Adeste 15 domenica 10 aprile 2016c

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Julien Dupre “ Pastore”

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Julien Dupre “ Pastore”

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Il pastore di Alba de Clara

Un’esistenza dura e frugale, fa�a

di fa�ca, solitudine e costante

esposizione alle intemperie, nel

con�nuo �more di possibili

Il mes ere di pastore. Poco

per volta si è visto come di

cose da fare ce ne siano, e non po-

che. Dipende dalla stagione, dipen-

de da dove ci si trova, dipende da

quan animali ci sono nel gregge,

dipende dalle condizioni meteo,

dipende… Però ci viene anche da

chiederci: “ma gli animali non man-

giano da soli? dove sta l’abilità del

pastore nel farli pascolare? E’ vero.

Mica nessuno porta al pascolo ca-

mosci, stambecchi, … Se la cavano

da soli, no? E invece, anche in

montagna, il pastore è sempre lì a

sorvegliare, a guardare, a chiama-

re, spostare il gregge, mandare il

cane. Bisogna però fare una dis n-

zione tra l’alpeggio e la pianura. Sui

mon , le pecore potrebbero anche

rimanere da sole, non ci fosse il

pericolo del lupo. Anzi, sono i pa-

stori per primi a dire che le pecore

erano più belle una volta, quando

le lasciavi libere e non dovevi chiu-

derle nel recinto alla sera. Perchè

pascolavano quando ne avevano

voglia, magari anche di no-e. Però

il pastore decide anche di spostare

il gregge quando l’erba scarseggia.

Se le pecore fossero

“abbandonate” a sè stesse, finireb-

bero per radunarsi sulla cresta, in

alto, dove non sempre c’è molto

da mangiare. Invece lui le guida,

decide dove si va al pascolo giorno

dopo giorno, cerca di evitare le zo-

ne più pericolose per la caduta dei

sassi. Sa quando è necessario man-

dare il cane per farle girare e dove

invece quest’operazione è contro-

producente, perchè un brusco mu-

tare di direzione degli animali può

portare ad ulteriori cadute di pie-

tre, o a far ammucchiare le bes e.

Decide quand’è ora di salire più in

alto, quando invece si scende. Fa

pascolare a fondo, senza sprecare

erba, senza rovinare il co co erbo-

so. …il buon pastore… non tu2 pe-

rò hanno la stessa esperienza, la

stessa professionalità! Essere pa-

stori non è solo andare al pascolo

bisogna avere abilità e capacità. E

d’autunno? E nell’inverno? Qui l’a-

bilità conta ancora di più. Sono i

giorni della fame d’erba, quando

non sempre sai dove portare i tuoi

animali affinchè si sfamino. Saper

scegliere il percorso, sapere se è

meglio pascolare un prato al ma2-

no, una stoppia al pomeriggio. Va-

lutare il foraggio, perchè basta po-

co, un errore del pastore, e gli ani-

mali gonfiano a causa del troppo

mais o dell’erba medica, o di qual-

che altra erba di cui hanno fa-o

indiges one. Decidere quando

spostarsi, anche le bes e hanno

ancora il capo a terra. Oppure ri-

manere, anche se vanno avan ed

indietro come se non ci fosse più

niente da mangiare. Ci sono quei

pastori che rano le re al ma2no,

e le spostano al pomeriggio, alla

sera. “Ma poi si vedono i risulta-

…”. Certo, le belle pecore, quelle

che affondando la mano nella

schiena, tra la lana, sen il grasso,

la carne. E le altre, dove invece

tocchi le ossa. Sapersi muovere. Lo

spazio per i pastori è ristre-o, a

loro è concesso solo quello che

non usano gli altri. Non bisogna poi

ovviamente danneggiare nessuno,

così a volte è necessario rare cen-

naia di metri di re , solo per far

passare il gregge a fianco di un

campo di grano. Appena uscite dal

recinto, affamate, difficilmente le

bes e resisterebbero al richiamo di

quel verde tenero. Non avere

fre-a, a-endere che gli animali si

sazino. Concedere loro il tempo

per pascolare, per ruminare,

aspe-are che il caldo diminuisca in

primavera o in estate, per poi ri-

prendere a piegare la testa sull’er-

ba. A-endere nonostante il vento,

la pioggia, il freddo. Scegliere in

base alle esigenze degli animali, e

non a quelle dell’uomo. Ma è co-

munque il pastore che sa, che indi-

rizza. Tanto è vero che quando una

o più pecore restano fuori dal greg-

ge per qualche mo vo, nel mo-

mento in cui vengono recuperate

sono “vuote”, non hanno pascolato

a sufficienza. Perchè, nonostante

tu-o, sono… animali domes ci!?!

