BloGlobal Weekly N°19/2014

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www.bloglobal.net N°19, 7 13 SETTEMBRE 2014 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale di BloGlobal-Osservatorio di Politica Internazionale (7-13 settembre 2014)

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N°19, 7 – 13 SETTEMBRE 2014

ISSN: 2284-1024

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BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 14 settembre 2014 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra Alessandro Tinti

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Weekly Report N°19/2014 (7-13 settembre 2014), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2014, www.bloglobal.net

Photo credits: Reuters; AP Photo; AFP/HO/Egyptian Presidency; Miriam Alster/FLASH90; AFP/Mahmud Turkia; Eu-ropean Pressphoto Agency; Associated Press;

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FOCUS

IRAQ ↴

Lunedì 8 settembre il Parlamento iracheno ha approvato l’esecutivo presieduto

da Haider al-Abadi. Il neo Primo Ministro ha ottenuto la convergenza delle forze

politiche sopra un manifesto d’intenti articolato in 18 punti che nei prossimi sei

mesi scandirà l’agenda governativa. Oltre alla prioritaria resistenza contro la pres-

sione dell’IS, il documento prevede la risoluzione di questioni divisive che hanno

alimentato gli scontri etnici e settari: il riesame della legge che vieta il conferimento

di cariche pubbliche ad ex membri del regime baathista, l’applicazione di misure di

amnistia, la considerazione delle pretese territoriali e commerciali (inclusi i diritti

all’esportazione di petrolio) espresse dalle autorità curde, la revisione della legisla-

zione anti-terrorismo, l’integrazione delle milizie sunnite e sciite e dei peshmerga

curdi in una rinnovata struttura di sicurezza. A questo proposito è rilevante, nell’am-

bito delle disposizioni strategiche atte a minare il basamento del Califfato, l’accenno

alla formazione di gruppi armati locali nelle province sunnite occupate dall’IS –

aspetto necessario ad incoraggiare le tribù sunnite a dissociarsi dalle legioni di al-

Baghdadi.

Il consenso parlamentare costituisce una prima apertura verso un nuovo accordo

di pacificazione nazionale – cui gli Stati Uniti vincolano la concessione di maggiore

assistenza militare. In una compagine ministeriale a sostanziale guida sciita, la rap-

presentanza delle altre comunità è equilibrata dalla nomina dei curdi Hoshyar Zebari

e Rowsch Shaways rispettivamente a vice Primo Ministro e a Ministro delle Finanze,

come anche dalla conferma del sunnita Saleh al-Mutlaq anch’egli nella veste di vice-

Primo Ministro. Al fine di ridurre il potenziale di ricatto di eventuali opposizioni, al-

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Abadi ha inoltre attribuito ai contendenti delle elezioni del 2010 – il Premier uscente

Nuri al-Maliki ed il leader di Iraqiyya Ayad Allawi – il ruolo formale di vice Presidenti

(assieme all’ex portavoce sunnita del Parlamento, Osama al-Nujaif).

Tuttavia, a testimonianza della complessità delle trattative, le poltrone di Ministro

della Difesa e degli Interni – ossia di dicasteri chiave per la repressione dei jihadisti

e per il ripristino della legalità – sono ancora vacanti, con l’esercizio di tali funzioni

provvisoriamente accentrato nelle mani di al-Abadi, che entro la prossima settimana

dovrà provvedere alle nomine. Al contempo, il governo autonomo curdo ha ven-

tilato ipotesi secessioniste qualora nei prossimi tre mesi non sia soddisfatta la

lettera delle intese sottoscritte. Malgrado ciò, l’esecutivo di al-Abadi ha da subito

ottenuto il sostegno di Washington e delle cancellerie europee, come pure delle po-

tenze regionali Arabia Saudita e Iran.

Nel frattempo, mentre nella capitale l’esplosione di due autobombe ha causato la

morte di 20 persone (5 settembre), risultando il quarto attentato terroristico delle

ultime due settimane, l’esercito regolare e le milizie sciite leali a Baghdad hanno

recuperato (7-8 settembre) il controllo di Barwana e della diga di Haditha,

con l’appoggio decisivo della U.S. Air Force. La situazione sul campo resta tuttavia

critica e non conforta un arretramento del Califfato; l’intelligence americana ritiene

anzi che i combattenti dell’IS abbiano raggiunto le 30mila unità.

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STATI UNITI ↴

Alla vigilia del tredicesimo anniversario degli attentati dell’11 settembre, il Presidente

degli Stati Uniti, Barack Obama, ha delineato agli americani il piano per «de-

gradare e distruggere» lo Stato Islamico (IS), dopo che solo pochi giorni prima

aveva ammesso di «non avere ancora alcuna strategia». Il piano si struttura in quat-

tro punti.

Primo, «condurremo una campagna sistematica di raid aerei contro questi terro-

risti» al fianco del governo iracheno ed espandendo la missione umanitaria, se ne-

cessario anche sul territorio siriano. «Questo è l’obiettivo chiave della mia presidenza:

se minacci l’America, non avrai alcun luogo sicuro».

