BloGlobal Weekly N°5 2015

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www.bloglobal.net N°5, 8-21 FEBBRAIO 2015 ISSN: 2284-1024

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Rassegna settimanale di BloGlobal-Osservatorio di Politica Internazionale (8-21 febbraio 2015)

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N°5, 8-21 FEBBRAIO 2015

ISSN: 2284-1024

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BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 22 febbraio 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Eleonora Bacchi Davide Borsani Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra

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Weekly Report N°5/2015 (8-21 febbraio 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2015, www.bloglobal.net

Photo credits: AP/Reuters; Reuters; Reuters/Khaled Abdullah; ANSA; UN Photo/Loey Felipe; AFP; Wikimedia Com-mons; AP Photo/Alexander Zemlianichenko, Pool; Tatiana Mpolari;

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FOCUS

LIBIA ↴

Il deteriorarsi della questione della sicurezza in Libia ha portato, il 15 febbraio, alla

chiusura dell’Ambasciata italiana a Tripoli. Come affermato dal Ministro della

Difesa Roberta Pinotti «l'Italia è stato l'ultimo Paese a chiudere la propria sede diplo-

matica in Libia. E l’ho ha fatto per motivi di sicurezza, i rischi si sono elevati al punto

che la nostra presenza non era più utile, anzi l'Ambasciata poteva diventare un ber-

saglio». Il motivo che ha condotto a tale decisione è stato in particolare la presa del

controllo da parte di gruppi affiliati all’IS di importanti postazioni strategi-

che nella città di Sirte, sulla costa libica. È giunta infatti, il 13 febbraio, la notizia

della conquista da parte dell’IS delle sedi di una televisione libica, di alcune stazioni

radio e dell’ospedale di Sirte.

In seguito alla notizia della conquista di Sirte, il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni

ha inizialmente affermato che si tratta di «una situazione di minaccia per l'Italia» e

pertanto se la mediazione dell'ONU in corso dovesse fallire, Roma sarebbe «pronta a

combattere, in un quadro di legalità internazionale». Tale posizione interventista

è stata tuttavia ridimensionata dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei

Ministro Matteo Renzi che ha raccomandato «saggezza, prudenza e senso della situa-

zione: non si passi dall’indifferenza totale all’isteria, alla preoccupazione irragione-

vole». Il Premier ha poi ricordato durante l’assemblea del proprio partito che «da tre

anni in Libia la situazione è fuori controllo, lo abbiamo detto in tutte le sedi e conti-

nueremo a farlo. Ma la comunità internazionale, se vuole, ha tutti gli strumenti per

poter intervenire. La proposta è di aspettare il Consiglio di Sicurezza ONU». Gentiloni

nel corso dell’informativa urgente sulla Libia alla Camera dei Deputati tenutasi il 18

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febbraio ha affermato che «il tempo a disposizione non è infinito» e «rischia di esau-

rirsi molto presto, pregiudicando i fragili risultati raggiunti. Chiediamo alla comunità

diplomatica di aumentare gli sforzi. Non vogliamo avventure, né crociate, ma l’unica

soluzione alla crisi è quella politica e impone un cambio di passo da parte della co-

munità internazionale».

Nell’evolversi della crisi libica, infatti, un ulteriore elemento di destabilizzazione è

stata la diffusione lunedì 16 febbraio di un video da parte dell’IS in cui vengono mo-

strate le immagini della decapitazione di 21 cristiani copti egiziani sulla costa di

Sirte. Nel filmato, che reca gli stessi tratti caratteristici degli altri provenienti dal Ca-

liffato islamico, uno dei jihadisti prima di proseguire con il massacro afferma che «il

mare in cui avete gettato il corpo dello sceicco Osama Bin Laden, lo giuriamo ad

Allah, lo mescoleremo col vostro sangue». Le vittime, tutte egiziane originarie di Mi-

nya e della regione dell’Alto Nilo, si erano recate in Libia per motivi di lavoro ed erano

state rapite tra i mesi di dicembre e gennaio scorso. In risposta a tale atto terroristico

il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha dichiarato che il Paese «si riserva il diritto

di ritorsione con i metodi e i tempi ritenuti adeguati al fine di punire tali assassini e

criminali». Pertanto sono seguiti immediatamente nella stessa giornata i primi raid

aerei con jet militari sulle città di Derna e Sirte. Il Ministro degli Esteri egiziano

Sameh Shoukry ha poi affermato che i raid hanno colpito esclusivamente campi di

addestramento e depositi armi dei militanti affiliati all’IS. Anche il Presidente russo

Vladimir Putin, nell’esprimere la propria vicinanza ad al-Sisi, ha affermato che la

Russia «è disponibile ad una più stretta cooperazione possibile con l'Egitto

nella lotta contro tutte le forme di terrorismo».

In seno alle Nazioni Unite, l’Inviato Speciale Bernardino Leon che sta cercando da

gennaio di portare allo stesso tavolo le varie fazioni in campo per trovare una solu-

zione alla crisi libica, ha espresso la propria condanna a tali atti «orribili e brutali»

aggiungendo che «nessuna parola può esprimere il mio sdegno e repulsione nei con-

fronti della decapitazione di 21 uomini colpiti per nessun altra ragione se non per il

loro credo religioso e la loro nazionalità». Il Consiglio di Sicurezza riunitosi il 19

febbraio ha concluso che la via da percorrere sarà esclusivamente quella

diplomatica. L’obiettivo da raggiungere sarà quello di mediare le posizioni dei due

governi esistenti in Libia, quello di Tripoli e quello di Tobruk, in modo da porre fine

all’instabilità istituzionale libica che risulta essere terreno più che fertile per l’infiltra-

zione di gruppi estremisti legati al Califfato di al-Baghdadi. Dal canto suo, nel merito

di una futura iniziativa internazionale in seno alle Nazioni Unite, l’Italia ha già con-

fermato la ferma volontà di giocare un ruolo di primo piano in azioni di pea-

cekeeping e stabilizzazione dell’area.

