BloGlobal Weekly N°9/2014
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BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 23 marzo 2014 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Alessandro Dalpasso Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°9/2014 (16-22 marzo 2014), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2014, www.bloglobal.net
Photo credits: Gianluigi Guercia, AFP/Getty Images, SIPRI, ANSA, Darko Vojinovic, AP/Lapresse, Dado Ruvic/Reuters, Hamid Foroutan, Mohammad Shoib, Valentina Pop.
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FOCUS
LIBIA ↴
Un'autobomba è esplosa il 18 marzo a Bengasi, capitale della Cirenaica, col-
pendo un convoglio militare nei pressi di una caserma dell’esercito. Il bilancio ufficiale
dell’attentato, non ancora rivendicato, recita 10 morti e 22 feriti. Sgomento e rabbia
da parte di tutte le autorità nazionali che hanno immediatamente indetto tre giorni
di lutto e hanno definito l’attentato un «atto terroristico che mira a destabilizzare il
Paese». Il Presidente del Congresso Nazionali Libico e Capo delle Forze Armate, Nuri
Abu Sahmin, ha annunciato che il governo si impegnerà nella guerra al terrorismo.
Epicentro delle violenze rimane, appunto, la Cirenaica e in particolare le città ribelli
di Bengasi, Derna e Sirte, nelle quali attentati e omicidi mirati, soprattutto contro
funzionari di sicurezza e governativi, sono diventati quotidianità. Il governo ha sem-
pre accusato le connivenze tra i gruppi islamisti attivi, e più o meno legati alla
Fratellanza Musulmana locale, con i gruppi secessionisti cirenaici, le milizie autono-
miste e le tribù in lotta fra loro. Oggetto del contendere in Cirenaica, ricca regione di
petrolio, è proprio il controllo dell’oro nero, base dell’intera economia libica e
merce di scambio tra i vari gruppi di potere attivi. Attualmente gran parte delle
risorse di idrocarburi sarebbero controllate da Ibrahim Jadran, ex rivoluzio-
nario e comandante separatista che grazie alle milizie a lui fedeli detiene di fatto il
potere nella Libia orientale. Dopo la guerra contro Gheddafi, Jadran era diventato
responsabile delle guardie di sicurezza di alcuni impianti petroliferi nella regione, ma
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dalla fine di luglio 2013, approfittando degli scioperi nei terminal cirenaici e del con-
seguente crollo nella produzione – precipitata da circa 2 milioni di barili giornalieri a
meno di 400.000, causando perdite per oltre 7 miliardi di dollari –, ha guidato la
protesta contro Tripoli alzando sempre più la posta in gioco, accusando il governo
di corruzione sulla vendita di greggio e minacciando in più occasioni la forma-
zione di un Ufficio Politico nella Libia orientale indipendente dalla Tripolitania (poi
avvenuto nell’agosto 2013). L’escalation di violenze che hanno caratterizzato la se-
conda parte del 2013 – il caso più eclatante fu il sequestro-lampo nell’ottobre di Alì
Zeidan – e proseguita poi nel 2014 pare abbia come protagonista proprio lo stesso
Jadran, il quale avrebbe un ruolo ombra anche nel tentato golpe del 14 febbraio
scorso da parte dell’ex generale Khalifa Haftar.
In questo contesto si inserisce anche il caso della Morning Glory, una petroliera
libica battente bandiera nordcoreana che trasportava greggio acquistato illegalmente
dai ribelli della Cirenaica. La nave era attraccata una settimana fa nel porto di Sidra
per caricare greggio ed esportarlo per conto di un gruppo separatista della Cirenaica.
Nonostante il divieto delle autorità centrali di abbandonare il porto, Abdo Rabbo al-
Barassi, Premier dell’autoproclamato governo di Cirenaica, ne aveva autorizzato l’iter.
La nave sarebbe riuscita a ripartire da Sidra nonostante fosse circondata dalla flotta
libica prima di essere nuovamente avvistata in acque internazionali, nei pressi di Ci-
pro, ed essere poi bloccata grazie ad un intervento dei Navy Seals. Il blitz è
scattato nella notte tra il 17 e il 18 marzo e, come confermato da un comunicato
ufficiale del Pentagono, l’intervento delle forze speciali statunitensi è avvenuto dietro
espressa «richiesta dei governi libico e cipriota». Il comunicato conclude sottoli-
neando come l’operazione sia stata condotta con successo e senza che vi siano
stati feriti. La nave di proprietà della compagnia nazionale petrolifera libica non è
stata riconosciuta dalle autorità di Pyongyang come una sua imbarcazione e
ha condannato le operazioni illegali dell’equipaggio definendole dedite al «contrab-
bando di petrolio».
Così, a tre anni dalla fine della Jamahiriyya di Muammar Gheddafi, la Libia sembra
dirigersi verso uno scenario afghano fatto di instabilità politica e sociale, di una
mancanza di identità unica e condivisa tra la popolazione, nonché di un’assoluta as-
senza di un forte potere centrale in grado di stabilire il controllo sul territorio. Tripoli
vive oggi una debolezza politica dettata dalla difficile convivenza tra le di-
verse anime componenti il governo. I Fratelli Musulmani hanno sfiduciato il Pre-
mier Zeidan – attualmente sostituito ad interim con il Ministro della Difesa Abdullah
al-Thani – e se la crisi non rientrerà entro 3 mesi il Paese dovrà nuovamente recarsi
alle urne nella più totale incertezza.
