BloGlobal Weekly N°26/2014

22
www.bloglobal.net N°26, 23-29 NOVEMBRE 2014 ISSN: 2284-1024

description

Rassegna settimanale di BloGlobal-Osservatorio di Politica Internazionale (23-29 novembre 2014)

Transcript of BloGlobal Weekly N°26/2014

Page 1: BloGlobal Weekly N°26/2014

www.bloglobal.net

N°26, 23-29 NOVEMBRE 2014

ISSN: 2284-1024

I

Page 2: BloGlobal Weekly N°26/2014

BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo

Milano, 30 novembre 2014 ISSN: 2284-1024 A cura di: Eleonora Bacchi Davide Borsani Giuseppe Dentice Maria Serra Alessandro Tinti

Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net

Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:

Weekly Report N°26/2014 (23-29 novembre 2014), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2014, www.bloglobal.net

Photo credits: Reuters; AFP/Getty Images; Reuters; AP; AAP; Pablo Tosco/AFP/Getty Images; DPA; Getty Images; The Guardian; DYVYS; Commissione europea;

Page 3: BloGlobal Weekly N°26/2014

1

FOCUS

EGITTO↴

Quella appena passata è stata per l’Egitto una settimana molto intensa sia sotto il

profilo diplomatico, sia per quanto riguarda la politica interna e di sicurezza.

Dal 24 al 27, il Presidente al-Sisi è stato impegnato in un importante viaggio

di lavoro tra Italia e Francia – la sua prima visita in Europa da Capo di Stato –,

nel quale ha incontrato le massime autorità dei due Paesi mediterranei. Nella tappa

italiana, il Presidente egiziano ha preso parte all’Italian-Egyptian Business Coun-

cil – un foro di dialogo economico volto a promuovere gli investimenti nei due Paesi

–, durante il quale ha avuto due importanti bilaterali con il Presidente del Consiglio

Matteo Renzi e il Presidente della Repubblica Napolitano, con i quali sono stati affron-

tati i temi sensibili alle due parti come la minaccia terroristica e la questione libica.

Nello spiegare alla stampa la rilevanza strategica che gioca l'Egitto per l’Italia «nelle

questioni geopolitiche del Mediterraneo», Renzi ha colto l'occasione per manifestare

la propria solidarietà al popolo egiziano «colpito nelle ultime settimane da gravi at-

tentati». L'Italia, ha proseguito Renzi, porterà avanti al fianco dell’alleato egiziano

una «lotta senza quartiere al terrorismo, lotta che va rafforzata […] attraverso

una maggiore cooperazione Europa-Egitto […] senza cedimento né arrendevolezza

[…] facendo di tutto per combattere il terrorismo e favorire la stabilità dell'area». A

margine degli incontri ufficiali, al-Sisi ha incontrato anche Papa Francesco, con

il quale ha affrontato i temi del rispetto delle minoranze, in particolare quelle cristiane

– i copti in Egitto rappresentano all’incirca il 10% della popolazione totale – e le

principali questioni internazionali di comune interesse, «con particolare riferimento al

Page 4: BloGlobal Weekly N°26/2014

2

ruolo dell'Egitto nella promozione della pace e della stabilità nel Medio Oriente e nel

Nord Africa».

Al termine dei colloqui ufficiali, al-Sisi ha incontrato la folta comunità di imprenditori

italiani interessati ad investire nel Paese. L’Italia è il terzo partner commerciale del

Paese dopo USA e Cina e il secondo europeo dopo la Germania. Nella due giorni a

Roma, l'Agenzia per la promozione delle Imprese Italiane all’Estero (ICE) e l'Egyptian

Commercial Service (ECS) hanno firmato un memorandum d’intesa su 14 pro-

getti di investimento nel Paese da 100 miliardi di euro, alcuni di quali di grande

rilevanza strategica, come l’ampliamento dei lavori del Canale di Suez, lo sviluppo

dell’area industriale e mineraria tra i porti sul Mar Rosso e la Valle del Nilo, la costru-

zione di linee ferroviarie ad alta velocità tra Alessandria, Il Cairo e Assuan e alcuni

importanti investimenti nell'energia solare.

Il 26 e il 27 novembre, al-Sisi è dunque volato in Francia dove a Parigi ha incon-

trato il Presidente François Hollande e i Ministri di Esteri e Difesa, Laurent Fabius e

Jean Yves Le Drian. Negli incontri ufficiali le parti oltre ad auspicare un maggior coin-

volgimento economico e una crescita dell’interscambio commerciale, hanno discusso

anche circa la possibilità di una vendita di armamenti francesi all’antiquato ar-

senale egiziano. Sono in discussione infatti alcuni contratti di fornitura da un miliardo

di euro per quattro navi corvetta Gowind alla marina militare e il rinnovo dello stock

di jet Mirage 2000 all’aviazione.

Intanto dopo settimane di attesa, sono giunti al Cairo gli otto elicotteri Apache

promessi all’esecutivo egiziano dall’amministrazione Obama due anni or sono

ma bloccati nell’ottobre del 2013 da Washington a causa della repressione nei con-

fronti della Fratellanza Musulmana.

Sul piano interno, la situazione rimane pressoché incandescente a causa di alcune

decisioni del governo e della magistratura che hanno riportato in piazza i giovani e,

più in generale, gli Egiziani scontenti dell’attuale corso politico nazionale. Alla base di

ciò vi è da un lato un disegno di legge che propone in senso restrittivo una riforma

delle misure in materia di anti-terrorismo per la lotta ai gruppi dissidenti dichia-

rando “terroristi” tutti coloro che potrebbero porre in pericolo l’ordine pubblico e la

sicurezza nazionale, e, dall’altro, la proposta parlamentare di abolizione del par-

tito salafita egiziano al-Nour in quanto ritenuto un partito religioso. Una norma,

questa, che dal punto di vista del governo sarebbe coerente con quanto fatto nell’ago-

sto scorso nei confronti della messa al bando di Giustizia e Libertà, il braccio politico

dei Fratelli Musulmani.

Tutte queste situazioni hanno spinto salafiti e islamisti vicini all’Ikhwan a scendere in

piazza in diversi centri del Paese nel venerdì della collera (28 novembre) contro il

Presidente al-Sisi e il governo Mahlab, rei di aver destituito il Presidente legittimo

Mohammed Mursi e di voler svilire i valori sociali e culturali dell’Islam. Sebbene con-

trassegnate da 3 morti (tra cui un ufficiale dell’esercito ad Alessandria), una ventina

di feriti e all’incirca un’ottantina di arresti, le proteste non hanno raggiunto il

Page 5: BloGlobal Weekly N°26/2014

3

consenso sperato dagli organizzatori anche per le defezioni di alcuni dei più im-

portanti leader islamisti come Abdel Moneim Aboul Fotouh, che ritenevano le marce

una strumentalizzazione politica in favore del governo.