Nel video contenente la decapitazione dei 21 copti è contenuta inoltre una minaccia

all’Italia nel quale il jihadista afferma che «col permesso di Allah, conquisteremo

Roma». Tuttavia il riferimento a Roma non è chiaro se sia un’indicazione geografica

mirata ad indicare effettivamente l’Italia o se nella simbologia dell’IS la parola Roma

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possa essere un identificazione dell’Occidente intero o, infine, solo il simbolo del Cri-

stianesimo. In merito ai timori di un effettivo pericolo per l’Italia tuttavia non sem-

brano esserci riscontri pratici plausibili che possano destare una reale preoccupa-

zione. Mentre ciò che sembra rappresentare un serio problema da affrontare quanto

prima è la questione dei massicci afflussi di migranti sulle coste italiane pro-

venienti appunto dalla Libia. Da non sottovalutare un incidente avvenuto nella

giornata di domenica 15 durante un’operazione di soccorso ad uno dei barconi di

migranti. Una motovedetta italiana che stava effettuando delle manovre di trasbordo

da un barcone è stata intimata – anche con spari - da un gruppo di uomini armati a

lasciare loro l’imbarcazione una volta terminata l’operazione.

Infine nella mattinata di venerdì 20, tre autobombe sono state fatte esplodere

nella città di Gubba, a 40km da Derna, per mano del gruppo Wilayat Barqah (Stato

o Provincia della Cirenaica), un movimento affiliato all’IS. Secondo fonti locali le vit-

time sarebbero almeno 40. Gubba, nel mirino dei terroristi, è la città di provenienza

di Ageela Salah Issa, Speaker di dei Camera dei Rappresentanti del Parlamento di

Tobruk, controllato dalle truppe del Generale Khalifa Haftar, che sta conducendo

un’operazione militare contro i militanti di Alba nell’est del Paese.

SITUAZIONE SUL CAMPO IN LIBIA - FONTE: THE WALL STREET JOURNAL

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STATI UNITI ↴

Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ufficialmente inoltrato la richiesta

al Congresso per avere l’autorizzazione all’uso della forza militare contro lo

Stato Islamico per una durata complessiva di tre anni senza escludere l’utilizzo

delle truppe di terra (il testo inviato dalla Casa Bianca, tuttavia, risulta volutamente

ambiguo in questo senso). L’IS, ha detto Obama, costituisce «una grave minaccia per

il popolo e la stabilità dell’Iraq, della Siria, dell’intero Medio Oriente e per la sicurezza

nazionale americana. Se non verrà contrastato, porrà questa minaccia non solo nel

Medio Oriente ma anche nel nostro territorio nazionale». La minaccia, insomma, si

estende al di là dell’area mediorientale e proprio per questo Obama ha richiesto di

essere dotato di poteri di guerra senza vincoli geografici.

Il 18 febbraio si è tenuto poi a Washington un vertice cui hanno partecipato sessanta

Capi di Stato e di Governo durante il quale si è discusso di terrorismo fondamen-

talista senza far riferimento esplicito, almeno nella forma, a quello di matrice isla-

mista. Non a caso Obama ha affermato che «non siamo in guerra con l’Islam, ma

contro la gente che ha tradito l’Islam», accusando di genocidio l’IS: «le comunità

musulmane, sia gli intellettuali che i rappresentanti religiosi, hanno la responsabilità

di respingere non solo interpretazioni sbagliate dell’Islam, ma anche la menzogna

che siamo in qualche modo impegnati in uno scontro di civiltà, che gli Stati Uniti e

l’Occidente sono in qualche maniera in guerra con l’Islam». Quella del terrorismo, sia

esso a firma dell’IS sia di al-Qaeda, rappresenta «una sfida per il mondo intero, non

solo per l'America. Bisogna lavorare insieme ai nostri alleati. Ci vorrà tempo, ma li

sconfiggeremo». Tutti insieme, perciò, «dobbiamo trovare il modo di amplificare le

voci di pace, tolleranza e inclusione, e dobbiamo farlo specialmente online».

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Nel frattempo pare che la Guida Suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei,

abbia inviato una lettera segreta ad Obama riconoscendo indirettamente

l’utilità di una collaborazione più o meno formale tra Washington e Teheran nella

comune lotta contro la minaccia dell’IS pur rinunciando a prendere impegni vinco-

lanti.

Intanto, sul fronte interno, sono da registrarsi le dichiarazioni rilasciate da Rudolph

Giuliani, popolare ex sindaco di New York, che ha accusato Obama di non amare gli

Stati Uniti: «Non vi ama», ha detto agli americani, «e non mi ama. Lui non ama

questo Paese come lo amo io e come lo amate voi». Immediata la replica stizzita

della Casa Bianca, che ha parlato di «affermazioni orribili» da parte del ribattezzato

“Sindaco d’America”. Un altro attacco al Presidente è arrivato da uno dei candi-

dati alla leadership repubblicana in vista delle elezioni del 2016, Jeb Bush.

In un discorso pronunciato al Chicago Council on Global Affairs, il fratello del prede-

cessore di Obama ha definito la politica estera dell’attuale amministrazione «incoe-

rente e indecisa»: «la grande ironia della presidenza Obama sta nel fatto che proprio

lui annunciò un maggiore impegno in politica internazionale e ora lascia un'America

meno influente». «Il mio obiettivo», ha continuato, «è far riguadagnare all'America

la leadership nel mondo» attraverso «la fiducia e il sostegno dei nostri amici, non

facciamo più paura ai nostri nemici».

Infine, Ashton Carter si è insediato ufficialmente a Capo del Pentagono suc-

cedendo così a Chuck Hagel. Ashton è stato approvato dal Congresso con 93 voti a

favore e 5 contrari.