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SICUREZZA INTERNAZIONALE ↴
L’annuale pubblicazione da parte dello Stochkolm International Peace Research
Institute (SIPRI) dei dati relativi al commercio internazionale di armi rappresenta
dal 1950, anno della prima uscita, un importante spunto di riflessione delle dinamiche
strategiche mondiali. L’Arms Transfers Database del SIPRI contiene informazioni su
tutti i trasferimenti mondiali (vendite, donazioni o produzioni sotto licenza)
dei principali sistemi d’arma a favore di Stati, Organizzazioni Internazionali e
gruppi armati. L’ultima pubblicazione, edita il 17 marzo, esamina il commercio di armi
nel quinquennio 2009-13, paragonandolo al quinquennio 2004-08 e suddividendo
l’analisi tra paesi esportatori e paesi importatori. Il commercio internazionale di
armi nel quinquennio 2009-13 è aumentato del 14% rispetto al periodo 2004-
08. I cinque maggiori Paesi esportatori sono stati, nell’ordine, Stati Uniti, Russia,
Germania, Cina e Francia: i cinque insieme rappresentano il 74% del volume mon-
diale di esportazioni, con USA e Russia che da soli servono il 56% del mercato. Gli
Stati Uniti forniscono più sistemi d’arma di chiunque altro Paese e hanno accresciuto
di un ulteriore 11% la loro quota di esportazione. I principali destinatari delle armi
americane sono i Paesi dell’Asia, che ricevono il 47% delle forniture americane, se-
guiti a ruota dai Paesi del Medio Oriente ed infine da quelli europei. Il principale
prodotto di esportazione americano è rappresentato dagli aerei da combattimento,
che hanno registrato un incremento del 61%, destinato a crescere ulteriormente
quando tutte le forniture del costoso progetto F-35 arriveranno a compimento. Il
secondo Paese esportatore è la Russia, che nel quinquennio in esame ha accresciuto
il proprio mercato del 28%: gran parte delle esportazioni russe sono dirette verso
l’Asia, India e Cina in primis, e l’Africa, con l’Algeria principale acquirente. Negli anni
2009-13 la Russia è stato il principale esportatore di navi, rappresenta da sola il 27%
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di tutto il mercato, includendo l’indubbio successo della vendita all’India dell’unico
sottomarino nucleare prodotto nel periodo di riferimento.
È importante evidenziare la posizione della Cina, quarto esportatore mondiale di
armi, che ha avuto una crescita del 212% delle proprie esportazioni, diretta princi-
palmente verso i Paesi sottosviluppati e in via di sviluppo dell’Asia e dell’Africa. Re-
stano forti le posizioni europee con Germania e Francia, rispettivamente al terzo e
al quinto posto della classifica, che però, nonostante la posizione, perdono quote
importanti di mercato a favore di altri Paesi produttori.
Per quanto riguarda le importazioni, i cinque maggiori importatori di armi sono stati,
nell’ordine, India, Cina, Pakistan, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita: i cinque in-
sieme rappresentano il 32% del totale delle importazioni mondiali. La metà delle im-
portazioni sono dirette verso i Paesi dell’Asia e dell’Oceania, seguiti da Medio Oriente
ed Europa.
Il SIPRI analizza, in maniera particolare, i flussi di armi diretti verso i Paesi in
via di sviluppo di Africa e Asia. Nel quinquennio 2009-13 le importazioni di armi
da parte di Paesi africani sono aumentate del 53%: i tre maggiori importatori sono
stati Algeria (36% del totale), Marocco (22%) e Sudan (9%). È particolarmente in-
teressante il dato dell’Uganda che ha mostrato un aumento di importazioni di armi
del 1200%, principalmente dovuto all’aumento della presenza nel conflitto civile sud
sudanese nel 2013. Per quanto riguarda in generale i Paesi dell’Africa sub-sahariana,
il SIPRI mette in risalto la ricostituzione delle flotte marittime da parte di molti
Paesi: i crescenti problemi e i mancati guadagni dovuti alla pirateria, al traffico di
persone e alla pesca illegale, hanno reso necessario l’acquisizione di assetti marittimi
da parte di Nigeria, Ghana, Kenya e Mozambico. Per quanto riguarda l’Asia, il SIPRI
si focalizza soprattutto su India e Pakistan – da decenni impegnati in una guerra
per l’irrisolta questione del Kashmir –, che hanno registrato incrementi delle impor-
tazioni rispettivamente del 111% e del 119%.
Un cenno infine all’Europa che ha fatto registrare una diminuzione del 25% delle
importazioni di armi, principalmente dovuto al fatto che la crisi economica ha spinto
gli Europei all’acquisto di sistemi d’arma di seconda mano.
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STATI UNITI ↴
Mentre in Ucraina è in corso una delle più gravi crisi europee dalla fine della Guerra
Fredda, i Paesi dell’Est Europa guardano con preoccupazione agli avvenimenti e a
Mosca, chiedendo il sostegno degli Stati Uniti. Per fornire rassicurazioni agli ex Stati
satelliti sovietici, ora entrati nella NATO, il Presidente americano Barack Obama ha
inviato il 19 marzo il suo vice Joe Biden in Polonia e in Lituania. La prima tappa
di Biden è stata quindi Varsavia, la capitale che, per ragioni storiche, ha sedimentato
le maggiori paure nei confronti della Russia.
