BloGlobal Weekly N°27 2014

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www.bloglobal.net N°27, 30 NOVEMBRE 13 DICEMBRE 2014 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale di BloGlobal-Osservatorio di Politica Internazionale (30 novembre - 13 dicembre 2014)

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N°27, 30 NOVEMBRE – 13 DICEMBRE 2014

ISSN: 2284-1024

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BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 14 dicembre 2014 ISSN: 2284-1024 A cura di: Eleonora Bacchi Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra Alessandro Tinti

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Weekly Report N°27/2014 (30 novembre – 13 dicembre 2014), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2014, www.bloglobal.net

Photo credits: CIA; US Air Force; Reuters; AP; AFP/Getty Images/A. Nimani; Reuters; Xinhua; ANSA; AFP; AP/Reu-ters/RFE-RL Graphics;

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FOCUS

IRAQ/SIRIA↴

Il 3 dicembre la flotta iraniana ha compiuto delle incursioni in territorio ira-

cheno contro le postazioni dello Stato Islamico (IS). Il vice Ministro degli Esteri Ibra-

him Rahimpour ha in seguito confermato l’azione militare, precisando che Teheran ha

risposto alla richiesta di Baghdad agendo a tutela dell’integrità irachena. Rahimpour

ha inoltre aggiunto che l’Iran non invierà truppe di terra, giudicando sufficiente

l’assistenza fornita sul campo alle forze irachene e curde; al contrario, il rappresen-

tante dell’esecutivo di Rouhani non si è pronunciato sulla possibilità di nuovi passaggi

sui cieli dell’Iraq. Le autorità iraniane hanno infine negato qualsiasi forma di coor-

dinamento con la controparte statunitense che, attraverso il Segretario di Stato

John Kerry e l’Ambasciatore a Baghdad Stuart Jones, ha però valutato positivamente

il contributo iraniano nella repressione del Califfato.

Mentre il delegato a Ginevra, Abbas Araqchi, ha annunciato che il 17 dicembre ri-

prenderanno i negoziati sul programma nucleare iraniano con le delegazioni dei mem-

bri permanenti nel Consiglio di Sicurezza ONU e della Germania, i provvedimenti

adottati da Teheran possono leggersi tanto in una pragmatica dimostrazione di buona

volontà verso Washington, quanto nel tentativo di consolidare un capitale negoziale

in vista della composizione della crisi siro-irachena e del confronto con la superpo-

tenza occidentale. Intanto, il 9 dicembre il Ministro degli Esteri Mohammad Javad

Zarif ha ospitato gli omologhi di Siria e Iraq in un raro incontro trilaterale

che esibisce il rafforzamento della convergenza contro il nemico comune dell’estre-

mismo sunnita.

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Anche gli F-16 del Marocco hanno per la prima volta aperto il fuoco contro le roc-

caforti dell’IS nei pressi della capitale irachena e in altre località di entrambi i Paesi

interessati dall’insurrezione islamista.

È attorno alla frattura incisa dallo Stato Islamico che le potenze regionali ed extra-

regionali avvitano complesse trame diplomatiche. Se il Ministro degli Esteri israeliano

Avigdor Lieberman avverte i partner occidentali della prossima presentazione di un

«coraggioso progetto di pace» che prevede non precisate «dolorose concessioni» da

parte di Israele per il ricompattamento del Medio Oriente contro la minaccia del fon-

damentalismo islamico, Mosca si candida come foro negoziale per la risoluzione

del conflitto civile in Siria, auspicando l’avvio sotto i buoni uffici russi di un dialogo

siro-americano. A tal fine, il vice Ministro degli Esteri Mikhail Bogdanov si è recato a

Damasco per patrocinare l’avvicinamento di Bashar al-Assad alla posizione delle po-

tenze occidentali.

In visita a Baghdad al compimento dell’incarico di Segretario della Difesa, Chuck Ha-

gel ha invece raccolto l’istanza del Premier iracheno Haider al-Abadi per la vendita

di armamenti pesanti addizionali. In linea con la posizione sovente ricordata dalla

presidenza Obama, Hagel ha precisato che la soluzione della crisi aggravata

dall’emersione violenta dell’IS rimane di stretta pertinenza delle istituzioni di Bagh-

dad. In un’intervista rilasciata al Wall Street Journal, l’influente Consigliere per la

sicurezza nazionale Susan Rice ha invece derubricato come “prematura” l’ipotesi, sol-

lecitata da sponda turca, della costituzione in terra siriana di una zona cusci-

netto, poiché questa soluzione diparte dal ventaglio di possibilità ponderato dall’am-

ministrazione statunitense, oltre che essere alquanto dispendiosa in termini di ri-

sorse.

L’11 dicembre la Commissione per le Relazioni Esterne del Senato ha approvato una

bozza di autorizzazione per l’intervento militare contro lo Stato Islamico. A

oggi le operazioni americane erano state forzatamente ricondotte alle autorizzazioni

votate dal Congresso nel 2001 e nel 2002. Il documento – redatto dal Presidente

della Commissione, il senatore democratico Robert Menendez – fissa il limite tempo-

rale di tre anni e vieta l’impiego di truppe di terra, se non nelle ipotesi della protezione

del personale americano, del recupero di ostaggi e della raccolta d’informazioni. Le

clausole hanno incontrato la disapprovazione dell’amministrazione in carica: il Segre-

tario Kerry ha espresso la preferenza per la stesura di un mandato che non “leghi le

mani” della presidenza, suggerendo inoltre di non limitare la portata geografica delle

operazioni e prevedendo la possibilità di colpire anche i gruppi associati al Califfato.

L’autorizzazione (votata con dieci voti favorevoli e otto contrari) sarà proposta

all’esame del Senato, ma i senatori repubblicani rappresentati da John McCain hanno

aspramente criticato l’iniziativa di Menendez ammonendo che l’eventuale entrata in

vigore dell’autorizzazione sarebbe da considerarsi illegittima prima del rinnovo del

Congresso (a maggioranza repubblicana) all’inizio del 2015.

Nel teatro dei combattimenti non conoscono tregua gli assalti dei miliziani ji-

hadisti che nell’ultima settimana hanno lanciato molteplici attacchi dinamitardi nei

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pressi di Samarra. Le scorrerie hanno decimato la Brigata Badr, tra i principali

gruppi paramilitari di estrazione sciita, costretta ad arretrare nella cittadina di Mu-

kayshfah che congiunge Samarra a Tikrit (quest’ultima da mesi sotto pieno controllo

del Califfato). I guerriglieri sono inoltre riusciti a strappare all’esercito iracheno una

serie di checkpoint a Dejla, che permettono allo Stato Islamico di intercettare e in-

terdire i rifornimenti destinati alle zone settentrionali del Paese.