Secondo, «aumenteremo il nostro sostegno a quelle forze che stanno già combat-

tendo i terroristi sul terreno». A tale scopo, Obama ha annunciato che invierà circa

500 soldati americani in Iraq, in aggiunta ad alcune centinaia già lì dislocate,

senza compiti di war fighting, ma con funzioni di tranining ed intelligence. Tra le forze

già impegnate contro l’IS risultano anche i ribelli moderati in Siria, che verranno

aiutati e rafforzati, benché ciò rischi di minare il supporto (seppur occasionale) del

regime di Bashar al-Assad all’azione statunitense.

Terzo, «continueremo a ricorrere alle nostre importanti capacità di controterrori-

smo per prevenire gli attacchi di IS. Lavorando con i nostri partner, raddoppieremo

i nostri sforzi per tagliare i fondi [all’IS], migliorare la nostra intelligence, rafforzare

le nostre difese, rispondere alla sua perversa ideologia, fermare il flusso di combat-

tenti stranieri provenienti dall’interno e dal di fuori del Medio Oriente». Il Consiglio di

Sicurezza dell’ONU, ha annunciato Obama, verrà mobilitato per applicare e legitti-

mare tali misure.

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Quarto ed ultimo punto della nuova strategia Obama si baserà sul «fornire assi-

stenza umanitaria ai civili innocenti» senza distinzione tra sciiti, sunniti e cristiani

«che hanno abbandonato le loro abitazioni a causa di questa organizzazione terrori-

stica». Il Presidente, sottolineando che «questo sforzo sarà differente rispetto alle

guerre in Iraq e in Afghanistan», ha concluso quindi che «in ciascuna di queste quat-

tro parti della nostra strategia, l’America sarà affiancata da un’ampia coalizione

di partner. Già ora aerei alleati stanno sorvolando l’Iraq al fianco dei nostri velivoli,

stanno mandando armi ed assistenza alle forze di sicurezza irachene e all’opposizione

siriana, stanno condividendo informazioni e fornendo aiuti umanitari per un valore di

miliardi di dollari».

Contestualmente allo speech di Obama, il Segretario di Stato, John Kerry, ha ef-

fettuato un tour in Iraq, Arabia Saudita, Egitto e Turchia per raccogliere il mag-

gior sostegno possibile alla strategia statunitense anti-IS.

A Baghdad, Kerry ha incontrato il neo-Primo Ministro Haidar al-Abadi, dicendosi “im-

pressionato” da quest’ultimo e dal suo piano per la ricostruzione delle forze armate

irachene e per l'impegno su quello delle riforme politiche. Azioni, queste, che sono

«necessarie all'Iraq per portare attorno a un tavolo tutti i segmenti della società ira-

chena». In merito ad una possibile cooperazione con l’Iran sul terreno, Kerry ha

affermato che «non c'è alcun coordinamento o cooperazione sul fronte militare con

l'Iran nella lotta contro l'IS. E gli USA non hanno intenzione di farlo in futuro». Ad

Ankara, Kerry ha incontrato il Presidente Recep Tayyip Erdoğan, il Premier Ahmed

Davutoğlu e il Ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu. I due Paesi si sono impegnati

a sostenere l’opposizione moderata siriana, a condividere l’intelligence e a cooperare

per contrastare l’IS, ma in ciò l’azione turca sarà volta alla «sola assistenza

umanitaria» nella regione. Infine, al Cairo, Kerry ha incontrato il Presidente egi-

ziano, Abdel Fattah al-Sisi, che si è dimostrato «in prima linea nella lotta al terrori-

smo», un «male che non conosce frontiere». Per combatterlo, gli USA hanno quindi

«fornito all'Egitto otto elicotteri per contribuire alla lotta contro l'IS in tutta la

regione». Alla coalizione dei volenterosi messa in piedi dagli USA hanno per ora ade-

rito Egitto, Iraq, Giordania, Libano, Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed

Emirati Arabi Uniti.

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UCRAINA ↴

Come anticipato già nei giorni precedenti e successivi alla visita del Presidente ucraino

Poroshenko a Bruxelles, il 12 settembre sono entrate in vigore le nuove san-

zioni dell'Unione Europea contro la Russia. Il nuovo pacchetto di misure pre-

vede:

1) l'espansione dei criteri per l'inclusione di persone ed enti nella lista relativa alle

restrizioni sulle concessioni dei visti e al congelamento degli asset finanziari, emen-

dando dunque al documento emesso dal Consiglio dell'Unione Europea lo scorso 17

marzo e rinnovando la validità di tali misure fino al 15 marzo 2015;

2) l'ampliamento della lista di persone (24) sottoposte a tali restrizioni, tra le

quali figurano anche Alexander Zakharchenko, leader dell'autoproclamata Repubblica

Popolare di Donetsk, e Vladimir Zhirinovsky, leader del Partito liberal-democratico

russo, oltre che Sergej Chemetov, capo della Rostec (società di prodotti tecnologici

nel settore civile e della Difesa);

