Adeste 01 domenica 03 gennaio 2016c

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ADESTE n°01/ ANNO 5°-03.01.2016

C 'era una volta il giorno di Natale. Quello delle fami-

glie che stavano insieme. Quello della televisione

spenta mentre si era a tavola perchè ci si parlava. Quello delle cose dolci, delle arance sul tavo-

lo e la frutta secca da sgranocchiare tra una risata e un'altra. C'era una volta il giorno di Natale.

Quello della tavola apparecchiata con il servizio buono e la tovaglia bianca, con le posate vicino

al tovagliolo, non il cellulare. C'era una volta il giorno di Natale. Quello degli auguri detti a voce,

delle telefonate ai parenti lontani, degli abbracci veri, delle strette di mano calorose, non degli

sterili messaggi su whatsup o dei freddi tag su un social network. C'era una volta il giorno di Na-

tale, un tempo in cui capivano il Natale, sentivamo il Natale, vivevamo il Natale.

Ora abbiamo tanti " amici" e siamo soli. Soli con

un cellulare in mano. Soli tra milioni di altri cuo-

ri soli che non sentono più la magia del Natale.

N atali sani e genuini dove si parlava e si

rideva delle cose più semplici. Natale

dove la nonna faceva il liquore in casa e i panet-

toni erano più grossi e più gustosi . Natale dove

si permetteva al più piccolo di brindare con lo

spumante e vederlo arricciare il nasino. Natale

che si sentiva solo il suono del telefono che

squillava nel corridoio perché qualcuno ti face-

va gli auguri . Bei Natali erano quelli .

E c'è ancora! Il Natale a casa mia si festeggia ancora cosi, circondati da nonni e bimbi, da zii

e cognati, sulla tavola la tovaglia bianca e i superstiti del servizio buono, le arance ma so-

prattutto i sentimenti , quelli veri. Vi auguro un Sereno Natale .

È rimasto il ricordo di bellissimi Natali trascorsi , ma il tempo cambia le cose e tutto si evolve.

I giovani oggi lo vivono in modo diverso e per loro è giusto così. Non possono nemmeno im-

maginare che noi, di un'altra età, eravamo felici con poco e il Natale era anche un'occasione spe-

ciale per riunire tutta la famiglia e vivere questo Santo giorno come il più bello di tutto l'anno.

P enso a quei pazzi che vorrebbero estirpare queste tradizioni che sono del nostro più pro-

fondo vivere! Toglierle, sopprimerle per mettere il nulla! Spero veramente che si ritorni al-

le cose semplici e genuine.! Le più sentite. Quelle dei nostri padri.

R icordo tutto nettamente il Natale della mia infanzia, tutti i bambini infilati nell'enorme cami-

netto con panche di pietra pochi letti dove si dormiva a turno, mentre gli altri giocavano a

Il Natale commentato su Facebook Per me il

Natale…..

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carte, l'albero con mandarini per addobbi, solo il panettone ma

tanto amore e serenità!!!! Peró il Natale della mia famiglia non é

cambiato molto, oggi siamo in 20. Il baccano è lo stesso, i bambini

assordanti e tanta gioia di stare insieme!!!!! Mi sposto dall'Italia x

venire in Germania e stare coi miei cari!!!

B eata te Cinzia che il Santo Natale lo festeggi ancora con i tuoi

parenti.. Pensa noi festeggiavamo il Natale con tanti parenti e

facevamo ancora come una volta. Adesso sono rimasta sola senza

più nessuno L'ultima persona era la mamma e purtroppo se ne è

andata anche lei ....In pratica se ne sono andati tutti...

P enso che sia l'infanzia a rendere tutto così magico. Ad un cer-

to punto della nostra vita il magico Peter Pan vola via......e la-

scia un vuoto che si chiama nostalgia. I nostri figli non san-

no .....per che secondo me per loro è ancora tutto magico....lo

spero!!!!! Nonostante il mio essere adulta , il natale è sempre magia e amore grazie alla mia fa-

miglia.

Q uesta realtà la vogliamo noi non c'è la impone nessuno, io non guardo il televisore quando

mangio, spengo il cellulare nei momenti in cui necessita, e non mi vengono le crisi se lo di-

mentico a casa, infondo quando lavoro non mi serve, camino spesso con i miei piedi( intendo

non con le ruote), cerco di essere me stessa tutto l'anno, Natale e, una fe-

sta religiosa che dovrebbe essere festeggiata, dai credenti, ma è diventa-

ta una schifezza per far spendere soldi in futilità a chi non ne ha e si fa ab-

bindolare dai sensi di colpa, dovremmo imparare a cambiare radicalmen-

te per poter volere bene senza interessi, e senza criticare la vita persona-

le degli altri

H ai ragione a scrivere C'era una volta....... Adesso siamo tanti, ma sia-

mo tanto soli! C'era una volta il calore della famiglia, adesso c'è il

gelo del consumismo! Peccato, era così Bello il Natale!!!!!!!