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UCRAINA ↴

Dopo una lunga maratona negoziale, i leader di Francia, Germania, Russia e Ucraina,

riuniti a Minsk l’11 febbraio per trovare una soluzione diplomatica al conflitto nel

Donbass, hanno raggiunto un accordo globale sul cessate il fuoco e un accordo

politico globale sulla crisi. I tredici punti dell’intesa prevedono:

1. l’immediato e completo cessate il fuoco nei rispettivi distretti delle regioni di

Donetsk e Lugansk con decorrenza dalla mezzanotte del 15 febbraio;

2. la creazione di una zona di sicurezza per fasce a seconda dei sistemi

d’arma utilizzati (50 Km nel caso di sistemi di artiglieria del calibro di 100 mm,

e più di 140 Km per i lanciarazzi). L’allontanamento delle truppe dalla buffer-

zone dovrà iniziare non più tardi del secondo giorno di cessate il fuoco e termi-

nare entro 14 giorni. Il processo di trasferimento dei soldati dovrà essere soste-

nuto dal Gruppo di contatto e il monitoraggio spetterà all’OSCE;

3. la garanzia di un controllo effettivo da parte dell’OSCE sul cessate il fuoco, a

partire dal primo giorno;

4. l’avvio immediato di un dialogo nazionale sullo svolgimento delle elezioni locali

in conformità con la Legge ucraina e con la legge “sulla modalità temporanea

dell’amministrazione locale nelle repubbliche regionali di Donetsk e Lugansk”.

Entro 30 giorni dalla firma di tale documento bisognerà recepire le risoluzioni del

Consiglio Supremo del Territorio che includerà misure particolari in accordo alla

Legge “sulla modalità temporanea del governo locale, in particolare nelle repub-

bliche regionali di Donetsk e Lugansk”;

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5. la concessione di un’amnistia attraverso l’introduzione di una legge sul divieto

di perseguire le persone coinvolte negli eventi accaduti nelle repubbliche di Do-

netsk e di Lugansk;

6. la liberazione e lo scambio di tutti i prigionieri e delle persone detenute

illegalmente in base al principio di “Tutti per tutti”, entro cinque giorni dal cessate

il fuoco;

7. la garanzia dell’accesso, della consegna e della distribuzione degli aiuti umani-

tari sulla base dei meccanismi internazionali;

8. l’avvio di un processo di ricostruzione del tessuto sociale ed economico,

a partire dal pagamento dei servizi di welfare. L’Ucraina si impegnerà a ripristi-

nare la gestione del sistema bancario nelle regioni colpite dal conflitto, eventual-

mente con il supporto di finanziario di organi internazionali;

9. il recupero del pieno controllo territoriale da parte di Kiev entro il 2015;

10. il ritiro di tutte le milizie e le tecnologie militari straniere dal territorio

ucraino, sotto la supervisione dell’OSCE. Dovrà essere inoltre assicurato il di-

sarmo totale di tutti i combattenti illegali;

11. il varo di una riforma costituzionale entro la fine del 2015: dovrà essere in parti-

colare implementata una decentralizzazione che tenga conto delle caratteristi-

che specifiche delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, per le quali dovrà essere

inoltre introdotta una legge sullo status;

12. le questioni relative alle elezioni locali saranno discusse e concordate con i rap-

presentanti delle diverse regioni di Donetsk e di Lugansk nei contesti di un gruppo

di contatto trilaterale. Le elezioni si terranno nel rispetto degli standard OSCE e

sotto il suo monitoraggio;

13. il prosieguo delle attività del Gruppo di contatto trilaterale.

LINEE DI CONTROLLO A CONFRONTO - FONTE: BBC

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Minsk-2 include inoltre:

1) l’abolizione delle sanzioni e delle misure restrittive nei confronti delle persone

coinvolte negli eventi accaduti nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk;

2) il diritto all’autodeterminazione linguistica;

3) la partecipazione degli organi dell’amministrazione locale nelle procedure di no-

mina dei capi delle procure e dei tribunali nelle regioni particolari delle repub-

bliche di Donetsk e di Lugansk;

4) la possibilità per organi gli governativi centrali di stipulare accordi con gli or-

gani competenti di autonomia locale per lo sviluppo economico, sociale e cul-

turale delle particolari regioni delle repubbliche di Donetsk e di Lugansk;

5) l’assistenza dello Stato allo sviluppo socio-economico delle regioni di Do-

netsk e Lugansk;

6) l’assicurazione che le autorità centrali promuovano la collaborazione delle re-

pubbliche di Donetsk e Lugansk con le regioni russe;

7) l’istituzione di una milizia nazionale in accordo con la decisione dei governi locali

per garantire l’ordine nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk.

Contemporaneamente (12 febbraio) il Fondo Monetario Internazionale ha inol-

tre deciso l’estensione della durata degli aiuti concessi a Kiev, per fondi di

17,5 miliardi di euro spalmati in quattro anni, nel quadro di un pacchetto complessivo

di aiuti internazionali da 40 miliardi di dollari. Il Premier Arseny Yatsenyuk ha assicu-

rato che il governo rispetterà le condizioni poste dall’organizzazione per ottenere la

stabilizzazione economica e finanziaria del Paese.

Sebbene il cessate il fuoco sia dunque formalmente entrato in vigore alla mezzanotte

locale del 15 febbraio, sono continuati gli scontri, in particolare intorno a Donetsk,

Lugansk e alla città di Debaltseve, dove le forze di Kiev (il numero dei soldati è ancora

incerto), già impegnati nella smobilitazione in accordo all’intesa di Minsk, il 18 feb-

braio sono state infine costrette alla completa ritirata a seguito di una nuova offensiva

da parte dei separatisti. La presa di Debaltseve, duramente criticata dai Paesi

occidentali, rappresenta un’importante vittoria militare e politica per i sepa-

ratisti delle auto-proclamate Repubbliche di Donetsk e Luganks, i quali, secondo le

autorità centrali ucraine, starebbero pianificando un ulteriore attacco contro la città

di Mariupol.