Non guardare l’orologio, ma solo le

pecore. Perchè sono loro a far

capire se è ora di andare nel recin-

to, oppure si con nua a pascolare

anche dopo il tramonto. E’ facile

dire che in questo modo si gode di

paesaggi e vedute che ormai sono

precluse ai più, che passano la gior-

nata al chiuso, oppure in quei mo-

men sono in auto, nervosi, nel

traffico. Fare il pastore invece è

difficile, qualche volta la passione

non basta… Il buon pastore capisce

le esigenze dei suoi animali: quan-

do stanno male, quando bisogna

andare a bere al fiume, quando

hanno voglia di sale. Insomma, co-

me tu2 i mes eri… bisogna saper-

lo fare. E se lo sai fare bene, vedrai

i risulta : animali sani, di bell’a-

spe-o, robus . Che poi questo

venga riconosciuto nel momento

della vendita è un altro discorso,

purtroppo…

- See more at: h-p://www.l-

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Quella domanda: mi ami tu? Gli Apostoli sono tornati là dove tutto ha avuto inizio, al loro mestiere di prima, alle parole di sempre: vado a pescare, veniamo anche noi; e poi notti di fatica, barche vuote, volti delusi. L'ultima apparizione di Gesù è raccontata nel contesto della nor-malità del quotidiano. Dentro di esso, nel cerchio delle azioni di tutti i giorni anche a

noi è dato di incontrare Colui che abita la vita e le persone, non i recinti sacri. Gesù ritorna da coloro che l'hanno abbandonato, e invece di chiedere loro di inginocchiarsi davanti a lui, è lui che si inginocchia davanti al fuoco di brace, come una madre che si mette a preparare da mangiare per i suoi di casa. È il suo stile: tenerezza, umiltà, custodia. Amici, vi chiamo, non servi. Ed è molto bello che chieda: portate un po' del pesce che avete preso! E il pesce di Gesù e il tuo finisco-no insieme e non li distingui più. In questo clima di amicizia e semplicità, seduti attorno a un fuoche-rello, si svolge il dialogo stupendo tra Gesù e Pietro. Gesù, maestro di umanità, usa il linguaggio semplice dell'amore, domande risuonate sulla terra in-finite volte, sotto tutti i cieli, in bocca a tutti gli innamorati che non si stancano di sapere: mi ami? Mi vuoi bene? Semplicità estrema di parole che non bastano mai, perché la vita ne ha fame; di domande e risposte che anche un bambino capisce perché è quello che si sente dire dalla mamma tutti i giorni. Il linguaggio del sacro diventa il linguaggio delle radici profonde della vita. La vera religione non è mai separata dalla vita. Seguiamo le tre domande, sempre uguali, sempre diverse: Simone, mi ami più di tutti? Pietro ri-sponde con un altro verbo, quello più umile dell'amicizia e dell'affetto: ti voglio bene. Anche nella seconda risposta Pietro mantiene il profilo basso di chi conosce bene il cuore dell'uomo: ti sono ami-co. Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario. Gesù adotta il verbo di Pietro, si abbassa,

si avvicina, lo raggiunge là dov'è: Simone, mi vuoi bene? Dammi affetto, se l'amore è troppo; amicizia, se l'amore ti mette pau-ra. Pietro, sei mio amico? E mi basterà, perché il tuo desiderio di amore è già amore. Gesù rallenta il passo sul ritmo del nostro, la misura di Pietro diventa più importante di se stesso: l'amore vero mette il tu pri-ma dell' io. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio mendicante d'amore, Dio delle briciole, cui basta così poco, e un cuore sincero. Nell'ultimo giorno sono certo che se an-che per mille volte avrò tradito, il Signore per mille volte mi chiederà soltanto que-sto: Mi vuoi bene? E io non dovrò fare

altro che rispondere per mille volte, soltanto questo: Ti voglio bene.

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Per tanti fedeli cattolici degli Stati Uniti non è un caso che madre Angelica, la suora più famosa d’America, sia morta proprio il giorno di Pasqua. Il 27 marzo, infatti, si è spenta a 92 anni per un ictus madre Maria Angelica dell’Annunciazione, un’autorità nel mondo cattolico statunitense avendo fondato l’Eternal World Television Net-work (Ewtn), un network religioso capace di raggiungere 250 milioni di case in 144 paesi. FAMIGLIA E SALUTE. Rita Rizzo, questo il suo nome, era nata il 20 aprile 1923 in Ohio in una famiglia povera e problematica con un padre violento e una madre affetta da depressione. La sua infanzia fu davvero difficile se è vero, come è nar-rato nella biografia curata da Raymond Arroyo, che fu costretta persino a elemosinare e, a causa di una salute cagionevole, a soffrire di dolori di stomaco e a portare il busto fino ai vent’anni. Ma la ragazza era caparbia, tanto da aiutare la madre a risollevarsi, mentre cresce-va in lei la consapevolezza – la biografia riporta anche episodi miracolosi – della sua vocazione religiosa. Fu così che si avvicinò all’ordine contemplativo delle clarisse francescane e, dopo nove anni di postulato, nel 1953, prese i voti perpetui con il nome di madre Angelica. LA TV. La svolta della sua vita avvenne nel 1978, quando entrò in uno studio televisivo di Chicago. Fu in quel momento che comprese come il mezzo te-levisivo potesse essere utilizzato per diffondere il Vangelo. Nulla poté più fermarla, nemmeno le titu-banze (quando non le aperte ostilità) delle gerar-chie ecclesiastiche che poco credevano nei suoi pro-getti. Ma Angelica era determinata: soprattutto confi-dava ciecamente nella Provvidenza che le si palesò davanti con il volto del filantropo newyorchese Peter Grace e con quello dell’avvocato d’affari Bill Stelte-meier che lasciò tutto per seguirla e fondare con lei la Ewtn (il 15 agosto 1981, solennità dell’Assunzione di Maria, altra data non casuale). Una tv che iniziò a tra-smettere da un garage, con pochi mezzi e poco perso-nale. La Chiesa statunitense, nello stesso periodo, puntò invece su un altro network, la Ctna, che non nascondeva le proprie simpatie liberal. Oggi la Ctna non esiste più. La Ewtn trasmette 24 ore su 24 e, dai venti dipendenti degli anni Ottanta, è arrivata a dare lavoro a quasi 400 persone. IL SOSTEGNO DEI PAPI. Suor Angelica – gran predicatrice, carisma da vendere – non è mai stata tipo da comodi compromessi. Nemmeno con le autorità ecclesiastiche del suo paese che tentarono a più ripre-se di imporle scaletta e programmi. Ma sulle verità di fede e sul magistero non transigeva: non amava i teo-logi dissidenti, non ospitava nei suoi studi vescovi “modernisti”. Le critiche non mancarono, così come gli elogi. Fra i più importanti non può essere dimenti-cato quello pubblico di un certo papa Giovanni Paolo II. E, più di recente, quello di papa Francesco, che il 12 febbraio in volo verso Cuba, le ha rivolto dall’ae-