P referisco così... ..

Non mi sono mai piaciuti i pranzi inutili di Natale dove pensi che tutti ti vogliano bene ma ti

rendi conto che non e' così.. ...per un anno spariscono tutti dalla tua vita e riappaiono o ai funera-

li o per invitarti di nuovo a Natale.

E noi che venivamo a vedere il televisore da voi è non si aspettava al-

tro specialmente quando trasmetteva il festival è il tuo papà ci faceva

trovare sempre i dolci

I nutile Vivere di rimpianti. Cerchiamo di

scoprire il bello di oggi. Forse neanche

prima ci accorgeva del valore di quei mo-

menti: abbiamo il difetto di accorgerci di ciò

che abbiamo perso solo dopo.

E la letterina scritta dai bambini sotto il

piatto ....e l'emozione nel leggerla a vo-

ce alta davanti a tutti...Si è vero lo ricordo an-

cora anche se sono passati Tanti .....Troppi

anni.

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La stella indica ai Magi la Grotta del Presepio

E ra il crepuscolo di domenica quando la carovana si arrestò di-nanzi allo stesso palazzo dove Maria e Giuseppe si erano fatti

registrare. Vidi tra le altre case, una più grande di tutte, con un cortile chiuso e circondata da un prato e alcuni alberi, al centro del quale vi era un pozzo. Sulla piazza si trovavano alcuni soldati romani posti a guardia del palazzo dov'era l'ufficio delle imposte. Al giungere della carovana molti curiosi le si affollarono intorno. Frattanto la stella era sparita ed i Santi Re inco-minciarono ad inquietarsi.

Altre persone, uscite dalle loro case, si erano fatte loro incontro festose, agitando dei rami ed offrendo ai Magi pani e bevande; poi comincia-rono ad interrogarli, come era l'usanza del tem-po alla vista di nobili viaggiatori. Frattanto gli animali si dissetavano alla fontana sotto gli al-beri. Pensai che la causa di quel benvenuto era dovuto ai pezzetti d'oro che i Re distribuivano

alla folla, mentre a Maria e Giuseppe, che non avevano potuto distribuire nulla o ben poco, era stata chiusa la porta in faccia. Dopo l'incontro con Erode, i Magi istintivamente non amavano più attirare la pubblica attenzione e chiesero solo dove porre il campo; venne consigliata loro la valle dei pastori. In quello stesso momento i Magi scorsero uno splendore scintillante nel cielo stellato, allora im-mediatamente risalirono sui cammelli. Seguendo la fossa della città e delle mura diroccate, aggirarono Bet-lemme per la parte meridionale avvicinandosi alla grotta dal lato in cui i pastori avevano avuto l'apparizio-ne degli Angeli. Istruiti da alcuni pastori locali, esperti del terreno, la carovana pose l'accampamento dalla parte posteriore della caverna di Maraha. Già parte dell'accampamento era stato disposto quando, sulla col-lina del presepio, la stella apparve chiara e splendente come non mai; un raggio abbagliante di luce scende-va perpendicolarmente sulla grotta di Gesù. I Magi, che osservarono attenti il fenomeno miracoloso, vide-ro formarsi in mezzo a quello splendore notturno l'immagine del Bambino, come già l'avevano visto un'al-tra volta nella stella.

Gioia e commozione dei Magi alla presenza della Beata Vergine

C ommossi dalla gioia, essi si scoprirono il capo attestando l'alta venerazione in cui erano stati com-presi; poi, salendo la collina, rinvennero finalmente l'ingresso della grotta. Mensor ne aprì la porta

e fu inondato da una luce fulgente; in fondo alla caverna c'era la Vergine seduta col Bambino, proprio nel modo in cui l'aveva vista nelle sue contemplazioni. Emozionato nel più profondo del cuore, corse dai com-pagni annunciando loro il portento. Giuseppe ed un vecchio pastore uscirono ad incontrarli; i Santi Re gli dissero che erano venuti con i doni ad adorare il Pargoletto Celeste, Re dei Giudei, condotti da una stella. Giuseppe accolse i Magi con molta cordialità. Essi, però, volle-ro ritornare subito al campo ad abbigliarsi per l'occasione di ampi mantelli di candido colore, ornati di ricami d'un bel giallo risplenden-te come la seta grezza. I mantelli erano leggerissimi ed il loro strasci-co toccava il suolo; i Santi Re li indossavano solo in occasione delle grandi solennità religiose. Portavano alla cintura borse appese con catenelle d'oro; sottobraccio tenevano cofanetti preziosi coperti da manti. Ciascun sovrano aveva un seguito di quattro parenti. Alcuni servi di Mensor portavano un tavolino rotondo, un tappeto con frange ed alcuni preziosi oggetti. Giuseppe li guidò fino all'ingresso, qui ri-coprirono la tavoletta col ricco tappeto, la colmarono di astucci, di vasi e di altri oggetti che ciascuno si levava dalla cintola; erano i doni che i Magi offrivano in comunione…...