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TASCA DI DEBALTSEVE - FONTE: BBC

Petro Poroshenko, di ritorno da un viaggio nell’est del Paese, ha chiesto al Consiglio

ucraino di Sicurezza Nazionale e della Difesa di approvare una proposta per il di-

spiegamento di una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite laddove non

fosse possibile una missione di polizia dell’Unione Europea. Il piano è stato tuttavia

bocciato sia dal capo negoziatore dei filo-russi, Denis Pushilin, sia dall’Ambasciatore

russo all’ONU, Vitaly Churkin, secondo i quali la cosa costituirebbe una violazione

degli accordi di Minsk in quanto gli unici ammessi al monitoraggio dell’implementa-

zione dell’intesa è l’OSCE.

Il 16 febbraio sono nel frattempo entrate in vigore le nuove sanzioni econo-

miche approvate dai Ministri degli Esteri dell’UE il 9 febbraio. Tre le 19 nuove

personalità colpite spiccano il vice Ministro della Difesa, Anatoly Antonov, il primo

vice Ministro della Difesa russo, Arkady Bakhin, e il vice Capo di Stato Maggiore delle

Forze Armate russe, Andrei Kartapolov. Le nuove entità colpite – in tutto 9 – sono

invece tutti gruppi armati separatisti accusati di minare l’integrità territoriale ucraina

(la Guardia Nazionale Cosacca; i battaglioni Sparta, Somalia, Zarya, Oplot, Kalmius,

Death; la Brigata Prizrak; il Movimento pubblico ‘Novorossiya’). Angela Merkel ha

aggiunto che la Commissione europea è stata invitata a predisporre ulteriori misure

qualora le condizioni le rendano necessarie e che l’UE «è aperta a tutte le possibilità

di risposta».

Alle misure europee hanno fatto eco il 17 febbraio quelle imposte dal Canada

a 37 nuovi individui ucraini e russi (tra cui Sergey Chemezov, Amministratore

Delegato della Rostec Corporation) e 17 entità. Nuove sanzioni sono anche al vaglio

degli Stati Uniti, il cui Segretario di Stato John Kerry, in un incontro a Londra con il

Ministro degli Esteri Philip Hammond (21 febbraio), ha nuovamente aperto alla pos-

sibilità dell’invio di armi pesanti a Kiev, un’opzione per ora completamente esclusa

dai partner britannici nonostante lo stesso Dicastero degli Esteri e quello della Difesa

abbiano riferito di nuove incursioni aeree nello spazio aereo britannico a largo delle

coste della Cornovaglia (si tratterebbe di due bombardieri Tupolev Tu-95 intercettati

e scortati da due caccia Typhoon della Royal Air Force).

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BREVI

DANIMARCA, 14 FEBBRAIO ↴

Un uomo ha aperto il fuoco contro il centro culturale

Krudttønden Cafè di Copenaghen, uccidendo un civile

e ferendo tre agenti di polizia, mentre si stava

svolgendo una conferenza dal titolo “Blasfemia e

libertà di parola” organizzata dal disegnatore svedese

Lars Vilks – ritenuto il target dell'azione –, già sotto

scorta per aver in passato pubblicato delle vignette su

Maometto sul quotidiano danese Jyllands-Posten. All'incontro era presente anche

l'Ambasciatore francese François Zimeray. Poche ore più tardi lo stesso attentatore

ha preso d'assalto la sinagoga ebraica di via Krystalgade, nel centro della capitale,

ferendo altri due poliziotti e uccidendo un altro uomo. Il presunto responsabile

dell'attacco, successivamente individuato e ucciso nel corso di una sparatoria con la

polizia nel quartiere di Norrebrø, sarebbe Omar Abdel Hamid al-Hussein, un 22enne

di origini giordane-palestinesi ma cresciuto in Danimarca e già noto alle forze di

sicurezza per possesso di armi e violenze (il 30 gennaio era infatti uscito dal carcere

dopo aver scontato una condanna per aver accoltellato un uomo su un treno nel

novembre 2013). Al-Hussein sembrerebbe aver agito da solo, sebbene altri due

giovani siano stati messi in stato di fermo con l'accusa di favoreggiamento e di aver

offerto all'uomo un luogo dove nascondersi. Nonostante le tipologie dell'attentato e

di obiettivo ricordino le stragi di Parigi dello scorso mese di gennaio, non

sembrerebbero per ora esserci collegamenti tra le due vicende e più in generale con

le cellule terroristiche europee, né al-Hussein sembrerebbe aver avuto in passato

esperienze di addestramento in Siria o in Iraq.

EGITTO, 9-10 FEBBRAIO ↴

Accolto con il massimo delle onorificenze e con i titoli

dei quotidiani locali che lo definivano «l’eroe dei nostri

tempi», l’attesa visita del Presidente russo Vladimir

Putin in Egitto – la prima dal 2005 – è stata molto

positiva e contrassegnata da un rafforzamento

dell’asse russo-egiziano. Negli incontri con il suo

omologo Abdel Fattah al-Sisi, con il Primo Ministro

Ibrahim Mahlab, con gli altri esponenti del governo e con i più importanti

rappresentanti dello Stato, Putin ha discusso di numerosi temi: rapporti bilaterali,

economia, crisi in Medio Oriente, con particolare riferimento alla Libia e alla minaccia

dello Stato Islamico in Siria e Iraq. Il bilaterale è stata anche l’occasione per firmare

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28 importanti accordi di cooperazione, soprattutto in materia di energia ed economia.

Si inseriscono in questo contesto la firma di un memorandum per la costruzione di

una centrale nucleare nell’ovest del Paese, nella regione di al-Dabaa, così come gli

accordi per il miglioramento della cooperazione in termini di investimenti per

l’esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale. Inoltre i due leader

hanno definito la costruzione di una zona economica esclusiva industriale russa lungo

il canale di Suez – già perarltro discussa in occasione della visita di al-Sisi lo scorso

agosto a Sochi –, l’attrazione di investimenti russi per diversi progetti commerciali

che potrebbero portare l’Egitto nell’orbita economica dell’Unione Euroasiatica e

l’introduzione del rublo come moneta per i pagamenti bilaterali in ambito

commerciale senza, dunque, la mediazione del dollaro, nonché un deciso

rafforzamento dell’interscambio commerciale bilaterale (cresciuto rispetto al 2013 di

oltre il 50%). La visita di Putin in Egitto ha confermato ancora una volta lo shift

politico del Cairo verso Mosca e più in generale verso una politica estera sempre

meno legata dall’asse di ferro pre-Primavere Arabe con Washington.

