BloGlobal Weekly N°9/2015
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www.bloglobal.net
N°9, 22-28 MARZO 2015
ISSN: 2284-1024
I
BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 29 marzo 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Eleonora Bacchi Giuseppe Dentice Danilo Giordano Alessandro Tinti Maria Serra
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°9/2015 (22-28 marzo 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: Abd Raouf/Associated Press; Younis al-Bayati/AFP-Getty Images; AFP, Getty Images; Reuters/Khaled Abdullah; ANSA/Network ISIS.
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FOCUS
IRAQ/SIRIA ↴
Mercoledì 25 marzo i caccia statunitensi hanno sorvolato Tikrit colpendo alcune
postazioni dello Stato Islamico (IS). Dall’avvio dell’offensiva sulla città, le autorità
irachene non avevano ancora richiesto la copertura aerea della coalizione internazio-
nale. Tuttavia, lo stallo dell’avanzata ha incoraggiato il governo iracheno ad aprire
per l’intervento della potenza americana. Il Generale Lloyd Austin, vertice del Co-
mando Centrale, ha precisato che i bombardamenti sono stati condizionati
all’assunzione dell’impegno di non coinvolgere le milizie sciite nella stabiliz-
zazione di Tikrit una volta piegata la resistenza dei combattenti jihadisti. A motivare
la decisione dell’amministrazione Obama è stata la crescente influenza esercitata
da Teheran attraverso gli ufficiali della Guardia Rivoluzionaria, che hanno assistito
sul campo i gruppi armati sciiti impegnati nell’accerchiamento della città. La prepon-
deranza delle milizie sciite in un’area a decisa maggioranza sunnita e la minore pre-
senza dell’esercito regolare hanno inoltre sollevato il timore che la sconfitta del Ca-
liffato possa innescare episodi di violenza e intolleranza settaria. Tanto più che la
presa di Tikrit guarda al prossimo attacco su Mosul. Pertanto, è nell’interesse statu-
nitense impedire che Teheran diventi l’ago della bilancia della campagna bellica contro
l’IS.
Forte della ritrovata convergenza con gli Stati Uniti, il Primo Ministro Haider al-Abadi
ha così annunciato l’inizio dell’ultima fase della battaglia su Tikrit, rassicu-
rando gli alleati arabi che le chiavi del capoluogo della provincia di Salah ad-Din tor-
neranno presto nelle mani della polizia locale, di estrazione sunnita. In risposta alla
determinazione del governo di Baghdad, le milizie Kataib Hizbollah e Asaib Ahl al-Haq
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hanno sospeso la partecipazione alle operazioni. Naim al-Uboudi, portavoce di Asaib
Ahl al-Haq, ha accusato gli Stati Uniti di usurpare i successi conseguiti dalle milizie.
Anche Hadi al-Amiri, leader dell’organizzazione Badr e figura di riferimento
del campo sciita, ha risolutamente criticato la scelta di al-Abadi, rimprove-
rando l’assenza di una consultazione preventiva con i soggetti volontari racchiusi nel
Fronte di Mobilitazione Popolare. Malgrado ciò, la potente milizia comandata da al-
Amiri continuerà a presidiare il fronte di combattimento. Del resto le forze di sicurezza
irachene schierate attorno a Tikrit non raggiungono le quattromila unità secondo le
stime del Pentagono, mentre l’integrazione dei guerriglieri tribali sunniti resta insuf-
ficiente. Per queste ragioni e nonostante l’ingresso dei caccia statunitensi nella re-
gione di Salah ad-Din, i gruppi paramilitari sciiti continuano a essere lo stru-
mento più efficace a disposizione di Baghdad per contrastare la pressione jiha-
dista. Intanto, il Generale Qassem Suleimani, depositario degli interessi iraniani nel
teatro siro-iracheno, ha abbandonato lo scenario di Tikrit.
L’offensiva contro Tikrit restituisce un’immagine di debolezza delle istituzioni centrali,
ancora prive di un esercito strutturato e delegittimate sia dall’indipendenza delle mi-
lizie sciite sia dalla persistente marginalizzazione delle comunità sunnite. A conferma
della gravità delle tensioni interconfessionali e della fragilità del controllo di Baghdad,
il Ministro della Difesa Khalid al-Obeidi ha comunicato il 21 marzo il proposito di
disarmare le fazioni tribali nella provincia meridionale di Basra, relativamente
distante dal conflitto combattuto contro lo Stato Islamico eppure destabilizzata dalle
rivalità tribali e dalle rivendicazioni autonomiste delle élite locali. Quest’ultime,
espressione dei partiti sciiti, hanno rigettato la proposta del disarmo generalizzato
dell’intera provincia. Tuttavia, il governo iracheno non sembra disporre né della forza
politica né delle risorse necessarie a implementare il provvedimento, laddove le au-
torità militari di Basra sono state costrette ad attingere a compagnie di sicurezza
private per formare un nuovo battaglione.
