BloGlobal Weekly N°4/2015

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www.bloglobal.net N°4, 1-7 FEBBRAIO 2015 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale di BloGlobal-Osservatorio di Politica Internazionale (1-7 febbraio 2015)

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N°4, 1-7 FEBBRAIO 2015

ISSN: 2284-1024

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BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 8 febbraio 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Eleonora Bacchi Davide Borsani Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra Alessandro Tinti

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Weekly Report N°4/2015 (1-7 febbraio 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2015, www.bloglobal.net

Photo credits: Reuters; Reuters/Khaled Abdullah; AFP; AFP/Thomas Kienzle; EFE; AP; International Court of Justice;

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FOCUS

GRECIA ↴

Dopo l’insediamento, il nuovo governo greco di Alexis Tsipras ha iniziato il suo

tour nelle capitali europee per cercare di raccogliere sostegno in vista di una pos-

sibile, ma improbabile, modifica delle clausole di rimborso dei titoli del debito pubblico

nazionale.

A Parigi, il Ministro delle Finanze greco Yunis Varoufakis, ha incassato il sostegno

del suo omologo francese Michel Sapin. Varoufakis ha affermato che «il risarci-

mento del debito andrà legato alla crescita. Se non ci viene permesso di rilanciare

l’economia non avremo mai la possibilità di pagare». Sapin ha osservato che «è giusto

che Atene avvii un dialogo con le istituzioni finanziarie, anzi è indispensabile. Nessuno

potrà uscire dalle difficoltà senza un ritorno alla crescita. Grecia e UE hanno bisogno

di investimenti». Anche gli Stati Uniti, per bocca del Presidente Barack Obama, hanno

invitato Bruxelles a venire incontro alle esigenze di Atene: «non si può continuare

a spremere Paesi in recessione. Serve una strategia per permettergli di ripagare il

debito». La successiva tappa di Varoufakis è stata Londra, dove ha incontrato il Can-

celliere dello Scacchiere, George Osborne, che ha definito lo situazione tra

Atene e Bruxelles «il più grande rischio per l’economia globale» e per questo

la Grecia dovrà agire «responsabilmente».

Anche Tsipras, in parallelo a Varoufakis, si è recato in visita presso vari Paesi

dell’Unione Europea per completare quanto fatto dal suo Ministro. La tappa di Roma

è stata particolarmente significativa per la distanza tra due Paesi le cui finanze

sono, in differenti modi, sotto l’occhio attento di Bruxelles e Francoforte. Tsipras ha

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dichiarato che «i cittadini e i creditori europei non devono avere paura delle mosse

che faremo. Anzi, dovrebbero avere paura se si restasse in questo vicolo cieco finan-

ziario, dove il vecchio debito viene finanziato facendo nuovi debiti. Prendiamo l’im-

pegno di non creare nuovo deficit e raggiungere l’equilibrio di bilancio anche attuando

le riforme» ma «serve il tempo necessario per la ripresa economica a medio termine».

Il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Matteo Renzi, ha enfatizzato da un lato

la necessità di una certa flessibilità da parte delle istituzioni europee, dall’altro ha

sottolineato l’importanza di rispettare gli accordi presi: «credo fortemente – ha detto

Renzi – che ci siano le condizioni per trovare un punto d’intesa con le istituzioni eu-

ropee da parte delle autorità greche», tuttavia «dobbiamo e vogliamo rispettare le

regole, tutti insieme, con le necessarie flessibilità e intelligenza e, contemporanea-

mente, lottare insieme per l’Europa della crescita. Facciamo il tifo, diamo il nostro

supporto perché questa situazione di emergenza sia affrontata nelle sedi proprie eu-

ropee».

Di fronte all’incertezza in campo, la Banca Centrale Europea ha fatto sapere che

toglierà ad Atene la possibilità di finanziarsi attraverso junk bond a garanzia

dei prestiti fin qui fornitole. La Germania ha rifiutato di adottare un atteggiamento

minimamente conciliante verso la Grecia. Il Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang

Schäuble, non ha nascosto il suo «scetticismo. Alcune delle misure proposte da Atene

non vanno nella giusta direzione». Laconico e allusivo è stato il commento di Varoufa-

kis: «quando stasera tornerò nel mio Paese troverò un Parlamento in cui il terzo

partito non è un partito neonazista, ma nazista». Tsipras ha chiosato affermando che

«la democrazia greca non intende ricattare nessuno e non può essere ricattata. Ci

chiedono di implementare le riforme a cui ci siamo impegnati e noi rispondiamo che

rispettiamo le regole europee ma lavoriamo per cambiarle».

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IRAQ/SIRIA ↴

L’attacco sferrato dallo Stato Islamico su Kirkuk il 26 gennaio ha affrettato il trasfe-

rimento a sud della città petrolifera di alcune centinaia di combattenti tur-

comanni precedentemente impegnati nelle aree di Amerli e Tuz Khurmatu. I miliziani

presteranno servizio accanto ai Peshmerga curdi al fine di rafforzare le difese di Kir-

kuk. Già nella giornata del 31 gennaio i guerriglieri curdi hanno ripreso il vasto gia-

cimento petrolifero nella vicina Khabaz, dove i jihadisti avevano concluso l’offensiva

prendendo in ostaggio oltre venti dipendenti e dando alle fiamme tre pozzi.