GRECIA, 20 FEBBRAIO ↴

Dopo un duro confronto all’interno dell’Eurogruppo

circa l’estensione del programma di salvataggio della

Grecia che scadeva il prossimo 28 febbraio, i Ministri

delle Finanze dell’UE e il governo greco – rappresentato

dal Premier Alexis Tsipras e dal Ministro Yanis

Varoufakis – hanno infine raggiunto un accordo per un

allungamento di quattro di mesi del piano di aiuti (non sei come inizialmente richiesto

dai greci) senza alcuna nuova misura di austerità, come annunciato dallo stesso

Varoufakis. Il compromesso prevede la presentazione di un programma di riforme da

parte del governo Tsipras entro lunedì 23 febbraio – che sarà successivamente

valutato dalle Istituzioni (queste non saranno più denominate “troika”), il

completamento delle misure contenute nel Master Financial Assistance Facility

Agreement (MFFA) così come contratte dal precedente governo Samaras e il rispetto

degli obblighi finanziari nei confronti dei creditori europei. Il tandem

Tsipras/Varoufakis non è riuscito per ora a vincere il nodo dei fondi destinati agli

Istituti bancari (European System of Financial Supervisors - ESFS): questi

continueranno ad essere destinati per ricapitalizzazioni o costi di risoluzione e non

anche per generali scopi di finanziamento. Anche per quanto riguarda il punto più

critico della trattativa, ossia l’avanzo primario di bilancio – che la Grecia aveva chiesto

di poter contenere entro l’1,5% contro il 3% per quest’anno e il 4,5% nel 2016

richiesto dall’Eurogruppo –, tutto è rimasto invariato, ma Atene ha ottenuto la prima

significativa apertura in termini di flessibilità: lo stesso Presidente dei Ministri

dell’area Euro, Jeroen Dijsselbloem, ha confermato che l’UE terrà conto della

situazione congiunturale greca.

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ITALIA, 10 FEBBRAIO ↴

Ad oltre un mese di distanza dagli attentati di Parigi, il

Consiglio dei Ministri italiano ha definitivamente varato

la nuova normativa in materia di contrasto ai fenomeni

terroristici, in particolare quelli di matrice islamica. Tra

le norme del nuovo pacchetto sicurezza assumono una

particolare rilevanza le misure riguardanti la lotta ai

combattenti stranieri (i c.d. foreign fighters), l’incremento dei poteri a disposizione

dei prefetti (tra i quali quelli di espulsione) e dei servizi segreti, maggiori controlli su

siti web che inneggiano al fanatismo religioso, un impegno massiccio dei militari già

impegnati nell’“operazione Strade sicure” (che saliranno a 4.850) e, infine, la

creazione di ufficio che curerà le inchieste di terrorismo in coordinamento con la

Direzione Nazionale Antimafia. Il Ministro degli Interni Angelino Alfano ha sottolineato

soprattutto l’importanza delle norme del decreto legge riguardanti i foreign fighters.

La nuova norma infatti colpisce chi va a combattere all’estero, punendo da 3 a 6 anni

di reclusione chi si arruola nelle organizzazioni terroristiche; sempre da 3 a 6 anni chi

supporta i combattenti, organizzando, finanziando e facendo propaganda; da 5 a 10

anni «per i lupi solitari, chi si autoaddestra all’uso delle armi, con aggravanti per chi

lo fa via web». Il decreto inoltre rafforza il ruolo dell’intelligence nostrana, favorendo

le operazioni sotto copertura ed allargando le garanzie funzionali per gli infiltrati.

Infine, come affermato anche dalla titolare della Difesa, il Ministro Roberta Pinotti,

nel decreto esiste la proroga alle missioni internazionali, compresa quella contro lo

Stato Islamico che vede l’Italia schierare circa 550 unità (soprattutto addestratori e

consiglieri militari) tra Iraq e Kuwait. Sebbene le norme sembrino indirizzarsi

soprattutto verso uno scenario di contrasto e repressione dei fenomeni terroristici, il

nuovo d.l. non pare ancora provvisto degli strumenti normativi capaci di fare

prevenzione e deradicalizzazione.

NIGERIA, 16-21 FEBBRAIO ↴

Dopo il vertice degli Stati del bacino del Lago Ciad,

svoltosi a Niamey, e quello dell’Unione Africana,

tenutosi ad Addis Abeba, anche i Paesi appartenenti

alla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Centrale

(CEEAC/ECCAS) hanno tenuto un vertice straordinario,

lunedì 16 febbraio, per delineare una strategia comune

contro la minaccia alla sicurezza, rappresentata dai miliziani islamisti di Boko Haram.

Gli Stati della CEEAC/ECCAS, a cui non appartiene la Nigeria, hanno dato il loro

appoggio alla costituzione di una forza militare regionale di 8.700 uomini, con un

mandato chiaro e delle regole di ingaggio ben definite. Proprio durante lo svolgimento

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del Vertice, nella regione camerunense di Waza, al confine con la Nigeria, cinque

soldati del Camerun sono morti a seguito di scontri con Boko Haram, mentre

sarebbero 86 i miliziani uccisi. A qualche chilometro di distanza, circa mille

combattenti e persone probabilmente legate alla setta islamica sono state catturate

e rinchiuse nella prigione di Maroua. Alcuni giorni prima militanti di Boko Haram, a

bordo di alcune canoe, avevano attaccato il villaggio di Ngouboua, situato sulla riva

del Lago Ciad, provocando la morte di 10 persone, prima di essere respinte dalle

truppe ciadiane giunte in soccorso. Ciad, Camerun e Niger sono i Paesi che hanno

deciso di fornire il loro appoggio militare alla Nigeria e da allora sono stati oggetto di

attacchi da parte del movimento guidato da Abubakar Shekau. Il 17 febbraio, un

aereo da guerra, identificato come appartenente all’aviazione nigeriana, ha colpito il

villaggio nigerino di Abadam, causando la morte di 37 civili. Aldilà dell’errore,

l’episodio ha messo in luce la difficoltà di utilizzo dell’aviazione contro i miliziani di

Boko Haram, bravi a nascondersi tra la popolazione civile e ad utilizzarla come scudo

umano. Nelle ultime ore un portavoce del Ministero della Difesa ha dichiarato che

l’esercito nigeriano ha riconquistato la città di Baga, località strategica situata sul

Lago Ciad, conquistata da Boko Haram lo scorso 3 gennaio al termine di uno dei

maggiori eccidi compiuti dalla setta islamista.

