Calcio2000 n. 212

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foto Daniele Buffa Esclusiva Francesco ACERBI Esclusiva Lilian THURAM Esclusiva Edy BIVI Esclusiva Giuseppe RISO “PIÙ FORTE DEL MALE” UN VERO SIGNORE IL RAGAZZO DI TALENTO A CASA DI RISO FOCUS ON I SIGNORI DELLA ROVESCIATA SPECIALE MERCATO I BOMBER DEL CALCIOMERCATO ESCLUSIVA José MAURI PARMA NEL CUORE Mensile | AGOSTO 2015 | N. 212 | Italia | Euro 3,90 Calcio 2 OOO il mensile diretto da FABRIZIO PONCIROLI

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In questo numero... José MAURI: Sono Parmigiano Doc Francesco ACERBI: La doppietta più bella Giuseppe RISO: La meglio gioventù Lilian THURAM: L'uomo bianco/nero

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PARMA NEL CUORE

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iamo incontentabili. Quando la morsa del gelo ci attanaglia, auspichiamo il caldo co-cente. Quando arriva l’estate, speriamo che l’afa non ci ammazzi… Incontentabili, proprio come tutti i fan del dio pallone. Eppure, l’afosa estate 2015, si sta dimostrando portatrice di

ricche novità. La Serie A, bistrattata per anni sul mercato, è tor-nata in auge, mettendo a segno colpi a suon di quattrini (tanti) e, finalmente, smettendola con i cari vecchi parametri zero tanto noti in casa Milan. Juve spettacolare come sempre, con acquisti speciali, milanesi in grande forma, romane che si muovono con attenzione, Napoli “Made in Italy”, Samp e Fiorentina in scia. Che bello… Meglio non chiedersi da dove arrivino i tanti milioni immessi sul mercato, pensiamo a goderci il momento. Da qui la scelta di regalare la cover a José Mauri. Un regalo del Parma che non c’è più, un sicuro protagonista della prossima stagione e di quelle a venire. Ci stiamo preparando ad una nuova annata. Sotto il solleone sembriamo indiavolati. Cerchiamo conferme, leggiamo di tutto e di più, bramiamo colpi su colpi. E’ il bello del binomio estate-pallone. Abbiamo più tempo, siamo meno stressati, c’è più curiosità nell’aria. Date un occhio alle storie di Acerbi e Thuram, due grandi persone, ognuna a suo modo. Per-ché no, un giro tra gli artisti della rovesciata potrebbe aiutare, così come scoprire che, anche all’estero, si sono spesso dimenti-cati di veri fuoriclasse (in ottica nazionale). Insomma, godetevi la nostra/vostra rivista. A Castiglioncello, dove sono stato per i TMW Awards, ho capito che siamo ancora competenti e amati. In un momento in cui si guarda a vista, bello ricevere tanti atte-stati di stima… Chiudo con una riflessione. In poche settimane ho dovuto assistere all’addio del Parma e alla bufera Catania. Due montanti al volto che avrebbero seccato chiunque. Eppure, in questa valle di lacrime, ho notato tanta speranza e voglia di rifarsi. Forse è questa la nostra dote migliore, il saperci sem-pre rialzare, anche quando un, anzi due treni merce ci arrivano dritti sul muso. E’ la magia del dio pallone. Non si sgonfia mai, troppa la passione che lo anima, la passione di tutti noi che ci lamentiamo per il troppo caldo…

“Dentro un ring o fuori non c’è niente di male a cadere. È sbagliato rimanere a terra”

L'EDITORIALE di Fabrizio PONCIROLI

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AnnO 19 n. 8 AGOSTO 2015 ISSN 1126-1056SOMMARIO N.212

8 La bocca deL Leone di Fabrizio Ponciroli

10 InTeRVISTa eScLUSIVa JOSè MAURI di Cristina Guerri

20 SPecIaLe MeRcaTo 100 COLPI DELLA SERIE A di Fabrizio Ponciroli

28 InTeRVISTa eScLUSIVa Francesco ACERBI di Sergio Stanco

36 SPecIaLe SEnZA nAZIOnALE di Luca Gandini

42 SPecIaLe MAGhI DELLA ROvESCIATA di Fabrizio Ponciroli

50 SeRIe b - vIRTUS LAnCIAnO di Tommaso Maschio

52 LeGa PRo - REGGInA di Pasquale Romano

54 SeRIe d - MEZZOLARA di Simone Toninato

56 I Re deL MeRcaTo GIUSEPPE RISO di Marco Conterio

66 I GIGanTI deL caLcIo LILIAn ThURAM di Sergio Stanco 76 SToRIa ChAMPIOnS LEAGUE 1978/79 di Gabriele Porri

80 accadde a... ESTATE ITALIAnA di Pierfrancesco Trocchi

82 doVe Sono FInITI? EDY BIvI di Simone Toninato

caMPIonaTI STRanIeRI86 SPAGnA di Paolo Bardelli88 InGhILTERRA di Luca Manes90 GERMAnIA di Flavio Sirna92 FRAnCIA di Renato Maisani

94 TMW aWaRdS 2015 di Thomas Saccani

98 ScoVaTe da caRLeTTo RTL

nUMeRo cHIUSo IL 30 GIUGno 2015IL PRoSSIMo nUMeRo sarà in edicola il

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calcio2000 è parte del network

Calcio2OOORegistrazione al Tribunale di Milano n.362 del 21/06/1997 - Iscritto al Registro operatori di comunicazione

al n. 18246

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Tel +39 055 9172741Fax +39 055 9170872

dIReTToRe ReSPonSabILeMichele criscitiello

dIReTTo daFabRIzIo PoncIRoLI

RedazIoneMarco conterio, Luca bargellini,

cristina Guerri, Gaetano Mocciaro,chiara biondini, Simone bernabei,Lorenzo Marucci, Pietro Lazzerini,

Tommaso Maschio, Lorenzo di benedetto.

Hanno coLLaboRaToSergio Stanco, Luca Gandini,

Tommaso Maschio, Pasquale Romano,Simone Toninato, Gabriele Porri,

Pierfrancesco Trocchi, Luca Manes,Paolo bardelli, Renato Maisani,

Flavio Sirna, Thomas Saccani, Stefano benetazzo, carletto RTL.

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Federico de Luca, agenzia aldo Liverani,

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ReaLIzzazIone GRaFIcaTc&c S.r.l.

STaTISTIcHe Redazione calcio2000

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LA BOCCA DEL LEONEdi Fabrizio POnCIROLI - foto Image Sport

PeR ScRIVeRcI: [email protected]

MAnCInI vS MAZZARRIdirettore Ponciroli,mi faccia capire lei che io, nonostante i quasi 60 anni, non ho capito. Seguo l’Inter da oltre 40 anni e mi piace anche andare allo stadio, quando posso. non mi piaceva Mazzarri ma devo dire che un po’ mi spiace per lui. Quando è arri-vato, Thohir gli ha dato giocatori scarsi. Medel gli hanno preso mentre a Manci-ni, forse perché è più bravo a parlare, gli hanno preso Kondogbia. Perché? I soldi non c’erano prima e ci sono ora? Mazzarri non ha avuto nulla, Mancini ha chiunque. non mi sembra giusto, o sbaglio? Mi piacerebbe avere una sua risposta in merito, grazie da MonzaAntonio, mail firmata

Caro Antonio, le logiche del mercato sono strane… Ammetto che Mazzarri non ha avuto, diciamo così, una grande mano da parte del patron Thohir. È an-che vero che, i vari Medel e M’Vila, li ha richiesti lo stesso Mazzarri. Man-cini, da sempre, è abituato ad avere giocatori di primissimo livello nelle sue rose. Kondogbia l’ha voluto e ci ha messo la faccia per averlo, anche se, sono convinto, sarebbe stato più felice se fosse arrivato Touré…

PROBLEMA hIGUAInbuongiorno, credete che Higuain possa rimanere un altro anno a napoli senza champions? In caso di cessione come vedreste Im-mobile? Ricordo che il napoli di benitez prendeva tantissimi gol…Rosario, mail firmata

Caro Rosario, come saprai bene, De Laurentiis è uno che vende i propri campioni solo a determinate cifre. Per Higuain vuole 88 milioni di euro, difficile che qualche top club decida di fare una follia simile… Speriamo che il Pipita rimanga convinto e con entusiasmo, in caso contrario meglio cederlo. Immobile? Non so, prendere il posto di Higuain non sarebbe facile per nessuno. Vero, il Napoli di Benitez prendeva tanti gol ma ha anche vinto dei titoli…

STATISTIChE?direttore,una nuova stagione della nostra/vostra rivista sta per iniziare. Torneranno le statistiche? Sa che ci teniamo partico-larmente e siamo in tanti a continuare a chiederle. Ho visto che qualcosa si sta muovendo nei servizi ma le grandi, belle

statistiche di un tempo le rivedremo? MI raccomando direttore, ci teniamo!!!Francesco, mail firmata

Sapete tutti che ci tengo anche io e sono convinto che, a breve, qualcuno sarà contento. Forse non come spera-va ma sicuramente faremo un passo avanti in tal senso…

GALLIAnI ADDIO?Gentile direttore, ma perché il sig. Galliani non capisce una buona volta che dovrebbe limitarsi a fare l'ad e lasciare il mercato a gente competente, giovane, che è in grado di valutare i giocatori e dedica a questo compito tutto il suo tempo e per l'intero campionato? L'Inter e la Juventus ne hanno due, il Milan nessuno!non ci si può più permettere di sper-perare i soldi per l'incompetenza dei massimi livelli della società. Vogliamo ricordare qualcuno? darmian, Pierre aubameyang, Saponara ... e mi riferisco solo a giocatori che erano già di pro-prietà del Milan! Questa mattina leggo che berlusconi sarebbe addirittura pron-to a spendere 60 milioni per Higuain! Questa è follia pura. Il centravanti del napoli, per quanto bravo, non può

trasformare una squadra di mediocri in un top club. È questa esasperata rincor-sa del nome, nel tentativo di illudere i tifosi, che irrita e intristisce i veri tifosi, perché sta a significare che la dirigenza milanista non ha ancora imparato alcu-na lezione dagli errori commessi negli ultimi anni.con quei soldi, sig. Presidente, si pos-sono prendere due, se non tre, ottimi giocatori che vadano a riempire i vuoti che esistono nella formazione e costitu-iscano la base per una vera e risolutiva rifondazione della squadra. Vorrei fare qualche nome, ma, non ritenendomi un esperto, mi limito a ribadire che per ri-conquistare la fiducia degli appassionati dei colori rossoneri, i vertici della socie-tà dovrebbero innanzitutto fare ordine al proprio interno e fare un bel bagno di umiltà, ammesso che conoscano il significato di questa parola, orgogliosi come sono. barbara berlusconi l'aveva capito e proclamato a chiare lettere ancora ai tempi di allegri. eppure, nem-meno suo padre sembra averle creduto. buon giorno e buon lavoro…Gianni, mail firmata

Non aggiungo altro, quoto ogni suo pensiero…

PREvISIOnI PROSSIMO CAMPIOnATOdirettore, siamo un gruppo di amici. La seguiamo sempre e le chiediamo un po’ di cose, se può farci la cortesia. Primo: chi vincerà il prossimo Scudetto? Il capocannoniere del prossimo torneo, chi andrà in cham-pions e chi se ne andrà in Serie b? Lo so, è difficile ma ci provi…Gianmarco, mail firmata

Alla faccia delle domande semplici… Poi adesso che manca una vita… Comunque, ci provo. Scudetto alla Juventus, seconda l’Inter, terza la Roma… Capocannoniere vado con Icardi… Retrocesse? Chievo, Carpi e Frosinone… Non me ne voglia nessuno, solo previsioni a caso…

JUvE IMBATTIBILEegregio direttore,le dico una cosa: mi piace come parla di calcio… Le dico anche che la Juventus vincerà ancora per tanti anni, almeno in Italia. Guardi al mercato. In un lampo ha fatto dybala, Khedira e Mandzu-kic… e le altre si ammazzano per Kon-dogbia che, fino a qualche settimana fa, sembrava il nome di un panino… non ci siamo, tutti dicono che la Juventus è da

seguire come modello ma nessuno lo fa e per questo continuano a perdere. Se non lo si era capito, sono bianconero da sempre.Luca, mail firmata

Concordo pienamente sulla questione “mercato Juve”. Marotta si sa muovere e lo fa sempre in fretta, senza aspetta-re niente e nessuno. Non sono d’accor-do su Kondogbia. Credo che questo, nome da panino a parte, sia un sicuro campione del futuro. L’ho visto gioca-re più volete e i numeri ci sono tutti… Vediamo come andrà a San Siro…

KOnDOGBIA vALE POGBA?direttore,sono un tifoso interista e devo ammet-tere che, finalmente, Thohir ha iniziato a fare sul serio. Sono molto curioso di vedere all’opera Kondogbia. Lo abbia-mo pagato tantissimo, secondo lei vale Pogba?Filippo, mail firmata

Kondogbia ha talento da vendere ma vediamo come si adatterà alla Serie A. Personalmente ritengo che Pogba sia di un’altra categoria ma posso anche sbagliarmi…

ROBERTO MANCINI GONzALO HIGuAíN ADRIANO GALLIANI MAuRO ICARDI SAMI KHEDIRA PAuL POGBA

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SOnOPARMIGIANO

DOC

FACCIA A FACCIA CON MAURI, GIOVANE GIOIELLO DEL CALCIO ITALIANO,

SICURO FUORICLASSE DEL FUTURO…

di cristina GUeRRI

foto nicola cIancaGLInI

COPERTInA

JOSé MAURI

COPERTInA / JOSé MAURI

GIOIELLO PuRONonostante sia

giovanissimo,Mauri è già un

fenomeno...

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COPERTInA / JOSé MAURI COPERTInA / JOSé MAURI

irettamente da Re-alicó, cittadina del-la Pampa, regione centralissima dell'Ar-gentina, è partita l'avventura di José Mauri. L'italo-ar-

gentino, il titolare più giovane di tutta la Seria A ha appena 19 anni e tutta una carriera calcistica davanti a sé. Ma la testa è quella di un veterano. "Tutto merito di donadoni, un 'vecchio' che mi piace".

Partiamo dalle radici. Come si viveva a Realicó?"bene, a me piace dire che lì ci sono più mucche che persone. Siamo circa 8mila abitanti, quindi ci conosciamo tutti in pratica. ci sono molti terreni da coltiva-re, ma mio padre aveva un negozio di autoricambi, mia mamma faceva la par-rucchiera e insegnava il folklore, un ballo argentino".

Quindi la danza rientra tra tue le pas-sioni? "diciamo di sì, che ci provo. Però oltre al calcio mi piace molto anche la boxe. La pratico da quando avevo 8 anni, secon-do mio padre è l'allenamento più com-

pleto che ci sia. Per fortuna a Realicó non mi è mai mancato niente, quindi dopo la scuola potevo dedicarmi al calcio. Mi al-lenavo un'ora al giorno con una squadra che si chiama Ferro (sui parastinchi por-ta la foto dello stemma, ndr), poi pas-savo il resto del pomeriggio al campetto di quartiere con gli amici".

Perché dedicare così tanto tempo al calcio?"Per mio fratello maggiore. adesso ha 26 anni, ma in passato ha giocato anche nella massima serie del campionato ar-gentino (due presenze, ndr). Mio fratel-lo è il mio modello, io ho cercato solo di imitarlo. Lui aveva di sicuro più qualità di me, io forse più determinazione. Quando

voglio una cosa faccio di tutto per pren-dermela".

Dopo il Ferro quali altre maglie hai vestito?"dopo due anni al Ferro sono andato a giocare in una squadra più competitiva, il Talleres de Huinca, a poco più di 20 chilometri da casa mia. ci sono rimasto altri due anni, poi sono passato al Recreo de Santa Rosa. Ho anche fatto un'espe-rienza in cile, all'età di 12 anni. parteci-pai a due tornei con una squadra filiale dell'argentinos Juniors, uno dei tanti club di buenos aires. dopo avrei potuto tra-sferirmi proprio lì, ma mio padre pen-sava che fossi troppo piccolo per vivere in una città come buenos aires. anche io pensavo che non mi avrebbe fatto male crescere un altro po' a casa. e invece...".

Invece è arrivata l'Italia…"Sembra impossibile, ma è stato tut-to molto facile. Il figlio dello scout che voleva portarmi all'argentino Juniors giocava in Italia e parlando con l'amico dino zampacorta, quello che adesso è il mio agente, venni segnalato a lui. Gra-zie a queste due persone arrivai in Italia, nell'agosto del 2009, per un provino al brescia. Però nel frattempo ero tornato

D “”NoN mi seNtouNo straNieroiN italia.

ViVo iN italia da taNti aNNi. mi seNto uN

parmigiaNo doc

VOGLIA DI STuPIREMauri sta

letteralmentebruciato

le tappe...

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in argentina, e a dicembre venni notato da antonello Preiti del Parma. a marzo del 2010 ero quindi di nuovo in Italia, per sostenere un altro provino. ad ago-sto dell'anno successivo ero un giocatore del Parma".

Con i genitori al seguito?"Mi hanno accompagnato, ma poi non ho voluto che restassero con me. non mi sembrava il caso che tutta la famiglia affrontasse un cambio così radicale, so-prattutto per mia sorella, che all'epoca aveva soltanto 11 anni".

è stata dura?"Facile non di certo. Ma grazie all'aiuto di alcune persone, tra cui zampacorta e la famiglia Martinez, mi sono sentito più al sicuro. non mi vergogno ad ammetterlo, ma avevo di tutto: vestiti, soldi, mangia-re. I Martinez, argentini come me, hanno due figli con cui giocavo a calcio. Ero come un figlio, stavo sempre con loro".

E i primi approcci al calcio italiano?"Stavo bene, anche se non potevo gioca-re perché non avevo ancora il passapor-to italiano. dopo gli allievi nazionali con annoni ho giocato con la Primavera di cristiano Lucarelli e vincendo il campio-nato. Ma tra le altre persone che mi hanno fatto sentire a casa c'è lo zio Francesco Palmieri, il responsabile del settore gio-vanile del Parma. Lo chiamo così perché di genitori se ne hanno due, di zii no. Lui ha sempre avuto fiducia in me, certo ogni tanto lo facevo arrabbiare tanto che do-veva mettersi le mani in tasca per non ce-dere alla tentazione di darmi una zuppa".

A proposito di passaporto. Dopo qualche presenza con il settore gio-

“” io ho deitatuaggi, macerco di

coprirli cosìNoN mi può fare la ramaNziNa. ora Ne ho fatto uNo

sul polpaccio…

vanile della nazionale non sei stato più chiamato per problemi burocrati-ci. nel frattempo hai scelto con quale maglia giocherai qualora dovessi es-sere chiamato a rispondere?"Per il momento non mi ha chiamato nessuno, quindi resto tranquillo. Sincera-mente questa situazione non rappresenta un problema. Però mi ha dato fastidio quando tempo fa un giornalista argen-tino mi chiese che effetto facesse vestire la maglia diversa rispetto alla propria nazionalità. ci rimasi male".

Perché?"I miei genitori sono entrambi argentini, ma i miei nonni sono italiani e io vivo in Italia da ormai tantissimo tempo. non mi sento uno straniero in Italia. Mi sento un parmigiano doc. conosco la città come le mie tasche, e so come ragionano i miei concittadini. Poi, ripeto, la nazionale è un altro discorso, ma c'è tempo per af-frontarlo".

Torniamo a chi ha contribuito al tuo adattamento al calcio italiano."Faccio il nome di Fausto Pizzi. È stato un ottimo calciatore e adesso è un bravissi-mo allenatore. Voleva sempre un tocco di palla, massimo due. Ho imparato a ragionare più velocemente e a compren-dere le situazioni di gioco. Poi c'è dona-doni...".

Il mister merita un capitolo a parte…"assolutamente. diciamo che donadoni mi ha dato la cosiddetta mazzata fina-le. Mi ha fatto diventare un calciatore, di testa. Sul campo, sotto il profilo tecnico avrò ancora molto da imparare e capi-re, ma la mentalità che mi ha inculcato il mister mi ha fatto crescere molto. basta

“”“”PASSIONE TATuAGGIA volte linascondema ne vadavvero fiero

COPERTInA / JOSé MAURI COPERTInA / JOSé MAURI

doNadoNi?mi ha cambiato il ruolo eora soNo più duttile, posso

ricoprirequasi tuttii ruoli

del ceNtrocampo

un suo sguardo per capire se faccio una cosa giusta o sbagliata. non penso sia una persona dura, ma si impegna a te-nere le distanze con i calciatori. Gli piac-ciono le persone responsabili, senza tanti grilli per la testa".

Come i tatuaggi e gli orecchini..."Sotto questo aspetto è un po' all'antica, e fa bene ad esserlo. Io ho dei tatuaggi, ma cerco di coprirli così non mi può fare la ramanzina. Poco fa ne ho fatto uno sul polpaccio, con i calzini lunghi lo posso coprire bene. anche se con il caldo sof-frirò un po'".

nel frattempo sono già due stagioni in Serie A. Chi, nello spogliatoio, ti è stato più vicino?"Ho avuto la fortuna di allenarmi con calciatori di importanza mondiale e in un certo senso tutti hanno contribuito alla mia crescita. anche se se ne è andato via lo scorso gennaio faccio il nome di Gabriel Paletta. Per donadoni sarebbe il calciatore perfetto. Mai una parola fuori posto, mai un gesto inappropriato. ogni tanto lo vedo ancora in Italia, ci vediamo a casa sua con altri amici e prepariamo una bella cena di asado. Per me è stato un vantaggio vivere vicino a lui. Veniva a prendermi e andavamo insieme allena-mento; arrivavo sempre in anticipo, cosa che donadoni apprezza".

Paletta sembra un po' il contrario di Cassano…"anche io sono diverso rispetto a Palet-ta, ci tengo a precisarlo. cassano non è difficile da prendere, è una persona di cuore. Magari alle persone non piace ascoltare la verità, cosa che comunque lui dice sempre. Quello che gli passa per

la testa lo tira fuori, è più forte di lui. con lui mai avuto un problema. anzi in campo mi chiedeva sempre di passargli la palla dicendomi che sarebbe stato più facile per tutti. Mi chiedeva personalità, credo di averlo accontentato".

Che idea ti sei fatto di Leonardi e Ghi-rardi?"Penso che in un certo senso abbiano fat-to bene a noi calciatori. Perché da tutta questa spiacevole situazione è emerso un aspetto importante, che forse non tut-ti capiscono. ovvero che noi calciatori siamo persone vere, a prescindere da chi è andato via e da chi invece è rimasto. Siamo tutti cresciuti dal punto di vista umano, sia io che Lucarelli che ne ha 38 abbiamo imparato molto. Poi potrei dire che hanno rovinato una realtà bellissima come quella del Parma, hanno messo in difficoltà diverse persone. Potremmo scri-vere un libro con tutto quello che hanno fatto queste due persone, meglio lasciar perdere e aspettare che la giustizia fac-cia il suo dovere e che tutti paghino per gli errori commessi, anche se forse non si rendono nemmeno conto di quello che hanno combinato".

Pensi che avresti giocato titolare sen-za il caos Parma?"Ho iniziato a giocare titolare alla quarta giornata, i problemi con la società sono iniziati qualche tempo dopo. ad agosto sono andati via tanti giocatori, vedi per esempio Marchionni, quindi penso che avrei trovato comunque spazio. a livello personale non posso che essere conten-to, anche se un dubbio mi rimane. Fosse filato tutto liscio come l'olio, e il Parma avesse ripetuto la stagione scorsa, forse avrei potuto rendere ancora di più".

Donadoni ti ha anche cambiato ruolo."avevo sempre giocato davanti alla difesa, non mi vedevo da altre parti e quindi all'inizio ho fatto un po' fatica quando donadoni ha deciso di spostar-mi nel ruolo di interno. non saprei dire se mi ha cambiato per esigenze tattiche o tecniche, sta di fatto che adesso sono più duttile, posso ricoprire quasi tutti i ruoli del centrocampo. Ha avuto ragione il mister, anche perché il mediano è un ruolo difficile e forse non avevo la giusta esperienza per farlo. e ringrazio ancora donadoni, perché questo cambiamento non mi ha messo mai in difficoltà, è stata

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COPERTInA / JOSé MAURI COPERTInA / JOSé MAURI

“HA FATTOTUTTO LUI”Di Cristina GuerriPREITI RACCONTA LA VELOCE CONSACRAzIONEDEL GIOVANE MAURI…

osé Mauri? non è stato merito mio, ha fatto tutto lui". Antonello Preiti, responsabile dell'area tecni-ca al Parma, ripercorre per noi le tappe della sco-perta del giovane centrocampista italo-argentino.

"Mi son serviti 10 minuti per capire di che pasta era fatto il ra-gazzo. dissi subito al mio scout che mi erano bastati per vedere che c'era qualcosa di buono, anzi speciale in lui. Si giocava in un campetto alla periferia di buenos aires, e le due squadre erano composte da tutti classe '91, e lui che è del '96 era quindi il più giovane". Piccolo fuori vista la statura, grande dentro. "Fisica-mente poteva ricordarmi Mascherano. Ha una struttura molto pic-cola, ma era leggero nel tocco di palla, bravo sia col piede destro che col mancino. e aspetto molto importante è la testa. In campo comandava, si vedeva che aveva personalità da vendere. Il fatto di essere partito per l'Italia, poi, lo ha responsabilizzato ancor di più. di testa dimostra più anni rispetto a quelli che ha". Un talento da preservare. Anche se il futuro al Parma è tutt'altro che scon-tato. "non sono in grado di capire quello che potrà succedergli da qui a poche settimane. Il consiglio che mi sento di dargli è quello di continuare a giocare. non importa se dovrà scendere di cate-goria, basta che continui ad allenarsi con lo stesso impegno e la

stessa costanza. donadoni? Lui e il suo staff premevano da tempo per portarlo in prima squadra, e José si è fatto trovare pronto. Ha saputo sfruttare il momento particolare della società e ripagato la fiducia del mister e dei compagni di squadra".

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LA CARRIERA DI MAURIStagione Squadra Campionato Totale

Comp Pres Reti Pres Reti

2013-2014 Parma A 2 0 3 0

2014-2015 Parma A 31 2 31 2* Dati aggiornati al 14/6/2015

OBIETTIVI IMPORTANTISiamo solo all'inizioma il futurosarà roseo...

