BloGlobal Weekly N°28/2014
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www.bloglobal.net
N°28, 14-21 DICEMBRE 2014
ISSN: 2284-1024
I
BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 21 dicembre 2014 ISSN: 2284-1024 A cura di: Eleonora Bacchi Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra Alessandro Tinti
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°28/2014 (14-21 dicembre 2014), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2014, www.bloglobal.net
Photo credits: AFP; AP; Reuters/Zohra Bensemra; Flickr.com;
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FOCUS
CUBA-STATI UNITI↴
Dopo 53 di relazioni politiche interrotte, Stati Uniti e Cuba hanno fatto un primo
passo verso il riavvicinamento diplomatico. A definire il de-freeze nei rapporti
bilaterali è stata una telefonata di 45 minuti tra i Presidenti Barack Obama e Raùl
Castro avvenuta il 17 dicembre scorso nella quale i due leader annunciavano la ria-
pertura di un canale di dialogo ufficiale.
Barack Obama ha poi tenuto un discorso alla TV affermando che gli USA hanno aperto
un «nuovo capitolo» nei rapporti tra i due Paesi, ammettendo che «cinquant'anni di
isolazionismo non hanno portato a nulla» e che «l’embargo ha fallito». Parallelamente
anche Raùl Castro ha parlato alla popolazione cubana spiegando che la strada per
una reale pacificazione è ancora lunga e che «nulla potrà cambiare fino a quando
rimarrà in vigore el bloqueo» (l’embargo imposto dagli Stati Uniti).
La notizia del reset dei rapporti diplomatici cubano-americani potrebbe mettere fine
a 53 anni di tensioni iniziate in realtà durante l’era Eisenhower, nel 1959-60, a seguito
della rivoluzione cubana che aveva portato al potere Fidel Castro e alla defenestra-
zione del dittatore vicino a Washington Fulgencio Batista. Queste si interruppero de-
finitivamente con l’imposizione dell’embargo (economico, commerciale e finanzia-
rio) da parte di Kennedy a seguito della crisi dei missili di Cuba del febbraio 1962.
Anche se l'embargo al momento rimarrà in vigore, l'amministrazione USA ha sottoli-
neato che è sua intenzione eliminare entro il 2016 la misura restrittiva, anche
se una tale opzione sul tavolo sembra essere molto complessa a causa della contra-
rietà del Congresso (dal prossimo 20 gennaio 2015 a totale controllo repubblicano)
ad alleviarne le condizioni o rimuoverlo del tutto.
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COSTI DELL’EMBARGO PER USA E CUBA
Alla base del disgelo tra USA e Cuba vi è stato uno scambio di prigionieri: i cubani
hanno liberato Alan Gross, un contractor statunitense al servizio di USAID – l’ONG
del Dipartimento di Stato accusata in vari Paesi di spionaggio –, e soprattutto, un
agente segreto della CIA – la cui identità è rimasta segreta – tenuto nelle prigioni
dell’Avana per oltre venti anni. Dall’altro lato, Washington ha rilasciato tre delle cin-
que spie del Wasp Network (altresì note come Miami Five), agenti cubani operativi
nel sud della Florida con l’obiettivo di controllare la propaganda dei gruppi anti-ca-
stristi, soprattutto a Miami.
Obama e Castro hanno inoltre concordato un’intesa di più ampio respiro che do-
vrebbe permettere da un lato un allentamento economico dell’embargo (facilitazioni
nei visti e nei ricongiungimenti familiari, allentamento nel tetto massimo delle ri-
messe, etc.), dall’altro un ristabilimento delle relazioni politiche ufficiali attraverso la
riapertura nei rispettivi Paesi dell’Ambasciata, assente dal 1961 ma ospitata dal 1977
grazie alla mediazione svizzera sotto forma di rappresentanza diplomatica ufficiosa.
Questa operazione politica dovrebbe preludere nell’arco dei prossimi dodici
mesi ad uno scambio di delegazioni governative a Cuba e negli USA che funga
da apripista per la visita ufficiale o del Presidente Obama o del Segretario di Stato
Kerry nell’isola caraibica.