Nel frattempo, una Corte d’assise del Cairo ha prosciolto il 29 novembre l’ex rais

Hosni Mubarak da tutte le accuse pendenti a suoi carico per fatti risalenti

alla rivoluzione del 2011. Le principali accuse riguardavano uno scandalo di cor-

ruzione e tangenti nelle quali erano coinvolti anche i figli di Mubarak, Gamal e Ala’a,

e, soprattutto, quello relativo all’accusa di concorso in omicidio per le 239 morti dei

manifestanti del gennaio-febbraio 2011, ossia prima della sua destituzione ufficiale

giunta il 25 febbraio. Insieme all’anziano rais erano imputati anche l'ex Ministro degli

Interni Habib al-Adly e sei ex responsabili dei servizi di sicurezza nazionali. Secondo

il procuratore generale del Cairo le accuse contro Mubarak decadono a causa dell’in-

fondatezza dei capi di imputazione. Secondo il magistrato era tecnicamente

inammissibile accusare Mubarak di essere il mandante delle repressioni e pertanto

non doveva neanche essere processato. A giugno 2012, Mubarak era stato condan-

nato all'ergastolo ma la sentenza era stata invalidata per ragioni formali e, quindi,

l'intero processo fu ricominciato.

Immediate si sono levate le proteste dei giovani contro il verdetto di assoluzione per

Mubarak. Per tutta la notte si sono tenute al Cairo e nelle principali città del Paese

manifestazioni di protesta contro la decisione della magistratura egiziana che hanno

provocato la morte di un manifestante e l’arresto di una settantina di persone da

parte delle forze di polizia.

Page 6: BloGlobal Weekly N°26/2014

4

STATI UNITI ↴

Il grand giurì americano, composto da nove giudici bianchi e tre afro-americani, ha

deciso di non incriminare Darren Wilson, il poliziotto bianco che nell’agosto scorso

nella piccola cittadina di Ferguson ha sparato ed ucciso Michael Brown, un ragazzo di

colore di diciotto anni e disarmato. Poco dopo l’annuncio sono ricominciate le proteste

da parte dei manifestanti, che avevano già colpito il Missouri nelle scorse settimane.

Le manifestazioni si sono poi estese a centosettanta città americane, come

Seattle, Los Angeles, Philadelphia, Denver e Atlanta. A Ferguson è intervenuta la

Guardia Nazionale per fermare saccheggi, incendi ed atti di vandalismo che, nei due

giorni successivi alla sentenza, hanno flagellato la cittadina. Dalla Casa Bianca, il

Presidente Obama ha rivolto un appello ai compatrioti: «Bruciare edifici, incendiare

auto, distruggere proprietà, mettere le persone in pericolo. Tutto ciò è distruttivo.

Non ci sono scuse», ha affermato Obama. «Le persone dovrebbero essere punite se

hanno compiuto [questi] atti criminali». Ha continuato: «Il mio messaggio va a quelle

persone che guardano al futuro in modo costruttivo, cercano di organizzarsi e fare

domande su come migliorare la situazione: voglio che sappiano che il loro Presidente

ha intenzione di lavorare con loro». «La conclusione», ha dichiarato, «è che niente di

significativo emerge da atti distruttivi. Non ho mai visto una legge sui diritti civili e

una sull'immigrazione e la sanità nascere da auto incendiate». Alla fine ha comunque

osservato che «in qualunque parte dell'America una comunità non si sente benvenuta

o trattata giustamente, ciò mette tutti noi a rischio. E noi tutti dobbiamo esserne

preoccupati».

Nel frattempo Wilson ha annunciato di aver lasciato la polizia visto che, come ha

dichiarato il suo avvocato, «il primo giorno che ritornerà in servizio in strada qualcosa

Page 7: BloGlobal Weekly N°26/2014

5

di terribile potrebbe succedere a lui o a qualcuno che lavora con lui. L'ultima cosa che

vuole è mettere la vita di altri agenti in pericolo».

Intanto a Washington il Segretario alla Difesa, il repubblicano Chuck Hagel, ha

rassegnato le proprie dimissioni da capo del Pentagono dopo due anni dall’as-

sunzione dell’incarico. Nella conferenza stampa, Obama ha detto che era «arrivato il

tempo perché Hagel lasci la guida del Pentagono: non è stato un Ministro della Difesa

comune, ma anzi uno esemplare». Il Segretario di Stato, John Kerry, ha affermato di

essere «molto triste dopo aver sentito che Chuck ha deciso di rassegnare le sue di-

missioni». Più che di dimissioni di Hagel, comunque, secondo quanto lasciato trape-

lare da fonti statunitensi, si è trattato di un licenziamento da parte di Obama.

Secondo il New York Times, «nei prossimi due anni sarà necessario un altro tipo di

focus» per la politica di sicurezza americana. Il Wall Street Journal ha svelato i

contenuti di due lettere private inviate da Hagel al Presidente in cui il Segretario

aveva chiesto un maggior vigore nell’interfacciarsi con le azioni della Russia in Ucraina

per rassicurare gli alleati europei della NATO e una maggiore chiarezza da parte

dell’amministrazione nella strategia in Siria per combattere l’avanzata dell’IS. È dun-

que partito il toto-nomination per chi succederà ad Hagel. In cima alla lista, fino a

due giorni fa, pareva esserci Michele Flournoy, una donna già sottosegretario alla

Difesa e funzionario del Pentagono ai tempi dell'amministrazione Clinton.

In realtà, lei stessa ha dichiarato che non è sua intenzione ricoprire quell’incarico:

«L'altra sera ho parlato con il Presidente Obama e ho chiesto di rimuovermi dalla lista

a causa di problemi famigliari». Un altro nome forte pareva essere quello di Jack

Reed, senatore democratico del Rhode Island, ma anche il suo sembra essersi parec-

chio indebolito. Resta in corsa come favorito Ashton Carter, ex vice Segretario

della Difesa tra l’ottobre 2011 e il dicembre 2013.