Nell’ultima settimana gli scontri con i miliziani jihadisti dello Stato Islamico hanno
interessato, oltre a Tikrit, anche i villaggi di al-Mazraa e Malha a sud di Baiji, l’area
compresa tra Ramadi e Falluja, come pure la periferia di Mosul. In Siria, il
Califfato ha invece promosso una serie di attacchi contro le forze leali a Damasco al
fine di rinsaldare il controllo sulla fascia centrale del Paese. Tra il 21 e il 22 marzo, i
guerriglieri islamisti hanno tentato di aprire una breccia nella base militare di
Palmyra e hanno ucciso almeno sessantatré soldati siriani a est di Hama. Inoltre, un
doppio attentato dinamitardo durante i festeggiamenti per l’inizio del nuovo anno
curdo ha provocato la morte di almeno quarantacinque civili nella città di Hasaka.
Mentre il Presidente siriano Bashar al-Assad ha aperto in una recente intervista rila-
sciata alla CBS all’eventualità di un dialogo con gli Stati Uniti, purché basato sul ri-
spetto reciproco delle parti, Washington ha infine ottenuto da Ankara l’autoriz-
zazione all’impiego dei droni Predator nella base NATO di Incirlik, da cui la
potenza occidentale aveva potuto sinora lanciare solo voli di ricognizione. L’intesa con
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il governo turco permetterà agli Stati Uniti di aumentare sensibilmente l’operatività
nei cieli siriani.
Jabhat al-Nusra e altri gruppi ribelli hanno annunciato il 24 marzo l’avvio di
un’offensiva su Idlib, a sud di Aleppo, dove l’esercito regolare siriano aveva recen-
temente intensificato lo schieramento di nuove unità. Primi violenti scontri sono già
esplosi nella periferia della città, dove diversi posti di blocco sarebbero stati rovesciati
dal fronte ribelle. Fonti locali confermerebbero il ricorso a gas cloro da parte delle
forze governative.
SITUAZIONE SUL CAMPO IN SIRIA (22-28 MARZO) – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR
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YEMEN ↴
Il 25 marzo scorso l’aviazione saudita ha lanciato diversi bombardamenti a
Sana’a, Sa’ada e al-Hudaydah contro le postazioni militari dei ribelli sciiti
Houthi, aprendo di fatto un nuovo capitolo della crisi yemenita, che si avvia non solo
a tramutarsi da guerra civile a un conflitto sempre più internazionalizzato, ma che
rischia inoltre di aprire un altro fronte delle proxy war (guerre per procura) tra Arabia
Saudita e Iran.
Il 23 marzo il Presidente legittimo Abd Rabbuh Mansour Haddi e il Ministro degli Esteri
Riad Yassin hanno lanciato un’accorata richiesta di aiuto alle forze del Gulf Coo-
peration Council (GCC) e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per
intervenire nel Paese mettendo fine all’espansione militare degli Houthi, che, dopo
aver conquistato Sana’a e la parte occidentale del Paese, sono ora diretti verso Aden,
seconda città dello Yemen, strategico porto nel sud e crocevia di traffici commerciali
internazionali, data la sua posizione a cavallo tra le acque del Mar Rosso e quelle
dell’Oceano Indiano.
Accogliendo la richiesta yemenita, il Ministro degli Esteri saudita Saudi al-Faisal aveva
dato seguito all’ultimatum lanciato alle milizie Houthi, spiegando che «il golpe dei
ribelli rappresenta una grave minaccia alla sicurezza e alla stabilità dello Yemen, della
regione (del Golfo) e del mondo […] Se l’intervento militare non dovesse arrestarsi
pacificamente, verranno prese tutte le misure necessarie per mettere fine alla crisi e
proteggere la regione». L’aut aut saudita si era reso stringente a causa di due episodi
accaduti poche ore prima. Da un lato l’attracco di una nave iraniana presso il
porto di al-Saleef e carica di oltre 180 tonnellate tra armi ed equipaggia-
menti militari presumibilmente diretti a rifornire i ribelli, dall’altro alcuni attacchi
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contro le postazioni militari e i villaggi del sud dell’Arabia Saudita da parte delle stesse
milizie sciite.
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A favorire l’avanzata dei ribelli verso il sud del Paese avrebbe giocato un ruolo non
di poco conto l’ex Presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, anch’egli apparte-
nente a una tribù di fede sciita zaydita Houthi, ma in passato loro acerrimo nemico
tanto da averli repressi tra il 2004 e il 2010. Saleh grazie alle milizie, alle tribù e alle
forze a lui ancora fedeli – soprattutto negli apparati di sicurezza – sarebbe riuscito
nell’intento di delegittimare l’ex alleato Hadi e allo stesso tempo di proporsi come
possibile garante di una transizione politica mirata semplicemente al recupero del
potere perduto con le cosiddette Primavere Arabe del 2011.