Secondo ricostruzioni di stampa, a facilitare il rapprochement tra USA e Cuba hanno
giocato un ruolo fondamentale due fattori: da un lato il default economico vene-
zuelano, dall’altro l’attivo ruolo diplomatico della Santa Sede e, in particolar
modo, di Papa Francesco. Nel primo caso, le difficoltà finanziarie e politiche di Caracas
hanno avuto uno spessore non indifferente in quanto Cuba, con un’economia asfittica
e incapace di garantirle una certa sussistenza, sopravviveva grazie agli aiuti finanziari
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ed energetici del partner venezuelano. Grazie ad un accordo stabilito da Chàvez con
Fidel Castro, Caracas forniva circa il 20% del PIL di Cuba. La morte del caudillo di
Barinas, l’instabilità politico-istituzionale e l’accentuata dipendenza economica dal
petrolio, hanno reso il modello venezuelano estremamente debole ed esposto a
troppe variabili esterne.
Non potendo più dipendere unicamente dagli aiuti caraqueños, L’Avana ha iniziato
nel 2013 un lento avvicinamento avviato inizialmente con alcune riforme interne
(semplificazioni sulle norme per i visti ed eliminazione del sistema della doppia mo-
neta) e proseguito da una negoziazione nell'estate dello stesso anno mediata dal
governo canadese del Premier Harper e dalla Santa Sede culminata con la storica
stretta di mano tra i due Presidenti avvenuta durante il funerale di Mandela il 10
dicembre 2013 a Johannesburg.
In questo processo, il Vaticano ha giocato un ruolo chiave non solo attraverso il Papa
– che nel marzo del 2014 aveva incontrato in Vaticano Obama discutendo proprio di
Cuba e inviando due lettere ai due leader americani invitandoli ad un chiarimento e
alla distensione nei rapporti –, ma anche attraverso il Segretario di Stato Pietro
Parolin, già nunzio apostolico in Venezuela e profondo conoscitore delle realtà latino-
americane. Proprio Parolin ha svolto un eccezionale lavoro oscuro di preparazione al
dialogo discutendo con entrambe le parti.
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PAKISTAN↴
Il 16 dicembre la città di Peshawar è stata teatro di uno dei massacri più sangui-
nosi della storia recente pakistana. Un commando di nove militanti del gruppo
terroristico talebano Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP) ha fatto irruzione in una scuola
secondaria militare e ha aperto il fuoco indiscriminatamente su studenti, studentesse
e insegnanti. Tre attentatori si sono inoltre fatti esplodere all’interno dell’edificio. Il
bilancio dei morti è di 132 ragazzi e nove adulti.
I militanti, con vesti di militari pakistani, sono giunti alla scuola nella Warsak Road a
bordo di un pick-up intorno alle 10.30 del mattino. Dopo aver raggiunto il retro della
struttura hanno dato alle fiamme la vettura in modo da bloccare il passaggio e si sono
introdotti da un ingresso secondario dove hanno ucciso un soldato, un usciere ed un
giardiniere così da poter raggiungere l’interno scolastico. Dopo circa sette ore di as-
sedio, la polizia è riuscita a porre fine all’attacco riprendendo il controllo della scuola
e uccidendo gli attentatori. A rivendicare l’azione terroristica è giunto un comunicato
del portavoce talebano Muhammad Umar Khorasani contenente le parole «per l’at-
tacco abbiamo scelto accuratamente la scuola dell’esercito perchè il governo sta col-
pendo le nostre famiglie e le nostre donne. Vogliamo che proviate la nostra stessa
sofferenza.»
Si tratta pertanto di una ritorsione dei talebani nei confronti delle forze armate
di Islamabad che stanno conducendo dal giugno scorso una mirata campagna di
contro-terrorismo nella regione di confine con il vicino Afghanistan, coordinatamente
con gli Stati Uniti. Dall’inizio dell’operazione la zona della provincia Khyber Pakhtun-
khwa, il cui capoluogo è appunto Peshawar, è stata la più colpita da questo tipo di
attentati. L’estrema porosità del confine ha portato, inoltre, molti militanti talebani
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pakistani a trovare rifugio nelle vicine montagne afghane per poter organizzare i pro-
pri colpi al riparo dagli attacchi delle forze pakistane. Tra questi militanti nascosti
oltre il confine è compreso il leader del TTP, Maulana Fazlullah, ritenuto la mente
dell’attentato alla scuola.