Page 8: BloGlobal Weekly N°26/2014

6

UNIONE EUROPEA ↴

Nel corso della Plenaria del Parlamento Europeo dello scorso 26 novembre a Stra-

sburgo, il Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha lanciato l'ambi-

zioso piano di investimenti da 315 miliardi per il periodo 2015-2017 volto a

stimolare la ripresa economica dell'UE insieme con il completamento del processo di

riforme e con la disciplina di bilancio. Entro giugno 2015 verrà dunque

creato nuovo Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS) con un ca-

pitale iniziale di 21 miliardi di euro, 16 dei quali già inseriti nel budget UE (provenienti

da Connecting Europefacility e Horizon 2020) e 5 messi a disposizione dalla Banca Eu-

ropea per gli Investimenti (BEI). I 16 miliardi garantiti dall'UE dovranno essere in

grado di generare investimenti di lungo termine per almeno 240 miliardi di euro at-

traverso un effetto moltiplicatore con un rapporto di 1:15 (cioè ogni euro investito

sarà capace di produrre 15 euro di investimenti privati); mentre i 5 miliardi prove-

nienti dalla BEI dovrebbero essere capaci di generare nell'economia reale almeno 75

miliardi di euro per piccole e medie imprese e imprese a media capitalizzazione. A ciò

potrebbero aggiungersi investimenti aggiuntivi tra i 25 e i 30 miliardi di euro grazie

ai fondi strutturali e d’investimento europei 2014-2020. Gli Stati membri potranno

contribuire al piano su base volontaria immettendo risorse aggiuntive con il vantaggio

che tale cofinanziamento non verrà conteggiato nei parametri fissati dal

Patto di Stabilità e Crescita e dagli altri trattati sul rigore di bilancio, restando

dunque al di fuori del calcolo del deficit.

Il FEIS sosterrà pertanto investimenti strategici nelle infrastrutture, in partico-

lare nella banda larga e nelle reti energetiche, nei trasporti negli agglomerati indu-

striali, nonché nell’istruzione, nella ricerca e nell'innovazione, nelle energie rinnovabili

e nell’efficienza energetica. A tal fine già dallo scorso settembre una task force tra

Commissione e BEI sta stilando un elenco dei progetti da sviluppare sulla base di

Page 9: BloGlobal Weekly N°26/2014

7

alcuni criteri fondamentali (valore aggiunto europeo, redditività fattibilità entro i pros-

simi tre anni) ai quali verrà affiancato anche un importante programma di assi-

stenza tecnica al fine di rendere tali progetti più appetibili per gli investitori privati.

L'ultimo aspetto riguarda infine una road map per la rimozione degli ostacoli alle

opportunità di investimento in tutti i principali settori delle infrastrutture,

dall’energia alle telecomunicazioni, ai trasporti e al digitale, nonché degli ostacoli nei

mercati dei servizi e dei prodotti.

Una volta approvato il piano dal Parlamento e dal Consiglio europeo del prossimo

dicembre, che prevedrà tra l'altro l'adozione di nuove misure legislative, i Ven-

totto concluderanno dovranno concludere la programmazione dei fondi strutturali e

di investimento europei al fine di massimizzarne la leva finanziaria, mentre il FEIS

vedrà il primo contributo aggiuntivo da parte della BEI. Una prima valutazione dell'ef-

ficacia del piano verrà effettuata da Commissione e Capi di Stato e di governo entro

la metà del 2016, quando saranno eventualmente considerate altre opzioni aggiun-

tive; se funzionante, ha dichiarato Juncker, il piano potrà essere prorogato anche

per il periodo 2018-2020. Secondo il vice Presidente della Commissione, Jyrki Ka-

tainen, il piano dovrebbe incarnare un «nuovo approccio a livello europeo per cam-

biare il modo in cui il denaro pubblico viene utilizzato», in particolare sostenendo i

prestiti più rischiosi. Nonostante i pareri discordanti tra i gruppi parlamentari (parti-

colarmente critico GUE/NGL), le nuove misure sono state accolte favorevolmente in-

nanzitutto dall'Italia poiché considerate come il «frutto delle battaglie italiane a fa-

vore della crescita e dell'occupazione».

MECCANISMO PIANO DI INVESTIMENTI UE 2015-17; FONTE: COMMISSIONE EUROPEA

Page 10: BloGlobal Weekly N°26/2014

8

BREVI

AFGHANISTAN, 23-29 NOVEMBRE ↴

Si è concluso soltanto da poche ore l’attacco che alcuni

talebani hanno lanciato contro una guesthouse situata

nei pressi dell’edificio che ospita il Parlamento a Kabul.

Le forze di sicurezza hanno ucciso due dei tre assalitori,

che secondo alcuni testimoni indossavano uniformi

dell’esercito afghano, mentre il quarto è morto durante

l’esplosione che ha provocato la morte anche di due stranieri. Negli ultimi giorni Kabul

è stata teatro di un’offensiva su larga scala dei talebani che negli ultimi dieci giorni

hanno colpito la capitale per ben otto volte. Gli attacchi si sono concentrati sia contro

obiettivi stranieri che contro le forze afghane, anche se l’attentato peggiore è stato il

23 novembre a Paktika nella provincia di Helmand e ha provocato la morte di 57

persone che stavano assistendo ad una partita di pallavolo. L’attacco più significativo

è avvenuto venerdì 28 novembre quando un kamikaze talebano si è fatto esplodere

al passaggio di un convoglio diplomatico britannico, provocando la morte di un inglese

e di cinque afghani. Nella notte del 28, invece, i combattenti talebani hanno lanciato

un attacco prolungato alla base di Shorabak nella provincia di Helmand, causando la

morte di otto soldati afghani e il ferimento di sette. La base, conosciuta come Camp

Bastion, è una ex-struttura utilizzata dall’esercito britannico che l’ha recentemente

ceduta all’esercito afghano, nel quadro degli accordi di ritiro dal Paese delle truppe

straniere. Questa serie di attacchi fa parte della strategia talebana di colpire sia

membri delle truppe straniere che membri delle forze afghane nel tentativo di opporsi

agli accordi siglati recentemente dal preseidente Ashraf Ghani che prevedono il

proseguimento, in forma ridotta, della presenza di truppe NATO in Afghanistan per

addestrare i militari dell’Afghan National Army.

AUSTRIA, 12 NOVEMBRE ↴

Si sono riuniti a Vienna i Ministri dell’Energia dei Paesi

membri dell’OPEC per discutere del prezzo del petrolio,

in drastica riduzione da mesi, che ha visto in novembre

segnare i propri minimi da cinque anni a questa parte.

La decisione finale è stata quella di non ridurre la

produzione complessiva, lasciando così che il costo del

barile prosegua la sua corsa al ribasso. Regista di questa operazione, che non ha

trovato concordi tutti i Paesi dell’organizzazione, è stata l’Arabia Saudita, per la quale

l’attuale prezzo del petrolio in relazione alle riserve nazionali disponibili non

rappresenta una minaccia per la stabilità, a differenza di altri Stati come l’Iran, la

Page 11: BloGlobal Weekly N°26/2014

9

Libia e il Venezuela, che al contrario spingevano per un taglio della produzione. Rafael

Ramirez, il Ministro di Caracas, aveva cercato un appoggio esterno nella Russia e nel

Messico per convincere i colleghi della necessità della riduzione. Anche Mosca come

Teheran, ad esempio, ha bisogno che il prezzo del singolo barile sia ben più elevato

del 65 dollari con cui è acquistabile ora per far quadrare i conti del bilancio nazionale.

