove vinse il Treble (Campionato, Coppa di Lega e Coppa dei Campio-ni) con tanto di Scarpa d’Oro e premio quale miglior giocatore del Campiona-to Inglese. Centravanti completo, for-te fisicamente e di buona tecnica, ma soprattutto opportunismo e freddezza sotto rete. Il bomber di scorta è MARK HUGHES. Finalizzatore spettacolare (memorabili le sue sforbiciate), ma an-che costruttore di gioco, centravanti di manovra, grazie ad ottime capacità di palleggio. Ha legato il suo nome a club prestigiosi come il Manchester United, il Barcellona, il Bayern Monaco e il Chelsea vincendo numerosi trofei tra cui la Coppa delle Coppe del ’91 con i Red Davils ai danni del Barça grazie ad una sua doppietta. Prima di Rush era TREVOR FORD il miglior marca-tore gallese di sempre, con 23 gol in 38 presenze. Centravanti dal gioco leoni-no, incubo per difensori e portieri av-versari. Oggetto di uno dei primissimi record di trasferimento quando passò dall’Aston Villa al Sunderland. Coin-volto in uno scandalo su pagamenti in nero fu sospeso e per questo non con-vocato ai Mondiali del ’58.

Southall

england

J. JoneS

Ratcliffe

MeRedith

RuSh

SheRwood

bale

giggS

J. chaRleS

buRgeSS

Rush, un altro dragone doc, di quelli che sapevano come trovare la via della rete

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58 feb 2014calcio2000

n segno del destino? For-se… Il San Lorenzo, il club argentino per cui fa il tifo Papa Francesco, si è

aggiudicato il Torneo Inicial 2013 (ex Apertura). Per El Ciclon si tratta del 12esimo titolo della storia, il primo dopo un digiuno lungo sei anni (ultima vittoria nel Torneo Clausura 2007, con Ramon Diaz allenatore). Magari la “presenza” di Papa France-sco ha giovato… In un torneo mai così incerto, la squadra allenata da Pizzi ha conquistato il prestigioso trofeo con 33 punti finali, due in più del duo Lanus-Newell’s Old Boys (club cam-pione con meno punti in tutta la storia del calcio argentino). Decisivo, per il

trionfo del San Lorenzo, il pareggio a reti inviolate, nell’ultimo turno di cam-pionato, contro il Velez. Una marcia, quella del El Ciclon, davvero stramba. In 19 gare disputate, solo nove vittorie, con 29 gol segnati e 17 incassati. Il mi-glior marcatore della compagine è stato Piatti, vecchia conoscenza del calcio italiano (visto a Lecce), con “soli” otto gol a referto. Insomma, non proprio nu-meri esaltanti ma comunque sufficienti per sbaragliare la concorrenza, incre-dibilmente in affanno. Forse anche per questo, la festa dei giocatori del San Lorenzo è stata di quelle indimentica-bili, con oltre due giorni di festa. Con anche il Papa che si è lasciato sfuggire un più che eloquente: “Che allegria…”.

U

speciale - calcio argentino di Thomas Saccani

L’eroe che non ti aspetti…Secondo diversi addetti ai lavori, l’im-presa del San Lorenzo appartiene ad un solo eroe, decisamente inatteso. L’allenatore Pinzi o magari il bomber Piatti? No, assolutamente… Il vero eroe è stato Sebastián Torrico. Da sempre considerato un “numero 12”, il 33enne estremo difensore del El Ci-clon è diventato, tra lo stupore gene-rale, un vero “numero 1”. La storia di Torrico è da libro cuore. Nell’aprile del 2013 il San Lorenzo è alla caccia di un portiere per sostituire Pablo Migliore, non più ben visto dal club. La scelta cade proprio sul non più giovanissimo Torrico che, alla notizia di essere pros-simo a diventare un giocatore de El Ci-

CAMPIONI NeL NOMe DeL PAPA

il san lorenzo, la squadra di papa Francesco, conquista il torneo inicial…

S

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59feb 2014calcio2000

CAMPIONI NeL NOMe DeL PAPAclon, va in tilt: “Oggi mi hanno detto che domani andrò a firmare le carte per essere un nuovo giocatore del San Lo-renzo. Credo che si tratti di un prestito per due mesi con opzione per il futuro, non so…”. Lo sa bene il San Lorenzo che, dopo aver dato il ben servito a Mi-gliore a maggio, si ritrova per le mani un portiere che, tra umiltà e senso del dovere, cambia la stagione della squa-dra di Pizzi. Ecco Pizzi. Il tecnico de El Ciclon, per la verità, voleva puntare su Alvarez ma, si sa, gli eroi impossibili, alla fine, hanno la meglio su tutto e tutti. Poi, come nelle migliori favole, ecco la parata del campionato. Nell’ultima gara di campionato, Torrico salva il risultato respingendo, con un ri-flesso da “numero 1” una conclusione di Allione del Velez. È la parata che vale il torneo. Torrico, a fine gara, si limita ad un “… il portiere ci sta proprio per que-sto, per fare la differenza nei momenti difficili del match”. Parole da eroe im-possibile, un ex “numero 12” che ora si gode il suo momento da “numero 1”…

iL capoLavoro di pizziAl termine della gara con il Velez, Juan Antonio Pizzi, di professione tecnico del San Lorenzo, era davvero stravolto dalle emozioni. Vincere il Torneo Ini-cial è stato un vero e proprio capolavo-ro, giunto al termine di una cavalcata irta di ostacoli ma condotta in porto con grande saggezza: “Questa squadra aveva le virtù necessarie per vincere il titolo. A mio avviso, è stato un torneo diffi-cile, nonostante qualcuno dica che sia stato un campionato di basso profilo”. Pizzi è lucido nell’identificare anche il momento esatto in cui la sua squadra ha capito che poteva arrivare fino in

fondo, ovvero la vittoria, alla 14esima giornata, contro il Boca (1-0 il finale): “Vincendo quella gara, ho capito che potevamo farcela e così è stato. È sta-ta la vittoria che ci ha fatto capire che avevamo tutto per non fermarci più”. In effetti, non si sono più fermati…

La rivincita di piattiOtto gol, Ignacio Piatti è stato, numeri alla mano, il massimo goleador del San Lorenzo campione (uno in meno del suo Pereyra-Matos, migliori cannonieri del Torneo Inicial). Una bella rivincita

Il club dei sei anni…Se siete amanti delle statistiche, fissatevi questa data: 2019. In quell’anno, il San Lorenzo sarà nuovamente campione. Lo dice la storia del club. El Ciclon è la squadra “dei sei anni”. Campione nel 1995, si è ripetuto nel 2001 e, sei anni più tardi, nel 2007. Guarda caso, il nuovo titolo, è giunto nel 2013. Aggiungete altri sei anni e scoprirete che, nel 2019, toccherà ancora al San Lorenzo… I giocatori attualmente in rosa nel San Lorenzo non dovranno, invece, attendere tanto per incontrare il loro primo tifoso, ovvero il Papa. Già stabilito un appuntamento per festeggiare il titolo, in attesa che ne arrivi un altro…

pt G V N p GF GS DR

San Lorenzo 33 19 9 6 4 29 17 30

Lanús 31 19 8 7 4 32 18 22

Vélez Sarsfield 31 19 8 7 4 24 16 18

Newell's Old Boys 31 19 8 7 4 27 21 8

Arsenal de Sarandí 30 19 7 9 3 22 19 2

Belgrano de Córdoba 29 19 8 5 6 28 20 3

Boca Juniors 29 19 8 5 6 25 24 2

Estudiantes La Plata 27 19 6 9 4 16 14 -2

Atletico Rafaela 26 18 7 5 6 24 25 -4

Rosario Central 26 19 7 5 7 22 24 -4

Gimnasia La Plata 26 19 6 8 5 21 24 -3

Tigre 25 19 7 4 8 20 21 -5

Argentinos Juniors 25 19 7 4 8 17 19 -4

Godoy Cruz de M. 24 19 6 6 7 17 17 -4

Olimpo de Bahía B. 23 19 6 5 8 19 25 -4

All Boys 22 19 5 7 7 19 19 -4

River Plate 21 19 5 6 8 12 14 -9

Quilmes 21 19 5 6 8 14 23 -18

Racing Club 16 19 4 4 11 12 24 -12

Colón de Santa Fe 12 18 3 3 12 8 24 -12

Classifica Torneo Inicial 2013

per il centrocampista offensivo visto in italiano con la casacca del Lecce. In Serie A, il buon Piatti non ha convinto nessuno. Nei suoi due anni nel Salento, con la casacca giallorossa, tre reti in 35 gare e tanta, troppa panchina. Rapporti difficili con De Canio, Di Francesco e Cosmi, ovvero tutti i tecnici che ha avu-to a lecce. Poi, di colpo, l’incontro con Pizzi e il cambio di passo. A 28 anni, Piatti si è tolto una gran bella soddisfa-zione, diventando campione, da prota-gonista assoluto, con la casacca de El Ciclon…