Immediatamente dopo l’accaduto, Raheel Sharif, comandante dell’esercito, e Rizwan
Akhtar, capo dei servizi segreti pakistani (ISI), si sono recati a Kabul per incontrare
il Presidente Ashraf Ghani e chiedere a questi maggiore cooperazione e coordi-
namento nelle azioni di intelligence di contro-terrorismo. Ghani ha in seguito
affermato che «è arrivato il momento per Afghanistan e Pakistan di agire insieme
nella lotta al terrorismo e all’estremismo con onestà ed efficacia». È noto, difatti, che
i due governi abbiano in passato segretamente supportato i movimenti terroristici
diretti a destabilizzare i rispettivi stati confinanti. Tuttavia negli ultimi mesi, in vista
del prossimo ritiro delle truppe americane dal suolo afghano, la cooperazione sembra
essere l’unica via percorribile al fine di evitare il completo degenerare della sicurezza
nella regione.
In merito alla strage da più parti si sono levate accuse nei confronti dei terroristi. In
primis Nawaz Sharif, Primo Ministro pakistano, dopo aver annunciato tre giorni di
lutto nazionale, ha affermato «vendicheremo ognuna e tutte le gocce di sangue dei
nostri figli versate oggi». Le ferme parole di Raheel Sharif sull’accaduto hanno asse-
rito «questi terroristi hanno colpito il cuore della nazione. Ma la nostra decisione di
contrastare la minaccia ha ricevuto un nuovo impulso. Perseguiremo questi mostri e
i loro sostenitori finchè non saranno del tutto eliminati».
Il Premio Nobel per la pace, la giovane pakistana Malala Yousafzai in merito all’ac-
caduto si è detta con «il cuore spezzato da questo attacco senza senso e compiuto a
sangue freddo che si è verificato dinnanzi a noi». Dagli Stati Uniti arrivano le parole
del Presidente Obama, che ha confermato la vicinanza al popolo pakistano e ad Isla-
mabad nella lotta al terrorismo, e quelle del Segretario di Stato John Kerry che ha
aggiunto «la notizia dell’aspra uccisione di più di 120 studenti a Peshawar è deva-
stante. Questa mattina, ovunque viviate, chiunque siate, quelli sono i nostri figli e
questa è una perdita per il mondo intero. Questo atto di terrore infuria e scuote ogni
coscienza [...]. I responsabili devono essere chiamati a rispondere dinnanzi alla giu-
stizia». Dal canto suo il Segretario Generale ONU, Ban Ki-moon, ha condannato
l’attacco dicendo che «nessuna causa può giustificare una tale brutalità. Nessun re-
clamo può scusare un tale orrore [...]. Andare a scuola non dovrebbe rappresentare
un atto di coraggio». Infine, il Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni in un
tweet ha descritto un «crimine contro l’umanità la strage di Peshawar. Italia solidale
con famiglie e governo pakistano».
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BREVI
IRAQ, 17 DICEMBRE ↴
I peshmerga curdi hanno condotto con successo
un’operazione di terra sorretta dal fuoco dei caccia
statunitensi nelle aree occidentali della provincia di
Ninive al fine di riconquistare il controllo dei villaggi tra
Zumar e il monte Sinjar. Oltre ottanta i caduti nelle file
dello Stato Islamico. Nell’Anbar l’esercito iracheno ha
invece colpito i miliziani dell’IS a est di Falluja, mentre i bombardamenti della
coalizione internazionale hanno tamponato una nuova irruzione nei pressi di Haditha.