Il Ministro saudita del Petrolio, Ali Al Naimi, soddisfatto dall’esito della riunione, ha

commentato che «il mercato del petrolio finirà per stabilizzarsi da solo». L’OPEC ha

deciso di riaggiornarsi nel giugno 2015 per discutere nuovamente quali mosse

congiunte debbano essere applicate. A farne le spese sin da ora sono stati alcuni

colossi americani ed europei dell’industria energetica, che alla borsa di New York sono

stati messi sotto pressione. È stato il caso di Exxon Mobil (-3,42%), Chevron (-4,4%),

ConocoPhillips (-5,41%), Hess (-7,68%), Marathon Oil (-8,22%), Devon Energy (-

6,26%) e Occidental Petroleum (-8,60%).

IRAQ-SIRIA, 26 NOVEMBRE ↴

Damasco non depone le armi nel conflitto che da tre

anni insanguina il Paese. Traendo vantaggio

dall’affermazione sulla scena regionale della minaccia

califfale, il regime alawita ha intensificato la

repressione delle opposizioni. Nelle ultime sei

settimane la flotta siriana ha condotto più di duemila

attacchi, diretti in parte contro la fortezza jihadista a

Raqqa, in parte contro le postazioni dei ribelli. Secondo l’Osservatorio Siriano per i

Diritti Umani oltre cinquecento persone, tra cui numerosi civili, sono decedute nei

raid. Se nel nord della Siria le milizie dello Stato Islamico sovrastano in risorse ed

effettivi le forze antagoniste ad al-Assad, a sud della capitale sacche di resistenza

continuano a fronteggiare le truppe governative. Sostenuto materialmente dalla

Giordania, il fronte ribelle forte di circa 30mila guerriglieri è frammentato in oltre

cinquanta fazioni in lotta per la guida di una rivoluzione ormai svuotata dei contenuti

riformatori che contraddistinsero l’adunata di popolo contro la casa regnante. La

commistione di elementi qaedisti e di formazioni “moderate” permane nel

condizionare la risposta statunitense, benché il rinnovamento del Senato a vantaggio

del polo repubblicano e le dimissioni del Segretario della Difesa Hagel – voce

dissenziente all’interno dell’amministrazione Obama sulla questione siriana – tendono

il fianco a soluzioni diverse, finanche maggiormente incisive, nei riguardi di Bashar

al-Assad. Nel frattempo, il Ministro degli Esteri siriano Walid Muallem è stato ricevuto

a Sochi da Vladimir Putin, determinato a garantire la stabilità del governo di

Damasco. Mentre un doppio attacco suicida lanciato dal confine turco (nonostante le

smentite di Ankara) ha tentato di indebolire la resistenza curda a Kobane aprendo un

quarto fronte di combattimento, la provincia irachena di Anbar è tuttora sotto scacco

delle uniformi nere del Califfato, apparentemente non vulnerabili rispetto ai

Page 12: BloGlobal Weekly N°26/2014

10

bombardamenti della coalizione internazionale. Infine, Hezbollah ha confermato il

ruolo del generale iraniano Qassem Suleimani nel coordinamento sul campo di

battaglia delle milizie sciite che da Baghdad a Samarra, fino a lambire Kirkuk e Baiji,

si sono frapposte in modo decisivo contro l’urto jihadista.

ISRAELE, 23 NOVEMBRE ↴

Durante la riunione di gabinetto dell’esecutivo

israeliano è passato a maggioranza (15 voti a favore e

7 contrari) il disegno di legge che vorrebbe fare di

Israele uno “Stato della nazione ebraica”. La decisione

ha provocato profonde lacerazioni anche all’interno

della maggioranza di governo: la legge è stata infatti

approvata con i voti dei soli partiti della destra nazionalista (Likud, Yisrael Beiteinu e

HaBayit HaYehudi), mentre hanno votato contro i centristi di Yesh Atid del Ministro

delle Finanze Yair Lapid e HaTnuah del Ministro della Giustizia Tzipi Livni e, unica

dissidente dello stesso Likud, il Ministro dello Sport Limor Livnat. Questo nuovo colpo

di spugna di Netanyahu in favore dei partiti di destra israeliana segna da un lato uno

spostamento dell’asse di governo sempre più in favore del partito di Bennett e

Liebermann, dall’altro apre alla possibilità concreta di elezioni anticipate se, come ha

promesso il Premier subito dopo il voto di domenica, il disegno di legge andasse alla

Knesset e fosse infine approvato a maggioranza. Uno scenario, questo, che ha

costretto un’immediata discesa in campo del Presidente della Repubblica Reuven

Rivlin, il quale ha stigmatizzato la proposta di legge di Netanyahu spiegando che di

fatto Israele è già «lo Stato nazionale del popolo ebraico». Alla base delle

preoccupazioni di Rivlin vi sarebbe il timore che una legge identitaria possa

radicalizzare ulteriormente le divisioni nel Paese non solo con i Palestinesi ma anche

e soprattutto con gli Arabi-Iraeliani, che sono una porzione rilevante della popolazione

totale (circa il 20%, 1,5 milioni di abitanti su 8 totali). La proposta di legge di uno

Stato ebraico era stata già ampiamente dibattuta nei passati mesi ma sembrava

essere stata accontatonata per motivi di opportunità politica dall’esecutivo a seguito

della crescente escalation di violenze nel Paese e nei Territori Occupati dopo la Guerra

di Gaza e gli attentati palestinesi in Israele e in Cisgiordania. Tuttavia, i voti dei

Parlamenti nazionali di Svezia, Regno Unito, Irlanda, Spagna e Danimarca di uno

riconoscimento di uno Stato palestinese – e quello ancora in corso in Francia che

dovrebbe aver luogo il prossimo 2 dicembre – e il prolungamento delle trattative sul

nuclare iraniano, avrebbero convinto Netanyahu ad accellerare l’iter della formazione

di uno Stato ebraico israeliano in modo da rafforzare la posizione del suo esecutivo

costituendo un governo mono-colore e libero dalle cosiddette “colombe” centriste che

potrebbero rallentare l’azione politica del governo. Intanto a Gerusalemme lo Shin

Bet, l’agenzia di intelligence per la sicurezza interna, ha arrestato una cellula di 30

persone – alcune delle quali straniere (giordani e kuwaitiani) ed altre appartenenti

Page 13: BloGlobal Weekly N°26/2014

11

alle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas – pronte a preparare un

attentato al Teddy Stadium e alla linea dei tram di Gerusalemme. Secondo

l’antiterrorismo israeliano i miliziani arrestati sarebbero stati addestrati in Siria, in

Turchia e a Gaza. Lo stesso gruppo sarebbe stato responsabile di un altro attentato

senza vittime il 31 agosto scorso in Cisgiordania.