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60 feb 2014calcio2000

l calcio è strano. Diego Milito è considerato, a tutti gli effetti, un Top player assoluto. Non fosse per qualche infortunio di troppo,

il Principe sarebbe, ancora oggi, nel gotha delle punte. Eppure, conti alla mano, nella famiglia Milito, ci sarebbe un certo Gabriel che avrebbe vinto an-che di più. El Mariscal, nomignolo con cui è sempre stato ribattezzato Gaby, ha, ad esempio, vinto due Champions League (con il Barça) contro l’uni-ca affermazione di Diego. A scudetti, inoltre, siamo quattro (tre in Spagna, uno in Argentina) a due (uno in Italia, uno in Argentina) a favore del difen-

sore, eppure il Principe resta, almeno nell’immaginario collettivo, quello forte… Se n’è fatta una ragione il buon Gaby. Quando decidi di fare il difen-sore e hai, in famiglia, un fratello che segna gol a grappoli, devi saper con-vivere con la situazione. Comunque sia, Gaby, in carriera, di soddisfazio-ni se n’è tolte davvero parecchie. Sin dal periodo in cui giocava nelle fila dell’Independiente, ha sempre mo-strato una determinazione unica, ri-sultando uno dei difensori più difficili da superare. Nel 2003 doveva andare al Real Madrid ma i medici di allora gli negarono la gioia di indossare la

I

speciale - gabi milito di Thomas Saccani

camiseta blanca, preoccupati dalle condizioni del suo ginocchio infortu-nato. Preoccupazioni che non sfiorano il Real Saragozza che ne fece il per-no della propria retroguardia. A furia di giocare grandi partite, nel 2007, El Mariscal passa al Barcellona, il club più odiato dal Real Madrid per una ci-fra decisamente impegnativa, ovvero circa 19 milioni di euro. Purtroppo la dea bendata non lo asseconda. A causa di una serie infinita di infortuni, non riesce mai ad essere una colonna dei blaugrana. Vince tanto, ma da compri-mario. Nel 2011 sembra pronto a vesti-re la casacca del Genoa, già indossata

SI RITIRA MILITO, L’ALTRO…

a 33 anni, il fratello di Diego, bomber nerazzurro, ha detto basta…

S

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61feb 2014calcio2000

SI RITIRA MILITO, L’ALTRO…dal fratello Diego ma decide di tornare all’amato Independiente. Fisicamente non è al meglio ma riesce, comunque, a ritagliarsi un po’ di spazio. Una sta-gione con i Diavoli Rossi è sufficiente.

L’ULtiMa Gara Si arriva così alla gara d’addio di Gaby, in cui, almeno per una volta, le parti si sono invertite. Nella toccante notte an-data in scena allo stadio Libertadores de América di Avellaneda, El Mariscal è il protagonista assoluto, nonostante la presenza del fratello Diego. Una festa alla quale partecipano tante stelle del calcio di ieri e di oggi, vecchi compagni dell’Independiente (il club a cui Gaby è più legato), come Leonardo Díaz, Juan José Serrizuela, Hernán Franco, Fede-rico Domínguez, Hernán Fredes, Die-go Castagno Suárez, Pablo Guiñazú, Federico Insúa, Daniel Montenegro e Facundo Parra e star internazionali del calibro di, oltre a Diego Milito, Nicolás Burdisso, Javier Mascherano, Javier Zanetti, Andrés D`Alessandro, Esteban Cambiasso, Maximiliano Rodríguez, Juan Sebastián Verón e Diego Forlán. Tutti presenti per tributare il loro saluto ad un difensore arcigno e di valore (se non fosse stato per l’ingombrante pre-senza di Diego, forse avrebbe avuto an-che più fortuna). Una gara in cui la squa-dra dell’Independiente 2002 (campione d’Argentina, torneo Clausura) si impone con un secco 3-1 con rete di Diego? No, di Gaby, proprio per confermare l’unici-tà della serata. Divertente anche il sipa-rietto in cui Gaby viene redarguito pe-santemente dal direttore di gara per una brutta entrata proprio sul fratello Diego. Incoraggiante, almeno per El Mariscal, la rete del 3-1 segnata da Santiago, uno dei figli di Gaby. Magari lui avrà sorte migliore…

Un addio toccante“Grazie a tutti, ho vissuto una giornata incredibile. Ringrazio mio nonno che mi ha passato la passione per l’Inde-pendiente. Ringrazio anche Barcellona e Saragozza, squadre in cui ho vissuto bei momenti”. Con queste parole, un emozionatissimo Gabriel ha dato il suo

addio al calcio. Parole che, ancora una volta, hanno sottolineato la sua fede calcistica, decisamente legata all’Inde-pendiente. Con i Diavoli Rossi, il difen-sore ha giocato dal 1997 al 2003 e nella stagione 2011/12, vincendo il titolo del 2002, quello a cui è più legato, proprio perché arrivato indossando la casacca del suo club del cuore…

siMBoLo deLL’independientePer i tifosi dei Diavoli Rossi, El Mari-scal è un simbolo. Non a caso è stato composto un vero e proprio inno a suo nome, “Sinfonía del Mariscal”, in cui traspare, in maniera evidente, il grande

El Mariscal ha vinto due Champions League, una in più del fratello Milito

cuore di Gaby Milito. Inoltre, Vicente Muglia, un giornalista di Olé, ha anche scritto un libro in suo onore, dall’i-nequivocabile titolo “Gabriel Milito. Historia de un Mariscal”, in cui viene ripercorsa l’intera carriera dell’argenti-no. E ora? Ora comincia una nuova vita per El Mariscal. Il ruolo da allenatore è sicuramente nelle sue corde (già ades-so si sta dilettando ad insegnare calcio alle giovanili dell’Independiente). Per uno come Gaby, che ha dovuto supera-re mille ostacoli per raggiungere ogni singola meta della sua carriera, una nuova sfida da prendere di petto, come sempre…

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62 feb 2014calcio2000

LA bARCA AffONDA?

mprovvisamente il Barcellona si è riscoperto umano, fragile, dia-fano. Sono bastati gli infortuni di Lionel Messi e Victor Valdés

per togliere certezze alla Máquina blaugrana, cche, nonostante l’inizio di campionato fantastico, a causa del-le defezioni, è entrata in un periodo di crisi, più che di risultati di identi-tà. Una squadra bellissima ma eterea, cristallina nella purezza del fraseggio,

i marziani si sono

scoperti vulnerabili.

senza messi (e Valdes)

la sinfonia non è più

gagliarda e vincente…

maniacale nella cura del dettaglio, ossessionata dal virtuosismo, come un’orchestra di affermati solisti. Una sola stonatura può far saltare gli equi-libri, specie se la stessa nasconde un larvato malcontento del suo tenore. Primo problema: su qualsiasi allenato-re incombe lo spettro di Pep Guardiola e dei suoi quattro anni di ineguaglia-bili successi, conditi dalla bellezza di ben 14 trofei (due Champions, due

ligaspagna

I

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63feb 2014calcio2000

Mondiali per Club, due Supercoppe Europee, tre títuli di Liga, due Coppe del Re, tre Supercoppe di Spagna). Il vice di Guardiola, Tito Vilanova, è ri-uscito nell’impresa di riconquistare la Liga eguagliando il record di 100 punti del Real Madrid di Mourinho. L’uni-ca pecca? Uscire umiliato dal doppio confronto con il Bayern Monaco di Jupp Heynckes in semifinale di Cham-pions. Dopo il forfait di Tito Vilanova,

Gerardo Martino si è trovato improv-visamente alla guida di una squadra dal potenziale incredibile, con il com-pito di lasciare inserito il pilota auto-matico dosando l’innesto di Neymar e l’impiego di Messi, già alle prese con problemi fisici. Ha vinto subito la Su-percoppa di Spagna ma per ora la mis-sione è riuscita solo a metà: se i risul-tati gli hanno dato pienamente ragione (13 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta

nelle prime 15 giornate; una vittoria agevole nel girone di Champions) gli infortuni a catena di Lionel Messi han-no guastato l’umore dello spogliatoio. Intanto l’apporto di gol dell’argentino ne è risultato logicamente diminuito. Con più spazio a disposizione gli altri attaccanti si sono sentiti più responsa-bilizzati, dando un contributo realizza-tivo superiore alle aspettative che ha parzialmente mascherato il problema:

di Daniele Chiti

UN ANNO DA CRISTIANO In attesa del premio individuale più ambito il giocatore più “chiacchierato” dopo l’imitazione da generale di Sepp Blatter ha deciso di aprire il proprio museo. Proprio così. Non so quante persone possano vantare un proprio museo a 28 anni. Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro lo ha costruito a Funchal, sull’isola di Madeira, la sua patria d’origine. Non solo! Sono state inaugurate diverse statue di cera, repliche perfette di Ronaldo, presso i musei di cera di Madame Tussaud di tutto il mondo. Accolto ovunque come una celebrità ha glissato sull’argomento Pallone d’Oro, enfatizzando l’importanza di centrare degli obiettivi di squadra, l’importanza del collettivo. “Il collettivo prima del singolo” è stato il suo mantra da più di un anno a questa parte, a testimonianza di una sorta di riconversione da Cristiano Ronaldo a semplice… Cristiano. Il suo gesto abituale di esultanza, con l’indice rivolto prima al petto e poi al terreno, sta ad indicare grosso modo: “Io sto qui”, come a dire, ho scelto il Real Madrid e voglio vincere e segnare con questa maglia, con questi compagni. Dopo l’adeguamento del contratto (18 milioni l’anno fino al 2018) e la qualificazione ai Mondiali (gran parte del merito è suo con quattro reti nel doppio spareggio contro la Svezia di Ibrahimovic) l’asso portoghese può guardare al 2013 con una certa soddisfazione, nonostante l’infortunio che lo ha tenuto fuori da fine novembre. Nell’anno solare appena concluso (anche a causa degli infortuni e del precario stato di forma della “Pulce” per buona parte dell’anno) Ronaldo ha sopravanzato Messi di più di venti reti. La ricetta del suo successo? Finita la tumultuosa era Mourinho, sotto Ancelotti CR7 ha ripreso serenamente il suo ruolo di goleador implacabile alla guida della squadra. Eletto Most Valuable Player del 2013 da parte della Liga de Fútbol Profesional (anche se Messi è stato eletto miglior giocatore e miglior attaccante), Cristiano Ronaldo nel 2013 ha messo insieme la bellezza di 57 gol con la “camiseta blanca” e 10 reti con la nazionale portoghese. Praticamente un mito vivente. Da gennaio a maggio ha realizzato 32 reti (20 in campionato, 6 in Champions, 6 in Coppa del Re), nella stagione in corso 17 reti in 14 presenze, e già 8 reti in Champions League (il suo record nella massima competizione per club, stabilito nella passata edizione, è di 12 centri). Per fare un confronto quest’anno Messi ha realizzato 25 gol da gennaio a maggio (20 gol in campionato, 3 in Champions, 2 in Coppa del Re), stabilendo peraltro un record mostruoso: 19 gare consecutivamente a segno nella Liga spagnola. Nella stagione in corso ha realizzato 14 gol (8 gol in campionato e 6 in Champions), per un totale di 39 gol nell’anno solare, più 6 reti con la maglia dell’Albiceleste. Uno score pazzesco, straordinario, imbattibile… se non stessimo parlando di Lionel Messi. E infatti era dal 2008 che non segnava così “poco”!