3) il divieto di scambio di obbligazioni, azioni e altri strumenti la cui durata supera

i 30 giorni emessi dalle banche controllate per più del 50% dallo Stato (Sber-

bank, Vnesheconombank, Rosselkhozbank, Vtb bank e Gazprombank) o da enti che

operano nel settore della Difesa e dell'energia (tra questi i giganti del petrolio Rosneft,

Gazprom Neft e Transneft, dell'aerospazio come Opk Oboronprom e della produzione

di armi, come la Khalashnikov);

4) il divieto di vendita, acquisto o trasferimento di beni ad uso duale a determinate

persone ed enti in Russia;

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5) il divieto di fornitura dei servizi necessari all'esplorazione petrolifera in alto

mare e nell'Artico oltre che per i progetti di shale oil.

Il Presidente del Consiglio europeo uscente Herman Van Rompuy ha comunque di-

chiarato che il pacchetto potrebbe essere sospeso o modificato entro la fine di set-

tembre a seconda dell'evolversi della situazione sul terreno. A tali sanzioni si è ag-

giunto il 13 settembre anche un nuovo blocco di misure da parte del Diparti-

mento del Tesoro USA, che allunga la lista delle società che ne sono soggette (ope-

ranti nel campo della Difesa e dell'energia), allargando le restrizioni nel campo finan-

ziario e della perforazione offshore nell'Artico.

Oltre a paventare adeguate ritorsioni che implicherebbero, insieme con la possibile

chiusura dello spazio aereo russo, anche nuove restrizioni sull'import/export nel set-

tore dell'abbigliamento e automobilistico dopo quello sui prodotti agricoli, il portavoce

del Cremlino Dmitri Peskov ha ribadito l'illogicità di tale atteggiamento visti gli sforzi

profusi dalla Russia nella mediazione della crisi e nel raggiungimento dell'accordo di

cessate il fuoco lo scorso 5 settembre. Ai rischi nei suddetti comparti si aggiungerebbe

quello riguardante il gas: Polonia e Slovacchia hanno lamentato un calo di almeno il

45% di fornitura di gas dalla Russia.

A fronte di questo muro contro muro e al termine di un trilaterale a Bruxelles, la Com-

missione europea ha comunque deciso di far slittare l'entrata in vigore dell'Ac-

cordo di Associazione e Stabilizzazione con Kiev, la cui ratifica da parte della

Rada era prevista per il prossimo 16 settembre, al 31 dicembre 2015 in modo da

aprire uno «spazio politico di dialogo tra Ucraina e Russia», come ha spiegato il Com-

missario europeo al Commercio Karel De Gucht. Ad acuire le polemiche è concorsa

anche la dichiarazione del Premier ucraino Yatsenyuk, a margine del meeting

annuale di Yalta sulla sicurezza europea, secondo cui il vero obiettivo di Putin è di

«impadronirsi dell'intera Ucraina» e di voler «ricreare l'URSS», iniziando dalla realiz-

zazione di un corridoio che colleghi la Russia alla Crimea e alla Transnistria, facendo

delle aree sud-orientali ucraine una zona cuscinetto come la regione separatista mol-

dava. Ipotesi che il Ministro degli Esteri Lavrov ha definito «assurdità».

La situazione sul campo, infine, resta delicata: oltre all'arrivo di un nuovo convo-

glio umanitario russo (il cui passaggio tuttavia non è stato controllato dalla Croce

Rossa Internazionale poiché «non ha ricevuto una notifica ufficiale dell’accordo tra

Russia e Ucraina»), il cessate il fuoco – solo ufficialmente ancora in vigore – è stato

violato a causa della ripresa degli scontri nella città di Mariupol e dei combattimenti

– ufficializzati dalle forze armate di Kiev – all'aeroporto di Donetsk.

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BREVI

CINA, 9 SETTEMBRE ↴

Il Presidente cinese Xi Jinping ha incontrato a Pechino

il National Security Advisor statunitense Susan Rice. La

visita di quest’ultima era anzitutto finalizzata a

preparare il terreno per il viaggio che il Presidente USA,

Barack Obama, compirà in Cina il prossimo novembre.

La Rice ha avuto un lungo colloquio anche con il

Consigliere di Stato, Yang Jiechi. Xi Jinping ha

evidenziato che, nel contesto della difficile situazione internazionale, è fondamentale

per i due Paesi rafforzare la cooperazione bilaterale. In questo senso, ha aggiunto, la

Cina intende portare avanti uno sviluppo pacifico nelle relazioni bilaterali fondato sul

reciproco rispetto e sul mutuo vantaggio. Perciò è necessario approfondire la

collaborazione nei settori economico, delle infrastrutture, della sicurezza e in quello

umanitario, ampliando le consultazioni su temi regionali e globali come il clima e la

lotta al terrorismo. La Rice ha colto la palla al balzo invitando la Cina a contribuire

alla coalizione che gli Stati Uniti stanno organizzando per combattere l’IS in Iraq.