KASHMIR, 27 NOVEMBRE ↴

Si sono aperte, il 25 novembre, le urne per la prima

delle cinque fasi che porteranno all’elezione degli 87

seggi parlamentari nel Kashmir indiano. I risultati

saranno resi noti il 23 dicembre. I quattro maggiori

partiti a contendersi la maggioranza sono il Jammu and

Kashmir National Conference (NC, attualmente a capo

dell’assemblea), il People’s Democratic Party (PDP

partito di opposizione), il Bharatiya Janata Party (BJP, partito induista del Premier

indiano Narendra Modi) e l’Indian National Congress (INC, il partito di Sonia Gandhi).

In occasione dell’inizio delle elezioni nella zona del Kashmir amministrata dall’India,

i gruppi separatisti musulmani hanno chiesto alla popolazione di boicottare il voto e

di non recarsi alle urne. Una mossa, questa, che potrebbe rivelarsi, tuttavia,

vantaggiosa per il partito del Premier indiano Narendra Modi, il BJP, che sta cercando

una vittoria storica nel Kashmir. Il voto della popolazione induista, infatti, sarebbe

cruciale qualora i musulmani scegliessero di non votare. Tuttavia, sebbene ci sia un

generale malcontento nei confronti del partito locale finora in carica, il Jammu and

Kashmir NC, a causa della cattiva gestione della crisi dovuta alle inondazioni di

settembre unita ad una carenza di lavoro e opportunità per i giovani kashmiri, risulta

alquanto improbabile che il BJP induista ottenga la maggioranza dei seggi nello Stato.

In questo scenario sono ripresi gli scontri nella zona di Arnia, teatro delle dispute

armate di ottobre scorso. Dei militanti musulmani si sono infiltrati attraverso il confine

con il Pakistan e, asserragliandosi in un bunker, hanno aperto il fuoco contro le truppe

indiane causando la morte di almeno dieci persone. Gli accadimenti violenti degli

ultimi mesi rappresentano il più acuto inasprimento della tensione in Kashmir a

partire dall’entrata in vigore del cessate il fuoco del 2003 tra India e Pakistan. Il

Kashmir, in cui risiede una popolazione a maggioranza musulmana, infatti, è territorio

rivendicato da entrambi i Paesi fin dalla loro creazione ed è stato suddiviso in tre aree

separate: una sottoposta alla giurisdizione indiana, una a quella pakistana ed una,

minore, all’amministrazione cinese.

Page 14: BloGlobal Weekly N°26/2014

12

NIGERIA, 25-28 NOVEMBRE ↴

Un triplice attacco esplosivo è avvenuto venerdì 28 no-

vembre all’interno della grande moschea di Kano, la più

grande città del nord della Nigeria. Secondo i testimoni

la prima esplosione sarebbe avvenuta all’esterno della

moschea, seguita poi da due grandi esplosioni all’in-

terno: successivamente alcuni uomini armati hanno

iniziato a sparare indiscriminatamente sulla folla mentre scappava in cerca di rifugio.

Il bilancio finale dell’attacco dinamitardo è di 120 morti ed almeno 270 feriti. Al mo-

mento non c’è stata alcuna rivendicazione ma tutti gli indizi punterebbero sul gruppo

terroristico di Boko Haram. Probabilmente l’obiettivo dell’attentato era l’Emiro di

Kano, Sanusi Lamido Sanusi, una delle personalità più influenti del Paese, che la

settimana scorsa aveva spinto la popolazione ad opporsi all’offensiva di Boko Haram,

accusando le autorità nazionali di non fare abbastanza per garantire la sicurezza delle

persone che vivono in quella zona della Nigeria. L’attacco sembra però un avverti-

mento piuttosto che un attacco vero e proprio, in quanto, al momento dell’esplosione,

l’Emiro non si trovava all’interno della moschea per la preghiera del venerdì, bensì in

Arabia Saudita. L’esplosione ha causato la reazione indignata della popolazione di

Kano che, scontenta dell’intervento tardivo della polizia, ha manifestato massiccia-

mente per le strade della città. Nell’altra città del nord della Nigeria presa di mira da

Boko Haram, Maiduguri, martedì 25 novembre due donne kamikaze si sono fatte

esplodere in un mercato popolare, provocando la morte di 45 persone. Anche in que-

sto caso l’attentato non è stato rivendicato, ma gli osservatori lo attribuiscono alla

setta islamista di Boko Haram che è nata proprio in questa città, in passato sottoposta

ad attacchi quasi quotidiani. Di sicuro Boko Haram è responsabile di un'altra carnefi-

cina avvenuta a Dorno Baga, un paese situato sulle rive del lago Ciad, dove sono stati

uccisi 48 commercianti in viaggio per fare acquisti.

RUSSIA-ABKHAZIA, 24 NOVEMBRE ↴

Il Presidente russo Vladimir Putin ha ricevuto, lunedì

24 novembre a Sochi sulla costa del Mar Nero, il leader

dell’autoproclamata Repubblica dell’Abkhazia, Raul

Khadzhimba. I due politici hanno concluso uno

strategico accordo militare che prevede, per il prossimo

triennio, una cooperazione tra Russia e Abkhazia nei

settori di difesa, sicurezza, forze dell’ordine e controllo dei confini. Il risultato sarà,

di fatto, un considerevole controllo da parte di Mosca della politica interna alla regione

abkhaza e porterà le truppe di Putin al confine tra questa e la Georgia. La rilevanza

dell’accordo, ritenuto illegale dalla comunità internazionale – compresi UE e NATO –

risiede nel fatto che l’Abkhazia sia stata riconosciuta indipendente da soli sei membri

Page 15: BloGlobal Weekly N°26/2014

13

ONU, e dunque un’ingerenza negli affari interni di Sukhumi, capitale della regione,

significa un’ingerenza nella politica interna georgiana. L’Abkhazia, così come l’Ossezia

del Sud sono, infatti, due regioni secessioniste della Georgia le quali hanno dichiarato

la propria indipendenza dopo la dissoluzione dell’URSS ma che sono state

formalmente riconosciute come Stati autonomi dalla Russia soltanto dopo la Seconda

Guerra civile nel 2008. A maggio scorso le proteste popolari, supportate dal Cremlino,

hanno deposto dal vertice dell’autoproclamata Repubblica il Presidente Alexander

Ankvab, sostituendolo con Raul Khadzhimba, ex membro del KGB sovietico. Le

preoccupazioni espresse immediatamente dopo l’accordo dall’Unione Europea e dalla

NATO riguarano la possibilità che Mosca riservi per questo territorio le stesse mire

espansionistiche attuate nella penisola crimeana. In merito a tale allarme il

Segretario Generale NATO, Jens Stoltenberg, ha affermato che «La NATO sostiene

l’integrità territoriale della Georgia e non riconosce il trattato di alleanza strategica

firmato dalla regione abcasa e dalla Russia». Dal canto suo Putin ha risposto dicendo

che «L’accordo è stato siglato per garantire la sicrezza assoluta dell’Abkhazia [...] e

creare le condizioni per l’ulteriore sviluppo dei legami commerciali ed economici».