“TANTESCOMMESSEPERSE”Di Cristina GuerriPAROLE AL MIELE DA PARTE DI zAMPACORTA, AGENTE DELFENOMENO DEL PARMA

utor, padre putativo, amico di José Mauri. Parla Dino zampacorta, agente del centrocampista argentino del Parma, da oltre 25 anni nel mondo del calcio con la passione per scoprire giovani talenti. “La pri-

ma volta che ho visto José aveva 13 anni e mezzo. Parlava poco, perché a lui piacciono soprattutto i fatti, ma quando lo faceva sembrava avesse 10 anni in più”. zampacorta confessa di aver perso tante scommesse con il ragazzo. “Facemmo una scommes-sa, persa volentierissimo, sul suo esordio in Serie a . Io dicevo che lo avrebbe fatto a 18 anni, lui ha avuto ragione esordendo a 17. Ma lui fin da ragazzino sapeva già quello che voleva e quello che avrebbe ottenuto. e' determinato, intelligente e scaltro”. zampa-corta si sofferma poi sul rapporto coi genitori. “In argentina si vive con una passione sfrenata il calcio, quindi i genitori di José non hanno esitato a lasciarlo partire per l'Italia, anche se così giovane”.

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ANTONELLO PREITI

JOSé MAuRI CON LA MAGLIA DEL PARMA

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una cosa del tutto naturale". Un voto alla prima, vera stagione in Serie A?"non sono bravo a giudicarmi, lo fanno gli altri. Secondo alcuni giornali ho una media del 6.11, quindi pienamente suffi-ciente. L'obiettivo è quello di migliorare, anno dopo anno".

vorresti diventare come il tuo idolo Mascherano?"Ha tantissime qualità che mi piacciono. Mi ispiro a lui, lo studio, cerco di ripetere i suoi movimenti, le sue entrate, il suo toc-co. Mi piace la sua cattiveria".

In Italia non ti ispiri a nessuno?"ci sono tantissimi calciatori a cui vorrei assomigliare. chi non vorrebbe avere il modo di calciare di Pirlo, gli inserimenti di Marchisio, la tecnica di Pogba, la grin-ta di Vidal...".

C'è tempo per crescere e migliorare. Specie se si hanno forse ancora 15 anni di carriera davanti…"Sono tanti, la strada è lunga, quindi non ho fretta. Spero solo di avere la stessa voglia di giocare che Lucarelli sta dimo-strando a 38 anni".

Al di là di quello che succederà al Par-ma pensi che l'Italia sia il Paese giu-sto per giocare a calcio?"come mi sono abituato all'Italia posso tranquillamente abituarmi a un altro pa-ese. certo, qui sto bene, ma se dovesse arrivare la possibilità di andare all'estero la prenderei in considerazione".

Ti piace viaggiare? "Ho viaggiato poco per il momento. L'anno scorso sono stato a Parigi con

l'ormai ex fidanzata".

Girano video dove ti chiedeva di tor-nare insieme..."Sì, come ho detto sono uno spontaneo. ci eravamo lasciati e per riconquistarla feci l'appello in televisione. Poi la nostra storia è finita lo stesso".

Piani per l'estate?"Torno a Realicó, dalla famiglia e gli amici".

Come vive un calciatore di Serie A di soli 19 anni?

"Sono normalissimo, non sono affatto ricco. Faccio le stesse cose di quando avevo 14 anni, ovvero lunghe passeg-giate, bowling, cinema, Go Kart. Vivo da solo, ma con la cucina non me la cavo un granché. Per fortuna vicino casa mia c'è il ristornate del mio amico alfonso. Sono sempre da lui, in pratica".

In Italia andavi a scuola?"ci ho provato, la prima volta son durato una settimana, l'anno dopo sei mesi. Ma poi ho avuto un problema con una pro-fessoressa. Trovai un compito che avrem-mo dovuto svolgere e l'ho passato a tutta la classe; la cosa è venuta fuori e sono stato costretto a lasciare, anche se poi a quella professoressa restavo simpatico. al di là di questo episodio dispiace non avere finito la scuola. Questa non è una frase di circostanza, lo credo davvero. Sarebbe per esempio importante impa-rare bene a fare i conti, perché molto spesso i calciatori si affidano a persone e non pensano minimamente alla fine che fanno i soldi. non dico che sono andati in mezzo a una strada, ma molti miei col-leghi hanno buttato via molto denaro".

“”mascheraNo? mi ispiro a lui, lo studio, cerco

di ripeterei suoi moVimeNti,le sue eNtrate,il suo tocco

COPERTInA / JOSé MAURI

Intervista di Cristina GuerriThe UEFA and EURO 2016 words, the UEFA EURO 2016 Logo and Mascot and the UEFA EURO Trophy

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SPECIALE

I 100 COLPI DELLA SERIE A

SPECIALE / I 100 COLPI DELLA SERIE A

TUTTI I BOMBER DEL MERCATO

DALL’INOSSIDABILE IBRAHIMOVIC ALLA GIOVANE PROMESSA IHEANACHO, GLI ATTACCANTI DOMINANO LA SCENA…

è vero: le difese fanno vincere i campionati ma gli attaccanti fanno vendere i biglietti. Non c’è ruolo nel calcio che affascini mag-giormente di quello del bomber. Loro sono quelli che fanno gol, quelli che ti portano alla vittoria. Normale che, durante il calcio-mercato, siano i più ricercati in assoluto. Chi

ha soldi da spendere, solitamente si butta su centravanti di primissimo livello, i classici Top Player. Altri, con le casse meno rigogliose, privilegiano bomber in cerca di riscatto o giova-nissimi da far crescere. Si cerca il colpaccio, sperando che, sul campo, non si trasformi in un bidone…

POChI E DIFFICILI, I TOP PLAYERChiaramente, il sogno di ogni presidente è di avere, in rosa, un top player. In circolazione, purtroppo, ce ne sono pochis-simi e tutti costosissimi. Si pensi ad Higuain. Vale non meno

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di 60 milioni di euro (De Laurentiis ne ha chiesti addirittura 100). Anche i vari Cavani, Aguero e Di Maria non vengono via a tanto meno… Forse per questo, un certo Ibrahimovic, top player assoluto, nonostante non sia più giovanissimo, resta un nome da tener presente. Vero, il PSG lo ha confermato ma, se proprio si vuole fare una follia, zlatan potrebbe essere la soluzione ideale. Tanti soldi a lui ma prezzo del cartellino, tutto sommato, Ibrahimovic. Stesso discorso per Jovetic. Il fatto che al City, soprattutto nell’ultima stagione, abbia fatto più lo spet-tatore che il giocatore (cinque reti in sole 26 presenze totali), non significa molto. Il montenegrino ha i numeri del fuoriclasse assoluto e, quindi, vale un sacrificio. Qualche dubbio su Lamela. Alla Roma aveva incantato, al Tottenham molto meno (sei reti in due stagioni). L’età (classe 1992) pende dalla sua parte, inve-stire 30 milioni potrebbe essere un azzardo esagerato, anche per chi ha liquidità in abbondanza. Piuttosto meglio virare su un altro argentino. Anche lui già applaudito nel nostro calcio

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Zlatan IbrahImovIć

GONzALO HIGuAíN

SEMPRE IBRAGli anni passano, la classe resta

di Fabrizio PoncIRoLI

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SPECIALE / I 100 COLPI DELLA SERIE ASPECIALE / I 100 COLPI DELLA SERIE A

cisamente più giovane ma altrettanto intrigante è Immobile. Non bisogna farsi ingannare dall’annata no a Dortmund, Ciro ha già dimostrato, sia a Pescara che a Torino, di avere un fe-eling particolare con il gol. Basta dargli fiducia e tutto andrà per il meglio. Continuità è la parola magica per Llorente. 30 anni, integro fisicamente e con uno spirito di sacrificio con pochi eguali. Alla Juventus fatica ad avere lo spazio che vorrebbe, altrove sarebbe il bomber di riferimento (ad un prezzo modi-co). Copia e incolla per Pazzini. Da poco entrato nella ristretta categoria dei Centenari del gol in Serie A, il Pazzo sogna di tornare titolare e di diventare nuovamente implacabile in area di rigore, come la sua carriera insegna. Maxi Lopez e Pinilla sono meno gettonati, eppure, anche loro, i gol li hanno sempre fatti… Tuttavia, il vero gioiello sarebbe Van Persie. Nonostan-te continui a ripetere di voler restare allo United, è chiaro che, al cospetto di un progetto intrigante, l’olandese ci farebbe un pensierino. È passato dai 30 gol della sua prima stagione ai Red Devils, a soli 10 reti lo scorso anno. A 32 anni è ancora letale in zona gol e in grado, da solo, di fare reparto. Un af-fare, senza dubbi…

(a Napoli), Lavezzi resta un nome altisonante, di quelli che eccitano le folle. Il PSG potrebbe anche lasciarlo partire, de-cisiva la sua volontà… Altro attaccante di grande interesse è Dzeko. Come Jovetic, pare pronto a rimettersi in gioco altrove. Al City non è certo di essere una pedina importante, potrebbe diventare una grande occasione da prendere al volo. Come lo è Mandzukic, non a caso, sin dai primi giorni di mercato, obiet-tivo di mezza Europa e subito blindato dalla Juventus, eccezio-nale nell’accaparrarsi le migliori opportunità del mercato…

USATO SICURO, GARAnZIA CERTASe i top player sono troppo impegnativi, si può sempre rime-diare su quei giocatori che, per loro parlano i numeri, sono garanzia assoluta di gol. Se Toni è diventato capocannoniere del nostro torneo a 28 anni, c’è una speranza per tutti. Ed è per questo che uno come Drogba (un anno più giovane di Toni) potrebbe essere un colpaccio assoluto. La sua carriera è fonte di ispirazione per tanti giovani attaccanti (268 gol in 639 gare da professionista). Ha voglia di divertirsi, trovasse la piazza giusta, sarebbe un valore aggiunto incredibile. De-

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100 ATTACCANTI DA CALCIOMERCATOGIOCATORE NAzIONE QUOTAzIONE

aguero ARGENTINA 60arda Turan TURCHIA 25

aubameyang FRANCIA 20ayew GHANA 0bacca COLOMBIA 30

balotelli ITALIA 15belfodil ALGERIA 0benteke BELGIO 20benzema FRANCIA 25berardi ITALIA 30

bergessio ARGENTINA 5boateng GHANA 0borini ITALIA 10

brahimi ALGERIA 40calhanoglu TURCHIA 18

callejon SPAGNA 20carrasco BELGIO 20cassano ITALIA 0cavani URUGUAY 50cerci ITALIA 10comi ITALIA 5cop CROAzIA 8

cuadrado COLOMBIA 30damiao BRASILE 20

de bruyne BELGIO 30defrel FRANCIA 10

deloufeu SPAGNA 20destro ITALIA 15

di Maria ARGENTINA 60douglas costa BRASILE 25

doumbia COSTA D'AVORIO 15drogba COSTA D'AVORIO 0

duvan zapata COLOMBIA 10dzeko BOSNIA 25eder ITALIA 10

embolo SVIzzERA 15Fischer OLANDA 15

Gervinho COSTA D'AVORIO 10Gignac FRANCIA 0Gomez GERMANIA 15

Granoche URUGUAY 5Guedes PORTOGALLO 12

Guerreiro PORTOGALLO 12Guidetti SVEzIA 6

Hernandez MESSICO 10Higuain ARGENTINA 60

Hirving Lozano MESSICO 12Honda GIAPPONE 10Ibarbo COLOMBIA 15

Ibrahimovic SVEzIA 10

GIOCATORE NAzIONE QUOTAzIONEIheanacho NIGERIA 10Immobile ITALIA 15

Isco SPAGNA 30Jesè SPAGNA 20

Jovetic MONTENEGRO 20Kane INGHILTERRA 40

Kerzakhov RUSSIA 15Kishna OLANDA 20

Konopljanka UCRAINA 15Lamela ARGENTINA 30Lavezzi ARGENTINA 15

Leandro damiao BRASILE 15Llorente SPAGNA 10Lukaku BELGIO 30

Mandzukic CROAzIA 15Marcos Guilherme BRASILE 12

Marilungo ITALIA 5Martial FRANCIA 10Mastour MAROCCO 15Mauri ARGENTINA 12

Maxi Lopez ARGENTINA 5Menez FRANCIA 10Meyer GERMANIA 15

Mitroglou GRECIA 10Mkhitaryan ARMENIA 20

M'Poku RP CONGO 8negredo SPAGNA 15okaka ITALIA 15oscar BRASILE 25

osvaldo ITALIA 10Pato BRASILE 10

Pavon ARGENTINA 10Pazzini ITALIA 0Pellé ITALIA 10

Perisic CROAzIA 15Pinilla CILE 5Pizarro PERU' 5Pjaca CROAzIA 15

Podolski GERMANIA 5Rabiot FRANCIA 25Reus GERMANIA 30Salah EGITTO 15

Sneijder OLANDA 12Soldado SPAGNA 15Sterling INGHILTERRA 35

Van Persie OLANDA 5Vietto ARGENTINA 20

Walcott INGHILTERRA 20Yilmaz TURCHIA 18zaza ITALIA 15

EzEquIEL LAVEzzI

KEVIN PRINCE BOATENG

DIDIER DROGBA

GIAMPAOLO PAzzINI

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SPECIALE / I 100 COLPI DELLA SERIE A SPECIALE / I 100 COLPI DELLA SERIE A

I TRASFERIMEnTI PIù COSTOSI DI SEMPREPosizione Giocatore Da A Milioni Anno

1 Gareth Bale Tottenham Hotspur Real Madrid € 100 20132 Cristiano Ronaldo Manchester United Real Madrid €94.4 20093 Luis Suárez Liverpool Barcellona € 94 20144 James Rodríguez AS Monaco Real Madrid €79.5 20145 Ángel Di María Real Madrid Manchester United € 75 2014

zinedine zidane Juventus Real Madrid € 75 20017 Zlatan Ibrahimović Inter Barcellona € 69 20098 Kaká Milan Real Madrid € 65 20099 Edinson Cavani Napoli Paris Saint-Germain € 64 2013

10 David Luiz Chelsea Paris Saint-Germain €62.6 201411 Luís Figo Barcellona Real Madrid € 62 200012 Radamel Falcao Atlético Madrid AS Monaco € 60 201313 Fernando Torres Liverpool Chelsea € 58 201114 Hernán Crespo Parma Lazio €56.5 200015 Carlos Tevez Manchester United Manchester City € 53 200916 Mesut Özil Real Madrid Arsenal € 50 201317 Rui Costa Fiorentina Milan €49.7 200118 Gaizka Mendieta Valencia Lazio € 48 200119 Ronaldo Inter Real Madrid € 46 200220 James Rodríguez Porto AS Monaco € 45 2013

Gianluigi Buffon Parma Juventus € 45 200122 Hulk Porto zenit €44.7 201223 Lucas Moura São Paulo Paris Saint-Germain € 45 201324 Sergio Agüero Atlético Madrid Manchester City € 45 201125 Juan Mata Chelsea Manchester United €44.8 2014

Rio Ferdinand Leeds United Manchester United €44.8 200227 Thiago Silva Milan Paris Saint-Germain €44.4 201228 Alexis Sánchez Barcellona Arsenal € 44 201429 Andriy Shevchenko Milan Chelsea €43.78 200630 Christian Vieri Lazio Inter € 43 1999

* Dati aggiornati alla stagione 2014

JO-JO, CHE NuMERITalento purissimo per il montenegrino

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Stevan JovetIć

lare categoria abbiamo il nostro favorito: Defrel. A Cesena, nonostante la stagione negativa, si sono accorti tutti del baga-glio tecnico di questo 24enne dal sangue francese. Attaccante atipico, in grado di giocare anche da trequartista, ha numeri d’alta scuola. Nel contesto giusto, potrebbe esplodere e diven-tare un crack. Prenderlo adesso potrebbe rivelarsi un colpo da mille e una notte…

In CERCA DI RISCATTOE veniamo a chi, invece, cerca la redenzione. La lista è lunga, tanti coloro che sono caduti in disgrazia (alcuni per proprie col-pe, altri no) e che ora rincorrono la luce. Apriamo le danze con Cassano. Dallo scorso gennaio, dopo aver rescisso con il Par-ma, è fermo. Ma, fidatevi, FantAntonio non è il tipo che molla. Ha voglia di tornare in sella. A 33 anni si sente ancora abile e arruolato, con la giusta determinazione di rispondere, sul cam-

ChI MERITA LA GRAnDE OCCASIOnETutti meritiamo, almeno una volta nella vita, una grande oc-casione. Nel calcio, tuttavia, capita meno di quanto ci si possa immaginare. Ci sono talenti che hanno dovuto aspettare degli anni per esplodere e altri che non hanno mai potuto dimostrare il loro valore. Ecco, quindi, che i vari zaza e Berardi sperano che sia giunto il loro momento. Al Sassuolo hanno confermato di essere pronti per il salto di qualità. Made in Italy, hanno un obiettivo chiaro: far vedere a tutti che sono in grado di fare la differenza anche in un top club. Ci pensa, da tanto, anche Pellé. L’essere riuscito a vestire l’azzurro è un primo passo da rimarcare, ora sarebbe fantastico trovare la grande squadra che creda ciecamente in lui. Il patron Ferrero lo adora ma an-che Eder è nella stessa identica situazione di Pellé. A Genova è esploso, normale che ora abbia in agenda il sogno di misurarsi in una società di primissimo livello. Anche in questa partico-

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SPECIALE / I 100 COLPI DELLA SERIE A SPECIALE / I 100 COLPI DELLA SERIE A

poche primavere sulle spalle. In circolazione, di giovani di talen-to, ce ne sono diversi. Apriamo con il “nostro” José Mauri. Il fatto che gli abbiamo concesso di apparire nella cover del nostro/vostro giornale, la dice lunga su quanto crediamo in lui e nelle sue capacità. Un diamante grezzo, da non lasciarsi scappare. Di un anno più giovane (classe 1994) è Berardi. Anche in questo caso, la Juventus, di fatto, lo controlla e fa più che bene. Quando uno riesce a segnare 31 gol nelle sue prime due stagioni in Serie A, allora significa che ha talento da vendere. Classe cristallina che scorre anche nelle vene di Giovanni Simeone. Figlio del tec-nico dell’Atletico Madrid, il 20enne bomber argentino del River Plate ha dimostrato di essere pronto per il grande salto all’ul-timo Mondiale Sub 20 dove si è laureato capocannoniere con nove reti. Sempre del 1995 è anche Marcos Guilherme, stellina in forza all’Atletico Paranaense. Non altissimo (172 cm), ha un controllo di palla leggendario. Ci spostiamo poi in Messico, dove sarebbe stato meglio muoversi in fretta per Hirving Lozano. El Chucky (suo soprannome), dopo aver incantato con la casacca del Pachuca, è passato al PSG che, comunque, potrebbe an-che cederlo (in prestito) per farlo maturare. Un’occasione da non perdere. Discorso simile si può fare per Iheanacho. Miglior giovane africano del 2013 (è un classe 1996), è di proprietà del Manchester City che, tuttavia, davanti ad un progetto di crescita affidabile, potrebbe anche lasciarlo andare (sempre in prestito). Altra chance da cogliere al volo è quella che porta il nome di Guedes. Classe 1996, è già talmente noto in Porto-gallo che il suo agente è un certo Jorge Mendes (lo stesso che segue Cristiano Ronaldo). In tanti credono ciecamente anche in Gaston Pereiro. In grado di giocare in ogni ruolo in attacco, ha segnato cinque reti nell’ultimo Sub 20, confermando una cresci-ta esponenziale. Il Nacional lo considera il nuovo Recoba (suo idolo). Se, invece, si vuole puntare su giovani stelle della Bun-des, Calhanoglu e Meyer sono due nomi da tener presenti…

po, a chi lo considera pronto per l’archiviazione. Cassano è in buona compagnia. Boateng, ex stella del Milan, ha la stessa motivazione. Allo Schalke l’hanno dipinto come uno scansafati-che, potrebbe impiegare la rabbia accumulata per far felice qualche allenatore. Sempre in ottica Diavolo, da seguire con attenzione i nuovi sentieri che attendono Destro e Cerci. Vole-vano diventare grandi in rossonero, ora sono costretti a rim-boccarsi le maniche per zittire tutti coloro che li hanno criticati. Destro sa che è questo il momento per svoltare, stesso pensiero dell’ex fantasista del Torino. Ma ci sono due “personaggi” che, probabilmente, hanno più fame di vendetta di tutti: Osvaldo e Pato. Partiamo dal primo, croce e delizia di ogni allenatore. A 29 anni, l’italo/argentino ha già indossato le maglie di 11 club diversi. Gol indimenticabili ma anche scenate assurde. Al Boca, sua ultima destinazione, pareva aver trovato la sua dimensio-ne. Tutto falso, tutto da rifare. Il Southampton, proprietario del cartellino, non lo vuole vedere neanche di striscio. Un ribelle difficile da gestire ma dall’indubbio fascino. Poi c’è il Papero. Sembra trascorsa una vita dal giorno del suo addio al Milan (gennaio 2013). Tornato in Brasile, non ha deluso sia in ma-glia Corinthians che San Paolo. Tuttavia, il richiamo dell’Italia è troppo forte. Pato, da noi, stava bene, normale che sia sempre connesso con il Bel Paese. In tanti si dimenticano che, in fin dei conti, parliamo di un classe 1989, quindi di un giocatore che ha ancora tanto da dare. Vitale che sia motivato e coccolato…

GIOvAnI DI PROSPETTIvA…Ci sono, infine, i giovani prospetti, ossia coloro che hanno iniziato a far intravedere il loro talento ma che, ad onor del vero, sono ancora delle vere e proprie scommesse. La Juventus è un club molto attento ai giovani campioni, lo conferma l’affare Dybala. Ma tante altre società italiane hanno capito che, per fare cassa in futuro, conviene puntare i propri quattrini su giocatori dalle

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MARIO BALOTELLI

PAuLO DyBALA JOSé MAuRI

DALLE STELLE ALLE STALLEIl Balo non è più un re del mercato...

BALO, ULTIMA ChIAMATA?Di Fabrizio PonciroliDA UOMO MERCATO A CAMPIONE DIMENTICATO, LA TRISTE PARABOLA DI SUPERMARIO…

Dalle stelle alle stalle, metaforicamente parlando. A soli 25 anni, Balotelli ha già vissuto, a livello di calcio-mercato, tantissimi momenti di pura esaltazione. Il pri-

mo “colpo da mille e una notte” arriva nell’agosto del 2010. A soli 20 anni, passa dall’Inter al Man-chester City per ben 28 milioni di euro, un’e-normità per un ragazzino così giovane (seppur intriso di talento grezzo). Passano meno di tre anni e, nel gennaio del 2013, il nome di Ba-lotelli torna d’attualità. Calciomercato inver-nale impazzito alla notizia del suo ritorno in Italia, al Milan, per circa 20 milioni di euro. L’idillio con il Diavolo dura meno del previ-sto. Nell’estate del 2014, si torna a parlare solo di SuperMario (e Raiola). Altro trasfe-rimento, questa volta al Liverpool, sempre per circa 20 milioni di euro. Tre momenti top che rischiano di restare gli unici della car-

riera di Balotelli. A 25 anni, la sua storia di grandezza pare essere già giunta al capolinea. Nessuno, in questa afosa finestra di mercato, parla di lui. O, meglio, se ne parla ma in tono minore. Il grande SuperMario conteso da, con tutto il rispetto, squadre di media gran-dezza italiana e turca… Come è possibile? Semplice, sono le leggi del mercato, anzi, del calciomercato. Raiola, solo 12 mesi fa, dichiarava: “Il Liverpool è l’ultima spiaggia per balotelli. Mario ha 24 anni. non ha più l’alibi dell’età”, le sue parole al Corriere. Parole profetiche, purtroppo in senso ne-gativo per l’ex bomber della Nazionale. Ai Reds è andata male e, ora, più nes-

suno bussa alla sua porta (o meglio alla porta di Raiola) per proporre

l’accordo del secolo. Per fortuna, va sempre ricordato, che la gio-stra non smette mai di girare. Il calciomercato è una bestia strana, di quelle che si pos-sono svegliare da un minuto all’altro. Non è detto che, un giorno, magari anche prima di questa finestra di mercato, qualcuno si de-cida a fare la pazzia e far tornare SuperMario protagonista assoluto del calciomercato. Ci manca il suo nome tra i colpi dell’estate…

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di Sergio STanco

InTERvISTA

FRANCESCO ACERBI

LA dOPPIETTAPIù BELLA

INTERVISTA ESCLUSIVACON FRANCESCO ACERBI,DIFENSORE DEL SASSUOLO

DuRO COME LA ROCCIAFrancesco Acerbi

ha sconfittoil tumoredue volte

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InTERvISTA / FRANCESCO ACERBI InTERvISTA / FRANCESCO ACERBI

uella di Francesco Acerbi, purtroppo, è una storia comune che, probabilmente, se lui non fosse stato un calciatore famo-so, non avrebbe ne-

anche fatto notizia. Ma poiché questa bellissima storia ha un lieto fine, e può anche essere d’aiuto per persone che vivono la stessa situazione, che da que-sta possono trovare la forza di lottare e non arrendersi, vale la pena di raccon-tarla. E Francesco l’ha fatto in un libro (Tutto Bene – La mia doppia vittoria sul tumore, scritto con il giornalista Alberto Pucci, edizioni Sperling&Kupfer).

Partiamo dal titolo del tuo libro: come nasce? “Nasce dal fatto che è finita tutto bene, che nonostante quello che ho passato, ora sono qui. Ho superato la malattia e ho ripreso a giocare a calcio. e questo è l’importante (sorride, ndr), per cui “Tutto bene””.

Com’è nata invece l’idea del libro e cosa ti ha convinto?“In tanti mi avevano proposto di scri-verlo, ma avevo sempre rifiutato, anche perché sono un tipo molto riservato. Poi, però, quando ho conosciuto alberto (Pucci, l’autore ndr) siamo entrati subi-to in sintonia e ho deciso di tuffarmi in quest’avventura, anche per mandare un messaggio a chi stava vivendo una situa-zione come la mia”.

Un’iniziativa che ha anche uno scopo benefico giusto?“Sì, perché parte del ricavato sarà desti-nato a Play For change, la charity soste-nuta da Football capital, la società che mi segue. altri ricavi saranno destinati al centro di oncobiologia Sperimentale dell’Università di Palermo e al San Raf-faele di Milano”.