Pechino non ha fatto promesse ma secondo fonti americane «ha mostrato interesse»

a farlo. Nel delicato contesto regionale, che coinvolge anche la posizione degli USA,

è da segnalare che in una conferenza stampa del 10 settembre il Portavoce dell'Ufficio

per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato cinese, Ma Xiaoguang, ha annunciato

che Pechino aprirà per Taipei una via preferenziale verso il mercato della Cina. Dopo

la firma di più accordi economici bilaterali nel corso degli ultimi anni, ciò segna un

ulteriore passo verso il rapprochement tra i due Paesi.

EGITTO, 9 SETTEMBRE ↴

Hanno sollevato parecchio scalpore alcune

indiscrezioni apparse sui media israeliani ed egiziani di

una possibile cessione di 1.600 km2 del territorio

sinaitico all’Autorità Nazionale Palestinese per

permettere il ritorno dei rifugiati palestinesi nella

regione al fine di creare un’unione territoriale tra il

Sinai settentrionale e la Striscia di Gaza. La notizia sarebbe giunta direttamente alla

stampa da una dichiarazione di Abu Mazen, leader dell’ANP, all’agenza palestinese

Ma’an in cui spiegava i contenuti riversati di una conversazione avvenuta al Cairo con

il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. «L’Egitto ci ha proposto una parte del Sinai

per realizzare lo Stato di Palestina ma ho rifiutato perché è illogico che siano loro a

risolvere il problema che abbiamo con Israele». La proposta farebbe parte di un più

articolato piano di pace egiziano che riguarderebbe non solo i Territori Palestinesi

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della Cisgiordania e della Striscia di Gaza ma anche la sicurezza dello stesso Sinai. In

pratica l’Egitto sarebbe disponibile ad accettare la creazione di un’entità statuale

cinque volte grande l’attuale conformazione della Striscia di Gaza in cambio della

rinuncia palestinese al ritorno dei profughi (che potrebbero confluire tuttavia nel

nuovo territorio) e alla questione dei confini precedenti al 1967 dopo la guerra dei

Sei Giorni. Secondo le intenzioni di al-Sisi, il suo progetto dovrebbe permettere una

sostanziale stabilità dei territori in questione attraverso una smilitarizzazione delle

aree sotto il controllo palestinese dell’ANP. Immediate le polemiche e il rifiuto da

parte egiziana e palestinese per le ricostruzioni di stampa definite come «falsità

infondate» e una «fantasiosa fabbricazione israeliana». Se da parte araba, almeno

ufficialmente l’ipotesi viene respinta con forza, sul versante israeliano l’ex capo dello

Shin Bet – il controspionaggio interno – Yaakov Peri, ora Ministro della Scienza e

Tecnologia, ritiene questa opzione come «meritevole di un approfondimento perché

utile a combattere il terrorismo nel Sinai». Al di là del solito balletto di dichiarazioni

e di accuse reciproche, non è la prima volta che viene avanzata un’ipotesi di

ampliamento dei territori della Striscia di Gaza. Già nel 2004 Sharon e Mubarak

discussero di una tale ipotesi, poi naufragata dietro resistenze del Cairo, basandosi

sul cosiddetto “Piano Eiland”, dal nome dell’addetto della sicurezza nazionale

israeliana che avanzò il progetto di collegamento territoriale tra Sinai egiziano e

Striscia di Gaza. Anche nel 2012-13, sotto la presidenza Mursi, era circolata

nuovamente l’ipotesi di una cessione di parte del Sinai del Nord all’alleato islamista

di Hamas ma questa notizia venne immediatamente smentita dalle Forze Armate

egiziane.

ISRAELE, 9 SETTEMBRE ↴

Terminata la guerra a Gaza con considerevoli costi

umani ed economici da ambo le parti – più di 2000

morti e circa 3 miliardi di dollari in spese militari –, il

governo israeliano sta provando a trovare un accordo

per la nuova legge di bilancio 2015 da presentare entro

la fine del mese. Come sempre al centro delle

polemiche politiche il nodo principale riguarda il budget della difesa che il Premier

Benjamin Netanyahu vorrebbe aumentare di circa il 6% per poter far fronte «alle

minacce alla sicurezza nazionale». Attualmente il budget della difesa israeliana si

attesta intorno ai 14 miliardi di dollari, di cui almeno 3 provengono dagli aiuti annuali

versati dagli Stati Uniti. Il Capo di Stato Maggiore dell’esercito, il Generale Benny

Gantz, avrebbe infatti richiesto 2,5 miliardi di dollari aggiuntivi per il 2014 che

servirebbero a ripianare la spesa suppletiva dovuta alla crisi di Gaza e 3,5 mld $ per

2015 per far fronte all’ammodernamento dei sistemi di difesa e alle minacce esterne.