Nell’Anbar la continuità del giogo jihadista agisce invece come elemento divisivo, cor-

rompendo e osteggiando la posizione dei gruppi tribali sunniti rispetto alle istituzioni

centrali. A testimoniare la profondità delle lacerazioni esasperate dal Califfato, gli

sceicchi Jabbar al-Fahdawi e Dhaher Bedewi – leader di fazioni tribali che tra il 2006

e il 2007 lanciarono il “risveglio” sunnita contro i seguaci qaidisti di al-Zarqawi –

hanno dichiarato che l’unità del fronte sunnita sia un risultato impossibile da

conseguire, aggiungendo che il tradimento dei gruppi sedotti dallo Stato Islamico

non sarà perdonato.

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ISRAELE↴

Dopo settimane di accuse reciproche, il 2 dicembre il Premier Benjamin Netanyahu

ha annunciato il licenziamento dei Ministri (cinque in tutto) legati ai partiti

centristi HaTnuah e Yesh Atid, di Tzipi Livni e Yair Lapid, rispettivamente ex respon-

sabili di Giustizia (con delega al processo di pace palestinese) e di Finanze. La deci-

sione è stata giustificata dal Premier come necessaria dopo le «incessanti e intolle-

rabili critiche contro la sua persona e l’esecutivo».

Dure la replica della Livni che ha definito il Premier un «bugiardo» e che è giunto il

momento per Israele di «scegliere se vuole essere uno Stato sionista o uno Stato

estremista». Altrettanto netto è stato Lapid che accusa Netanyahu di essere «un’ir-

responsabile» e di «aver già siglato accordi sottobanco con HaBait HaYehudì di Naftali

Bennett e i partiti religiosi» per dare vita ad una nuova coalizione «che porterà il

Paese a destra». Alla base della spaccatura nell’esecutivo vi è il controverso

disegno di legge su Israele Stato-nazione del popolo ebraico, ritenuto dagli ex

alleati centristi una misura inutile e capace soltanto di alzare il livello di tensione per

fare un “favore” ai coloni e ai gruppi politici di loro riferimento (Lieberman e Bennett).

In realtà, come hanno fatto notare molti analisti, alla base della frattura politica tra

l’anima moderato-centrista e quella di destra nazionalista e religiosa vi sarebbe la

questione del budget che già in settembre aveva fatto preludere ad una possibile

caduta del governo. Infatti dopo i 50 giorni di Guerra a Gaza, l’IDF aveva richiesto un

surplus di budget per coprire il buco di bilancio venutosi a creare data l’imprevista

crescita di spese militari. In quell’occasione si era venuta a creare un’alleanza tra-

sversale e insolita tra Yesh Atid e il partito religioso sefardita Shas che chie-

devano che vi fosse un incremento di spesa per i giovani e il welfare, mentre Likud,

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HaBait HaYehudì e Yisrael Beiteinu chiedevano uno stornamento delle risorse in fa-

vore del comparto difesa e sicurezza.

Allo stato dei fatti, la Knesset, il Parlamento israeliano, si è riunito d’urgenza per

discutere dell’opportunità o meno di sciogliere l’assemblea – la legislazione israeliana

prevede che il Parlamento possa continuare a legiferare anche dopo la sua dissolu-

zione – e ha approvato il 3 dicembre una mozione sul suo scioglimento – 93 sì e

nessun contrario – in vista delle elezioni anticipate fissate per il 17 marzo 2015.

Secondo gli ultimi sondaggi, il Likud, partito di Netanyahu, è accreditato di 22/24

seggi contro i 18 attualmente detenuti in Parlamento, su un totale di 120. Di fatto

però nessuna forza politica avrebbe le capacità di creare una maggioranza forte se

non nei casi di un esecutivo totalmente spostato a destra con Likud, HaBait HaYehudì

e Yisrael Beiteinu.

Immediate le trattative per creare alleanze ampie e flessibili in grado mettere

in minoranza Netanyahu. Yizhak Herzog, leader dei Labor, si è detto «pronto a guidare

Israele» e ha stretto con la Livni un’alleanza programmatica per una coalizione di

centro-sinistra che potrebbe inglobare anche Yesh Atid, creando così un blocco forte

e alternativo capace di garantire stabilità e coerenza nei programmi di governo.

Intanto sul fronte palestinese continuano le tensioni e gli scontri che hanno visto il

10 dicembre scorso la morte eccellente del Ministro per gli Affari delle Colonie

Ziad Abu Ein a Turmusiya, in Cisgiordania. La dinamica non risulta essere chiara

date le versioni divergenti (gli israeliani ritengono si sia trattato di un infarto, i pale-

stinesi attaccano ritenendo che sia stato colpito da un’arma da fuoco). Abu Ein stava

manifestando pacificamente contro la realizzazione di una colonia quando i soldati

israeliani hanno iniziato a sparare lacrimogeni. Poco dopo il Ministro palestinese si è

accasciato a terra, probabilmente colpito da infarto dopo aver ricevuto alcuni colpi

dai soldati israeliani. Un incidente grave che ha ridato nuova linfa alle tensioni tra

israeliani e palestinesi. Il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen ha

parlato di «atto barbaro che non possiamo accettare», annunciando tre giorni di lutto

in Cisgiordania, e dichiarando, infine, che «sono al vaglio tutte le opzioni del caso

contro Israele».

La comunità internazionale ha richiamato le parti alla calma ma chiede spiegazioni

chiare sull’accaduto. L’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicu-

rezza, Federica Mogherini, ha chiesto «un’immediata inchiesta indipen-

dente». Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon «ha lanciato un ap-

pello alle autorità israeliane affinché conducano un’indagine rapida e trasparente».

Dal canto suo, Netanyahu e il Ministro della Difesa Ya’alon hanno espresso il proprio

dispiacere per l’accaduto e hanno assicurato che Israele indagherà sull’incidente in

maniera responsabile.

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STATI UNITI ↴

Sarà Ashton Carter a sostituire Chuck Hagel in qualità di Segretario della

Difesa. Carter ha maturato una solida esperienza in seno al Pentagono, dapprima in

qualità di Sottosegretario con competenze nei settori dell’acquisto dei sistemi d’arma,

dell’innovazione tecnologica e della logistica, poi in veste di “numero due” del Dipar-

timento. Il profilo tecnico selezionato dall’amministrazione Obama ha ottenuto il be-

neplacito di democratici e repubblicani in virtù della profonda conoscenza degli an-

fratti del dicastero. Tuttavia, Carter assume l’incarico in un momento di particolare

difficoltà per il Pentagono e per la politica di sicurezza statunitense nel suo com-

plesso: non solo le pressanti questioni sollevate dallo Stato Islamico in Medio Oriente

e dal protagonismo russo in Ucraina saranno argomenti scottanti dell’agenda del Se-

gretario, ma anche la riorganizzazione delle Forze Armate a causa dei pesanti tagli

alla componente discrezionale del bilancio federale, che nel medio periodo avranno

un forte impatto sull’operatività dei reparti militari.