Ora puoi rivivere con serenità i terri-bili momenti dell’annuncio: ti capita di ripensarci ogni tanto?“certo che sì, ci ripenso ogni volta che c’è qualche problema non così grave, che però mi fa arrabbiare. a quel punto penso a quello che ho passato e capisco che non ne vale la pena. dopo quello che mi è successo, vivo tutto con maggiore serenità. Guardarmi indietro e pensare a

quello che ho vissuto, mi dà una marcia in più per superare le difficoltà”.

Cosa ricordi di quel momento in par-ticolare e di quel periodo in generale?“La prima volta ricordo solo che mi ave-vano detto: “In un mese torni a giocare”. allora non l’ho presa poi così male. Mi son detto: “Mi opero e passa in fretta”. La seconda, invece, è stata più dura, pri-ma di tutto perché - anche se tecnicamen-te non lo era - era un po’ come se fosse una ricaduta. Poi c’era la chemioterapia da fare e all’inizio è stata davvero tosta, come possono testimoniare mia mamma e i miei familiari. I primi giorni l’avevo presa male, non mi si poteva parlare, vo-lavano telefonini (ride, ndr). Poi, però, quando ho capito come funzionavano i cicli e sapevo il giorno che sarei stato meglio, tenevo duro e passava in fretta”.

Com’è stato tornare a giocare la pri-ma e la seconda volta?“La prima volta niente di che, perché son rientrato come ero prima, senza partico-lare passione e convinzione. Ultimamente avevo perso un po’ di entusiasmo e, sì, giocavo, ma senza particolare traspor-to. La seconda, invece, dopo la chemio-terapia, è cambiato tutto, sono tornato ad essere il ragazzino che da giovane si divertiva, che non avrebbe mai smesso di giocare a pallone. È stato bello, per-ché mi sono reso conto di aver buttato al vento opportunità che in molti sognano e mi sono detto che non sarebbe più dovu-to accadere”.

E infatti non è più accaduto, tanto che è arrivato anche l’esordio in nazio-nale: è stata quella l’emozione più grande?“In quel momento ero molto orgoglioso di quello che avevo fatto per arriva-re fino lì. Forse più che esordire, mi ha emozionato l’atteggiamento di mister conte. Prima della partita, infatti, mi ha chiamato in disparte e mi ha detto:

“Ti ammiro molto, sei un ragazzo forte, ma io non ti ho chiamato per la malat-tia, ma perché sei bravo”. e già questo è stato bello, ma poi mi ha abbracciato, una cosa che sinceramente non mi aspet-tavo, tanto che ero un po’ imbarazzato. È stato un gesto che non dimenticherò. Il momento più emozionante in assoluto, invece, è stato quando mi hanno detto che potevo tornare a giocare. non tan-to quando son tornato in campo per le partite, ma proprio quando il medico mi ha dato l’idoneità e il primo allenamento con la squadra”. C’è stato un momento in cui hai ripen-sato a quello che ti era successo?“Ci penso ogni giorno, perché voglio ricordarmelo per evitare di perdermi come mi era accaduto prima di amma-larmi. Al Milan credevo di essere “arri-vato” e mi sono seduto. Ho dimostrato di non essere uno da Milan, prima con la testa e poi con i piedi. Adesso non mollo niente, la voglia di lottare ce l’ho dentro, nel DNA”.

In questi momenti si dice sempre che la famiglia sia fondamentale e che veramente capisci chi siano le perso-ne che ti vogliono bene: è stato così anche per te? E chi ti è stato particolar-mente vicino che vuoi ringraziare…“È vero, anche io ho fatto parecchia pu-lizia… (ride, ndr). Voglio ringraziare ovviamente la mia famiglia che mi ha sopportato nei momenti più difficili e poi gli amici che mi sono stati vicini. non è vero che nel calcio è difficile fare ami-cizia, basta selezionare quelle giuste: io ad esempio ho Paloschi, bonazzoli, mi-ster atzori…”.

GRAzIE AL CIELOun bacio a chi,

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In che modo il calcio ti ha aiutato a superare le difficoltà?“È stato fondamentale: guardavo tut-te le partite, soffrivo, volevo tornare in campo, mi dispiaceva non poter andare allo stadio. e poi andavo a tutti gli al-lenamenti della squadra come se dovessi parteciparvi anch’io. Mi sedevo a bordo campo ed era come se corressi a fianco ai miei compagni. Mi sono servite tan-to le loro pacche d’incoraggiamento, le parole del mister e di tutta la dirigenza. devo dire che tutto il Sassuolo con me è stato meraviglioso. Praticamente mi sono ammalato appena arrivato, ma loro non mi hanno mai fatto pesare questa cosa. anzi, sono sempre stati un grande sup-porto per me”.

C’è stato anche un aneddoto legato ad un tuo idolo da ragazzino, vero?“Sì, è vero, lo racconto anche nel mio li-bro. Un giorno ricevo una telefonata e dall’altra parte sento: “ciao, sono Geor-ge… George Weah”. all’inizio pensavo fosse uno scherzo, invece era tutto vero. È stato carinissimo, mi ha detto di tenere duro e che tutti stavano facendo il tifo per me”. Cosa ti ha insegnato o lasciato questa esperienza?“Mi ha insegnato tanto, come solo le brutte esperienze possono fare. adesso vivo sicuramente più alla giornata, non faccio programmi a lunga scadenza, do tutto quello che ho giorno dopo giorno e non voglio sprecare nemmeno un se-condo della mia vita. La malattia mi ha cambiato in meglio, mi ha dato valori che prima non avevo”.

Cosa, invece, ti fa ancora imbestialire?“non sopporto la gente che mi guarda negli occhi e mi fa: “come va? Ma stai bene ora?”. Mi verrebbe da rispondere:

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InTERvISTA / FRANCESCO ACERBI InTERvISTA / FRANCESCO ACERBI

TUTTO è BEnE...Di Sergio StancoUN LIBRO TOCCANTE, IL MANIFESTO DI CHI NON SI ARRENDE MAI…

utto bene – La mia doppia vittoria sul tumore è un libro che parla di determinazione, voglia di lottare, tenacia e forza d’animo. Partendo dal racconto della propria carriera – dalle giovanili del Pavia al Sassuolo, fino all’azzurro della Nazionale – Francesco Acerbi racconta, insieme ad Alberto Pucci, con grande emotività e trasporto la storia del suo

tumore, sconfitto per ben due volte. Il calciatore descrive i suoi primi passi da difensore, l’intenso rap-porto con il padre, il legame con una famiglia che gli è sempre stata accanto, le passioni e i momenti spensierati di un ragazzo innamorato del calcio. Riavvolgendo il nastro dei ricordi, torna a vestire tutte le maglie da lui indossate, compresa quella azzurra della Nazionale, conquistata con la stessa grinta con cui ha battuto due volte l’avversario più temibile. Tutto bene – La mia doppia vittoria sul tumore è il messaggio emozionante ed autentico di Francesco nei confronti di chi lotta ogni giorno contro una malattia che, se affrontata con coraggio e caparbietà, può essere sconfitta.

nOn MOLLARE MAI, In CAMPOE FUORI Di Stefano BenetazzoUNA CARRIERA SEMPRE DI CORSA E A TESTA ALTA…

QUELLIChE nOnMOLLAnO Di Renato MaisaniCI SONO STORIE CHE HANNOUN LIETO FINE BELLISSIMO…

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a Vizzolo Predabissi alla Nazionale passando per Chievo Verona, Milan e Sassuolo e da una brutta dop-pia storia di malattia che avrebbe abbattuto chiun-que. Francesco Acerbi, difensore classe ’88, ha mosso

i primi passi nelle giovanili del Pavia, esordendo in prima squa-dra nell’allora Serie C1, mettendosi in evidenza nel grande calcio con il Chievo, dopo l’esperienza positiva con la Reggina e quel-la fugace con il Genoa. Con il Grifone nel 2011-12 svolge la preparazione estiva prima di trasferirsi alla formazione clivense nello scambio con Constant; positivo l’esordio nella massima serie, coinciso con una vittoria per 2-1 sul Catania così come decisiva

è stata la prima rete ufficiale, nell’1-1 casalingo contro il Siena. L’ottima annata disputata non passa inosservata alla dirigenza del Milan che lo acquista nell’estate del 2012, dove Acerbi sce-glie la maglia numero 13 appartenuta ad Alessandro Nesta; la buona sorte sembra arridere al difensore visto che sia l’esordio in campionato che quello in Champions coincidono con due suc-cessi, contro Bologna (3-1) e Malaga (1-0) seppur con i rossoneri colleziona solo 6 presenze in 5 mesi, motivo che spinge Acerbi a fare ritorno al Chievo a gennaio 2013 dopo il riscatto dell’altra metà del cartellino da parte del Genoa ma la sua seconda av-ventura dura solo pochi mesi, fino a luglio 2013 quando viene acquistato dal Sassuolo neo promosso in Serie A. Durante le visite mediche però gli viene diagnosticato un tumore al testicolo: ope-rato d’urgenza viene dimesso in buona salute ma durante un test antidoping nel dicembre ’13 risulta positivo alla gonadotropina e sospeso. I controlli rivelano una ricaduta del tumore, ancora una volta sconfitto. In carriera vanta due gettoni in Nazionale: il primo con Prandelli e il secondo con Antonio Conte, convocato per le amichevoli contro Inghilterra e Albania. Una buona carriera per Acerbi, in cui spicca la vittoria più importante, quella con la vita. Soddisfazione più grande non esiste.

LA CARRIERA DI ACERBIStagione Squadra Campionato Totale

Comp Pres Reti Pres Reti

2005-2006 Pavia C1 1 0 3 0

2006-gen. 2007 Pavia C1 0 0 0 0

gen. 2007 Renate D 1 0 1 0

gen.-giu. 2007 Pavia C1 1 0 1 0

2007-2008 Spezia B 0 0 0 0

2008-2009 Pavia 2D 22 2 25 2

2009-2010 Pavia 2D 24+2 1 25 1

2010-2011 Reggina B 40+2 2 43 2

2011-2012 Chievo A 17 1 20 1

2012-gen. 2013 Milan A 6 0 10 0

gen.-giu. 2013 Chievo A 7 0 7 0

2013-2014 Sassuolo A 13 0 13 0

2014-2015 Sassuolo A 22 3 22 3

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vevo appena pubblicato un libro “Il valore speciale di un goal” (Urbone Publishing, 12 €), che parla di 15 storie di

atleti “tornati” alla vita (normale e pro-fessionale) dopo un periodo difficile. Così, quando abbiamo avuto l’occasio-ne di intervistare Acerbi, il collegamen-to è sorto automatico.La storia di Acerbi, infatti, può esse-re considerata come la “sedicesima” non inclusa nel libro. Anche la storia di Acerbi comprende un goal dal ‘valore speciale’, che non può che essere quello realizzato il 25 ottobre del 2014, con-tro il Parma. Un goal che, in un semplice gesto, cancella (o quasi) tutto ciò che il difensore lombardo è stato costretto a fronteggiare per 14 lunghissimi mesi. Prima del lieto fine.La lista di “Quelli che non mollano”, for-tunatamente, è lunga: proprio nelle ul-time settimane, un’altra storia ha fatto battere il cuore degli appassionati di calcio. È quella di Jonas Gutierrez, cen-trocampista del Newcastle e della Na-zionale argentina, costretto ad interrom-pere la propria carriera nel marzo del 2013. Tumore ai testicoli, è la terribile diagnosi che lo sconvolge. Jonas, però, non molla: il tumore viene asportato, ma meno di un anno dopo si ripresenta. Nuovamente chemioterapia, altre soffe-renze. Jonas, però, per tutti ‘el Galgo’, non si arrende e proprio come il levriero dal quale ha preso il soprannome, torna a correre: il 4 marzo, due anni dopo la terribile scoperta.. Ma non si acconten-ta. Gutierrez riesce persino ad andare oltre, mettendo la firma con un suo goal alla salvezza del Newcastle, proprio in occasione dell’ultima gara – decisiva – contro il West Ham.E vi ricordate di Ivan Klasnic? Goal a raffica con la maglia della Croazia e con quella del Werder Brema, prima dell’inatteso stop. Nel 2006 una disfun-zione renale lo costringe a fermarsi e

a sottoporsi ad un trapianto, eseguito qualche mese dopo. Pericolo rientrato? Macché. Il corpo del giocatore rigetta il rene ricevuto e Klasnic è costretto ad un nuovo intervento, stavolta fortunata-mente a buon fine. E proprio un anno dopo quella diagnosi da incubo, Klasnic riesce a tornare in campo e a riprende-re la propria carriera proprio da dove l’aveva interrotta.Ormai 20 anni fa, in Italia, un altro croato se la vide brutta. Nel Padova 1995-96, quello dell’eccentrico sta-tunitense Alexis Lalas e dell’olandese Kreek, il terzo straniero in organico era Goran Vlaovic, attaccante affidabile e che ne corso della prima stagione in maglia biancoscudata aveva lasciato il segno con 6 reti, una delle quali de-terminante nello spareggio salvezza che spedì in Serie B il Genoa salvando proprio il club veneto. Improvvisamente, però, il calcio, la più grande passione del giovane Goran, diventò l’ultimo dei suoi problemi. Un forte mal di te-sta, insopportabile. Poi il trasferimento a Gand, in Belgio, per le cure. “Iper-tensione endocranica benigna”, fu la diagnosi che tuttavia non privò Vlaovic della speranza di farcela. A superar-la e persino a tornare in campo. E così fu: meno di due mesi dopo l’intervento, Vlaovic tornò ad allenarsi regolarmen-te. “Piuttosto siamo stati fortunati ad ac-corgercene prima che comportasse danni irreparabili”, commentarono i medici.Più recente è invece la storia che ha vi-sto come sfortunato protagonista il cen-trocampista serbo Nenad Krsticic. Giun-to giovanissimo in Italia, dove Paratici e la Sampdoria lo portarono strappan-dolo di fatto alla guerra, Nenad iniziò ad incantare con la Primavera di Fulvio Pea. Pronto per il salto in prima squa-dra, però, fu bloccato da un brutto in-fortunio al ginocchio. Infortunio che pro-babilmente gli salvò la vita. Nel corso di una visita di controllo, infatti, i medici gli diagnosticano il ‘linfoma di burkitt’, malattia rara e ancora poco nota. Sembrava addirittura che al giovane Krsticic, all’epoca appena 18enne, re-stassero pochi giorni di vita. Ma Krsticic riuscì a rialzarsi, in tempo per esordire in Serie A, per realizzare il suo primo goal e per riprendere a vivere e a gio-care, archiviando quel brutto capitolo con rapidità e senza conseguenze.Un’altra brutta storia, ma a lieto fine,

è quella di Julio Gonzalez, attaccan-te paraguaiano che in Italia ricordia-mo con la maglia del Vicenza. Proprio nel momento migliore della propria carriera, e con un precontratto già fir-mato con la Roma in tasca, il bomber rimane vittima di un grave incidente sull’autostrada Vicenza-Padova. Dopo aver rischiato di perdere la vita, Gon-zalez riesce a sopravvivere ma è co-stretto a ‘sacrificare’ il braccio sinistro, amputatogli un mese dopo l’incidente. Impossibile, o quasi, tornare in campo. Ma Gonzalez non molla e, meno di 6 mesi dopo, è già pronto per tornare a giocare. A Vicenza urlano al miracolo, ma l’entusiasmo viene smorzato dalla burocrazia: è impossibile per Julio ri-cevere il certificato di idoneità. Addio al calcio, dunque? Neanche per sogno. Gonzalez non si arrende e torna in Pa-raguay, dove riprende regolarmente la sua attività di calciatore.Non è più riuscito a tornare a calcare i campi “ufficiali”, ma ha comunque vinto la sua partita anche Dario Silva. L’at-taccante che i meno giovani ricorderan-no alla guida dell’attacco del Cagliari nei primi Anni ’90, nel settembre del 2006 – quando era ancora in attività ed appena svincolato dal Portsmouth – restò vittima di un terribile incidente stradale che costrinse i medici ad am-putargli la gamba destra per evitare guai peggiori. ‘Sa Pibinca’, però, duro come pochi, riuscì a rialzarsi. Prima psi-cologicamente, poi anche fisicamente. E poco più di due anni dopo tornò in campo. Non più nei panni di calciatore professionista, purtroppo, ma in tempo per disputare la sua partita d’addio. Perché l’addio al calcio, Dario Silva, vo-leva darlo proprio in maglietta e pan-taloncini su un campo da calcio e non in vestaglia su un letto d’ospedale. E se li abbiamo definiti ‘Quelli che non mollano’, un motivo doveva pur esserci…

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InTERvISTA / FRANCESCO ACERBI

“Sto meglio di te”. Mi dà fastidio per-ché è come se non ci credessero, che si aspettassero che uno che è stato malato debba portarne i segni o che lo rimanga per sempre. Sto bene, benissimo, mai sta-to meglio”.

Sdrammatizzando un po’, ci vuole co-raggio anche a vestire la 13 di nesta…“no, ci vuole incoscienza, sono stato indegno di quella maglia, c’è poco da dire. Il coraggio ce l’hanno avuto gli al-tri a darmela (sorride, ndr): in quel mo-mento, molto semplicemente, non ero da Milan: sono cose che capitano e ti fanno crescere”.

Restando al calcio, tu sei uno che ti sei guadagnato la A facendo tutta la gavetta: qual è stata secondo te l’e-sperienza più formativa?“Il primo anno di chievo e poi a Reggio calabria, dove ho capito di poter diven-tare calciatore, perché fino ad allora l’a-vevo vissuta come un gioco, senza troppe pressioni”.

Il mister che ti ha insegnato di più?“ce ne sono tanti, i più importanti per me sono stati atzori e di carlo. e poi c’è di Francesco, che mi ha aiutato tanto, anche

tatticamente, ma non solo. Mi ha dato tanta fiducia, mi ha voluto fortemente dopo un periodo non certo esaltante e poi mi ha ributtato nella mischia dopo la malattia. Pensavo di metterci di più a tor-nare in campo, gli ho anche detto “non mi devi far giocare per forza”, invece lui aveva fretta (ride, ndr). Meglio così”.

E l'attaccante tormento che proprio non sopporti?“non ho dubbi, Ibra. Mamma mia, è un animale, sia dal punto di vista fisico che tecnicamente. Poi ce ne sono altri, cava-ni, Tevez, ma nessuno è come Ibra”.

Cosa ti senti di dire ai tuoi colleghi che magari si lamentano per inezie?

“a volte guardo i giovani che sprecano il loro talento e mi viene una rabbia… d’altronde, però, non posso certamente rimproverarli, chi sono io per farlo? In passato l’ho fatto anch’io, quindi non sa-rei credibile. cerco di farglielo capire, di spiegarglielo e spero che non mi guardino come il vecchio rompiballe (ride, ndr)”. E a persone che magari stanno viven-do la tua stessa esperienza?“che io sono la dimostrazione che questa battaglia si può vincere, che non si deve mollare mai, che c’è sempre una buona ragione per lottare, anche quando sei incazzato (testuale, ndr) e non ne avre-sti nessuna voglia. È questo che di solito dico loro quando mi contattano sui so-cial, ad esempio, o quando qualcuno mi invita a qualche incontro sul tema. non sono mai stato molto bravo con le pa-role, ma se la mia presenza può essere d’aiuto, compatibilmente con gli impegni calcistici, io ci sono”. Qual è ora il sogno da realizzare?“I sogni ce li ho, come tutti, ma non è importante quali siano. Questa esperien-za mi ha segnato che bisogna lavorare duro, lottare e non mollare mai. Solo così si realizzano”.

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quella maglia, c’è poco da dire

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CaRRIeRe PReSTIgIoSe, TaLvoLTa LeggenDaRIe, CoRonaTe Da goL, CoPPe e ReCoRD, a CuI è PeRò

manCaTa La ConSaCRazIone PIù gRanDe.

SPECIALE

QUELLI SENzA NAzIONALE

SPECIALE / QUELLI SENzA NAZIONALE

LA NAZIONALEDEGLI ESCLUSI

di Luca GandInI

SPerché anche il calcio, a volte, sa offrire clamorose sorprese.

ASSI DI COPPEnon bastarono la Coppa Intercontinentale e le 3 Coppe dei Campioni vinte, il record d'imbattibilità nel campionato olandese di 1082 minuti consecutivi senza subire gol e l'estrema affidabilità. Per HEINZ STuY (germania, 1945), portiere del grande ajax anni '70, non si spalancarono mai le porte della nazionale. nato in germania, ma olandese a tutti gli effetti, di quella squadra leggendaria non era certo la stella più splendente. Fu comunque un estremo difensore di buon livello, bravo a disimpegnarsi anche fuori dall'area secondo i dettami del calcio totale, che volevano il portiere come una sorta di libero aggiunto, non sfigurava nemmeno nelle uscite basse, grazie al

tempismo e al coraggio. un po' meno sicuro nelle pre-se alte, si guadagnò il soprannome di "Kroket" proprio per sottolineare il modo in cui si faceva sfuggire il pal-lone, quasi fosse una crocchetta bollente... “Spagna? No, grazie. La mia Nazionale è solo la Catalogna”. un caso unico, quello di oLegueR (Spagna, 1980). I più attenti lo ricorderanno protagonista nel Barcellona di Frank Rijkaard campione d'europa nella stagione 2005/06. Bravo nel gioco aereo e nella marcatura individuale, abile a destreggiarsi sia come terzino destro che come centrale, non accettò mai di indos-sare la maglia della Spagna per via delle convinzioni indipendentiste. Laureato in Scienze economiche, ha spesso giocato al fianco dei più famosi Carles Puyol e Xavi nella selezione catalana, l'unica Patria a cui oleguer si sente di appartenere. Bobby Rob-son, c.t. dell'Inghilterra dal 1982 al 1990, lo ripeteva spesso: «Non averlo mai convocato fu il mio errore più grande». Si riferiva a STeve BRuCe (Inghilter-ra, 1960). Difensore centrale dall'indole indomabile,

ono tanti i campioni del grande calcio internazionale di ieri e di oggi a non aver mai avuto l'onore di rappresentare il proprio Paese. L'Italia, come visto nel numero 211, ha saputo proporre una "Nazionale" di tutto rispetto, trascinata

dalle parate di Sebastiano Rossi, dalle invenzioni di Paolo Di Canio e dai gol di Pietro Paolo virdis, ma anche dall'estero ci giungono importanti esempi in tal senso. Capitani che hanno alzato la Coppa dei Campioni, goleador inarrestabili, fantasisti a ritmo di samba e difensori patrioti. una formazione di 11 stelle che si portano in dote, complessivamente, 12 Coppe dei Campioni, 4 Coppe Intercontinentali, 2 mondiali per Club, 2 Coppe ueFa, 2 Coppe delle Coppe e 5 Coppe Libertadores. Tutta gente che ha, però, un malinconico "zero" alla voce "presenze in Nazionale".

PeR IL PRoPRIo PaeSe: non sempre si arriva all'amata nazionale...

IL CaSo BILaRDo: grande tecnico ma da calciatore niente argentina...

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enzo BeaRzoT e CaRLoS BILaRDo

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non velocissimo e sgraziato nei movimenti, sapeva però garantire buone medie realizzative grazie alla pericolosità nei colpi di testa e all'abilità nel calciare i rigori. nel 1993/94, con il manchester united, divenne il primo capitano inglese a centrare il double Premier League-Fa Cup nel XX secolo. Sempre con i Red Devils aveva vinto anche la Coppa delle Coppe nel 1990/91, prima affermazione internazionale per i club inglesi nel dopo-Heysel. Come secondo difensore centrale, ecco HORST BLANKENBURG (Germania, 1947). Biondo, capellone, atleta formidabile, era il libero dell'ajax che dominava l'europa all'inizio degli anni '70, con cui vinse da protagonista 3 Coppe dei Campioni e una Coppa Intercontinentale. Tornato in Patria, conquistò anche una Coppa delle Coppe con l'amburgo. Chiuso dal grande Franz Beckenbauer, non giocò mai nemmeno un minuto con la nazionale tedesca. Il compagno Johan Cruijff fece di tutto per convincerlo a rappresentare l'olanda al mondiale del 1974, ma inutilmente. Blankenburg attese fino all'ul-

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SPECIALE / QUELLI SENzA NAZIONALESPECIALE / QUELLI SENzA NAZIONALE

cui conquistò il titolo inglese nel 1977/78 oltre a 2 incredibili Coppe dei Campioni. Fan accanito degli aC/DC, regalò al frontman Brian Johnson, di cui era grande amico, la maglia indossata nella vittoriosa finale del 1980. Sul centro-destra, libero di sfogare la sua potenza in memorabili sgroppate palla al piede, ecco JImmY CaSe (Inghilterra, 1954). un giocatore simbolo del Liverpool, vincitore di una Coppa ueFa nel 1976, con tanto di rete realizzata in finale, e di ben 3 edizioni della Coppa Campioni. gran tirato-re, buon fiuto del gol, corsa e generosità al servizio della squadra. Il suo bilancio parla di una presenza e un gol con l'under-23 inglese, ma zero "caps" con la nazionale maggiore. anche lui, come il già citato mcgovern, fu in un certo senso legato alla grande musica britannica, visto che a Liverpool era vicino di casa di un certo Paul mcCartney. Sul centro-sinistra, forse il personaggio più vincente nella storia del calcio argentino: CaRLoS BILaRDo (argentina, 1938). Laureato in medicina, fu per anni colonna dell'estu- oLegueR PReSaS

ANCHE OLEGUERBarcellona e ajax

ma nienteFurie Rosse

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timo una chiamata dalla germania che non sarebbe in realtà mai arrivata. non era invece un campione, JooP van DaeLe (olanda, 1947), ma segnò il gol più importante nella storia del Feyenoord, quello che diede al club di Rotterdam la Coppa Intercontinentale 1970. Classico giocatore totale, poteva ricoprire sia il ruolo di terzino sinistro che quello di attaccante senza mai sfigurare. Per lui, anche il successo nella Coppa ueFa nel 1974. nel museo del Feyenoord, accanto a trofei e cimeli, sono conservati anche i leggendari occhiali da vista da cui van Daele non si separava mai, nemmeno in partita...

CAPITAN ROCKA centrocampo, come frangiflutti davanti alla difesa, trova spazio JOHN McGOVERN (Scozia, 1949). Dav-vero inspiegabile il fatto che non abbia mai giocato con la nazionale scozzese. Campione d'Inghilterra con il Derby County nel 1971/72, visse però gli anni migliori come capitano del nottingham Forest, con

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PeR LoRo nIenTe nazIonaLe: Campioni o allenatori affermati, eppure non hanno mai difeso i colori del proprio Paese...

