Adeste 28 domenica 10 luglio 2016c

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L a sua auto, quando si sposta per le strade di Roma, è una Ford Focus, una berlina di classe media a bordo del quale spesso viaggia seduto sul sedile anteriore, vicino all'autista. Ma nelle visite che lo hanno portato

in giro per il mondo papa Francesco ha utilizzato anche altre vetture, sempre all'insegna della sobrietà. Nella sua prima visita ufficiale negli Stati Uniti ha usato una Fiat 500 L, a Torino è salito a bordo di una Fiat Doblò, classica multispazio da fami-glia. In precedenza, era salito su una Fiat Idea che, priva di scor-ta, era stata circondata dalla folla a Rio de Janeiro. Oppure su una utilitaria Kia in Corea o su una Volkswagen Touran nelle Filippine. A Lampedusa aveva girato per l'isola con una Campagnola. Per raggiungere il carcere romano di Casal di Marmo, invece, pochi giorni dopo la sua ele-zione aveva usato una Volkswagen Passat, mentre un'auto cult, una Renault 4 bianca anni 70 con 300mila chilometri e gli adesivi della squadra di calcio dell'Hel-las Verona gli è stata regalata da un prete veneto ed è stata usata per spostarsi dentro alle mura vaticane .

Durante l’ultimo

viaggio in Armenia

Papa Francesco

ha usato una Da- cia Lo-

gan.

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DDDD omenica 10 luglio 2016 si celebra la cosiddetta

“Domenica del Mare“, un evento annuale in occasione del quale il Pontificio Consiglio della Pa-storale per i Migranti e gli Itineranti desidera che la comunità cristiana e la società in generale riconosca il contributo del “popolo del mare” a rendere la no-stra vita più comoda, e per questo vengano ringrati del loro lavoro e del loro sacrificio.

In effetti, la “Domenica del Mare” è una festa spe-ciale organizzata dalla Chiesa cattolica per ricor-dare coloro che lavorano per mare e per pregare per loro e per le loro famiglie. Questa giornata è stata istituita nel 1975 quando l’Apostolato del Mare, la Missione dei marinai e la Società dei mari-nai hanno deciso di creare un giorno per riconoscere il contributo di questi lavoratori per l’economia glo-bale.

Va sottolineato peraltro anche l’importanza ecume-nica di questa celebrazione dal momento che in mol-ti porti le attività di sensibilizzazione riguardo la si-tuazione umana di questi lavoratori sono condotte assieme alle altre confessioni cristiane, testimonian-do così unità di intenti e cooperazione nella tutela dei diritti di queste persone.

Nel messaggio di quest’anno, firmato dal cardina-le Antonio Maria Vegliò, e monsignor Joseph Kala-thiparambil, rispettivamente Presidente e Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migran-ti e gli Itineranti, si legge che quando siamo “seduti comodamente sul divano delle nostre case, abbiamo difficoltà a comprendere fino a che punto la nostra vita quotidiana dipenda dall’industria marittima e dal mare“. Infatti, come spiega il testo, “se guardia-mo attorno a noi là dove viviamo e lavoriamo, pos-siamo renderci conto che la maggior parte del materiale informatico e dei mobili che utilizziamo sono stati traspor-tati per nave, che i nostri ve-stiti sono stati spediti in con-tainer dall’altro capo del mondo e che la frutta che mangiamo è stata consegnata da navi frigo provenienti da un altro Paese, mentre delle petroliere trasportano la ben-zina per le nostre macchine e il petrolio“.

Non solo, il testo sottolinea an-che l’importanza delle popolo del mare, non solo quello militare ma anche quello civile, “nel corso della recente situazione d’urgenza

umanitaria nel Mar Mediterraneo“, laddove più di una volta “alcuni equipaggi di navi mercantili sono stati in prima linea per intervenire e soccorrere mi-gliaia di persone che cercavano di arrivare in Euro-pa a bordo di imbarcazioni o gommoni stipati all’in-verosimile e non in condizioni di navigare”.

A fare da contraltare al grande contributo di questi lavoratori per l’economia globale e al loro grande sacrificio, però, purtroppo troviamo situazioni diffi-cili e dimenticate da tutti: spesso e volentieri i con-tratti di lavoro “li costringono ad essere lontani dal-la famiglia e dagli amici per diversi mesi e, spesso, per anni di fila”. In questo modo “i figli crescono senza una figura paterna mentre tutte le responsabi-lità familiari ricadono sulle spalle della madre – afferma il documento – La dignità umana e profes-sionale dei marittimi è minacciata quando sono sfruttati a motivo delle lunghe ore di lavoro e del fatto che la corresponsione dei loro salari viene ri-tardata di mesi o, nel caso di abbandono, quando non sono pagati affatto”.