Nella prima settimana di febbraio il Califfato ha invece diretto le proprie iniziative

nell’Anbar, aggredendo le unità dell’esercito regolare e delle milizie sciite tra Falluja

e Samarra allo scopo di compromettere la sicurezza della rete viaria.

Il 3 febbraio il Consiglio dei Ministri iracheno ha approvato sia la bozza di legge

sulla formazione della Guardia Nazionale, sia gli emendamenti da apporre

alla legge che delineò il processo di de-baathificazione dopo la caduta di Sad-

dam Hussein. Tuttavia, il dibattito parlamentare si annuncia incandescente. Entrambi

i provvedimenti sono cardine del progetto di riconciliazione nazionale avanzato

dall’esecutivo presieduto da Haider al-Abadi, ma implicano la controversa mediazione

delle tensioni settarie. A conferma della criticità della posta in gioco, i Ministri sunniti

hanno boicottato durante la seduta ministeriale il voto interno sulla revisione della

legge che vieta il conferimento di incarichi pubblici agli ex funzionari a vario titolo

coinvolti con il precedente regime baathista. Il passaggio parlamentare della proposta

legislativa sulla Guardia Nazionale è anch’essa oggetto di forte contestazione poiché

tra le fazioni politiche affiorano prospettive incompatibili su forma e mandato della

suddetta: intesa dai rappresentati di estrazione sunnita quale strumento consono a

riportare i gruppi tribali in un quadro di legalità costituzionale, saldando un nuovo

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patto di legittimità con le istituzioni centrali, alla Guardia Nazionale è invece attribuito

dalla maggioranza sciita il compito principale di coordinare quel fronte di mobilita-

zione popolare oggi composto prevalentemente dalle milizie sciite finanziate e armate

dall’Iran.

SITUAZIONE SUL CAMPO IN IRAQ 1-7 FEBBRAIO 2015 - FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR

Intanto, la brutale esecuzione del pilota giordano Moaz al-Kassasbeh ha solle-

citato una determinata reazione della monarchia hashemita che ha intensifi-

cato i bombardamenti aerei in Siria e in Iraq. Nessun Paese arabo appartenente alla

coalizione internazionale allestita dagli Stati Uniti aveva sinora condotto operazioni di

combattimento in territorio iracheno, rispettando il veto fissato dalle autorità di Ba-

ghdad. Re Abdullah ha promesso una guerra implacabile contro i miscredenti dello

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Stato Islamico. La Giordania ha inoltre eseguito la condanna capitale di un

detenuto iracheno, appartenente ad al-Qaeda, e di Sajida al-Rishawi, su cui

gravava la responsabilità di plurimi attentati realizzati ad Amman nel 2005 e al cui

rilascio il Califfato aveva condizionato la liberazione di al-Kassasbeh.

Se la Giordania aumenta la misura dell’intervento militare contro le roccaforti islami-

ste, l’alleanza multilaterale accusa però lo sganciamento degli Emirati Arabi Uniti

dalle operazioni militari. Secondo il Pentagono, la decisione di tenere a terra i

caccia da combattimento è motivata dall’assenza di opportune garanzie di recupero

dei piloti in caso di abbattimento. A seguito dell’imprigionamento di al-Kassasbeh, gli

Emirati Arabi Uniti avevano espressamente richiesto agli Stati Uniti di spostare i vei-

voli multiruolo V-22 Ospreys dal Kuwait al confine siriano. Consapevole dell’impor-

tanza diplomatica prima ancora che militare della partecipazione diretta di Abu Dhabi

nello sforzo bellico contro lo Stato Islamico, Washington ha annunciato l’immi-

nente riposizionamento di alcuni asset logistici nelle aree settentrionali

dell’Iraq al fine di ridurre il tempo di eventuali missioni di recupero. La decisione è

suscettibile di aumentare la vulnerabilità del personale americano presente in terri-

torio iracheno e dunque conferma le preoccupazioni della Casa Bianca relativamente

all’ampiezza della coalizione anti-IS. Del resto, oltre a Giordania e Arabia Saudita, dei

Paesi arabi che hanno preso parte alle operazioni belliche, il Qatar ha svolto unica-

mente funzioni di supporto operativo, mentre il Bahrain ha garantito un modesto

apporto solo nei primi giorni della campagna. Inoltre, Abu Dhabi ha assunto una

posizione particolarmente dura sul mancato rafforzamento delle tribù sunnite nell’An-

bar iracheno, come recentemente ribadito in occasione della Conferenza di Londra.

In Siria, la riconquista di Kobane ha incoraggiato l’avanzamento dei guerriglieri

curdi, che sostenuti dal fuoco americano hanno gradualmente liberato un centinaio

di villaggi in prossimità del confine siro-turco. Lo scacco patito nel nord-ovest del

Paese, ha invece spinto la dirigenza del Califfato a mobilitare risorse e richiamo ideo-

logico lungo la direttrice che da Raqqa guarda a Damasco.