UCRAINA, 27 NOVEMBRE ↴

Si è tenuta il 27 novembre la prima sessione della

nuova Verchovna Rada (il Parlamento ucraino) come

risultato delle elezioni legislative dello scorso 26

ottobre. Arseniy Yatsenyuk, supportato dalla

coalizione di cinque partiti chiamata “Ucraina Europea”

che conta 288 deputati su 421, è stato nominato Primo

Ministro, mentre Vladimir Groisman, ex Ministro dello

Sviluppo Regionale ed esponente del Blocco Poroshenko, è stato eletto Presidente del

Parlamento. Nonostante l'appartenenza alla stessa maggioranza, la nomina dei due

uomini evidenzia un certo confronto e una serie di frizioni latenti tra gli stessi

Yatsenyuk e Poroshenko. Nello stesso giorno, inoltre, il Consiglio dell'Unione Europea,

sulla base dell'intesa del 17 novembre, ha deciso l'estensione delle sanzioni nei

confronti di 13 nuove personalità e di 5 entità, portando così la blackist dei soggetti

sottoposti a restrizioni a 132 persone e 28 organizzazioni di varia natura. Il nuovo

congelamento di beni e le limitazioni sul rilascio dei visti verso l'Europa questa volta

ha riguardato persone e gruppi direttamente coinvolti nelle elezioni nel Donbass dello

scorso 2 novembre e ritenute illegittime dalla comunità internazionale: tra

essi Sergey Kozyakov, capo della Commissione elettorale dell'auto-proclamata

Repubblica Popolare di Lugansk; Oleksandr Kofman e Ravil Khalikov,

rispettivamente vice Presidente del Parlamento e primo vice Premier, nonché ex

Procuratore Generale, dell'auto-proclamata Repubblica Popolare di Donetsk. Per

quanto riguarda le entità, invece, sono stati colpiti gruppi politici quali la Repubblica

Page 16: BloGlobal Weekly N°26/2014

14

di Donetsk, Pace per la Regione di Lugansk, Free Donbass, Unione Popolare e l'Unione

Economica di Lugansk.

VATICANO, 28-30 NOVEMBRE ↴

È stata una settimana particolarmente intensa per la

diplomazia della Santa Sede. Dopo aver incontrato a

Roma il Presidente egiziano al-Sisi il 24 novembre, il

giorno seguente il Pontefice ha presieduto a

Strasburgo una sessione congiunta del Parlamento

europeo e del Consiglio d’Europa. A ventisei anni dalla

visita di Giovanni Paolo II – quando il progetto

comunitario ancora cedeva di fronte al Muro di Berlino, emblema di un continente

ostaggio della cortina di ferro – il discorso di Papa Bergoglio, soffermatosi in

particolare sui temi dell’occupazione e dell’immigrazione, apre un capitolo nuovo nelle

relazioni ufficiali tra la Santa Sede e le Istituzioni europee. La breve visita della guida

spirituale della Chiesa Cattolica ha preceduto un impegnativo viaggio di tre giorni in

Turchia, tradizionale ponte tra Occidente e Oriente che la prossimità della crisi siro-

irachena e le ambivalenze di Erdoğan rendono un interlocutore principale nella

contesa ideologica e militare sollevata dal Califfato. Ospite del Presidente turco,

Bergoglio ha celebrato il dialogo interreligioso e interculturale tra le confessioni e i

culti che si affacciano sul Mediterraneo, richiamando la Turchia alla responsabilità di

promuovere la pacificazione del Medio Oriente e lodandone l’impegno profuso

nell’assistenza ai profughi in fuga dagli epicentri di conflitto. A sostanziare le ferma

denuncia del fondamentalismo religioso e della brutale violenza ordita dallo Stato

Islamico, il Pontefice ha in seguito incontrato il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli

Bartolomeo I e il Mufti di Instanbul Rahmi Yaran.

Page 17: BloGlobal Weekly N°26/2014

15

ALTRE DAL MONDO

BAHRAIN, 22 NOVEMBRE ↴

Chiamata alle urne per l’elezione della camera bassa del Parlamento, la maggioranza

sciita capeggiata dal partito d’opposizione al-Wefaq ha promosso il boicottaggio delle

consultazioni poiché ritenute incongruenti con il risveglio democratico del Bahrain e

strumentali all’esercizio di un potere assoluto da parte della leadership sunnita. La

diffusa astensione tende a sconfessare la legittimità della tornata elettorale, la prima

dalle contestazioni emerse violentemente nel febbraio 2011, mentre le strade sono

state teatro di scontri e incidenti. A una settimana di distanza si è tenuto il ballottag-

gio per l’attribuzione di trentaquattro seggi parlamentari (su un totale di quaranta)

non assegnati al primo turno. La tensione resta elevata.

BULGARIA, 26 NOVEMBRE ↴

Un’operazione di polizia ha portato all’arresto dell’imam Ahmed Mussa nella moschea

di Pazardzhik. Il religioso, già noto per la vicinanza alle incarnazioni estremiste

dell’Islam politico, è accusato assieme ad altre sei persone d’incitamento alla guerra

e di propaganda anti-democratica in ragione di una predicazione ostentatamente fa-

vorevole alla causa dello Stato Islamico. Nel contesto della medesima operazione, le

forze dell’ordine hanno ispezionato più di quaranta abitazioni in quattro centri urbani

in cui le comunità musulmane sono storicamente ben radicate.