Da qui l’invito rivolto a tutti i cristiani “ad esse-re voce dei lavoratori che vivono lontani dai loro cari ed affrontano situazioni di pericolo e difficoltà“, ponendosi “a fianco dei marittimi per ripetere che i loro diritti umani e profes-sionali devono essere rispettati e protetti”.

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Chiama� a diventare samaritani

U n uomo scendeva da Gerusalemme a

Gerico. Seguono poche righe, uno dei

raccon� più brevi al mondo, e più bel-

li, in cui è condensato il dramma e la

soluzione di tu�a intera la storia umana. Un uomo:

non sappiamo il suo nome, ma sappiamo il suo vol-

to: ferito, colpito, terrore e sangue, faccia a terra,

non ce la fa. È il volto eterno dell'uomo, Il mondo inte-

ro passa per la strada che va da Gerusalemme a Gerico. Nessuno può dire: io faccio un'altra strada, nessuno può dirsi

estraneo alle sor� del mondo. Ci salveremo tu' insieme, o salvezza non sarà.

Un sacerdote scendeva per quella medesima strada. Il primo che passa è un prete, un uomo di Dio. Vede l'uomo a ter-

ra, lo aggira, passa oltre. Oltre la carne e il dolore dell'uomo non c'è Dio, non ci sono il tempio e il culto solenne, c'è

solo l'illusione di poter amare Dio senza amare il prossimo, l'illusione di sen�rci a posto perché creden�, il pericolo di

una religiosità vuota. L'appuntamento con Dio è sulla strada di Gerico.

Percorri l'uomo e arriverai a Dio (Sant'Agos�no) Il secondo che passa è un levita... Forse pensa: Ma perché Dio non

interviene lui a salvare quest'uomo? Dio interviene sempre, ma lo fa a�raverso i suoi figli, a�raverso di me. La sua ri-

sposta al dolore del mondo sono io, inviato come braccia aperte.

Invece un Samaritano, un ere�co, un nemico, mosso a pietà, gli si fa vicino. Sono termini di una carica infinita, bellissi-

ma, che grondano di luce, grondano di umanità. Non c'è umanità possibile senza la compassione, il meno sen�mentale

dei sen�men�, il meno zuccheroso, il più concreto: prendere su di me il des�no dell'altro.

Non è spontaneo fermarsi. La compassione non è un is�nto, ma una conquista. Come il perdono: non è un sen�mento,

ma una decisione. Il racconto di Luca adesso mette in fila dieci verbi per descrivere l'amore: lo vide, si mosse a pietà, si

avvicinò, scese, versò, fasciò, caricò, lo portò, si prese cura, pagò... fi-

no al decimo verbo: al mio ritorno salderò... Questo è il nuovo deca-

logo, i nuovi dieci comandamen�, per tu', perché l'uomo sia pro-

mosso a uomo, perché la terra sia abitata da 'prossimi', non da avver-

sari.

Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, un uomo fortunato.

Perché l'esperienza di essere stato amato gratuitamente, anche una

sola volta nella vita, riempie di senso per lungo tempo la vita, risana

in profondità chi ha subito violenza e si è sen�to calpestato nell'ani-

ma.

Ma chi è il mio prossimo? Gesù risponde: tuo prossimo è chi ha avuto

compassione di te. Allora ama il prossimo tuo, ama i tuoi samaritani,

quelli che � hanno salvato, rialzato, che hanno pagato per te. Impara

l'amore dall'amore ricevuto. Diventa anche tu samaritano.

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Elisa Chiari

Il campionato Eu-ropeo dell'Italia ha cominciato a finire sui passetti troppo cor-ti della ricorsa del ri-gore di Zaza. A quel

punto, dopo aver giocato tutte le carte della fatica e della tenacia, dopo aver sudato l'ulti-ma goccia e scommesso tutti i jolly con la sor-te, portando onorevolmente ai rigori una Ger-mania non solo sulla carta più forte, serviva l'umiltà di farla semplice, di tirare una stecca senza pretese.

Ma è sempre facile dirlo da seduti, lontano dall'erba, senza l'orlo del dischetto sotto i tac-chetti. Certo forse, quando la fatica annebbia i riflessi, si può evitare il gesto sbruffoncello di Pellè al portierone tedesco Neuer, un gesto che, appena prima di prendere la rincorsa, diceva ti faccio "il cucchiaio" per poi tirare rasoterra, troppo angolato, e mancare la por-ta. Ma anche Neuer potrebbe evitare di aspet-tare sempre il tiro dimenandosi come l'orso Balou.