Il vice Presidente statunitense ha constatato che «la Russia è rimasta sola rispetto al
resto del mondo per l’aggressione che ha intrapreso. L’isolamento dei Russi potrà
soltanto aumentare se si continuerà a seguire questa strada e ci saranno ulteriori
sanzioni da parte degli USA e dell’UE». Washington, ha continuato Biden, non starà
quindi a guardare, promettendo sostegno diplomatico e militare agli alleati, e
ribadendo l’impegno per la sicurezza collettiva euro-atlantica: «Voglio che sia asso-
lutamente chiaro a voi e a tutti i nostri alleati nella regione che il nostro impegno per
la difesa reciproca, definito dall'articolo 5 della NATO, resta saldo come il ferro». Nella
riunione che ha avuto con il Capo di Stato polacco, Bronislaw Komorowski, si è parlato
di un dispiegamento di caccia americani e di un programma ad hoc che riunisca
la Polonia con Estonia e Lituania. Proprio nella capitale lituana, Vilnius, Biden si è
recato successivamente, dove ha incontrato la Presidentessa Dalia Grybauskaitė.
Nella conferenza stampa a margine del meeting, Biden ha ribadito che «stiamo stu-
diando una serie di misure supplementari per accrescere il ritmo e la portata della
nostra cooperazione militare, tra cui una rotazione delle forze americane nella
regione del Baltico per esercitazioni terrestri e navali e per delle missioni di adde-
stramento».
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Non solo Europa, però, per Washington in questa settimana. Il governo statunitense
ha ordinato alla rappresentanza diplomatica della Siria di abbandonare l’Am-
basciata e i consolati negli USA a causa della dichiarata illegittimità della presi-
denza di Bashar al-Assad e delle atrocità da questi commesse; parallelamente, l’in-
viato speciale USA in Siria, Daniel Rubenstein, ha dichiarato che il suo Paese ha in-
tenzione di continuare le relazioni diplomatiche con Damasco a patto che Assad ab-
bandoni il potere.
Sul fronte asiatico, da segnalare la visita della First Lady, Michelle Obama, accom-
pagnata dalla madre e dalle due figlie, a Pechino. La “delegazione” femminile ameri-
cana resterà in Cina fino a settimana prossima e Lady Obama terrà una serie di di-
scorsi sotto il profilo educativo a platee di studenti cinesi. Il primo è stato allo
Stanford Center dell'Università di Pechino, dove la Obama, pur evitando toni polemici
verso il sistema di censura cinese, ha tenuto a sottolineare che «quando si tratta di
esprimersi liberamente e praticare la religione che avete scelto e aver accesso alla
libera informazione - noi pensiamo che si tratti di diritti universali che ogni persona
su questo pianeta acquisisce alla nascita».
Sul piano interno, infine, il governatore della FED, Janet Yellen, ha annunciato che
la Banca Centrale americana ridurrà di altri 10 miliardi di dollari gli acquisti
mensili di titoli di Stato, passando da 65 a 55 miliardi. La Yellen ha inoltre annun-
ciato una riduzione dei vincoli in relazione a tali acquisti, affermando che quest’ultimi
non saranno più da ritenersi legati all’andamento del tasso di disoccupazione. Tra il
2014 e il 2015 si prevede, dunque, un rialzo dei tassi di interessi statunitensi che
avrà effetti sui mercati globali.
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UCRAINA ↴
Come da aspettative, il referendum del 16 marzo sullo status della Crimea non
solo ha visto quasi la totalità della popolazione (97%) a favore della secessione
dall'Ucraina, ma ha anche avviato la procedura di annessione alla Russia: a seguito
della firma del Trattato di riunificazione (18 marzo) da parte del Presidente
russo Vladimir Putin, del Primo Ministro e del Capo del Consiglio di Stato della Cri-
mea, Serghej Aksenov e Vladimir Kostantinov, e del Sindaco di Sebastopoli Alexey
Chaly, nella giornata del 20 marzo la Camera bassa della Duma di Stato russa – con
443 voti a favore e 1 contrario – ha ratificato l'annessione della Crimea alla Rus-
sia, mentre la città di Sebastopoli continuerà a godere di uno statuto speciale (lo
stesso documento è stato approvato dalla Camera alta con 155 sì su 166 parlamen-
tari). Il Ministro degli Esteri Serghej Lavrov si è affrettato a dichiarare che tale deci-
sione «non viola il diritto internazionale, incluso il principio di sovranità nazionale e
quello di autodeterminazione fissati dalla Carta delle Nazioni Unite».