L’11 dicembre la Camera ha approvato di misura (219 voti favorevoli, 206 con-

trari) la legge di bilancio per l’anno fiscale 2015. Il testo è stato bocciato da

buona parte dei deputati democratici, in particolare a causa della previsione di ga-

ranzie pubbliche sullo scambio dei derivati bancari che hanno sostanzialmente alleg-

gerito la riforma “punitiva” del settore finanziario, così incrinando il rapporto fiduciario

tra l’amministrazione in carica e lo stesso partito del Presidente. Il bilancio federale,

di un ammontare pari a 1,1 trilioni di dollari, è stato poi sottoposto al vaglio del

Senato; nonostante il compromesso abbia destato ampie critiche anche tra le fila

repubblicane soprattutto in riferimento ai recenti decreti presidenziali in materia di

immigrazione, l’approvazione in extremis della camera alta del Congresso è stata

necessaria a sventare la paralisi per insolvibilità (“shutdown”) della pubblica

amministrazione.

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Ad alzare un ben più tetro polverone sulle istituzioni statunitensi e sulla loro credibilità

internazionale è la pubblicazione di un testo di sintesi del voluminoso rapporto d’in-

chiesta realizzato nell’arco di un quinquennio dalla Commissione di Intelligence del

Senato, che documenta i brutali interrogatori cui sono stati sottoposti dalla

Central Intelligence Agency individui sospettati o accusati di terrorismo. La

relazione dettaglia l’impiego sistematico e regolare di tecniche disumane e degradanti

allo scopo di estorcere informazioni sensibili a individui trattenuti in stato di deten-

zione senza alcuna garanzia processuale; inoltre, certifica in modo inquietante che le

alte cariche dell’amministrazione Bush fossero a conoscenza e giustificassero la com-

missione di atti di tortura per fondate ragioni di sicurezza nazionale. Sia l’esecutivo

democratico presieduto da Barack Obama che l’opposizione repubblicana capeggiata

dal senatore John McCain ha condannato i fatti circostanziati dall’indagine parlamen-

tare, denunciando la totale contrarietà di simili tecniche di anti-terrorismo con l’im-

pianto democratico e liberale del Paese. Al contrario, non sono poche le voci all’in-

terno dello stesso Congresso che sollevano vizi di forma e di sostanza rispetto ai

criteri d’indagine cui si è attenuta la Commissione inquirente ovvero che contestano

l’opportunità di divulgare i risultati del rapporto finale. A prevalere, tuttavia, è un

diffuso sgomento che chiama la dirigenza statunitense a interrogarsi anzitutto sul

grado di autonomia e di segretezza goduto dai servizi d’intelligence.

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UCRAINA ↴

Con 288 voti a favore – 62 in più rispetto al quorum richiesto – lo scorso 2 dicembre

il Parlamento ucraino ha accordato la fiducia al nuovo esecutivo guidato da

Arseniy Yatsenyuk, stabilizzando in via definitiva il processo politico-istituzionale

avviato all'indomani della destituzione dell'ex Presidente Viktor Yanukovich.

Mentre Arsen Avakov, Pavlo Klimkin e il Generale Stepan Poltorak hanno mantenuto

rispettivamente la titolarità degli Interni, degli Esteri e della Difesa, la novità è stata

rappresentata nell'affidamento di alcuni dicasteri chiave a tre stranieri – a cui

è stata concessa appositamente la cittadinanza ucraina – sulla base di una selezione

operata da due società di recruiting (Pedersen & Partners e Korn Ferry, sostenute da

George Soros secondo il Kiyv Post) tra gli stranieri presenti a Kiev e tra i membri

della comunità ucraina che lavorano in Canada, negli Stati Uniti e nel Regno Unito a

conferma dell'impronta pienamente filo-occidentale del Paese.

Al Ministero delle Finanze è stata nominata la statunitense di origine ucraina Natalia

Jaresko, già capo della sezione economica dell'Ambasciata USA a Kiev tra il 1992 e

il 1995, nonché Presidente e Amministratore delegato della Western NIS Enterprise

Fund (WNISEF) – società di private equity creata attraverso la U.S. Agency for

International Development (USAID) – e co-fondatrice e CEO di Horizon Capital, e per

questo considerata tra gli stranieri più influenti nel panorama finanziario ucraino. Il

lituano Aivaras Abromavicius, partner della società di investimenti East Capital e

vice Presidente della Investor Protection Association in Russia, è invece il Ministro

dell'Economia. Alla Sanità è invece andato l'ex Ministro georgiano della Salute e del

Lavoro Alexander Kvitashvili.

La fiducia al nuovo governo è peraltro giunta nel giorno del Vertice dei Ministri

degli Esteri dei Paesi NATO a Bruxelles, i quali, condannando il rafforzamento delle

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strutture militari russe in Crimea e denunciando nuovamente il tentativo di Mosca di

destabilizzare le regioni orientali dell'Ucraina, hanno annunciato l'istituzione di nuove

misure di sostegno a favore di Kiev che, sulla base di un'intesa raggiunta nel

summit di Newport, consistono essenzialmente nell'attivazione di quattro fondi

fiduciari per contribuire all'aggiornamento della logistica, delle capacità di guerra

informatica, di comando e controllo e di servizi medici. Vi è inoltre un accordo per un

quinto fondo per sostenere i soldati ucraini feriti. Lo stesso vertice è stata l'occasione

per rassicurare i Paesi dell'Europa Orientale circa la difesa da un possibile intervento

russo: oltre all'intensificazione del pattugliamento aereo sul Mar Baltico e oltre alla

continua rotazione di unità militari della NATO all'interno e al di fuori di Paesi come

Polonia e Repubbliche baltiche, dal prossimo 1° gennaio 2015 dovrebbe essere

operativa una brigata terrestre di circa 4.000 uomini messi a disposizione da

Germania, Norvegia e Paesi Bassi. Il 3 dicembre la Commissione europea ha inoltre

annunciato la concessione di 500 milioni di euro in aiuti all'Ucraina, quale ultima

tranche del programma di assistenza da 1,6 miliardi approvato lo scorso marzo; il

supporto offerto dagli Stati Uniti, invece, secondo quanto dichiarato dal Segretario di

Stato John Kerry, ammonterebbe a 118 milioni di dollari e riguarderebbe programmi

di assistenza e formazione, non includendo aiuti di tipo letale.