Però è giusto ammettere che, al netto dei quattro rigori sbagliati su nove (troppi per pretendere qualcosa dalla buonasorte), l'Eu-ropeo dell'Italia finisce meglio di come voleva il pronostico: con una squadra accreditata più di tattica che di talento, che molti davano a rischio già al girone e che invece si è qualifi-cata in due giornate per poi castigare la titola-tissima Spagna agli ottavi.

Merito di Antonio Conte se il cuore e l'anima sono venuti fuori con gli interessi, merito

del clima che ha saputo creare e di cui qual-cosa s'intuisce guardando quel suo modo ta-rantolato di assistere alle partite, così agiato da lasciar supporre per lui dietro la linea bianca un dispendio di energie, in urla e pas-si, paragonabile a quello dei suoi mediani.

Ci aveva provato, Conte, a tenere bassi gli entusiasmi, a ricordare ai suoi che sulla carta i favoriti erano gli altri, a tener a tutti i piedi per terra cercando di chiudere fuori il diluvio di filmati e ricordi riproposti in questi giorni da tutte le parti e che raccontavano sempre la solita storia: un'Italia piccola e nera pronta a beffare al solito modo la Germania, forte del pronostico e della superiorità atletica, perché sempre così è andata sul campo di calcio, quasi a vendicare i luoghi comuni e le inferio-rità numeriche e psicologiche della storia con la S maiuscola.

Forse alla fine, quando s'è visto come girava (il gol rimontato, i tre rigori sbagliati per par-te) s'è finito per illudersi che sarebbe andata come sempre e che alla fine, anche senza am-metterlo mai, avrebbero avuto più paura loro. E invece no, stavolta no: anche se hanno pe-scato la loro bestia nera (è azzurra ma loro la vedono nera), i tedeschi stavolta non si sono spaventati. Non abbastanza, almeno, da non agguantare un rigore in più (uno solo) e con esso il lasciapassare.

Questione d'orgoglio, di freddezza, di fortu-na? Difficile dire che cosa passi per un rigore di differenza. Non c'è mai la controprova. For-se ci passa soltanto la cosa più semplice e cioè che è vero che la palla è rotonda, ma questa Germania, che pure l'Italia ha irretito fino a renderla innocua nella colla della sua difesa, è pur sempre la Germania campione del mondo in carica, candidata a sostituire, con uno stile diverso, la Spagna che ha un po' smarrito il tiki-taka.

Forse si tratta solo di ammettere che si può essere motivatissimi - e l'Italia lo è stata in Francia superandosi fin qui -, che si può avere la sfortuna di pescare un calendario durissimo in cui ogni turno vale una finale (e l'Italia l'ha avuto), ma che è semplicemente previsto dal-la legge dello sport che si possa incontrare un avversario più forte che fa la sua parte.

Alla fine vince uno solo, ma chi perde ne esce a testa alta. E' lo sport. Sarebbe anche la vita, se la vita in giorni tragici come questi in cui si gioca con il lutto, non avesse cose troppo più serie di cui occuparsi.

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ECCO CHI È ANTONIO CONTE: «PREGO LA VERGINE OGNI SERA, E I SANTI. MI GUIDA LA FEDE» Antonio Conte Credere n. 48 30.11.2014

Fede, famiglia, voglia di fare sempre meglio: per

la prima volta il Ct della Nazionale di calcio spie-

ga in esclusiva a Credere da dove

nasce la sua determinazione.

«Si parla tanto di rilanciare il mo-vimento e poi non si fa nulla. È ora che si cominci a lavorare per dav-vero, non sono venuto qui a perde-re tempo». Antonio Conte, com-missario tecnico della Nazionale, non vuole sprecare tempo né talen-ti. L’ha detto dopo l’amichevole Italia-Albania e il giro di boa dei 100 giorni alla guida della Nazionale, ma il dare il massimo, sempre e comunque, è il suo stile di vita, in campo e fuori, come allenatore e come uomo. Abbiamo incontrato il mister a Roma, nella sede della Federazione italiana gioco calcio che dal 19 agosto, quando è diventato Ct e coordinatore delle squadre giovanili, è la sua seconda casa. Lasciando da parte temi su cui l’ex allenatore della Juventus si è già espresso più volte (su tutti, l’ingaggio di 4,1 milioni di euro a stagione: «Rientra nei para-metri, alle polemiche rispondo con fatti», e l’accu-sa di omessa denuncia nel processo Calcioscom-messe, vicenda chiusa nel 2012 con il patteggia-mento, rispetto alla quale si è sempre detto «innocente»), abbiamo affrontato temi su cui Con-te non si era mai espresso, a partire dalla fede. •Mister, lei si dichiara cattolico. Cosa significa

per lei essere credente? «La fede aiuta a distinguere il bene e il male, a sce-gliere la via giusta nei momenti di difficoltà. Sono

cresciuto a Lecce, l’oratorio Sant’Anto-nio a Fulgenzio è stato un punto di rife-rimento, un rifugio dalle tentazioni della strada. Fin da bambino i miei genitori mi hanno trasmesso un’educazione cat-tolica, ora sto facendo la stessa cosa con mia figlia Vittoria». •A proposito dei genitori, cosa le han-no detto quando ha annunciato loro l’avventura in Nazionale?