reo un affettuoso saluto: «A Madre Angelica, con la mia benedizione. Le chiedo di pregare per me, ne ho bisogno. Dio ti benedica, Madre Angelica». LA PROVVIDENZA PAGA I CONTI. La provvi-denza, si diceva. La fede di madre Angelica ha davve-ro i connotati di quella dei “folli di Dio”. Un solo epi-sodio: convinta della necessità di ampliare l’audience della sua emittente le capitò di ordinare un apparec-chio satellitare dalle enormi dimensioni e dal prezzo salatissimo. Alla consegna, non avendo i dollari ne-cessari per pagarlo, si ritirò in preghiera rivolgendosi così a Dio: «Signore, ho pensato che tu volessi questo satellitare, ora dammi i soldi di cui ho bisogno!». Po-co dopo ricevette una telefonata dalle Bahamas: un miliardario americano aveva deciso di farle una dona-zione di 600 mila dollari. DIRANNO DI LEI. Ferrea sui principi – non si con-tano i suoi interventi contro divorzio, aborto e omo-sessualità praticata –, madre Angelica sapeva farsi benvolere nei rapporti personali. Nessuno sconto sulla verità, ma apertura totale ai figli di Dio. Per questo sono rimasti celebri i suoi scontri con l’arcivescovo di Los Angeles, Roger Mahony, dubbioso sulla presenza di Cristo nell’Eucarestia, ma anche le persone da lei convertite, come l’attore omosessuale Paul Darrow. E quando negli anni Novanta le polemiche si fecero così accese da mettere a repentaglio la vita stessa dell’emittente, madre Angelica seppe farsi da parte, presentando le dimissioni e lasciando ad alcuni laici la responsabilità di portare avanti la sua opera. Si amma-lò nel 2001. «Così come un tempo parlava ed era mol-to attiva – ha spiegato l’arcivescovo ausiliare di Los Angeles, Robert Barron -, aveva accettato il silenzio e l’immobilità». «Madre Angelica non era perfetta, e lei sarebbe stata la prima ad ammetterlo», ha proseguito Barron, ma «quando gli storici della Chiesa faranno i loro conti con gli anni immediatamente seguenti al Concilio Vaticano II, Rita Rizzo di Canton dell’Ohio, madre Angelica, troverà un posto d’onore molto im-portante». Leggi di Più: Chi era madre Angelica, fondatrice Ewtn | Tempi.it

Il miracolo mediatico di Suor Angelica, la fondatrice

di EWTN il canale radio televisivo cattolico america-no con 250 milioni di utenti Suor Angelica (Rita Rizzo

(taloamericana)

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S i sa che i bambini sono la “bocca della verità”, capaci di dire con semplicità quello che gli adulti a volte fanno fatica prima a ca-

pire e poi a esprimere. Così il chierichetto, alla domanda di un anziano fedele che voleva sapere chi era quel ragazzo di colore che stava rastrellando il giardino della chiesa della Madonna del Carmelo di Termoli, ha risposto: “Non è un ‘nero’. E’ Sekouba”. Cioè è vero che viene dalla Guinea Cona-kry, che è scappato per salvarsi la vita, che ha compiuto un viaggio avventuroso per arrivare in Italia dove ha ottenuto lo status di rifu-giato, ma adesso è uno di noi: è “solo” Sekouba. E’ il modo più semplice per capire il significato del progetto “Protetto. Un rifugiato a casa mia” attivato dallaCa-ritas diocesana di Termoli-Larino, nell’ambito del progetto nazionale di Caritas italiana, e che risponde al costante invito dipapa Francesco alle comunità cri-stiane di aprirsi alla sfida dell’accoglienza dei mi-granti.