Queste situazioni, congiuntamente alle conquiste territoriali da parte degli Houthi ai
danni del governo – Ta’izz (terza città del Paese) e il suo aeroporto, buona parte del
governatorato di Ma’rib (ricco di risorse petrolifere) e altri centri nei pressi di Bayda
– , nonché al timore di una possibile rapida capitolazione di Aden e all’espansione di
al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) fin nei confini sauditi, avevano convinto
Riyadh ad intervenire militarmente lanciando i primi raid contro le postazioni dei ri-
belli e a costituire una coalizione anti-Houthi. La notizia è stata ufficialmente annun-
ciata il 25 marzo dall’Ambasciatore saudita alle Nazioni Unite, Adel bin Ahmed al-
Jubeir, che in una conferenza stampa ha fornito maggiori dettagli sulle forze in campo.
L’operazione denominata
Decisive Storm, sarà com-
posta da una forza regio-
nale di almeno 10 Paesi: i
membri del GCC – eccetto
l’Oman –, l’Egitto, la Giorda-
nia, il Marocco, il Sudan e il
Pakistan – sebbene ancora
non sia del tutto chiaro la ti-
pologia e la qualità dell’impe-
gno che verrà assunto da
Islamabad. L’Arabia Saudita
assumerà l’onere maggiore
con 150mila uomini e 100 aerei. Al momento non è previsto alcun dispiegamento
di forze terrestri ma Arabia Saudita ed Egitto hanno assicurato la propria di-
sponibilità ad inviare a combattere i propri soldati in Yemen. Secondo indiscre-
zioni di stampa saudita, la coalizione anti-Houthi sarebbe riuscita ad imporre la chiu-
sura dello spazio aereo yemenita, adottando una no-fly zone localizzata ai confini
aerei e spaziali del Paese. A queste forze potrebbe aggiungersi presto anche la
Turchia che, nel condannare l’instabilità provocata dagli Houthi, avrebbe fornito la
sua disponibilità ad entrare a far parte della coalizione militare. Gli Stati Uniti, in-
vece, hanno spiegato che prenderanno parte all’operazione militare solo con compiti
di logistica e di intelligence di supporto agli attori realmente impegnati sul campo,
escludendo inoltre qualsiasi coinvolgimento militare attivo, sia esso aereo o terrestre.
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Secondo le intenzioni dell’Arabia Saudita, Decisive Storm, congiuntamente con GCC
e Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Jamal Benomar, sarà
mirata a favorire un dialogo nazionale che porti entro breve tempo alla definizione
di una vera transizione politica e, quindi, al ritorno alla legalità e alla legittimità del
governo eletto.
Nel frattempo Hadi è fuggito il 24 marzo dal Paese ed è riparato a Riyadh su invito
del Re saudita Salman. Prima, però, l’ex Presidente è atterrato in Egitto, a Sharm el-
Sheikh, per partecipare ai lavori del summit della Lega Araba. Infatti, proprio a
Sharm el-Sheikh, già luogo due settimane fa della Conferenza internazionale per lo
Sviluppo Economico dell’Egitto, si è tenuto un atteso Vertice che poneva al centro
dell’agenda dell’organizzazione pan-araba la questione yemenita e le altre crisi, più
o meno congelate, del Grande Medio Oriente. L’occasione ha fornito tuttavia la pos-
sibilità di discutere nuovamente della proposta egiziana di creazione di un co-
mando interforze regionale di intervento rapido, mirato a inserirsi nelle zone ad
alto potenziale di conflitto con compiti di stabilizzazione e pacificazione. Questa forza
dovrebbe essere composta da 40mila soldati, unità aeree e navali, con un comando
unificato in Egitto o in Arabia Saudita. Un progetto che tuttavia non è immediato e
dovrebbe richiedere molti mesi per stabilirne struttura e meccanismi. Seppur appro-
vata nella sua interezza da parte dei 22 membri della Lega Araba, la proposta egiziana
pone tuttavia fin da subito molti interrogativi: non è chiaro se questa forza possa
essere in qualche forma già funzionante in Yemen (come vorrebbero i membri della
coalizione di Decisive Storm) o in altri teatri operativi e, soprattutto, con quali compiti
definiti.