Nello scenario della guerra civile, il gruppo ribelle Harakat Hazm, di simpatie oc-

cidentali e considerato una fazione moderata del campo anti-Assad, è confluito nel

Fronte Sham, soggetto islamista che contende la preminenza di Jabhat al-Nusra

(JaN). Nei giorni precedenti il gruppo Harakat Hazm era stato coinvolto in violenti

scontri con i militanti di JaN nella provincia di Aleppo. La cooptazione nel Fronte Sham

è stata dunque giustificata dal proposito di moderare le aspre contrapposizioni che

dividono le numerose etichette che si oppongono al governo di Damasco. Non a caso

il Fronte Sham e JaN hanno contestualmente annunciato l’istituzione di un

centro operativo congiunto ad Aleppo.

Infine, il 5 febbraio un massiccio bombardamento dell’aviazione siriana nel centro di

Damasco ha provocato la morte di almeno ottantadue persone, in risposta all’esplo-

sione di colpi di mortaio ed al lancio di razzi che nella stessa giornata un gruppo

ribelle aveva rivolto contro i quartieri della capitale. È l’attacco più sanguinoso dal

raid compiuto in novembre contro le postazioni dello Stato Islamico a Raqqa.

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UCRAINA ↴

È rinviato al prossimo mercoledì 11 febbraio, in un nuovo incontro a Minsk tra Ger-

mania, Francia, Russia e Ucraina, un nuovo possibile accordo di pace sul conflitto

ucraino. Dopo una lunga conference call (8 febbraio), i leader dei quattro Paesi si

sono infatti detti d'accordo ad incontrarsi nuovamente per discutere di un nuovo piano

di pace per il Donbass che riesca effettivamente ad implementare quanto concordato

nella stessa capitale bielorussa lo scorso mese di settembre. Vladimir Putin, interve-

nuto da Sochi dove ha incontrato Aleksandr Lukashenko, ha tuttavia specificato che

il vertice ci sarà solo se entro quella data – che peraltro avverrà all'indomani di even-

tuali nuove sanzioni da parte dell'Unione Europea – si sarà trovato un compromesso

su determinate posizioni (un incontro del gruppo di contatto, con la mediazione

dell'OCSE, si svolgerà infatti il martedì 10 febbraio).

Una di queste condizioni riguarda evidentemente il possibile invio di armi a Kiev

da parte degli Stati Uniti: su nuova richiesta di Poroshenko, e nonostante la con-

trarietà espressa in merito lo scorso autunno, Washington – come ha lasciato intrav-

vedere il vice Presidente Joe Biden a margine della Conferenza sulla Sicurezza di

Monaco di Baviera (5-7 febbraio) – sembra aver aperto alla possibilità di un invio di

armi letali difensive, salvo tuttavia nuovamente retrocedere: il Segretario di Stato

USA John Kerry, dopo un nuovo bilaterale con il Ministro degli Esteri russo Sergej

Lavrov, ha infatti dichiarato che non esiste una soluzione militare alla crisi. E

sulla necessità di una soluzione diplomatica è concorde anche l'UE, come ha specifi-

cato l'Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza, Federica Mogherini,

preoccupata per l'ulteriore irrigidimento dei rapporti con Mosca.

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L'intesa che dunque ci si aspetta a Minsk, anche se Angela Merkel ha lasciato traspa-

rire i propri timori circa l'effettiva riuscita, dovrebbe riguardare una nuova defini-

zione della linea di controllo (corrispondente con la linea di demarcazione attuale

del conflitto) e della distanza di allontanamento delle armi pesanti dalla

stessa. Sempre la Germania ha difatti lanciato l'allarme per l'invio di un nuovo con-

voglio russo di 170 camion nelle città roccaforti dei separatisti che, insieme con gli

aiuti umanitari, potrebbero celare armamenti e soldati russi. A riprova della presenza

russa in Ucraina, Poroshenko ha sventolato nel corso della Conferenza di Monaco

passaporti di militari russi che combatterebbero al fianco degli insorti.

Di fronte all'eventualità di una nuova escalation – o di una guerra, come ha minac-

ciato Hollande – Jens Stoltenberg, Segretario Generale della NATO, sta intanto rive-

dendo il posizionamento della difesa transatlantica. Nel corso del Vertice mini-

steriale dell'Alleanza Atlantica del 5 febbraio, i Paesi NATO hanno annunciato un si-

gnificativo aumento di truppe e mezzi nell'Est Europa.

DISPOSITIVI DI SICUREZZA NATO - FONTE: CENTIMETRI/LA STAMPA

In particolare, la dotazione della nuova NATO Responce Force (NRF) – il cui raf-

forzamento era stato stabilito a margine del Vertice di Newport di settembre e la cui

gestione sarà affidata a rotazione a Germania, Italia, Francia, Polonia, Regno Unito e

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Spagna – passerà da 13mila a 30mila soldati. Nell'ambito della NRF opererà la

nuova brigata Spearhead (VJTF) composta da 5mila soldati dispiegabili in 48

ore. Anche se i dettagli logistici e operativi non saranno definiti prima di giugno e

prima del Summit di Varsavia del 2016, la VJTF è già schierabile grazie ai contributi

di Germania, Olanda e Norvegia. Il nuovo dispositivo potrà inoltre contare su sei

centri di comando e controllo in Polonia, Romania, Bulgaria, Estonia, Letto-

nia e Lituania. L'obiettivo sarà quello di creare un fronte di deterrenza contro la

minaccia di un conflitto su più ampia scala con la Russia, che ha immediatamente

richiamato 2mila riservisti (ordinanza in realtà che il Cremlino emette su base an-

nuale), ma anche di rispondere alle minacce alla sicurezza provenienti da sud e, dun-

que, dal terrorismo islamico.