La stella cometa

ed i Re Magi

Dalle visioni

della Beata

Caterina Emmerich

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Nessuno può porre un limite all’amore di Dio che perdona” scrive Papa Francesco nel testo della Bolla per il Giubileo. An-che il perdono, però, ricordava all’inizio di quest’anno, ha una condizione: “Non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare! Nessuno! Solo ciò che è sottratto alla divina misericordia non può essere per-donato, come chi si sottrae al sole non può essere illuminato né ri-scaldato” (Discorso ai partecipanti a Corso della Penitenzieria, 12 marzo2015). Uno dei segni importanti dell’Anno Santo - ha detto il Pontefice du-rante un’udienza generale - è la Confessione: “Dio ci comprende anche nei nostri limiti, ci comprende anche

nelle nostre contraddizioni. Non solo, Egli con il suo amore ci dice che proprio quando riconosciamo i no-stri peccati ci è ancora più vicino e ci sprona a guardare avanti. Dice di più: che quando riconosciamo i nostri pec-cati e chiediamo perdono, c’è festa nel Cielo. Gesù fa festa: questa è la Sua misericordia” (Udienza generale, 16 dicembre 2015). Il perdono dei peccati - afferma Papa Francesco - non è “frutto dei nostri sforzi”, ma “dono dello Spirito Santo” che ci guarisce. E “non è qualcosa che possiamo darci noi. Io non posso dire: mi perdono i peccati. Il perdono si chiede, si chiede a un altro e nella

Confessione chiediamo il perdono a Gesù”: “Uno può dire: io mi confesso soltanto con Dio. Sì, tu puoi dire a Dio ‘perdonami’, e dire i tuoi peccati, ma i nostri peccati sono anche contro i fratelli, contro la Chiesa. Per questo è necessario chiedere perdono alla Chiesa, ai fratelli, nella persona del sacerdote” (Udienza generale, 19 febbraio 2014). Accostandosi al Sacramento della Riconciliazione, anche la vergogna è salutare: “Anche la vergogna è buona, è salutare avere un po' di vergogna … La vergogna fa bene, per-ché ci fa più umili” (Udienza generale, 19 febbraio 2014). La Confessione, però, “non deve essere una tortura”. I confessori - è la sua esortazione - de-vono essere rispettosi della dignità e della storia personale di ciascuno. “Anche il più grande peccatore che viene davanti a Dio a chiedere perdono è ‘terra sacra’ … da “coltivare” con dedizione, cura e attenzione pastorale. “Tutti dovrebbero uscire dal confessionale con la feli-cità nel cuore, con il volto raggiante di speranza”: “Il Sacramento, con tutti gli atti del penitente, non implica che esso diventi un pesante in-terrogatorio, fastidioso ed invadente. Al contrario, dev’essere un incontro liberante e ricco di umanità, attraverso il quale poter educare alla misericordia, che non esclude, anzi comprende anche il giusto impegno di riparare, per quanto possibile, il male commesso” (Discorso ai partecipanti a Corso della Penitenzieria, 12 marzo2015). Il Pontefice afferma che ”né un confessore di manica larga, né un confessore rigido è mise-ricordioso”: “Il primo, perché dice: “Vai avanti, questo non è peccato, vai, vai!”. L’altro, perché dice: “No, la legge dice…”. Ma nessuno dei due tratta il penitente come fratello, lo prende per ma-no e lo accompagna nel suo percorso di conversione! (…) Misericordia significa prendersi carico del fratello o della sorella e aiutarli a camminare” (Discorso ai partecipanti a un Cor-so della Penitenzieria, 12 marzo 2015).

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“ In principio era il Verbo” Il Verbo è prima di ogni tempo, esiste prima dei secoli; inol-

tre la natura divina non può avere un termine, come di-ce il salmista: “Tu rimani sempre lo stesso e i tuoi anni