Sul piano del conflitto, nonostante l'intensità e il numero degli scontri nel Donbass si

siano ridotti, la prosecuzione di episodi di violenza ha richiesto il raggiungimento di

un nuovo accordo di cessate il fuoco (2 dicembre) tra governo e separatisti

dell'autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk lungo la linea di contatto:

secondo quanto riferito dagli osservatori dell'OSCE, la tregua è entrata in vigore il 5

dicembre mentre dal giorno successivo è stato avviato il ritiro delle attrezzature

pesanti. È stata raggiunta anche un'intesa per un cessate il fuoco temporaneo

nella zona dell'aeroporto di Donetsk, per mesi terreno di combattimenti tra

governativi e ribelli. Nonostante l'ennesimo convoglio russo di presunti aiuti umanitari

abbia oltrepassato i confini senza autorizzazione, dimostrando quanto in realtà gli

equilibri restino fragili, il 12 dicembre Petro Poroshenko – in visita in Australia per la

sigla di alcuni accordi commerciali (relativi in particolar modo alla fornitura di uranio)

– ha dichiarato che per la prima volta dopo sette mesi non si sono verificati scontri

per 24 ore consecutive.

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BREVI

AF-PAK, 13 DICEMBRE ↴

È di almeno 20 morti il bilancio di una serie di attentati

talebani e diretti in particolare contro obiettivi

governativi a poche settimane dalla conclusione della

missione ISAF in Afghanistan. Oltre all'uccisione del

Segretario dell'Alto Consiglio della Corte Suprema,

Atiqullah Raoufi, freddato con colpi d'arma da fuoco

mentre usciva dalla sua residenza a Kabul, un

kamikaze si è fatto saltare in aria a Gazargah, località a sud-ovest della capitale, al

passaggio di un convoglio della NATO, provocando 7 morti tra cui due americani,

come rende noto il Dipartimento della Difesa USA, e 18 feriti tra cui anche dei civili.

Nella stessa giornata del 13 dicembre un ulteriore attacco è stato diretto contro un

gruppo di artificieri impegnati in operazioni di sminamento nella provincia meridionale

di Helmand: sono almeno 12 i morti e altrettanti i feriti. La settimana era stata

peraltro segnata dall'attentato di un giovane kamikaze all'interno del Centro culturale

francese a Kabul mentre era in corso una rappresentazione teatrale. Mentre il

Pentagono ha annunciato la chiusura del carcere di Bagram – già passato sotto il

controllo delle autorità militari afghane nel 2012 – come previsto dal programma di

detenzione americano, una serie di raid della NATO in due distretti della provincia

centrale afghana di Parwan hanno ucciso 12 militanti e almeno 5 civili, scatenando

tuttavia le proteste da parte dei cittadini locali. Sul piano regionale la lotta al

terrorismo ha visto l'uccisione – pur se non ancora confermata da fonti indipendenti

– del capo delle operazioni esterne di al-Qaeda, Adnan al-Shukrijumah, da parte delle

forze di sicurezza pakistane (6 dicembre) nel corso di un'operazione nella regione di

Shinwarsak, nel Sud Waziristan, area tribale già oggetto della campagna “Zarb-i-

Azb” lanciata nello scorso giugno dopo l'attacco all'aeroporto di Karachi. Nella cerchia

più stretta degli uomini di bin Laden, successore di Khalid Sheikh Mohammed (mente

degli attacchi dell'11 settembre), e dunque tra i principali ricercati da

Washington, Shukrijumah era accusato di essere coinvolto nella pianificazione di

alcuni attentati a New York e nel Regno Unito nel 2009.

CAUCASO, 4-12 DICEMBRE ↴

A venti anni dall’inizio della Prima Guerra Cecena (l’11

dicembre 1994), la regione del Caucaso è ancora teatro

di conflitti tra i separatisti, gli islamisti e le forze armate

russe. A Grozny, capoluogo della Cecenia, nella notte

tra il 3 e 4 dicembre un gruppo di militanti a bordo di

tre autovetture ha aperto il fuoco contro un posto di

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blocco della polizia stradale uccidendo tre agenti. Gli scontri sono continuati

successivamente nell’edificio delle telecomunicazioni della città e in una scuola poco

lontana. Entrambe le strutture sono state date alle fiamme nel corso della notte. Il

bilancio delle vittime è di circa 15 agenti e 9 militanti. Nella regione caucasica

nonostante dopo la fine della Seconda Guerra Cecena la tensione non si sia mai

sopita, quello di Grozny del 4 dicembre può essere considerato l’accadimento più

violento degli ultimi anni. A rivendicare l’attacco è stato il gruppo islamico Emirato

del Caucaso (Imarat Kavkaz), il quale ha dichiarato che si è trattato di una ritorsione

contro le forze dell’ordine per le molestie subite dalle donne musulmane nella

Repubblica cecena. L’attentato, tuttavia, potrebbe essere stato diretto a mettere

sotto pressione il Presidente russo, Vladimir Putin, il quale di lì a poche ore ha tenuto

il discorso al Parlamento sullo stato del Paese. Alcuni analisti sostengono, inoltre, che

possa essere una protesta contro il sostegno russo al regime siriano di Bashar al-

Assad, in quanto combattenti islamici del Caucaso hanno deciso di lottare al fianco

dei ribelli in Siria. Nei giorni successivi all’attacco, uomini a volto coperto hanno

incendiato le abitazioni dei familiari dei militanti ritenuti responsabili e il Presidente

ceceno filo-russo, Ramzan Kadyrov, ha dichiarato che l’azione è stata condotta in

segno punitivo contro i terroristi. Infine, nei giorni passati, nell’ambito dell’operazione

di contro-terrorismo condotta da Mosca nel Caucaso, ulteriori scontri a fuoco si sono

verificati anche nelle altre due repubbliche caucasiche del Daghestan e di Kabardino-

Balkaria. L’11 dicembre in Kabardino-Balkaria, in un’operazione di counter terrorism

guidata dalle Forze Speciali russe, sono stati uccisi 4 militanti islamisti in scontri a

fuoco nel capoluogo, Nalchik. Il giorno successivo hanno incontrato la stessa sorte 5

militanti nella Repubblica del Daghestan asserragliati in una casa del centro di

Machačkala, principale città daghestana.

EGITTO, 9 DICEMBRE ↴

Dopo settimane di intense discussioni, il governo di

transizione egiziano ha trovato un accordo per il

disegno di legge sulla nuova legge elettorale, firmato

anche dal Presidente al-Sisi – in settimana in visita

ufficiale in Giordania –, che diventerà effettivo in

occasione delle consultazioni per il rinnovo

dell’Assemblea del Popolo (la Camera bassa) del marzo 2015, mettendo fine – almeno

nei processi istituzionali – all’iter transitorio iniziato nella seconda rivoluzione egiziana

dopo la destituzione dell’allora Capo di Stato, l’islamista Mohammed Mursi, il 3 luglio

2013. La nuova Assemblea popolare sarà costituita da 567 seggi, di cui 420 destinati

ai candidati indipendenti (73%) e 120 alle liste di partito (22%), mentre il Presidente

avrà il diritto di nominare il restante 5% dei parlamentari, pari a 27 seggi rimanenti.