COALIZIONE DECISIVE STORM – FONTE: AL-ARABYIA ENGLISH
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BREVI
AFGHANISTAN, 25 MARZO ↴
Il Presidente afghano Ashraf Ghani e il Primo
Ministro Abdullah Abdullah si sono recati per la
prima volta dall’inizio del loro mandato a
Washington per una visita ufficiale. All’arrivo, lunedì
23 marzo, i due hanno incontrato il Segretario di
Stato, della Difesa e del Tesoro statunitensi, mentre
martedì 24 hanno tenuto un pranzo di lavoro e un
meeting con Obama per discutere in merito alle truppe americane presenti in
territorio afghano. Lo scopo della visita è stato infatti quello di chiedere al Presidente
statunitense di ritardare la ritirata dei propri soldati dal Paese. Nella conferenza
stampa seguita all’incontro dei due Capi di Stato, Obama ha affermato che manterrà
le 9.800 truppe presenti in Afghanistan fino alla fine del 2015, con lo scopo di
continuare a sostenere le forze dell’ordine afghane nel rafforzamento della sicurezza
interna. Il Presidente ha inoltre dichiarato che «l’Afghanistan resta un posto molto
pericoloso» e che la visita di Ghani è stata «un’opportunità per iniziare un nuovo
capitolo nelle relazioni delle nostre nazioni». Il giorno successivo, mercoledì 25
marzo, Ghani ha pronunciato un discorso al Congresso riunito in seduta comune
ricordando che «più di un milione di coraggiosi americani ha combattuto in
Afghanistan, il popolo afghano riconosce il coraggio di questi soldati e il terribile
sacrificio che gli americani hanno fatto per liberare l’Afghanistan. Abbiamo un
profondo debito nei confronti dei soldati che hanno perso i propri arti a causa delle
bombe interrate, ai coraggiosi veterani, e alle famiglie che hanno tragicamente perso
i propri cari a causa dei codardi atti di terrore dei loro nemici». Infine, alcune ore
prima del discorso a Washington di Ghani un’autobomba è stata fatta esplodere in
un’affollata strada di Kabul causando circa sette morti e oltre 30 feriti.
CUBA-UE, 23-24 MARZO ↴
L’Alto Rappresentante della Politica Estera e di
Sicurezza Comune dell’Unione Europea, Federica
Mogherini, si è recata a Cuba per una storica visita
ufficiale che assume un importante rilievo istituzionale
in quanto è la prima volta che il massimo
rappresentante della PESC incontra le autorità cubane.
Il passo in avanti dell’Unione Europea (UE) segue
l’altrettanto storica ripresa dei colloqui tra USA e Cuba, avviati segretamente nel
giugno 2013 dall’amministrazione Obama per normalizzare le relazioni con il vicino
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di casa e giungere alla fine dell’embargo ultracinquantennale. L’UE e Cuba hanno
cominciato ad aprile, tramite i loro capi delegazione, a discutere di un “Accordo di
dialogo politico e di cooperazione”, un nuovo patto che cerca di aggiornare i principi
alla base della politica estera condivisa, finora condizionati dal rispetto dei diritti
umani sul territorio cubano. Mogherini ha incontrato prima il Ministro degli Esteri
Bruno Rodriguez, poi il Presidente cubano Raùl Castro, cha dal 2008 ha preso le redini
del Paese dal fratello Fidel. Sul tavolo di questi storici colloqui con L’Avana c’è
innanzitutto la volontà di normalizzare i rapporti politico-economici tra UE e Cuba.
L’UE è il secondo partner commerciale di Cuba, dopo il Venezuela, ed è il maggiore
investitore straniero sull’isola. Gli investimenti esteri rappresentano per Raùl Castro
una necessità importante dal momento che il suo progetto di actualización del
socialismo, ovvero la progressiva apertura dell’economia cubana allo sviluppo
dell’attività privata, necessita di capitali non disponibili attualmente sull’isola.
Mogherini ha poi incontrato anche il primate della Chiesa cattolica, il cardinale Jaime
Ortega, con l’esplicito intento di voler rimarcare l’importanza che ha rivestito la
Chiesa cattolica locale e più in generale la Santa Sede nell’avvio del processo
riformatore.