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è l'unico della nostra top 11 ancora in attività.

UOMINI-RECORDed eccoci all'attacco, con due micidiali bomber nelle cui vene scorre sangue italiano. nato in Ciociaria da genitori sardi, emigrato da bambino in argentina ed esploso definitivamente nel calcio francese: è questa la parabola da globetrotter del gol di DeLIo onnIS (Italia, 1948). Calzettoni perennemente abbassa-ti, tecnicamente non un fenomeno, dava il meglio negli ultimi 16 metri, in cui riusciva a sfogare il suo infallibile istinto goleador. Pochi i successi a livello di squadra (un campionato e una Coppa nazionale con il monaco), molti quelli personali. Le 299 reti segna-te nella massima divisione francese fanno di lui il miglior realizzatore nella storia del calcio transalpino. Per 5 volte si aggiudicò il titolo di capocannoniere del torneo, mentre per due volte fu secondo nella classifica della Scarpa d'Oro. Il suo stile di gioco sornione, che lo portava a estraniarsi dalla partita per

diantes La Plata. Buon organizzatore di gioco, scaltro e provocatore, seppe condurre l'orgoglioso club platen-se a successi impensabili: la Coppa Intercontinentale alzata al cielo dell'old Trafford ai danni del manchester united e 3 edizioni consecutive della Coppa Libertado-res, in cui non saltò mai una partita. nessuna presenza con la nazionale maggiore, ma con l'olimpica parte-cipò ai giochi di Roma '60. Divenuto allenatore, guidò l'albiceleste al trionfo mondiale in messico nel 1986. Qualche metro più avanti, in posizione di trequartista, il futebol bailado di DanILo (Brasile, 1979). Secondo un recente sondaggio del portale Globoesporte, è lui il miglior calciatore brasiliano a non aver mai indossato i colori della Seleção. Lento, ma geniale, ha nell'assist la qualità migliore. mancino di gran classe, vanta nel suo palmarès 2 Coppe Libertadores e 2 Mondiali per Club conquistati con 2 squadre diverse, San Paolo e Corinthians. Proprio nella semifinale della Libertadores 2012 segnò forse il suo gol più importante, in un incan-descente derby brasiliano contro il Santos di neymar.

Impossibilitato a difendere i colori del Paraguay, che chiudeva le porte a coloro che militavano all'estero, declinò tutte le offerte (anche economiche) con cui la Federcalcio di Buenos aires tentò di convincerlo a giocare con l'albiceleste: “Io sono e sarò per sempre paraguayano”. E un uomo-record è anche il c.t. della nostra squadra: Sir BoB PaISLeY (Inghilterra, 1919 - Inghilterra, 1996). Trascorse tutta la sua vita calcistica con il Liverpool: 17 anni da giocatore, 9 da allenatore, oltre a una lunghissima parentesi quale assistente di un altro mago della panchina come Bill Shankly. geniale stratega della corazzata che dominò l'europa a cavallo tra anni '70 e '80, autentico gentleman con il sorriso sempre stampato sulle labbra, Paisley vanta, insieme al nostro Carlo ancelotti, il record di vittorie in Coppa dei Campioni, 3, a cui si devono aggiungere 6 titoli nazionali e la ciliegina della Coppa ueFa. un gigante della panchina che non ebbe mai modo di guidare l'Inghilterra. La vera nazionale, per lui, fu solo il Liverpool.

89 minuti salvo poi sfruttare l'unica palla-gol capita-tagli, ricordava un po' quello di gerd müller. e allora perché non giocò mai in nazionale? Bella domanda. L'Italia si dimenticò di lui, mentre la presenza di mario Kempes e Carlos Bianchi gli chiuse ogni porta nella Selección argentina. a supportare onnis, forse il più grande tra gli assi presi in esame finora: ARSENIO eRICo (Paraguay, 1915 - argentina, 1977). nipote di italiani, rivelò le sue grandi qualità sin da ragazzino. notato dall'Independiente in una delle tante tournée che lo videro protagonista insieme a una selezione della Croce Rossa, una rappresentativa umanitaria costituita con l'obiettivo di raccogliere fondi in favore dei soldati paraguayani feriti nella guerra del Chaco, s'impose all'attenzione dei tifosi argentini come attac-cante immarcabile, trascinatore di folle e gran cavalie-re dentro e fuori dal campo. Talento creativo, fu l'idolo del giovane Alfredo Di Stéfano, che lo definì: “Il più grande di tutti”. Con 295 gol, detiene tuttora il primato di realizzazioni nel massimo campionato argentino.

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IL mITo PaISLeY: Idolo a Liverpool ma mai convocato dall'Inghilterra

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aLTRI ILLuSTRI nomI: La lista di grandi nomi senza Nazionale è piuttosto lunga..

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vAI FERNANdEZ,è TUA…

STORIA E ANEDDOTI SULLA ROVESCIATA,IL GESTO ATLETICO/TECNICO PER ECCELLENzA…

SPECIALEI SIGNORI DELLA ROVESCIATA

SPECIALE/ I SIGNORI DELLA ROVESCIATA

l calcio è uno sport sublime. Uno splen-dido miscuglio di sudore e bellezza, un perfetto sport che sa regalare attimi di pura esaltazione. Tutti ne discutono e ne discuteranno ma c’è un gesto atletico/tecnico che mette ogni persona devota al dio football d’accordo: la rovesciata.

Capita di rado, è sbrigativa quanto un battito d’ali ma, se eseguita in maniera impeccabile, diventa il manifesto miglio-re del gioco del pallone. Non si può restare inermi davanti a cotanta meraviglia. Ricordo ancora la prima volta che vidi al cinema “Fuga per la vittoria”. Ve lo ricordate? Narra, ai tempi della Seconda Guerra della morte, la leggendaria partita tra una fortissima squadra di tedeschi, aguzzini e spietati, e prigionieri vari, tutti innamorati della “pelota”. Il

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GIANLuCA VIALLI

di Fabrizio PoncIRoLI

film è una goduria, il suo apice arriva nell’attimo in cui Luis Fernandez, nella realtà un certo Pelé, inventa il gol del pa-reggio con una rovesciata biblica, ripresa da più angolazio-ni, in rallenty, così da donargli ancor più fascino. Un gesto improvviso, unico, speciale… “Vai Fernandez, è tua…”, gri-dano i compagni di squadra e il capolavoro si materializza. Ancora oggi, se rivedo quel lungometraggio, attendo, come un bimbo, quel momento, il momento della rovesciata di Luis Fernandez… Certo, parliamo di un film ma, caso più unico che raro, la realtà non è tanto dissimile… Proprio perché rara e complicata, la rovesciata, quando si materializza, è incredibilmente memorabile. Pelé, da applausi nel film, era solito regalare questo gioiello di tecnica e atletismo con una certa generosità. In realtà è un altro il brasiliano che va ci-tato per il suo enorme contributo alla causa: Leonidas. Se

LA GIOIA MASSIMANon c'è più soddisfazionedi una rovesciata perfetta

L'ARTE DI VIALLIGianluca era

un esperto della"bicicletta"...

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WAyNE ROONEy - ITALIA INGHILTERRA EuRO 2012

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SPECIALE/ I SIGNORI DELLA ROVESCIATA

PAROLA, nOn PIOLAVeniamo al Bel Paese. In Italia le bellezze artistiche sono ovunque, inevitabile che la rovesciata diventi parte del no-stro credo calcistico. Se si parla con attempati e illustri aman-ti del pallone, in tanti citano Silvio Piola come il vero grande artefice dell’introduzione della rovesciata nel nostro calcio. La memoria va alla bicicletta che Piola confeziona in un Ita-lia-Inghilterra del lontano 1939. Bella (e viziata da un fallo di mano, come confesserà lo stesso bomber azzurro) ma non con quella forza d’urto necessaria per diventare immortale. Per la rovesciata impeccabile, quella che non ti ricapita più, bisogna attendere altri 11 anni. È il 15 gennaio, ci troviamo a Firenze. La Fiorentina ospita la Juventus. Non è una grande partita, di emozioni se ne contano poche, pochissime. Poi, al minuto 79, accade l’imprevisto. Su un lancio di Pandolfini, giocatore della Viola, Parola, coriaceo bianconero, anticipa tutti. Lo fa con una rovesciata stilisticamente superba. Tra i presenti c’è un tal Corrado Bianchi, di professione fotorepor-ter. Bianchi ha l’abilità di premere il dito sulla sua Leica nel momento esatto, non un attimo prima e non un attimo dopo: nasce la mitica e ineguagliabile rovesciata di Parola, famosa per essere, da decenni, il simbolo delle figurine Panini!!! Una rovesciata “difensiva” che, di fatto, non ha portato a nessun gol importante eppure divina, irraggiungibile…

Google decide di inserirti nel “dodle” (come accaduto a Le-onidas nel 2013) come “uomo della rovesciata”, significa che qualcosa di buono hai fatto… In effetti, il “diamante nero”, stella indiscussa del calcio degli ani Trenta, è stato un’artista della rovesciata o bicicletta che dir si voglia. Si narra che, con una palla a mezz’aria, potesse fare di tutto, colpirla nel momento migliore e indirizzarla dove nessun portiere ci sa-rebbe mai arrivato. Si sa, i racconti a volte sono impreziositi da parole e dettagli superflui o creati dalla fantasia ma Leonidas le rovesciate le sapeva fare per davvero… Lui l’in-ventore del gesto più glamour del calcio? Difficile dare una risposta. Tante le correnti di pensiero. Ancora oggi due Paesi del Sudamerica (Cile e Perù) duellano per accaparrarsi il titolo di primi scopritori dell’arte della bicicletta. Secondo i cileni, il primo a colpire il pallone con le spalle rivolte verso il terreno è tale Unzaga. Alcune testimonianze fanno risalire la sua prima rovesciata al lontano 2014. Negli anni diventerà la “chilena”, nomignolo con cui, in Cile, è nota la rovesciata. Storia diversa quella portata avanti dagli storici del calcio peruviani. Si torna fino agli ultimi anni del 1800. Il luogo dove prende vita la poesia del calcio è Callao. Viene deno-minata “chalaca”, in onore degli abitanti di Callao, i “Chala-cos”. Impossibile individuare la verità, intrigante sapere che esistono più racconti a riguardo…

POI CI SAREBBE LO SCORPIONEDi Fabrizio PonciroliMARCHIO DI FABBRICA DI HIGUITA, È ANCHE UN’ARMA OF-FENSIVA DECISAMENTE EFFICACE…

on è una rovesciata vera e propria ma, diciamo così, fa parte del gotha delle acrobazie più sublimi del mondo del calcio. Potremmo definirla come “una rovesciata al rovescio”. È noto con il nomignolo di “colpo dello Scorpione”. Il motivo? Semplice, perché

ricorda il gesto, fulmineo e mortale, dello scorpione. Una giocata spettacolare resa famosa dal grande Higuita. L’ex numero uno della Colombia sapeva eseguirlo come nessun altro. Lo sanno bene quelli che c’erano, quel giorno, a Wembley, quando il co-lombiano decise di mostrare il “colpo dello Scorpione” al mon-do. Una follia, tanto geniale quanto rischiosa ma, per fortuna, andata a buon fine: “devo ammettere che mi sono allenato come un matto, di nascosto, per portare lo Scorpione un giorno in cam-po. L'ho provato, non esagero, per anni per conto mio, dopo uno spot pubblicitario. Finché in Inghilterra si presentò il pallone che stavo aspettando, un pallone che si avvicinava e mi diceva: ‘dai René, è la palla giusta, fallo adesso, fallo, non pensarci più’. Tutto nella vita ha un significato, tutti facciamo sogni, qualcuno irrealiz-zabile ma ce ne sono anche di possibili. I sogni vivono nel nostro profondo, ma pretendono di venire fuori, di diventare reali, di far parte della nostra vita. Siamo ciò che desideriamo e io a Wem-bley non fui un'eccezione. Sognavo di essere il migliore, di essere un portiere, un libero, un goleador, e di essere tutte queste insieme, come davvero fui, ma poi sognavo lo Scorpione, e feci pure quel-lo, un sogno, il mio sogno che diventava realtà”, racconterà, anni più tardi, ad un quotidiano colombiano. Che dire? Uno spetta-colo… Ma Higuita è stato il primo di una lunga serie. Tra i pari

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uN TRIO D'ASSIA destra Parola, unoche ha timbratodiverse rovesciate

GIAMPIERO BONIPERTI, RENATO CESARINI E CARLO PAROLA

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“NON È UNA PASSEGGIATA”Di Thomas SaccaniPRUzzO, BOMBER ACROBATICO, CI SPIEGA IL SEGRETO PER UNA ROVESCIATA PERFETTA…

ncora oggi, la rovesciata di Pruzzo contro la Juven-tus, al Comunale di Torino (4 dicembre 1983), è un ricordo indelebile per ogni tifoso giallorosso che si rispetti. Una di quelle biciclette che, di diritto, sono nella ristretta lista dei capolavori contemporanei:

“di tutti i gol che ho segnato con la maglia della Roma, quello segnato alla Juventus in rovesciata è, senza ombra di dubbio, il più importante. al di là del fatto che segnare in rovesciata non è una passeggiata, c’è da tener conto che la Juventus era il nostro rivale storico, la squadra che più al mondo volevamo battere. Quel gol ci ha permesso di uscire da Torino con un pareggio che per noi valeva come una vittoria”. Queste le parole con cui il bomber ricorda quel gesto… Ne approfittiamo per concentrar-si sul gesto tecnico che sta alla base di quel gol: “La rovesciata è complicata perché puoi fare una figuraccia colossale. Se sbagli il tempo, magari manchi la palla e ti prendi, come è giusto che sia, i tuoi fischi. Poi, se la prendi, magari non hai la fortuna di

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ruolo, il “colpo dello Scorpione” è stato poi eseguito da Kato, estremo portiere del Giappone. Portieri ma non solo. Anche chi non usa le mani in campo, si è dato da fare. Ibrahimovic lo usa di frequente (di recente contro il Bastia), Botond e Mchedlidze (con la casacca dell’Empoli) hanno lasciato il segno con un gesto che, grazie ad Higuita, è diventato una dolce rarità…

impattare bene e ti resta solo un gran mal di reni. certo, se tutto va per il verso giusto e sei bello fortunato, è chiaro che ne esce una cosa spettacolare. Io ricordo che, quando mi sono girato e ho visto la palla in fondo alla rete, quasi non ci credevo che ero stato io… Poi, farla contro la Juventus, beh, ha un sapore completa-mente diverso. era una partita importante, bello che quel gol sia arrivato proprio in quella partita. ancora oggi tantissime persone, quando mi vedono, mi ricordano quel gol, segnato in rovesciata contro la Juventus”.

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SPECIALE/ I SIGNORI DELLA ROVESCIATA

re Valtolina. Bicicletta impressionante, imparabile… vittoria Piacenza e un posticino nella storia per Valtolina, uno che di reti, in biancorosso, in due anni, ne ha fatte solo due ma una di queste da ricordare per sempre. Gli anni Novanta, che spettacolo. Lo sanno bene coloro che c’erano, il 5 gennaio 1997, ad assistere a Inter-Roma. La ribalta se la prende Djorkaeff. Su un pallone maldestro di Petruzzi, il nerazzur-ro si libra in area, disegnando una rovesciata difficilmente spiegabile anche per un geometra. Palla in rete e apoteosi infinita. Un gol che vale una carriera, diventerà l’effige della tessera d’abbonamento dell’Inter della stagione successiva. Chiudiamo con Vialli, un maestro nell’arte della rovescia-ta. La Juventus gioca sul campo della Cremonese, stagione 1994/95, siamo ad ottobre. Nessuno la sblocca, finché Vial-li non si ricorda di essere un professionista della bicicletta. Turci, numero uno dei biancorossi, nulla può sulla rovesciata di Vialli, a secco di gol da 48 giorni… Un bel modo per tornare protagonista. Per l’esultanza, meritano una citazio-ne due altre opere d’arte. L’una, stagione 1991/92, porta la firma di Schillaci. La Juventus batte il Verona per 2-0. Il gol del raddoppio arriva, grazie ad una rovesciata di rara potenza, dell’allora contestato eroe del Mondiale 1990. La

CAPOLAvORI DI CASA nOSTRAOk, Parola è diventato leggendario grazie alla Panini, ma ci sono stati altri interpreti della rovesciata che hanno con-quistato un posto nell’olimpo. Partiamo da chi non t’aspet-ti. Mauro Bressan. Se anche la Uefa ti rende omaggio (la sua rete è nella Top 10 dei migliori capolavori degli ultimi 60 anni), significa che hai fatto qualcosa di davvero stra-ordinario e non ripetibile. Merito anche del contesto. Con la memoria dobbiamo andare al 2 novembre del 1999. A Firenze, sì ancora lì, terra di artisti, va in scena Fiorentina-Barcellona. Come colto da un raptus, Bressan si avventa su un pallone respinto, ben oltre l’aria di rigore, dalla difesa blaugrana. La rovesciata è un inno alla gioia, il gol che ne scaturisce indimenticabile, da cineteca. Dicevamo, il contesto aiuta. Anni Novanta, per la precisione 1 dicembre 1996. Siamo al Garilli dove il malcapitato Piacenza se la vede con il quotatissimo Milan. Il punteggio è sul 2-2 quando, al minuto 71, Luiso decide che è ora di entrare nella storia: rovesciata da brividi, palla all’incrocio e Diavolo al tappeto. Restiamo in provincia, sempre a Piacenza. Due anni più tardi ci si gioca la permanenza in Serie A. L’avversario è la Roma. Il tempo sta per scadere e, dal nulla come una Fenice, ecco sboccia-

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CI PENSA IBRAOggi lo svedese è

un maestro della rovesciata

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LA PERLA DI VALTOLINAA volte, per una rovesciata,si diventa immortali

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SPECIALE/ I SIGNORI DELLA ROVESCIATASPECIALE/ I SIGNORI DELLA ROVESCIATA

LE MIGLIORI DI SEMPREVero, siamo patriottici ma anche fuori dai confini nazionali ci sanno fare con le bicycle kick, come sono solerti chiamare la rovesciata in lingua inglese. Qualche tempo fa il Mundo De-portivo ha indetto un sondaggio per decretare la rovesciata del secolo. In corsa tanti capolavori, tra cui alcune biciclette di casa nostra. Bene, alla fine la vittoria è andato a Ronal-dinho, seguito da Rooney ed Ibrahimovic. Beh, diciamo che i nomi hanno avuto un certo peso sull’esito della competizione. Partiamo dal gradino più basso del podio con la giocata di Zlatan. Ancora oggi, il video della sua prodezza nella sfida tra Svezia ed Inghilterra è tra i più cliccati. Tanto lontano dalla porta e tanto potente, alla Ibra verrebbe da dire. Pas-siamo a Rooney. Considerato il gol più bello della Premier League degli ultimi 20 anni, vede Rooney segnare con una rovesciata spettacolare contro i rivali storici del Manchester City. Da urlo. Terminiamo con il dipinto di Ronaldinho. Bar-cellona-Villarreal, anno 2006. Il brasiliano, stella blaugrana, si inventa una magia per i posteri. Su un cross teso nell’area dei Gialli, controlla di petto e, in un nano secondo, si esibisce in una bicycle kick paradisiaca. Certo, il popolo blaugrana è abituato bene, con Messi e compagnia, ma il gioiello di Ronaldinho resta incastonato nella mente di ogni supporter del Barça, come è giusto che sia…

sua esultanza la dice lunga sulla sua voglia di segnare e, ov-viamente, sulla bellezza del gesto. Doveroso un cenno anche ai tempi nostri con la rovesciata, in Champions League, di Mexes. Il Milan supera l’Anderlecht, il francese inventa una bicicletta che lascia tutti a bocca aperta e che zittisce chi non credeva molto nel difensore ex Roma… La lista potrebbe continuare all’infinito, a conferma che, le poche volte che una rovesciata si trasforma in un gol, ci si illumina sempre… Non sappiamo chi l’ha inventata ma sappiamo bene perché ci fa impazzire…

uMBERTO AGNELLI (sulla sinistra) CON CARLO PAROLA (sulla destra)

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ANCHE TESSERAuna sua rovesciata

è diventatauna tessera

d'abbonamento...MAESTRO PAROLAun'artista, un mago,un acrobata...

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SERIE B/ VIRTUS LANCIANO

D'AVERSAIN MISSIONEIl giovanetecnico ha le idee chiare...

re vite in poco più di un anno. Sono quel-le vissute da Roberto D'Aversa: giocatore, dirigente e infine al-lenatore della Virtus

Lanciano nell'arco di dodici mesi. Un tecnico giovane, classe '75, preparato che già dirigeva i com-pagni dalla cabina di regia quan-do calcava i campi con gli scarpini ai piedi e ora continua a farlo da bordo campo. Un'ascesa veloce conclusasi con la bella salvezza, in anticipo, conquistata in Serie B nel-la stagione appena conclusa, che gli è valsa la riconferma per il pros-simo anno: “Il bilancio stagionale è positivo perché abbiamo raggiun-to l'obiettivo. C'è solo un po' di ram-marico per il finale”.

Nel giro di un anno è passato dal campo, alla scrivania fino alla panchina. Come è maturata que-sta decisione?“Nel momento in cui ho smesso ho avuto l'intenzione di diventare al-lenatore. Però c'erano degli esami da superare e per questo ho inizia-to a lavorare come responsabile dell'area tecnica e intanto studia-re per avere il patentino. Lo scorso anno c'è stata un'accelerazione dovuta all'addio di Baroni con la

società che mi ha chiesto di pren-dere il suo posto in panchina. La so-cietà aveva bisogno di me ed era quello che volevo così ho iniziato bruciando un po' le tappe”.

Aver incominciato da Lanciano dove ha giocato per tre anni è sta-to un vantaggio?“Iniziare qui è stato un vantaggio perché conoscevo bene l'ambien-te e il gruppo essendo stato per tre anni un giocatore del Lanciano e molti dei miei giocatori sono stati miei compagni. Questo mi ha faci-litato le cose perché non ho avuto bisogno di farmi conoscere”.

Quanto è servita la sua esperienza da “allenatore in campo”?“Non sempre un allenatore in campo poi riesce bene anche in panchina. Negli ultimi anni i miei allenatori mi hanno molto respon-sabilizzato e io ho cercato, anche per il ruolo che facevo, di guardar-mi attorno, osservare e accumula-re quell'esperienza in campo che poi mi è servita in panchina”.

C'è qualche allenatore a cui si ispi-ra? Qualcuno che nel corso della sua carriera le ha insegnato di più?“Io ho cercato di imparare da tutti quelli che sono stati i miei allenatori e di studiare gli altri tecnici. Mi con-sidero un grande osservatore, però devo dire che non mi ispiro a nessu-no in particolare, ma provo a ruba-re segreti un po' a tutti specialmente ai tecnici più forti come Guardiola, Conte o lo stesso Allegri”.

Il suo rapporto con il direttore spor-tivo della Virtus Lanciano Leone è molto forte. Quanto è importante per lei lavorare con lui?“Luca è un grande dirigente, spes-so sottovalutato. Segue i calciatori su tutti i campi, anche quelli meno conosciuti, cercando di scovare i migliori giovani e anticipare la con-correnza. Deve farlo perché qui non ci sono le possibilità economi-che che hanno altre società ed è bravo a farlo visto che i risultati fino-ra sono sempre arrivati”.

Quest'anno ha giocato sempre con il 4-3-3. Lo considera un modulo immutabile?“Non sono un integralista. Penso che non si possa decidere un mo-dulo senza prima conoscere la squadra che si ha a disposizione.

Ovviamente è sempre meglio po-terla costruire secondo i propri de-sideri e le proprie idee tattiche, ma se non ci si riesce bisogna essere capaci ad adattarsi alla realtà in cui ci si trova”.

Come valuta la sua prima espe-rienza da tecnico?“Penso sia positivo perché abbiamo raggiunto l'obiettivo salvezza. C'è solo un po' di rammarico per il finale di stagione dove non siamo riusciti a ottenere gli stessi risultati dell'anda-ta, ma questo è dipeso anche da diversi infortuni e altri episodi. La va-lutazione globale però è positiva”.

In questa stagione al Lanciano sono emersi molti giovani interes-santi. Chi pensa sia già pronto per la Serie A?“Credo che Cerri sia assolutamen-te pronto per recitare un ruolo da protagonista in Serie A e anche Pic-colo, anche se non è giovanissimo, meriterebbe una chance nella mas-sima serie per quello che ha fatto da noi negli ultimi anni. Per quanto riguarda Thiam, Gatto o Pinato, che era al primo anno da professionista, penso che abbiano bisogno di ma-turare ancora un anno. Magari pro-prio qui alla Virtus dove hanno fat-to bene in questa stagione e dove possono crescere ancora”.

Nell'ultima stagione molti giovani allenatori si sono messi in luce in Serie B. Pensa che possa essere un trampolino di lancio, come lo è per molti calciatori?“Stellone negli ultimi due anni ha conquistato due promozioni, sen-za contare il titolo Berretti, e credo che sia il più pronto per la Serie A, che ha per giunta conquistato con la sua squadra. Poi c'è Rastelli che allena da qualche tempo, ma è co-munque giovane, ed è molto bra-vo. In generale penso che come per i calciatori anche per gli allena-tori la B possa essere un trampolino per accedere alla massima serie”.

Nei suoi sogni c'è un club che le piacerebbe allenare?“Penso soprattutto al presente però è ovvio che c'è anche l'ambi-zione di arrivare un giorno a grandi livelli. Un sogno sarebbe allenare la Juventus, ma anche il Milan club in cui sono cresciuto e dove ho fatto il settore giovanile e che conosco abbastanza bene”.

“neL MoMenTo In cUI Ho SMeSSo dI GIocaRe Ho caPITo dI VoLeR FaRe L'aLLenaToRe”,PAROLE DI D’AVERSA...

REGISTA, SEMPREE COMUNQUE

SERIE BVIRTUS LANCIANO

di Tommaso MASCHIO

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LEGA PRO/ REGGINA

LEGGENDAFOTIA ReggioCalabria, è lui l'uomodel calcio...

Presidente, quella del San Filippo è stata davvero la sua ultima gara da patron?"Si, è arrivato il momento di lasciare. Mi 'svesto' di questi panni, rimarrò un semplice tifoso della Reggina. L'a-more e la passione verso questi co-lori non mutano, ritengo opportuno però farmi da parte".

Avrebbe mai immaginato nel 1986 di arrivare a questa data ancora da proprietario della Reggina?"Assolutamente no, volontà e deter-minazione sono stati compagni fe-deli di questo lungo viaggio. Ricor-do perfettamente la forte emozione provata nel 1991, quando diventai presidente".