Così a scontrarsi vi sarebbe da un lato l’insolito asse tra laici e ultra-ortodossi

capeggiati dal vice Premier Yair Lapid e dal partito religioso della Torah che

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vorrebbero incrementi di spesa in favore dell’economia interna e del welfare sociale,

mentre sul versante opposto esponenti nazionalisti come Ya’alon, l’ala più radicale

del Likud e HaBayit HaYehudi preferirebbero che tali risorse venissero destinate al

comparto Difesa e Sicurezza. Come nel settembre 2012, il rischio più concreto è che

si possa arrivare ad una rottura dell’accordo di governo e andare così ad elezioni

anticipate. Nel frattempo, Israele e Stati Uniti hanno condotto un nuovo test dalle

parti dell’entroterra di Ashdod per il sistema difensivo anti-missilistico Arrow 2. Il

sistema balistico di razzi intercettori è già in funzione in parte dello Stato ebraico

insieme al più noto Iron Dome in modo da garantire la sicurezza esterna israeliana

dai missili a lunga gittata che potrebbero giungere da Libano e Siria, finanche dallo

stesso Iran.

LIBIA, 11 SETTEMBRE ↴

Non sembra conoscere sosta la vorticosa escalation di

violenze che sta caratterizzando da diverse settimane

la Libia. Dopo Bengasi e la Cirenaica anche la capitale

Tripoli è caduta sotto i colpi di Fajr Libya (Alba libica),

l’ombrello islamista che raccoglie tutte le principali

milizie anti-governative vicine ad Ansar al-Sharia e alle

bande di Misurata. Nonostante siano riuscite a

sfondare dentro Tripoli occupando gran parte dei Ministeri e delle sedi della Banca

Centrale e della compagnia petrolifera nazionale, le milizie islamiste starebbero

conducendo alcune operazioni contro le tribù ribelli fedeli al precedente regime

gheddafiano e al governo legittimo di al-Thani. È il caso del lungo e tragico assedio

di Warshefana, nella periferia sud-orientale di Tripoli, che ha provocato fino ad ora

oltre 50 morti. Intanto il Parlamento legittimo insediatosi a Tobruk, nell’est del Paese

e a pochi Km dal confine egiziano, contiunua a riunirsi per gli ovvi problemi di

sicurezza a Tripoli. Proprio la Camera dei Rappresentanti, mentre rinconfermava la

fiducia al Premier ad interim uscente Abdullah al-Thani, il quale dovrebbe comporre

nelle prossime settimane una squadra di governo di circa 18 Ministri, ha approvato

nei giorni scorsi una nuova e molto restrittiva legge anti-terrorismo mirata a fermare

le violenze ormai croniche e a colpire duramente i fomentatori e i fiancheggiatori dei

terroristi. La nuova legge potrebbe essere dunque un importante strumento

normativo capace di bloccare soprattutto i rifornimenti di armi e munizioni che

giungono da oltre confine, in particolare dal Sudan accusato ufficialmente da Tripoli

di finanziare militarmente le milizie islamiste libiche. Le accuse giugono a seguito del

ritrovamento di un misterioso cargo intercettato all’aeroporto di Kufra, nel sud est

del Paese, che trasportava armi e munizioni probabilmente dirette agli islamisti della

Cirenaica. Khartoum ha immediatamente rigettato le accuse spiegando invece che le

armi erano dirette ad un contingente congiunto libico-sudanese schierato lungo la

frontiera comune per combattere il contrabbando e la tratta di esseri umani.

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PAKISTAN, 10 SETTEMBRE ↴

Continua la vasta offensiva anti-terrorismo

denominata “Zarb-e-Azb” volta a degradare le capacità

operative dei guerriglieri islamisti asserragliati nelle

gole rocciose del Waziristan settentrionale – regione

autonoma a maggioranza pashtun e baluardo dei

Talebani e dei gruppi paramilitari alleati. Le Forze

Armate pakistane hanno riportato l’uccisione di 65 miliziani nei bombardamenti messi

a segno nel distretto di Datta Khel e nell’area di Shawal, già terreno di caccia dei

droni americani. Il giro di vite deliberato dalle autorità di Islamabad a seguito

dell’attentato all’aeroporto di Karachi dello scorso 10 giugno è stato particolarmente

duro: dal 15 giugno le operazioni di aria e di terra, in cui sono impegnate tra le 25mila

e le 30mila unità, hanno provocato la morte di almeno 975 terroristi e l’eliminazione

di numerose roccaforti nei centri urbani di Miranshah, Mir Ali, Boya e Degan. Malgrado

il drastico calo di attentati nel Paese, l’impatto complessivo della campagna è tuttavia

da ritenersi modesto ed altamente transitorio poiché le forze pakistane non sono

riuscite a tagliare le vie di fuga lungo la frontiera afghana, né a colpire la leadership

talebana. La pioggia di attacchi ha inoltre esacerbato la radicata disaffezione delle

tribù locali nei riguardi delle istituzioni centrali: sebbene le stime ufficiali non

includano civili e non siano confermate da organi indipendenti in virtù della rigida

interdizione dell’area, circa 800mila persone sono state costrette a cercare riparo nei

campi profughi nella vicina provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Mentre nella capitale

infuriano le proteste contro il governo di Nawaz Sharif, le recenti alluvioni hanno

aggravato enormemente il bilancio dell’emergenza umanitaria.