FRANCIA, 22 MARZO ↴
Sebbene le previsioni delle settimane scorse
confermassero il Fronte Nazionale (FN) di Marine Le
Pen in testa in tutti i sondaggi, il primo turno delle
elezioni amministrative hanno conosciuto invece una
vittoria del partito di centro-destra dell’ex-Presidente
Nicholas Sarkozy, l’Unione per un Movimento Popolare
(UMP), il quale ha ottenuto il 28,75% dei voti,
riportando l’ex Presidente al centro della scena politica nazionale, a due anni dalle
prossime elezioni presidenziali. Piazza d’onore invece per il FN che ottiene il 25,19%
delle preferenze dei francesi. Alle spalle dei due partiti di destra si è piazzato il Partito
Socialista (PS) del Capo di Stato François Hollande e del Primo Ministro Manuel Valls,
che, con le formazioni alleate (Unone di Sinistra e Partito Radicale di Sinistra), ha
raggiunto il 21,85%. Il risultato del FN è stato considerato una vittoria da Le Pen, la
quale ha affermato che il FN sarebbe «il primo partito nazionale» e «questo voto
mostra che i francesi vogliono ritrovare la loro libertà e hanno compreso che un’altra
politica è possibile». Si tratta infatti della prima volta nella sua storia che il FN
raggiunge un esito così positivo. In molte parti il FN ha raggiunto oltre il 30% dei voti
e al nord sarà presente, al secondo turno, in 37 dei 41 cantoni. I numeri dimostrano
tuttavia come la virata popolare sia più verso il centro-destra di Sarkozy che non ad
estrema destra. L’ex-Presidente in merito al secondo turno ha affermato che non
cercherà «alcuna coalizione nè a livello nazionale nè locale» per poter raggiungere la
maggioranza. Sarkozy, che nel 2012 subì la sconfitta alle presidenziali per manio
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dell’avversario Hollande, ha di fatti affermato in merito al risultato del FN che «questo
partito, che ha lo stesso programma dell’estrema sinistra, e che si è congratulato
della vittoria dell’estrema sinistra in Grecia, non porterà alcuna soluzione per i
francesi». Il Primo Ministro Valls, in merito alla sconfitta del PS si è espresso dicendosi
comunque soddisfatto del risultato «onorabile», aggiungendo che il PS ha «resistito
meglio del previsto». Valls ha ammesso infine che il supporto per il FN è ancora
«troppo forte e l’astensione troppo elevata». Non si sono difatti recati alle urne il
49,83% dei francesi. Si attende pertanto la decisione definitiva al secondo turno di
domenica 29 marzo.
ITALIA-TERRORISMO, 7 MARZO ↴
È di tre arresti – due cittadini albanesi e un
marocchino naturalizzato italiano – e almeno otto
perquisizioni tra Piemonte, Lombardia e Toscana, il
risultato di Balkan Connection, un’operazione anti-
terrorismo condotta congiuntamente dalla Direzione
Centrale della Polizia di Prevenzione (DCPP), dalla
Divisione Investigazioni Generali e Operazioni
Speciali (DIGOS) di Brescia con le questure di Torino, Como e Massa Carrara, che ha
condotto allo smantellamento di una cellula terroristica operativa tra il Piemonte e
l'Albania. Per i due albanesi, Alban Haki Elezi e Elvis Elezi, zio e nipote, l'accusa è di
reclutamento con finalità di terrorismo, mentre per l'italo-marocchino di apologia di
delitti di terrorismo, aggravata dall'uso di internet: il giovane sarebbe infatti autore
del primo documento di propaganda in italiano dell'IS, diffuso sul web, dal titolo
“Stato Islamico, una realtà che ti vuole comunicare”. La cellula sarebbe stata infatti
in contatto con Anas al-Abboubi, marocchino residente a Brescia e inserito nella lista
dei 65 foreign fighters italiani che ingrossano le fila del Califfato Islamico in Siria. I
tre uomini avrebbero infatti individuato un aspirante combattente da inviare in Siria,
un giovane italo-tunisino residente in provincia di Como, che verrà ora sottoposto a
sorveglianza speciale e i cui documenti validi per l’espatrio verranno sospesi.
L’operazione – condotta senza il supporto diretto dei servizi segreti – ha dunque
messo nuovamente in evidenza, come nel caso delle retate seguite agli attentati di
Parigi, la connessione con i fenomeni di proliferazione terroristica (sia in termini di
traffico di armi che di circolazione di persone) che provengono dai Balcani. Nel corso
del 2014, infatti, le autorità albanesi e kosovare avevano sgominato reti che
organizzavano la partenza di combattenti per la Siria e per l’Iraq, mentre restano
ancora attive cellule dedite al reclutamento e all'addestramento non solo in Albania
e in Kosovo, ma anche in Macedonia, Montenegro, Bosnia Erzegovina e Serbia, con
quest’ultima ritenuta partner essenziale di Unione Europea (ma anche Russia) nelle
strategie di counter-terrorism.
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SUDAN-EGITTO-ETIOPIA, 24 MARZO ↴
Sudan, Egitto ed Etiopia hanno firmato a Khartoum un
accordo preliminare sulla gestione delle acque del Nilo
che il monumentale progetto infrastrutturale etiope
minacciava di rendere oggetto di aspra contesa. La
Diga del Rinascimento, annunciata nel 2010 dal
governo di Addis Abeba e oggi in stato di avanzamento
grazie ai finanziamenti cinesi che consentiranno di
coprire una spesa vicina ai 5 miliardi di dollari, aveva incontrato la dura opposizione
degli Stati a valle, che temevano una riduzione della portata del Nilo Azzurro e la
conseguente revisione unilaterale delle quote fissate dai trattati di epoca coloniale.