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BREVI

BRASILE, 5 FEBBRAIO ↴

Non si arrestano le polemiche in Brasile per quello che

si sta configurando come il più grande caso di

corruzione politica ed economica della storia del Paese

latino-americano. Lo scandalo Petrobras, iniziato nel

2012 dopo le inchieste e gli arresti di Paulo Roberto

Costa, ex Direttore delle attività raffinanzione, e di

Renato Duque, Capo dei servizi e delle attività

ingegneristiche del gruppo fino al 2012, rischia infatti

di scoperchiare un vaso di pandora dalle potenzialità

politiche destabilizzanti e capaci colpire direttamente il

governo della rieletta Presidente Dilma Rousseff. Lo scandalo Petrobras si basa

sull’accusa di smistamento di fondi pubblici per 3 miliardi di euro nel periodo 2004-

12 verso deputati del Partido do Trabalhadores (PT) e dei suoi alleati di governo da

parte dei dirigenti della holding energetica. Questo caso, congiuntamente con la

recessione economica e le conseguenze della più grave crisi idrica da 80 anni a questa

parte, contribuisce a rendere più fragile e instabile l’inizio del secondo mandato per

Dilma Rousseff, che, sebbene non ancora coinvolta tecnicamente nell’inchiesta,

potrebbe rischiare nei prossimi mesi un’accusa di impeachment da parte del

Congresso brasiliano. A contribuire al clima di incertezza si sono aggiunte da un lato

l’arresto di João Vaccari Neto, tesoriere del PT, dall’altro le dimissioni di Maria das

Graças Foster, ex Amministratore Delegato di Petrobras e personalità molto vicina

alla stessa Presidente Rousseff, accusata insieme a José Carlos Cosenza, Direttore

degli approvvigionamenti del gruppo, di aver fatto parte di questo sistema di illeciti.

Le dimissioni della Foster sono state dovute alla divulgazione dei dati dell’inchiesta

interna da lei stessa promossa e che mostrava un maxi giro di corruzione che ha

coinvolto il colosso petrolifero nazionale e probabilmente personalità anche dello

stesso governo brasiliano. Intanto Aldemir Bendine, già a capo del Banco do Brasil,

è stato nominato nuovo Chief Executive del gruppo.

CROAZIA/SERBIA, 3 FEBBRAIO ↴

La Corte Internazionale di Giustizia (CIG), il principale

organo giudiziario delle Nazioni Unite, ha respinto le

accuse reciproche di genocidio mosse da Croazia (nel

1999) e Serbia (nel 2009) per gli episodi di violenza

compiuti nel corso delle guerre nei Balcani tra il 1991 e

il 1995. Il riferimento era in particolare alla distruzione

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della città croata di Vukovar e alla cacciata dei serbi della Kraijna in occasione

dell'Operazione Tempesta. Dopo 16 anni di lavori, Peter Tomka, a capo di una

commissione di 17 magistrati, ha dunque chiarito che i due eserciti si resero colpevoli

di crimini ascrivibili al reato di pulizia etnica durante il conflitto, ma nessuna delle due

parti è riuscita a provare che le azioni avessero lo scopo intenzionale di distruggere

«in tutto o in parte un gruppo etnico, nazionale o religioso in quanto tale». Si tratta

di un verdetto non del tutto inaspettato e che ripercorre la linea adottata anche dal

Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia (TPI), incaricato di giudicare i

crimini commessi nella regione negli anni successivi al 1991 che non ha mai

incriminato i due Paesi con l'accusa di genocidio. Tomka ha pertanto raccomandato i

due governi di proseguire sulla strada della collaborazione, in particolare per ciò che

riguarda lo scambio di informazioni sulle persone che risultano ancora scomparse e

sulle riparazioni nei confronti delle famiglie delle vittime.

EGITTO, 3-6 FEBBRAIO ↴

Nella settimana che ha visto la liberazione del

giornalista di al-Jazeera, l’australiano Peter Greste

estradato in Canada – mentre restano ancora incerte

le posizioni dei due egiziani Baher Mohamed e

Mohammed Fahmy arrestati con l’accusa di

«spionaggio a favore dei Fratelli Musulmani» –, al

Cairo, Qualibiya, Port Said e Alessandria non conosce sosta la serie di attacchi con

ordigni artigianali o IED (improvised explosive device) che si stanno verificando con

una progressiva regolarità sin dall’inizio del nuovo anno in Egitto. Ad essere colpite

sono state le metro e le infrastrutture strategiche come gli aeroporti. Nonostante il

numero crescente di attentati a bassa intensità, si registrano una sola vittima e poche

decine di feriti. Di tutt’altro tenore invece è la situazione nella Penisola del Sinai.