A lasciare i maggiori dubbi nella nuova legge elettorale è tuttavia la ripartizione dei

seggi all’interno delle circoscrizioni e dei governatorati. Il Paese sarà diviso in 231

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circoscrizioni, che eleggeranno 420 deputati col sistema uninominale e 120 col

sistema di lista proporzionale. Di questi 231 distretti, 77 potranno dare una sola

preferenza, 119 ne daranno due e i 35 rimanenti invece tre. Per poter essere eletti

bisognerà garantirsi 131.000 preferenze. In questo modo si favoriscono le preferenze

dei candidati non cittadini. Infatti, se al Cairo o ad Alessandria ci sono più distretti

mentre ad Assuan meno, è vero che ci sono molte probabilità di eleggere nelle

periferie un candidato più vicino all’attuale establishment che nelle città. Una misura,

questa, che secondo i detrattori sarebbe volta ad eliminare quelle forme minime di

resistenza al regime e, allo stesso tempo, di vicinanza ai Fratelli Musulmani. Sempre

il governo negli stessi giorni ha approvato una nuova e più restrittiva legge anti-

terrorismo: punti principali del nuovo testo sono la possibilità di individuare e

giudicare come “terroristi” tutti coloro che occupano un suolo pubblico ritenuto

strategico (infrastrutture civili ed edifici pubblici di rilevanza primaria) senza aver

ottenuto un previo benestare dall’autorità amministrativa. Secondo le autorità

centrali queste misure si erano rese necessarie dopo l’impressionate serie di attentati

nel Sinai che avevano portato nell’ottobre scorso al più pesante attacco con perdite

(31 morti tra soldati e ufficiali) sin dalla stagione terroristica del 2005. Intanto le

forze di sicurezza hanno lanciato una nuova operazione di counter terrorism a Sheikh

Zuweid, nel nord della penisola sinaitica, uccidendo circa una decina di affiliati ad

Ansar Bayt al-Maqdis, la principale sigla terroristica attiva nell’area.

KOSOVO, 9 DICEMBRE ↴

Dopo un periodo di stallo durato sei mesi, il Kosovo ha

finalmente un nuovo governo grazie ad un accordo di

coalizione tra i principali partiti, la Lega Democratica

del Kosovo (LDK) e il Partito Democratico del Kosovo

(PDK). Nonostante le elezioni si siano tenute in giugno,

le lotte intestine tra i partiti politici avevano impedito,

finora, il raggiungimento di un accordo per la formazione dell’esecutivo. La coalizione

di governo sarà guidata dal 63enne Isa Mustafa, ex-sindaco della capitale Pristina e

leader del LDK, il primo capo di governo a non essere direttamente legato ai partiti

fautori dell’indipendenza dell’ex provincia serba. Hashim Thaci, Primo Ministro

uscente e leader del PDK, sarà nella coalizione di governo con l’incarico di vice

Premier e Ministro degli Esteri, in attesa di diventare nel 2016, come previsto

dall’accordo, Presidente della Repubblica. Nonostante il partito di Thaci abbia vinto le

elezioni dell’8 giugno non ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento per

nominare nuovamente un proprio esponente alla guida del governo. La nuova

amministrazione è composta di otto Ministri del LDK e sette del PDK, con i Ministeri

meno rilevanti riservati ai partiti minori, tra cui anche i rappresentanti della

minoranza serba che hanno approvato l’accordo. Il nuovo governo di Isa Mustafa

dovrà affrontare prima di ogni altra cosa il problema economico di un Paese che

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cresce al ritmo del 4% annuo ma la cui economia è flagellata da corruzione, tassi

altissimi di disoccupazione e con metà della popolazione in condizioni di povertà.

L’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza europea, Federica

Mogherini, ha dichiarato tutta la soddisfazione dell’UE per la formazione del nuovo

governo kosovaro, augurandosi di poter lavorare al più presto con le nuove autorità

di Pristina. In realtà, l’Unione Europea dovrà preoccuparsi di ridare credibilità alla

propria missione in Kosovo, EULEX, toccata dalle accuse di corruzione e di cattiva

gestione.

INDIA-RUSSIA, 11 DICEMBRE ↴

Nell’annuale summit bilaterale andato in scena a New

Delhi, il Premier indiano Narendra Modi e il Presidente

russo Vladimir Putin hanno firmato venti accordi

strategici di cooperazione su energia nucleare, petrolio,

gas, commercio e difesa militare per un valore di

diversi miliardi di dollari. Come hanno tenuto a

spiegare le parti, le intese firmate rientrano all’interno

di una «visione di partnership strategica volta ad aumentare non solo l’interscambio

commerciale bilaterale – nel 2013 questo ha toccato i 10 miliardi di dollari – ma anche

a diversificare gli investimenti nonché a porre le condizioni per la creazione di un’area

di libero scambio nei due Paesi e all’interno del progetto di Unione Economica

Eurasiatica». Si spiegano in questa prospettiva gli accordi firmati nei comparti

energetico e difesa. Nell’ambito del nucleare, la russa Rosatom, l’azienda statale del

nucleare, ha firmato un accordo per la costruzione di 12 reattori in India nei prossimi

vent’anni. Il programma comprende anche la fabbricazione di apparecchiature e

componenti in India. Mosca e New Delhi hanno inoltre trovato un'intesa per

l'esplorazione congiunta, la produzione e la fornitura di petrolio greggio e anche per

lo studio e la progettazione di un sistema di condutture che collegheranno Russia e

India. L’intento è di creare le condizioni per una collaborazione rafforzata nei corridoi

energetici e dei trasporti internazionali nord-sud. Compagnie indiane aderiranno

anche ai progetti russi di produzione del petrolio e gas nell’Artico. Due colossi

energetici come Gazprom e Rosneft hanno firmato tre accordi commerciali con il

gruppo indiano Essar per una fornitura di 10 anni di greggio russo. Sono stati firmati

anche accordi per 800 milioni di euro per sviluppare progetti nell’idroelettrico. Nel

settore della difesa, infine, Modi ha sottolineato come la Russia possa diventare un

partner strategico per New Delhi e che pertanto sono in discussione numerosi progetti

di cooperazione allo studio. Tra questi, quelli riguardanti la produzione e la fornitura

di elicotteri tecnologicamente avanzati Mi-17 e Ka-226, a destinazione civile e

militare. In India sarà anche organizzata la produzione di componenti per il materiale

bellico russo, per un valore complessivo di 3 miliardi di dollari.