non hanno fine “ (Sal.102,28). Il Figlio è più antico dei secoli, generato dal Padre come da una sorgente; ed era sapienza, potenza, impronta, splendore e immagine di lui, eterno con il Padre. Il Figlio esiste nella stessa sostanza del Padre e, sempre a lui coesistente, emana da lui come splendore secondo l’ineffabile modo della gene-razione divina. Nato libero dal Padre libero, detiene, insieme a lui, il governo dell’universo. Il Verbo era in principio nella potestà di Dio che è al di sopra di tut-to, dalla quale trae la maestà del potere; è al di sopra di tutte le cose, ha sotto i suoi piedi tutto il creato e domina sulle cose da lui chiamate ad esistere. “E il Verbo era presso Dio”. Dicendo che “il Verbo era presso Dio” dimostra che il Figlio esiste per se stesso e che un altro è Dio Padre, presso il quale era il Verbo. Il Figlio è consustanziale al Padre e il Padre al Figlio e l’uno risplende nell’altro co-me egli stesso dice: “Io sono nel Padre e il Padre è in me”. Ma, sebbene il Figlio sia nel Padre, il Padre non cessa di esistere per se stesso e la perfetta somiglianza non induce a considerare una cosa sola il Padre che ha generato e il Figlio che da lui è stato generato. Mosso da spirito profetico, il Salmista pregava che ci fosse inviato il Figlio invo-cando da Dio “Manda la tua luce e la tua verità”, cioè il Figlio stesso che dice “Io sono la luce, io sono la verità”. Altro è chi manda, altro chi è mandato (Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni).

17 tipiche scuse per non andare a Messa

15) Nella mia parrocchia non c’è una Messa sobria con raccogli-mento

In primo luogo parla con il tuo parroco e cerca di capire qual è il problema di fondo. Forse avrai una sorpresa. Tieni presente che Dio ha suscitato ogni tipo di spiritualità. La Chiesa sovrabbonda di carismi con diverse impostazioni e diversi “colori”. Non è che alcuni siano migliori di altri, siamo semplicemente diversi. Dio lo sa e per questo ci regala tanti doni. Per questo, come a te non aiutano le Messe nella tua lin-gua e i canti con la chitarra, c’è chi paradossalmente non si racco-glie con il rito tridentino e il canto gregoriano. Non giudicare, ri-spetta e valorizza la pluralità che è il segno della grandezza di Dio, unico capace di sostenere l’unità di poli diversi. In ogni caso, puoi sempre cercare un’altra chiesa vicina che risponda meglio alla tua sensibilità spirituale. Ricorda: correggi solo nel caso in cui non si rispettino le norme liturgiche.

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a Festa del Tricolore, ufficial-mente Giornata Nazionale della Bandiera, è una giornata celebra-tiva nazionale italiana, istituita per celebrare la bandiera nazio-nale. Si festeggia ogni anno il 7 gennaio.

N on tutti conoscono la storia della nostra Ban-diera, e neppure il significato dei tre colori

che la compongono. Secondo un'antica poesiola scritta nei "sussidiari" delle scuole elementari di un tempo, nel vessillo dell'Italia ci sarebbe il verde per ricordare i nostri prati, il bianco per le nostre nevi perenni, ed il rosso in omaggio ai soldati che sono morti in tante travagliate guerre. Su questo tema hanno profuso rime anche poeti di fama come Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Renzo Pezzani, Ada Negri.... Davvero il ver-de dei prati, il bianco delle nevi, e il rosso di un san-gue versato tra le lacrime di un'intera nazione per due-cento anni è la trasposizione allegorica del nostro Tri-colore?

E' difficile identificare tra i tanti chi e come ha inven-tato una simile leggenda. Leggenda romantica, ma non vera. Alla luce della Storia essa appare puerile e senza senso. Può essere il tema di una filastrocca, ma è in-concepibile che una penisola frazionata in tanti piccoli stati, abbia avuto col Risorgimento la forza di unirsi per celebrare prati e nevai.

Nasce quindi il sospetto che l'ignoto cantore di tale favola abbia voluto na-scondere una realtà ben diversa, e molto più seria e drammatica. Una verità difficile da gestire quando og-gi, grazie ai motori di ricerca come Google, la storia patria reale, è intera-mente riscritta. La bandiera italiana è nata nel 1794, quando due studenti di Bolo-gna, Giovanni Battista De Rolandis e Luigi Zamboni, tentarono una solleva-zione contro il potere assolutista che governava la città da quasi 200 anni. I due presero come distintivo la coccar-da della rivoluzione parigina, ma, per non far da scimmia alla Francia, cam-biarono l'azzurro col verde. Il signifi-cato allegorico è rimasto comunque lo stesso: un Tricolore come traguardo di

un popolo che mirava ad avere Giustizia, Ugua-glianza, Fratellanza. Tre obiettivi senza i quali non ci può essere Dignità, Democrazia, Prosperità.

Il nostro Tricolore rias-sume i naturali "Diritti dell'Uomo", le aspira-zioni di tutte le genti, la volontà di chi crede nella propria nazione volta al progresso, con leggi adeguate, senza divisioni, stessi doveri e medesimi privilegi. Un paese dove non ci

siano discriminazioni, ma ognuno fa' del proprio lavo-ro una cosciente responsabilità. Dove la morale e l'eti-ca siano guida costante per un'esistenza felice e sere-na.