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ligaspagna

da una proiezione è probabile che il Barça superi comunque la soglia dei cento gol, ma è improbabile che si av-vicini ai 115 dello scorso anno. Il salto di qualità invece lo ha fatto la difesa, che sotto la guida del “Tata” Martino è diventata molto più solida rispetto allo scorso anno, statisticamente in grado di reggere il confronto con la granitica retroguardia dell’Atlético del “Cholo” Simeone. In questo “el Tata” si sta con-fermando un mago della tattica, capace di studiare soluzioni difensive alterna-tive ma sempre efficaci per fronteggia-re gli infortuni che hanno costellato l’inizio di stagione blaugrana. L’in-fortunio muscolare di Jordi Alba dopo appena tre giornate di campionato e il difficile rientro di Carles Puyol dopo un calvario di un anno (due interventi al ginocchio destro dopo la rottura del braccio nell’ottobre 2012) ha portato all’impiego sistematico di Adriano, il più presente assieme a Piqué. Gli in-fortuni muscolari occorsi a Dani Al-ves e Mascherano, trattenuti ai box per alcune settimane, hanno favorito l’impiego di uno a turno tra Bartra e Montoya, che hanno fornito un appor-to costante anche in fase di costruzio-ne della manovra, confermandosi degli ottimi rincalzi. Bene anche Victor Val-dés, quanto mai determinante nella sua stagione d’addio.

i dUBBi deL cLUB deGLi UoMini straordinariIn autunno le prime voci di un inte-ressamento di altre società a Lionel Messi si sono rincorse come foglie nel vento, prima di venire smentite dal di-

mi vogliono grandi club, e la cosa mi onora – ha spiegato lo stesso Leo – ma il mio sogno è di restare a Barcellona, perché ha lo stile di gioco che più mi si addice.” Discorso chiuso? Per il mo-mento sembrerebbe di sì. Il presidente Sandro Rosell si è avventurato in lodi sperticate: “Il Pallone d’Oro lo merita Lionel Messi. Io voterei Messi per tutti e tre i gradini del podio, Xavi quarto e Iniesta quinto”. Dichiarazioni che non vanno interpretate solo in chiave anti-madridista (dall’altra parte si spinge CR7) ma anche come “zuccherino” al suo campione un po’ scorato. Quando

retto interessato. Fatto sta che qualche incomprensione con l’entourage del Barcellona c’è stata. Netta la smenti-ta del Bayern. “Speculare sull’acqui-sto di Messi è assurdo; – ha spiegato il presidente del Bayern Monaco Karl Heinz Rummenigge – nessuno è di-sposto a pagare 250 milioni di euro per il cartellino di un calciatore” ha con-cluso, sviando qualsiasi indizio. Che Leo si senta profondamente legato a Pep è fatto risaputo, ma che sia dispo-sto a rinunciare al suo status di idolo incontrastato a Barcellona per seguirlo a Monaco è improbabile. “È vero che

ORA VA DI MODA IL “FALSO NUEVE”Continua la crisi dei bomber in Spagna: Hélder Postiga e Jonas si accendono ad intermittenza, Carlos Bacca e Kevin Gameiro si completano ma senza convincere: la squadra di Unai Emery è stata eliminata addirittura ai sedicesimi dalla Coppa del Re, perdendo in casa dal modesto Racing Santander. Che il motivo dei pochi gol delle prime punte sia da ricercare in un cambio di rotta radicale? Adesso i tecnici preferiscono togliere punti di riferimento alle difese, e amano giocare con il “falso nueve”, attaccanti di movimento che aprono spazi ai compagni senza avere essi stessi una spiccata propensione realizzativa. Il Barcellona in fondo ha fatto scuola: creare una linea di centrocampisti offensivi a ridosso della tre quarti avversaria può essere un

Annata da re assoluto per l’asso del Real Madrid Cristiano Ronaldo

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65feb 2014calcio2000

Senza Messi, il Barcellona non riesce ad essere più vincente e spettacolare come ai bei tempi

CR7 fece le bizze, dichiarando di es-sere triste (autunno 2012), di fatto de-stabilizzò l’ambiente merengue com-promettendo fin da subito la rincorsa al titolo. Quest’anno Messi ha lasciato educatamente intendere di gradire un ulteriore ritocco all’ingaggio e la so-cietà non vuole contrariarlo. Da marzo guadagna 16 milioni a stagione, ma Neymar e Cristiano Ronaldo si sono adeguati in fretta: da indiscrezioni il brasiliano ne dovrebbe prendere addi-rittura 17, mentre quello di Cristiano Ronaldo è stato rinnovato a 18 milioni. Le preoccupazioni del giocatore più rappresentativo del club sono trapelate anche all’interno dello spogliatoio, la serenità del quale era già stata guasta-ta dalle sue indisposizioni (conati di vomito prima delle partite) e dagli in-

pt G V N p GF GS DR

Barcellona 46 17 15 1 1 49 12 37

Atlético Madrid 46 17 15 1 1 46 11 35

Real Madrid 41 17 13 2 2 49 21 28

Athletic Club 33 17 10 3 4 26 21 5

Real Sociedad 29 17 8 5 4 33 23 10

Villarreal 28 17 8 4 5 27 18 9

Siviglia 26 17 7 5 5 32 29 3

Getafe 23 17 7 2 8 20 27 -7

Espanyol 22 17 6 4 7 22 23 -1

Málaga 20 17 5 5 7 19 22 -3

Valencia 20 17 6 2 9 23 29 -6

Granada CF 20 17 6 2 9 15 22 -7

Levante 20 17 5 5 7 17 25 -8

Elche 17 17 4 5 8 16 23 -7

Celta Vigo 16 17 4 4 9 21 27 -6

Almería 16 17 4 4 9 17 32 -15

Valladolid 15 17 3 6 8 21 29 -8

Osasuna 15 17 4 3 10 14 28 -14

Rayo Vallecano 13 17 4 1 12 16 40 -24

Betis Siviglia 10 17 2 4 11 15 36 -21

c l a s s i f i c a

Classifiche aggiornate al 22/12/13 | Tabellini nella Sezione Statistiche

m a r c a t o r iDiego Costa Atlético Madrid 19

Ronaldo Real Madrid 18

Javi Guerra Valladolid 11

Griezmann Real Sociedad 11

Pedro Barcellona 10

Carlos Vela Real Sociedad 8

Jonas Valencia 8

Lionel Messi Barcellona 8

Carlos Bacca Siviglia 8

David Villa Atlético Madrid 8

Benzema Real Madrid 8

Alexis Sánchez Barcellona 8

Gareth Bale Real Madrid 7

Ivan Rakitic Siviglia 7

Cesc Fàbregas Barcellona 7

Sergio Garciá Espanyol 7

Oriol Riera Osasuna 7

Rodri Almería 7

Isco Real Madrid 6

Jorge Molina Betis Siviglia 6

GiOCATORE SQuAdRA GOL

tre mesi di vittorie il club degli uomi-ni straordinari si è riscoperto umano, fragile, soggetto a infortuni, malattie e sconfitte. La “Pulce” nell’orecchio ce l’hanno di già… La preparazione fisica è stata approssimativa? Come arriveranno ai mondiali i nostri eroi? Perché tanti infortuni? Avranno un fu-turo garantito nel club? Tante doman-de, nessuna certezza.

fortuni muscolari a catena. Il sospetto che il rapporto tra la dirigenza e Messi non fosse più idilliaco come prima si è fatto largo anche tra i veterani, male impressionati dal benservito ricevuto da Abidal dopo il caparbio recupero dalla malattia. Non ha certo rallegrato l’ambiente neanche l’addio di Tito Vi-lanova, un forte elemento di continuità con l’epoca d’oro di Guardiola. Dopo

modo altrettanto efficace di approvvigionarsi delle necessarie marcature. Con buona pace della libertà di cui godeva il centravanti di un tempo. Anche il Villarreal e l’Athletic stanno riuscendo nell’impresa di sopperire all’assenza di un bomber puro, distribuendo le reti tra tutti gli attaccanti, inclusi quelli di scorta. Non importa che segni Jonathan Pereira, Uche o Giovani Dos Santos, Aduriz o Iker Muniain; il motto è sempre lo stesso: tutti sono utili, nessuno indispensabile. Tante parole per dire che quest’anno le punte segnano col contagocce, con la sola eccezione del “mostro” Diego Costa, capace di chiudere l’anno solare con 19 gol in 17 presenze, regalando il primato ad un formidabile Atlético. L’eccezione che conferma la regola…