Page 16: BloGlobal Weekly N°27 2014

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NIGERIA, 10-11 DICEMBRE ↴

Il 10 dicembre una doppia esplosione ha sconvolto il

mercato Kantinkwari della città di Kano, nel nord della

Nigeria, causando la morte di quattro persone ed il

ferimento di sette. Secondo alcuni testimoni

l’esplosione sarebbe stata provocata da due donne

kamikaze che si sono fatte saltare in aria, in due

differenti punti del mercato, lontano dalle aree più trafficate. Kano, la più grande città

del nord è stata lo scenario di numerosi attacchi terroristici, tra cui quello dello scorso

29 novembre, quando un’esplosione ha colpito la principale moschea della città

uccidendo 120 persone e ferendone circa 300. Nel frattempo, la polizia di Kano ha

arrestato una ragazza di 13 anni che indossava una cintura esplosiva e che si era

recata presso il vicino ospedale per curarsi dalle ferite post-attentato. Il giorno

successivo, l’11 dicembre, un altro doppio attentato è avvenuto a Jos, città situata

nella Nigeria centrale, e ha causato la morte di almeno 31 persone. Le esplosioni

sono avvenute mentre i proprietari dei negozi stavano abbassando le serrande e i

musulmani si preparavano alla preghiera della sera. Testimoni raccontano di una

prima esplosione avvenuta nei pressi di un negozio di alimentari e di una seconda

vicino al mercato Terminus, nel centro della città. Entrambi questi attacchi non sono

stati rivendicati, ma portano il marchio di Boko Haram, gli estremisti islamici collegati

ad al-Qaeda che da diversi anni stanno insanguinando la Nigeria nel tentativo di

stabilire un califfato islamico nel nord-est del Paese. I due attacchi sono visti come la

volontà da parte dei miliziani di agitare le tensioni tra cristiani e musulmani in un

Paese profondamente diviso: la città di Jos è situata nella parte centrale del Paese,

dove gli scontri tra i musulmani, in prevalenza nel nord, e i cristiani, in maggioranza

al sud, sono molto frequenti.

TURCHIA, 1-10 DICEMBRE ↴

I primi dieci giorni della Presidenza turca di turno del

G-20 in prospettiva 2015 sono stati segnati da diverse

visite ufficiali di rappresentanti e Capi di Stato. Di par-

ticolare rilevanza è stata la visita del Presidente russo

Vladimir Putin, il 1° dicembre, conclusasi con impor-

tanti dichiarazioni in merito ai rapporti commerciali ed

energetici tra i due Paesi. Erdoğan e Putin hanno affer-

mato la propria volontà di rafforzare i reciproci legami economici portando gli scambi

commerciali ad un valore di 100 miliardi di dollari. È stato rinnovato l’impegno finan-

ziario russo nel creazione del primo sito nucleare turco ad Akkuyu, progetto del valore

di 20 miliardi di dollari. Di notevole impatto è stato l’annuncio di Putin circa la chiusura

del progetto del gasdotto South Stream, accompagnata dalla dichiarazione dell’avvio

Page 17: BloGlobal Weekly N°27 2014

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di un nuovo piano per la creazione di un maxi-gasdotto sottomarino da installare in

Turchia al confine con la Grecia. In tal modo Mosca, di fatto, ha nominato Ankara

quale partner privilegiato per gli scambi energetici, a discapito di Ucraina e Bulgaria.

Ancora in materia energetica, Mosca si è impegnata a diminuire il prezzo del gas

venduto alla Turchia del 6% a partire da gennaio 2015. Un nemico comune è stato

riscontrato nell’IS, contro il quale i due Stati hanno confermato di voler lottare uni-

tamente, mentre continua il disaccordo tra Erdoğan e Putin relativamente alle rela-

zioni con il Presidente siriano Bashar al-Assad. Russia e Turchia hanno riaffermato le

proprie posizioni nel merito: la prima a sostegno del regime siriano mentre la seconda

continua ad affermare la necessità della deposizione di Assad. L’ultimo argomento

trattato dai due Presidenti, è stata la questione dei tatari-crimeani, il 10% circa della

popolazione della penisola di Crimea. In merito all’etnia turcofona, Putin ha rassicu-

rato Erdoğan di aver già provveduto ad un riconoscimento dell’idioma tataro tra le

lingue ufficiali crimeane. Altri importanti arrivi ad Ankara sono stati l’8 e 9 dicembre

la visita dell’Alto Rappresentante europeo per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza,

Federica Mogherini, accompagnata dai Commissari europei per l’Allargamento e per

gli Aiuti Umanitari, e, infine, la visita del Premier italiano Matteo Renzi del 10 e 11

dicembre. Quest’ultimo ha ribadito il sostegno italiano allo Stato turco affermando

che «bisogna rilanciare il processo di avvicinamento della Turchia all’Unione Europea»

e che «faremo ogni sforzo perché l’UE apra con maggiore determinazione nuovi ca-

pitoli negoziali e contemporaneamente che la Turchia continui nel percorso di colla-

borazione come c’è stato più volte riconfermato».

YEMEN, 3-9 DICEMBRE ↴

Continuano gli scontri in Yemen tra i militanti jihadisti

di al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) e i ribelli

sciiti del movimento Houthi che sta conducendo la

progressiva conquista di punti strategici nel Paese

arabo, come il controllo della capitale Sana’a. In

questa città, mercoledì 3 dicembre, un’autobomba ha

di fatti colpito l’ambasciata iraniana uccidendo tre persone e ferendone altrettante.

L’attentato è stato reclamato da AQAP a causa del sostegno dell’Iran al movimento

Houthi. Non si tratta del primo evento di tale stampo: infatti, il 9 ottobre scorso un

altro attentato contro una base del movimento sciita ha causato la morte di 47

persone. In seguito all’attacco contro l’Ambasciata iraniana, il 6 dicembre, è stato

condotto un blitz delle forze speciali americane e yemenite per la liberazione di due

ostaggi catturati nei mesi scorsi da AQAP, uno americano e uno sudafricano. Tuttavia

l’operazione si è conclusa con l’uccisione di 11 militanti ma con la morte anche dei

due prigionieri. In un video rilasciato da AQAP, l’ufficiale Nasser bin Ali al-Ansi ha

affermato che «Obama ha preso la decisione sbagliata, ed ha firmato l’uccisione dei

due ostaggi [...]. Obama ha ordinato l’assalto nonostante il nostro avvertimento di

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non fare niente di avventato». In ritorsione al blitz i militanti qaedisti hanno lanciato

un attacco contro la base aerea militare americana di al-Anad nel sud dello Yemen,

l’11 dicembre, colpendola con sei razzi. Non sono stati dati numeri certi, ma

sarebbero rimasti feriti alcuni uomini delle truppe yemenite. Infine, due altri scontri

sono avvenuti nella provincia di Hadramout tra i soldati e i militanti nel corso delle

prime due settimane di dicembre: il primo, l’8 dicembre, nella città di Shihr in cui in

seguito ad una sparatoria due soldati hanno perso la vita ed uno è stato ferito. Il

secondo, il giorno successivo, nella città di Sayoun in cui due autobomba dirette

contro una base militare yemenita hanno causato la morte sette soldati e il ferimento

di almeno otto.