Questo è scritto nella nostra bandiera, e questo è quan-to sognavano quei due studenti che l'hanno ideata e difesa sino a sacrificare la loro vita ventenne al bieco assolutismo despota dei carnefici del potere.

La cronologia della nascita del Tricolore sta in poche date: il 14 novembre 1794 appare per la prima volta come coccarda puntata sugli abiti dei patrioti nella sommossa di Bologna. Il 18 maggio 1796 i colori di questa coccarda sono accettati da Napoleone, a Mi-lano, e questi consegna alla Guardia Civica, alla Legione Lombarda e alla Guardia Nazionale una bandiera a strisce verticali verde bianca e ros-sa. (Nel corso di questa cerimonia Napoleone specifi-ca che questi tre colori provengono dalla coccarda del-la sollevazione bolognese, infatti, dice testualmente: "Visto che loro (i due studenti) hanno scelto questi tre colori, così siano". Il 9 ottobre 1796 (18 vendemmiaio

anno V) La legione Italiana ema-nazione della Legione Lombarda riceve dal Bonaparte un Tricolore con la stessa composizione della coccarda di De Rolandis e Zam-boni. Il 28 ottobre dello stesso anno, (27 vendemmiaio) il senato di Bologna decreta: Bandiera coi colori Nazionali - Richiesto quali siano i colori Nazionali per for-marne una bandiera, si è risposto il Verde il Bianco ed il Rosso, simbolo della nuova Repubblica Cispadana, prima tappa di una nuova Repubblica Italiana. Il 7 gennaio del 1797 a Reggio Emi-lia, i convenuti delle assise fan-no proprio il nuovo stendardo e s’impegnano a che esso diventi universale.

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Il passaggio ad una nuova tappa, la rinascita simbolica del tempo nella

notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio è festeggiata con fasto dappertutto nel mon-

do. Le feste in famiglia, tra amici e persino di piazza sono un’occasione di gioia e diver-timento per ciascun abitante del pianeta nella notte di Capodanno. Nella tradizione ro-mena, sebbene si credesse nel passato l’An- no Novello iniziasse infatti nel giorno di Natale o persino prima, nel giorno di Sant’An- drea, il 30 novembre, l’usanza degli au-guri per l’anno novello era immancabile al passaggio tra il vecchio e il nuovo anno. Le usanze precristiane svolgono un ruolo speciale nella celebrazione di questo passaggio. Un antico culto solare ha tramandato fino ad oggi riti che hanno come protagonisti gli animali, tra cui ricordiamo le tradizionali “danze” dell’orso, della capra o del cavallo, l’usanza delle ma-schere popolari romene che simboleggiano la successione delle stagioni o la fertilizzazione della terra nel nuovo anno. I costumi e le maschere, opera degli artigiani popolari, sono preparati nella set-timana precedente il Natale. “Gli auguri per l’Anno Novello si fanno soprattutto tra parenti, vi-cini e amici. Gli auguri in giro per le case sono un’usanza quasi scomparsa. Gli auguri hanno carattere satirico. Nella notte di Capo-danno, in Maramures, regione etnografica nel nord della Romania, il turista sarà incantato da questi auguri che, in questa zona, si fanno sotto forma di canzone. Gli abitanti del Maramures sanno tanti begli auguri di Capodanno, alcuni dei quali accennano a simboli precristiani, alla rina-scita del sole e della natura”, racconta Delia Suiogan, etnologo presso l’Università del Nord di Baia Mare. Gli abitanti delle comunità tradizionali credono ancora nel fatto che la notte tra gli anni faciliti l’accesso al mondo divino. Nella tradizione popolare, i messaggi trasmessi nei momenti speciali dell’anno, in occasione delle feste importanti o del passaggio tra il vecchio e il nuovo anno sono considerati gli unici veramente im-portanti per la rispettiva comunità e per ciascun individuo. Un’usanza tipica romena di Capodanno è il corteo del “plugusor”, che sta a significare “piccolo aratro”, e che rievoca un antico rituale agrario romeno. Nei vil-laggi, durante la rievocazione del “plugusor”, i ragazzi vanno di solito di casa in casa schioccando le fruste e facendo un lungo augurio che parla della successione dei lavori agricoli. Durante la notte, al corteo degli augu-ratori si affiancano ragazzi mascherati, vestiti in costumi molto fantasiosi, raffiguranti le più bizzarre creature mitologiche. Essi percorrono i villaggi nel primo giorno del Novello Anno, in una specie di rievocazione delle vecchie feste legate al culto della fertilità. “L’anno novello è caratterizzato da una serie di azioni cerimoniose e festose, tra cui è famosa l’usanza del ra-mo ricco di boccioli o del bastoncino adornato di fiori e nastri colorati di carta, chiamata “sorcova”, praticata soprattutto dai piccini. Come anche l’augurio dell’aratro. Il significato iniziale di questo augurio era di prote-zione e benedizione. Le usanze di Capodanno si concludevano con il rito degli auguri nel giorno di San Gio-vanni. Il Natale e il Capodanno sono legati per i romeni alla tradizione dell’apertura dei cieli, che accenna alla percezione e all’accettazione della teofania, la manifestazione sensibile della divinità, che nella sua onnipoten-za scendeva sulla terra e le persone. Perciò si dice che si aprano i cieli, perchè Dio poteva comunicare diretta-mente con la sua creazione, l’uomo. In questi momenti speciali, di apertura dei cieli, gli uomini possono ap-prendere cose che potrebbero succedere loro nell’anno che sta per cominiciare. Non si tratta della divinazione, come si pensa, ma di un messaggio che Dio trasmette alle persone in un momento in cui può avere un contatto ravvicinato con loro”, racconta Sabina Ispas, la direttrice dell’Istituto di Enografia e Folclore “Constantin