BURKINA FASO, 23-27 NOVEMBRE ↴

Dopo le nomine di Michel Kafando e di Isaac Zida, rispettivamente a Presidente e a

Primo Ministro di transizione, il 23 novembre è stata diramata, in tarda serata, anche

la lista dei 26 Ministri del governo temporaneo. I due uomini forti della transizione

hanno tenuto per sé gli incarichi nei loro settori di competenza, con il Presidente a

dirigere il Ministero degli Esteri e il Primo Ministro quello della Difesa. Altri tre com-

ponenti delle forze armate, molto vicini al Premier Zida, sono entrati a far parte del

governo, acquisendo le cariche di alcuni tra i Ministeri più importanti, mentre molte

altre nomine provengono dalla società civile. Ancor prima di occupare la sua carica il

Ministro della Cultura Adama Sagnon ha dato le sue dimissioni, a causa delle proteste

popolari per la sua nomina, in quanto colpevole di aver insabbiato l’inchiesta sull’uc-

cisione del giornalista Norbert Zongo. Nel frattempo, si è installato, giovedì, anche il

terzo organo previsto dalla Carta di transizione, ovvero il Consiglio Nazionale Transi-

torio, alla cui presidenza è stato nominato un giornalista, Cherif Mounima Sy.

Page 18: BloGlobal Weekly N°26/2014

16

CINA-HONG KONG, 22 NOVEMBRE ↴

Il giovane Joshua Wong, leader della rivolta studentesca di Hong-Kong, scoppiata

nell’agosto scorso con la richiesta di poter eleggere autonomamente i propri rappre-

sentanti governativi, è stato arrestato, insieme all’altro giovane di spicco della pro-

testa, Lester Shum e ad 150 manifestanti. L’arresto è avvenuto mercoledì 26 novem-

bre con l’accusa di aver ostruito il lavoro degli ufficiali di polizia nell’attività di sgom-

bro dell’assedio dell’area di Mong Kok durato circa 60 giorni. Gli studenti sono stati

poi rilasciati e la causa è stata rimandata a gennaio. I giovani leader sono stati tut-

tavia interdetti dalla zona delle proteste dalla Corte di Hong Kong.

CONGO, REPUBBLICA DEMOCRATICA, 23 NOVEMBRE ↴

Una nuova offensiva molto violenta è avvenuta nel Nord Kivu da parte dei ribelli.

L’attacco ha avuto luogo a una ventina di chilometri ad est dell’aeroporto della città

di Beni e ha interessato quattro villaggi. Non c’è ancora un bilancio definitivo dell’as-

salto, ma fonti governative prospettano una cifra che oscilla tra i 70 e i 100 morti. Le

conclusioni delle indagini preliminari puntano gli occhi sui ribelli ugandesi dell’ADF,

autori di numerose attacchi nella regione che, a partire dalla metà di ottobre hanno

causato più di 200 vittime. Spaventata da questa nuova minaccia, alcuni giorni prima,

la società civile congolese aveva esortato l’esercito, la polizia e l’ONU ad agire con

urgenza per ristabilire la sicurezza nella regione.

IRAN, 24 NOVEMBRE ↴

Il termine dei negoziati sul nucleare iraniano è stato prorogato al 30 giugno 2015. Si

tratta della seconda dilazione sul raggiungimento di un accordo di compromesso

avente ad oggetto l’ambizioso programma nucleare di Teheran e le sanzioni econo-

miche applicate da Washington, un braccio di ferro che per entrambe le parti assume

un valore prioritario nelle rispettive agende politiche. Se la crisi siriana e il conse-

guente ostruzionismo sino-russo già avevano ostacolato le trattative, l’affermazione

dello Stato Islamico e la ridiscussione degli equilibri mediorientali attribuiscono alla

contesa un valore strategico di primissimo piano. Consapevoli della posta in gioco, le

dirigenze di Stati Uniti e Iran hanno salutato con favore il prolungamento dei colloqui.

LIBIA, 28 NOVEMBRE ↴

L’ex Generale Khalifa Haftar ha dichiarato di voler riportare, entro il 15 dicembre, il

Parlamento stanziato a Tobruk nella capitale Tripoli ed ha iniziato la campagna di

attacchi aerei contro l’aeroporto di Mitiga. Il Ministro degli Esteri Gentiloni ha affer-

mato, nel frattempo, in merito alla crisi libica che «un intervento di peacekeeping,

rigorosamente sotto l'egida ONU, vedrebbe l'Italia impegnata in prima fila, purché

preceduto dall'avvio di un percorso negoziale verso nuove elezioni garantito da un

governo di saggi. In assenza di ciò mostrare le divise rischia solo di peggiorare la

Page 19: BloGlobal Weekly N°26/2014

17

situazione». Inoltre, il Consiglio di Sicurezza ONU ha dichiarato che il Comitato San-

zioni sta elaborando provvedimenti, diretti contro le parti in lotta nel Paese nord-

africano, da attuare qualora continuino a non cercare concretamente una soluzione

pacifica al conflitto.

MESSICO, 27 NOVEMBRE ↴

Il Presidente Enrique Peña Nieto ha annunciato un nuovo piano nazionale contro il

crimine organizzato e la corruzione dilaganti. Il piano fornisce maggiori poteri al Con-

gresso che può decidere lo scioglimento delle amministrazioni locali conniventi con i

trafficanti di droga e concede alle autorità locali maggiore controllo sulla polizia mu-

nicipale che verrà riorganizzata in 32 corpi statali. Il piano si focalizzerà, inizialmente,

sui quattro Stati più coinvolti nelle violenze di questi mesi: Guerrero, Michoacan,

Jalisco e Tamaulipas. «Il Messico non può continuare così» ha detto il Presidente

durante una cerimonia al Palazzo Nazionale della capitale, «dopo Iguala, il Paese deve

cambiare». La spinta decisiva all’approvazione di questo nuovo piano anti-crimine è

venuta proprio dalla vicenda dei 43 studenti di Iguala, uccisi da un gang locale con il

tacito accordo della polizia, e dalle massicce proteste popolari che hanno fatto seguito

alla loro scomparsa.

NEPAL, 27 NOVEMBRE ↴

È stato firmato a Kathmandu, in Nepal, un importante accordo di cooperazione ener-

getica tra le otto nazioni parti al 18esimo vertice SAARC (l’Associazione sud-asiatica

per la cooperazione regionale) svoltosi nelle giornate del 26 e 27 novembre. Altri due

accordi firmati dai Paesi membri riguardano la regolamentazione del traffico di pas-

seggeri e merci e la gestione delle linee ferroviarie tra gli Stati membri. Le questioni

discusse, inoltre, nel summit sono state la riduzione della povertà, la promozione del

turismo, la generazione di opportunità di lavoro e le tecniche di controllo degli effetti

dei cambiamenti climatici.

PORTOGALLO, 23 NOVEMBRE ↴

José Socrates, Primo Ministro portoghese dal 2005 al 2011 e leader del Partito So-

cialista, è stato messo in stato di fermo provvisorio insieme ad altri tre uomini

nell’ambito di un’indagine per frode fiscale, riciclaggio di denaro e corruzione. L’arre-

sto di Socrates segue peraltro allo scoppio di un altro scandalo, riguardante la con-

cessione di visti facili agli investitori stranieri, che aveva condotto alle dimissioni del

Ministro dell'Interno, Miguel Macedo, lo scorso 17 novembre.