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ALTRE DAL MONDO

ARABIA SAUDITA, 8 DICEMBRE ↴

Dopo aver rassegnato le dimissioni dal proprio incarico, Re Abdullah bin Abdulaziz al-

Saud ha provveduto alla nomina di otto nuovi Ministri, in quello che rappresenta il

più grande rimpasto di governo degli ultimi anni. Sono stati nominati i nuovi Ministri

degli Affari Islamici, dell’Educazione, delle Comunicazioni, della Salute, dei Trasporti,

dell’Agricoltura, della Cultura e degli Affari Sociali. Per la prima volta il Ministero della

Salute ha un suo rappresentante apposito essendo stato finora retto ad interim da

un altro Ministro. La decisione delle nuove nomine anticipa la pubblicazione del bud-

get del regno saudita per il 2015 che dovrebbe prevedere una riduzione della spesa

a causa delle minori entrate dovute al basso prezzo del petrolio degli ultimi mesi.

CINA, 11 DICEMBRE ↴

Con l'arresto di 209 persone e lo sgombero degli ultimi presidi nel distretto finanziario

di Admiralty da parte della polizia locale a seguito di un'ordinanza emessa dall'Alta

Corte di Hong Kong, sembrano essere terminate le manifestazioni di protesta che per

75 giorni hanno attraversato l'ex colonia britannica. Sceso in piazza chiedendo in-

nanzitutto un suffragio universale per le elezioni dello Chief Executive previste per

2017, il movimento di Occupy Central non ha ottenuto alcun risultato significativo né

è stata aperta alcuna forma di dialogo duratura tra autorità centrali e imanifestanti.

IRAN-TURKMENISTAN-KAZAKISTAN, 3 DICEMBRE ↴

I Presidenti di Iran, Turkmenistan e Kazakhstan hanno inaugurato il 3 dicembre a

Incheh Borun una nuova ferrovia che collega i tre Stati. La linea, la cui costruzione è

iniziata nel 2009, è lunga 925 chilometri e collegherà Ozen a Berekt e Goran consen-

tendo una comunicazione di merci e persone notevolmente rapida. La conseguenza

della nuova infrastruttura sarà pertanto un cospicuo aumento dello scambio di beni

tra i tre Paesi: dalla quota di 3 milioni di tonnellate è previsto un aumento a 10

milioni, e il raggiungimento di 20 milioni entro il 2020. Il Presidente iraniano Hassan

Rouhani ha affermato che i tre Stati «dovrebbero fare ulteriori sforzi per stringere le

proprie relazioni [...] così da supportare sviluppo, stabilità e sicurezza».

KENYA, 5 DICEMBRE ↴

L’ufficio del procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI) de L’Aja ha riti-

rato le accuse di crimini contro l’umanità a carico del Presidente del Kenya Uhuru

Kenyatta: la procuratrice Fatou Bensouda ha dichiarato di non avere prove sufficienti

per confermare la colpevolezza del leader kenyano. Il Presidente Kenyatta, assieme

al vice Presidente William Ruto, era accusato di crimini contro l’umanità commessi

Page 20: BloGlobal Weekly N°27 2014

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durante le violenze post-elettorali del 2007 che causarono la morte di 1.200 kenyani

e oltre 600mila profughi interni.

MOLDAVIA, 30 NOVEMBRE ↴

Si sono svolte il 30 novembre le elezioni legislative in Moldavia. Il risultato ha mo-

strato una polarizzazione della società della ex Repubblica Sovietica tra chi è a favore

del proseguimento del processo di integrazione europea e chi invece propende per

un miglioramento dei rapporti con la Russia. Con il 23% e il 20% dei consensi, il

Partito Socialista di Igor Donon e il Partito Comunista di Vladimir Vornin si sono at-

testati rispettivamente come prima e terza forza parlamentare. A formare la squadra

di governo sarà tuttavia nuovamente la coalizione dei partiti europeisti formata dal

Partito Liberale Democratico, il Partito Democratico e il Partito Liberale Riformista, i

quali hanno raggiunto nel complesso il 45% dei voti e 55 seggi parlamentari sui 101

totali.

QATAR, 9 DICEMBRE ↴

È andato in scena a Doha il 35esimo summit del Consiglio di Cooperazione del Golfo

(GCC), che ha segnato il riallineamento del Qatar ad Arabia Saudita e ad Emirati

Arabi Uniti dopo lo strappo sorto in merito alle divergenze sulle questioni politiche

interne alla regione e alle divisioni sorte e accresciute in seguito gli altri partner in

merito alla seconda rivoluzione egiziana del 2013. Grazie alla decisiva mediazione

kuwaitiana, la famiglia al-Thani ha sottoscritto un comunicato finale che afferma il

pieno supporto al programma politico del Presidente al-Sisi e che dunque distanzia

ulteriormente l’ambivalente diplomazia qatarina dalla convergenza con la Fratellanza

Musulmana. Il GCC ha inoltre reiterato la condanna dello Stato Islamico e dei gruppi

jihadisti operanti in Siria; sul piano delle relazioni economiche le monarchie petroli-

fere del Golfo hanno espresso preoccupazione per il crollo dei prezzi del greggio,

richiamando l’urgenza di procedere speditamente verso l’obiettivo di un’unione do-

ganale e di un mercato comune entro il 2018.

SVEZIA, 3 DICEMBRE ↴

Il partito di estrema destra dei Democratici Svedesi, guidato da Mattias Karlsson, ha

bocciato il disegno di legge finanziaria proposto dall'esecutivo del socialdemocra-

tico Stefan Löfven, eletto lo scorso 3 ottobre ma costretto ad un governo di minoranza

con i Verdi. La decisione, ufficialmente motivata da un aumento delle tasse per de-

stinare maggiori fondi all'istruzione, al welfare e all’occupazione, sarebbe riconduci-

bile allo scontro politico relativo alla riduzione delle quote di immigrazione – fino al

90% – nel Paese. Löfven ha indetto elezioni anticipate per il prossimo 22 marzo 2015.