LUNGO LE ROTTE DEI TRAFFICANTI Come migliaia di essi, Sekouba Camara è arrivato in Italia via mare nel 2014, racimolando risorse per pa-gare i trafficanti, ma il suo viaggio è iniziato molto prima. “Mia madre e mio padre – racconta – era-no insegnanti in una scuola della capitale e mio pa-dre era anche il responsabile zonale del partito di op-posizione al regime. Nel 2009 sono stati uccisi en-trambi nel corso di una grande manifestazio-ne avvenuta nel mio Paese ed è per questo che sono fuggito”. Dalla Guinea la fuga ha portato Sekouba in Mali e, attraverso il deserto, in Algeria e Li-bia dove, come molti, è stato incarcerato per tre mesi senza aver commesso nessun reato. La sua “fortuna” è stata che il comandante della prigione cercava mano-dopera gratuita per fare dei lavori a casa sua e il ra-gazzo guineano è capace di fare il piastrellista. “Siamo andati a lavorare a casa del comandante – rac-conta Sekouba – e poi siamo fuggiti. Con un amico conosciuto in Mali abbiamo cercato quelli che orga-nizzano i viaggi verso l’Italia con i barconi. Così siamo arrivati a Messina”. Cosa si aspettava? “La sécurité per la mia vi-ta », risponde Sekouba che è di madrelingua francese, ma ha imparato velocemente l’italiano. In Italia entra nel circuito dello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo) ‘Rifugio sicuro’, una rete diffusa sul territorio nazionale per la prima accoglienza di chi arriva in Italia fuggendo da guerre e persecuzioni. E’ così che arriva a Termoli e che il suo percorso incro-cia laparrocchia del Carmelo dove c’è la scuola di italiano per i rifugiati e, più tardi, quella del-la famiglia Bagnoli che oggi lo ospita.

UN RIFUGIATO A CASA MIA “Sekouba – spiega il responsabile del proget-to “Protetto. Un rifugiato a casa mia”, Pasquale Riccio – è il primo nella nostra diocesi ad essere ac-

colto in una famiglia. Dopo la prima accoglienza, in questa fase, che dura sei mesi, ha

la possibilità di orientar-si per trovare un lavoro e una sistemazione definitiva, in Italia o altrove, con il soste-gno materiale e affetti-vo della famiglia Bagnoli che è la sua famiglia tutor”. Una famiglia che si è senti-ta interpellata da papa Francesco in prima perso-na e che, indirizzata dal par-roco di Maria Santissima del

Monte Carmelo, don Ulisse Marinucci e insieme agli operatori Caritas, ha maturato la scelta di aprire la porta di casa al ventritreenne Sekouba. LA CONVIVENZA SI IMPARA IN PARROCCHIA “La scuola di italiano nei locali della parrocchia – commenta don Marinucci, che è stato il direttore della Caritas diocesana durante il cui mandato è ini-ziato il progetto Sprar che ha visto l’accoglienza in diocesi nel corso degli anni di diverse decine di rifu-giati da Pakistan, Iraq, Iran, Nigeria, Afghanistan, Siria, Ucraina per la maggior parte poi trasferitasi nei Paesi del nord Europa – ha colorato la vita della comunità della presenza dipersone di etnia, colore e religione diverse, facendo sper imentare vicinanza umana e favorendo una mentalità di accoglienza. Già in precedenza la comunità parrocchiale aveva adottato una famiglia di rifugiati siriani il cui bambi-no ha fatto la Prima Comunione da noi con una gran-de festa organizzata da tutta la parrocchia”. A Sekouba, che stava terminando il periodo nello Sprar, si era pensato di offrire almeno una certa indi-pendenza economica in cambio di qualche lavoretto in parrocchia e la sistemazione del giardino. “La Provvi-denza – aggiunge don Ulisse – ha voluto che arrivasse anche la disponibilità della famiglia ad accogliere il ragazzo in casa e così possiamo aiutarlo meglio”. “L’integrazione– sostiene don Ulisse – va fatta con calma, senza strappi,facendo conoscere anzitutto le storie che ci sono dietro gliimmigrati perché questo li rende ‘persone’ e non solo stranieri e diversi”.

I TERRORISTI NON SONO MUSULMANI E l’esperimento della convivenza come procede? “Benissimo – risponde Sekouba – i coniugi Bagnoli, Nicola e Antonietta, mi trattano come un figlio. Con Nicola usciamo spesso insieme e mi porta nella squa-dra dei vogatori”. La differenza di religione causa problemi? “Dio è sempre uno – risponde sicuro Sekouba che è musulmano e addolorato per gli atten-tati terroristici rivendicati dall’Isis in nome dell’Islam– anche se lo chiamiamo in maniera diversa. E nessuno può commettere violenze in nome di Dio. Il Corano dice che non si deve fare male agli altri. I terroristi non sono musulmani. Non sono musulmani, credetemi”

..tante chiacchere...ma pochi avrebbero il coraggio di questa famiglia

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Ho incontrato il Nazareno in pizzeria

«Vidi in fondo alla sala un ragazzo con la barba e i capelli lunghi che

conteneva tutte le caratteristiche di quello che, nella mia immagina-

zione, era Gesù Cristo...»

di Davide Van De Sfroos

M i trovavo in una pizzeria vicino a un porto, molto lontano da

casa mia. Mentre tagliavo fette e cercavo di mirare olive nere

con la forchetta, vidi in fondo alla sala un ragazzo con la barba e i ca-

pelli lunghi che conteneva tutte le caratteristiche di quello che, nella

mia immaginazione, era la manifestazione reale di Gesù Cristo. Tranne la

felpa dei Red Hot Chili Peppers. Avanzava tra i tavoli con una calma surreale. con uno sguardo dolce

e inesorabile, si muoveva nella mia direzione e pareva addirittura guardare verso di me. Stava sicu-

ramente raggiungendo la tavolata dei suoi coetanei in una sorta di cena aziendale o compleanno, si-

tuata alle mie spalle.