La reazione delle Cancellerie occidentali non si è fatta attendere: dando seguito alla
bozza preparata dai Ventotto la settimana prima, il Consiglio degli Affari Esteri dell'U-
nione Europea il 17 marzo ha approvato un primo pacchetto di sanzioni nei con-
fronti di 21 persone ritenute coinvolte nella secessione della Crimea (lista succes-
sivamente allungatasi a 33 individui, mentre la Cancelliera Angela Merkel ha annun-
ciato la cancellazione del summit di giugno e la sospensione del G8), comprendenti
limitazioni ai visti di ingresso e congelamento di asset finanziari, anche se per un
periodo provvisorio di 6 mesi. Si tratta di una linea più morbida rispetto a quella
impressa dagli Stati Uniti, non comprendendo, infatti, Ministri o Amministratori delle
imprese energetiche russe e in quest'ottica il Ministro italiano Mogherini e l'omologo
tedesco Steinmeier hanno d'altra parte dichiarato che resta aperto il dialogo con
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il Cremlino per una soluzione diplomatica della crisi. Washington dal canto suo
ha mirato le restrizioni nei confronti di 11 persone molto vicine a Putin. Si
tratta dei Consiglieri personali del Presidente, Vladislav Surkov e Serghej Glazyev,
del vice Premier Dmitry Rogozin, del Presidente della Commissione Affari interni della
Duma Leonid Slutsky e di quello della Commissione Affari costituzionali Andrei Kli-
shas, del Presidente del Senato Valentina Matviyenko e del deputato della Duma Ye-
lena Mizulina. Sul fronte ucraino, oltre ad Aksenov e a Kostantinov, sono stati san-
zionati l'ex Presidente Viktor Yanukovich e il suo alleato, nonché leader della forma-
zione filo-russa "Scelta ucraina", Viktor Medvedchuk. A questi nomi sono stati suc-
cessivamente aggiunti Yuri Kovalchuck (Presidente e principale azionario della Banca
Rossiya), Gennady Timchenko (Presidente del gruppo di investimento privato "Volga",
attivo nei trasporti e nelle infrastrutture), i fratelli Arkadi e Boris Rotenberg (azionari
nel campo energetico e sportivo), Evgeny Bushmin (vice Presidente del Senato russo
e Capo della Commissione per il budget federale) e Vladimir Dhzabarov (vice Presi-
dente del Comitato Affari Internazionali del Consiglio federale russo). Come dichiarato
dal Presidente USA, si tratta delle «più ampie e complete misure applicate contro la
Russia, dopo la fine della Guerra Fredda» e che si prevede apportino già nel giro di
pochi giorni un vantaggio non indifferente nel cambio tra dollaro e rublo (almeno del
3%). In un primo momento escluse, sono piovute anche da Mosca contro-san-
zioni dirette contro gli uomini di Obama: John Boehner (speaker della Camera dei
Rappresentanti), il Senatore repubblicano John McCain, il Senatore democratico
Herry Reid, il Presidente della Commissione Esteri Robert Menendez, l'assistente di
Obama Daniel Pfeiffer, il Consigliere per gli Affari economici internazionali Caroline
Atkinson e Benjamin Rhodes, vice Consigliere per la Comunicazione.
Mentre si prospetta, dunque, un lungo periodo di guerra fredda politica ed economica,
e mentre nella giornata del 21 marzo il governo di Kiev ha finalmente proceduto con
la firma della parte politica dell'Accordo di Associazione con l'Unione Euro-
pea, resta ancora alta la tensione a livello militare: nella giornata del 18 marzo una
base militare ucraina a Simferopoli è stata attaccata, un soldato ucraino è ri-
masto ucciso e un altro capitano è stato ferito. Il neo Premier Arseny Yatseniuk ha
accusato direttamente la Russia e, parlando di "crimini di guerra", ha dichiarato che
Kiev risponderà «anche con mezzi militari a tutti i tentativi di impossessarsi dell'U-
craina, di attraversamento delle frontiere da parte delle truppe russe o di annettere
le regioni dell'Est o qualsiasi altra». Il riferimento era indirettamente rivolto alla
Transnistria, regione di confine tra l'Ucraina e la Moldavia che da circa vent'anni
rivendica l'indipendenza da Chișinău, le cui autorità dopo il referendum in Crimea
sono tornate a richiedere l'annessione alla Russia. Come dichiarato dal Capo delle
forze NATO in Europa, Philip Breedlove, la regione al di là del Dnestr – dove negli anni
è rimasta stazionata la 14esima Armata – potrebbe diventare un pericoloso terreno
di scontro e da cui potrebbero dipanarsi ulteriori azioni militari di Mosca. Mentre le
forze russe e filo-russe hanno nel frattempo rioccupato gli ultimi presidi militari
ucraini in Crimea – la base navale di Novoferodovka e quella aerea di Belbek, que-
st'ultima riconquistata dopo il lancio di un ultimatum, oltre a quelle di Levpatoria e
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Novoozerme – restano in stato di allerta gli altri Paesi dell'Europa centro-
orientale: nuove esercitazioni militari di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Un-
gheria, Bulgaria, Romania e Paesi baltici – sotto il cappello NATO – dovrebbero presto
svolgersi nella base miliare polacca di Lask. Anche la Finlandia ha aumentato il livello
di sorveglianza del proprio spazio aereo della Carelia, nel sud-est del Paese, al
confine con la Russia.
In attesa del Summit sulla sicurezza internazionale di lunedì 24 marzo (nel corso
del quale dovrebbe essere peraltro previsto l'annuncio del Premier giapponese
Shinzo Abe dello stanziamento di 1 miliardo di dollari di aiuti finanziari per contri-
buire alla stabilizzazione ucraina), Lavrov e Kerry sono tornati nuovamente ad
incontrarsi all'Aja, dove tuttavia i due si sono semplicemente limitati a garantire il
prosieguo dei contatti. Uno spiraglio per la soluzione diplomatica potrebbe venire
invece dal consenso russo ad accettare il dispiegamento di una missione di os-
servazione OSCE (circa 100 funzionari, fino ad un massimo di 400), anche se non
in Crimea, trattandosi ormai – come si legge nel comunicato della Federazione Russa
– di territorio russo. Per il Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon, che ha incon-
trato Putin a Mosca, resta fondamentale salvaguardare i diritti di tutti i cittadini dell'U-
craina, soprattutto delle minoranze.