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TUNISIA, 11 DICEMBRE ↴

Hamadi Jebali, Primo Ministro dal dicembre 2011 al febbraio 2013, ha annunciato la

sua fuoriuscita dal partito Ennahda, di cui è stato Segretario Generale dal 1981 sino

ad oggi. Jebali ha pubblicamente espresso un forte disagio rispetto alla strategia po-

litica tenuta dal movimento, la cui corrente maggioritaria sembra convergere sulla

candidatura di Béji Caïd Essebsi – anziano leader del partito laico Nidaa Tounes che

ha sopravanzato Ennahda alle recenti consultazioni elettorali – contro quella del Pre-

sidente uscente Moncef Marzouki apertamente sostenuto da Jebali. Quest’ultimo ha

aggiunto che si dedicherà in prima persona e al di fuori delle appartenenze partitiche

alla difesa della rivoluzione tunisina e dei principi riconosciuti dalla giovane Carta

Costituzionale.

URUGUAY, 30 NOVEMBRE ↴

Nel ballottaggio delle elezioni presidenziali, il candidato di centro sinistra del Frente

Amplio, l’economista Tabarè Vazquez, è diventato il nuovo Capo di Stato del Paese

latinoamericano vincendo facilmente con il 53% dei consensi contro il 41% dello sfi-

dante conservatore del Partido Blanco, Luis Lacalle Pou. Vazquez è il terzo Presidente

consecutivo del decennio socialista uruguayano che, pur promuovendo politiche pro-

gressiste e solidali, si distanzia nettamente dai modelli eterodossi e populisti del co-

siddetto asse bolivariano (Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua) o quello peronista

dell'Argentina dei Kirchner.

VENEZUELA, 11 DICEMBRE ↴

La Camera dei Rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti ha votato un nuovo

pacchetto di sanzioni contro alcune decine di funzionari e vertici dell’establishment

militare e civile al potere a Caracas. Alla base delle sanzioni USA vi sarebbe l’accusa

di violazione dei diritti umani da parte del regime durante le proteste scoppiate nel

febbraio di quest'anno nel Paese. Il Ministro degli Esteri Rafael Ramirez e il Presidente

Maduro hanno criticato le sanzioni spiegando come «queste azioni sono un nuovo

attacco imperialista allo Stato bolivariano».

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ANALISI E COMMENTI

HONG KONG FRA NOSTALGIE OCCIDENTALI E RIVENDICAZIONI CINESI

PAOLO BALMAS ↴

Il movimento per le libertà democratiche di Hong Kong, conosciuto con il nome di

Occupy Central with Love and Peace, guidato dal 17enne Joshua Wong, ha occupato

dal settembre 2014 prima di tutto lo spazio dei media locali e mondiali. Sullo sfondo

delle naturali incomprensioni sorte fra quei due ordini enunciati nella famosa frase di

Deng Xiaoping “un Paese, due sistemi”, sembra svilupparsi anche un’opposizione fra

Repubblica Popolare Cinese e Occidente. Hong Kong è una città-Stato di circa sette

milioni di abitanti che vivono su un territorio di poco più di 1.000 km2 e composto,

oltre alla parte continentale, da più di 200 isole. La popolazione è concentrata nelle

zone urbane che registrano una densità particolarmente elevata. Occupata dalle forze

inglesi durante la Prima Guerra dell’Oppio (1840-42), Hong Kong fu formalmente

ceduta all’Impero britannico dal governo cinese con il trattato di Nanchino (1842) e

proclamata colonia britannica nel 1843 (…) SEGUE >>>

LA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO E IL PROBLEMA DEI MOVIMENTI RIBELLI

DANILO GIORDANO ↴

Gli ultimi attacchi compiuti ai danni della popolazione civile della Repubblica Demo-

cratica del Congo, verificatisi giovedì 20 e venerdì 21 novembre in alcuni villaggi nei

pressi della città di Beni, nella regione orientale del Nord Kivu, hanno causato la

morte di almeno un centinaio di persone. Il bilancio esatto delle vittime è tuttora da

definire: mentre Juma Balikwisha, deputato dell’opposizione congolese, ha dichiarato

di aver «contato 95 corpi interrati in una fossa comune», Albert Baliesima, rappre-

sentante della maggioranza al governo, ha affermato che «il bilancio definitivo oscilla

tra i 70 e i 100 morti» aggiungendo inoltre che le forze di sicurezza «non hanno

voluto che si continuasse a cercare, per evitare ulteriori ritrovamenti» Questa enne-

sima carneficina porta ad oltre 200 il numero totale delle vittime provocate, nell’ul-

timo mese, dagli assalti indiscriminati delle milizie ribelli dell’Allied Democratic Forces

(ADF) ai danni della popolazione civile inerme (…) SEGUE >>>

TURCHIA E AZERBAIJAN: UNA RELAZIONE ALL’OMBRA DELLE PIPELINES

FILIPPO URBINATI ↴

ANALISI DISPONIBILE ANCHE COME RESEARCH PAPER: SCARICA

Sin dalla fine della Guerra Fredda, Turchia e Azerbaijan hanno intrattenuto delle ot-

time relazioni. In un contesto fluido come quello dei primi anni Novanta, le leadership

dei due Paesi hanno intrapreso un percorso che le ha portate inesorabilmente a con-

vergere verso un rapporto sempre più stretto. Seguendo una precisa scelta politica,

Page 23: BloGlobal Weekly N°27 2014

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l’establishment di Baku decise di impostare la neonata Repubblica, emersa sulle ce-

neri della Repubblica Socialista Sovietica Azera, seguendo quello che allora veniva

chiamato il “modello turco”; ovvero un governo democratico, un regime secolare e la

progressiva integrazione nelle strutture euro-atlantiche. Negli stessi anni in Turchia,

sotto la spinta dell’allora Presidente Turgut Özal, andava prendendo forma quella che

è stata definita la politica panturchista, ovvero la volontà di creare sinergie ed esten-

dere la propria sfera di influenza sulle Repubbliche turcomanne del Caucaso meridio-

nale e dell’Asia Centrale (…) SEGUE >>>

ATENE SFIDA LA TROIKA: FINE DELLA RECESSIONE O PROPAGANDA?

GIUSEPPE CONSIGLIO ↴

Già alla fine di settembre, le intenzioni di Antonis Samaras, Primo Ministro greco,

sembravano chiare: la Grecia avrebbe abbandonato il piano di salvataggio imbastito

dalla troika prospettando un’uscita anticipata dalle tutele di FMI, BCE e Commissione

europea. Ed è stato al termine di un incontro con Angela Merkel, tenutosi a Berlino

pochi giorni prima dalla visita ad Atene dei funzionari della troika, che Samaras an-

nunciava il nuovo corso del Paese diventato forse in Europa il simbolo della crisi e

delle conseguenze dell’austerità sull’economia reale. La notizia non veniva accolta

positivamente dai mercati. Nella giornata campale del 15 ottobre, il preludio del crollo

delle borse lo dava il Dow Jones, giù di 2,5 punti, il dato peggiore degli ultimi tre

anni. Pessima la performance di Milano, che sprofondava del 4,4%, ed ovviamente

di Atene, che dopo aver toccato il -9% riusciva a chiudere a -6,3% (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

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