SIRIA/IRAQ, 12-16 FEBBRAIO ↴

Nella settimana in cui l’Inviato Speciale delle Nazioni

Unite e della Lega Araba Staffan de Mistura si è recato

a Damasco per discutere con il Presidente Bashar al-

Assad la possibilità di definire una tregua delle violenze

tra esercito regolare e insorti nella città di Aleppo, le

forze curde del Syria's People's Protection Units (YPG)

hanno preso possesso del territorio di Ayn al-Arab, nei

pressi di Kobane, cacciando nuovamente indietro l’offensiva dello Stato Islamico

verso la città martire lungo il confine turco-siriano. Nel frattempo le forze ribelli

rimaste sotto il cappello del Free Syrian Army e quelle dell’YPG stanno combattendo

i miliziani dell’IS a Manbij, al-Bab e Ariha, villaggi strategici lungo la direttirce

orientale-occidentale di Aleppo. Secondo fonti non confermate l’IS avrebbe

abbandonato questi villaggi dando così adito a voci di un “ritiro tattico”, forse per

concentrare e consolidare le proprie forze in nuove offensive più rilevanti dal punto

di vista strategico come quelle ancora in corso a Kirkuk e nella regione di al-Anbar.

Sempre sul fronte siriano, nella regione nord-orientale di Dara’a, le forze lealiste,

insieme al supporto più o meno dichiarato dei Pasdaran iraniani e dei miliziani libanesi

di Hezbollah, avrebbero lanciato una serrata controffensiva militare all’IS nella città

di Nawa. Il coinvolgimento iraniano nella guerra all’IS ha conosciuto un nuovo

importante ruolo – frutto anche dei recenti colloqui tra il governo locale di Kirkuk,

l'Organizzazione Badr, e il governo iracheno – nel contenimento della minaccia

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jihadista del Califfato in Iraq. Dopo aver respinto gli attacchi di IS su Kirkuk, Erbil e

nella zona di Hawija, le forze regolari, i peshmerga curdi e le milizie – irachene e

iraniane – anti-IS starebbero collaborando insieme nonostante i diversi interessi in

gioco che minano puntualmente l’unità del fronte iracheno per respingere l’avanzata

delle truppe del Califfo non solo sul piano militare ma anche su quello politico interno.

Le uccisioni da parte di sconosciuti – anche se i sospetti ricadrebbero sulle milizie

irachene sciite – di importanti personalità politiche sunnite come gli Sceicchi Swedan

e al-Janabi, avvenute nei giorni tra il 14 e il 16 febbraio scorsi, hanno provocato la

sospensione delle attività parlamentari delle liste sunnite in Parlamento in protesta

contro l’autorità sempre più indebolita del Premier Haider al-Abadi, reo di essere

incapace di porre un freno alle violenze settarie delle milizie sciite nel Paese.

SITUAZIONE SUL CAMPO AL 17 FEBBRAIO 2015 - FONTE: BBC

Nel frattempo le milizie dello Stato Islamico hanno ricominciato ad attaccare le

province di al-Anbar, Salah ad-Din e Ninive dove tra il 12 e 13 febbraio hanno lanciato

attacchi multipli contro le postazioni delle forze regolari dell’esercito iracheno. In

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particolare nella provincia di al-Anbar, le milizie islamiste hanno lanciato un duro

attacco contro la base area irachena di Ayn al-Asad, nel distretto di al-Baghdadi, 200

chilometri a ovest di Baghdad, dove 320 marines statunitensi stanno addestrando i

soldati della Settima divisione irachena. Mentre il Dipartimento di Stato USA ha

tenuto a precisare che gli attacchi contro la base sono stati respinti con successo, il

governo iracheno ha affermato che il 90% del distretto di al-Baghdadi è caduto sotto

il controllo dell’IS e che negli stessi giorni dell’offensiva contro la base aerea irachena,

i jihadisti dello Stato Islamico hanno arso vive 45 persone ad al-Baghdadi.

YEMEN, 15-21 FEBBRAIO ↴

In seguito a quello che da più parti è stato definito un

colpo di Stato del gruppo sciita Houti a fine gennaio,

non si arresta l’esclation di violenze in Yemen. Il 16

febbraio ad Aden, nel sud del Paese, si sono verificati

duri scontri nei quali almeno tre persone hanno perso

la vita. La battaglia è scoppiata in seguito alla

formazione da parte dei governatori delle regioni meridionali di Aden, Lahij e Mahra,

di un gruppo di opposizione al colpo di Stato degli Houthi e a sostegno del Presidente

dimissionario Abd Rabbuh Mansur Hadi. Al termine dei combattimenti la coalizione

lealista ha affermato di detenere la posizione strategica di un quartier-generale

dell’intelligence, una stazione televisiva e altri edifici di rilevante importanza

economica. Nella stessa giornata è stata resa nota la Risoluzione delle Nazioni Unite

adottata all’unanimità in seno al Consiglio di Sicurezza il 15 febbraio. Nel documento

si intima ai ribelli Houthi di ritirarsi «immediatamente e incondizionatamente» dalle

posizioni governative della capitale Sana’a, data la situazione di crisi che è scaturita

in seguito all’occupazione de facto del settembre scorso e che sta conducendo il Paese

vicino al collasso; dalle Nazioni Unite viene richiesto inoltre di rilasciare dagli arresti

domiciliari il Presidente Hadi, il Primo Ministro Khaled Bahah e altri esponenti del

governo legittimo. Non vengono espressamente mezionate sanzioni di tipo coercitivo,

come richiesto dagli Stati vicini, ma viene indicata l’intenzione di andare oltre nel

procedimento qualora gli Houthi non dovessero assolvere a tali richieste. In tale

situazione di diminuite garanzie di sicurezza, tutte le Ambasciate straniere presenti

in Yemen hanno deciso di bloccare temporaneamente le proprie attività, evacuando

il personale dallo Stato del Golfo. L’ultima rappresentanza diplomatica a chiudere è

stata quella turca, il 16 febbraio, preceduta dal Giappone il giorno prima e altre nel

corso della precedente settimana quali Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti,