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BREVI
AFGHANISTAN, 20 MARZO ↴
Un commando di talebani ha assaltato l’hotel Serena di
Kabul, causando la morte di nove persone. Tra queste
anche quattro stranieri, nonché il giornalista afghano
Sardar Ahmad, che lavorava per l’agenzia di stampa
France-Press, ucciso insieme alla moglie e a due figli.
Il commando è riuscito ad entrare all’interno dell’hotel
Serena, eludendo tutti i controlli di sicurezza, per poi
appostarsi nella sala del ristorante nell’attesa che si riempisse di clienti che di lì a
poco avrebbero iniziato i festeggiamenti per il nowruz afghano. L’hotel Serena era
considerato uno dei posti più sicuri di Kabul: dopo aver subito nel 2008 un cruento
attacco terroristico, erano state accresciute tutte le misure di sicurezza che compren-
devano uno stretto controllo perimetrale e metal detector agli ingressi. Per questo
motivo era frequentato dagli stranieri che stazionano nella capitale afghana. Dalle
prime notizie sembra che i militanti avessero nascosto le armi all’interno dei calzini,
ma non è ancora chiaro come abbiano potuto oltrepassare i numerosi posti di blocco.
I talebani hanno prontamente rivendicato l’attentato, confermando la loro volontà,
resa esplicita più volte, di ostacolare le elezioni presidenziali del prossimo 5 aprile,
fondamentale banco di prova della democrazia afghana. Nella stessa giornata di gio-
vedì una serie di attacchi coordinati, avvenuti nel cuore della città di Jalalabad, situata
nell’Afghanistan orientale, hanno portato alla morte di 18 poliziotti. L’assalto, che ha
causato il ferimento di altri 14 agenti, è iniziato alle 5 della mattina, quando una
macchina carica di esplosivo ha colpito il compound della polizia: dopo l’impatto ini-
ziale sono esplose sei bombe, che hanno squassato la struttura, ed è iniziato un
confronto a fuoco che è durato tre ore circa. Il periodo pre-elettorale era stato già
turbato nei giorni antecedenti da un attentato suicida avvenuto in un mercato nell’Af-
ghanistan settentrionale e dall’uccisione, in piena Kabul, di un giornalista svedese.
CAUCASO, 18 MARZO ↴
Secondo le notizie riportate dal Kavkaz Center, princi-
pale sito web dei gruppi islamisti ceceni, il loro leader,
Doku Umarov, sarebbe morto. Non è stata riportata né
la data precisa, né tantomeno la causa della sua morte,
ma il sito ha semplicemente affermato che il leader
dell’Emirato Islamico del Caucaso è diventato un mar-
tire, espressione usata dagli islamisti per dichiarare la
morte. Non ci sono state conferme ufficiali nemmeno dalle autorità russe, che in
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passato, più volte, avevano dichiarato la morte del leader ceceno, venendo poi pun-
tualmente smentite dalla pubblicazione di video che lo mostravano in ottime condi-
zioni di salute. Il Kavkaz Center ha già comunicato, attraverso il suo account Twitter,
il nome del successore di Umarov: Ali Abu-Mukhammad è il nuovo leader dell’emirato
caucasico ceceno. Doku Umarov ha combattuto contro le truppe russe in Cecenia sia
nella guerra del 1994-96, al termine della quale la repubblica caucasica riuscì ad
ottenne maggiore autonomia, sia nel conflitto del 1999, alla fine del quale la battaglia
per l’indipendenza si trasformò in una più ampia guerriglia islamica. Nel 2007 Umarov
ha creato l’Emirato Islamico del Caucaso, autoproclamandosi emiro. Il gruppo mili-
tante ceceno ha rivendicato la responsabilità di molti attacchi terroristici compiuti in
Russia negli ultimi anni: Umarov è ritenuto, dalle autorità russe, diretto responsabile
di numerosi attentati tra cui quello all’aeroporto di Mosca del gennaio 2011, che causò
la morte di 36 persone, e quello del 2010 alla metropolitana della capitale russa in
cui ne perirono altre 39. Sempre Umarov è ritenuto responsabile anche degli attentati
di Volgograd, antecedenti i giochi olimpici di Sochi, perché più volte avrebbe indicato
ai suoi seguaci di colpire la manifestazione sportiva, considerata dal Presidente russo
Vladimir Putin un’importante occasione per dare un’immagine migliore de Paese.