Lei, Pozzo e Berlusconi gli unici ri-masti in sella in questi tre decenni, il mosaico di tutti gli altri club italiani ha visto mutare la poltrona presi-denziale. Bisogna parlare di 'mira-colati' del calcio ?"In un percorso a lunga scadenza come il nostro, direi che privilegiati è il termine esatto (sorride, ndr)".

Il 13 giugno 1999, giorno che vide la Reggina ottenere la prima storica promozione in Serie A, è il momento più caro custodito nei ricordi ?"Probabilmente è stata l'emozione più forte. Ripenso al 'Delle Alpi' e al popolo amaranto che invade di gioia il terreno di gioco come per-fetta conclusione di una giornata intensa e appassionante".

Da quel primo salto cambia tutto. Non più squadra di seconda o ter-za serie, la Reggina per dieci anni è nell'èlite del calcio italiano."L'orgoglio per i risultati ottenuti in quel periodo è notevole. Il palco-

scenico prestigioso ha cambiato la cornice ma non la sostanza della mia passione, l'intensità era intatta anche negli anni vissuti in Serie B e Lega Pro".

Il rapporto tra Foti e i tifosi della Reg-gina, una volta forza ed emblema, negli ultimi anni si è trascinato tra dissapori e freddezza. Solo i risultati negativi ottenuti sul campo i motivi di tale cambiamento ?"Io penso al legame che esiste tra un club e i propri tifosi come ad una specie di 'virus', che può rapida-mente contagiare in senso positivo o negativo. Sono l'attaccamento e il senso di appartenenza che una squadra riesce a trasmettere a far pendere l'ago della bilancia. Biso-gna considerare in aggiunta le dif-ficoltà sociali ed economiche pre-senti nel nostro contesto".

Quali sono stati i punti di riferimento, i presidenti esemplari, che hanno solcato il suo percorso e indirizzato la filosofia professionale ?"Oreste Granillo, per più di quindi-ci anni presidente della Reggina, e Angelo Gabrielli, a lungo patron del Cittadella e padre dell'attuale massimo dirigente. Si tratta di figure di spicco, dal calibro assoluto, che hanno dato un contributo impor-tante non solo ai propri club ma al calcio italiano".

Il centro sportivo S.Agata, costruito nel 1990, è diventato un modello da imitare. L'identità con la maglia che si indossa la base per far crescere e lanciare decine di calciatori."È un qualcosa che appartiene for-temente a tutte le persone che ten-gono alla Reggina. L'ideazione e la costruzione sono merito di Mario

Biason e Pino Benedetto, due gran-dissimi dirigenti di questa società. Si tratta di una struttura che vent'anni fa era all'avanguardia, diventata subito punto di riferimento per gli altri club".

Nakamura, Mozart, Barretto Pare-des, tanti i giocatori dallo spessore internazionale che hanno vestito la maglia della Reggina. A chi si sente più legato dei calciatori avuti du-rante la sua presidenza?"Sono grato a tutti quelli che han-no scritto pagine importanti, il mio affetto privilegiato però è nei con-fronti dei ragazzi cresciuti al S.Agata e poi distintisi altrove. Cozza, Belardi Cirillo, Perrotta, Missiroli, l'elenco è lunghissimo. Loro sono la massima rappresentazione, l'immagine tota-le, di questo club".

Il rimpianto più grande ha il codino e le fattezze di Roberto Baggio, fuo-riclasse che avrebbe fatto esplode-re la città?"L'arrivo di Baggio alla Reggina è stata un'ipotesi concreta, purtrop-po non verificatasi. Il fascino e le possibilità dell'operazione erano no-tevoli, con le sue immense qualità i tifosi amaranto sarebbero andati in visibilio".

Prevedibilmente voluminoso il ba-gaglio che racchiude il viaggio di Foti con la Reggina. Cosa le rimarrà di questa lunga esperienza ?"Una memoria enciclopedica, fatta di emozioni, gioie e dolori. Non rinne-go nulla, né sono geloso di quanto vissuto. Sento mie allo stesso modo le pagine felici e quelle più tristi, posso dirmi fiero per aver condivi-so tutto questo con la squadra che amo sin da quando ero bambino".

RIPERCORRIAMO IL (QUASI) TRENTENNIO DI FOTI ALLA GUIDA DELLA REGGINA

UN AMOREAI TITOLI DI CODA

LEGA PROREGGINA

di Pasquale ROMANO

a fine di un'era. C'è molto di più dietro la salvezza ottenuta dalla Reggina nello spareggio con il Messina, in uno scontro da brividi, con lo Stretto a fare da giudice. Dopo 29 anni, la società amaranto si appresta a voltare pagina, Lillo Foti ne cede lo scettro. Ideale la fotografia che conclude il lungo percorso: la forma-zione calabrese, dopo tante difficoltà, è riuscita ad ottenere la permanenza in Lega Pro contro il nemico prediletto. Obbligatorio, però, riavvolgere il nastro e tornare indietro di quasi trent'anni. Correva l'anno 1986 quando Silvio Berlusconi e Giampaolo Pozzo diventavano rispettivamente i presidenti di Milan e Udinese.

Foti Pasquale, detto Lillo, entrava a far parte (assieme ad altri imprenditori) della Reggina. Iniziò cosi un legame intenso e passionale, che ha portato il club amaranto a vivere le maggiori soddisfazioni della propria storia centenaria...

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“TUTTo caMbIaTo, dobbIaMo RIncoRReRe” di Pasquale ROMANO

FOTI È CONVINTO CHE IL NOSTRO CALCIO DEBBA CAMBIARE IN FRETTA…

era una volta il calcio italiano. In prima fila sino a qualche anno fa, la Serie A è costretta a guardare dal bas-so verso l'alto Premier League, Liga spagnola e Bundesliga: "Le problematiche sono diverse, si lavora troppo poco sulla formazione di giocatori e allenatori. Bisogna crescere a 360 gradi, tutte le componenti in questo momento sono in difficoltà. Non abbiamo pensato a costruire, adesso ci tocca inseguire", afferma Foti, diri-

gente che ha seguito da vicino l'involuzione del calcio italiano. Tempi moderni. Il calcio degli anni '60 sembra preistoria, adesso la parola d'ordine è 'intrattenimento': "La realtà è cambia-ta profondamente. Il calcio non ha più attenzioni esclusive, ma deve confrontarsi con tanti altri sport. È necessario diventi sempre più uno spettacolo appetibile e trasversale, basti pensare a come vengono gestiti e organizzati eventi simili negli Stati Uniti". L'invasione straniera (Pallotta, Thohir, Mr. Bee) è da vedere come una risorsa o una minaccia? Foti non ha dub-bi: "Gli investitori stranieri sono una possibilità, fonte di crescita per un movimento in crisi come il nostro. Il confronto globale serve per capire alcune dinamiche e favorire la crescita del calcio italiano".

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SERIE D/ MEZZOLARA

BAZZANI CI CREDEL'avventura da tecnico lo esalta tantissimo...

a nuova avventura non mi spaventa”, parola di Fabio Bazza-ni, neo allenatore del Mezzolara. Dopo le tante presenze in Se-

rie A e B, l’ex attaccante ha deciso di abbandonare gli scarpini per di-rigere le operazioni dalla panchina e lo ha fatto ripartendo dalla squa-dra di cui fino a poco tempo fa era capitano. Ma è chiaro, una cosa è giocare, un’altra è allenare: “Si, da calciatore è diverso, fai il tuo allena-mento di due ore ed è finita lì, da tecnico devi mettere insieme venti, venticinque teste, il ruolo è total-mente differente e di conseguen-za cambiano le responsabilità. Ma questo non mi intimorisce, perché so a cosa vado incontro. Conosco l’ambiente e la passione dei tifosi e penso che iniziare la mia carriera di allenatore da qui, sia una naturale prosecuzione del mio rapporto con il Mezzolara”. Prosecuzione sotto altra veste, che in realtà sarebbe anche potuta ini-ziare prima, ma poi… “Non me la sono sentita di accettare a gennaio per un semplice motivo, l’amicizia che mi lega a Gianluca Luppi (ex tecnico, ndr). Quando hanno eso-nerato l’allenatore, poteva esserci l’eventualità di iniziare subito, ma con la società abbiamo deciso che ne avremmo riparlato al termine del campionato, così è stato e tutto è andato a buon fine”. In pratica, si è posticipato ciò che prima o poi sarebbe comunque accaduto: “Di-ciamo che quando vedi l’avvicinar-si della fine della carriera, cominci a pensare a cosa ti piacerebbe fare all’interno del calcio. L’idea di allenare mi ha sempre stuzzicato e ho visto il ritiro come l’occasione di tentare questa nuova avventura. La società ha creduto nelle mie poten-zialità, magari avrei potuto aspet-

tare o fare scelte diverse, ma non potevo certo pretendere di essere chiamato da Real Madrid o Bar-cellona. È la mia prima esperienza e la D è la quarta serie nazionale, un palcoscenico importante, mi è sembrato il miglior modo per par-tire mettendo in gioco innanzitutto me stesso. Credo sia questa la cosa più importante, mettersi in gioco lavorando ogni giorno, aldilà che si possa allenare una Primavera o una prima squadra in D o in Eccel-lenza”. Ma che partire dalla Serie D, sia meglio che farlo dall’Eccel-lenza, questo è fuor di dubbio. Anzi, di Eccellenza non parliamone pro-prio, perché ormai il Mezzolara si è abituato bene. “Per noi sarà l’un-dicesima stagione consecutiva in Serie D e questo è un grandissimo successo. Non dobbiamo mai di-menticare che il Mezzolara non è una nobile decaduta, come si può dire ad esempio del Piacenza o del Rimini, che sono da tempo realtà professionistiche, qui fino a qualche stagione fa si faceva dilettantismo puro, ora ci si è avvicinati al profes-sionismo, grazie a un cambio di stra-tegia che ha dato i suoi frutti. Siamo la seconda squadra del bolognese dopo il Bologna, ma parliamo sem-pre della realtà di un piccolo paese (Mezzolara è una frazione di Budrio, ndr) che fa salti mortali ogni anno per mantenere la categoria”. Quin-di l’obiettivo è uno e uno solo: “La salvezza è ciò che vogliamo. Nel-la stagione appena conclusa ab-biamo sofferto, a maggior ragione potrebbe accadere nel prossimo campionato, perché procederemo ad un ringiovanimento della rosa. Hanno rinnovato Evangelisti e Ci-cerchia, due giocatori esperti, ora bisognerà trovare i giovani adatti e un centravanti che sostituisca me in campo. In D c’è una certezza, sen-za vecchi puoi vincere, senza gio-

vani perdi a tavolino, quindi ades-so ci sarà del lavoro per il direttore sportivo per accaparrarsi subito gli elementi utili per disputare il cam-pionato. Se riuscissimo a salvarci senza passare dai play out, sarebbe un ottimo risultato”. Quindi l’obietti-vo è chiaro, ora toccherà trovare il modo per raggiungerlo. Si può fare attraverso le idee: “Sono alle prime armi e dovrò crescere gradualmen-te, lavorando con serietà. Per quan-to riguarda le mie idee da tecnico, non conterà molto l’aver giocato tanti anni in attacco e dovrò ave-re una mentalità aperta a 360°. In queste categorie non puoi chiede-re questo o quello, devi lavorare con ciò che hai a disposizione. Per questo, teoricamente potrei dire di preferire il 3-5-2 con la difesa a tre o il 4-3-1-2 con la difesa a quattro, poi bisognerà vedere se ci saranno i giocatori adatti per giocare così. Da calciatore ho sempre pensato una cosa, non esiste un modulo ca-pace di farti vincere senza tenere conto delle caratteristiche dei gio-catori. Allo stesso modo, non esiste un allenatore capace di vincere senza giocatori. Il mister deve esse-re bravo a esaltare le qualità degli uomini che ha a disposizione, senza imporre ad ogni costo un assetto tattico”. Magari questo pensiero è frutto dell’esperienza maturata al fianco di ottimi maestri, da cui ne-gli anni si sono carpiti i segreti: “Na-turalmente ho cercato di studiare gli allenatori che ho avuto quan-do giocavo, ho avuto la fortuna di averne di grandissimi. Ma è fonda-mentale una cosa, ciò che impari lo devi poi reinterpretare, devi es-sere te stesso, perché i giocatori ti pesano e se tu non ci metti del tuo perdi credibilità di fronte al gruppo. Cercare di diventare il sosia di qual-cun altro è l’errore più grande che si possa fare”.

DAL CAMPO ALLA PANCHINA IL PASSO È STATO BREVE:PER RACCONTARLO È BASTATA UNA CHIACCHIERATA.

IL NUOVO BAzzA

SERIE DMEzzOLARA

di Simone TONINATO

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LA MEGLIO GIOvEnTù

TRENTADUE ANNI AD INSEGUIRE UN SOGNO.GIUSEPPE RISO RACCONTA LA SUA (GIOVANE) VITA.

“e non MI FeRMo ceRTo QUI”

di Marco conTeRIo

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I RE dEL MERCATO

GIUSEPPE RISO

I RE dEL MERCATO / GIUSEPPE RISO

AMBIzIONE RISOGiovane macon le idee piuttosto

chiare...

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I RE dEL MERCATO / GIUSEPPE RISO I RE dEL MERCATO / GIUSEPPE RISO

a storia di Giusep-pe Riso parte dalle finestre, arriva alle porte e prosegue con dei portoni. Il primo è uno scorcio sul passato, col sole

della sua Calabria che filtra dalle ten-de mentre fuori sbatte lento, e costante, il mare della sua Reggio. “È quel che mi manca della mia terra”, dice il trenta-duenne agente nel suo ufficio milanese. Già. Perché poi le radici si strappano, i panorami cambiano e pure quel che si vede dalla finestra. “da piccolo mi trasferisco con la famiglia a Milano, e da qui non mi sono più spostato”. Quel che, nel nostro mondo, quello pallonaro, è centro gravitazionale. Nel bene e nel male. È quella che porta con sé gioie e dolori, spiacevoli chiacchiere e pure etichette. Ma Riso sorride, e fa bene ad abbondare, quando c'è chi lo bolla con impudenza e poca signorilità come 'il cameriere'. “Sono orgoglioso del mio percorso e questo mi ha dato la fame in

più per arrivare”. Spalanchiamo le fine-stre sulla sua vita. Che ha una costante, da sempre. Il calcio.“Inizialmente nel cuore, come passione. Sì, giocavo, con il Saronno, con l'aldini bariviera. Però non ero un grandissimo giocatore. non lo sono mai stato, anche se, da attaccante, i miei gol li facevo”.

Di passione non si vive.“Ed io ne ho fatti di lavori. In tipografie, alla Western Union, poi il magazzinie-re. Ho venduto porte e finestre, fatto il postino”.

Eccoci, ancora le finestre. Però poi le si sono aperti dei portoni, nella vita.“avevo un sogno, quello di coniugare la mia voglia di lavorare nel calcio con i miei studi di economia per fare il mana-ger. eppure ho avuto anche la proposta per un lavoro a tempo indeterminato alle Poste che a casa mia è visto come un vero traguardo. Un obiettivo. Un punto d'arrivo”.

Non per lei.“Questo percorso, la strada, la gavetta, mi hanno insegnato tanto. E questo mi aiuta, anche adesso, mi dà fame, vo-glia, stimoli, mi carica ed è alla base di tutto”.

Passare dal lavoro di ogni giorno ad un mondo platinato non è semplice. Soprattutto riuscire a tenere i piedi per terra.“Mi sono sempre arrangiato, ho passa-to anche dei momenti duri ed apprezzo ogni giorno di più quel che ho fatto, come ho vissuto e non rimpiango niente.

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imparareda lui è come

essere all'uNiVersità

TALENTI IN RAMPADI LANCIO

Il saper valorizzare i

giovani è un'arte per

pochi..

MASSIMA ATTENzIONERiso svolge la professionecon grande passione

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I RE dEL MERCATO / GIUSEPPE RISO I RE dEL MERCATO / GIUSEPPE RISO

e questo aiuta, tanto. chiaro è che non potevo sbagliare, optando per il percor-so da agente”.

Come inizia?“ci sono dei passaggi fondamentali. Parto sempre dalla mia strada, dalla mia vita, che mi portò a fare anche il came-riere a San Siro. durante una partita, il mio amico fraterno Lorenzo Tonetti (pro-prietario del ristorante Giannino, ndr) mi disse 'non dare da bere a nessuno'. Si presentò la segretaria di adriano Gallia-ni ma, imperturbabile, dissi di no anche a lei. a 21 anni”.

Bel coraggio...“Però venne apprezzato. da lì, grazie a Lorenzo, iniziai a frequentare cene ed incontri tra i grandi dirigenti del calcio. Immaginate l'emozione...”.

Specifichiamo: era già nel mondo del calcio.“Sì, esatto. Seguivo dei ragazzi giova-nissimi, come antonio caracciolo, difen-sore del brescia, o bryan cristante, che ora è al Benfica. I ragazzi mi vedevano sui campi, sempre, senza sosta ed io, pur inesperto e nuovo, offrivo loro la mia se-rietà e professionalità. così sono nati i rapporti e questo è stato anche apprez-

zato da Galliani”.

Che, ma lei non lo nasconde, è stato un vero maestro.“essere a quegli incontri, a quelle cene, con Marotta, braida, con tutti i gran-di del calcio, era bellissimo. cercavo di captare e di carpire il meglio da ognuno di loro ed è lì che ho iniziato ad avere credibilità anche nei confronti dei ragaz-zi. Per me Galliani è un maestro, mi ha visto ragazzino sui campi, a cercar gio-catori a poco più di vent'anni, e mi ha insegnato tantissimo. È stato, ed è, come stare all'Università”.

Un rapporto però non univoco.“chiaro: è molto severo, ma di grande umanità. Pretende tanto, e mi ha dato consigli importanti su come affrontare il lavoro”.

Lei è molto giovane: l'aiuta questo nel lavoro?“È un certo vantaggio, senza dubbio. Per i ragazzi sono un fratello più grande; cerco sempre di accontentarli ma chiedo loro professionalità, sempre. Se dimo-strano di essere ragazzi seri, ecco che mi trovano notte e giorno”.

Lei è stato, ed è tutt'ora, intermediario di trattative di spessore mondiale.“Ho vissuto davvero grandi esperienze e, ripeto, veder lavorare Galliani sul campo mi ha dato ed insegnato tanto. non ti dà un centimetro, nulla è mai scontato”.

ha vissuto, in prima persona, il sogno Tevez per il Milan.“Una situazione dalla quale ho impara-to tanto. Ho cercato di capire la chiave giusta per portare avanti simili trattati-ve, sono esperienze che ti formano. e dire che aveva il volo già fatto, prenotato e fissato...”.

Il calcio è uno splendido mestiere. Che porta lontano.“Io, la mia macchina ed il cellulare. ecco un gran bel viaggio. durante le media-zioni, da diego Lopez a de Jong, da nocerino agli altri, vedi grandi città, alberghi, ristoranti e soprattutto hai una

“”ho fatto ogNi laVoroiN Vita mia,

dal magazziNiere al postiNo

MAESTRO GALLIANITanta la stima

nei confronti dell'Ad rossonero

ANCHE CAMERIERERiso si è impegnatoa fondo perdiventare agente

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componente fondamentale”.

Quale?“L'adrenalina. Ti fa amare questo lavoro perché lo cambia e lo muta continuamen-te. e ti porta sempre avanti anche se io non dimentico e non dimenticherò mai il passato. Lo tengo e lo terrò sempre den-tro, anche se guardo al futuro”.

Quali sono le differenze tra essere agente ed intermediario?“È cuore contro adrenalina. Il secondo è l'emozione di un attimo, di un giorno, di una settimana. Seguire il ragazzo da quando è giovanissimo sino agli esordi, nella buona e nella cattiva sorte è qual-cosa di impagabile. I ragazzi sono i miei campioni, per loro sono disposto a tut-to, voglio che siano uomini e per questo voglio crescerli al meglio, insieme a me. a loro chiedo sempre una cosa, prima di tutto: che cerchino di essere migliori, ogni giorno, fuori dal campo”.La lista dei ragazzi che segue è innu-

merevole. E tutti giovani.“con loro vivi emozioni impagabili. La prima di baselli in a non la dimentiche-remo mai ed è anche il mio primo assi-stito con una figlia. Segno che il tempo passa...”.

ha portato pure Cristante in Portogal-lo, al Benfica.“Mio fratello vive con lui, a Lisbona. a diciannove anni ha cambiato tutti, per

questo ci sono anche dei momenti com-plicati ed è giusto seguire i ragazzi nel bene e nel male”.

non vogliamo dimenticare nessuno.“Ho un ricordo, splendido, per ognuno di loro. La prima di cristante con gol. L'e-sordio di dimarco con l'Inter, la prima di baselli in a, quella di Sampirisi, Valoti con il Verona ma pure Petagna in cham-pions, le emozioni vissute e quelle che vivrò con Gollini, almici, caracciolo, ca-pezzi, Gagliardini, Vrsaljko, Pinato, Kin-glsey boatent, Modic... nelle mediazioni hai rapporti coi grandi club, coi grandi dirigenti, cresci in modo esponenziale. Però i ragazzi, anche se ti assorbono tanto tempo e tante energie, ti ripagano in un modo unico, speciale”.

ha un modello?“cerco, come ho sempre fatto in qualsiasi ambito, di prendere il meglio da ognuno. da uno la grinta, dall'altro la passione, dall'altro le capacità di relazionarsi. Sta-

I RE dEL MERCATO / GIUSEPPE RISO

“”fare da iNtermediario dà adreNaliNa, ma seguire iragazzi è uN'emozioNe

impareggiabile

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SEMPRE AL LAVORONon c'è pausa

nel mestiere cheha scelto Riso

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SI GuARDA AVANTIRiso ha ancora

tanti sogni da realizzare

I RE dEL MERCATO / GIUSEPPE RISO

Intervista di Marco Conterio

re, nei primi anni, al tavolo dei grandi, con la possibilità di osservarli, guardarli, scrutarli, studiarli, mi è servito tantissi-mo. È stata quella una vera palestra, una vera scuola”.

Quello d'oggi, però, non è più il calcio di allora.“Mi sono innamorato di un pallone più genuino, coraggioso, è vero. Fa rabbia vedere che, coi giovani, non c'è continu-ità di progetto. Perché prenderli e lan-ciarli in prima squadra è semplice. Il vero coraggio sta nel proteggerli dai loro er-rori, nel dar loro fiducia nonostante gli sbagli. ora si deve dare tutto e subito, senza possibilità di seconde possibilità”.

Prima ci raccontava dei viaggi. Il cal-cio è fatto anche di grandi incontri.“Una persona mi ha impressionato, tra tante. Mijatovic, allora direttore sporti-vo del Real Madrid, col quale parlammo di Kakà. Un ragazzo di grande spessore umano, di profonda intelligenza”.

La filosofia con cui lei, con la sua GRSports, vuol crescere e seguire i

vostri ragazzi.“non vogliamo essere un riferimento me-ramente calcistico ma seguire il ragazzo in tutto e per tutto”.

non per altro siete una delle agenzie più moderne d'Italia.“La gestione è a trecento sessanta gra-di: dall'immagine, ai social (GRSports è su Twitter, @GRSPortsAgency), dagli sponsor tecnici e non a tutto ciò che non concerne il gioco. Il ragazzo deve pensa-re solo a scendere in campo”.

non è da solo.“chiaro: con me c'è tutto lo staff dell'a-

genzia, come cristiano Pavone e Fulvio Frangiamone, per esempio. Fulvio è stato lo storico agente di Luiso, di carlo, Gio-vanni Lopez, Mirko conte, boselli, borto-luzzi, Sullo, Galeoto, Valoti”.

A lei chi sarebbe piaciuto assistere, del passato?“Gattuso, senza dubbio”.

Chiudiamo le finestre, Riso?“Solo per adesso. non mi fermo mai, guardo sempre al futuro”.

E suona il telefono. C'è sempre un nuovo orizzonte da scoprire, oltre la tenda.

I RE dEL MERCATO / GIUSEPPE RISO

TuTTO PER IL CALCIATORERiso segue i propriassistiti a 360 gradi...

“”la grsportssegue ilragazzo a360 gradi:

loro peNsiNo solo a giocare

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L’UOMOBIAnCO/nERO

INTERVISTA A LILIAN THURAM, PROTAGONISTA DELLA JUVE DI LIPPI

CHE OGGI HA CAMBIATO VITA…

di Sergio STanco

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I GIGAnTI DEL CALCIO

LILIAN THURAMSIMBOLO

Thuram è emblema delcalcio francese maanche della lotta

alla discriminazione

I GIGAnTI dEL CALCIO / LILIAN THURAM

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on andare là, c’è l’uomo nero”. Quan-te volte abbiamo sentito dire que-sta frase da mam-me esasperate nel tentativo di tenere

sotto controllo il bambino discolo? Un retaggio del passato, Lilian Thuram la definirebbe una “questione culturale”, in realtà è l’anticamera del razzismo. Ed è questo che lui, oggi, combatte. Già, perché forse qualcuno se lo ricorda ar-cigno difensore della Juve, quello che lottava su ogni pallone con potenza sovraumana, ma probabilmente in po-chi sanno che, oggi, con la stessa forza, si erge a paladino dell’anti-razzismo. Anzi, dell’anti-discriminazione, come ci tiene a precisare. Thuram ci guida alla riflessione, alla scoperta dei nostri in-consci preconcetti, quelli che ci inducono ancora adesso, nel 2015, a distinguere gli uomini tra bianchi e neri. E nessuno più di lui, che di bianconero ha il cuore, può farlo meglio. L’abbiamo incontra-to poco prima del convegno “dialoghi sull’uomo” organizzato a Pistoia, al quale è stato invitato per la sua ope-ra di educazione che svolge quotidia-namente attraverso la sua Fondazione. Dopo anni spesi sul campo di calcio,

Thuram ha deciso di cambiare comple-tamente pagina, perché c’è qualcosa di più importante di cui occuparsi. Cam-biare il mondo.