SIRIA, 11 SETTEMBRE ↴

Sono stati rilasciati i 45 caschi blu dell’ONU di

nazionalità figiana, rapiti dai ribelli siriani del fronte al-

Nusra il 28 agosto scorso. I peacekeepers delle Nazioni

Unite erano stati catturati sulle Alture del Golan, l’area

strategica situata al confine tra Siria e Israele, al valico

di frontiera di Quneitra, conquistato dai ribelli siriani

che combattono il regime di Assad. Lungo questo confine è presente dal 1974 la

missione UNDOF (United Nations Disengagement Observer Force) delle Nazioni Unite

che monitora la situazione di quest’area che “tecnicamente” sarebbe ancora in guerra

e che ha acquistato rinnovata importanza dall’inizio della guerra civile siriana. Nella

liberazione dei peacekeepers ONU avrebbe giocato un ruolo importante il Qatar, il

principale sostenitore finanziario dei ribelli che combattono Assad, che avrebbe

risposto ad una richiesta di sostegno da parte del governo delle isole Fiji, anche se

non è chiaro se sia stato pagato un riscatto. Il Segretario Generale delle Nazioni

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Unite, Ban Ki-moon, ha ringraziato tutti coloro che hanno lavorato per ottenere il

rilascio dei caschi blu. Nel frattempo, sul fronte interno, rappresenta un mistero, sia

per la dinamica sia per le responsabilità, l’attentato esplosivo compiuto nei pressi

della città di Ram Hamdan, che ha causato la morte di più di 30 persone, tutti i vertici

appartenenti al gruppo islamico di Ahrar al-Sham, tra i quali anche il loro leader

Hassan Abboud. In un video postato su YouTube, il gruppo ha annunciato la nomina

di un nuovo leader, Hashem al-Sheikh, conosciuto come Abu Jaber, e di un nuovo

capo militare, Abu Saleh Tahan, esortando i propri seguaci a riprendere i

combattimenti.

TURCHIA, 8 SETTEMBRE ↴

Il Presidente turco Recep Tayyp Erdoğan ha annun-

ciato che sono attualmente in corso trattative con la

Francia per l’acquisto di un sistema di difesa missili-

stico a lunga gittata dopo alcuni disaccordi con la Cina.

Nel settembre 2013, infatti, la China Precision Machi-

nery Import-Export Corporation (CPMIEC) si era ag-

giudicata una gara dal valore di 4 miliardi di dollari per

la fornitura del sistema missilistico FD-2000 nell’ambito del progetto T-Loramids (Tur-

kish Long Range Air and Missile Defence System), scavalcando le offerte della statu-

nitense Raytheon (produttrice dei Patriot) della russa Rosoboronexport, oltre che del

consorzio franco-italiano Eurosam – quest’ultimo arrivato secondo. La scelta della

CPMIEC – sulla quale peraltro dal 1993 gravano sanzioni poste dagli Stati Uniti a

causa della fornitura di armi ai governi di Pakistan, Corea del Nord, Siria e Iran –,

insieme con l'adesione di Ankara come “partner di dialogo” alla Shanghai Cooperation

Organization, aveva sollevato timori circa un possibile allontanamento della Turchia

dalla NATO e dai partner occidentali, specialmente dopo il dispiegamento dei Patriot

lungo il confine siriano. Erdoğan ha ora spiegato che sono sorti disaccordi con Pechino

sui temi della produzione congiunta e di condivisione del know-how, specificando

tuttavia che i colloqui con i cinesi stanno continuando. Lo scorso mese la Turchia

aveva già invitato Eurosam, oltre che Raytheon, ad estendere la validità delle loro

offerte, allontanando dunque l’ipotesi che la decisione di cambiare interlocutore possa

essere in qualche modo legata agli sviluppi e alle strategie delineate a margine dell’ul-

timo Vertice dell’Alleanza Atlantica di Newport.

UNIONE EUROPEA, 10 SETTEMBRE ↴

Il Presidente in pectore Jean-Claude Juncker ha nominato i 28 membri della prossima

Commissione europea: 15 appartenenti al Partito Popolare Europeo, 7 ai Socialisti e

Democratici, 5 ai liberaldemocratici dell’ALDE e uno al Gruppo dei Conservatori e dei

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Riformisti Europei. Sono sette i vice Presidenti, di cui

due i primi vice Presidenti: l’olandese Frans Timmer-

mans, incaricato per la regolamentazione, le relazioni

inter-istituzionali, lo Stato di diritto e la carta dei diritti

fondamentali, e l’italiana Federica Mogherini, Alto Rap-

presentante per la Politica Estera e di Sicurezza Co-

mune. Ad essi si affiancheranno la bulgara Kristalina

Georgieva (Bilancio e risorse umane), l’estone Andrus Ansip (Mercato digitale), la

slovena Alenka Bratušek (Energia), l’estone Valdis Dombrovskis (Dialogo sociale), il

finlandese Jyrki Katainen (Lavoro, crescita investimenti, competitività). Juncker ha

spiegato che i vice Presidenti si occuperanno di coordinare le attività di un gruppo di