Ho cominciato a immaginarmelo circonfuso di luce, allargare le braccia e rivolgersi proprio a me

chiedendomi come fece con Pietro: «Tu...chi credi che io sia?...». E io immaginavo nitidamente il

suono della mia voce nel rispondergli:«Tu sei il buco nello specchio dove non mi riesco a vedere. Tu

sei lo slancio verso il dubbio luminoso, sei la freccia e il melograno che è colpito solo al centro, ma

coinvolge tutti i suoi semi insanguinati... Tu sei il sacro saltimbanco che ci ha fatto tremolare final-

mente e trattenere nuovo fiato nei polmoni per gridare in un domani sulla porta dell’amore... Sei la

forza regalata a noi caduti che viviamo reclinati, mormoranti e accontentati con un tatuaggio scuro

sulla buccia di vergogna... tu sei il sandalo perduto e troppe volte ritrovato per essere poi di nuovo

smarrito, sei la luce che rimane quando avranno calpestato ogni lampadina».

E mentre srotolavo tutte queste risposte tenute nascoste dentro da anni, mi resi conto che dopo ave-

re salutato effettivamente i suoi amici, il Nazareno

della pizzeria continuava a guardare me e mi si

stava avvicinando con un morbido sorriso. Mi si

bloccò per un istante la digestione, mi rifugiai nel

bicchiere, poi usai il tovagliolo per prendere tem-

po, ma ormai era appoggiato al mio tavolo. Qual-

cosa di incredibile stava avvenendo... mi avrebbe

davvero fatto la domanda? Ero confuso, spiazza-

to... Era Lui? Mi sorrise. E fece la doman-

da:«Scusa... Ma tu non sei quello che canta quelle

canzoni in dialetto?». Vidi le olive

della pizza mettersi a ridere, la

bottiglia del vino dondolare diver-

tita e poi mi arrivò il brusio della

tavolata che aspettava una sorta di

responso. Cambiai colore e sorrisi

imbarazzato, ma mentre stavo per

rispondere, qualcosa di più forte di

me si impossessò della mia voce e

quello che mi uscì fu: «E tu...chi credi che io sia?».

Corriere della Sera MILANO / CRONACA

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Niccolò Livaditti (n. 1804 , Trieste -. D Dicembre Giu-

gno 1858 , Iaşi ) è stato un pittore italiano, ritrattista.

E'nato in Italia a Trieste, città capoluogo del Friuli-

Venezia Giulia , una città cosmopolita situata all'in-

crocio di culture dell'Europa centrale (italiano, slavo e

tedesco).

Proveniva da una ricca famiglia levantina e ha partecipato ai moti carbonari in Italia. Dopo il falli-

mento della rivoluzione, fu costretto a lasciare la sua patria. Nel 1830 è venuto a Iasi con una troupe

di attori francesi.

Insieme a sua moglie, Carlotta Cianchi, una cattolica spagnola, si stabilì a Iasi, dove ben presto acqui-

sì notorietà come pittore, ritrattista diventando il pittore preferito dall’l'elite moldava dl tempo. Il

suo primo ritratto a risale al 1830 e raffigura Hetman Anastasio Basota

Nel 1832, i fratelli Giuseppe e Battista Foureaux avevano organizzato a Iasi diversi varietà teatrali .

Per questo, Livaditti fu chiamato come scengrafo a dipingere il sipario del proscenio . Nel 1840,

quando il teatro era nel pieno della sua attivtà, Livaditti fu assunto per dipingere un nuovo sipario.

Tanti personaggi famosi del tempo si prenotavano per l’esecuzione del loro ritratto e non solo di Iasi

ma anche di Harlau , Botosani , Dorohoi, Roman e altre città di Romania .

Le sue opere sono sparse nei vari musei di Romania.

La sua specialita’ era oltre a ritratto individuale, il ritratto di gruppo dell’intera famiglia.

Secondo il certificato di morte: "... muore a 12 giugno 1858, a 54 anni di eta, Niccolò Livadtti, pitto-

re". Nei registri della Chiesa Golia è registrata la morte di sua moglie, Maria, nel 5 ° gennaio 1864 ,

all’età di 58 anni (Il nome originario era Carlotta ma diventato

Maria a seguito della conversione alla religione ortodossa).

Alcuni dei suoi dipinti sono stati dichiarati beni culturali mobili nel

patrimonio culturale nazionale.