Dopo gli attacchi molteplici e coordinati della scorsa settimana tra al-Arish, Sheikh

Zuweid, Port Said e Suez, costati la vita ad almeno una trentina di soldati, 3 poliziotti

e 2 civili, il governo ha deciso di rinforzare le misure anti-terroristiche attraverso

l’istituzione di un comando unificato delle forze di intelligence, polizia e militari sotto

la guida unica del Generale Osama Roshdy Askar. Sempre il Generale Askar ha

ricevuto l’incarico direttamente dal Ministro della Difesa Sedki Sobhi di guidare la

seconda e terza armata operativa nel Sinai settentrionale nelle operazioni di counter-

terrorism contro le forze insurrezionali islamiste legate alla Provincia del Sinai (sigla

terroristica legata all’IS e meglio nota come Ansar Bayt al-Maqdis). Proprio le brigate

guidate da Askar hanno ucciso nei giorni scorsi 27 dei 47 islamisti totali ammazzati

nel Nord Sinai, in una delle operazioni militari più complesse dai tempi dello Yom

Kippur del 1973. Sempre in un’ottica di rafforzamento della sicurezza interna, Il Cairo

starebbe portando a termine alcune trattative con Parigi per una fornitura militare da

4,5 miliardi di euro comprendente 24 jet Rafale e 1 nave-fregata FREMM.

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Parallelamente le forze di sicurezza hanno scatenanto un nuovo giro di vite contro

soggetti ritenuti vicini alla Fratellanza Musulmana (da metà 2013 a oggi sono state

arrestate almeno 41mila persone, di cui 29mila affiliate all’Ikwhan). Proprio nelle

stesse ore in cui esplodevano alcuni ordigni al Cairo, un tribunale della capitale

confermava la condanna a morte per 183 militanti dei Fratelli Musulmani ritenuti

responsabili della morte di 11 poliziotti in un assalto avvenuto nell'agosto 2013 a

Kerdasa, pochi giorni dopo la deposizione di Mohammed Mursi del luglio dello stesso

anno.

LIBIA, 6 FEBBRAIO ↴

Dopo la conclusione in un nulla di fatto dei tentativi

svolti in seno alle Nazioni Unite a Ginevra per cercare

una soluzione alla crisi libica, sono ripresi nella passata

settimana gli scontri in più parti del Paese

nordafricano. Nella notte di martedì 3 febbraio alcuni

uomini armati hanno assalito il giacimento petrolifero

di al-Mabruk, situato a circa 170 Km a sud di Sirte. Il

sito, gestito da una joint-venture tra la National Oil Company (NOC) libica e la

francese Total, aveva cessato le proprie attività già dal 2013 e tutti i dipendenti

stranieri erano stati evacuati dalla zona da tempo. Le vittime dell’attentato,

appartenenti ad una forza di guardia del giacimento, sono circa dieci. Tre filippini che

si trovavano nel luogo per conto dell’italiana Sogepi S.r.l. sono inoltre stati presi in

ostaggio. Sebbene nessun gruppo di militanza libico abbia ancora rivendicato la

responsabilità dell’attentato, si pensa che l’assalto possa essere stato condotto per

mano dell’Islamic Youth Shoura Council di Derna, lo stesso movimento che ha

perpetrato l’assalto all’Hotel Corinthia del 27 gennaio scorso e affiliato al Califfato di

Abu Bakr al-Baghdadi. A tre giorni di distanza dall’assalto di Mabruk in aggiunta, il 6

febbraio, un’autobomba è esplosa nella cittadina cirenaica di Bengasi causando due

morti e venti feriti. Gli ufficiali militari delle forze armate dell’ex generale Khalifa

Haftar hanno affermato che l’ordigno esplosivo era diretto contro una base di

rifornimenti militari ma che sia casualmente esploso precocemente uccidendo un

uomo e un bambino. Ad inizio settimana infine uno dei due Parlamenti presenti in

Libia, in particolare quello stanziato a Tobruk, che riconosce quale Primo Ministro

ufficiale Abdullah al-Thani, ha dichiarato cessata la validità della legge per

l’isolamento politico nei confronti degli ex ufficiali del regime del Colonnello Gheddafi.

Si tratta di un provvedimento emanato nel maggio 2013 dal Congresso Generale a

maggioranza islamica formato in seguito alla caduta del regime nel 2011 che

prevedeva un allontamento dalla vita politica libica di dieci anni per gli ex ufficiali.

Come ha affermato il membro del Parlamento di Tobruk, Tareq al-Garrouchi, «tutti i

libici sono uguali. Nessuno deve essere privato del diritto alla partecipazione politica,

eccettuati coloro i quali siano stati dichiarati colpevoli di reati penali».