COREA DEL NORD, 17 MARZO ↴
La Corea del Nord, nell’ambito di quelle che sono state
definite come esercitazioni militari di routine, ha lan-
ciato una trentina di missili a corta gittata che hanno
percorso circa 60 Km prima di finire nel Mar del Giap-
pone. Come sottolineano le agenzie di stampa sudco-
reane, Pyongyang avrebbe risposto alle esercitazioni
militari congiunte tra Washington e Seoul, denominate Resolve Key e Foal Eagle, che
sono cominciate lo scorso 24 febbraio e che termineranno ufficialmente il prossimo
18 aprile. Le esercitazioni hanno impiegato, secondo i dati forniti, 12.700 soldati sta-
tunitensi e circa 200.000 militari sudcoreani. Già lo scorso 16 marzo, la Corea del
Nord aveva lanciato 25 missili a corto raggio: una manovra che fu condannata dalla
Corea del Sud che aveva chiesto di fermare i test definiti come “provocatori” di missili
e testate potenzialmente pericolosi. Pyongyang non è nuova a questo tipo di azioni,
andando quindi ad aumentare la tensione in uno scenario che vede già due potenze
come Cina e Giappone contrapposte (per l'annosa questione delle Senkaku in primis)
e che rischia di creare quindi un contesto in cui il minimo errore può portare all'irre-
parabile ipotesi di un conflitto.
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IRAN, 20 MARZO ↴
Si è tenuto a Vienna un nuovo round dei colloqui sul
nucleare iraniano tra la delegazione diplomatica di Te-
heran e il gruppo 5+1 (Stati Uniti, Russia, Francia,
Gran Bretagna, Cina e Germania). Al centro dei collo-
qui, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa ira-
niana IRNA, vi sarebbe stato il reattore ad acqua pe-
sante di Arak. Il G5+1 avrebbe richiesto che tale reattore venga spento oppure con-
vertito in un impianto che produca una quantità ridotta di plutonio, un materiale
necessario per la produzione di armi atomiche. Una richiesta che, attraverso una
lettera, era stata recentemente inoltrata anche al Presidente statunitense Barack
Obama da circa 80 senatori americani. Il vice Ministro degli Esteri iraniano, Abbas
Araghci, ha però affermato che la «chiusura è fuori discussione». Un accordo defini-
tivo, come d’altronde preventivabile a questo stato dei negoziati, non è stato trovato.
Ciononostante, il Ministro degli Esteri di Teheran, Javad Zarif, ha fatto sfoggio del
consueto ottimismo dichiarando all'agenzia iraniana FARS che ha visto “segni” positivi
in vista del raggiungimento di un accordo finale e che «è possibile un compromesso
che rispetti i diritti della nazione iraniana». Zarif ha poi dichiarato che, per quanto
riguarda l’Iran, è possibile raggiungere un accordo globale entro la scadenza fissata
del 20 luglio. Anche la rappresentante del G5+1, nonché responsabile della politica
estera dell’UE, Catherine Ashton, ha definito «sostanziale e utile» il recente round di
Vienna, benché non si sia spinta oltre. Le due parti si sono dunque date un nuovo
appuntamento, sempre nella capitale austriaca, per continuare i colloqui tra il 7 e il
9 aprile, questi a loro volta preceduti da negoziati più tecnici tra il 3 e il 5 dello stesso
mese.
SERBIA, 16 MARZO ↴
Con il 48,34% dei voti, il Partito Progressista Serbo
(SNS) del vice Primo Ministro Aleksandar Vučić – e di
cui fa parte anche il Presidente della Repubblica To-
mislav Nikolić – ha vinto le elezioni legislative antici-
pate, ottenendo ben 85 seggi in più rispetto alle con-
sultazioni del 2012. Si è fermato al solo 13,1% (in calo
dell'1,4%) il Partito Socialista Serbo (SPS) dell'ex Premier Ivica Dačić, la cui presenza
all'interno dell'Assemblea resta tuttavia invariata (44 seggi). In caduta verticale il
Partito Democratico (ND, la principale forza di opposizione) dell'ex sindaco di Bel-
grado Dragan Đilas, passato dal 22,7% al 6%, su cui ha inevitabilmente pesato anche
la fuoriuscita durante il mese di gennaio dell'ex Presidente Boris Tadić, che con il suo
Nuovo Partito Democratico (NDS-Z) è riuscito a raggiungere il 5,71%. Solo queste
quattro formazioni sono state pertanto capaci di superare la soglia di sbarramento
13
del 5%, alle quali tuttavia si aggiungono le rappresentanze delle minoranze linguisti-
che. Bassa, infine, l'affluenza alle urne, passata dal 57,7% al 53,2%. L'obiettivo
di Vučić, come nelle dichiarazioni precedenti al voto, è stato quello di raccogliere i
frutti del governo di coalizione degli ultimi due anni con i socialisti: dalla normalizza-
zione dei rapporti con il Kosovo al conseguente avvio dei negoziati di adesione con
l'Unione Europea, passando per il processo di riforme interno e per la lotta alla cor-
ruzione e alla criminalità, aspetti che Bruxelles sta monitorando attentamente per
valutare l'andamento dell'iter di integrazione. Punti, tutti, su cui il Premier ex nazio-
nalista, ora conservatore moderato, continuerà ad imperniare il proprio programma
di governo insieme con la lotta alla disoccupazione (che ha toccato il 20%) e alla
riduzione del debito pubblico (ora al 60% del PIL), oltre ad un deficit di bilancio su-
periore del 7%. Lo stesso Nikolić ha assicurato che la conferma di Vučić, ora su basi
più forti, permetterà di procedere più speditamente sulla strada dello spazio europeo
e di una definitiva soluzione dei rapporti con Priština, anche se ciò non equivarrà ad
un riconoscimento. Nonostante il trionfo, Vučić ha comunque dichiarato che la com-
pagine governativa, che dovrà prestare giuramento entro il 1° maggio, sarà inclusiva
delle forze di opposizione.