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66 feb 2014calcio2000

DeVILS ALL’INfeRNO

tai guardando, David Moyes?”. Con questo coro beffardo, canzo-natorio e grondante

uno smisurato senso di rivincita i tifo-si dell’Everton hanno “beccato” David Moyes al fischio finale del match che ha visto la loro squadra vincere all’Old Trafford dopo ben 21 anni di astinen-za. Mentre i fan del Manchester United prendevano la via di casa a capo chino, chi sacramentando, chi ammutolito, noi

Dopo anni leggendari,

il manchester United

non sembra più

una corazzata di

invincibili…

di Calcio2000 abbiamo avuto l’occa-sione di assistere dal vivo al rumoroso e prolungato festeggiamento degli oltre 3mila giunti dalla Merseyside. C’era da capirli. Se già storicamente la rivalità con i Red Devils è alquanto marcata, quest’anno, dopo il derby, questa era la partita che i Toffeemen volevano vin-cere a tutti i costi. Troppi ex di mezzo: quello ormai di lunga data che risponde al nome di Wayne Rooney, il già citato Moyes e l’ultimo “traditore” della lista,

“S

premier leagUeinghilterra

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67feb 2014calcio2000

Marouane Fellaini. Tutti “omaggiati” di ululati e fischi a profusione. Per la veri-tà, da quanto abbiamo potuto intendere dagli spalti dell’Old Trafford e scam-biando due parole con i sostenitori dello United sulla via verso lo stadio, anche da queste parti Fellaini non è molto amato.“Stiamo scherzando, 27 milioni di ster-line per uno che gioca come lui?”. Ci ha detto all’ennesimo passaggio sbagliato il nostro vicino di posto nella Sir Alex Ferguson Stand. Già, Sir Alex. Che la squadra sia orfana del suo carisma e del suo polso d’acciaio è indubbio, come te-stimonia proprio il match contro l’Ever-ton. La fotografia perfetta della stagione molto deludente dei Diavoli Rossi e il momento della definitiva abdicazione da campioni d’Inghilterra. Abbiamo potuto gustarci solo rari sprazzi del “so-

lito” United, quello che in campo do-mina e nei momenti di grande spolvero ti ubriaca con le sue azioni arrembanti. Adesso le difficoltà si notano in tutti i reparti, la manovra è spesso lenta e far-raginosa. Se poi anche la Dea Bendata, spesso amica in passato, volta le spalle (contro l’Everton Rooney e compagni hanno centrato due pali), allora si fa proprio notte fonda.Certo, non era campato in aria ritenere che quella 2013-14 potesse essere una campagna di transizione, ma in pochi si potevano aspettare risultati così scaden-ti. Colpa di un mercato fallimentare, di qualche infortunio di troppo (senza Ro-bin Van Persie avanti è dura), di gioca-tori fuori ruolo e forse non all’altezza, di giovani che non stanno crescendo quanto ci si sarebbe aspettato e di ve-terani che iniziano a mordere il freno.

Insomma, se i vari Nemanja Vidic, Rio Ferdinand e Patrice Evra (secondo noi finora uno dei peggiori tra tutti i Red Devils) mostrano di dover fare i con-ti con la carta di identità, le alternative non fanno dormire sonni tranquilli. Ra-fael e Chris Smalling non stanno con-fermando quanto di buono fatto vedere da giovanissimi, Phil Jones appare un po’ perso nel bailamme di ruoli in cui è stato impiegato, e paradossalmente per lui, che nasce difensore, non di rado è sembrato rendere di più in mediana. Poi c’è il nodo gordiano del centrocam-po. Serve qualcuno al posto di Tom Cle-verley o Ryan Giggs (discreto ma non irresistibile il primo, splendido ma pur sempre quarantenne il secondo) capa-ce di integrarsi e supportare Michael Carrick. Un mister X che da ormai un paio di anni non si materializza nella

di Luca Manes

Mentre in Italia si discute su una normativa ad hoc che permetta di rinnovare un parco stadi a dir poco logoro, in Inghilterra, in particolare a Londra, ci si muove in maniera molto concreta. Il West Ham sta per diventare il nuovo inquilino dello stadio Olimpico. Il trasferimento è previsto nel 2017-18. A fine novembre sono cominciati i costosi (quasi 200 milioni di euro) lavori di riconversione dell’impianto, con sostanziose modifiche alla copertura che si spera siano pronte per la Coppa del Mondo di rugby del 2015, così da poter utilizzare l’impianto per quell’occasione. Intanto due club del West End sono pronti a erigere una nuova casa. L’ambizioso QPR ha ammesso di non poter ampliare il glorioso Loftus Road e ha già presentato un progetto per uno stadio da 40mila posti (contro i 19mila attuali) a Old Oak. Un’area della capitale londinese che l’amministrazione comunale intende riqualificare, per cui potrebbe essere più facile per le Super Hoops ottenere i permessi necessari. Permessi che ha già in tasca il Brentford (League One) per lasciare il romantico Griffin Park (lo stadio dei quattro pub ad ogni angolo) per un impianto avveniristico e anch’esso più capiente rispetto al predecessore a Hounslow. E poi ci sono sempre Tottenham e Chelsea, a cui rispettivamente il White Hart Lane e lo Stamford Bridge vanno ormai stretti. Gli Spurs si stanno già muovendo con decisione e non è da escludere che il loro nuovo stadio possa sorgere a pochi passi dall’attuale.

gli stadi secondo gli inglesi...

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68 feb 2014calcio2000

metà rossa di Manchester. Sulle fasce, punto di forza dello United del recente passato, Ashley Young e Antonio Valen-cia peccano di troppa incostanza, con il nazionale inglese spesso penalizzato da infortuni (e incapace di guarire dall’o-diosa “sindrome del tuffatore”). Infine il mistero Wilfried Zaha, astro nascen-te del calcio inglese quando giocava al Crystal Palace – tanto che Ferguson lo prelevò già lo scorso gennaio –, per adesso viene impiegato con il contagoc-ce. Anche perché, come ha palesato nei match della nazionale under 21, deve ancora capire che il calcio si gioca in 11 e ogni tanto può risultare utile passare il pallone ai compagni. Insomma, per apportare qualche signi-ficativa miglioria alla squadra lo scorso agosto sarebbero serviti altri acquisti. Invece quella del mercato estivo – e qui puntiamo senza dubbio il dito contro Moyes – è stata una gestione incerta e

premier leagUeinghilterra

pt G V N p GF GS DR

Liverpool 36 17 11 3 3 42 19 23

Arsenal 36 17 11 3 3 33 17 16

Manchester City 35 17 11 2 4 51 20 31

Chelsea 34 17 10 4 3 32 18 14

Everton 34 17 9 7 1 29 16 13

Newcastle 30 17 9 3 5 24 22 2

Tottenham 30 17 9 3 5 18 23 -5

Man. united 28 17 8 4 5 28 20 8

Southampton 24 17 6 6 5 22 18 4

Stoke City 21 17 5 6 6 17 21 -4

Swansea City 20 17 5 5 7 23 23 0

Hull City 20 17 5 5 7 14 20 -6

Aston Villa 19 17 5 4 8 17 23 -6

Norwich City 19 17 5 4 8 15 29 -14

Cardiff City 17 17 4 5 8 13 25 -12

W. B. Albion 16 17 3 7 7 18 23 -5

West Ham 14 17 3 5 9 14 22 -8

Crystal Palace 13 17 4 1 12 11 27 -16

Fulham 13 17 4 1 12 17 34 -17

Sunderland 10 17 2 4 11 12 30 -18

c l a s s i f i c a

Classifiche aggiornate al 23/12/13 | Tabellini nella Sezione Statistiche

m a r c a t o r iLuis Suarez Liverpool 19

Agüero Man. City 13

Sturridge Liverpool 9

Yaya Tourè Man. City 9

Aaron Ramsey Arsenal 8

Loïc Rémy Newcastle 8

Romelu Lukaku Everton 8

Wayne Rooney Man. United 8

van Persie Man. United 7

Álvaro Negredo Man.City 7

Olivier Giroud Arsenal 7

Jay Rodriguez Southampton 6

Eden Hazard Chelsea 6

Oscar Chelsea 5

Rickie Lambert Southampton 5

Danny Welbeck Man. United 5

Yoan Gouffran Newcastle 5

Samir Nasri Man. City 4

Soldado Tottenham 4

Mesut Ozil Arsenal 4

GiOCATORE SQuAdRA GOL

La difficoltà per lo United è trovare sostituti all’altezza di senatori come Giggs

Un minuto di applausi da parte di tutto lo stadio e la Stretford End, il covo dei tifosi più appassionati del Manchester United, che rendeva omaggio a lui e agli altri Busby Babes tirando fuori una enorme bandiera che raffigurava la mitica e sfortunata squadra allenata da Sir Matt Busby. Così prima del fischio d’inizio del match contro l’Everton il popolo dell’Old Trafford ha ricordato uno dei suoi grandi simboli del passato: Bill Foulkes. Sopravvissuto al disastro aereo di Monaco di Baviera del febbraio 1958, che costò la vita a otto suoi compagni di squadra, Foulkes fu a lungo una colonna dello United. Solido difensore centrale, era in campo in occasione dell’esordio assoluto dello United in Coppa dei Campioni, un 2-0 in casa dell’Anderlecht nel settembre del 1956. Ancor più rilevante, fu lui a segnare l’esiziale goal del 3-3 nella semifinale di ritorno del 1968 a Madrid contro il Real. Grazie a quella marcatura i Red Devils ebbero la certezza di qualificarsi per la finale, poi vinta contro il Benfica a Wembley. Foulkes era titolare anche quello storico giorno, una delle 688 presenze in 18 anni con il team dell’Old Trafford. Se ottima fu la sua carriera da calciatore (sebbene abbia indossato la maglia dell’Inghilterra solo una volta), meno brillante si rivelò il suo percorso da allenatore, che lo portò a gestire squadre minori negli Stati Uniti, in Norvegia e in Giappone. Ci ha lasciati all’età di 81 anni.