Nonostante le smentite delle autorità militari, i guerriglieri del Califfato continuano a
impegnare le forze regolari di Baghdad a Baiji, snodo logistico ed economico di
primaria importanza strategica che alla metà di novembre le forze di sicurezza
irachene erano riuscite a recuperare. Fonti non ufficiali documentano che l’esercito
iracheno sia stato costretto a lasciare i quartieri meridionali della città poiché a corto
di munizioni. Gli sbarramenti delle forze islamiste hanno avuto infatti buon gioco
nell’ostacolare i rifornimenti provenienti dalla capitale, dunque debilitando la risalita
verso Mosul. Il governo presieduto da Haider al-Abadi deve guardarsi non solo dagli
estremisti sunniti sul campo di battaglia, ma anche dal fuoco amico all’interno delle
instabili istituzioni politiche e dal peggioramento della situazione economica. Baghdad
ha accolto l’offerta kuwaitiana della sospensione delle riparazioni dovute per
l’invasione del 1990, ma il crollo nel prezzo del petrolio aggrava il deficit di bilancio e
costringerà l’esecutivo iracheno a forzare la mano per un incremento dei livelli di
produzione. Il Pentagono, per voce del Capo di Stato Maggiore interforze, il Generale
Martin Dempsey, rende nota l’eliminazione di elementi chiave dell’organigramma
califfale – tra cui Haji Mutazz, uomo di fiducia di al-Baghdadi, e Abd al-Basit, uno dei
maggiori comandanti militari. Dall’inizio delle operazioni nel mese di agosto,
l’aviazione della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti ha compiuto 1.361
raid contro avamposti e postazioni dello Stato Islamico. Intanto, il Segretario della
Difesa Chuck Hagel ha diramato le direttive per il dispiegamento di oltre mille soldati,
che nelle prossime due settimane aumenteranno sensibilmente la presenza
statunitense in Iraq. Anche Germania e Italia hanno annunciato il prossimo
schieramento di contingenti per l’addestramento delle truppe irachene. Il Ministro
della Difesa Roberta Pinotti ha ammesso in un intervento alle Commissioni Difesa ed
Esteri di Camera e Senato che l’Italia contribuirà con l’invio di 280 tra consiglieri
militari e addestratori delle forze curde e irachene (circa 100 unità), reparti logistici,
unità per la sicurezza della base e anche 4/5 elicotteri del tipo NH-90 per compiti di
trasporto ed evacuazione di feriti. Una cinquantina di militari italiani, infine, saranno
inviati con compiti di consulenza presso i comandi iracheni a Baghdad e presso il
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quartier generale dell’operazione Inherent Resolve in Kuwait. In totale i militari
italiani operativi nello scenario siro-iracheno saranno 525.
ISRAELE-PALESTINA, 17 DICEMBRE ↴
Con la mediazione giordana, l’Autorità Palestinese ha
presentato al Consiglio di Sicurezza ONU una bozza di
risoluzione per un accordo di pace con Israele che
rimanda esplicitamente al ritiro israeliano dalla
Cisgiordania entro novembre 2016 e al ripristino dei
confini precedenti al 1967. L’Ambasciatore palestinese
alle Nazioni Unite, Riyad Mansour, ha dichiarato che il testo del documento è aperto
a eventuali modifiche, esprimendo il proposito di raggiungere un compromesso
negoziale che superi il veto statunitense, annunciato dal Segretario di Stato John
Kerry a seguito degli incontri a Roma con il Primo Ministro israeliano Benjamin
Netanyahu, a Parigi con le delegazioni francesi, britanniche e tedesche, a Londra con
il negoziatore palestinese Saeb Erekat e i rappresentanti della Lega Araba. Kerry ha
dichiarato che lo status quo è insostenibile per entrambe le parti, ma ha giudicato
inaccettabile il calendario proposto unilateralmente da Ramallah. Mentre la
diplomazia israeliana ha denunciato la mozione palestinese quale atto di aggressione
verso l’integrità di Israele, le cancellerie europee dirette da Parigi sono al lavoro su