TURCHIA, 21 MARZO ↴
Il governo ha bloccato l’accesso a Twitter. Erdoğan
aveva minacciato giovedì di bloccare il popolare social
network, dopo la pubblicazione sulla piattaforma vir-
tuale di intercettazioni telefoniche compromettenti.
«Noi sopprimeremo Twitter. Me ne frego di quello che
potrà dire la comunità internazionale», aveva dichia-
rato il Premier davanti a migliaia di sostenitori, in un comizio per le elezioni municipali
del 30 marzo. All’inizio del mese, Erdoğan aveva già minacciato di vietare YouTube e
Facebook. La Commissaria europea per le nuove tecnologie, Neelie Kroes, ha con-
dannato nella notte fra giovedì e venerdì l’annuncio del blocco di Twitter da parte
della Turchia. «L’interdizione di Twitter in Turchia è senza fondamento, inutile e vile
– ha scritto la Commissaria proprio tramite il mezzo di 140 caratteri – Il popolo turco
e la comunità internazionale vedranno questo come una censura. Cosa che è dav-
vero». Nonostante già dai giorni successivi girassero in rete modi di aggirare il blocco,
è preoccupante come nel Paese si assista sempre più spesso a plateali violazioni di
libertà e di diritti fondamentali, che ne compromettono l'immagine e la credibilità
internazionale, nonché ne riducono il sostegno di Erdoğan da parte dei suoi elettori.
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YEMEN, 18 MARZO ↴
Un kamikaze si è fatto esplodere nei pressi del quartier
generale dell’intelligence yemenita a Touban, a quin-
dici chilometri da Aden, nel sud del Paese. L’attentato
ha provocato la morte di un militare e il ferimento di
dieci suoi commilitoni. Secondo un portavoce dell’eser-
cito si sospetta che dietro l'attacco ci sia al-Qaeda nella
Penisola Arabica (AQAP). Solo poche settimane fa un
altro attentato contro un ammiraglio della Marina a Shabwa, sempre nello Yemen
sudorientale, aveva provocato due vittime. Nonostante la repressione condotta dalle
autorità locali con l’aiuto dei droni USA, il numero di attacchi di AQAP sul territorio
non accenna a diminuire. Secondo uno studio condotto dagli analisti statunitensi Bill
Roggio e Bob Barry per The Long War Journal, dal 2002 (inizio delle attività offensive
dei droni contro i qaedisti nel Paese) sono stati lanciati 93 attacchi che hanno ucciso
431 persone appartenenti all’organizzazione o sospettate di terrorismo. Tra le vit-
time, tuttavia, vi sono da segnalare anche un centinaio di civili.
UNIONE EUROPEA, 20 MARZO ↴
Al termine di una maratona negoziale durata 10 ore, e
dopo alcuni mesi trattative, Consiglio e Parlamento Eu-
ropeo hanno raggiunto un accordo sulla proposta della
Commissione relativa al secondo pilastro dell'unione
bancaria – il meccanismo di risoluzione e il fondo salva-
banche – completando così il sistema di vigilanza unico
sugli Istituti di credito dell'eurozona affidato dalla fine
del 2014 alla Banca Centrale Europea. Il compromesso, che dovrà tuttavia ricevere
l'ultimo via libera dal Parlamento nel mese di aprile e successivamente dal Consiglio,
prevede la creazione di un fondo di 55 miliardi di euro nei prossimi 8 anni (e non 10
come inizialmente previsto): il 40% sarà già disponibile il primo anno con il contributo
delle banche di ciascun Stato membro, il 70% dovrà essere messo a disposizione in
un arco temporale di tre anni fino al completamento nel periodo rimanente. Superata
in particolare la divergenza tra Germania e Paesi dell'Europa meridionale circa la sua
natura (statale o comunitario), non è previsto il cosiddetto backstop, ossia il paraca-
dute finanziario necessario a coprire esigenze impreviste nel periodo di entrata a
regime del fondo. La BCE vedrà infine un ampliamento dei propri poteri, mentre verrà
costituita un'apposita agenzia per la chiusura degli Istituti in fallimento. Il Commis-
sario al Mercato Interno e ai Servizi Finanziari, Michel Barnier, ha commentato l'intesa
come la riforma più importante dopo l'introduzione della moneta unica, mentre il
Presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ne ha sottolineato l'estrema velocità
di approvazione.
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ALTRE DAL MONDO
ISRAELE, 19 MARZO ↴
Il governo di Tel Aviv ha autorizzato alcune operazioni aeree contro obiettivi militari
siriani a Quneitra, nel Golan. L’attacco sarebbe una risposta all’attentato ordito da
truppe fedeli a Damasco, nella stessa area, contro un convoglio militare israeliano
nel quale sono rimasti feriti quattro soldati.
ITALIA, 21 MARZO ↴
Il Ministro degli Esteri Federica Mogherini ha incontrato a margine del Consiglio degli
Affari Esteri europeo di Bruxelles il Segretario Generale della NATO, Anders Fogh
Rasmussen. Nel corso del colloquio si è discusso della crisi ucraina, della fine della
missione ISAF in Afghanistan e della Libia. Temi, questi, che verranno affrontati an-
che nella prossima Conferenza ministeriale NATO, i prossimi 1-2 aprile a Bruxelles.