IL SALUTO A FOULKES

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69feb 2014calcio2000

Dopo anni da dominatori, i Red Devils stanno attraversando un periodo difficile

caotica. Di nomi se ne sono fatti tanti, alla fine è arrivato solo Fellaini. Uno costato una decina di milioni più di Ke-vin Strootman, che a un certo punto era apparso tra gli obiettivi abbordabili e che poi è stato “dimenticato” sin trop-po facilmente. Fino a questo momento è quasi un eufemismo affermare che il belga di sangue marocchino abbia delu-so. Pure nel match a cui abbiamo assisti-to ne ha imbroccate pochissime e come già accennato in tanti all’Old Trafford reputano insensata una spesa così ele-vata per un giocatore del suo livello. Sebbene non sia un fuoriclasse, Fellaini può essere in parte giustificato dal fatto che è uno di quelli a giocare fuori ruolo. All’Everton veniva quasi sempre schie-rato di supporto all’unica punta dello scacchiere di Moyes, a Manchester gli viene chiesto di piazzarsi in mezzo al campo. Il ragazzo non è un fenomeno a impostare l’azione e si vede, così come non se la cava bene sulle fasce Shinji Kawaga. Altro equivoco tattico non di poco conto, visto che a Dortmund il giapponese dava il meglio di sé dietro le punte e a Manchester appare sin troppo leggerino per fornire un contributo rile-vante in una zona del rettangolo di gio-co che non gli è troppo consona. Dopo ogni brutta prestazione della squadra the Chosen One, come recita uno striscione all’Old Trafford, ovvero Moyes, è stato attaccato senza pietà dai media inglese. Oltre a una serie di critiche abbastanza giuste e fondate – come quella già citata sulla conduzione del mercato estivo – i tabloid gli hanno contestato di tutto, dal non essere in grado di ruotare al meglio la rosa a disposizione, all’atteggiamento troppo sparagnino in campo fino, addi-rittura, all’incapacità di avere in mano lo spogliatoio. Accuse, soprattutto l’ulti-ma, rispedite al mittente con sdegno dal diretto interessato. I suoi nuovi tifosi, invece, sembrano per la stragrande mag-gioranza dalla sua parte. Non si sono re-gistrate contestazioni di sorta. “Sarebbe troppo facile dire che avremmo fatto meglio a prendere Roberto Martinez, visto quello che sta facendo di buono con l’ex squadra di Moyes. Dobbiamo avere pazienza, sostituire Sir Alex non è

facile”. Ci ha ripetuto in coro un gruppo di fedelissimi su un affollato Metrolink preso al volo vicino all’altro Old Traf-ford, quello dove gioca a cricket il team del Lancashire. Anche la dirigenza dello United non pare intenzionata a mettere pressione allo scozzese, tanto che gli ha fatto firmare un contratto della dura-ta di sei anni. Tutto sommato un po’ di problemi esistevano già in precedenza. Semplicemente, nel 2012-13 sono sta-ti quasi del tutto celati dalla sconfinata vena realizzativa di Van Persie. Altro dettaglio da non dimenticare: lo stesso Ferguson ci ha messo circa quattro anni per vincere il suo primo trofeo e altri tre per aggiudicarsi il campionato. Poi sappiamo tutti come è proseguito il suo regno... Ora però il Manchester United si ritrova per la prima volta nella sua storia recente a contemplare la possi-bilità molto concreta di non disputare la Champions League. Quest’anno la Premier ha ritrovato un certo equilibrio e alle solite note degli ultimissimi anni, Chelsea e Manchester City, si sono ag-giunte le due vecchie conoscenze di Arsenal e Liverpool, nonché altri brutti clienti come Everton e Tottenham, che sgomitano per un posto al sole. Dal 1992-93, ovvero da quando esiste la Premier, i Red Devils non sono mai sce-si al di sotto del terzo posto. Quest’anno firmerebbero per il quarto che garanti-sce i preliminari di Champions League.

Per tentare l’ennesima impresa, allora, bisogna ripartire dalle note liete. Non sono tantissime, ma ci sono. In primis l’esplosione del giovane talento belga, di origini kosovare, Adnan Januzaj. Con quei piedi può fare tanta strada e che sia un predestinato lo dimostra la dop-pietta all’esordio da titolare in Premier. Un’impresa che dalle parti dell’Old Trafford era riuscita solo a un certo Ruud Van Nistelrooy. Poi c’è il ritorno dopo oltre un anno travagliatissimo di Darren Fletcher e i lampi – ancora trop-po estemporanei, però – di Danny Wel-beck. Uno che se acquisisse la sapienza tattica di Wayne Rooney – a proposito, lui sì che se la sta cavando egregiamente – potrebbe conquistarsi un posto da ti-tolare inamovibile. Per evitare possibili travagli estivi, con giocatori che in as-senza della vetrina della Champions Le-ague potrebbero preferire altri lidi, tocca puntare forte sul mercato invernale. Si vocifera di un assegno di una trentina di milioni per il centrocampista dell’Athle-tic Bilbao Ander Herrera, di un nuovo assalto al terzino sinistro dell’Everton e della nazionale inglese Leighton Baines (un altro che costicchia, però), di ipote-si quasi da fantacalcio come l’asso del Barcellona Andres Iniesta e del giovane talento dell’Atletico Madrid Koke. Due che servirebbero, eccome, per tappare le falle a centrocampo e ridare fantasia al gioco dei Red Devils.

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70 feb 2014calcio2000

NON SOLO bAYeRN…

a Bundesliga edizione 2013-2014 sta come sempre rispet-tando i pronostici di inizio anno. A contendersi il titolo,

con il Bayern Monaco di Pep Guardio-la nettamente favorito sulle altre, sono il Borussia Dortmund di Jurgen Klopp ed il Bayer Leverkusen di Samy Hyypia. Dietro però stanno riprenden-do quota due compagini come il Borus-sia Monchengladbach ed il Wolfsburg,

in bundes ci sono

club in rapida ascesa,

come borussia

monchengladbach e

Wolfsburg…

che hanno intenzione anche nei prossi-mi anni di potersi inserire stabilmente in quella zona di classifica. Partiamo dalla squadra allenata dallo svizzero Lucien Favre: salito in sella nel febbra-io del 2011, con l’undici in ultima posi-zione, l’elvetico non è solo riuscito a portare a casa quell’anno la salvezza, ma nelle successive due stagioni ha to-talizzato un quarto posto valso i preli-minari di Champions ed un ottavo po-

L

bUnDesligagermania

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71feb 2014calcio2000

NON SOLO bAYeRN…

sto (dovuto principalmente al fatto di aver detto addio alla stella della squa-dra Marco Reus, passato al Borussia Dortmund). Adesso, nella stagione in corso, le cose stanno andando nuova-mente per il verso giusto: sulla carta il modulo adottato è un 4-4-2, ma è facile considerarlo un 4-2-4. In porta spicca la freschezza atletica di Marc-Andre Ter Stegen, classe 1992 che molti con-siderano già come l’erede di Manuel Neuer e che la prossima estate sarà al centro di molte discussioni di mercato (Barcellona e Milan sembrano essere sulle sue tracce). In difesa la coppia di centrali assicura al contempo esperien-za e velocità: il classe 1980 Martin Stranzl si fa ancora sentire e guida alla perfezione i movimenti del classe 1990 Toni Jantschke; sull’esterno corrono a

di Flavio Sirna

più non posso lo svedese Oscar Wendt ed il giovanissimo teutonico Julian Korb. Meno presente, ma tornerà sicu-ramente utile fino alla fine della stagio-ne, il terzino sinistro spagnolo Alvaro Dominguez, acquistato nell’estate del 2012 dall’Atletico Madrid per la consi-derevole cifra di 8 milioni di euro. Ca-pitolo centrocampo: è sicuramente il reparto più forte a disposizione di Fa-vre. Partiamo da Patrick Herrmann: il 22enne tedesco, il cui contratto scade nel giugno del 2016, è la stella incon-trastata della squadra. Oscurato in parte da Reus nelle due scorse stagioni, in questa è esploso definitivamente so-prattutto grazie alla sua capacità di po-ter giostrare sia come ala (destra o sini-stra) che come seconda punta. È chiaro che, come già detto per Ter Stegen, la

prossima estate di calciomercato sarà caldissimo per quanto lo riguarda. A fargli da contraltare sull’altra fascia è l’esperto venezuelano Juan Arango: 33 primavere già compiute, in squadra dal 2009, anzichè limitarsi a stare in attac-co ed a battere magistralmente calci di punizione (nei mesi scorsi ha affermato di considerarsi più bravo persino di Cristiano Ronaldo) Arango si è trasfor-mato in un esterno di centrocampo che macina chilometri e che assicura anche una certa qualità sia in fase di realizza-zione, grazie a qualche inserimento, che in fase di appoggio alle due punte. Si torna invece ad essere giovani quan-do si fa riferimento ai due interni di centrocampo: in primis è d’obbligo menzionare lo svizzero Granit Xhaka. Classe 1992, acquistato dal Basilea