una bozza alternativa al fine di rilanciare il processo di pace dopo la brusca e
sanguinosa interruzione degli scontri di Gaza, dell’agosto scorso. Nel frattempo il
Parlamento europeo riunito a Strasburgo ha approvato una mozione che «sostiene in
linea di principio il riconoscimento dello Stato palestinese e la soluzione a due Stati»,
basata sui confini del 1967 e con Gerusalemme capitale condivisa di «uno Stato di
Israele sicuro e uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente
contiguo e capace di esistenza autonoma». Inoltre, la Corte di Giustizia dell’Unione
Europea ha rimosso Hamas dalla lista nera delle organizzazioni terroristiche,
adducendo motivazioni procedurali e mantenendo in vigore le misure restrittive sul
congelamento dei beni. La sentenza è stata acremente rimproverata dal governo
israeliano, mentre la portavoce dell’Alto Rappresentante per la politica estera e di
sicurezza dell’UE, Maja Kocijancic, ha precisato che le istituzioni europee considerano
a tutti gli effetti Hamas come un gruppo terroristico. Nei prossimi due mesi il Consiglio
europeo potrà ricorrere in appello contro la decisione della Corte. La decisione
europea ha provocato le immediate proteste e richieste di chiarificazioni israeliane,
fornendo così un nuovo elemento di tensioni tra Hamas e governo di Tel Aviv. Proprio
quest’ultimo, a seguito dell’ennesimo lancio di razzi dalla Striscia verso il territorio
israeliano, ha autorizzato la IAF (Israeli Air Force) a rispondere alla provocazione
palestinese con alcuni raid aerei contro obiettivi e avamposti strategici di Hamas.
Secondo l’agenzia stampa palestinese Maan, gli aerei israeliani hanno colpito
un'installazione militare a nord-ovest di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza,
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senza fare vittime. Nel frattempo in Israele, le autorità militari hanno rilasciato
all’incirca un migliaio di permessi speciali ai cristiani palestinesi di Cisgiordania in
modo da poter festeggiare le festività e potersi recare a Gerusalemme e nelle altre
città sante per la cristianità.
RUSSIA, 15 DICEMBRE ↴
La decisione della Bank of Russia di innalzare i tassi
d'interesse di quasi 7 punti percentuali, dal 10,5% al
17%, con lo scopo di rafforzare il rublo (provato dal
crollo del prezzo del petrolio oltre che dalle sanzioni
occidentali) e di arrestare l'inflazione e la svalutazione,
non ha bloccato il deprezzamento della valuta. Il rublo
ha difatti perso il 20% del suo valore rispetto ad euro
e dollaro in un giorno, raggiungendo nuovi minimi assoluti: 66,14 rubli per un dollaro
e 82,67 per un euro. Già lo scorso 11 dicembre la Banca centrale russa aveva
ritoccato il tasso di riferimento di un punto (dal 9,5%). La stessa Direttrice
dell'Istituto bancario, Elvira Nabjullina, ha commentato che se il prezzo del petrolio
resterà sui livelli attuali (circa 60 dollari al barile contro i 115 di giugno), Mosca potrà
vedere una contrazione del PIL di almeno il 4,5%. Anche l'indice di borsa russo, l'RTS,
ha chiuso la giornata del 17 dicembre con una perdita del 12,3% rispetto al giorno
precedente, segnando il più forte ribasso dal 2008 in una sola giornata. L'inflazione
ha raggiunto il 9% (e potrebbe raggiungere il 15% nei prossimi sei mesi) e la fuga di
capitali nel 2014 dovrebbe essere di 125 milioni di dollari. Si tratta dello scenario più
critico dopo la crisi del 1998. Nella sua tradizionale conferenza di fine anno (18
dicembre), il Presidente Vladimir Putin ha dichiarato che la crisi è determinata da
elementi esterni e che il Paese ha le riserve sufficienti per affrontarla, delineando un
orizzonte temporale di ripresa di circa due anni, a patto, evidentemente, dell'avvio di
una diversificazione dell'economia nazionale.