SOMALIA, 18 MARZO ↴
Le milizie di al-Shabaab hanno lanciato una nuova controffensiva nei pressi di Buula
Burde, una città nella regione di Hiraan. Solo una settimana prima le truppe di Mo-
gadiscio erano riuscite dopo un lungo assedio a riconquistare la città strategica strap-
pandola agli islamisti insorti. Secondo un portavoce dell’Unione Africana sarebbero
stati uccisi nel corso delle operazioni militari sei soldati, tra cui un alto comandante
dell'esercito somalo.
SUD SUDAN, 19 MARZO ↴
Le forze governative di Juba hanno annunciato la riconquista di Malakal, capitale dello
Stato dell’Upper Nile, occupata lo scorso mese dalle forze ribelli fedeli all’ex vice Pre-
sidente Riek Machar. Il portavoce dei ribelli, James Gatdet Dak, ha tuttavia dichiarato
che si è trattato di «una ritirata per motivi tattici» e che presto ci sarà una controf-
fensiva per riprendere la città.
TAIWAN, 21 MARZO ↴
200 attivisti ultranazionalisti hanno occupato il Parlamento di Taipei in aperta conte-
stazione contro i tentativi di distensione con la Cina dopo 65 anni di tensioni. Oltre
all’intensificazione dei rapporti commerciali, nello scorso mese di febbraio, infatti le
delegazioni dei due Paesi sono tornate ufficialmente a dialogare.
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THAILANDIA, 21 MARZO ↴
La Corte Costituzionale thailandese ha dichiarato invalide le elezioni legislative che si
erano svolte lo scorso 2 febbraio a causa del fatto che il clima di tensioni e di proteste
aveva costretto alla chiusura di circa un quinto dei seggi. Il 18 marzo il Premier Yin-
gluck Shinawatra aveva abrogato lo stato di emergenza.
VENEZUELA, 20 MARZO ↴
Dopo quasi due mesi di proteste antigovernative e più di 30 morti, il governo di Ni-
colàs Maduro ha disposto l’arresto nei confronti di Daniel Ceballos e di Enzo Scarano,
rispettivamente sindaci di San Cristobal e di San Diego, entrambe le municipalità nel
governatorato di Tachira. Le accuse a loro carico sono di sostegno alla rivolta e di
complotto contro il governo.
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ANALISI E COMMENTI
IL NUOVO GOVERNO DEL LIBANO TRA ASPETTATIVE E DEBOLEZZE
SARA BRZUSKIEWICZ ↴
Se A metà febbraio il Libano ha assistito alla formazione di un nuovo governo di unità
nazionale, dieci mesi dopo le dimissioni del Primo Ministro Najib Miqati. Sebbene la
svolta rappresenti un indubbio passo avanti di cui il sempre più instabile Paese ne-
cessitava da tempo, i presupposti su cui nasce la nuova compagine governativa non
lasciano spazio all’ottimismo. L’annuncio della nascita dell’Esecutivo giunge dopo anni
estremamente travagliati per la politica libanese. Nel marzo del 2013 il governo di
Miqati si era dimesso dopo che le tensioni tra gli opposti schieramenti si erano fatte
insostenibili ve furono allora motivate dal fallimento di un accordo su una nuova legge
elettorale (…) SEGUE >>>
CRISI IN UCRAINA: QUALE RUOLO PER L’ITALIA?
GIUSEPPE CONSIGLIO ↴
La crisi in Ucraina impone ancora una volta una riflessione sul ruolo che l’Italia può
giocare nella politica europea ed internazionale. Un contesto certamente problema-
tico dove le recrudescenze di una contrapposizione, evidentemente solo sopita, tra
blocco occidentale ed orientale tornano, forse anacronisticamente ma con nuovo pro-
rompente vigore, a dominare le cronache risvegliando antiche rivalità. L’importanza
strategica che l’Ucraina e la Crimea in particolare rivestono per la Russia ha spinto
Putin a dispiegare le proprie forze militari sulla penisola occupando prima con l’ap-
poggio delle neocostituite forze di autodifesa filorusse, poi con le proprie forze ar-
mate, i punti nevralgici della regione. La presenza russa è diventata più massiccia
dopo la dichiarazione d’indipendenza sancita con 78 voti a favore su 81 dal Parla-
mento della Crimea (…) SEGUE >>>
SONGBUN E DIRITTI UMANI: LA COREA DEL NORD SOTTO ACCUSA
DANIEL ANGELUCCI ↴
È sfociato in un Rapporto di 372 pagine il lavoro degli investigatori dell’ONU sullo
stato dei diritti umani nella Corea del Nord. All’indagine, condotta da tre incaricati –
Michael Kirby (Australia), Sonja Biserko (Serbia) e Marzuki Darusman (Indonesia) –
è stata allegata un lettera indirizzata al Capo di Stato Kim Jong-un dove si rileva che
le violazioni dei diritti umani sono di una gravità tale che gli investigatori chiedono il
deferimento alla Corte Penale Internazionale dell’Aja dei dirigenti nordcoreani respon-
sabili. Come era prevedibile, le autorità governative della Corea del Nord rifiuta-
rono ogni forma di collaborazione con la Commissione di inchiesta ONU non rispon-
dendo ai ripetuti appelli della stessa (…) SEGUE >>>
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A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
www.bloglobal.net