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72 feb 2014calcio2000

nell’estate del 2012, sta sorprendendo tutti per capacità sia di impostazione che di distruzione di gioco, diventando insieme a Shaqiri, approdato anch’egli in Bundesliga al Bayern Monaco, il ta-lento svizzero del futuro (sarà protago-nista anche in occasione dei prossimi mondiali brasiliani). Accanto a lui sta crescendo, in maniera altrettanto espo-nenziale, il tedesco del 1991 Christoph Kramer. In attacco, come se non ba-stasse, le cose si mettono ancora me-glio: dal Friburgo è arrivato Max Kru-se, che dopo aver condotto la sua ex-squadra alla qualificazione in Euro-pa League, sta tentando di fare lo stesso a Monchengladbach con risultati altret-tanto soddisfacenti. Il secondo bomber della squadra porta invece la firma di Lucien Favre: dopo averlo avuto a di-sposizione nelle fila dell’Hertha Berli-no nel 2009 quando era allenatore dei capitolini, il tecnico ha fatto di tutto per portarlo con sè in questa sua nuova esperienza, e lui lo sta ripagando nel migliore dei modi. Il protagonista è il

germaniabUnDesliga

Sotto la sapiente guida di Lucien Favre, il Borussia Monchengladbach sta impressionando tutti

pt G V N p GF GS DR

Bayern Monaco 44 16 14 2 0 42 8 34

B. Leverkusen 37 17 12 1 4 32 16 16

B. M'Gladbach 33 17 10 3 4 35 19 16

B. dortmund 32 17 10 2 5 38 20 18

Wolfsburg 30 17 9 3 5 28 19 9

Hertha Berlino 28 17 8 4 5 27 20 7

Schalke 04 28 17 8 4 5 32 28 4

Augsburg 24 17 7 3 7 21 25 -4

Mainz 05 24 17 7 3 7 25 31 -6

Stoccarda 19 16 5 4 7 29 31 -2

Werder Brema 19 17 5 4 8 22 37 -15

Hoffenheim 18 17 4 6 7 36 38 -2

Hannover 96 18 17 5 3 9 23 31 -8

Amburgo 16 17 4 4 9 33 38 -5

E.Francoforte 15 17 3 6 8 20 29 -9

Friburgo 14 17 3 5 9 16 31 -15

Norimberga 11 17 0 11 6 17 33 -16

Braunschweig 11 17 3 2 12 10 32 -22

c l a s s i f i c a

Classifiche aggiornate al 22/12/13 | Tabellini nella Sezione Statistiche

m a r c a t o r iLewandowski B. Dortmund 11

Adrian Ramos Hertha Berlino 11

Mandžukic B. Monaco 10

Raffael B. M’Gladbach 9

Lasogga Amburgo 9

Aubameyang B.Dortmund 9

Vedad Ibisevic Stoccarda 9

Stefan Kießling B. Leverkusen 9

Shinji Okazaki Mainz 05 8

Marco Reus B. Dortmund 8

Max Kruse B. M’Gladbach 8

Nicolai Müller Mainz 05 8

Firmino Hoffenheim 8

Son B.Leverkusen 7

Kevin Volland Hoffenheim 7

Sidney Sam B. Leverkusen 7

Thomas Müller B. Monaco 7

Ivica Olic Wolfsburg 7

GiOCATORE SQuAdRA GOL

brasiliano classe 1985 Raffael (Raffael Caetano de Araujo), nella scorsa sta-gione in prestito allo Schalke 04. A de-scriverla così sembrerebbe una squadra invincibile, ma il ‘secondo’ Borussia, come viene chiamato per sottolineare la differenza rispetto al Dortmund, non lo è affatto. Due infatti sono le pecche principali: l’assenza di validi elementi in panchina e soprattutto l’incapacità di aver valorizzato sino a questo momen-to l’acquisto più importante delle ulti-me tre stagioni: quel Luuk De Jong, ex-Twente, acquistato nel 2012 per la bellezza di 12 milioni di euro. Da quan-to descritto, a meno che la società, come spesso ha fatto, non deciderà di smantellare e di vendere in contempo-ranea tutti i pezzi pregiati (l’età-media della squadra è di 25,2 anni), appare certo che anche nelle prossime stagioni il Monchengladbach potrà ritrovarsi stabilmente nelle posizioni che contano e chissà porre in essere quell’exploit che gran parte del pubblico tedesco si augura che avvenga per interrompere il

dominio ultradecennale del duo Dortmund-Bayern. E per evitare di es-sere continuamente chiamato il ‘secon-do’ Borussia... Diverso rispetto al Monchengladbach il discorso da fare per il Wolfsburg: la squadra della Wolkswagen, dopo il titolo del 2008-2009 ottenuto con il guru Magath in panchina, sembrava diretta verso una stabilizzazione nelle zone alte della classifica. Ed invece le cose non sono andate per niente bene: nelle successi-ve quattro stagioni sono arrivati come massimi risultati due ottavi posti, ai quali sono da aggiungere un quindice-simo, con una retrocessione sfiorata, ed un undicesimo. Per cercare di riportare in sesto la baracca è stato chiamato Dieter Hecking, che nelle scorse sta-gioni si è ben comportato sulle panchi-ne del Norimberga e dell’Hannover, riuscendo a portare entrambe le squa-dre in Europa. Allenatore moderno, Hecking ha deciso di puntare sul 4-2-3-1 come modulo: ma oltre i suoi meriti devono essere sottolineati quelli del nuovo direttore sportivo Klaus Allofs,

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73feb 2014calcio2000

che, così come fatto per anni al Werder Brema, è riuscito ad operare in maniera egregia sul mercato. Merito suo gli ar-rivi dal Bayern Monaco di Ivica Olic, che molti consideravano già finito, e del fortissimo centrocampista brasilia-no Luiz Gustavo, bistrattato da Guar-diola sin dal momento del suo arrivo in Baviera. Ma soprattutto merito suo l’essere riuscito a fare riconciliare con il club il brasiliano Diego: acquistato dalla Juventus nel 2010 per circa 16 milioni di euro, inizialmente il brasilia-no, a causa dei forti contrasti con Ma-gath, non è valso assolutamente la cifra spesa, tanto che è stato spedito in pre-stito all’Atletico Madrid. Al momento del suo ritorno però Allofs ha comin-ciato a coccolarlo per bene, assegnan-dogli subito la maglia numero 10 e fa-cendolo sentire nuovamente importante. Non a caso proprio in questo periodo, abbandonate le velleità di tornare in Spagna o in Brasile, le parti stanno di-scutendo il rinnovo del contratto in sca-denza il prossimo giugno. Ma torniamo al campo ed alla squadra che normal-mente viene schierata in campo da He-cking: in porta si punta sull’esperienza del capitano Benaglio, al Wolfsburg dal 2008. In difesa Hecking è riuscito nel tentativo di far risultare ancora utile nonno Naldo (anche qui c’è lo zampino di Allofs, che lo ha strappato alla sua ex-squadra, il Werder), che fa da chioc-cia al giovane tedesco classe 1992

Knoche; sugli esterni fanno il loro do-vere Patrick Ochs e soprattutto il classe 1992 Ricardo Rodriguez, svizzero di nazionalità ma di padre spagnolo e mamma cilena. In mezzo al campo, detto di Luiz Gustavo, vero e proprio perno, si alternano vicino a lui il pro-mettente serbo Medojevic o il porto-ghese Vierinha. Il trio di trequartisti, con Diego a dominare su tutti, è invece composto dall’ex-Dortmund Perisic e dal classe 1994 Maximilian Arnold; ha deluso in parte le attese, dopo essere stato acquistato dal Friburgo, Daniel Caligiuri. L’unica punta, come già sot-tolineato, è il croato Olic, che dopo l’ottima esperienza al Bayern Monaco, sta ancora dimostrando di essere un giocatore coi fiocchi. Non essendo però eterno (32 anni), la società spera che possa finalmente esplodere anche la sua attuale riserva, e cioè l’olandese Bas Dost: acquistato nel 2012 dall’He-reenveen per 7 milioni di euro, non è riuscito ad ambientarsi al meglio ai rit-mi ed al gioco della Bundesliga, realiz-zando solamente sette reti nell’anno e mezzo già trascorso. Con questi ele-menti e con un’età media della squadra fortemente abbassatasi (attualmente, considerando tutta la rosa, è di 26,1 anni) i Lupi possono guardare al pre-sente ed al futuro con maggiore fiducia. Non è affatto utopistica infatti l’ipotesi di poter tornare a calcare i campi d’Eu-ropa dopo cinque anni di assenza.