UNIONE EUROPEA, 18 DICEMBRE ↴
L'ultimo Consiglio europeo del semestre di presidenza
italiano si è concluso con l'approvazione del piano di
investimenti da 315 miliardi di euro per il periodo
2015-2017 proposto dal Presidente della Commissione
Jean-Claude Juncker. Da gennaio 2015 prenderà
dunque avvio la creazione del Fondo europeo per gli
investimenti strategici (FEIS), aperto ai contribuenti degli Stati membri direttamente
o attraverso le banche di promozione nazionali. La possibilità, inoltre, di considerare
gli investimenti al di fuori del Patto di stabilità e crescita è secondo il Presidente del
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Consiglio Matteo Renzi un primo segnale per un cambiamento di approccio - votato
cioè alla flessibilità - nei confronti della crisi economica. Il Consiglio ha allo stesso
tempo bocciato la richiesta di otto Paesi dell'est Europa circa la proroga fino al 2016
per l'impiego dei fondi europei 2007-13. Sul piano delle relazioni esterne, e
precisamente transatlantiche, il Consiglio ha richiesto la conclusione entro la fine del
2015 dell'accordo commerciale e di investimenti con gli Stati Uniti (TTIP), definito
ambizioso, globale e reciprocamente vantaggioso. Spazio infine per la situazione
economica russa e la crisi ucraina: se non sono per ora previste ulteriori sanzioni
verso Mosca, e accogliendo favorevolmente la formazione del nuovo governo di Kiev
(a cui Bruxelles ha destinato 500 milioni di euro si assistenza macrofinanziaria), è
stato ugualmente approvato un nuovo pacchetto di misure restrittive per la Crimea.
Dal 20 dicembre le imprese europee non potranno comprare beni immobiliari o
finanziare imprese della penisola, così come è fatto divieto di esportare beni e
tecnologie nel settore dei trasporti, delle telecomunicazioni, dell'energia, per
l'esplorazione e l'estrazione di petrolio o di gas, per l'assistenza tecnica e i servizi
ingegneristici.
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ALTRE DAL MONDO
AUSTRALIA, 15 DICEMBRE ↴
Si è concluso con un bilancio finale di tre morti e alcuni feriti il blitz delle forze di
polizia australiane avvenuto a Sidney all’alba di martedì. Un fondamentalista islamico
di origini iraniane, Man Haron Monis, aveva fatto irruzione in un bar della catena di
distribuzione Lindt, situato nella centrale Martin Place, prendendo in ostaggio le dodici
persone che erano all’interno. Le vittime, oltre all’assalitore, sono il gestore del Lindt
Cafe, Toni Morrison, e l’avvocato Katrina Dawson. Monis era conosciuto dalla polizia
australiana in quanto accusato di alcuni crimini a sfondo sessuale, ma è ritenuto un
caso isolato.
COLOMBIA, 18 DICEMBRE ↴
I ribelli marxisti delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC) hanno
annunciato un cessate il fuoco unilaterale e indefinito, augurandosi di poterlo trasfor-
mare in un armistizio e affermando che riprenderanno le armi solo se saranno attac-
cati dall’esercito. Il cessate il fuoco è unilaterale poiché il Presidente colombiano Ma-
nuel Santos ha rifiutato la proposta di un accordo bilaterale, ritenendola uno strata-
gemma delle FARC per guadagnare tempo e per riarmarsi. L’annuncio del coprifuoco,
che avrà effetto dalla mezzanotte di sabato, giunge mentre a l’Avana si stanno svol-
gendo i colloqui di pace tra FARC e governo colombiano, ripresi dopo il rilascio di un
generale dell’esercito.
EGITTO, 18-20 DICEMBRE ↴
Il Comandante della marina militare siriana, nonché cugino di Bashar al Assad, si è
recato per una visita ufficiale al Cairo nella quale ha incontrato il Presidente Abdel
Fattah al-Sisi. Emad al-Assad ha partecipato ufficialmente ad una conferenza delle
marine militari arabe, ma secondo fonti di stampa mediorientali nell’incontro con il
Presidente egiziano si sarebbe discusso di un possibile ruolo del Cairo quale media-
tore indipendente nella crisi siriana. Intanto a Roma, il Ministro della Difesa Roberta
Pinotti ha incontrato in un bilaterale il suo omologo egiziano Sedki Sobhi per discutere
di cooperazione militare rafforzata. Possibile un interesse reciproco sulla questione
libica.