Domanda secca: perché nel 2015 sia-mo qui a parlare ancora di razzismo? “Perché lo viviamo come se fosse una cosa molto lontana, ma in realtà è più vicino di quanto non sembri. Mia nonna ha vissuto il periodo post schiavitù, mia mamma ha vissuto la segregazione e non aveva diritto di voto, nel ’90 c’era an-cora l’apartheid, e io che sono del ’72 me lo ricordo bene quel periodo, i matri-moni gay in molti paesi non sono ancora ammessi. Tutto questo è successo in 100 anni, nulla rispetto alla storia dell’umani-tà. In realtà, volendo vedere il bicchiere

mezzo pieno, le cose si stanno evolvendo, finalmente. Ma devono evolversi, perché ciò che non cambia è morto. ci vorrà ancora del tempo, speriamo poco, ma ci stiamo lavorando (ride, ndr)”

A Pistoia hanno ideato una manife-stazione niente male… “Sì, davvero una bella iniziativa e spe-riamo che ce ne siano molte altre. biso-gna sensibilizzare, parlare di razzismo, omofobia e sessismo, perché non si tratta solo di bianchi e neri, tutta l’ignoranza e la discriminazione è da combattere. Io non faccio mai differenze e ogni volta che si parla di razzismo, aggiungo l’o-mofobia e il sessismo, perché non ci si di-mentichi di nessuno. È importante questo, perché siamo tutti uguali”.

Quanto ti ha aiutato il calcio ad esse-re accettato in ogni ambiente? “È chiaro che se sei calciatore è tutto di-verso, tutti ti riconoscono, dunque è più semplice. Ti racconto un aneddoto: una volta tornavo da Parigi in treno e alla stazione ho trovato la polizia che ferma-va tutti i neri e chiedeva loro i documenti. Mi sono arrabbiato. Ho detto loro: “ci volete fermare tutti? Solo perché siamo neri?”. Fermavano solo noi. Il poliziotto si è irritato: “non è vero, non dica que-

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BIANCONEROE’ alla Juve che Thuram

ha raggiunto l’apicedi successi nel

nostro paese

EMILIANO D’ADOzIONEParma è stata la

sua prima città italianae la prima squadra in A

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ste cose”. e io: “Si guardi intorno, quanti bianchi avete fermato?”. Poi sui docu-menti ha letto Thuram e si è affrettato a scusarsi e tranquillizzarmi. In molti c’è ancora la convinzione, a volte inconscia, che l’uomo nero sia più pericoloso. ed è una cosa da combattere, perché questo è il vero razzismo”.

Il calcio italiano non si distingue per essere un esempio in questo senso, visti i casi di razzismo sugli spalti… “Ma il calcio è semplicemente lo specchio della società. Se c’è razzismo nella socie-tà, ci sarà sempre anche nel calcio. non si può pensare di combattere ed educare solo i tifosi”.

E allora come si combatte questa bat-taglia? “Se guardiamo alla società, si può fare solo nelle scuole, spiegando ai ragazzi-ni che siamo tutti uguali fin da piccoli. noi non nasciamo razzisti, lo diventia-mo perché qualcuno ci condiziona. ed è questo da evitare, perché i bambini sono puri, sono gli adulti ad essere infetti. Per quanto riguarda il calcio, invece, non vedo altro modo che punire in maniera esemplare, cosicché funzioni da deter-rente per gli altri. Se qualcuno va allo stadio per buttare una banana, ormai non è recuperabile, ma bisogna evitare che a qualcun altro, in futuro, passi per la testa di imitarlo”.

E che ne pensi del fatto che in Inghil-terra si discuta dell’assenza di allena-tori di colore… “In che senso di colore? non capisco. Siamo tutti di colore. Intendi di colore nero o colore bianco?”.

Touché… “non ti preoccupare, ma come vedi il preconcetto è duro a morire, è insito in noi. non te ne faccio una colpa, ma ci dobbiamo impegnare tutti perché venga cancellato. e vedrai che a quel punto an-che in Inghilterra ci saranno allenatori di colore nero”.

E lei ha mai pensato di fare l’allena-tore? “no, perché ho sempre pensato di po-ter fare di più. Quando giocavo al bar-cellona un dirigente mi ha chiesto cosa volessi fare da grande. Gli ho risposto “cambiare il mondo”. e ci sto provando. credo che nella vita ci siano questioni più importanti da risolvere piuttosto che fare l’allenatore, preferisco dedicare il mio tempo a quelle”.

Ci racconti della tua fondazione? “Mah, cosa ti posso dire in pochi minuti, abbiamo quasi 10 anni di attività! di-ciamo che per ora ci siamo concentrati a fare interventi nelle scuole, per spie-

I GIGAnTI dEL CALCIO / LILIAN THURAMI GIGAnTI dEL CALCIO / LILIAN THURAM

GIOVANE LILIANun imberbe Thuram con la maglia delMonaco: dal Principatoha spiccato il volo

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I GIGAnTI dEL CALCIO / LILIAN THURAM I GIGAnTI dEL CALCIO / LILIAN THURAM

COnvEGnO PROFICUODi Sergio StancoDIALOGARE CON IL MONDO, NEL SEGNO DELCAMPIONE FRANCESE

SEMPRE InPRIMA LInEADi Sergio StancoTHURAM È, DA SEMPRE, UN’ICONA DELL’ANTI-DISCRIMINAzIONE

o-abitare: contro tutti i razzismi è il titolo dell’incontro con Lilian Thuram che si è svolto il 22 maggio nell’ambito della VI edizio-

ne del festival di antropologia di Pistoia - Dialoghi sull’uomo. Così l’organizzazione dell’evento ha spie-

gato la scelta di invitare l’ex calciatore: “Lilian Thuram, emigrato in Francia dalla Guadalupa all’età di 8 anni vive un’esperienza che lo segnerà nel profondo. Solo lì scopre di essere “nero” e questo lo porta a riflettere sulle diverse forme di razzismo. diventato campione del mondo con la nazionale francese nel 1998 e campione europeo nel 2000, nel 2008 si ritira dalla vita sportiva e s’impegna con la Fondazione che porta il suo nome, a combattere il razzismo e a educare le nuove generazioni a vivere insieme al di là delle differenze, soprattutto nei contesti abitativi marginali. co-abitare è importante per imparare a sconfiggere il razzismo e le diseguaglianze”.

santemente Sarkozy per gli incidenti scatenati nella banlieu di Parigi; nel 2006, invece, fece parlare di sé per aver invitato all’incontro di calcio tra le na-zionali di Francia e Italia 80 immigrati solo qualche giorno prima cacciati con la forza da uno stabile occupato abusivamente dall’allora Ministro degli In-terni Sarkozy. Thuram lotta contro pregiudizi che lui stesso ha vissuto, come lui stesso ha raccontato nel suo libro “Per l’uguaglianza”, che è una via di mezzo tra un’autobiografia e un documento programmatico: “È a Parigi che sono diventato nero”, ha detto alla presentazione del suo libro. A noi, invece, ha detto: “Perché non sono rimasto nel mondo del calcio? Sem-plice, perché ho cose più importanti di cui occuparmi”. Difficile dargli torto…

on è solo questione di bianchi o neri – ci ha ripetuto quasi ossessivamente Thuram durante l’intervista – ma anche di uomini e

donne, omosessuali ed eterosessuali. Io parlo sempre di discriminazione, mai di razzismo. ogni volta che si combatte questa battaglia, bisogna sempre citare anche il sessismo e l’omofobia. Sempre”. E quelle di Lilian non sono solo chiacchiere: nel 2005 criticò pe-

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FASHIONSempre preciso e attento

anche al look: Thuramè anche un’icona sexy

del suo paese…

CALCIATORE E FUORICLASSEDi Sergio StancoUNA CARRIERA SUBLIME PER UN GIOCATORE UNICO…

huram, tuttavia, è stato anche un grandis-simo campione. Potremmo tranquillamente definirlo un fuoriclasse, perché non devi per

forza essere un bomber per meritarti il titolo. E tra l’altro, se pensate che – con una doppietta in semifi-nale contro la Croazia - è stato proprio lui a portare la Francia in finale della Coppa del Mondo (poi vin-ta), anche quest’etichetta gli starebbe tranquillamen-te bene appiccicata addosso. È cresciuto nel Monaco, poi è passato nel Parma nel 1996, quando il Parma faceva parte delle cosiddette 7 sorelle (le squadre che ai tempi lottavano per lo scudetto: Juve, Milan, Inter, Fiorentina, Roma, Lazio e Parma, appunto). Con

T

i gialloblù ha vinto una Coppa Uefa, poi dall’Emilia è passato alla Juve di Lippi nel 2001, una squadra fantasmagorica: Buffon, Thuram, Ferrara, Cannava-ro, zambrotta, Camoranesi, Conte, Davids, Nedved, Trezeguet, Del Piero (solo per fare un’ipotetica Top 11 dalla quale resterebbe fuori gente come Montero, Ibrahimovic, Emerson e molti altri). Con quella squadra vince due scudetti (più uno revocato causa Calciopoli) e arriva in finale di Champions. Per molti troppo poco per la qualità della rosa. E’ con la nazionale francese, però, che si toglie le maggiori soddisfazioni: vince il Mondiale nel 1998 e l’Europeo nel 2000 (quello con-tro l’Italia con golden gol di Trezeguet nei supplemen-tari). Nel 2006 passa al Barcellona fino al 2008. A fine stagione firma per il PSG, ma non ci giocherà mai perché al momento delle visite mediche gli trovano una malformazione congenita al cuore (la stessa che due anni prima era costata la vita al fratello). Dice addio al calcio e inizia la sua “nuova vita”.

LA FOnDAZIOnEThURAMDi Sergio StancoNIENTE PIù CALCIO MA TANTO IMPEGNO NEL SOCIALE…

ilian Thuram non è solo un ex calciato-re, ma anche un’icona dell’anti-razzismo, come testimonia la fondazione che por-ta il suo nome, da lui creata, che come

oggetto sociale ha l’educazione contro il razzismo. “noi non nasciamo razzisti, lo diventiamo”, è una frase che Lilian ci ha detto durante l’intervista e che ci è rimata impressa, ma anche una potenzia-le via d’uscita da questo labirinto in cui la storia dell’umanità ci ha costretto: “Il razzismo è una co-struzione intellettuale e soprattutto politica – il pen-siero di Ives Coppens, paleoantropologo nonché membro del Comitato scientifico della fondazione – noi dobbiamo prendere coscienza che la storia ci ha condizionati di generazione in generazione e ci ha indotti a vederci l’un l’altro come neri, bian-

L

chi, maghrebini, asiatici. È importante comprendere come si sono formati i nostri pregiudizi, solo così li possiamo distruggere”. E Thuram per combatterlo si è contornato di specialisti, professionisti, lumina-ri: nell’associazione, infatti, lavorano antropologi, sociologi, psichiatri dell’infanzia, psicologi e altri esperti. Un fuoriclasse del calcio in una squadra di fuoriclasse dell’anti-razzismo, una partita che si può e si deve vincere. Tra i progetti più riusciti della Fondazione, il libro “Le mie stelle nere – da Lucy a barak obama” che è stato insignito del pre-mio Seligmann contro il razzismo nel 2010 (in Italia ADD editore). Ma questo è solo uno dei tanti pro-getti dell’associazione, che ovviamente ha in Lilian Thuram un ambasciatore DOC: l’ex bianconero non perde occasione per visitare scuole, partecipare a dibattiti e manifestazioni anti-razziste. E non a caso abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo proprio alla vigilia del convegno “dialoghi sull’uo-mo”, che si è tenuto a Pistoia dal 22 al 24 maggio, in cui Thuram – come spesso gli accade – ha con-quistato tutti i presenti.

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I GIGAnTI dEL CALCIO / LILIAN THURAMI GIGAnTI dEL CALCIO / LILIAN THURAM

ROCCIATosto in campo, maanche fuori: oggi Thuram si schierain difesa deipiù “deboli”

gare ai ragazzini la storia dell’umanità e che non c’è nessuna differenza tra es-seri umani. Partecipiamo a convegni ed esposizioni, pubblichiamo libri perché vogliamo abituare la gente a pensare in maniera diversa. Sono contento, perché vedo che il nostro impegno sta dando i suoi frutti”.

hai mai l’impressione che l’uguaglian-za sia un obiettivo irraggiungibile? “Ah, no, mai, che sia difficile sì, ma non impossibile, altrimenti starei solo perden-do il mio tempo. Invece io ci credo ecco-me che un giorno si possa essere consi-derati tutti uguali, bianchi, neri, uomini, donne, omosessuali e eterosessuali. Ma a te sembra possibile che nel 2015 ci sia ancora differenza tra uomo e donna? Io lo trovo assurdo”.

La vittoria del Mondiale del ’98 con una squadra multietnica è stato un orgoglio maggiore per te? “cosa intendi per multietnica? cos’è un’etnia se non un modo per catalogare delle persone? e questo non è razzismo? a volte ho la sensazione che si usi l’et-nia per nascondere neri, bianchi e così via. Tutte le squadre del mondo e tutte le nazionali sono ormai multietniche, e lo sono sempre state, perché ognuno ha la sua storia e la sua cultura. Quella per noi è stata semplicemente una bellissima avventura e una grandissima gioia, ma ti assicuro che non abbiamo mai pensato di essere diversi l’uno dall’altro, altrimenti non avremmo mai vinto”.

Sei uno che non si tira indietro quan-do c’è da lottare per cause giuste, hai mai avuto la sensazione che il tuo im-pegno sia sgradito? “So bene che non si può sperare di pia-cere a tutti, l’unanimità non esiste, ma non sarà certamente questo a fermarmi, perché sono sicuro di essere dalla parte del giusto”.

Il sogno dell’uomo Thuram… “Il mio sogno è che a scuola, ai ragazzi, un giorno s’insegni la storia dei poveri e non quella dei ricchi. bisogna raccontare la lotta che i nostri avi hanno fatto per affermare un principio, quello dell’ugua-glianza, che non dovrebbe aver bisogno di lotte per essere certificato”.

Ti sei ritirato per un problema fisico.

Quanto è stato difficile smettere di fare il calciatore? “Per me è stato facilissimo, anzi scopri-re la malformazione al cuore mi ha reso tutto più agevole. credo che sia stata la mia fortuna, forse un segno del destino che il mio tempo era arrivato ed era ve-nuto il momento di dedicarmi ad altro. Se non fosse successo quello che è successo, forse sarei andato avanti a giocare fino alla vecchiaia: sai che tristezza (ride, ndr)?”.

Questa è d’obbligo: gli 11 ex compa-gni che metteresti nella tua formazio-ne ideale. Portiere? Difesa? Centro-campo? Attacco? “Ma stai scherzando? Io ho giocato con i giocatori più forti al Mondo, come faccio a scegliere (ride, ndr)? Probabilmente ne farei 3 o 4 di squadre, tutte quelle in cui ho giocato. Ho iniziato al Monaco, io ero in panchina ma quella squadra è arrivata in finale di Coppa delle Cop-pe. Poi sono andato al Parma e ho vinto una coppa Uefa, da lì alla Juve, con la quale ho conquistato tre scudetti e sono arrivato in finale di Champions. E infine ho chiuso nel barcellona in cui giocava-no Ronaldinho, Messi, Xavi ed eto’o. nel mentre ho vinto una coppa del Mondo e un europeo. come faccio a sceglierne 11? È impossibile!”.

Torniamo per un attimo al calcio: ti ha sorpreso la Juve quest’anno? “non sono così aggiornato da poterti dare un commento tecnico, ma mi sem-bra che in Italia è già qualche stagio-ne che domina, significa che ha qualità. D’altronde in finale di Champions non ci si arriva per caso. non credo che possa definirsi una sorpresa”.

Molti dicono che la tua Juve era mol-to più forte di questa, eppure non è che abbia vinto molto, soprattutto in Europa… “Ma stai scherzando vero? anche noi siamo arrivati in finale di Champions!”.

Sì, ma l’avete persa e per di più da favoriti… “In una finale non esistono favoriti, il bel-lo del calcio è proprio che può succedere di tutto. certo, noi abbiamo perso quella partita, ma fino lì ci siamo arrivati. Ad inizio anno sono centinaia le squadre che sognano di arrivarci”.

Buffon recentemente ha detto che la difesa attuale è la più forte con la quale abbia mai giocato, ma Buffon-Thuram-Ferrara-Cannavaro-Zambrot-ta che difesa era? “Gigi ha detto questo? e ha fatto bene, perché adesso siamo nel 2015 ed è giu-sto che dica così, perché quelli ora sono i suoi compagni. e poi per me Gigi è un grande, ha sempre ragione (ride, ndr)”.

Se la Juve ti chiedesse di fare il testi-monial, magari anti-razzismo? “ne sarei onorato. Qualora arrivasse la proposta, la valuterei”.

Sai che la Juve prima di ogni partita manda in onda uno spot antirazzi-smo sul tabellone dello Stadium? “no, non lo sapevo, ma questo mi rende ancora più fiero della mia Juve”.

E la Juve e i suoi tifosi dovrebbero es-sere orgogliosi di aver avuto tra i loro idoli un calciatore dalle qualità tecni-che eccezionali, ma dalle doti morali ancor più straordinarie…fo

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uando il Liverpool alza la sua prima Coppa dei Campioni nel 1977 il Forest, squadra di Nottingham, città resa famosa dalle gesta di Robin Hood, riesce a conquistare la promo-

zione in First Division. Sotto la guida tecnica di Brian Clough, ex bomber, poi passato da allenatore dai fasti col Derby County al fal-limento di Leeds, i Reds delle East Midlands hanno messo insieme una squadra di tutto rispetto. In porta c’è il nazionale Peter Shil-ton, arrivato dallo Stoke, poi c’è un misto tra giocatori esperti come Lloyd e Burns, gio-catori “di categoria” esplosi come Robertson e Martin O’Neill e giovani emergenti come Garry Birtles e Tony Woodcock, entrambi nativi di Nottingham. Da neopromosso, il Forest stupisce tutti, vincendo la Coppa di Lega e, quel che più conta, il titolo di campio-ne d’Inghilterra con sette punti di vantaggio sui bicampioni d’Europa del Liverpool.L’edizione 1978-79 della massima compe-tizione europea, vede quindi due inglesi al via ai sedicesimi di finale, ma dopo il primo sorteggio è chiaro che una sola delle due andrà agli ottavi, perché Forest e Liverpo-ol si incontreranno il 13 settembre al City Ground e due settimane dopo ad Anfield. Nonostante le vittorie domestiche, il Not-tingham rimane sfavorito, per la scarsissima esperienza internazionale. Tuttavia, il giova-ne Birtles si presenta al confronto con un gol, raccogliendo il passaggio di Woodcock per battere Clemence. Il Liverpool non riesce a invertire l’inerzia e nel finale ancora Birtles approfitta di un errore difensivo, serve Wo-odcock che fa il secondo assist, stavolta per la volée di Barrett. Il 2-0 è risultato difficile da rimontare, ma Anfield e la sua Kop ci credo-no. Dall’altra parte, quella che può sembrare poco più che una “provinciale” ha i nervi per resistere, cercare il duello fisico a centro-campo con giocatori più tecnici e riuscire a mantenere la propria rete inviolata, non senza un pizzico di fortuna sotto forma dei legni della porta di Shilton. Il primo turno, preceduto dal preliminare in cui il Monaco elimina la Steaua, è pieno di sorprese, al di là del derby inglese. I finalisti uscenti del Bru-ges vincono di misura con il Wisla Cracovia, 2-1 in casa, e a dieci minuti dalla fine sono sull’1-1 in Polonia. Le reti nel finale di Lipka e Krupinski danno il passaggio del turno agli outsider dell’est. La Juventus, il cui blocco ha ben figurato al recente mondiale argentino, sconfigge i Rangers Glasgow all’andata, con un gol di Virdis dopo un paio di errori cla-morosi di Bettega. In ritardo di condizione, con la Serie A che inizia quando entrambe le sfide con gli scozzesi saranno passate in archivio, Trapattoni commette anche l’errore di lasciare in panchina il combattivo Benetti.

A Glasgow si mette in mostra il solo Causio, Tardelli e Cabrini steccano, Zoff non può fare nulla sulle conclusioni – una per tempo – di McDonald e Smith, le uniche degli scozzesi nello specchio della porta. Passa così la squa-dra nettamente inferiore ed è un vero pecca-to per la Juventus, viste le altre eliminazioni eccellenti e il lotto di squadre che troveremo ai quarti di finale.Una sola sfida del primo turno, quella tra Di-namo Dresda e Partizan Belgrado, termina ai rigori con la vittoria dei primi. Il Bohe-mian Dublino passa grazie ai gol in trasfer-ta sull’Omonia Nicosia, mentre il ritorno di una rappresentante albanese, il Vllaznia, è ottimo all’andata con il 2-0 sull’Austria Vien-na, che comunque passa il turno grazie al 4-1 del ritorno. Esce il Monaco, che perde in casa 1-0 con il Malmö dopo lo 0-0 in Sve-zia. Raccolgono caterve di palloni nel sacco i portieri di Niedecorn e Valletta, eliminati rispettivamente da Real Madrid e Grasshop-per. Spagnoli e svizzeri si incontrano poi agli ottavi, i Blancos di Madrid sono l’unica squa-dra rimasta in lizza ad avere vinto la coppa in passato. Qui si consuma un’altra sorpresa: il Real vince l’andata 3-1, ma ad Hardturm splende la stella del ticinese Claudio Sulser, studente di legge con l’hobby del gol (oggi è uno degli avvocati più in vista di Lugano). Il bomber svizzero segna l’1-0 all’inizio e il gol-qualificazione a tre minuti dal fischio finale. Brandts, Portvliet, i gemelli van de Kerkhof sono vice-campioni del mondo e giocano nel PSV campione d’Olanda. Anche per loro ar-riva un’eliminazione sorprendente per mano dei Rangers. Eppure, a un quarto d’ora dalla fine gli scozzesi sono fuori, sotto 2-1 dopo lo 0-0 in casa ma Watson e Russell nel finale ri-baltano incredibilmente il punteggio.I grandi nomi che lasciano la competizione non sono finiti. La Dinamo Kiev viene eli-minata dalla coppia-gol del Malmö Cervin-Kindvall, che porta il 2-0 svedese dopo lo 0-0 iniziale, giocato a Kharkov. Passano ai quarti anche Nottingham Forest - facile sull’AEK Atene - Austria Vienna, Dinamo Dresda, Wisla e una delle nuove favorite: il Colonia di Toni Schumacher, Bernd Schuster e Dieter Müller, che si sbarazza senza problemi della Lokomotiv Sofia. Si arriva così ai seguen-ti scontri diretti: Colonia-Rangers, Wisla-Malmö, Austria Vienna-Dresda e Notting-ham-Grasshopper. Come spesso accade, gli outsider non si ripetono nel turno successivo, e così gli svizzeri, nonostante il gol iniziale del solito Sulser, al decimo centro nella com-petizione, subiscono una pesante sconfitta al City Ground. Peggiore anche di quanto me-riterebbero, visto che il terzo e il quarto gol inglesi giungono negli ultimi cinque minuti. A Zurigo arriva l’undicesima rete del ticine-se, dal dischetto, ma O’Neill pareggia prima dell’intervallo e il risultato non cambia più. Il Colonia approda in semifinale di misura,

con i gol di Dieter Muller, uno in Germania e l’altro a Glasgow. I Rangers devono segnare tre reti per passare, arriva solo il gol di McLe-an nel finale. Rimonta il Malmö, 4-1 dopo la sconfitta 2-1 in casa del Wisla, non ci riesce invece la Dinamo Dresda, che sconfigge solo 1-0 l’Austria Vienna dopo l’1-3 all’andata. Per il calcio austriaco, con la Nazionale nelle pri-me otto del mondo in Argentina, è un gran-de momento.Tuttavia, l’Austria Vienna in semifinale non riesce a segnare nemmeno un gol in 180’ al Malmö e solo una rete di Hansson a inizio ripresa permette agli svedesi di raggiunge-re una storica finale, festeggiata da tutto il paese nordico. Più drammatica l’altra sfida, con il Nottingham che dopo 20’ è sotto 2-0 in casa, per i gol di van Gool e Muller. Un tiro di Bowyer e due gol di testa di Birtles e Robertson, permettono a Clough di respira-re, ma nel finale arriva il 3-3 del panchinaro giapponese Okudera con un tiro dalla di-stanza. A questo punto i tedeschi sembrano in netto vantaggio, ma una classica partita da trasferta di Clough rende loro le cose diffi-cili. Strette marcature a uomo, specialmente su Muller, bloccano gli attacchi del Colonia, ma lo 0-0 manderebbe comunque in finale i teutonici. Ci pensa ancora Bowyer a segna-re il gol decisivo, su azione di corner e così la Coppa dei Campioni 1979 vede una ine-dita finale tra Nottingham Forest e Malmö, all’Olympiastadion di Monaco. Le due squa-dre vi arrivano in modo diverso: gli svedesi devono fare a meno dei centrali Bo Larsson e Andersson, infortunati, e perdono anche il capitano Tapper alla vigilia. Gli inglesi inve-ce possono contare sul neoacquisto Trevor Francis, per la cui cessione si è frantumato il muro del milione di sterline. Arriva a genna-io dalla NASL, dai Detroit Express e la FIFA stabilisce che non può giocare per altri tre mesi dopo il suo ingaggio. In pratica, può esordire in finale, dove mancano O’Neill e Archie Gemmill. Nonostante tutto, gli sve-desi riescono a imbrigliare il Forest e Clou-gh appare preoccupato a bordo campo. Nel recupero del primo tempo John Robertson, uno che prima dell’arrivo di Clough era un’a-la sovrappeso di Second Division, supera due svedesi a sinistra e crossa in mezzo. Möller non esce, sul secondo palo è appostato tutto solo Francis che di testa sigla il gol dell’1-0. Nella ripresa è il Forest a mancare il 2-0 con Birtles e Robertson, il Malmö non si ren-de pericoloso. I tantissimi inglesi presenti all’Olympia possono così festeggiare una del-le più insperate vittorie in Coppa dei Cam-pioni. Tra Liverpool, Real Madrid e Juventus, con il Bruges di Happel vicecampione, ha prevalso una provinciale inglese che in due anni è passata dall’equivalente della Serie B italiana al tetto d’Europa. In Inghilterra, il ti-tolo è andato al Liverpool, con il Nottingham secondo. Come dire, il duello continua.

SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI/ 1978-1979SPECIALE STORIA - COPPA DEI CAMPIONI

IL MIRACOLOFOREST

QJUVENTUS ELIMINATA DAI RANGERS IN UN’EDIZIONECHE POTEVA PORTARE GRANDI FRUTTI AI BIANCONERI…

di Gabriele PORRI

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FRANCIS, ARMA NOTTINGHAMStella del Forest,

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SPECIALE COPPA DEI CAMPIONI/ 1978-1979

AUSTRIA VIENNA-MALMÖ 0-0

Mercoledì 11 aprile 1979, ore 19:30VIENNA (Stadio "Prater")Arbitro: Alojzy JARGUZ (POL)Spettatori: 65.000

AUSTRIA VIENNA: Hubert BAUMGARTNER, Robert SARA (cap.), Erich OBERMAYER, Gün-ther POSPISCHIL, Ernst BAUMEISTER, Josef SARA, Thomas PARITS, Herbert PROHASKA, Karl DAXBACHER [61' Franz ZACH], Felix GASSE-LICH, Walter SCHACHNERCommissario tecnico: Herman STESSL.

MALMÖ: Jan MÖLLER, Roland ANDERSSON, In-gemar ERLANDSSON, Roy ANDERSSON, Magnus ANDERSSON, Staffan TAPPER (cap.), Krister KRI-STENSSON, Kent JÖNSSON, Tommy HANSSON [73' Thomas ANDERSSON], Tore CERVIN, Jan Olov KINNVALLCommissario tecnico: Robert HOUGHTON.

Ammonito: 54' Tommy HANSSON.

NOTTINGHAM FOREST-COLONIA 3-3 (1-2)

Mercoledì 11 aprile 1979, ore 19:30NOTTINGHAM (Stadio "City Ground")Arbitro: Antonio DA SILVA GARRIDO (POR)Spettatori: 40.804

NOTTINGHAM FOREST: Peter SHILTON, Co-lin BARRETT, Ian BOWYER, John MC GOVERN (cap.), Laurence LLOYD, David NEEDHAM, Mar-tin O'NEILL, Archibald GEMMILL [43' Frank CLARK], Garry BIRTLES, Anthony WOODCOCK, John ROBERTSONCommissario tecnico: Brian CLOUGH.

COLONIA: Harald SCHUMACHER, Harald KO-NOPKA, Herbert ZIMMERMANN, Bernd SCHU-STER, Roland GERBER, Bernhard CULLMANN (cap.), Roger VAN GOOL, Jürgen GLOWACZ [80' Yasuhiko OKUDERA], Dieter MÜLLER, Herbert NEUMANN, Dieter PRESTINCommissario tecnico: Hennes WEISWEILER.

Reti: 6' Roger VAN GOOL, 19' Dieter MÜLLER, 27' Garry BIRTLES, 53' Ian BOWYER, 62' John RO-BERTSON, 81' Yasuhiko OKUDERA.

NOTTINGHAM FOREST-MALMÖ 1-0 (1-0)

Mercoledì 30 maggio 1979, ore 20:15MONACO (Stadio "Olympia")Arbitro: Erich LINEMAYR (AUT)Spettatori: 68.000

NOTTINGHAM FOREST: Peter SHILTON, Vivian ANDERSON, Frank CLARK, John MC GOVERN (cap.), Laurence LLOYD, Kenneth BURNS, Trevor FRANCIS, Ian BOWYER, Garry BIRTLES, Anthony WOODCOCK, John ROBERTSONCommissario tecnico: Brian CLOUGH.

MALMÖ: Jan MÖLLER, Roland ANDERSSON, Ingemar ERLANDSSON, Kent JÖNSSON, Magnus ANDERSSON, Staffan TAPPER (cap.) [34' Cla-es MALMBERG], Anders LJUNGBERG, Robert PRYTZ, Tommy HANSSON [82' Thomas ANDERS-SON], Tore CERVIN, Jan Olov KINNVALLCommissario tecnico: Robert HOUGHTON.

Rete: 45'+2 Trevor FRANCIS.

MALMÖ-AUSTRIA VIENNA 1-0 (0-0)

Mercoledì 25 aprile 1979, ore 19MALMÖ (Stadio "Malmö")Arbitro: Robert WURTZ (FRA)Spettatori: 25.239

MALMÖ: Jan MÖLLER, Roland ANDERSSON, Ingemar ERLANDSSON, Roy ANDERSSON, Ma-gnus ANDERSSON, Staffan TAPPER (cap.), Anders LJUNGBERG, Kent JÖNSSON, Tommy HANSSON, Tore CERVIN [80' Thomas ANDERSSON], Jan Olov KINNVALLCommissario tecnico: Robert HOUGHTON.

AUSTRIA VIENNA: Hubert BAUMGARTNER, Robert SARA (cap.), Erich OBERMAYER, Gün-ther POSPISCHIL, Ernst BAUMEISTER, Josef SARA, Thomas PARITS, Herbert PROHASKA, Karl DAXBACHER [55' Franz ZACH], Felix GASSE-LICH, Walter SCHACHNERCommissario tecnico: Herman STESSL.

Rete: 47' Tommy HANSSON.Ammonito: 72' Erich OBERMAYER.

COLONIA-NOTTINGHAM FOREST 0-1 (0-0)

Mercoledì 25 aprile 1979, ore 20COLONIA (Stadio "Müngersdorfer")Arbitro: Nicolae RAINEA (ROU)Spettatori: 60.000

COLONIA: Harald SCHUMACHER, Harald KO-NOPKA, Herbert ZIMMERMANN, Gerhard STRACK, Bernd SCHUSTER, Bernhard CUL-LMANN (cap.), Roger VAN GOOL, Jürgen GLO-WACZ [65' Yasuhiko OKUDERA], Dieter MÜLLER [40' Heinz FLOHE], Herbert NEUMANN, Dieter PRESTINCommissario tecnico: Hennes WEISWEILER.

NOTTINGHAM FOREST: Peter SHILTON, Vivian ANDERSON, Frank CLARK, John MC GOVERN (cap.), Laurence LLOYD, Kenneth BURNS, Martin O'NEILL, Ian BOWYER, Garry BIRTLES, Anthony WOODCOCK, John ROBERTSONCommissario tecnico: Brian CLOUGH.

Rete: 65' Ian BOWYER.Ammoniti: 35' Harald KONOPKA, 78' Martin O'NEILL.

SEMIFINALE 1 SEMIFINALE 2 FINALE

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PIETRO PAOLO VIRDIS

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ACCADDE A.../eSTaTe ITALIANA

n piena estate la fre-nesia di tutti gli ap-passionati del pallone viene placata soltanto in parte dai primi con-fronti amichevoli tra le squadre, solitamen-

te zavorrate da una preparazione fisi-ca ancora acerba. Allora ecco che, ad agosto, scendono come una benedizione le Supercoppe. Sul modello della Com-munity Shield inglese, il più antico appun-tamento in questo senso (la prima edi-zione è datata 1908), la maggior parte delle federazioni calcistiche organizza una sfida tra la vincitrice del campionato e quella della coppa nazionale, spesso come ouverture della stagione ufficiale.L’Italia non si sottrae a questa tradizione dal giugno del 1989, quando, da un’i-dea del giornalista Enzo D’Orsi, venne concepita e disputata la prima Super-coppa Italiana tra la Sampdoria, vinci-trice della Coppa Italia, e il Milan cam-pione d’Italia. Se, almeno inizialmente, la nuova rassegna non raccoglieva grande attenzione, in seguito la Supercoppa divenne un evento di grande interesse, come testimonia l’eterogeneità interna-zionale delle sue sedi. La prima volta in assoluto all’estero cade nel 1993, con il RFK Stadium di Washington ad ospitare la manifestazione; seguiranno, una volta compresone il potenziale economico, East Rutherford, Tripoli, Doha e Pechino. A proposito di Cina, sarà proprio il paese mandarino ad ospitare la 28ª edizione della Supercoppa nostrana, che vedrà sfidarsi la Juventus di Allegri e la rive-lazione Lazio, che si presenterà come finalista perdente della Coppa Italia in una sorta di replay dell’ultimo atto del-la coppa nazionale. I bianconeri, infatti, hanno conseguito il double – o doblete da quando la recente supremazia iberi-ca nel calcio impone un certo numero di spagnolismi – e mirano ad ottenere una tripletta tutta italica. È già avvenuta una coincidenza simile? Scandagliamo gli ar-chivi.

vERSO IL nUOvO MILLEnnIOSfogliando gli almanacchi, scopriamo che ad inaugurare questa particolarità fu proprio la Vecchia Signora. Vincitrice di entrambi i tornei federali nel 1995, la Juventus si trova ad affrontare il Parma, medaglia d’argento nella Coppa Italia 1994-95 (chi scrive prova forte dispia-

visione dettata dalle sentenze della giu-stizia sportiva, che impone, soprattutto, la revoca dello Scudetto alla Juventus di Moggi. Succede così che l’Inter, trionfa-trice della Coppa Italia in finale contro la Roma, si ritrovi ad essere anche prima in campionato, avendo concluso la sta-gione regolare al terzo posto dietro ai bianconeri e al Milan, entrambi penaliz-zati. Il 26 agosto al Giuseppe Meazza, secondo norma, sono i giallorossi finali-sti perdenti a giocarsela con il biscione. Sembra definirsi tutto nel giro di mezz’o-ra, perché Mancini e una doppietta di Aquilani portano il risultato sul 3 a 0 per la Magica. L’Inter, però, è pazza, si sa, e recupera con Vieira (due reti) e Crespo. Si va ai supplementari ed è il 94’ quando Figo marca il goal che permette ai ne-razzurri di raggiungere il terzo successo iridato nella competizione.È il primo dei numerosi trionfi che negli anni a venire contraddistingueranno l’In-ter; l’apice è rappresentato dal 2010, da Mourinho e dal suo triplete, frutto di una stagione da vera schiacciasassi. Il cammino dei milanesi verso la Supercop-pa è messo alla prova ancora una volta dalla Roma, seconda classificata nella Coppa Italia 2009/2010. Riise fa e di-sfa, perché prima segna e in seguito, con un errore grossolano, permette a Pandev di pareggiare. Benitez, nuovo allenatore nerazzurro, incrocia le dita e poi ringra-zia Eto’o, autore della doppietta decisi-va per portare a casa la coppa. 3 a 1 e il 21 agosto vede l’ultima affermazione dell’Inter in questo contesto.Il dato che accomuna queste partite? Nessuna delle squadre detentrici del double ha perso mai la Supercoppa. Un motivo in più per guardare Juventus-La-zio, non credete?

Icere nel notare la forbice che divide l’at-tuale condizione dei crociati da quella di allora: un grosso “in bocca al lupo” ai parmensi). È lo Stadio delle Alpi ad ospi-tare la sfida, che non si svolge sotto la canicola agostina cui siamo abituati, ma al gelo insidioso del 17 gennaio 1996. Si spiegano grazie a questo dato, insie-me ad un certo disinteresse, i soli 5289 spettatori che assistono alla vittoria dei bianconeri in virtù della rete di Vialli, l’u-nica della gara: 1 a 0 e la Supercoppa prende casa a Torino.Dalla prima Capitale d’Italia passiamo a quella odierna, Roma, che l’8 settembre 2000 ospita la 13ª edizione di questo trofeo. A contenderselo sono la Lazio di Eriksson, che aveva trasformato le Aqui-le in veri rapaci in grado di firmare il primo – e, ad ora, l’unico - doblete della storia biancoceleste, e l’Inter della prima era Moratti. Il match richiama il pubbli-co delle grandi occasioni e si dimostra all’altezza delle aspettative: ben 7 le reti segnate, con la beneamata che pas-sa immediatamente in vantaggio in vir-tù della marcatura di Keane, vanificata dalla doppietta del Piojo López e dai goal dei futuri nerazzurri Mihajlović e Stanković. Lo spagnolo Farinós e la me-teora Vampeta fisseranno il confronto sul 4 a 3 in favore dei capitolini, un risultato che si riproporrà un paio di anni dopo in uno dei pomeriggi più dolorosi della storia dell’Inter, costretta a rinunciare ad uno Scudetto (quasi) già vinto. I meneghi-ni, però, avranno modo di rifarsi.

O MIA BELA MADUnInAÈ il 2006 e il calcio italiano ha appena subito l’onta del suo scandalo più profon-do, quello irreversibile di Calciopoli. La classifica della Serie A soffre di una re-

di Pierfrancesco TRoccHIACCADDE A...ESTATE ITALIANA

ANCORA JuVE?I bianconeri di Allegripuntano anche allaSupercoppa Italiana

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di Simone TonInaTo

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MANCINO DIVINO Bivi sapeva faredi tutto con il suo vellutatosinistro

i sono tanti modi per definire un attaccante. C’è l’opportu-nista, c’è quello bravo a gio-care di sponda, quello che preferisce partire da lontano e nel calcio di ieri c’erano il nove e l’undici, rispettiva-

mente prima e seconda punta. E poi c’è un’altra differenza, quella che dipende dal grado di “nobiltà” della casacca che si indossa. È questa la caratteristica che consente di distinguere un attaccante, da un attaccante di provincia. Ed Edy Bivi da Lignano Sabbiadoro è l’attaccante di provincia nella miglior accezione del termine.

Partiamo dal nome: Edy, corto almeno quan-to inusuale. Ma poi, si scrive Edy o Edi? Sa che non lo si trova mai due volte scritto nello stesso modo?“(ride, ndr) Mah, in realtà sulla carta d’identità ce l’ho con la y. Ma in fondo cambia poco, dai”.

nella stagione 1980/81 “Bivi con la y” gioca nel Mestrina, in serie C2. Poi, senza tappe in-termedie, attraversa l’Italia, dal veneto alla Calabria e direttamente in Serie A, tra le fila del Catanzaro…“Il salto fu enorme. dalla c2 alla a cambiò tut-to, responsabilità comprese, ma rimase identico il mio approccio nei confronti del calcio. È chiaro che per un ragazzo di 20-21 anni, tanti ne ave-vo all’epoca, il cambiamento era immenso, ma il gioco del calcio è semplice, sia a Mestre che a catanzaro servono sempre due porte e un cam-po di gioco. da quel punto di vista cambiava poco, ma, come dicevo, erano diverse le respon-sabilità, quelle si”.

C’era poi da raccogliere un’eredità impor-tante. Lei arrivava per sostituire Massimo

Palanca, che era andato al napoli. Fu effet-tivamente un peso ulteriore da sopportare?“Per rendere l’idea le racconto un episodio che mi è rimasto impresso. eravamo in ritiro in Friuli, amato, il massaggiatore che distribuiva le maglie per la partitella da fare contro una squadra del posto, tirò fuori la numero undici che era stata di Palanca e mi disse testualmente: ‘adesso vedi un po’ cosa vuoi fare’. non era un peso da poco, ma per fortuna poi andò abbastanza bene”.

La prima stagione in A inizia alla grande e ar-riva la convocazione con la nazionale Under 21, impegnata nell’Europeo di categoria…“Proprio così, nel giro di sei, sette mesi, finii pri-ma in a e poi in Under 21, che salto. Quando vesti la maglia della nazionale provi una gran-de soddisfazione, è l’apice della carriera per un giocatore. Tra l’altro l’esordio contro la Scozia si giocò proprio a catanzaro. In quella nazio-nale c’erano giocatori come baresi e bergomi, era una squadra importante, con giocatori bravi, bravi veramente. e oltre a me c’erano anche bor-ghi, Mauro e celestini, eravamo dei ragazzotti mezzi sconosciuti che giocavano nel catanzaro. In quella stagione ci facemmo conoscere e fu per noi un ottimo trampolino di lancio”.

vi faceste conoscere a suon di prestazioni. Lei segnò al Milan, all’Inter, al Toro, alla Roma, al napoli e non solo… “La verità è che andò tutto bene, oltre le più rosee aspettative. Una di quelle annate in cui le cose capitano al di là dei giocatori. nacque un’alchimia perfetta che consentì alla squadra di ottenere il settimo posto, miglior risultato di sempre. Fu un orgoglio per tutti, sia per noi che giocavamo che per la città”.

Orgoglio a parte, nella stagione di esordio

dalla c2 alla a cambiò tutto,

respoNsabilità comprese,ma rimase

ideNtico il mio approccio al calcio

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PRIMI PASSI VIOLABivi è cresciutonelle fila dellaFiorentina

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dio in a. arrivava a catanzaro dopo un’espe-rienza al Modena, era una persona tranquilla e capace, che aveva il suo modo di vedere le cose. Si trovò ad allenare una squadra piena di ragaz-zi giovani, anche se in difesa avevamo gente di esperienza, vedi i vari Santarini, Ranieri o Saba-dini che veniva dal Milan. era un mix e lui fu bra-vo a metterci del suo per trovare la quadratura del cerchio. Ma dal punto di vista della qualità, dell’intelligenza e del modo di vedere il calcio, credo che Galeone sia stato una spanna sopra tutti. aveva un modo di interpretare il calcio che

nella massima serie, segna subito dodici gol e arriva secondo nella classifica cannonieri, dietro a Roberto Pruzzo (Roma). D’estate ci sono i Mondiali, ma sia lei che Pruzzo restate a casa. Con un solo gol segnato in stagio-ne parte invece Massaro (Fiorentina). Aveva sperato nella convocazione? Come la prese?“erano tempi diversi. Si era più conservatori, e lo era anche chi faceva le selezioni. bearzot è stato un tecnico molto amato dalla gente, tra l’altro era friulano come me, quindi poteva met-terci una parolina (ride, ndr). Ma non era facile,

era avanti rispetto agli altri. È stato importante nella mia crescita e nella mia carriera. e credo sia stato importante, più in generale, per quel-lo che ha fatto nel calcio italiano, ovunque sia andato ad allenare. Un allenatore che io reputo uno dei migliori in assoluto”.

E invece, Bivi nei panni di allenatore…“Quando alleni, cambia tutto. La prima cosa sono le responsabilità, da calciatore sei un sin-golo, mentre l’allenatore deve essere capace di mettere d’accordo un gruppo, il ruolo è comple-

c’erano i blocchi di Juve, Inter e Milan e il fatto che giocassi nel catanzaro forse mi ha un po’ penalizzato. Ricordo che poi, anni dopo, quando Sacchi divenne cT, convocò tantissimi calciatori. In una situazione del genere forse avrei avuto qualche possibilità in più, ma ormai è andata così. ad ogni modo, non ho nulla da rimprove-rarmi, perché sul campo avevo fatto quello che dovevo fare”.

Ma dica la verità, nei suoi incubi c’è Paolo Rossi che alza la Coppa del Mondo al “Ber-

DOVE SONO FINITI/ EDY BIVI DOVE SONO FINITI/ EDY BIVI

NazioNale?c’eraNo i blocchi di JuVe, iNter e milaN e il fatto che

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nabeu”?“beh, insomma. Io ricordo che al posto mio partì per il Mondiale Franco Selvaggi (8 gol col Cagliari, contro i 12 di Bivi, ndr) e rimase per tutta la competizione in tribuna. Lo avrei fatto volentieri anche io e oggi sa-rei un campione del Mondo. È una cosa che ogni tanto nel corso degli anni mi è passata per la testa, però ormai è andata così e non ci posso fare più nulla. Mi consola e mi inorgoglisce il fatto che io sul campo ave-vo dimostrato di poter meritare quel posto. Ma le scelte le fanno gli altri e non si può interferire”.

Dopo la splendida annata, due retroces-sioni consecutive e iniziano i trasferi-menti. Prima Bari, poi: Triste, Cremona, Monza, ci racconti un po’…“dopo catanzaro ho girato e mi sono trovato bene ovunque. compagni, città, squadre, tutto è sempre andato per il ver-so giusto. Io non ho mai cambiato il mio approccio al calcio e ho sempre cercato di svolgere al meglio la mia professione. nes-suno mi ha mai regalato nulla e ciò che ho

tamente diverso. e oggi fare l’allenatore non è semplice anche per altri motivi, alle volte i meriti non vengono riconosciuti, con-tano le conoscenze. c’è gente capace che non riesce ad allenare, perché magari pri-ma delle idee vengono apprezzate doti che con il calcio c’entrano poco e questo mi di-spiace molto. Ho fatto qualche esperienza a livello dilettantistico e avrei voluto pro-vare tra i professionisti. Speravo di avere qualche possibilità, ma non è semplice, per tanti motivi”.

Senza pensarci, scelga un ricordo e un rimpianto…“Il ricordo migliore è sicuramente l’esor-dio in campionato al “San Paolo” contro il napoli nell’81. dai campi di Mestre o Trento, mi ritrovai davanti a un pubblico di 70.000 persone, sono cose che non si possono dimenticare. e poi quel napoli in difesa aveva Ruud Krol che era un naziona-le olandese, un grande giocatore. Se devo trovare un rimpianto, penso ad un mancato trasferimento. Un anno mi capitò di poter andare al Milan del presidente Farina o

fatto lo devo alle mie capacità e ai miei compagni di squadra. Sono contento di ciò che ho realizzato nella mia carriera”.

Poi la ingaggia il Pescara, con cui torna in Serie A, in compagnia di due grandi allenatori di oggi: Dunga e Allegri…“Pescara è stata una tappa importante, ba-sti pensare che sono arrivato qui nel ’90 e ancora non me ne sono andato. Tutt’ora vivo a Pescara. È una piazza bella per gio-care a calcio, è una bella cittadina, un posto di mare. calcisticamente c’erano tutti i pre-supposti per far bene e infatti l’esperienza fu ricca di soddisfazioni seppur a stagioni alterne. diciamo che i primi due anni sono stati molto positivi. e si, negli anni a Pesca-ra ho giocato con dunga e allegri, ma non c’erano solo loro. c’erano anche Righetti, Pagano, dicara, Siskovic e anche Stefano borgonovo. Sono passati giocatori impor-tanti e bravi, per me sono dei bei ricor-di, pieni di entusiasmo. Questa è una città che vive tutto con molta passione e credo che quella squadra abbia regalato molte emozioni, giocavamo un bellissimo calcio e

avevamo un grande allenatore”.

Oggi che nessuno deve impedirle di far gol, può confessarlo, qual era la sua specialità?“Di certo non potevo metterla sul piano fi-sico, ma ero un giocatore rapido e tecni-co e cercavo di sfruttare al meglio queste mie caratteristiche. Potevo esaltarmi in una squadra che proponeva un calcio offensivo sfruttando agilità e fantasia, se giocavo con una squadra che mirava a difendersi per ripartire in contropiede, chiaramente le mie qualità venivano un po’ meno”.

Adesso parliamo di allenatori: Bruno Pace è colui che la lanciò in A, Azeglio Vicini la convocò nella sua Under 21 e Giovanni Galeone la fece rinascere. Che ci dice di questi tre?“Tre profili completamente diversi. Vicini, poi, aveva un compito molto differente dagli altri due, perché una cosa è allenare una squadra di club, tutt’altro discorso è allenare una nazionale. bruno Pace era un tecnico emergente e come me era all’esor-

alla Roma, ma il catanzaro che deteneva il mio cartellino chiedeva un sacco di soldi, mi sembra di ricordare un qualcosa come quattro miliardi delle vecchie lire, e non se fece niente. all’epoca decideva la socie-tà, non c’erano svincoli e parametri zero, in una trattativa odierna forse sarei stato agevolato. chissà, andando in una gran-de società magari avrei potuto fare una carriera diversa. Ma, come dicevo prima, sono contento di ciò che ho fatto… anche se andare alla Roma o al Milan… ma non fa niente, ormai è andata così”.

Un’ultima cosa prima di salutarci: chi è Edy Bivi oggi e chi potrebbe essere oggi il nuovo Edy Bivi? “Parto dalla seconda e dico che i paragoni non mi piacciono. Spesso sono inopportu-ni, perché non c’è mai un giocatore ugua-le a un altro. Quindi, no comment. Su me oggi: sono un comune mortale con una vita normale e la speranza di allenare. Se non avrò possibilità, continuerò la mia vita con la mia famiglia, i miei amici e i miei cani. edy bivi è questo”.

RIGORISTA IMPECCABILE Dagli 11 metripochi avevanola freddezzadi Bivi...

GRANDE CON GALEONE A Pescaraha fattobenissimograzie almister...

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BEnITEZ, IL REALnEL DnA

CELEBRE LA SUA PASSIONE PERIL CIBO, VA PAzzO PER LACIOCCOLATA

Rosaurio Maudes, infermiera e tifosa del Real Madrid, ha avuto il suo bel da fare per stare appresso a suo fi-glio Rafa, nato il 16 aprile del 1960. Una piccola peste, il più scatenato dei tre, papà Francisco decide di incanalare questa vitalità trasmet-tendogli la passione per lo sport. Non solo calcio, ma anche nuoto e judo, senza dimenticare gli scacchi: una passione che il tecnico si porte-rà dietro per tutta la vita. Il calcio giocato gli dà soddisfazioni ma la passione per la panchina nasce pre-sto, il padre però lo vuole laureato e Rafa, dopo un anno di medicina, sceglie educazione fisica. Poliglotta, parla correttamente italiano e ingle-se, la sua lingua però è più tagliente di quanto si possa pensare. Numerosi i litigi in Premier quando allenava il Liverpool. Tensioni continue con Mou-rinho, da registrare anche screzi con sir Alex Ferguson e Sam Allardyce. Celebre anche la sua passione per la buona cucina, non sa fare a meno della cioccolata. Il Real ora ha fame di trofei, una buona forchetta come Rafa non può digiunare.

di Paolo BARDELLILIGASPAGnA

I liamo del club che ha vinto più Coppe Campioni/Champions League, squadra dalla tradizione enorme, un'icona. Ma il calcio sta diventando un aspetto colla-terale del carrozzone. Pochi mesi dopo la vittoria della Decima, l'ambiente in-torno alla squadra è diventato isterico, come se non fosse accettabile nessun risultato se non il trionfo. Chiamatelo blatterismo, chiamatelo calcio moderno, sta di fatto che tutto viene triturato alla velocità della luce, anche le persone. È successo a Carlo Ancelotti, che in due anni ha messo quattro trofei nella ba-checa blanca. A vedere il modo in cui è

stato cacciato dal Santiago Bernabeu verrebbe da pensare a una temporada disastrosa, invece ha chiuso ad appe-na due punti dal Barcellona campione di tutto, a margine una semifinale di Champions League. Risultato eccellente per qualsiasi club del globo, ma al Real il mondo non basta come testimonia il soprannome (portasfiga) Galacticos di qualche anno fa.Per comprendere cosa sia successo dobbiamo tornare indietro di qualche mese, quando tutto sembrava filare per il verso giusto. A ottobre un Clasico dominato ha fatto ben sperare, dalla vittoria Champions era passato poco tempo e tutto lasciava pensare a un'al-tra stagione di successi. Il giocattolo di Carletto però si era già rotto, la colpa però non è sua. Il Real Madrid forma-to 2013/2014 era un capolavoro di verticalità, ben mescolata con il gioco ampio e paziente di marca Ancelotti, lo abbiamo apprezzato al Milan e ora è prodotto doc apprezzato nel mondo.