Italia, Germania e Corea del Sud. Mentre ad Ibb nel corso di ulteriori proteste anti-

Houthi un manifestante ha perso la vita, il 21 febbraio il Presidente Hadi è riuscito ad

allontanarsi dalla propria abitazione per raggiungere Aden dove ha tenuto nel

pomeriggio dei colloqui con i leader politici del sud per far fronte alla situazione. Hadi

ha inoltre inviato un comunicato ad al-Jazeera, firmato «il Presidente della

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Repubblica», in cui denucia l’avvenuto golpe da parte degli Houthi e il non

riconoscimento della loro autorità, chiedendo infine alla comunità internazionale di

proteggere il processo di transizione politica in Yemen.

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ALTRE DAL MONDO

AFGHANISTAN, 21 FEBBRAIO ↴

Il nuovo Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Ashton Carter, ha effettuato una visita

a sorpresa a Kabul. Stati Uniti ed Afghanistan, ha detto, dovrebbero iniziare «seri

colloqui per la revisione del ritiro delle truppe» USA dal Paese, magari spostando il

termine ultimo del ritiro completo. Il Presidente afghano, Ashraf Ghani, ha affermato

che «ora siamo sulla strada giusta per raggiungere la pace, ma non possiamo dare

dettagli ulteriori».

ARGENTINA, 19 FEBBRAIO ↴

Oltre 400mila persone hanno sfilato per le strade di Buenos Aires in una manifesta-

zione di sostegno alla magistratura e contro le autorità nazionali ritenute responsabili

della morte del Pubblico Ministero Alberto Nisman, trovato senza vita nel suo appar-

tamento nella capitale in circostanze misteriose. Solo pochi giorni prima, il 13 feb-

braio, il Procuratore Federale Gerardo Pollicita aveva chiesto formalmente di aprire

un’indagine contro la Presidente Cristina Fernandez de Kirchner, il Ministro degli

Esteri Héctor Timerman, il deputato “oficialista” Andrés Larroque, il leader sindacale

Luis D'Eñía e il dirigente della coalizione di sinistra Quebracho, Fernando Esteche,

tutti accusati di aver occultato le prove di un coinvolgimento iraniano nell’attentato

alla mutua ebraica AMIA di Buenos Aires del 1994.

INDIA, 7-10 FEBBRAIO ↴

Le operazioni di spoglio nelle elezioni locali dello stato di Delhi hanno confermato,

come da previsioni della vigilia, la storica ed ampia vittoria all’Aam Adami Party

(AAP), il partito anti-corruzione, che ha ottenuto 67 dei 70 seggi totali dell’Assemblea.

Il Bharatiya Janata Party, il partito del Premier Narendra Modi, ha ottenuto i rimanenti

3 seggi, mentre l’Indian National Congress rimarrà fuori dall’Assemblea locale.

IRAN, 20 FEBBRAIO ↴

Sono ripresi a Ginevra i colloqui sul dossier nucleare iraniano tra Teheran e il P5+1.

Per ora, ha detto il vice Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araqchi, il clima è stato

«serio e positivo, anche se questo non significa che ci siano stati sviluppi meravi-

gliosi». Sul tavolo delle trattative sono due le questioni spinose: il numero delle cen-

trifughe che Teheran potrà avere e il sollevamento delle sanzioni economiche.

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MALI, 19 FEBBRAIO ↴

Il governo maliano, nel quadro dei colloqui di pace sponsorizzati dall’ONU, ha trovato

un accordo con sei gruppi ribelli per la cessazione immediata delle ostilità nel nord

del Paese. Il cessate il fuoco del 19 febbraio è stato firmato in presenza di Ramtane

Lamamra, Ministro degli Esteri algerino, e Mongi Hamdi, il Capo della missione di

pace dell’ONU in Mali (MINUSMA), nel corso del quinto round di colloqui, iniziati ad

Algeri il 16 febbraio. Lamamra ha detto che l’accordo, che esclude i gruppi collegati

ad AQIM, mira a «creare un clima e uno stato d’animo sul terreno che aiuteranno a

raggiungere un accordo globale di pace».

MYANMAR, 13 FEBBRAIO ↴

È di 47 soldati uccisi e 73 feriti il bilancio di quattro giorni di combattimenti in Myan-

mar tra esercito e ribelli di etnia cinese Kokang. Teatro degli scontri è lo Stato set-

tentrionale di Shan, vicino alla frontiera con la Cina – temporaneamente chiusa per

motivi di sicurezza nazionale –, dove da tempo la minoranza cinese è attiva contro il

governo centrale birmano. Il Myanmar, composto da 135 etnie, vive una stagione di

violenze legate soprattutto alla difficoltà di convivenza pacifica tra la maggioranza

birmana e le diverse minoranze sparse in tutto il territorio, come testimoniato anche

dalle tensioni con i Karen e i Rohingya.