GIAPPONE, 14 DICEMBRE ↴
La 47esima elezione generale per il rinnovo della Camera dei Rappresentanti giappo-
nese, indette anticipatamente lo scorso novembre, ha visto la decisa affermazione
del Partito Liberal Democratico (LDP) del Premier Shinzo Abe che, insieme con gli
alleati del Komeito (KM), ha ottenuto due terzi dei seggi (326 su 475). Ha ottenuto
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solo 73 seggi il Partito Democratico (DPJ) di Banri Kaieda, all'opposizione insieme con
i Comunisti (JCP) di Kazuo Shii (21 seggi). Nonostante la bassa affluenza alle urne
(53%, 7 punti in meno rispetto al 2012, il dato più basso dal dopoguerra), il risultato
rappresenta un successo personale per lo stesso Abe e per la sua politica di riforme
strutturali ribattezzata “Abenomics”.
ITALIA-INDIA, 19 DICEMBRE ↴
Il Ministro degli Esteri indiano Sushma Swaraj ha dichiarato di aver preso in esame
una proposta italiana per la soluzione del caso marò, i fucilieri della Marina accusati
dell'omicidio di due pescatori nelle acque del Kerala nel 2012, anche se ha tenuto a
specificare che la questione è più che mai nelle mani della Corte Suprema indiana. Il
17 dicembre l'Italia aveva richiamato il proprio Ambasciatore a New Delhi, Daniele
Mancini, dopo la decisione della stessa Corte di non prolungare la permanenza in
Italia di Massimiliano Latorre e di concedere un permesso a Salvatore Girone. I Mini-
stri Gentiloni e Pinotti hanno dichiarato nuovamente di essere pronti per intrapren-
dere la via dell'arbitrato internazionale.
SOMALIA, 15 DICEMBRE ↴
Alcuni ribelli del gruppo islamista al-Shabaab hanno attaccato una base militare nel
sud della Somalia. Aden Nur, portavoce dell’esercito, ha rivelato che l’attacco alla
base, situata nella regione di Shabelle, è iniziato alle 3 della mattina ed ha causato
la morte di dieci persone e la perdita di alcuni automezzi militari. L’attacco è stato
prontamente rivendicato da al-Shabaab, attraverso il suo portavoce militare, Sheikh
Abdiasis Abu Musab, che ha riferito che le vittime sono 14. L’attacco dei ribelli legati
ad al-Qaeda è una risposta alle recenti offensive lanciate dalle truppe somale e
dell’Unione Africana che hanno riconquistato numerose posizioni occupate da al-Sha-
baab.
YEMEN, 16 DICEMBRE ↴
Un doppio attentato esplosivo ha provocato la morte di 25 persone, tra i quali 15
bambini, nella città di Radaa, nella provincia yemenita di Bayda, a sud della capitale
Sana’a. La prima esplosione è avvenuta mentre un bus scolastico stava giungendo
ad un checkpoint controllato dagli Houthi: le 15 vittime erano tutte bambine che
frequentavano una scuola elementare e non è chiaro se l’obiettivo principale fossero
loro oppure i ribelli. La seconda esplosione è invece avvenuta nei pressi della casa di
un leader Houthi, Abdullah Idris, ed ha causato la morte di dieci persone. Gli Houthi
hanno, da subito, accusato le milizie di al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), con
le quali sono impegnati in una cruenta guerra interna per la conquista del potere.
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ANALISI E COMMENTI
MERCOSUR-ALLEANZA DEL PACIFICO:
CIFRE, SCENARI E DINAMICHE DELLA NUOVA SFIDA LATINOAMERICANA
FRANCESCO TRUPIA ↴
Dopo un anno difficile dal punto di vista politico ed economico, l’America Latina sem-
bra poter annunciare la sua ennesima sfida su scala globale. Come definito dal go-
vernatore argentino di Entre Ríos, Sergio Urribarri, che ha anche ufficializzato l’ap-
puntamento del 16-17 dicembre nella città brasiliana di Paraná, lo «storico avveni-
mento» riguardante l’incontro tra esponenti dei Paesi membri del MERCOSUR e
dell’Alleanza del Pacifico (AP) potrebbe spostare in modo decisivo l’asse dell’economia
globale verso il continente latino-americano. L’ufficiale volontà politica dei due blocchi
economici di promuovere una definitiva integrazione e crescita, non solo regionale
ma anche mondiale, valorizza una possibile unione che manifesta statistiche più che
notevoli. Il possibile futuro blocco MERCOSUR-AP rappresenterebbe, con i suoi 47,7
miliardi di dollari, l’80% delle esportazioni dell’intero sub-continente, per un valore
dell’export che si aggira intorno ai 23,7 miliardi di dollari e che oscilla su scala globale
tra il 5%-6% dei beni e servizi provenienti dalla stessa area geografica. Inoltre, MER-
COSUR e AP rappresentano il 90% del PIL dell’intera America Latina, compresa anche
la comunità caraibica, ed il 25% – ossia 1/5 – di quello globale britannica nel 1843.