Vornicul Alecsandri cu fiii Vasile şi Iancu

(1838) Iasi Museo Nazionale Moldova

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P ochi sono quelli che sanno che il simbolo di Parigi, la cele-bre Torre Eiffel, è stata realizzata secondo una tecnica in-ventata in Romania dall'ingegner Georghe Panculescu. Dopo aver frequentato i corsi del Politecnico di Zurigo, l’

ingegner Georghe Panculescu viene assunto dall’azienda Eiffel, su raccomandazione del grande scrittore Vasile Alecsandri.. Nel 1878, Panculescu ritorna in Romania per costruire la ferrovia Bucarest-Predeal. In quel periodo, l'ingegnere inventò un sistema di collegamento delle traversine della linea ferroviaria, siste-ma che rivoluzionava le costruzioni metalliche. Infatti, grazie al metodo di montaggio delle traverse, Pancule-scu è riuscito a finire l'opera concessionata in meno di un anno, anche se il termine di consegna era dI quasi cinque anni. Impressionato dal progetto dell'ingegnere romeno, Gustave Eiffel si recò a Valenii de Munte per incontrare Panculescu che era diventato ispettore generale delle ferrovie romene. Eiffel voleva vedere la tecnologia da lui usata per il montaggio della linea ferrovia. Nel 1879, nella casa dove si trova ora il Museo Nicolae Iorga, Eiffel è stato ospitato da Panculescu e fu colpi-to dalla sua geniale invenzione. Qui, Gustave Eiffel, che stava per diventare famoso, ha parlato a Panculescu del progetto a cui si stava dedi-

cando ovvero la costruzione di una torre fuori dal comune, a Parigi, per l'esposizione universale del 1889. Insieme hanno parlato di adattamento della tecnica di Pancule-scu alla costruzione della Torre, utilizzando parti metalliche realizzate a terra e assemblate dopo, durante il progredire dell’opera. E’ stato merito del professor Eugen Stanescu, conosciuto in Francia, ma anonimo in Romania, a ritrovare in Francia uno studio intitolato "Communication sur les travaux al tour de France 300 m", datato 1887, in cui il famoso ingegnere Gusta-ve Eiffel precisa come la torre che porta il suo nome non si sa-rebbe potuta costruire se non avesse avuto a disposizione la tecnica innovativa usata dall ingegnere romeno Gherghe Pan-culescu per la costruzione del segmento della ferrovia Bucarest-Predeal. Su sollecitazione del professor Stanescu, una scuola elementare di Valenii de Munte fu intitolata all’ingegner Pancu-lescu.

La prima esposizione universale del Novecento -sabato 14 aprile 1900 (116 anni fa) La prima esposizione universale del Novecento: Una finestra sul secolo appena trascorso attraverso una panoramica delle principali invenzioni tecnologiche e istanze artistiche. Così Parigi, ritoccata dal-la modernità nel suo fascino immortale, salutò l'arrivo del Novecento. Nel pieno della seconda rivoluzione industriale (1870-1920), la Francia confermava la vocazione di laboratorio ideale per i nuovi ritrovati della tecnologia e per tutte le espressioni dell'ingegno umano. Prova n'è il fatto che di dodici "esposizioni universali", ufficialmente riconosciute dal BIE (Bureau International des Expositions, in italiano "Ufficio Internazionale delle Esposizioni"), quattro si erano tenute nella location parigina, mentre all'acerri-ma rivale Londra n'erano toccate due soltanto. L'EXPO d'inizio secolo premiò nuovamente la "città della Senna" e questa volta si trattava di un evento epo-cale, sia per la quantità e la qualità del patrimonio esposto, sia per il livello di modernità che la capitale si ap-prestava a raggiungere in vista del prestigioso appuntamento. Dieci anni dopo l'inaugurazione della cele-bre Torre Eiffel, altre opere erano in cantiere e promettevano una significativa trasformazione dell'as-setto urbano

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M entre l’Europa alza muri di fil di fer-ro, chiude le frontiere e con accordi

politici pagati profumatamente miliardi di Euro rispedisce alla Turchia i rifugiati, parte “l’offensiva umanitaria” dei leader delle Chiese cristiane. E’ il Santo Sinodo della Chiesa orto-dossa di Grecia a dare per primo la notizia: la prossima settimana, SABATO 16 APRILE, papa Francesco, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e Sua Beatitu-dine Hieronymos, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia si ritroveranno a Lesbo, l’iso-la del mar Egeo, da mesi diventata meta obbli-gata di migliaia di rifugiati in fuga dai paesi in guerra dal bacino del Mediterraneo e dalla re-gione del Medio Oriente. ...L’incontro dei tre leader cristiani sull’isola di Lesbo – fa sapere la Chiesa ortodossa di Grecia – durerà un giorno, non sarà una visita ufficiale o di protocollo ma avrà un carattere