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NIGERIA, 3-7 FEBBRAIO ↴

Il 6 febbraio, i miliziani islamici di Boko Haram, di

stanza a Malam Fatori, hanno attaccato la città

nigerina di Bosso, situata al confine con la Nigeria,

nella regione del Lago Ciad. Le forze armate di Niger e

Ciad dislocate nell’area sono rapidamente intervenute

e hanno respinto indietro la minaccia. Un pò più ad

ovest, la città di Diffa, altro punto sensibile situato al confine tra Nigeria e Niger, è

stata colpita da diversi colpi di artiglieria: le forze armate nigerine hanno prontamente

risposto alla minaccia, prima con la forza aerea, poi con le truppe di terra che hanno

ricondotto Boko Haram all’interno del territorio nigeriano. È stato il primo attacco di

Boko Haram in Niger, al cui Presidente, Mahamadou Issoufou, il leader del gruppo

Abubakar Shekau aveva rimproverato la partecipazione alla marcia repubblicana di

Parigi contro il terrorismo, giurando vendetta. In precedenza, la mattina del 4

febbraio, numerosi combattenti di Boko Haram avevano assaltato la città di Fotokol,

in Camerun, entrando nella grande moschea e uccidendo tutti coloro che erano lì in

preghiera, prima di incendiare completamente l’edificio. Le truppe camerunensi e

quelle ciadiane sono intervenute rapidamente, ma ciò non ha evitato che il numero

di vittime civili fosse molto alto. L’attacco di Boko Haram alla città di Fotokol

rappresenta una risposta all’offensiva delle truppe del Ciad che il giorno prima

avevano riconquistato la città nigeriana di Gamboru, da circa un mese nelle mani dei

miliziani islamici. Nonostante la dimostrata capacità di attaccare su più fronti, è stata

Boko Haram a subire le perdite maggiori: in questi ultimi quattro giorni la setta

islamica ha perduto almeno 300 uomini, grazie soprattutto all’intervento degli eserciti

di Ciad, Niger e Camerun. Proprio in queste giornate sta prendendo forma la forza di

intervento regionale decisa al meeting di Niamey dei Paesi del bacino del Lago Ciad

e approvata dal vertice dell’Unione Africana ad Addis Abeba: si tratterebbe di una

forza di 8700 uomini, costituita da soldati di Nigeria, Niger, Ciad, Camerun e Benin.

Nonostante ciò, la commissione elettorale nigeriana ha deciso di posticipare al 28

marzo le elezioni presidenziali previste per il 14 febbraio, adducendo motivi di

sicurezza. È una scelta comprensibile, data la situazione, ma che potrebbe essere

interpretata dalle forze politiche di opposizione al Presidente Goodluck Jonathan come

un modo per cercare di riguadagnare consenso.

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OFFENSIVA MILITARE DI BOKO HARAMA - FONTE: AFP

YEMEN, 5 FEBBRAIO ↴

È stato raggiunto a Sana’a nella serata di mercoledì 4

febbraio un accordo tra i partiti politici yemeniti per la

creazione di un Consiglio Presidenziale ad interim che

resterà in carica per un anno, fino all’indizione di nuove

elezioni. In seguito alle dimissioni del 22 gennaio del

Presidente Abd-Rabbu Mansour Hadi e del Premier

Khaled Bahah, i ribelli sciiti Houthi che hanno conquistato progressivamente il potere

nel Paese, hanno dichiarato che se non si fosse trovato un accordo tra le varie parti

entro il 4 febbraio per la soluzione della crisi politica, avrebbero agito unilateralmente

alla formazione di un nuovo governo. Il Consiglio Presidenziale per il quale è stato

trovato l’accordo dei nove gruppi politici, compresi i separatisi sudisti Herak, sarà

composto da cinque personalità guidate da Ali Nasser Mohammed, Presidente dello

Yemen del Sud prima dell’unità statale nel 1990. Sono inoltre riprese le azioni di

controterrorismo americane dirette ad indebolire al-Qaeda nella Penisola Arabica

(AQAP) che trova in Yemen la propria roccaforte. Giovedì 5 febbraio AQAP ha infatti

confermato l’avvenuta uccisione da parte di un attacco con droni statunitensi del 31

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gennaio a Shabwa, del leader del movimento, Harith al-Nadhari. Insieme al target

viaggiavano nella medesima autoettura anche altri tre jihadisti, Said Bafaraj,

Abdelsamie al-Haddaa e Azzam al-Hadrami. Il gruppo AQAP è uno dei più attivi tra

quelli appartenenti alla rete di al-Qaeda e il 14 gennaio scorso ha reclamato tramite

un video la responsabilità dell’attacco al giornale satirico francese Charlie Hebdo.

Nonostante ci siano dei dubbi in merito alla diretta affiliazione degli attentatori di

Parigi con AQAP, ciò che è certo è che i fratelli Kouachi, responsabili della strage di

Cherlie Hebdo e dell’assalto al supermercato ebraico, si sono recati per un periodo in

Yemen dove hanno con molta probailità ricevuto addestramento dalle milizie di AQAP.

L’operazione statunitense arriva significativamente dopo alcuni mesi in cui le

rappresaglie sono state interrotte a causa della delicata situazione politica dello

Yemen.