«Erano orgogliosi, perchè da Ct rappresenti un’in-tera nazione: il loro appoggio mi ha convinto ad accettare l’incarico. E pensare che da ragazzo mio papà non voleva nemmeno mandarmi a giocare al Lecce! Per i miei genitori il calcio era nulla in con-fronto allo studio, ho dovuto promettere che avrei continuato a studiare. Così mi sono anche laureato. Ai miei genitori devo molto: non mi hanno mai seguito in maniera assillante, conto sulle dita le volte che sono venuti a vedermi giocare dalle gio-vanili alla prima squadra, ma l’avermi lasciato li-bero mi ha fatto crescere nell’autonomia». •Da Sacchi a Van Basten, diversi allenatori sono stati messi a dura prova dall’ansia. Lei come trova grinta e serenità prima delle partite? «Ascolto tutta la mia famiglia: papà, mamma, fra-telli, moglie e figlia. Poi mi isolo e dedico alcuni minuti alla preghiera. Comunque capisco chi cede allo stress: l’allenatore sente tutta la pressione ad-dosso, considerate che deve gestire calciatori, staff tecnico, tifosi... Dopo aver accumulato successo e soldi a volte viene da chiedersi perché si accettino responsabilità simili... Poi però, se la squadra ti segue, il campo ripaga di tutte le notti insonni». •Le è più facile ringraziare Dio per quel che ha o invocarlo nel bisogno? «Non invoco mai il Signore, lo ringrazio sempre, ogni sera, prima di andare a dormire. Prego la Ma-donna e tutti i santi, anche prima dei pasti faccio il segno della croce per ringraziare di quel che ho. Mi auguro di fare qualcosa che giustifichi tutto il

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bene che ho ricevuto». •Sente di avere tanto, rinuncia mai a qualcosa? «In Quaresima faccio fioretti, piccole privazioni di dolci, caffè e del bicchiere di vino. Può sembrare una stupidaggine ma rinunciarvi non è facile». •Maradona ha regalato al Papa la sua maglia, lei cosa regalerebbe al Pontefice? «A dire la verità il regalo me lo ha già fatto lui! Poco prima del matrimonio sono andato con la mia famiglia in udienza e Francesco ci ha regalato una pergamena di benedizione. Mi ha colpito, io ero andato da “peccatore”, con una figlia... Il Papa ci ha accolto in maniera semplice, mancavano delle sedie e si è alzato lui per prenderle. Sta tra-smettendo valori molto importanti, come la sem-plicità». •Dovesse allenare la “squadra della Chiesa”, dove farebbe giocare Francesco? «Davanti alla difesa, do-ve sta il cuore della squa-dra. È il ruolo di chi si deve sacrificare per la squadra». •Se non fosse stato un uomo di calcio, chi sa-rebbe diventato Anto-nio Conte? «Un professore di educa-zione fisica. Vengo da una famiglia di sportivi e mi piace educare. Ricor-do ancora il mio professore, che mi ha indirizzato a fare sport». •Ci racconti di quando faceva il chierichetto. «Quando servivamo Messa e il parroco doveva de-cidere chi avrebbe portato la candela grossa, ricor-do che volevo essere scelto. Quando accadeva ero felice, mi cambiava la giornata! Mi piaceva fare il saluto al prete e orchestrare i movimenti degli altri chierichetti». •Quali sono i valori su cui, con sua moglie, state costruendo la vostra famiglia? «Dico la semplicità, vogliamo vivere una vita sem-plice, con la gente. Mia figlia frequenta una scuola statale, abbiamo amici che vanno dall’imprenditore al fruttivendolo. Vittoria deve capire cosa è la vita,

deve sapersi rapportare con tutti senza distinzione di ceto sociale. Non dimentico che vengo da una famiglia umile, ma con tanti valori». •Come si riportano le famiglie allo stadio? «Puntando sull’educazione. Spesso i facinorosi hanno avuto infanzie difficili, senza educazione... Mio papà dice sempre “aggiusta l’alberello fino a quando è tenerello”. Noi genitori abbiamo un ruolo molto importante nella crescita dei figli. Quando vedo genitori che guardano le partite dei ragazzini e intanto sbraitano e insultano mi chiedo cosa pos-sano imparare i bambini».