Brailoiu” di Bucarest. Per la storia della nostra cultura, il periodo tra Natale e San Giovan-ni, festeggiato il 7 gennaio, è uno dei più ricchi di azioni cerimoniose e festose. La società romena ha trasformato la festa di Capodanno in un’occasione di gioia assieme alla famiglia e agli amici, con feste che si concludono all’alba. Gli schiocchi delle fruste durante le usan-ze della capra o dell’orso sulle viuzze dei villaggi, sostituite nelle zone urbane dai fuochi d’artificio, hanno il ruolo simbolico di cacciare via l’anno che sta per finire, per far posto a quello appe-na iniziato.

Il Capodanno in Romania Usanze e tradizioni

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Antonio Zumino

(Majano, 1864–Roma, 1927), pittore formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, giunse in Romania appena ventiduenne, a seguito delle committenze ricevute per eseguire gli affreschi di al-cune chiese e la decorazione muraria di abitazioni pri-vate di facoltose famiglie della città. Risiedendo a lungo nei porti romeni sul Danubio, Brăila e Ga-laţi, dove si distinse nella pittura su cavalletto, non-ché come disegnatore e incisore, Zumino tenne le-zioni private di disegno e pittura ad olio avendo tra i suoi allievi le future artiste dell’avanguardia romena Lola Schmierer Roth e Jeanne Helder Coppel. Ritrattista e paesaggi-sta di grande talento, Antonio Zumino ha raffigurato personaggi e scene tratte dal mon-do urbano e dall’uni-verso contadino appar-tenente all’entroterra dei porti danubiani nei quali risiedette insieme alla sua famiglia. Os-servatore acuto e di notevole sensibilità artistica della vita quo-tidiana dei porti rome-ni, l’artista friulano fu uno dei protago-nisti dello stile espressivo che traeva la sua vitalità dall’accademismo adeguato al gusto locale per la paesaggistica e per il ritrattismo, che egli potenziava con il suo spiccato senso del dettaglio fisiognomico. Zumino trascorse quasi trentadue anni in Romania, risiedendo soprat-tutto a Galaţi. Nella città por tuale della storica regione romena della Mol-davia meridionale, egli visse il periodo più fecondo della sua attività artistica. L’artista friulano dimostra nei suoi la-vori una costante predilezione per la rappresentazione della figura umana. I personaggi di diversa estrazione sociale

sono raffigurati con minuziosità, in modo realistico, e sui loro visi si leggono la preoccupazione e la fatica, oppure la distensione e la serenità. Per eseguire i ri-tratti, utilizzando il modello naturale messo in posa, Zumino adoperò spesso varie tecniche incisorie, op-pure il pastello, mentre i suoi paesaggi sono perlopiù dipinti ad olio su tela e rivelano la maestria di matrice classica di un artista di grande talento. Pur operando in un ambito locale ed essendo oggi ingiustamente dimenticato o comunque poco noto, sia in Italia sia in

Romania, Antonio Zumino die-de la sua impronta originale ad una produzione artistica di in-dubbia qualità espressiva. La Romania fu per Antonio Zumino la seconda patria, la terra d’adozione che ebbe un ruolo significativo nella sua definitiva affermazione come artista, poiché il più produt-tivo periodo della sua carriera risale ai tempi del lungo sog-giorno a Brăila e soprattutto a Galaţi. Zumino appartiene ugualmente alla cultura ita-liana come a quella romena, in quanto esponente ancora

troppo poco noto del tradizionali-smo nell’arte pittorica romena tra l’ultimo ventennio dell’Ottocento e la vigilia della Grande Guerra. Pur ascrivendo l’opera di Zumino all’ac-cademismo quale corrente europea e dell’arte romena, l’artista friulano di-mostrò una certa versatilità stilistica negli anni che precedettero l’avvio della Grande Guerra e nel periodo successivo alla prima conflagrazione mondiale, adeguando la sua tecnica pittorica al modernismo, i cui elemen-ti si avvertono anche nella sua produ-zione grafica a partire dalla seconda decade del Novecento.