La dichiarazione di principio raggiunta dai tre Paesi rivieraschi tende esplicitamente
a salvaguardare i diritti di utilizzo delle acque fluviali. Il Primo Ministro etiope
Hailemariam Desalegn ha assicurato che la realizzazione dell’opera non danneggerà
gli interessi sudanesi ed egiziani. L’accordo quadro, derubricato come “storico” dal
Presidente sudanese Omar al-Bashir, prevede anche l’istituzione di un meccanismo
per la risoluzione delle
controversie. Come
ricordato dal
Presidente egiziano
Abdel Fattah al-Sisi,
questa prima apertura
dovrà essere seguita
dall’effettiva
elaborazione di un
sistema multilaterale
per l’equa
distribuzione delle
acque del Nilo.
Tuttavia, la forte
pressione
demografica e il
crescente
sfruttamento delle
risorse idriche del
bacino non rimuovono
il rischio concreto di
una progressiva
diminuzione dei flussi
disponibili, dunque
aumentando la gravità del negoziato aperto a Khartoum.
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UCRAINA, 24 MARZO ↴
Con 348 voti favorevoli e 48 contrari, la Camera dei
Rappresentanti USA ha approvato una risoluzione che
chiede – e autorizza in questo senso – alla Casa Bianca
l'invio di sistemi di difesa letali all’Ucraina affinché
questa possa difendere la propria integrità territoriale.
Pur se non vincolante, il documento ha un importante
valore politico che mette il Presidente Obama,
accusato in particolare di tenere una linea troppo attendista, nella difficile condizione
di gestire le richieste interne con il delicato contesto internazionale. Sul piano interno
il 25 marzo Poroshenko ha formalizzato le dimissioni del governatore della regione di
Dnipropetrovsk, Igor Kolomoisky, la più importante regione industriale del Paese.
Kolomoisky, oligarca con un patrimonio stimato in 1,8 miliardi di dollari, cofondatore
della PrivatBank (il più grande istituto d’investimenti privato ucraino) e proprietario
dell'emittente televisiva “1+1”, era stato nominato governatore dopo la destituzione
di Yanukovich e ha supportato le autorità centrali – attraverso il finanziamento dei
Battaglioni Dnepr-1 e Dnepr-2 – nell'offensiva contro i separatisti filo-russi del
Donbass. La rimozione dell'incarico è ufficialmente motivata dalle tensioni generate
dall'approvazione da parte della Rada (19 marzo) di alcuni emendamenti alla legge
sulle società per azioni, che aveva comportato la sospensione dal Consiglio di
Amministrazione di UkrTransNafta (sussidiaria di UkrNafta, il più grande produttore
di petrolio e gas nel Paese) di Alexander Lazorko, uomo di fiducia di Kolomoisky che
controlla il 42% dell'ente energetico attraverso la stessa PrivatBank. Al posto di
Lazorko è stato nominato Yuri Miroshnik, vicino a Poroshenko. Il siluramento dell'ex
governatore dell’oblast di Dnipropetrovsk è dunque avvenuto dopo che un gruppo di
uomini armati, sospettati di essere stati inviati dallo stesso Kolomoisky e appartenenti
alla squadra Dnepr-1, ha occupato il quartier generale della UkrTransNafta. Oltre ad
una possibile spaccatura tra classe oligarca e classe dirigente, l'episodio potrebbe
creare un nuovo pericoloso cuneo di instabilità vista anche la prossimità geografica
alle regioni separatiste. Il rischio è che le forze ribelli possano prendere nuovo vigore,
così come che i battaglioni finanziati dall'ex governatore possano allentare la propria
lealtà a Kiev. Il leader dell’auto-proclamata Repubblica Popolare di Donetsk,
Alexander Zakharchenko, ha provocatoriamente invitato Kolomoisky, sostituito ora
da Valentyn Reznichenko, ad istituire la Repubblica autonoma di Dnipropetrovsk.
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ALTRE DAL MONDO
CAUCASO, 25 MARZO ↴
Il Dipartimento di Stato USA ha inserito Aliaskhab Kebekov (meglio conosciuto come
Ali Abu Muhammad al-Dagestani) nella propria black list del terrorismo internazio-
nale. Al-Dagestani ha scalato i vertici dell’Emirato Islamico del Caucaso nel febbraio
2014 a seguito della morte improvvisa dell’ex leader Doku Umarov, ucciso in un’ope-
razione congiunta di anti-terrorismo dalle forze russe e cecene.
CINA-INDIA, 23 MARZO ↴
È iniziato a New Delhi il 18° round di negoziati sulle dispute territoriali tra Cina e
India, il primo da quando Narendra Modi ha assunto la carica di Primo Ministro. L’in-
contro è volto ad intensificare i legami tra i due Paesi in vista della visita ufficiale di
Modi a Pechino in maggio. In un comunicato i rappresentanti dei due governi, il cinese
Yang Jiechi e l’indiano Ajit Doval, hanno affermato la volontà di rafforzare «il processo
tripartito per giungere presto ad una soluzione adeguata, ragionevole e reciproca-
mente accettabile» in merito ai contesi 4.057 Km di confine condiviso.