•Famiglie in ritiro sì o no? «Meglio di no, la famiglia è impor-tante ma la squadra quando è in ritiro deve concentrarsi e cogliere l’importanza della partita». •Come vive la domenica la fami-glia Conte? «Andiamo a Messa insieme, a mez-zogiorno o alle 18: mia moglie, che

pure ha fatto la catechista, si è avvicinata molto alla fede grazie a me. Se sono in ritiro con la squadra cerco di vivere la Messa anche con i giocatori: la fede è praticata e vissuta da molti». •Cosa apprezza in un sacerdo-te? «La capacità di toccare temi quotidiani durante la predica, altrimenti poi seguire quel che dice diventa difficile». •Qual è l’episodio della Bibbia

che le piace di più? «Il racconto del figliol prodigo. Mi piace perché insegna a perdonare». •Lei è capace di perdonare? «Sì, il perdono fa parte del compito dell’allenatore, altrimenti su 25 calciatori ne salveresti 10. Prima di perdonare però penso che si debba far capire gli errori: ci deve essere redenzione da parte di chi ha sbagliato». •Natale è alle porte, come festeggerà? «Per me Natale vuol dire stare in famiglia. Mi pia-ce andare a Messa a mezzanotte. Verranno i miei da Lecce o li raggiungeremo noi, di sicuro staremo assieme». Testo di Laura Bellomi

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SICILIA E TRANSILVANIA TERRE DI CEPPI SICULI

Perché ci chiamiamo siciliani? O, perché la no-stra Isola si chiama Sicilia e non Trinacria o Sica-nia? Le risposte sono facili a darsi. "Sicilia" e "siciliani" derivano da "siculi" ossia dal nome di un popolo del Nord che, circa tredici secoli prima di Cristo, si sarebbe insediato nella parte orientale dell' Isola e, dopo avere sconfitto i preesistenti sicani (di probabile origine iberica) e gli elimi, impose i suoi costumi e le sue leggi e quindi anche il nome. Que-sta, in estrema sintesi, la "storia".

Tuttavia, nessuno ha mai chiarito, con nettezza, l' origine geo - etnica di questo popolo che ha imposto il nome Sicilia. Un nome dimostratosi forte, affasci-nante visto che è riuscito ad abolire il precedente (Trinacria?) e a sopravvivere alle successive domi-nazioni, talune potenti e longeve come quelle di gre-ci, romani, bizantini, arabi, normanno-svevi, france-si, spagnoli. Fino ai nostri giorni. Stranamente, co-nosciamo origini e storia dei principali popoli domi-natori sopravvenuti in Sicilia, ma non, esattamente, quelle dei siculi che ci hanno dato il nome. La sto-riografia, antica e moderna, concorda sul fatto che i "siculi" giunsero nell' Isola, provenienti dal Nord. Ma da quale regione? Dal Nord cis o trans alpino? Su questi interrogativi le ipotesi si biforcano: una sostiene che siano "liguri", ossia provenienti dalle regioni del Nord-ovest, un' altra da popolazioni illi-riche. Altre ancora ampliano il campo delle supposi-zioni, addirittura, alle regioni cau-casiche e ai popoli del mare. Ipote-si suggestive, in attesa che gli sto-rici giungano ad una conclusione univoca ed esaustiva. A noi, che storici non siamo, non resta che affidarci alle fonti note (da Tucidi-de a Diodoro Siculo, da Ignazio Scaturro a Lorenzo Braccesi) le quali, grosso modo, concordano sul fatto che i "siculi" provenga-no dall' area illirica - balcanica e giunsero in Trinacria perché so-spinti da altri popoli insediati nelle regioni del Centro-nord della penisola. Come dire: in fondo c' è posto! I Siculi a Bolza-no: un tourbillon di congetture si sono riaffacciati alla mia mente