“umanitario e simbolico”. Scopo della iniziativa – si legge nella Dichiara-zione greca – è “contribuire alla presa di coscienza della comunità interna-zionale per una cessazione immediata delle ostilità nella regione del Medi-terraneo e del Medio Oriente, che colpiscono fortemente le comunità cri-stiane”. Le Chiese vogliono aprire gli occhi dell’Europa alla “emergenza di un grande problema umanitario causato da rifugiati disperati che cercano un futuro migliore nel continente europeo”. Per dare un segnale forte di unità delle Chiese ortodosse – importante anche in vista del Sinodo pan ortodos-so che si svolgerà a Creta a fine giugno – sull’isola di Lesbo a fianco di Sua Beatitudine Hieronymos ci sarà anche il Patriarca ecumenico di Costantino-poli Bartolomeo I. Anche lui – si legge in un comunicato diffuso dal Fanar – sta seguendo con “preoccupazione” lo “sviluppo dei conflitti nella regio-ne del Medio Oriente”, “la persecuzione dei cristiani” e “l’ondata dei rifu-

giati” lungo le rotte verso l’Europa. Pare ne abbia parlato con papa Francesco in una lettera che gli ha inviato il 30 marzo. L’auspicio di Bartolomeo è che la visita all’isola greca di Lesbo possa anche spingere le “istituzioni compe-tenti” a promuovere iniziative per la protezione delle comunità cristiane e trovare “giuste soluzioni” per la si-tuazione dei rifugiati. Papa Francesco è un partner ideale per queste grandi aspirazioni. Ha lanciato più volte appelli a favore dei rifugiati convinto che “il modo in cui affrontiamo tale fenomeno è una prova della nostra umanità, del nostro rispetto della dignità umana e, prima ancora, della nostra solidarietà con i fratelli e le sorel-le nel bisogno” (Uganda, 2015). A Lesbo papa Francesco non sarà solo. Avrà al suo fianco due leader importanti del mondo ortodosso. E’ la cifra di un ecumenismo che aprendosi alle grandi sfide della storia, ai dolori e alle ferite che attraversano l’u-manità , trova un terreno fertile di incontro e dialogo. Sono troppo gravi i problemi delle società moderne per rimanere chiusi nelle proprie dispute. Le Chiese lo hanno capito. Ed hanno capito che è arrivato il tempo di unire la loro voce per scuotere le coscienze, arrivare laddove la politica non riesce, e annunciare insieme al mondo il Vangelo della vita e della Misericordia. (Fonte Sir)

La risposta cristiana al problema dei rifugiati

16 Aprile Isola di Lesbo

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Fratelli e sorelle, il Signore oggi chiede a ciascuno di noi, co-me a Pietro: “Mi ami, tu?”. Consa-pevoli delle nostre mancanze e infedeltà, imploriamo con sinceri-tà il suo perdono. Breve riflessione personale

C.A.< Confesso a Dio onni-potente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, paro-le, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandis-sima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli an-geli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eter-na. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benedicia-mo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signo-re Dio, Agnello di Dio, Figlio del Pa-dre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i pecca-ti del mondo, accogli la nostra sup-plica; tu che siedi alla destra del Pa-dre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spi-rito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. Padre misericordioso, ac-cresci in noi la luce della fede, perché nei segni sacramentali della Chiesa riconosciamo il tuo Figlio, che continua a manifestarsi ai suoi discepoli, e donaci il tuo Spirito, per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore. Egli è

Dio, e vive... A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegna-mento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appenden-dolo a una croce. Dio lo ha innal-zato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele con-versione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Fecero flagellare gli apostoli e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne anda-rono via dal Sinedrio, lieti di esse-re stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R/. Alleluia, alleluia, alleluia. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato, non hai per-messo ai miei nemici di gioire su di me. Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. R/. Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, della sua santità cele-brate il ricordo, perché la sua col-lera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita. Alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia. R/. Ascolta, Signore, abbi pietà di me, Signore, vieni in mio aiuto! Hai mutato il mio lamento in dan-za, Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre. R/.

Seconda Lettura Dal Libro dell’Apocalisse

Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizio-ne». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare,

e tutti gli esseri che vi si trovava-no, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro es-seri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in ado-razione. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia,Alleluia Cristo è risorto, lui che ha creato il mondo, e ha salvato gli uomini nella sua misericordia. Alleluia C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito.

VANGELO + Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Nata-naèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli rispose-ro: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La getta-rono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signo-re!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la ve-ste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, vi-dero un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pe-sce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di cen-tocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei disce-poli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: At 5,27-32.40-41 Sal 29 Ap 5,11-14 Gv 21,1-19

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discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pie-tro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti vo-glio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indi-care con quale morte egli avreb-be glorificato Dio. E, detto que-sto, aggiunse: «Seguimi». Parola del Signore. A. Lode a te o Cri-sto OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipo-tente, creatore del cielo e della ter-ra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cri-sto, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mez-zo di lui tutte le cose sono state crea-te. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incar-nato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, se-condo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuo-vo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apo-stolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI

C. Gesù risorto non cessa di agi-

re nel mondo. È all’opera in questo momento in cui siamo riuniti. Pre-ghiamo insieme dicendo:

Ascoltaci, o Signore. 1.Perché la ricerca del denaro e del potere non ostacoli mai la nostra ri-cerca di fede e non contraddica la nostra testimonianza. Preghiamo. 2. Perché abbiamo sempre fiducia che nei momenti di fatica e di stan-chezza tu sei con noi. Preghiamo. 3. Perché il tuo amore per l’uomo ci faccia comprendere che le nostre azioni e le nostre scelte contano dav-vero. Preghiamo. 4. Perché, guidati dal desiderio d’in-contrarti, siamo sempre capaci di riconoscere la luce della tua presen-za. Preghiamo. C. Dio fedele, fa’ che anche noi, come il tuo Figlio, seguiamo corag-giosamente la strada della tua volon-tà. Per Cristo nostro Signore Amen. LlITURGIA EUCARISTICA