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ALTRE DAL MONDO

ARGENTINA, 3-4 FEBBRAIO ↴

Sembra essere arrivato ad una svolta il caso di omicidio riguardante il Procuratore

argentino Alberto Nisman. Il quotidiano Clarin ha diffuso nei giorni scorsi una bozza

scritta dallo stesso Nisman in cui chiedeva l'arresto della Presidente Cristina Kirchner

e del Ministro degli Esteri Héctor Timerman, accusati di aver negoziato segretamente

con l’Iran un accordo basato su petrolio in cambio dell'impunità di alcuni dirigenti

iraniani imputati per l'attentato contro la mutua ebraica AMIA di Buenos Aires del

1994. Nel frattempo Cristina Kirchner si è recata in visita ufficiale a Pechino dove ha

incontrato il Presidente cinese Xi Jinping per firmare 15 accordi in materia economica,

commerciale, aerospaziale, infrastrutturale ed energetica.

BANGLADESH, 2-7 FEBBRAIO ↴

Nove persone sono morte a seguito di due differenti attacchi compiuti da membri

dell’opposizione ai danni di un autobus e di un autocarro nelle città di Dacca e Bhari-

sal. All’inizio della settimana, nella città di Chuddogram, un altro ordigno, attribuito

al Bangladesh Nationalist Party (BNP), era esploso contro un autobus provocando la

morte di 7 persone ed il ferimento di 15. Questa serie di attentati sono da ricondurre

alla tensione montante nel Paese, dovuta all’accrescere delle rivalità tra il Primo Mi-

nistro Sheikha Hasina e la rivale del BNP Begum Khaleda Zia.

COREA DEL NORD, 4-7 FEBBRAIO ↴

Una nuova interruzione dei negoziati nucleari tra Corea del Nord e Stati Uniti è arri-

vata il 4 febbraio da parte di Pyongyang. Nel comunicato del Presidente Kim Jong-un

intitolato «L’imperialismo USA andrà incontro alla suo destino finale» si afferma che

la Corea del Nord non intende per ora sedersi al tavolo del negoziato, ma che è pronta

a reagire con attacchi nucleari e guerra cibernetica a ogni aggressione statunitense.

Il 7 febbraio inoltre è stata diffusa la notizia secondo cui un nuovo missile balistico

antinave è stato testato dal regime nordcoreano in risposta ai previsti addestramenti

militari congiunti di Stati Uniti e Corea del Sud.

FRANCIA, 3 FEBBRAIO ↴

Tre militari francesi, che in linea con il piano anti-terrorismo Vigipirate erano di guar-

dia ad un palazzo di Nizza che ospita tre organismi ebraici, sono stati accoltellati da

un trentenne originario del Mali, Moussa Coulibaly. Nonostante l'omonimia con l'at-

tentatore di Parigi, non ci sarebbero collegamenti tra le due vicende. Intanto l'Alto

Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza comune Federica Mogherini, e i

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Ministri degli Esteri di Spagna e Lettonia, José Manuel Garcia-Margallo e Edgars

Rinkēvičs, stanno spingendo per un Vertice mediterraneo sul jihadismo che dovrebbe

tenersi a Barcellona il prossimo mese di aprile e che mira a rafforzare la cooperazione

in materia di anti-terrorismo tra UE e Paesi della sponda sud del Mediterraneo.

MYANMAR, 5 FEBBRAIO ↴

Violenti scontri nel nord-est lungo il confine cinese hanno provocato la morte di venti

persone, tra soldati dell’esercito regolare e guerriglieri ribelli, a seguito della richiesta

di unione federale formalizzata dal Consiglio federale delle nazionalità unite (UNFC),

che raccoglie le minoranze etniche contrapposte al governo centrale. Khu Oo Reh,

Segretario del UNFC, ha puntualizzato che l’avvio di un processo federale che ricono-

sca l’autonomia dei gruppi etnici porrebbe le premesse per un cessate il fuoco gene-

rale. Tuttavia, il disegno federale è incompatibile con le disposizioni costituzionali

introdotte nel 2008 dalla giunta militare guidata dal Presidente Thein Sein. Intanto,

continuano le manifestazioni di piazza degli studenti universitari contro la legge

sull’educazione recentemente approvata dal Parlamento che secondo i dimostranti

pone divieti all’attività politica all’interno delle istituzioni educative.

SOMALIA, 6 FEBBRAIO ↴

Un’operazione statunitense condotta il 31 gennaio con l’uso di droni nella cittadina

meridionale di Dinsor ha portato all’uccisione di un leader degli al-Shaabab, Abdi Nur

Mahdi, anche conosciuto come Yusuf Dheeg. Il leader era considerato responsabile

degli attacchi esterni alla Somalia, inclusi quelli del 2013 al centro commerciale di

Nairobi e del 2010 nella capitale dell’Uganda, Kampala. Il Contrammiraglio della US

Navy, John Kirby, ha affermato che «questa operazione è stata, come altre, un esem-

pio dell’impegno del governo degli Stati Uniti insieme ai nostri alleati e partner, nei

confronti del popolo e del governo della Somalia».