MOLDAVIA, 18 FEBBRAIO ↴

Con 60 voti favorevoli su 101, il Parlamento moldavo ha concesso la fiducia al nuovo

governo filo-europeista guidato dal giovane imprenditore e leader del Partito liberale

democratico di Moldova (PLDM), Chiril Gaburici. La nomina, avvenuta grazie all’ap-

poggio esterno fornito dal Partito Comunista di Vladimir Voronin – di per sé non com-

pletamente a sfavore del processo di integrazione europea –, è giunta all’indomani

della bocciatura di un governo guidato nuovamente dall’uscente Iurie Leancă e ha

sbloccato un’impasse politico-istituzionale che durava dalle elezioni legislative dello

scorso 30 novembre.

PAKISTAN, 13 FEBBRAIO ↴

Un attentato è avvenuto in una moschea sciita di Peshawar, la città principale nel

nord ovest del Pakistan. Il commando di tre terroristi, che ha causato 19 morti e più

di 40 feriti, ha agito con pistole e granate; nell’attacco uno dei tre si è fatto inoltre

esplodere mentre un altro è stato arrestato. A reclamare l’attentato sono stati i tale-

bani pachistani del movimento Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP), i quali hanno confer-

mato che ad organizzare l’attacco sono stati gli stessi responsabili del massacro alla

scuola militare di Rawalpindi avvenuto nel dicembre scorso e che il motivo alla base

dell’attacco è stata una ritorsione in seguito all’esecuzione capitale per impiccagione,

il 19 dicembre, di un militante del gruppo, conosciuto col nome di Dr. Usman.

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REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, 14 FEBBRAIO ↴

Il Presidente Joseph Kabila ha annunciato di voler rinunciare all’aiuto della MONUSCO,

la missione dell’ONU nel RD Congo, nella lotta contro i ribelli delle Forces Democrati-

ques de Liberation du Rwanda (FDLR) operanti nell’est del Paese. La decisione, già

comunicata al Capo missione della MONUSCO Martin Kobler, è stata presa dopo la

richiesta dell’ONU di sostituire due Generali dell’armata congolese, accusati di viola-

zioni dei diritti umani e ritenuta da Kinshasa un’eccessiva ingerenza negli affari interni

del Paese.

SOMALIA, 20 FEBBRAIO ↴

Un attentato contro il Central Hotel di Mogadiscio rivendicato del gruppo islamista al-

Shabaab ha provocato la morte di 25 persone e il ferimento di almeno una quarantina

di civili. Tra le 25 vittime riunite per il venerdì di preghiera anche esponenti politici,

come il vice Sindaco della capitale somala.

UNGHERIA, 17 FEBBRAIO ↴

Nel corso di un incontro ufficiale a Budapest, Vladimir Putin e il Premier ungherese

Viktor Orban hanno siglato un importante accordo di durata quinquennale per una

proroga del contratto attuale per la fornitura di gas. Il Presidente russo ha inoltre

rinnovato l’intento di finanziare la ristrutturazione della centrale nucleare di Paks,

annunciando un progetto congiunto per la realizzazione di un gasdotto alternativo a

South Stream. Il Vertice – il primo bilaterale in Paese dell’UE dopo l’estate del 2014

– ha un alto valore politico ed evidenzia, nonostante l’approvazione delle sanzioni,

l’assertività della politica estera ed economica di Orban rispetto alla linea adottata

dall’UE nei confronti di Mosca.

VENEZUELA, 19 FEBBRAIO ↴

È stato arrestato con un’operazione speciale degli uomini del servizio di intelligence

venezuelano (SEBIN) il sindaco di Caracas Antonio Ledezma, tra i più attivi e influenti

leader anti-chavisti, con l’accusa di ordire un colpo di Stato contro il regime. L’arresto

di Ledezma apre un nuovo giro di vite del Presidente Maduro contro i golpisti accusati

di voler sovvertire «la pace nel Paese, la sicurezza e la Costituzione».

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ANALISI E COMMENTI

LIBIA, QUALE SOLUZIONE ALLA CRISI? INTERVISTA AL GEN. CARLO JEAN

ALESSANDRO TINTI E GIUSEPPE DENTICE ↴

Con la bocciatura dell’intervento militare da parte del Consiglio di Sicurezza straordi-

nario delle Nazioni Unite, sembra essere tornata a prevalere la linea della prudenza

nella gestione della crisi in Libia. Il futuro chiarimento dei margini di una qualsiasi

iniziativa internazionale – sia essa di monitoraggio e di peacekeeping, di addestra-

mento delle forze regolari e di sostegno alla riabilitazione economica, per le quali

l’Italia si è inoltre candidata a giocare un ruolo di primo piano – dipenderà evidente-

mente da un’esatta valutazione del contesto libico e dei fattori di rischio ad esso

collegati. Del complesso scenario libico e delle sue implicazioni ne abbiamo parlato

con il Gen. Carlo Jean (…) SEGUE >>>

DATA CENTER, DOMINIO DEL CYBERSPAZIO E DECLINO DELLO STATO-NAZIONE

SIMONE VETTORE ↴

ANALISI DISPONIBILE ANCHE COME RESEARCH PAPER: SCARICA

La tesi, non nuova, è stata di recente rilanciata dal Financial Times in un articolo dal

titolo eloquente, The new country of Facebook: a detta dell’autrice, i social network,

anche se a questo punto la definizione risulta riduttiva, dall’alto dei loro milioni di

utenti e della profonda conoscenza che essi hanno di questi ultimi (ben superiore

rispetto a quella che gli Stati hanno dei propri cittadini), insidiano sempre più il pri-

mato dello Stato-nazione e, in un futuro che potrebbe essere più prossimo di quanto

si possa credere, potrebbero finire per erogare una serie di servizi che, tradizional-

mente, sono sempre stati suo appannaggio. Precisato che il verificarsi di tale scenario

appare effettivamente verosimile così come condivisibili paiono essere i timori solle-

vati in ordine ai diritti, o meglio ai “non diritti”, dei cittadini virtuali di Facebook, va

però rilevato come l’articolo non vada sufficientemente al cuore della questione, ov-

vero non spieghi le cause profonde di questo passaggio di “sovranità” ma si limiti

piuttosto a descriverne le (probabili) conseguenze (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

www.bloglobal.net