Tra le figure istituzionali più rilevanti presenti alla tavola rotonda svoltasi il 23 no-
vembre scorso nella capitale cilena di Santiago vi erano il Ministro degli Esteri brasi-
liano, Luiz Alberto Figueiredo, i suoi omologhi di Messico (José Antonio Meade), Ar-
gentina (Carlos Alberto Bianco), il vice Ministro colombiano degli Esteri (Arturo Mo-
rales), il Cancelliere del Perù (Carlos Morales Moscoso), il Direttore Generale delle
Relazioni Economiche Internazionali del Cile (Andrés Rebolled) ed il Segretario del
Ministero dell’Economia del Messico (Ildefonso Guajardo) (…) SEGUE >>>
LA TUNISIA DOPO LA PRIMAVERA ARABA. INTERVISTA A CHIARA SEBASTIANI
SARA BRZUSZKIEWICZ E GIUSEPPE DENTICE ↴
Trascorsi da pochi giorni il quarto anniversario dell’atto di Mohamed Bouazizi, il gio-
vane ambulante che il 17 dicembre 2010 si diede fuoco davanti agli uffici del gover-
natorato di Sidi Bouzid in un ultimo gesto di protesta contro il sequestro della propria
attività, il prossimo 21 dicembre la Tunisia andrà al voto per eleggere il nuovo Presi-
dente della Repubblica. Una tappa importante per il cammino post-rivoluzionario – a
tratti incidentato – intrapreso da quella Tunisia che il 14 gennaio 2011 mise fine al
regime di Zine El Abidine Ben Alì. Proprio quella Tunisia, oggi ritenuta il miglior labo-
ratorio di idee politiche partorito dalle Rivoluzioni Arabe, aveva visto la protesta pro-
pagarsi in tutto il Paese, proseguendo anche successivamente quando il Presidente
Ben Ali, prima di fuggire in Arabia Saudita, aveva tentato disperatamente di placare
gli animi con promesse quali l’ammorbidimento della repressione, la liberalizzazione
di internet e il rilascio dei prigionieri politici. Solo la fase iniziale della Rivoluzione
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poteva però dirsi conclusa, mentre quella costruttiva iniziava proprio in quei giorni,
allorché la formazione dei partiti veniva liberalizzata e il 30 gennaio 2011 faceva
ritorno in patria dall’ultraventennale esilio londinese il leader islamista Rashid Ghan-
nouchi; ritorno che anticipava di poco la legalizzazione del partito islamista Ennahda,
di cui questi è leader, che nelle elezioni del 23 ottobre 2011 per i membri dell’Assem-
blea Nazionale Costituente ottenne il 38% dei voti, pur dovendosi coalizzare con i
partiti di estrazione secolare (Ettakatol e Congresso per la Repubblica). Il processo di
pacificazione delle diverse istanze politiche e sociali, libere di esprimersi, non fu tut-
tavia indolore, come dimostrano non solo i numerosi casi di violenze da parte dei
salafiti tunisini o gli omicidi politici di Chokri Belaid e di Mohamed Brahmi, attribuiti
dalle autorità ad Ansar al-Sharia ma mai realmente comprovati dai fatti, ma anche
dal fallimento del Dialogo Nazionale che aveva l’obiettivo di aprire un confronto tra
le parti politiche e la creazione di un governo tecnico ad interim (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
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“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
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