recentemente, mentre leggevo sul web una notizia, a dir poco, sorprendente: «Il Consiglio nazionale dei Siculi in visita a Bolzano... per conoscere il modello dell' autonomia altoatesina...». Confesso che quel titolo mi fece sobbalzare sulla sedia del cafe-internet di Budapest. Di fronte un annuncio così chiaro e inatteso non sapevo che cosa pensare. Vuoi vedere - mi dissi - che, in mia assenza, in Sicilia hanno fatto la rivoluzione? Che a Palermo è arrivata l' onda della "primavera araba" e sbaraccato l' Ars e la Regione e instaurato un comando transitorio, il "Consiglio na-zionale dei siculi", per l' appunto? Forse, poteva trat-tarsi di un gruppo di volenterosi politici siciliani re-catisi a Bolzano per apprendere l' arte del buon go-verno. Anche questa mi parve un' improbabile even-tualità: difficilmente il ceto dominante siciliano an-drebbe a Bolzano per far tesoro di quella virtuosa gestione dell' Autonomia che ha fatto dell' Alto Adi-ge una delle regioni più ricche e progredite d' Euro-pa. Andare a Bolzano, sarebbe un' umiliazione, un' ammissione del fallimento in cui hanno trascinato la nostra Regione. Continuando la lettura, scoprii che i "siculi" di cui l' articolo parlava non erano quelli di Sicilia, ma i rappresentanti di una consistente mino-ranza ungherese che, da molti secoli, vive in Transil-vania, nel nord della Romania. Una singolare omo-nimia mai veramente indagata, ai più sconosciuta. Le due comunità, infatti, non hanno alcuna relazione anche se - come vedremo - potrebbero avere una co-mune origine etnica, antropologica. Szekelorum, Siculorum, Siculi: ed è su questo punto che desidero soffermarmi, senza pretendere di dimostrare alcun-ché, ma solo per mostrare, raccontare gli esiti di al-cuni rinvenimenti bibliografici che rafforzano l' ipo-tesi della probabile comunanza fra i siculi di Transil-vania e quelli di Sicilia. Nulla di sensazionale, dun-que. Anche perché la ricostruzione di tali rapporti è inficiata dalle accennate lacune sulle origini dei "siculi" nostrani e dall' oscurità che avvolge l' esi-stenza di quegli altri "siculi". Da tutto ciò, taluni de-

Nessuno ha dato certezze riguardo all’ori-gine del nome di Sicilia. Tante ipotesi fra le quali trova il suo posto anche quella

dell’articolo qui proposto. Che Sicilia e Transilvania siano

lontane parenti?

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ducono, erroneamente, che gli unici siculi al mondo siamo noi: i siciliani. Invece, così non è. Non solo per-ché, oggi, leggiamo di un "consiglio nazionale dei Siculi" di Transilvania, ma per una serie d' indizi che taluni autori hanno segnalato. Infatti, qualche sentore della loro presenza in quella montuosa regione rume-na l' avevamo riscontrato durante una ricerca mirata a conoscere il significato del cognome della mia com-pianta suocera ungherese: Ilona Szekely la cui famiglia è originaria dalla città di Torda, in Transilvania. Successe mesi addietro, in una libreria antiquaria di Budapest, quando ebbi fra le mani un antico tomo in latino "Geographica globi terracquei Synopsis" del celeberrum geographo Hubnero (edizione: Cassovlae Typis Academicis Soc. Iesus...) dove l' autore afferma, senza indugio, che Szekely vuol dire "Siculi". Scri-ve, infatti: «In Transilvania Siculorum, seu Szekelorum...à Szekely comitiorum loco habetur Warfalea ca-stellum...». In famiglia, la scoperta un po' diverte, giacché mia moglie, calata in Sicilia come discendente degli unni di Attila, in realtà si è ritrovata in una comunità di lontani consanguinei. Insomma, cercavo il significato del cognome di una congiunta e ho trovato un' indiretta conferma dell' esistenza di un popolo che ha lo stesso nome del nostro. Continuando nella ricerca, in un altro libro (in francese) "Manual de la geographie" l' eminente geografo Louis De Foris (editeur: Chez Jh. Maronval - Paris, 1831) asserisce: «La Sicile, appellé d' abord Trinacrie à cause de ses trois promontaires les plus remarquables... tire son nom actuel des Sicules, peuple illyrien, qui y passarent de l' Italie dont elle est separée par le phare de Messi-ne...». Per brevità, ho citato solo questi scarni passaggi, omettendo altre considerazioni rafforzative della suggestiva ipotesi. Ora che sappiamo dell' esistenza certa di questa comunità, la ricerca va ripresa, magari, questa volta, sulla base di una collaborazione scientifica fra i siculi di Transilvania e i siculi di Sicilia.

AGOSTINO SPATARO , Repubblica 29 marzo 2012 .

I SICULI DI ROMANIA

Siculi (Székely in ungherese, Secui in rumeno, in la‐

tino Siculi), da non confondere con i Siculi di Sicilia

(NDR….tutto da dimostrare), sono un gruppo etnico di

lingua ungherese che vive per la maggior parte in

Transilvania, con minoranze significative in Voivodi‐

na (Serbia). A differenza di molti altri gruppi etnici

della Romania, i Siculi sono principalmente concen‐

trati in un'unica area, la Terra dei Siculi (Székelyföld,

in ungherese). Secondo le più recenti statistiche ru‐

mene, circa 670.000 ungheresi vivono nei distretti di

Harghita, Covasna e Mureş e soltanto 500 sono sicu‐

li. Siculi costituiscono una parte importante delle

minoranze etniche di lingua ungherese in Romania.