Page 20: BloGlobal Weekly N°26/2014

18

SPAGNA, 26 NOVEMBRE ↴

Il Ministro della Sanità, Ana Mato, esponente del Partito Popolare e figura vicina al

Premier Mariano Rajoy, ha rassegnato le proprie dimissioni a causa del presunto coin-

volgimento nello scandalo Gürtel, vicenda di corruzione e favori illeciti nato nel no-

vembre del 2007 e che ha investito negli anni dirigenti e funzionari del PP. É stato

invece prosciolto l'ex Ministro dell'Interno, Angel Acerbes. In seguito ad una nuova

stagione di indagini avviate lo scorso mese di ottobre (Operación Puníca, definita la

Tangentopoli spagnola), e che ha condotto all'arresto di circa 50 esponenti politici e

di numerosi imprenditori, lo stesso Rajoy ha annunciato un piano di misure anti-

corruzione che comprende una nuova legge sul finanziamento dei partiti, un nuovo

statuto per la nomina delle alte cariche, una riforma parziale del codice penale.

TUNISIA, 23 NOVEMBRE ↴

Il primo turno delle elezioni presidenziali non è stato sufficiente a decretare il pros-

simo vertice della Tunisia. Béji Caïd Essebsi, anziano leader del partito di maggio-

ranza Nidaa Tounes, ha ottenuto il 39,4% dei suffragi contro il 33,4% difeso da Mon-

cef Marzouki, Presidente uscente che ha guidato il Paese nella transizione democra-

tica successiva alla deposizione di Ben Alì. Mentre le fazioni politiche ingaggiano con-

trattazioni per la formazione di un auspicato governo di coalizione, il ballottaggio per

l’elezione del Capo di Stato si terrà presumibilmente nella seconda metà di dicembre.

VENEZUELA, 26 NOVEMBRE ↴

La polizia politica venezuelana ha ratificato a Maria Corina Machado, oppositrice del

governo chavista rimossa dalla corsa per la Presidenza alle passate elezioni del 2013,

una citazione in giudizio, con l’accusa di aver partecipato ad una presunta cospira-

zione per l’uccisione dell’attuale Presidente Nicolás Maduro. L’accusa deriverebbe

dall’analisi di alcune mail, inviate dalla Machado ad alcuni esponenti dell’opposizione,

durante le proteste antigovernative avvenute in Venezuela tra il marzo e il maggio

scorso. In realtà Corina Machado è stata già interrogata per la stessa questione in

giugno ma nessuna accusa era stata formulata. Nel frattempo il Venezuela si trova a

dover affrontare le proteste dei carcerati del penitenziario di David Viloria che richie-

dono un miglior trattamento: nonostante il governo abbia proceduto al trasferimento

di 145 persone, la morte per overdose di droga di 13 prigionieri ha rinfocolato le

proteste degli attivisti.

Page 21: BloGlobal Weekly N°26/2014

19

ANALISI E COMMENTI

L’IMPERATIVO STRATEGICO DELL’IRAN DI FRONTE AL NEGOZIATO NUCLEARE

STEFANO LUPO ↴

Non devono essere stati giorni facili per il Presidente Rouhani e il Ministro degli Esteri

Zarif. Man mano che al tavolo negoziale tra Parigi e Vienna ci si rendeva conto dell’in-

conciliabilità delle posizioni sulle questioni più stringenti tra le parti in causa, in Iran

scoppiava la polemica alimentata da chi sostiene che la posizione troppo morbida di

Zarif già un anno fa avesse predisposto il Gruppo 5+1 (il Consiglio di Sicurezza

dell’ONU più la Germania) a una linea d’azione più intransigente, vedendo Teheran

più disponibile al compromesso. E pensare che più di una volta Zarif ha cercato di

dissuadere il Presidente Rouhani dal rimanere troppo allineato ai dettami della fles-

sibilità eroica della Guida Suprema Khamenei. Il Presidente, eletto più di un anno fa

proprio grazie al suo equilibrio tra le varie istanze, non se l’è sentita di sbilanciarsi

troppo, con il rischio di cadere anima e corpo tra le braccia dell’ala dura, religiosa e

governativa (…) SEGUE >>>

IMMIGRAZIONE: DA MARE NOSTRUM A TRITON,

CHE GOVERNANCE HA IN MENTE L’EUROPA?

SALVATORE DENARO ↴

La crescita del fenomeno migratorio nel Mediterraneo e le numerose tragedie verifi-

catesi nel Canale di Sicilia e al largo di Lampedusa hanno recentemente condotto

l’Unione Europea a tentare di assumere un ruolo di maggiore responsabilità in materia

di immigrazione e di controllo delle frontiere. In seguito alle costanti richieste da

parte del governo italiano circa un maggiore impegno dell’Europa, lo scorso agosto

Frontex, l’agenzia europea creata con il Regolamento 2007/2004 del Consiglio UE con

lo scopo di gestire la cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri,

ha annunciato la creazione della missione Frontex Plus – poi rinominata Triton – che,

operativa dal 1° novembre, e integrando le due missioni già attive nel Mediterraneo

(la Enea e la Hermes), dovrebbe sostituire gradualmente l’operazione italiana militare

ed umanitaria Mare Nostrum (…) SEGUE >>>

COUNTRY PROFILES: BURKINA FASO

BEATRICE NICOLINI ↴

Mali, Togo, Ghana, Costa d’Avorio, Benin e Niger. Tutti questi Paesi confinano con il

Burkina Faso, già Repubblica dell’Alto Volta: un piccolo Paese dell’Africa occidentale

(274.200 Km2, CIA World Fact Book) privo di sbocchi al mare e povero persino per

gli standard della regione che ha sempre sofferto di carestie e di colpi di Stato militari.

Il suo territorio è complessivamente pianeggiante; d’estate le piogge sono frequenti

Page 22: BloGlobal Weekly N°26/2014

20

e il clima è tropicale, mentre da settembre a maggio soffia il vento secco dell’Har-

mattan, il vento del deserto che porta anche la rivoluzione. Nell’ottobre di quest’anno

la popolazione (16,93 milioni – World Bank 2013) si è sollevata contro il Presidente

Blaise Compaoré deponendolo. Il Burkina Faso appartiene alla più ampia regione

dell’impero del Songhai che fu un crocevia importante per scambi mercantili e una

delle tappe fondamentali nei percorsi carovanieri trans-sahariani. Forti dunque furono

sempre i contatti e gli scambi tra popolazioni, merci e idee (…) SEGUE >>>

A cura di

OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

Ente di ricerca di

“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”

Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale

C.F. 98099880787

www.bloglobal.net