GIAPPONE, 20 MARZO ↴
Il governatore dell’isola di Okinawa, Takeshi Onaga, ha ordinato la sospensione dei
lavori per lo spostamento della base navale USA di Futenma, riaccendendo tensioni
latenti. Dal canto suo Tokyo, che tiene particolarmente all’alleanza con Washington,
ha affermato che il progetto andrà avanti nonostante l’opposizione di Onaga. Nella
stessa giornata il Primo Ministro Shinzo Abe ha incontrato il Presidente indonesiano
Joko Widodo al fine di rafforzare i legami bilaterali economici e di difesa tra i due
Stati. In particolare i vertici hanno raggiunto accordi in merito alla sicurezza costiera,
alla regolarità nei dialoghi tra i rispettivi Ministeri di Difesa e degli Esteri ed hanno
stabilito infine la necessità di maggiori investimenti giapponesi in Indonesia.
GIORDANIA, 24 MARZO ↴
Mosca e Amman hanno raggiunto l’accordo per la costruzione del primo impianto
nucleare in territorio giordano. La crescente instabilità regionale ha seriamente com-
promesso gli approvvigionamenti energetici della Giordania, che dipende dall’impor-
tazione d’idrocarburi (principalmente da Iraq e Egitto). La centrale di Amra sarà con-
clusa nel 2022 e nelle parole di Sergej Kiriyenko, direttore dell’agenzia nucleare russa
Rosatom, rappresenta il varo di una partnership strategica.
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ISRAELE, 25 MARZO ↴
Il Presidente della Repubblica Reuven Rivlin ha ufficialmente affidato al Premier
uscente Benjamin Netanyahu l’incarico di formare un nuovo esecutivo «il più largo
possibile e in breve tempo». Netanyahu avrà 14 giorni di tempo per comporre un
nuovo governo, con una possibile proroga di altri 14 giorni a discrezione del Presi-
dente. Nel frattempo le trattative tra Likud e Kulanu (quarta forza alle elezioni con
10 seggi e in predicato da tempo di entrare nella coalizione di maggioranza) sono
giunte ad uno stallo a causa di alcune frizioni tra le parti sulle risorse da destinare a
welfare e coesione sociale.
NIGERIA, 27-28 MARZO ↴
Dopo aver riconquistato la città di Damasak, attraverso un’offensiva congiunta con le
truppe nigerine, le truppe ciadiane si sono riposizionate a Mora, città camerunense
situata a sud di Fotokol. Nel frattempo sono iniziate in Nigeria le operazioni di voto
per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. I miliziani di Boko Haram hanno
lanciato i propri attacchi al alcuni seggi: venerdì almeno 30 persone sono state de-
capitate nel villaggio di Buratai, mentre il giorno dopo almeno 25 persone sono state
uccise in cinque diversi attacchi.
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, 26 MARZO ↴
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha rinnovato per ulteriori 12 mesi il mandato della
MONUSCO, la missione delle Nazioni Unite nel Paese africano. La risoluzione prevede
una riduzione del dispositivo multinazionale di circa 2.000 unità. Tale decisione è il
frutto della revisione strategica della MONUSCO che prevede di costituire una forza
più efficiente, ma rappresenta anche un accoglimento parziale delle richieste del go-
verno di Kinshasa che vuole una rapida dipartita delle truppe onusiane.
REGNO UNITO-ARGENTINA, 24 MARZO ↴
Il Ministro della Difesa britannico, Michael Fallon, ha annunciato un rafforzamento del
contingente militare presente sull’arcipelago delle Falkland – la cui sovranità è recla-
mata ancora oggi dall’Argentina – con l’obiettivo dichiarato di difendere il diritto degli
isolani di rimanere britannici. A questo scopo Londra ha annunciato una spesa di 280
milioni di sterline nei prossimi 10 anni per il rafforzamento dei 1.200 soldati già pre-
senti, una miglior ricollocazione degli stessi, l'invio di due elicotteri RAF-Chinook per
il presidio territoriale, nonché l’installazione di un sistema di comunicazione avanzato
presso la base di Mont Pleasant e la prossima sostituzione del sistema missilistico
Rapier con un altro più avanzato entro la fine del decennio. La decisione sarebbe
dovuta alle presunte trattative in corso tra Buenos Aires e Mosca sulla fornitura russa
di 12 bombardieri a lungo raggio.