eUropa e MondiaLe, è Una GerMania che tieneseMpre iL passo e che soGna in GrandeIl 2014 si prepara ad essere una stagione sempre esaltante per i colori della Ger-mania, sia a livello di club che a livello di nazionale. Partiamo dai club: in Cham-pions League hanno ottenuto il pass per gli ottavi di finale tutte e quattro le squadre qualificate alla fase a gironi: sul velluto il Bayern Monaco, hanno invece dovuto lottare sino all’ultima giornata il Borussia Dortmund, anche a causa del girone di ferro con Napoli ed Arsenal, lo Schalke 04 ed il Bayer Leverkusen. In vista degli ottavi di finale che si svolge-ranno a febbraio le aspettative sono alte: la sfida più affascinante è sicuramente quella che vedrà i campioni d’Europa in carica contro l’Arsenal. Appare inve-ce più abbordabile l’accoppiamento dei gialloneri di Klopp contro lo Zenit. Proi-bitivo per lo Schalke 04 il Real Madrid di Ancelotti, così come il Psg di Blanc per le Aspirine bavaresi. Non sarebbe comunque lo stesso male avere almeno due compagini ai quarti di finale. Le cose sono andate bene anche in Europa Le-ague: l’Eintracht Francoforte di Veh ha dominato il proprio girone ed affronterà agli ottavi di finale l’ostico Porto. È fini-ta invece la corsa del Friburgo, che così come in campionato anche in Europa sta pagando le cessioni eccellenti di Kruse e Caligiuri. Capitolo Mondiali 2014: il sor-teggio ha collocato la nazionale di Low in un girone molto complicato con Porto-gallo, Ghana e con gli Usa dell’ex-ct Jur-gen Klinsmann. I teutonici però, come dimostrato già nel girone di qualificazio-ne ed anche in occasione dell’amichevo-le di Milano a San Siro contro l’Italia di Prandelli, hanno tante frecce al loro arco. Low attende con ansia il ritorno in cam-po di Gomez e dovrà chiaramente stare molto attento alle scelte che verranno fat-te in tema di convocazioni da qui al pros-simo giugno. L’abbondanza, soprattutto per quanto riguarda il reparto avanzato (sia a livello di prime punte che a livello di trequartisti che dovranno costituire il solito terzetto dietro il perno offensivo), rischia di portare a sbagliare...Nell’ultima sfida del girone, a Marsiglia, il Borussia ha conquistato il pass per gli ottavi di Champions

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74 feb 2014calcio2000

ado a vivere a Mon-tecarlo”. Con questa esclamazione, da un po’ di tempo a questa

parte, si allude al desiderio di trasferir-si in uno dei più ‘reclamizzati’ paradisi fiscali, luoghi ‘fantastici’ capaci di mas-simizzare il denaro guadagnato.Il perché è presto detto: tassazione bas-sa, talvolta nulla. Soprattutto per chi non è cittadino francese. Insomma, per uno straniero riuscire a lavorare nel

tasse agevolate,

maggior potere

d’acquisto, rybolovlev

se la gode, ora più

che mai…

Principato è come planare su una sorta di Eldorado, tra stipendi decisamente superiori alla media e, per di più, prati-camente ‘netti’. La tassazione agevolata per le aziende monegasche non fa che giovare anche al Monaco. La società del russo Rybo-lovlev, infatti, ha un potere di acquisto decisamente più elevato rispetto agli al-tri club, potendo permettersi di offrire ingaggi di gran lunga superiori poiché privi di ulteriori tasse.

“V

ligUe 1Francia

MONACO, L’ULTIMO PARADISO

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75feb 2014calcio2000

A dirla tutta, le cose vanno così da pa-recchio tempo, ma la vicenda è tornata d’attualità una prima volta durante il fa-raonico calciomercato condotto dal club biancorosso in estate e poi, soprattutto, nelle ultime settimane del 2013, quando il Parlamento ha discusso l’introduzio-ne della nuova cosiddetta ‘maxitassa’.

La ‘tassa sUi ricchi’Quello di ‘maxitassa’ è un concetto che, in lungo e in largo, torna saltuaria-mente d’attualità nella maggior parte dei paesi democratici. Una ‘tassa sui ricchi’, come è stata più volte semplici-sticamente ‘battezzata’ in Italia. O, per meglio dire, una tassa sui redditi par-ticolarmente elevati. Dall’Inghilterra, probabilmente, arriva la definizione più centrata: “wealth tax”, vale a dire – ap-punto – tassa sulla ricchezza. In soldo-

ni, un’ulteriore tassa da applicare sol-tanto a chi dichiara un reddito parecchio cospicuo, al fine da gravare soltanto sulla fascia più opulenta della società, rimpinguando le casse dello Stato senza pesare sulle tasche dei cittadini.In India la legge esiste da più di 50 anni, in Italia l’argomento è stato tirato fuori a più riprese – mixato talvolta con l’ac-cezione di ‘imposta patrimoniale’ – in Francia, invece, la situazione ha radici storiche davvero significative. La di-cotomia ricchi-poveri, elemento cru-ciale della Rivoluzione del 1789, nella società francese ha lasciato strascichi ancor più evidenti di quelli presenti nel-le ‘lotte di classe’ diffuse in altri Paesi europei. 200 anni dopo la celebre ‘presa della Bastiglia’, seppur con una situa-zione socio-politica decisamente diver-sa, la crisi che imperversa in Europa ha

di Renato Maisani

indotto il governo Hollande ad imporre la Supertassa, un’imposta decisamente imponente, pari al 75% dell’ingaggio percepito dai lavoratori che superano una certa soglia di reddito, siano essi cittadini francesi o no. Decisione che, inevitabilmente, comporta delle con-seguenze impossibili da sottovalutare anche sul piano calcistico.

caLcio in sUBBUGLio: previsti eFFetti drastici Nell’immaginario collettivo, in Italia così come in Francia, il prototipo del ‘professionista ricco’ è proprio il calcia-tore. Atleti che guadagnano milioni di euro e che finiscono spesso nel mirino di moralisti - e falsi tali - quando c’è da puntare il dito contro una categoria ritenuta privilegiata. Il calcio, in realtà, muove milioni di euro e in molti paesi

MONACO, L’ULTIMO PARADISO

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76 feb 2014calcio2000

è una delle industrie più fruttuose, ca-paci di generare un circolo virtuoso che muove non poco l’economia e l’occu-pazione locale. Nonostante ciò, inevi-tabilmente, la ‘maxitassa’ andrebbe a ricadere anche sui calciatori e, di con-seguenza, sui club. Il motivo è presto detto: l’imposta col-pirà infatti la parte del reddito ecceden-te il milione di euro e versarla sarà un onere della società. Dunque, un club che corrisponde ad un calciatore un in-gaggio annuale di 11 milioni di euro, dovrà versarne ulteriori 7.5 (cioè il 75% dei 10 milioni in ‘esubero’) allo Stato. Risultato? I club della Ligue 1 sareb-bero costretti a ridurre le loro offerte economiche, riducendo così il loro po-tere d’acquisto e inducendo un numero sempre minore di giocatori ad accettare il trasferimento in un campionato che attualmente, denaro a parte, non of-fre ciò che possono offrire i principali campionati europei. A denunciare il problema che andrebbe a toccare le so-cietà calcistiche francesi ci ha pensato Frédéric Thiriez, presidente della Lega Calcio Francese, il quale ha spiegato: “La nuova tassa costerà ai club di Ligue 1 circa 82 milioni di euro complessivi. L’aumento del carico fiscale, dunque, sarebbe pari al 30% e in questo modo i club verrebbero strangolati. È un costo del lavoro delirante – ha proseguito – la Francia sarà costretta a perdere i gioca-tori migliori, le nostre squadre vedran-no crollare la competitività in campo europeo e lo Stato, di conseguenza, perderà i suoi migliori contribuenti. È un’operazione che vedrebbe uscire tut-ti sconfitti”. Ragionamento che non fa una piega quello di Thiriez, ma che in alcun modo può giustificare una ‘ecce-zione’ alla regola (o in questo caso, alla legge). ‘Maxitassa per tutti o per nessu-no’, su questo il Governo è stato molto chiaro. E di tornare indietro il Premier Hollande non vuole proprio saperne: “La supertassa sarà per due anni a ca-rico della aziende. La necessità di ag-giustare i conti pubblici – ha detto Hol-lande in occasione di un incontro con i rappresentanti del calcio francese – giu-stifica lo sforzo richiesto alle società”.

ligUe 1Francia

Anche grazie alle agevolazioni che si respirano a Montecarlo, Rybolovlev ha un potere d’acquisto assoluto