C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

SULLE OFFERTE C. Accogli, Signore, i doni del-la tua Chiesa in festa, e poiché le hai dato il motivo di tanta gioia, donale anche il frutto di una pe-renne letizia. Per Cristo nostro Signore. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, proclamare sempre la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questo tempo nel qua-le Cristo, nostra Pasqua, si è im-molato. Per mezzo di lui rinasco-no a vita nuova i figli della luce, e si aprono ai credenti le porte del regno dei cieli. In lui morto è re-dente la nostra morte, in lui risor-to tutta la vita risorge. Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale, l'umanità esulta su tutta la terra, e con l'assemblea degli angeli e dei santi canta l'in-no della tua gloria: Santo, Santo, Santo …. DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede

A. Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen C.A. P A D R E NO S T R O che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e ri-metti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debi-tori e non ci indurre in tentazio-ne ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. T. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C Guarda con bontà, Signore, il tuo popolo, che hai rinnovato con i sacramenti pasquali, e gui-dalo alla gloria incorruttibile del-la risurrezione. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda-te in pace. A.Rendiamo grazie a Dio

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Leonardo da Vinci data di nascita: sabato 15 aprile 1452 (563 anni fa) data morte: lunedì 2 maggio 1519 (496 anni fa) Leonardo da Vinci: La massima espressione del genio umano, Vasar i per pr imo ne celebrò le " divine" capaci-tà di eccellere nelle arti, nella tecnica e nello studio della natura e del cosmo. Nato a Vinci, in provincia di Firenze, e morto ad Amboise (in Francia) nel maggio del 1519, con la sua insaziabile sete di conoscenza e il profondo interesse per l'arte nelle svariate forme rappresentò l'uomo simbolo del Rinascimento. A 17 anni fu ammesso alla bottega di Andrea del Verrocchio, fucina di illustri maestri del 500 quali Botticelli, Perugino e Ghirlandaio. Durante il soggiorno milanese (1482-99), produsse alcune opere celebri come la Vergine delle rocce, la Dama con l'ermellino (oggi al Museo di Cracovia) per Ludovico Sfor-za, detto il Moro, e l'Ultima cena per il refettorio del con-vento di Santa Maria delle Grazie, sconvolgendo con que-st'ultima l'iconografia tradizionale e introducendo una nuo-va tecnica pittorica (tempera e olio su due strati di intona-co). Lasciata Milano insieme al giovane Francesco Melzi, il più caro dei suoi allievi che lo seguì fino alla morte, fu a Man-tova, presso la casa di Isabella d’Este, e dopo nuovamente a Firenze, dove iniziò a manifestare una sorta di insofferen-za per la pittura, preferendole gli studi geologici del territo-rio. Da sopralluoghi compiuti in Romagna e in Toscana in vista di opere ingegneristiche e di difesa, scaturirono poi l’amore per il paesaggio e per le forze della natura. Natu- ra in-

terpretata con assoluta innova-zione nella Gioconda (1503-1506), considerato il ritratto più famoso del mondo. In questo Leonardo riesce a legare la fi-gura umana al paesaggio, che appare non come semplice sfondo ma protagonista del quadro, in un rapporto che nes-sun pittore prima di lui aveva saputo rendere con altrettanta finezza. Nei primi anni del Cinquecen-

to, Leonardo dedicò particolare attenzione allo studio del volo e al progetto di una nuova macchina volante e co-minciò ad interessarsi all'anatomia degli uccelli, all'anato-mia umana, alla resistenza e ai moti dell'aria e alla caduta dei pesi. Nel 1514 si trasferì a Roma, sotto la protezione di Giuliano de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e, suc-cessivamente, in Francia alla corte di Francesco I, dove continuò con passione e dedizione gli studi e le ricerche scientifiche. Morì il 2 maggio del 1519, lasciando Francesco Melzi co-me esecutore testamentario e disponendo di voler essere sepolto nella chiesa di San Fiorentino. Cinquant'anni dopo, violata la tomba, le spoglie andarono disperse nei disordini delle lotte religiose tra cattolici e ugonotti. .

B�������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��0: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

*°* C:�;: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00 *°*

A:=� I�:0�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°* T0?0�@���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

10101010 D������� s Terenzios Terenzios Terenzios Terenzio

11111111 L���� s. Gemma Galganis. Gemma Galganis. Gemma Galganis. Gemma Galgani

12121212 M����� s. Giulio Papas. Giulio Papas. Giulio Papas. Giulio Papa

13131313 M������� s. Martino I papas. Martino I papas. Martino I papas. Martino I papa

14141414 G����� s. Valerianos. Valerianos. Valerianos. Valeriano

15151515 ������ s. Abbondios. Abbondios. Abbondios. Abbondio

16161616 S����� s. Bernadette Subirouss. Bernadette Subirouss. Bernadette Subirouss. Bernadette Subirous

I SANTI DELLA

SETTIMANA