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SPAGNA, 22 MARZO ↴
Con 47 seggi su 109, il Partido Socialista Obrero Español (PSOE) ha vinto le elezioni
anticipate per il rinnovo del Parlamento andaluso. 33 seggi invece per il Partido Po-
pular (PP), in calo di 7 seggi rispetto alle consultazioni del 2012, e appena 5 (contro
i 12 del 2012) per Izquierda Unida (IU). Ottima la performance per il partito populista
Podemos di Pablo Iglesias (15 seggi), per la prima volta ad un voto nazionale, e per
il partito centrista Ciudadanos di Albert Rivera (9 seggi). L'appuntamento può essere
considerato un importante test politico in vista delle elezioni legislative spagnole del
prossimo autunno.
SUD SUDAN, 24 MARZO ↴
Il Parlamento di Juba ha approvato una misura che estende di ulteriori tre anni il
mandato del Presidente Salva Kiir, passando dal 2015 al 2018. La legge approvata
dai due terzi dell’Assemblea sudsudanese rappresenta di fatto una violazione degli
accordi di pace siglati lo scorso 2 febbraio ad Addis Abeba, che prevedevano la crea-
zione di un governo di transizione che avrebbe dovuto condurre il Paese alle elezioni.
L’opposizione, guidata dall’ex vice Presidente Riek Machar, ha condannato la deci-
sione, ritenendola un escamotage per mantenere al potere il Presidente Kiir.
TURCHIA, 24 MARZO ↴
L'esercito turco ha lanciato una vasta operazione militare contro i rifugi e i depositi
del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) nella zona di Mazidağı della provincia di
Mardin, nel sud-est della Turchia. L’iniziativa, motivata ufficialmente dai media turchi
come una risposta a colpi di mortaio esplosi dallo stesso PKK, ma che potrebbe avere
anche lo scopo di compattare il fronte nazionalista in vista delle elezioni politiche del
prossimo 7 maggio, è scattata tre giorni dopo la dichiarazione del leader curdo Ab-
dullah Öcalan circa il rilancio del processo di pace con Ankara.
TUNISIA, 26 MARZO ↴
Il Ministero degli Interni tunisino ha annunciato di aver arrestato a Tunisi il capo della
presunta cellula terroristica accusata dell’attentato al Museo del Bardo lo scorso 18
marzo. L’uomo, un tunisino che risiederebbe abitualmente in Belgio, sarebbe stato a
capo di un commando di 16 persone (alcune delle quali arrestate) organizzato in
quattro divisioni al loro interno (ciascuna preposta per una funzione dedicata) e che
risponderebbe alla brigata jihadista tunisina Okba ibn Nafaa, diretta dall’algerino
Luqman Abu Sakhr, presunto affiliato allo Stato Islamico.
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ANALISI E COMMENTI
SPAGNA, IL VOTO IN ANDALUSIA E LA CRISI DEL BIPARTITISMO
DAVIDE VITTORI ↴
Tiene il Partido Socialista Obrero Español (PSOE), crolla il Partido Popular (PP) e il
bipartitismo continua a traballare. Volendo riassumere in una riga l’esito delle elezioni
in Andalusia, sono questi i tre verdetti principali che riguardano non solo lo scenario
politico locale, ma anche quello nazionale. Il PSOE con 47 seggi ottiene la maggio-
ranza relativa nel Parlamento andaluso, mentre il PP (33 seggi) esce sconfitto dalle
urne; ottimo il risultato ottenuto dai neonati movimenti Ciudadanos e Podemos a
scapito dell’ex sinistra comunista di Izquierda Unida (IU). La tornata elettorale ha
rappresentato un banco di prova per tutte le forze politiche in vista di quelle munici-
pali di maggio e soprattutto di quelle previste a settembre in Catalogna, a cui segui-
ranno entro la fine dell’anno anche quelle politiche (la cui data esatta non è stata
ancora definita) (…) SEGUE >>>
COUNTRY PROFILES: YEMEN
BEATRICE NICOLINI ↴
La Repubblica Unita dello Yemen, che comprende l’isola di Socotra nell’Oceano In-
diano e gli arcipelaghi di Perim e Kamaran sul Mar Rosso, è uno dei Paesi più poveri
del Medio Oriente e del mondo, mentre la percentuale di PIL destinata alle spese
militari lo pone al settimo posto. Sia il territorio sia le isole possiedono importanti
risorse: una flora ricchissima con proprietà medicamentose e antiossidanti (incluso il
qat/kat, una droga leggera esportata in tutto il mondo), spezie preziose (l’incenso e
la mirra delle terre della Regina di Saba), e una cultura e un’architettura che attrag-
gono studiosi e turisti. Oltre a ciò, quattro milioni di barili di petrolio vengono tra-
sportati ogni giorno nello stretto di Bab al-Mandeb (30 Km), tra lo Yemen e la Somalia
La sua posizione strategica nell’angolo meridionale della penisola arabica, ai confini
con il Sultanato dell’Oman e con il Regno dell’Arabia Saudita, con i quali condivide
1770 Km di frontiera, ne costituisce la sua importanza da millenni (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
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