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. Il Signore, che guida i no-stri cuori nell’amore e nella pa-zienza di Cristo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Tu conosci, o Signore, i nostri limiti e il nostro peccato. Tu vedi la nostra piccolezza ed impoten-za, ed il nostro desiderio di esse-re illuminati dalla tua luce per vi-vere da figli tuoi. Nella sincerità del cuore ci rivolgiamo a te per chiederti perdono.

Breve pausa di riflessione C. Signore Gesù, Verbo eterno del Padre, che hai posto la tua tenda in mezzo a noi, abbi pietà di noi. A. Signore, pietà. C. Cristo Gesù, gloria di Israe-le, che sei venuto ad illuminare le nostre tenebre, abbi pietà di noi. A. Cristo, pietà. C. Signore Gesù, inviato dal Padre, che doni a chi ti accoglie il dono di essere suoi figli, abbi pie-tà di noi. A. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di voi, perdoni i vostri peccati e vi conduca alla vita eter-na. A. Amen.

COLLETTA C. C. Padre di eterna gloria, che nel tuo unico Figlio ci hai scelti e amati prima della creazione del mondo e in lui, sapienza incarna-ta, sei venuto a piantare in mezzo a noi la tua tenda, illuminaci con il tuo Spirito, perché accogliendo il mistero del tuo amore, pregustia-mo la gioia che ci attende, come figli ed eredi del regno. Per il nostro Signore… A. Amen

LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura

Dal Libro del Siracide La sapienza fa il proprio elogio, in Dio trova il proprio vanto, in mez-zo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria, in mezzo al suo popolo viene esalta-ta, nella santa assemblea viene ammirata, nella moltitudine degli

eletti trova la sua lode e tra i be-nedetti è benedetta, mentre dice: «Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la ten-da e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti”. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò me-no. Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mez-zo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia ere-dità, nell’assemblea dei santi ho preso dimora». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE Rit. Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Celebra il Signore, Gerusa-lemme, loda il tuo Dio, Sion, per-ché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, in mezzo a te ha bene-detto i tuoi figli. R/. Egli mette pace nei tuoi con-fini e ti sazia con fiore di frumen-to. Manda sulla terra il suo mes-saggio: la sua parola corre velo-ce. R/. Annuncia a Giacobbe la sua parola, i suoi decreti e i suoi giu-dizi a Israele. Così non ha fatto con nessun’altra nazione, non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. R/.

Seconda Lettura Dalla Lettera di San Paolo Apo-stolo agli Efesini Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha be-nedetti con ogni benedizione spi-rituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e im-macolati di fronte a lui nella cari-tà, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amo-re della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. Perciò anch’io [Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continua-mente rendo grazie per voi ricor-dandovi nelle mie preghiere, af-finché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria,

vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda co-noscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi com-prendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i san-ti. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia, alleluia. Gloria a te, o Cristo, annunziato a tutte le gen-ti; gloria a te, o Cristo, creduto nel mondo. Alleluia. C. Il Signore sia con Voi A. E con il tuo spirito C.Dal vangelo secondo GIOVANNI A. Gloria a te o Signore. + In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma do-veva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quan-ti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da vole-re di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi ab-biamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di gra-zia e di verità. Giovanni gli dà te-stimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pie-nezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mez-zo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cri-sto. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: Sir 24,1-4.12-16 Sal 147 Ef 1,3-6.15-18 Gv 1,1-18

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ADESTE n°01/ ANNO 5°-03.01.2016

nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre on-nipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visi-bili e invisibili. Credo in un so-lo Signore, Gesù Cristo, unige-nito Figlio di Dio, nato dal Pa-dre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra sal-vezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergi-ne Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il ter-zo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signo-re e dà la vita, e procede dal Pa-dre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei pro-feti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdo-no dei peccati. Aspetto la risur-rezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Dio ci ha scelti ed amati fin dall’origine dei tempi. Rivolgia-moci a lui con la fiducia di figli, perché splenda la sua luce sul nostro cammino verso il suo re-gno di gioia e di pace. Preghiamo insieme e diciamo: Il tuo Spirito, Signore, guidi i nostri passi. Per la Chiesa che proclama nel mondo il mistero del Verbo fatto uomo, la luce dello Spirito la sostenga e gli doni di essere testi-mone credibile del vangelo di Dio sulle strade del mondo, pre-ghiamo. Per i potenti della terra che reggono i popoli e governano le nazioni, la luce della grazia li gui-di nel loro operato, portino, come Gesù, la salvezza, la libertà e la pace, preghiamo. La sofferenza, la malattia e le ingiustizie continuano a lacera-re il cuore dell’uomo: la luce del-la parola di Dio, portatrice di spe-ranza, sostenga tutti nelle difficol-tà della vita, preghiamo. Ai giovani rivolgi ancora il