SUD SUDAN, 2 FEBBRAIO ↴

Dopo quattro giorni di intense contrattazioni, il Presidente del Sud Sudan Salva Kiir

e il leader dell’opposizione Riek Machar hanno raggiunto ad Addis Abeba un nuovo

accordo di pace per porre fine alle ostilità che vanno avanti da diversi mesi nel Paese.

L’intesa, proposta dall’Intergovernmental Authority on Development (IGAD), prevede

la condivisione del potere, per cui Salva Kiir rimarrà Presidente, mentre Riek Machar

riprenderà la posizione di vice Presidente, e una nuova suddivisone dei seggi in Par-

lamento.

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STATI UNITI, 6 FEBBRAIO ↴

È stata pubblicata la nuova National Security Strategy americana nella quale Barack

Obama delinea le nuove linee guida per la politica estera e di sicurezza statunitense

alla luce, in particolare, della crisi in Ucraina, e quindi dei rapporti con la Russia, e

della minaccia del terrorismo di matrice islamica, soprattutto dell’IS.

THAILANDIA, 1° FEBBRAIO ↴

Due bombe artigianali sono esplose dinanzi ad un lussuoso centro commerciale della

capitale Bangkok senza tuttavia causare vittime. Secondo gli investigatori lo scopo

delle bombe era di creare panico e non fare vittime. La situazione politica thailandese

ha raggiunto livelli di tensione molto alti dopo che la giunta militare al potere ha

bandito dal fare politica, per cinque anni, la Premier deposta Yingluck Shinawatra,

sorella dell’auto-esiliato ex Premier Thaksin Shinawatra.

TIMOR EST, 5 FEBBRAIO ↴

Xanana Gusmão ha rassegnato le dimissioni da Primo Ministro al fine di facilitare la

prossima riforma dell’Esecutivo e l’affermazione di una nuova classe dirigente. Sim-

bolo della lotta armata contro la più che ventennale occupazione indonesiana, dall’in-

dipendenza nel 2002 sino al 2007 Gusmão era stato Presidente di Timor Est e suc-

cessivamente aveva assunto la guida del governo.

TUNISIA, 5 FEBBRAIO ↴

A tre mesi dalle elezioni parlamentari, il Parlamento tunisino ha votato la fiducia al

nuovo Esecutivo di coalizione presieduto da Habib Essid. L’alleanza di governo com-

prende il partito laico di maggioranza Nidaa Tounes, il movimento islamista moderato

Ennahda e gruppi minori. Saranno dunque le due principali fazioni politiche del Paese

a imprimere la direzione del processo democratico.

VENEZUELA, 3 FEBBRAIO ↴

Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni nei confronti del Venezuela. Washing-

ton sanzionerà funzionari di Caracas che si sono resi complici di violazioni dei diritti

umani e che sono stati responsabili di atti di corruzione pubblica. In particolare, sa-

ranno ristretti il numero dei visti per entrare negli USA.

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ANALISI E COMMENTI

COUNTRY PROFILES: COSTA RICA

FRANCESCO TRUPIA ↴

Fra i tanti Paesi dell’intera America Centrale il Costa Rica ha evidenziato, insieme al

Messico, un’esponenziale crescita nell’ultimo biennio. Conseguenza di una lunga

corsa alla stabilità politico-economica, il Costa Rica rappresenta uno dei maggiori

rappresentanti dell’intera Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC)

Grazie all’indipendenza raggiunta nel 1821, il processo di democratizzazione costari-

cano si è concluso con la Costituzione del 1848 che diede origine ad una Repubblica

parlamentare e ad un regime politico tra i più stabili della regione latina. Gli alti livelli

di democraticità delle sue istituzioni hanno fin oggi manifestato tutta la loro forte

tradizione egualitaria fondata sul rispetto dei valori democratici. Dopo la conclusione

della guerra civile nel 1948, l’allora Presidente José Figueres Ferrer decise di abolire

l’esercito nazionale, divenendo il primo Paese al mondo a rinunciare ad una propria

forza di difesa militare (…) SEGUE >>>

LA COREA DEL NORD NELLE MAGLIE DEL CYBER-SPACE GLOBALE:

L’INSTABILE EQUILIBRIO TRA REPRESSIONE INTERNA E RAPPORTI INTERNAZIONALI

MATTEO ANTONIO NAPOLITANO ↴

Nell’alveo della contemporaneità, il fitto intreccio delle sfide globali “tradizionali” si

interseca irrimediabilmente con le dinamiche legate alla nuova geografia della comu-

nicazione, coinvolgendo in profondità l’ambiente delle Relazioni Internazionali e por-

tando i suoi attori a confrontarsi su un terreno invisibile, ma al contempo denso di

significati strategici La Corea del Nord occupa, nel contesto del multiforme cyber-

space asiatico, una posizione di assoluta particolarità, ricca di complesse sfaccetta-

ture e di controversi sviluppi. Per effetto di risonanza con la generale condizione del

macrocosmo sociale nordcoreano, anche lo spazio concettuale della rete risente delle

pesanti restrizioni di quella che è stata definita la nazione più opaca e oppressa del

mondo, guidata dall’ennesimo leader facente parte della dinastia dei Kim, Kim Jong-

un, e sempre attiva nella sistematica repressione d’ogni tentativo di emancipazione

(…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

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