Commissari, fungendo da filtro tra questi ultimi e Presidente e potendo bloccare con

potere di veto l’iniziativa legislativa. Nel tentativo di equilibrare il fronte pro-austerity

e quello a favore della crescita, i ruoli chiave di Commissario agli Affari Economici e

Finanziari e alla Stabilità finanziaria, Servizi e Mercati saranno ricoperti rispettiva-

mente dal francese Pierre Moscovici e dal britannico Jonathan Hill. Altri incarichi:

- Cecilia Malmström (Svezia): Commercio;

- Margrethe Vestager (Danimarca): Concorrenza;

- Gunter Oettinger (Germania): Economia digitale;

- Elzbieta Bienkowska (Polonia): Mercato unico e Industria;

- Miguel Arias Cañete (Spagna): Clima e Politiche energetiche

- Věra Jourová (Repubblica Ceca): Giustizia;

- Dimitris Avramopoulos (Grecia): Immigrazione e Affari Interni;

- Karmenu Vella (Malta): Affari marittimi;

- Phil Hogan (Irlanda): Agricoltura;

- Corina Cretu (Romania): Politiche regionali;

- Neven Mimica (Croazia): Cooperazione interna e sviluppo;

- Marianne Thyssen (Belgio): Lavoro, Affari Sociali e Mobilità;

- Johannes Hahn (Austria): Allargamento;

- Tibor Navracsics (Ungheria): Scuola, Cultura e Giovani;

- Vytenis Andriukaitis (Lituania): Salute;

- Carlos Moedas (Portogallo): Ricerca e Innovazione;

- Maroš Šefčovič (Slovacchia): Trasporti;

- Christos Stylianides (Cipro): Aiuti umanitari.

La nuova formazione entrerà in carica il prossimo 1° novembre, dopo il voto di fiducia

da parte del Parlamento europeo previsto nella seduta plenaria di ottobre.

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YEMEN, 12 SETTEMBRE ↴

Dopo settimane di forti scontri, conclusisi con la ten-

tata presa da parte degli Houthi del palazzo presiden-

ziale di Sana’a, sembrava si fosse giunti finalmente ad

un’intesa tra il governo yemenita e i ribelli sciiti. Gli

Houthi, in particolare, avevano dichiarato di essere

molto vicini alla conclusione di un accordo col governo,

per uscire pacificamente da una crisi che da settimane tormenta lo Yemen: il patto

prevedeva la nomina, entro 48 ore, di un nuovo Primo Ministro, una diminuzione del

prezzo dei carburanti, oltre allo smantellamento degli accampamenti che i ribelli

hanno installato da metà agosto dentro e attorno alla capitale. In realtà, gli avveni-

menti delle ultime ore sembrano raccontare una storia diversa. Le truppe governative

si sono scontrate più volte con i ribelli Houthi e hanno lanciato una serie di attacchi

aerei contro le loro posizioni a est di Sana’a. Gli scontri sarebbero iniziati nei pressi

dell’edificio della TV nazionale, dove le truppe governative hanno bloccato un camion

dei ribelli pieno di armi e munizioni. Il giornalista Hashem Ahelbarra di al-Jazeera ha

affermato che l’intesa è stata effettivamente raggiunta, limitatamente alla nomina di

un nuovo Primo Ministro e al taglio del prezzo del carburante, ma ci sono ulteriori

impedimenti da risolvere: inoltre, gli Houthi vorrebbero che l’accordo venisse firmato

a Saada, mentre il Presidente Abd Rabbu Mansour Hadi vorrebbe firmarlo nella capi-

tale. Nel frattempo si fanno sempre più forti le accuse dell’Arabia Saudita, sostenitore

del governo Hadi, all’Iran di utilizzare la ribellione Houthi per estendere il proprio soft

power nella Penisola Arabica attraverso la concessione di un porto sul Mar Rosso da

utilizzare quale punto di appoggio strategico.

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ALTRE DAL MONDO

FILIPPINE, 10 SETTEMBRE ↴

Il Presidente delle Filippine Benigno Aquino ha sottoposto al Congresso un progetto

di legge per la creazione di una regione speciale, con elevata autonomia, nell’area a

predominanza musulmana di Bangsamoro. L’attuazione del progetto di legge por-

rebbe così fine ad un decennale conflitto che ha provocato la morte di oltre 120.000

persone. Con questo progetto, la regione di Bangsamoro acquisirà una forte autono-

mia di governo su di un’area molto estesa, con ampi poteri di imporre tributi e stabi-

lire tasse su permessi e licenze. Mentre il Moro Islamic Liberation Front (MILF) si

appresta a costituirsi in partito politico per governare la nuova regione, gli altri gruppi

ribelli come Abu Sayyaf e I Combattenti Islamici per la Libertà del Bangsamoro hanno

espresso la loro contrarietà all’accordo.