Sono in prevalenza di religione cattolica, ma è molto

importante anche la unitariana e quella luterana. La

descrizione più completa delle terre e delle tradizio‐

ni sicule fu scritta tra il 1859 ed il 1868 da Orbán Ba‐

lázs nella sua opera, Descrizione della Terra dei Si‐

culi. L'origine dei Siculi è incerta e oggetto di discus‐

sione sia tra gli studiosi che tra i Siculi stessi. Una

teoria diffusa sostiene che discendano dagli Unni e

che si stabilirono lungo le montagne di confine prima dell'arrivo de‐

gli Ungari per difendersi dalle invasioni dei Tatari. I Siculi hanno una

forte identità nazionale ungherese. Benché le regioni in cui abitano

siano oggi in Transilvania e in Vojvodina (entrambe non più appar‐

tenenti all'Ungheria), la lingua parlata non differisce affatto dall'un‐

gherese. Molti termini arcaici dell'ungherese sono sopravvissuti tra i

Siculi, soprattutto in Romania, dove non hanno subíto l'influenza

delle lingue slave. Foneticamente, i Siculi hanno un accento tipico.

LA DIFFUSIONE DEI SICULI

nell’odierna Romania

Bandiera dei Siculi di Romania

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Chiediamo perdono a Dio per non essere stati accoglienti, premurosi, vicini a chi era biso-gnoso di aiuto. Diciamo a Gesù di insegnarci la vera carità, che è amore che diviene dono per chiunque incontriamo sul nostro cammino. (Breve pausa di riflessione) Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto pec-cato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre ver-gine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eter-na. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benedicia-mo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signo-re Dio, Agnello di Dio, Figlio del Pa-dre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i pecca-ti del mondo, accogli la nostra sup-plica; tu che siedi alla destra del Pa-dre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spi-rito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. Padre misericordioso, che nel comandamento dell’amore hai posto il compendio e l’anima di tutta la legge, donaci un cuore attento e generoso verso le soffe-renze e le miserie dei fratelli, per essere simili a Cristo, buon sama-

ritano del mondo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità del-lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dal Libro del Deuteronomio

Mosè parlò al popolo dicendo: «Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi coman-di e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima. Questo comando che oggi ti ordi-no non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua boc-ca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. I precetti del Signore fanno gioire il cuore. La legge del Signore è per-fetta, rinfranca l’anima; la testimo-nianza del Signore è stabile, ren-de saggio il semplice. R/. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il co-mando del Signore è limpido, illu-mina gli occhi. R/. Il timore del Signore è puro, ri-mane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giu-sti. R/. Più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. R/.

Seconda Lettura Dalla lettera di S.Paolo ai Colossesi Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sul-la terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte

in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia,Alleluia Le tue parole, Signore, sono spiri-to e vita; tu hai parole di vita eter-na. Alleluia

VANGELO C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo Luca A. Glora a te o Signore A. In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Co-stui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ que-sto e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossi-mo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gè-rico e cadde nelle mani dei bri-ganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vi-de e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo cari-cò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’alberga-tore, dicendo: “Abbi cura di lui;

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: Dt 30,10-14 Sal 18 Col 1,15-20 Lc 10,25-37

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ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compas-sione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così». Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipo-tente, creatore del cielo e della ter-ra, di tutte le cose visibili e invisibi-li. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, del-la stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la no-stra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifis-so per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risu-scitato, secondo le Scritture, è sali-to al cielo, siede alla destra del Pa-dre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nel-lo Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apo-stolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Cristo non ci chiede di vi-vere la sua parola da spettatori esterni. La fedeltà alla propria missione gli è costata la vita. An-che noi, per essere Cristiani, dobbiamo dare noi stessi. Preghiamo insieme e diciamo: Signore, fa’ che la tua parola s’incarni in noi. 1. Perché non rimandiamo mai nessun atto d’amore ad un ipotetico domani. Preghiamo. 2. Perché la nostra fedeltà alla giustizia sia all’altezza di quella che chiediamo agli altri. Preghiamo. 3. Perché impariamo a con-siderare la sequela di Gesù una scelta che realizza la nostra vita. Preghiamo. 4. Perché ci ricordiamo sempre che molti degli atti più

grandi nell’amore sono stati compiuti dai piccoli e dagli ulti-mi. Preghiamo. C. O Padre, la tua forza supera di gran lunga la nostra. Aiutaci a fare il bene anche quando le no-stre possibilità vacillano. Te lo chiediamo per Cristo nostro Si-gnore. .A. Amen.

LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il be-ne nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

(in piedi) SULLE OFFERTE

C. Guarda, Signore, i doni della tua Chiesa in preghiera, e trasformali in cibo spirituale per la santificazione di tutti i creden-ti. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Pa-dre santo, Dio onnipotente ed eterno. Abbiamo riconosciuto il segno della tua immensa gloria quando hai mandato tuo Figlio a prendere su di sé la nostra debo-lezza; in lui nuovo Adamo hai re-dento l'umanità decaduta e con la sua morte ci hai resi partecipi della vita immortale. Per mezzo di lui si allietano gli angeli e nell'eternità adorano la gloria del tuo volto. Al loro canto con-cedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: Santo, Santo, Santo il Si-gnore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che vie-ne nel nome del Signore. Osan-na nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risur-rezione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-

sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e ri-metti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri de-bitori e non ci indurre in tenta-zione ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C Signore, che ci hai nutriti alla tua mensa, fa' che per la co-munione a questi santi misteri si affermi sempre più nella nostra vita l'opera della redenzione. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: an-date in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

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Il primo profeta d'Israele, Elia (IX sec. a.C.), dimoran-do sul Monte Carmelo, ebbe la visione della venuta della Vergine, che si alzava come una piccola nube dalla terra verso il monte, portando la pioggia e sal-vando Israele dalla siccità. In quella immagine tutti i mistici cristiani e gli esegeti hanno sempre visto la Vergine Maria, che portando in sé il Verbo divino, ha dato la vita e la fecondità al mondo. Un gruppo di ere-

miti, «Fratelli della Beata Vergi-ne Maria del Monte Carmelo», costituitrono una cappella dedi-cata alla Vergine sul Monte Car-melo. I monaci carmelitani fon-darono, inoltre, dei monasteri in Occidente. Il 16 luglio del 1251 la Vergine, circondata da angeli e con il Bambino in braccio, ap-parve al primo Padre generale dell'Ordine, beato Simone Stock, al quale diede lo «scapolare» col «privilegio sa-

batino», ossia la promessa della salvezza dall'inferno, per coloro che lo indossano e la liberazione dalle pene del Purgatorio il sabato seguente alla loro morte.

Secondo quando affermato dallo stesso, Papa Wojtyla non si separò mai da quel duplice pezzetto di stoffa che – secondo la tradizione carmelitana – offre a quanti lo indos-sano con devozione il cosiddetto “privilegio sabatino” che promette l’abbraccio della Vergine Maria, nel primo sabato dopo la morte. Per una misteriosa coincidenza sappiamo che Giovanni Paolo II spirò alle 21.37 del 2 aprile 2005, proprio nel giorno di Sabato, “mentre in piazza S. Pietro – ricorda il teologo carmelitano P. An-tonio Maria Sicari – si cantava la Salve Regina, come si fa ad ogni sabato sera, da ottocento anni, in ogni chiesa car-melitana. Umili e dolci coincidenze agli occhi semplici di chi crede che in Paradiso si coltivi una delicata attenzione ai particolari”. Karol Wojtyla indossava lo scapolare del Carmine anche al momento dell’attentato del 13 maggio 1981, “Non se ne volle separare – scrive il postulatore della causa di beatifi-cazione, don Oder Slawomir – nemmeno in sala operato-ria”.

B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

*°* C7�8: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00 *°*

A7:� I�7+�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°* T+<+�=���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

10101010 D������� s. Rufina e s. Rufina e s. Rufina e s. Rufina e SecondaSecondaSecondaSeconda

11111111 L���� s. Benedetto Patr.EUs. Benedetto Patr.EUs. Benedetto Patr.EUs. Benedetto Patr.EU

12121212 M����� s. Giovanni Gualbertos. Giovanni Gualbertos. Giovanni Gualbertos. Giovanni Gualberto

13131313 M������� s. Enrico IIs. Enrico IIs. Enrico IIs. Enrico II

14141414 G����� s. Camillo De Lelliss. Camillo De Lelliss. Camillo De Lelliss. Camillo De Lellis

15151515 ������ s. Bonaventuras. Bonaventuras. Bonaventuras. Bonaventura

16161616 S����� B.V. Del Monte CarmeloB.V. Del Monte CarmeloB.V. Del Monte CarmeloB.V. Del Monte Carmelo

I SANTI DELLA

SETTIMANA

16 LUGLIO 16 LUGLIO 16 LUGLIO 16 LUGLIO