Morbida e paciosa la gestione del pal-lone, a immagine e somiglianza dell'uo-mo scelto per accantonare gli spigoli di Mourinho, mai particolarmente amato in Spagna. L'estate scorsa però il Real Madrid ha pensato a tutto tranne che all'aspetto squisitamente calcistico, non discutiamo il valore di Kroos o James Rodriguez, bensì abbiamo dubbi cir-ca il loro innesto al posto di elementi chiave nello scacchiere. Il mondiale è stato dannoso per gli equilibri della casa blanca, le grandi giocate in Bra-sile hanno fatto del colombiano l'uomo immagine per ravvivare l'immagine del club, le magliette sono andate a ruba, ma il buon James è giocatore molto di-verso da quel Di Maria che consentiva di rovesciare il fronte dell'azione in un attimo. È il paradosso del Real Madrid, spendere fantastiliardi per poi ritrovar-si a giocare una semifinale Champions con l'ottimo difensore Sergio Ramos in mediana per mancanza di alternative a centrocampo.Con il trascorrere dei mesi i problemi si sono fatti evidenti, la squadra però è rimasta in corsa per la vittoria finale fino al termine del campionato. L'am-biente però è andato in mille pezzi. La cacciata di Ancelotti ha aleggiato sul Bernabeu per mesi, la sconfitta nel Clasico di ritorno è stata accompa-gnata da scene isteriche inspiegabili in termini squisitamente calcistici, i calci all'auto di Bale - colpo multimiliarda-rio dell'anno prima - sono l'istantanea di un corto circuito. La gestione societa-ria ha contribuito a plasmare un nuovo gruppo di tifosi pronti a comprare la maglia del nuovo campione al day one, ma incapaci di accettare una fisiologica sconfitta. La creatura si ribella al suo padrone come nel Frankenstein di Mary Shelley. Il gigante però non si ferma e cambia per fare nuova incetta di vitto-rie (?) e milioni. Via Carletto e dentro Benitez. Sorprende la scelta di Rafa, disastroso o quasi in questo anno a Na-poli, scelta politica come molti hanno già avuto modo di dire. Prodotto del vivaio blanco, Benitez ha mosso i primi passi da allenatore come mister delle giovanili, vice e tecnico della squadra B. Uno di casa. Forse Rafa, con il suo sorriso bonario, saprà domare la belva ma al momento non ci sono motivi per pensare che possa far meglio di Ance-lotti. Il responso ce lo darà il campo.

Speriamo. "niente di quanto ha vissuto prima è paragonabile a quello che tro-verà qui", Perez aveva avvertito Carlet-to con queste parole, che ora suonano quasi profetiche. Il calcio non è tutto al Santiago Bernabeu.

IL CALCIO nOn E’ TUTTOSOLO UN ANNO FA LA DECIMA, ORA È GIàRIFONDAzIONE BLANCA. AL COMANDO C’È BENITEz…

l campionato spagnolo è fermo, il verdetto finale sorride al Barça su tutta la linea: Liga, Copa del Rey e Champions League. Ai vinti

resta solo l'analisi della sconfitta, abitu-dine elettorale consolidata dalle nostre parti. Tempo di bilanci dunque, guar-diamo allora cosa ci racconta quello del Real Madrid. Bilanci e Real Madrid ci fanno pensare alle enormi somme mosse dal colosso spagnolo e non po-trebbe essere altrimenti, visto che il cal-cio passa spesso e volentieri in secondo piano. Non prendeteci per pazzi, par-

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CIAO CIAO ANCELOTTINonostante la Decima,

niente conferma per Carlo

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MIRACOLO TAYLOR

FINE ANNI ’70, IL WATFORD VOLA, ANCHE GRAzIE ALLA MUSICA…

L'ascesa degli Hornets a cavallo tra anni Settanta e Ottanta è dovuta in buona parte al manager dell'epoca, Graham Taylor. Fu lui a dare al team un'impronta molto offensiva e a mie-tere risultati positivi. Anche grazie ai consistenti assegni staccati da Elton John, arrivò così il doppio salto di categoria nel 1978 nel 1979. Uno splendido bis a cui si aggiunse una semifinale in Coppa di Lega per-sa contro il Nottingham Forest, poi laureatosi campione d'Europa. Nel 1981-82 si materializzò la prima, storica promozione in First Divi-sion, la progenitrice della Premier. A quel punto l'ascesa del club ap-parve veramente inarrestabile. Nel 1982-83 la matricola terribile si arrese solo al grande Liverpool, classificandosi seconda davanti al Manchester United e al Tottenham. Ma soprattutto fu centrata la prima, fantastica qualificazione alle cop-pe europee. Ciliegina sulla torta, Luther Blissett capocannoniere con 27 reti. Un risultato che gli fruttò il passaggio al Milan, dove sappiamo tutti come andò a finire (male). Nel 1983-84 le Hornets conquistarono in finale di FA Cup. Dopo una ca-valcata trionfale, dovettero ammai-nare bandiera bianca al cospetto dell'Everton nell'atto conclusivo. El-ton John era in tribuna a trepidare per i suoi giocatori e a fine partita pianse lacrime amare, quasi sapes-se che la bella favola del Watford era terminata senza il tanto atte-so lieto fine. Adesso tocca ai Poz-zo rinverdire i fasti del passato.

di Luca MAnESPREMIER LEAGUEInGhILTERRA

U più familiare il suo nome d'arte: Elton John. Il celeberrimo cantante ha rivesti-to la carica di presidente in due diversi frangenti (1976-1987 e 1997-2002). Soprattutto nel primo è riuscito a por-tare il Watford su vette mai raggiun-te in passato, sfiorando addirittura il trionfo in FA Cup.

Adesso la compagine della cittadina al nord di Londra è in mani italiane. Tre anni fa la famiglia Pozzo ha rilevato la proprietà del Watford, che così è andato ad aggiungersi alla “scude-ria” di team sparsi per l'Europa (oltre

all'Udinese, c'è anche il Granada). Il sogno, nemmeno troppo nascosto, era riportare le Hornets in Premier, e tutto sommato non c'è voluto nemmeno tan-to per realizzarlo. Il Watford, infatti, è stato promosso dopo un campionato tra i più equilibrati e difficili degli ulti-mi anni, vinto dalla super-sorpresa AFC Bournemouth e con la grande favorita Derby County che ha fatto harakiri sci-volando fuori dai play off dopo aver condotto a lungo la classifica. L'equili-brio e il ricambio che manca in Premier, dove alla Champions League si qualifi-cano sempre le stesse 4-5 squadre, ab-

bonda nella serie cadetta. Il Watford è stato bravo a non perdere il contatto con il gruppo di testa anche quando la squadra non girava alla perfezione. Pronti via ed ecco una pletora di pro-blemi, sotto forma di continui cambi di panchina. Quando l'ex centrocampista di Chelsea e Yugoslavia Slavisa Joka-novic è approdato al Vicarage Road lo scorso 7 ottobre, era già il quarto allenatore della stagione 2014-15. In precedenza non avevano retto Beppe Sannino, che aveva salutato la compa-gnia già a fine agosto per presunti dis-sidi con una larga fetta dello spoglia-toio; Oscar Garcia, costretto a lasciare per problemi di salute, e Billy McKin-lay, sostituito nello spazio di una sola settimana.

La compagine diretta dal serbo Joka-novic ha evidenziato per l'intera cam-pagna una estrema difficoltà a racco-gliere punti contro le rivali per il salto di categoria – un campanello d'al-larme in vista del test ultra-probante della Premier – però contro le piccole si è dimostrata implacabile. I rinforzi servono in difesa. Troppi i 50 palloni raccolti dentro la rete dal rigenerato portiere brasiliano Heurelho Gomes, ex del Tottenham. Nel reparto arre-trato se la sono cavata discretamen-te Gabriele Angella e Marco Motta, insieme a Gianni Munari e Farnando Forestieri gli esponenti del contingente italiano, mentre Diego Fabbrini è finito in prestito per buona parte della sta-gione. Il livello tecnico dei centrocam-pisti è abbastanza elevato, ma il punto di forza della squadra è senza dubbio l'attacco. Troy Deeney è diventato il primo giocatore a segnare più di 20 goal in tre stagioni consecutive, il ni-geriano Odion Ighalo dal boxing Day al giorno della promozione ha centra-to 17 reti su 18 partite, mentre Matej Vydra (ceco in prestito dall'Udinese) si è assestato sulle 16 marcature. Ba-steranno contro le super-potenze della Premier? Intanto è già ricambiato l'al-lenatore, con Sanchez Quique Flores al posto di Jokanovic. A proposito di mercato, conoscendo i Pozzo, non è da escludere un'estate movimentata al Vicarage Road, dove a inizio dell'an-no è stata pure inaugurata una nuova tribuna. Come si chiama? Elementare Watson, Sir Elton John Stand!

WATFORD MADE In ITALYDALLA MEDIOCRITà FINO ALLA “beLLa VITa”,IL TUTTO GRAzIE ALLA FAMIGLIA POzzO…

no squadra mediocre, uno stadio decrepito, solo tre impiegati full time che si dovevano occupare dei compiti più disparati,

dall'ufficio stampa alla cura del terre-no di gioco, passando per le incomben-ze amministrative e il calcolo dei salari dei calciatori.

Questa era la realtà del Watford a metà degli anni Settanta, quando a tirar fuori gli Hornets dall'aurea me-diocritas della Quarta Divisione si pre-sentò mister Reg Dwight. Forse vi sarà

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NELLE MANI DI POzzONon solo l'udinese

per il patron...

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ELTON JOHN

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compito di continuare a far crescere il movimento nazionale teutonico. Nell'ul-timo match di qualificazione ad Euro 2016 stravinto per 7-1 contro Gibilter-ra erano solamente quattro, tra i tito-lari, i superstiti del Maracanà (Gotze, Ozil, Schweinsteiger e Boateng). Que-sto dato non faccia però allarmare i conservatori: in realtà, nelle sei partite del girone sin qui disputate da Neuer e compagni (match nei quali è stata provata anche una variante tattica al 4-2-3-1, ossia il 3-1-4-2), rispetto ai 23 convocati per il Sudamerica, sono stati solamente cinque i 'nuovi' innesti. Si

tratta del centrocampista del Dortmund Gundogan (assente in Brasile per infor-tunio), dell'attaccante classe 1988 del Wolfsburg (ceduto dal Borussia Mon-chengladbach prima della fine della stagione regolare) Max Kruse, del di-fensore classe 1993 dello Stoccarda Antonio Rudiger, del terzino sinistro del Colonia Jonas Hector e del centro-campista classe 1990 dell'Hoffenheim Sebastian Rudy. Mentre i primi due sopra menzionati facevano già parte dello 'zoccolo' duro (lo stesso deve dirsi anche di Marco Reus e Julian Draxler, frenati solamente dagli infortuni), di-verso discorso per gli altri tre. Rudiger, possente difensore centrale, ha fatto il suo esordio lo scorso 13 maggio 2014 nell'amichevole contro la Polonia: in prospettiva futura, anche se deve mi-gliorare dal punto di vista prettamente difensivo, può rappresentare una risor-sa importante sia come sostituto di Boa-teng che di Hummels. Meno esperienza e senso della posizione rispetto al di-

sino al 2018, di portare al livello degli attuali campioni del Mondo, coloro che invece campioni del mondo vorranno diventare.

UnDER 21 DI LUSSO

I GIOVANI TEDESCHI SONO GIà DA TENERE IN GRANDE CONSIDERAzIONE

A proposito di Under 21, sono tanti gli elementi meritevoli di menzione e considerazione e che sicuramente compiranno a breve il grande salto. In porta non hanno bisogno di presen-tazione Ter Stegen e Bernd Leno, già protagonisti nei loro rispettivi club sia in ambito nazionale che internazio-nale (il primo si è da poco laureato campione d’Europa con il Barcellona, il secondo è titolare inamovibile nel Leverkusen ed ha suscitato anche le attenzioni del Real Madrid). In difesa hanno capacità e prospettiva soprat-tutto Robin Knoche del Wolfsburg e Julian Korb del Monchengladbach. A centrocampo spiccano Moritz Leitner dello Stoccarda, il già famoso Emre Can (del Liverpool) e Amin Younes del Kaiserlautern. In avanti, come oramai da copione (negli ultimi anni c’è stato un boom di esterni offensivi) c’è l’im-barazzo della scelta: Kevin Volland dell'Hoffenheim (esterno d'attacco o punta centrale), Max Meyer (già 1 presenza in nazionale A) dello Schalke 04, Philipp Hoffmann (classe 1994, possente punta centrale) del Kaiserlautern, Leonardo Bittencourt dell'Hannover (esterno sinistro) e Fe-lix Klaus del Friburgo (ala destra o sinistra). Un’abbondanza che rap-presenta sicuramente una risorsa, ma che potrebbe anche costituire un’arma a doppio taglio, se affi-data a chi non ne saprà fare buon uso. Ma con Low la Germania sem-bra ancora essere in buone mani…

di Flavio SIRnABUnDESLIGAGERMAnIA

vOGLIA DI CAMBIARELA NAzIONALE TEDESCA, UN ANNO DOPO IL MARACANà, HA FATTO DEI CAMBIAMENTI IMPORTANTI…

n euer; Lahm, Hummels, Bo-ateng, Howedes; Kramer, Schweinsteiger, Kroos; Mul-ler, Klose, Ozil. Era questo l'undici iniziale della Ger-

mania che solamente un anno fa al Ma-racanà, grazie alla rete di Gotze nei tempi supplementari contro l'Argentina, si è laureata campione del Mondo per la quarta volta nella sua storia. Archi-viato lo storico successo, il commissario tecnico Low ha deciso che qualcosa do-veva cambiare. Ed ecco quindi l'inseri-mento tra i convocati e sovente anche tra i titolari, di nuove leve, che hanno il

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fensore del Dortmund, ma sicuramente maggiore velocità di esecuzione (carat-teristica che ha portato Low a provarlo anche come terzino destro di una dife-sa a 4). Il 13 maggio è stato anche il giorno dell'esordio di Rudy: Sebastian è il classico centrocampista tuttofare. Preferisce giocare al centro del campo, ma non disdegna nemmeno altre posi-zioni (all'occorrenza può fare anche il terzino destro, ruolo occupato nel match contro Gibilterra). Quantità da vende-re, deve però migliorare in quanto a qualità se vorrà rappresentare una va-lida alternativa ai vari Khedira, Kroos o Kramer. A proposito di terzini destri sono da considerare come papabili an-che Sebastian Jung del Friburgo (clas-se 1990) ed il compagno di squadra Oliver Sorg (anch'egli classe 1990, che può spostarsi anche a sinistra). Ha esor-dito invece il 14 novembre 2014 contro Gilbiterra Jonas Hector: fisico asciutto e slanciato, il 25enne terzino sinistro, non proprio un giovane di primo pelo, ha dato delle risposte importanti, tanto da guadagnarsi la convocazione anche nelle successive occasioni. Un suo concor-rente in questo ruolo, restando sempre in tema di outsider, è Christian Gunter del Friburgo (classe 1993). A livello di trequartisti, per essere presi seriamente in considerazione dal commissario tec-nico, dovranno necessariamente ave-re maggiore continuità di prestazione Leon Goretzka dello Schalke 04 e Ma-ximilian Arnold del Wolfsburg (pilastro dell'Under 21). Nomi e moduli a parte, c'è però da segnalare, nonostante la tanta qualità ancora a disposizione di Low, una minore fluidità del gioco ed una minore capacità di dare spettaco-lo. 'demerito' sicuramente dell'appaga-mento post-Mondiale, conseguenza na-turale dopo un successo così importante. Per questo motivo nei prossimi mesi sarà suo compito cercare di far recuperare motivazioni ai suoi ‘senatori-titolari’ o, in alternativa, rischiare di puntare sui tanti giovani o 'panchinari di lusso' pre-senti nella lista di papabili convocati. Un rischio forse impossibile da poter correre vista la grandezza dei nomi che si dovrebbero escludere, ma che potrebbe al contrario, se venisse posta in essere, rappresentare una bella sfida anche per il diretto interessato, al qua-le è stato assegnato il compito, dopo il prolungamento del proprio contratto

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MARC-ANDRé TER STEGEN

BRAVI A RISCHIARELa Germania è sempre

al passo con i tempi

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el firmamento della Ligue1 tante sono state le stelle ca-paci di mettersi in luce nel corso dell’ultima stagione. Molti di loro, inevitabilmen-

te, sono diventati uomini-mercato: da Kondogbia ad Imbula, da Abdennour a Lacazette, i protagonisti dell’ultimo cam-pionato francese hanno già infiammato il calciomercato. Tra loro c’è anche Nabil Fekir, imprevedibile ‘trottolino’ del Lione che con le sue 13 reti ha contribuito in maniera determinante al ritorno dell’OL in Champions League.Nato proprio a Lione, nel 1993, Fekir

ha sempre vestito la maglia del club della propria città, eccezion fatta per la stagione vissuta nelle giovanili del Saint-Priest, club che milita in quarta se-rie francese. “La nazionale francese ha trovato un nuovo talento offensivo”, ver-rebbe da dire. Vero sì, ma solo in par-te. Il padre di Fekir, infatti, è algerino e spinge affinché il figlio vesta la maglia verde dell’Algeria. E non facciamoci in-gannare dalle tre gare ufficiali disputa-te da Fekir con la Francia: trattandosi di amichevoli, infatti, non sono vincolanti. Insomma, Fekir è ancora libero di sce-gliere la Nazionale per la quale gioca-

re e per farlo ha tempo fino ai prossimi campionati europei.La Francia, infatti, sarà il Paese ospitan-te di Euro 2016 e non disputerà quindi gare ufficiali fino, appunto, al debutto agli Europei. Soltanto amichevoli per i transalpini guidati da Didier Deschamps, il quale però ha già voluto far sentire a Fekir l’odore della maglia dei ‘galletti’ convocandolo per alcune gare di prepa-razione alla rassegna continentale.Fekir ha infatti esordito in occasione del-la prestigiosa amichevole disputata a Saint-Denis contro il Brasile, entrando in campo a 15 minuti dalla fine. Appena

sta ragione, la generazione degli attuali calciatori francesi, proviene da famiglie di origini algerine.Il caso più noto è ovviamente quello di zinedine zidane, nato a Marsiglia da genitori algerini e protagonista assoluto del trionfo della Francia ai Mondiali del 1998. ‘zizou’, figlio di un muratore e di una donna provenienti dalla Cabilia, è l’ultimo di cinque fratelli e probabilmen-te il meno legato all’Algeria. Facile, da lì, la scelta di indossare la maglia della Francia. Simile a quella di zidane, la sto-ria di Samir Nasri, anch’egli nato a Mar-siglia ma di origini algerine ed anch’egli orientatosi verso la Nazionale francese, sia per rappresentare il Paese che gli ha dato i natali, sia – inevitabilmente – per questione di prestigio.

MA C’è ChI DICE… ALGERIAGià, il prestigio. Perché con tutto il ri-spetto per la Nazionale algerina, ca-pace di partecipare e ben figurare alle ultime due occasioni dei Campionati del Mondo, poter indossare la maglia della Francia è – sportivamente parlando – un autentico privilegio. Ma non tutti i calcia-tori la pensano così. Yacine Brahimi, ad esempio, ha compiuto una scelta insolita: nato e cresciuto a Parigi e protagoni-sta con tutte le selezioni giovanili della Francia (dall’Under 16 all’Under 21), nel 2013 il trequartista all’epoca in forza al Granada prese la decisione di rispon-dere alla convocazione della Nazionale algerina della quale è adesso la stella più lucente. Simile a quella di Brahimi è stata la scelta di Sofiane Feghouli, nato in Francia e protagonista con la maglia dell’Under 21 francese, prima di dire sì all’Algeria nonostante godesse della totale fiducia di Didier Deschamps, che lo aveva già convocato pur senza mai farlo esordire. Nabil Bentaleb (nato a Lille) e Faouzi Ghoulam sono soltanto altri due dei nomi noti che, pur nati in Francia, hanno scelto di difendere i co-lori dell’Algeria. E non soltanto, come so-stengono alcune ‘malelingue’, perché la Francia non avrebbe mai loro concesso una chance. Brahimi e Feghouli, infatti, rientravano eccome nei piani della Fe-derazione francese, così come Belhanda che, nel momento migliore della propria carriera, decise di scegliere il Marocco, nonostante fosse nato ad Avignone ed avesse sempre giocato con le selezioni giovanili transalpine.

FRAnCIA CAMPIOnE DEL MOnDO

I ‘GaLLeTTI’ NON HANNO MAI AVUTO PROBLEMI AD ACCOGLIERE GIOCATORI ‘eXTRa FRanceSI’

La “multiculturalità” di alcune Nazio-nali, di calcio e non solo, è sempre più oggetto di dibattito. La Germania ricca di calciatori di origine turca, la Svizzera popolata da giocatori nati e cresciuti nei Paesi della Ex Jugo-slavia e, appunto, la Francia ricca di calciatori nordafricani sono soltanto alcuni degli esempi che ci riguar-dano più da vicino. Per la Francia, tuttavia, non si tratta certo di una no-vità. I ‘galletti’ che vinsero la Coppa del Mondo nel 1998, l’unica ad oggi conquistata dalla Nazionale france-se – e per di più in casa – furono trascinati proprio da molti giocatori ‘adottati’. 10 dei 22 calciatori sele-zionati dal c.t. Aimé Jacquet aveva-no infatti origini ‘extra-francesi’: da Lama (Guyana francese) a Vieira (Senegal), da Boghossian e Djor-kaeff (Armenia) a Desailly (Gha-na), da Diomede, Thuram ed Henry (Guadalupa) a Karembeu (Nuova Caledonia), passando ovviamen-te per zidane, di origini algerine.

di Renato MAISAnILIGUE 1FRAnCIA

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FEKIR GIà “GALLETTO”, MA…DA zIDANE A FEKIR, QUANDO L’ALGERIA SA RENDEREGRANDE LA FRANCIA…

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NuOVO ASSOIn Francia sonogià esaltati dal

suo talento

tre giorni dopo, a Saint Etienne – vicino casa – Fekir è stato mandato in campo a mezzora dal termine della gara vinta contro la Danimarca. Appena 45 minuti in totale, ma utili a farlo abituare all’idea di essere un ‘galletto’. Due mesi dopo, poi, è arrivato anche il primo goal con la maglia dei Bleus, realizzato in occasione del pirotecnico 3-4 subìto dalla Francia, in casa, contro il Belgio. Tre apparizioni che hanno convinto Deschamps, sempre più intenzionato a convocare il calciato-re per Euro 2016, papà permettendo. FRAnCIA, UnA STORIA DI… ALGERInIQualora Fekir dovesse scegliere di in-dossare definitivamente la maglia della Nazionale francese, sarebbe soltanto l’ultimo di una nutrita schiera di algerini che hanno fatto le fortune dei Bleus. L’Algeria, colonia francese per oltre un secolo, conquistò l’indipendenza nel 1962 ma nonostante ciò molti algerini decisero di emigrare in Francia, nella speranza di un futuro migliore. Per que-

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di Thomas SaccanI - foto Federico de LUca

astiglioncello, la cornice ideale per un evento spettacolare come i TMW Awards. Serata magnifica nella splendida località turistica, impreziosita dalla presenza di illustri personaggi del mondo del calcio. Dai migliori procuratori fino ai dirigenti più in vista, passando per giocatori protagonisti di oggi, come Viviano o Pavoletti, e star di un tempo, da Collovati a Flachi. Pre-

sente, ovviamente, anche Calcio2000 che ha avuto l’onore di premiare Abodi, presidente della Serie B… Di seguito una carrellata con i migliori scatti della manifestazione…

GRANDE SUCCESSO PER I TMW AWARDS. PROTAGONISTA ANCHE CALCIO2000…

MAGIA A CASTIGLIONCELLOC

PhOTOGALLERY

TMW AWARDS 2015

PhOTOGALLERY / TMW AWARdS 2015

Il palco dei TMW AWARDS Fabrizio PONCIROLI premia Andrea ABODI

Premio TMW Awards-Calcio2000 ad Andrea ABODI Il presidente della LegaserieB, Andrea ABODI Leonardo PAVOLETTI

Emiliano VIVIANO Giulio DONATI Raffaele BIANCO

Michele CRISCITIELLO premia Cristiano GIUNTOLI

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PhOTOGALLERY / TMW AWARdS 2015PhOTOGALLERY / TMW AWARdS 2015

Cristiano BIRAGHI Francesco FLACHI

Fulvio COLLOVATI Roberto PRUzzO

Stefano CAPOzUCCA Marco GIANNITTI

Antonio COMI Nicola RIzzOLI

Enrico CHIESA Massimo DE SALVO

Giovanni DOLCI Alessandra BORGONOVO

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Finita la stagione, già si pensa alla prossima. Nuove divise per il Real Madrid ed ecco

i giocatori più importanti in posa

per presentarle.

www.carlettoweb.com

Calcio tennisper il giocatoredell'Arsenalgià prontoper iniziare una nuova stagione.

Visita in terra americana per i due giocatori

del Bayern Monaco: Goetze e Boateng. Sono andati a visitare la sede del loro sponsor tecnico.

Clima più che vacanziero per Snejder alle prese con un Buddha gigantesco sulla spiaggia.

Bellissima immagine.

Il difensoresampdoriano

De Silvestri con il suo presidente

Massimo Ferrero, subito dopo

l'intervento al ginocchio.

Che coppia. Il primo ha difeso sui campi da calcio di mezzo mondo. Il secondo, Snoop Dogg, ha attaccato con il microfono rappando in ogni parte del mondo.

Nonostante la sfortunata

stagione con il Parma il

centrocampista non perde

l'occasione per scherzare sui

social con questo bell'effetto

cartone animato.

Foto di gruppo nello spogliatoio della Colombia. Molti giocatori si sono fatti scattare la stessa foto daangolazionidifferenti, hoscelto quella del difensore del Milan.

Il DJ/Speaker di RTL 102.5 Carlo CARLETTO Nicoletti seguirà i profili Instagram e Twitter dei giocatori più importanti del pianeta Calcio e ci segnalerà le foto e i tweet più divertenti e particolari. Segnalate quelle che magari potrebbero sfuggirgli scrivendogli al suo profilo Instagram e Twitter: @carlettoweb

BALE OZIL

BOMBER RIO FERdINANd

GOETZE SNEJdER

NOCERINO ZAPATA

scovate da CARLETT

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