KENYA, 11 SETTEMBRE ↴

Il Presidente Uhuru Kenyatta ha ratificato la nomina del Generale Philip Kameru quale

nuovo capo del servizio di intelligence nazionale. La nomina di Kameru coincide con

un rafforzamento dei controlli di sicurezza alle frontiere e arriva un anno dopo l’at-

tacco degli al-Shabaab allo shopping mall Westgate di Nairobi ma, soprattutto, rap-

presenta una risposta “preventiva” alle probabili rappresaglie del gruppo islamico le-

gato ad al-Qaeda, in seguito alla morte del loro leader Ahmed Godane. Il Kenya è da

alcuni anni uno degli obiettivi degli attacchi dei militanti islamici di al-Shabaab che

disapprovano il contributo del governo di Kenyatta all’AMISOM, la missione delle Na-

zioni Unite in Somalia.

ITALIA-INDIA, 8 SETTEMBRE ↴

A seguito del via libera da parte della Corte Suprema indiana per il ritorno in Italia

per quattro mesi di Massimiliano Latorre, colpito da un'ischemia, il Ministro degli

Esteri Federica Mogherini ha affermato che la fase dell'internazionalizzazione del caso

marò – e dunque il ricorso all'arbitrato – è tecnicamente pronta, anche se il dialogo

con le autorità di New Delhi resterà aperto visto che le due strade "non si escludono".

SUD SUDAN, 9 SETTEMBRE ↴

Il governo cinese ha dato il via libera al dispiegamento di un contingente di 700

soldati in Sud Sudan, che dovranno provvedere alla vigilanza dei pozzi petroliferi,

nonché alla tutela dei propri lavoratori e delle proprie aziende, impegnate da tempo

nel più giovane Paese africano. Il contingente cinese, che sarà inquadrato all’interno

della forza ONU già presente, sarà dispiegato negli Stati di Unity e Upper Nile, gli

unici con pozzi petroliferi attivi e controllati dal governo del Presidente Salva Kiir.

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L’invio del contingente cinese rappresenta un'altra dimostrazione del forte interesse

che la Cina ha per il continente africano, dove è il maggior investitore estero.

UGANDA, 13 SETTEMBRE ↴

L'Ambasciata statunitense a Kampala ha dichiarato di aver individuato una cellula

terroristica legata ad al-Shabaab e di averne sventato un imminente attentato nella

capitale ugandese. La stessa legazione USA l'8 settembre aveva diramato l’allarme

circa possibili attacchi del gruppo somalo in seguito all'uccisione del loro leader Ah-

med Godane.

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ANALISI E COMMENTI

TRA IDENTITÀ E POLITICA ESTERA. LA NUOVA RUSSIA DI PUTIN

OLEKSIY BONDARENKO ↴

Analisi disponibile anche come Research Paper: SCARICA

La postura internazionale della Federazione Russa è diventata, negli ultimi mesi, ar-

gomento più che discusso e analizzato, ma la sua proiezione esterna e il delicato

equilibrio – in continuo mutamento – tra Mosca, Bruxelles e Washington spiegano

solo in parte alcuni cambiamenti nella condotta politica del Cremlino degli ultimi anni,

culminati con un coinvolgimento più o meno diretto nella crisi ucraina. Come eviden-

zia Gideon Rose nel suo famoso lavoro “Neoclassical Realism and Theories of Foreign

Policy” il potere relativo che uno Stato possiede (variabile indipendente), dove per

potere s’intende la capacità o le risorse con le quali un soggetto può influenzare il

comportamento di un altro, ha l’effetto di modellare le ambizioni della sua politica

estera, ambizioni che però sono tradotte in azione da quelle che il politologo ameri-

cano definisce come “variabile di unità” (…) SEGUE >>>

LA GUERRA DEL GAS: LA BULGARIA AL CENTRO DEL BRACCIO DI FERRO TRA RUSSIA E UE

GIUSEPPE CONSIGLIO ↴

La coreografica danza delle reciproche sanzioni tra Russia e UE, corollario della con-

clamata guerra che da mesi seguita a funestare l’Ucraina, non poteva che coinvolgere

la realizzazione del South Stream. Il gasdotto che dovrebbe raggiungere l’Europa

Centrale consentendo al gas russo di bypassare l’Ucraina è un progetto di rilevanza

strategica cruciale per entrambe le parti, paradigma dell’inestricabile selva di inte-

ressi che lega indissolubilmente – almeno per ora – Mosca a Bruxelles. E nella guerra

(economica) delle sanzioni incrociate – non ultimo il pacchetto approvato la sera

dell’8 settembre, che coinvolge le maggiori aziende petrolifere russe, ma messo

in stand-by – la partita del South Stream assume contorni sempre meno definiti che

sfumano nella nebulosa dei contrapposti imperativi di sicurezza energetica e delle

norme del diritto europeo ed internazionale (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

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C.F. 98099880787

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