pt G V N p GF GS DR

pSG 43 18 13 4 1 42 11 31

Monaco 41 18 12 5 1 30 11 19

Lille 39 18 12 3 3 20 6 14

Bordeaux 30 18 8 6 4 25 19 6

Nantes 29 18 9 2 7 23 15 8

Marsiglia 28 18 8 4 6 25 18 7

Saint-Etienne 27 17 8 3 6 25 20 5

Lorient 26 18 8 2 8 24 24 0

Stade de Reims 26 18 6 8 4 19 20 -1

Lione 24 18 6 6 6 26 25 1

tolosa 24 18 6 6 6 20 24 -4

Guingamp 23 18 6 5 7 19 19 0

Bastia 23 18 6 5 7 21 26 -5

Rennes 21 18 5 6 7 21 22 -1

Nizza 20 18 6 2 10 15 24 -9

Évian 20 17 5 5 7 18 28 -10

Montpellier 16 18 2 10 6 18 24 -6

Valenciennes 11 18 2 5 11 15 27 -12

Ajaccio 9 18 1 6 11 12 30 -18

Sochaux 8 18 1 5 12 13 38 -25

c l a s s i f i c a

Classifiche aggiornate al 15/12/13 | Tabellini nella Sezione Statistiche

m a r c a t o r iIbrahimovic PSG 14

Cavani PSG 12

Aboubakar Lorient 10

Falcao Monaco 9

Lacazette Lione 9

Riviere Monaco 8

Filip Djordjevic Nantes 8

Darío Cvitanich Nizza 7

Diabaté Bordeaux 7

Nélson Oliveira Rennes 7

Gignac Marsiglia 7

Nolan Roux Lille 6

Gomis Lione 6

Remy Cabella Montpellier 6

Hamouma Saint-Etienne 6

Kevin Berigaud Évian 6

Ben Yedder Tolosa 5

Yatabaré Guingamp 5

Foued Kadir Rennes 5

Oniangue Stade di Reims 5

GiOCATORE SQuAdRA GOL

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77feb 2014calcio2000

Dopo aver acciuffato per i capelli la qualificazione ai Mondiali brasiliani, superando l’Ucraina nello spareggio playoff, la Francia di Didier Deschamps ha avuto la possibilità di prendere parte all’attesissimo sorteggio tenutosi il 6 dicembre a Salvador De Bahia. Sorteggio che non è stato certo esente da polemiche. I ‘Bleus’, infatti, a causa del punteggio inferiore nel Ranking Fifa tra le Nazionali europee, erano stati in un primo momento inseriti nell’urna 2, comprendente le compagini africane e le sudamericane non testa di serie. Tradotto: un girone decisamente difficile che avrebbe obbligato la squadra di Deschamps a fronteggiare una testa di serie non europea ed una tra le migliori Nazionali europee (dall’Italia all’Inghilterra, passando per Olanda e Portogallo).A sorpresa, invece, è stato deciso di effettuare un sorteggio tra tutte le 9 Nazionali non teste di serie, che ha spedito l’Italia nell’urna 2, ‘salvando’ di fatto la Francia. La fortuna, però, non si è fermata qui ed ha continuato ad aiutare i ‘galletti’, il cui girone di qualificazione è davvero più che abbordabile.Pescata la più agevole tra le teste di serie – la Svizzera – l’urna 2, della quale la Francia avrebbe appunto dovuto far parte, ha riservato a Ribery e compagni l’Ecuador, ‘Cenerentola’ della fascia. Dall’urna 3, infine, un’altra buona notizia: a completare il girone c’è l’Honduras, nazionale decisamente inferiore a Giappone o Stati Uniti, giusto per citarne alcune di quelle facenti parti della terza fascia.Insomma, quando le polemiche e le accuse complottistiche cesseranno, la Francia si ritroverà a dover fronteggiare un girone decisamente alla sua portata. Ma bisognerà fare attenzione: l’Italia versione ‘Sudafrica 2010’ insegna che non c’è nulla di scontato...

N A Z I O N A L E , U N S O R T E G G I O ‘ E P I C O ’

francesi – calciatori inclusi – vengono tassati del 20%, mentre gli stranieri per-cepiscono il loro stipendio quasi al net-to, con una tassazione davvero irrisoria. Ciò non fa altro che rendere più agevole il calciomercato del Monaco e facilitar-ne la possibilità di presentare proposte economiche allettanti agli atleti. Al fine di evitare evidenti – ed ingiuste – di-sparità, la Lega Francese Professionisti vorrebbe imporre a tutti i club l’obbligo di collocare in territorio francese la sede sociale, in modo da poter così imporre a tutti le medesime condizioni. A ‘sal-

vaguardare’ gli interessi del Monaco, però, c’è la Convenzione bilaterale franco-monegasca, stipulata nel 1963, e che disciplina la fiscalità sul territorio del Principato, riconoscendone la pro-pria eccezionalità. Su tali basi, il ‘Conseil Costitutionnel’ ha deciso di annullare l’emendamento proposto dall’Assemblea Nazionale, mirato a obbligare anche “le società sportive professionistiche straniere af-filiate a una federazione francese e che partecipano a una competizione france-se” al pagamento dell’aliquota. Comunque andrà a finire, la ‘maxitassa’ non ricadrà sul Monaco. E ai monega-schi, forse, conviene quasi sperare che la legge venga presto applicata, al fine di poter recitare un ruolo da protagoni-sti assoluti all’interno del campionato francese. A meno che la federcalcio non dovesse decidere di estromettere il Monaco dai campionati qualora il club si rifiutasse – come detto – di trasferire in territo-rio francese la propria sede sociale. Ma alla FFF converrebbe davvero perdere il prestigio di un club in evidente asce-sa come il Monaco per garantire una ‘competizione ad armi pari’? Nessun dubbio amletico, la risposta la diamo noi. No!

Anno che se ne va, premi che arrivano. Come ogni anno, in Francia, il celebre magazine ‘France Football’ ha assegnato i riconoscimenti riguardanti l’intero anno solare e dedicati a calciatori ed allenatori francesi – compresi quelli che militano all’estero – e agli stranieri che calcano i campi della Ligue 1. Il titolo di miglior allenatore è stato attribuito al tecnico della Roma Rudi Garcia che, per appena mezzo punto, ha avuto la meglio sul c.t. della Nazionale Deschamps. Al 3° posto si è piazzato Cristophe Galtier del Saint Etienne. “Non me l’aspettavo – ha dichiarato l’allenatore giallorosso – e mi sono davvero commosso non appena ho appreso la notizia”.Il titolo di ‘calciatore francese dell’anno’ è stato invece attribuito a Franck Ribery, che l’ha spuntata su Paul Pogba e Blaise Matuidi. Come miglior straniero è stato votato infine Zlatan Ibrahimovic, stella del PSG e capocannoniere dell’ultima edizione della Ligue 1.

R I B E R Y , I B R A & G A R C I A : T H E B E S T

e se ci GUadaGnasse iL Monaco?In tale contesto si colloca l’anomalo caso del Monaco. Il club di Montecarlo, pur partecipando al campionato france-se, ha sede nel Principato ed è dunque soggetto alla fiscalità prevista nel ‘re-gno dei Grimaldi’ e non a quella vigente in Francia. Tradotto in termini pratici, il Monaco non subirà gli effetti della su-pertassa. Ciò non farebbe altro che am-pliare la forbice che separa già il club monegasco dagli altri club partecipan-ti alla Ligue 1. A Montecarlo, infatti, i

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78 feb 2014calcio2000

Maradona iron-Man!“Grondona e Blatter sanno che da sempre gli ho fatto una certa resistenza, non mi sono mai inginocchiato davanti a nessuno. Non ho alcuna intenzione di entrare a far parte della famiglia del presi-dente Grondona”

Diego Armando Maradona - Radio Pop 101

“Carlitos ha litigato sia con Bilardo che con Grondona, è questo il motivo per il quale è stato letteralmente fatto fuori dalla nazionale argentina. Vedo l’Argentina molto bene a partire dalla metà campo, il problema grosso è la difesa. Quando c’ero io mi parlavano del problema di chi far giocare di punta, adesso gioca Campagnaro...”

Diego Armando Maradona - Radio Pop 101

il fair play di Mourinho“Non auguro a Suarez un grave infortunio, ma un qualcosa di pic-colo, un infortunio non grave che però lo renda indisponibile alme-no per quattro giorni”.

José Mourinho - SkySport

il fair play di platini“I conti finanziari dei club europei sono stati studiati con attenzio-ne, saremo in grado di adottare misure che sono imperative per il benessere del calcio. Tutte queste misure non ci rendono più popo-lari, ma il mio obiettivo non è quello di essere popolare, bensì di essere responsabile”.

Michel Platini – Ansa

Mazzarri e il bicchiere Mezzo vuoto...“Non sono stato fortunatissimo, l’Inter è un club nel quale tutti i tecnici aspirano ad arrivare ma io ci sono capitato nel momento più particolare della sua storia. Forse avrei preferito un momento sto-rico diverso (...)Io accetto qualsiasi tipo di progetto, l’importante è che ci sia chiarezza fra le parti. Se c’è chiarezza fra me, società e ambiente va tutto bene. Il progetto di una società così importante mi affascina per forza”.

Walter Mazzarri – SkySport

di Elisa Palmieri

78 feb 2014calcio2000

psico Milito“Chiudere al Racing mi piacerebbe tanto, ma per ora non mi ha contattato nessuno”...“Per me non ci sarebbe alcun problema a firmare in bianco e rima-nere all’Inter ancora un’altra stagione - ha detto Milito - Qui mi trovo benissimo, mi vogliono bene e questa è la cosa più importan-te. Mi sento a casa mia”....

Diego Milito – Fox Sports

la rivincita di de sanctis“Mi prendo la mia rivincita: in tanti mi davano per finito, dicevano che volevano cacciarmi dalla Nazionale, invece adesso si parla del mio ritorno. Io però sono coerente. Decisi di lasciare la Nazionale anche per dei motivi familiari. Poi, allora, a 36 anni, stavo giocan-do nel Napoli e potevo fare la Champions con loro: dovevo con-centrarmi. Adesso, per la Roma, è la stessa cosa. Spero che Buffon, Sirigu ed altri portieri facciano bene”.

Morgan De Sanctis – Ansa

l’inganno di honda“Il Milan ci ha ingannati. E noi non siamo abituati ad essere truf-fati. A luglio ho parlato con i rappresentanti del Milan, i quali mi hanno assicurato che con Honda non avevano avuto nessun contat-to. Il giocatore e suo fratello mi avevano promesso che avrebbero rinnovato con noi, ma poi questo non è accaduto proprio per la cor-te dei rossoneri. Honda potevo venderlo all’Everton qualche mese fa, ma non ho potuto perché lui voleva soltanto il Milan. Non ho avuto scelta. Ma è nei suoi diritti scegliersi il suo nuovo club. Potrò sbagliarmi, ma credo che non giocherà molto in Italia...”.

Evgeni Giner, Presidente CSKA Mosca - bobsoccer.ru

niang vs balotelli“A Milano negli ultimi mesi non sono riuscito ad esprimermi così come avrei voluto e l’unico desiderio che avevo, in questo momen-to, era cercare di tornare quello di prima ed aiutare il Montpellier a rilanciarsi grazie a me. Non viene tenuto in conto tutto il lavoro che facciamo per Balotelli, chi vede il Milan può constatare che noi esterni, ma anche la squadra nel complesso, giochiamo per lui ed è per questo che le statistiche offensive di Balotelli risaltano più di quelle degli altri attaccanti”.Mbaye Niang – La Gazzetta dello Sport

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