tuo invito a seguirti per un servi-zio particolare nella Chiesa: siano docili alla tua parola e abbiano il coraggio di giocare la vita per il tuo Regno, preghiamo. C. O Padre, che hai tanto amato gli uomini da dare il tuo Figlio per la loro salvezza, ascolta la nostra preghiera. Per intercessione del-la beata Vergine Maria concedi al mondo la fraternità e la pace. Per Cristo nostro Signore. A. Amen

LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

(in piedi) SULLE OFFERTE

C. Santifica, o Padre, questi doni con la grazia del Natale del tuo unico Figlio, che a tutti i cre-denti indica la via della verità e promette la vita eterna. Per Cristo

nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. È veramente cosa buona e giu-sta, nostro dovere e fonte di sal-vezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgo-re, perché conoscendo Dio visi-bilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisi-bili. E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Domina-zioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce inces-sante l’inno della tua gloria: San-to, Santo, Santo …

DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risur-rezione nell’attesa della tua venu-ta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, ven-ga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i no-stri debiti come noi li rimettia-mo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma libe-raci dal male. Amen. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua mi-sericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni tur-bamento, nell'attesa che si com-pia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sem-pre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C Questo sacramento agisca in noi, Signore Dio nostro, ci puri-fichi dal male e compia le nostre aspirazioni di giustizia e di pace. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

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ADESTE n°01/ ANNO 5°-03.01.2016

Bucarest: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* Iasi: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: I-II-III Domenica del mese ore 11,00-IV Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi,

Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected] Trasmessa in diretta su: http://www.ercis.ro/video/iasi.asp

*°* Cluj: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527

Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00

*°* Alba Iulia: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262

*°* Timisoara: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

Nasce la televisione italiana: «La RAI Radiotelevisione Italiana inizia oggi il suo rego-lare servizio di trasmissioni televisive». E' lo storico incipit di Fulvia Colombo, la decana di tutte le "signorine buonase-ra", che dagli studi di Milano annuncia l'inizio ufficiale del regolare servizio di trasmissioni televisive in Italia. L'evento è seguito da 15mila apparecchi in tutto il territorio nazionale, distribuiti tra abita-zioni e bar dove sono raccolti migliaia di italiani. Sono le 11 di mattina quando quel piccolo aggeggio dalla forma squadrata - allora simile più a un forno elettrico - inizia a trasmet-tere immagini in bianco e nero. A battezzare il nuovo elettrodomestico (il cui costo è cinque volte superiore al salario medio di un operaio) è il finale del "Guglielmo Tell" di Gioacchino Rossini. Quando la musica sfuma arriva la voce del primo volto fem-minile della storia della TV italiana, che elenca i pro-grammi della giornata. Si tratta di un palinsesto scarso che apre con la telecronaca dell'inaugurazione delle sedi RAI di Mila-

no, Roma e Torino, cui segue la rubri-ca Arrivi e parten-ze condotta dal gio-vane italoamerica-no Mike Bongior-no. Pomeriggio all'insegna dello sport, con trotto e calcio, e del cine-ma con la pellico-

la Le miserie del signor Travet (nel cast figurano Gi-no Cervi e Alberto Sordi) di Mario Soldati.

Alle 20,45 va in onda il primo telegiornale regolare, dopo quel-lo sperimentale trasmesso il 10 settembre del 1952. Si chiude con il teatro: viene trasmessa in diret-ta L'osteria della postadi Carlo Goldoni, portata in scena da Isa Barzizza e Leonardo Cortese. Il sipario cala alle 23 e sullo scher-mo domina il primo monoscopio RAI.

Tre mesi dopo, la vecchia denominazione Radio Audizioni Italiane S.p.A. (subentrata nel 1944 all'EIAR di derivazione fascista) lascia il posto alla nuova Radio Televisione Italiana. Di qui è un cre-scendo dell'offerta televisiva che, oltre a portare sullo schermo il Festival di Sanremo, si amplia nel novem-bre del 1955 con il primo sceneggiato, Piccole Don-ne, e il celebre quiz"Lascia o raddoppia?", che con-sacra Bongiorno come presentatore dei giochi a quiz. In parallelo, si allarga la platea dei contribuenti del canone che nel dicembre 1958 raggiunge il milio-nesimo abbonato, traguardo festeggiato dalla RAI con una trasmissione speciale.