Adeste 17 domenica 24 aprile 2016

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**ANZIO Monumento a Angelita

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**ANZIO

Monumento

a Angelita

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“I frutti della libertà di cui ora godiamo, furono coltivati sul nostro suolo con lunghi e mortali dolori. Non vi è un paese straniero che non fosse pieno dei nostri esuli, che non vedesse Italiani accorrenti a combattere per i diritti dei popoli. In Italia non vi è carcere santi-ficato del patimento degli uomini più generosi; non vi è palmo di terreno non bagnato dal sangue dei martiri della libertà. I nostri in ogni tempo protestarono morendo, contro la tirannide che opprime-va la Patria e spirarono fermamente convinti che il loro sangue sa-rebbe stato fecondo di libera vita ai futuri”.

Q ueste sono le parole di una poesia di Atto Vannucci, uno storico, patriota e politico italiano e sebbene fosse stata scritta nel 1848, quindi quasi un secolo prima del 25

Aprile 1945, esprime pienamente il senso di questa celebrazione: "La giornata della Libera-zione d'Italia" o "Anniversario della Resistenza". Ma sappiamo il motivo per cui oggi si festeggia? Questa data è impor tante per la stor ia d'Italia perché simboleggia la vittoria della resistenza militare e politica attuata dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale contro il governo fascista e l'occupazione nazi-sta. Infatti negli anni della seconda guerra mondiale (1939-45), l'Italia si ritrovò divisa in due parti: da un lato vi era Benito Mussolini che con i fascisti aveva formato la "Repubblica so-

ciale italiana" e dall'altro, in opposizione, il governo Bado-glio con gli Alleati americani ed inglesi. Fu, quindi, organiz-zata dai Partigiani la "Resistenza" per combattere il dominio nazifascista. Chi erano i Partigiani? Erano uomini, donne, giovani, anziani, militari e anche preti che si unirono con ogni mezzo proprio nella lotta della conquista della libertà. E fu proprio il 25 Aprile 1945 che i Partigiani, con l'aiuto delle forze alleate, attaccarono tutti i presidi fascisti impo-nendo la resa. <Arrendersi o perire> fu la parola d'ordine dei Partigiani imposta ai nemici. Riuscirono così ad entrare vittoriosi nelle principali città italiane dando vita al proces-so di liberazione dell'Italia dall'oppressione fascista. In que-sto modo la "Liberazione" pose fine a venti anni di dittature fascista e cinque anni di guerra. La fine effettiva della guer-ra, con la resa delle forza nazifasciste si ebbe solo il 3 Mag-gio.

Nel 1945 fu emanato dal principe Umberto, luogotenente del Regno d'Italia, un decreto che dichiarava il 25 Aprile 1946 Festa nazionale. La ri-correnza venne celebrata anche gli anni successivi, ma solo nel 1949 divenne ufficialmente Festa nazio-nale. Fu scelta convenzionalmente quella data, perché in quel giorno furono liberate le città di Torino e Mi-lano e un eco di libertà risuonava per le strade. Il 25 Aprile 2015, come ogni anno in tutte le città av-vengono manifestazioni, cortei, commemorazioni per l'evento e in memoria di coloro che hanno sacrificato le proprie vite in nome della LIBERTÀ. La storia ha il compito di insegnarci e noi dalla storia dobbiamo imparare, perché in essa è racchiuso il nostro passato, ma anche il nostro futuro. "Noi amiamo la nostra li-bertà, ma dobbiamo considerare che la libertà sen-za ideali è solo un'illusione.."

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STORIA O LEGGENDA CHE SIA, IL STORIA O LEGGENDA CHE SIA, IL STORIA O LEGGENDA CHE SIA, IL STORIA O LEGGENDA CHE SIA, IL RACCONTO DEL CAPORALE RACCONTO DEL CAPORALE RACCONTO DEL CAPORALE RACCONTO DEL CAPORALE HAYES COMMUOVE ANCORA HAYES COMMUOVE ANCORA HAYES COMMUOVE ANCORA HAYES COMMUOVE ANCORA TUTTO IL MONDOTUTTO IL MONDOTUTTO IL MONDOTUTTO IL MONDO

I l 22 gennaio 1944, le truppe alleate sbarcarono, nell’operazione Shin-gle, ad Anzio. Lo sbarco fu tremen-do perché distrusse quasi completa-

mente la città. Anzio, evacuata ma non del tutto, fu un paese completamente sventrato dai bombardamenti e dai com-battimenti. Le pagine dei libri di storia pullulano di racconti. Il più suggestivo è la storia raccolta e ricostruita dalle parole del caporale Hayes, da Ennio Silvestri, storico di Anzio, personaggio illustre del-la cittadina, purtroppo scomparso, Ennio Silvestri, ha donato a tutto il mondo la storia di Angelita. Molti la hanno addi-tata come falso storico, altri come realtà certa. Noi la proponiamo perché Angeli-ta non ha alcuna presunzione di essere, Angelita è solo una piccola bambina vittima della guerra, come nella real-tà, purtroppo, quotidianamente ce ne sono.

Una statua in bronzo raffigurante una bambina. Ha dei codini per trattenere i capelli, un vestitino sopra al ginocchio, è scalza. Attorno a sé ha cinque gabbia-ni, a cui lei alza le braccia, un sorriso e lo sguardo rivolto verso l’alto, come per giocare con loro. Ma sembra anche che la stiano portando via. Via dalla guerra, via dal dolo-re. E lei, con il piedino leggermente in avanti sembra accettare un invito o forse una protezione. E’ Angeli-ta. Angelita d’Anzio. Forse leggenda, forse verità, Angelita è comunque il simbolo di tutti i bambini coinvolti dalle atrocità e dalla furia della guerra.

La storia narra che una bambina fu trovata durante lo sbarco alleato, dagli americani, sola sulla spiaggia. Aveva tra i cinque e i sei anni, morì tragicamente nel conflitto.

Dal racconto del caporale Hayes:

“La notte dello sbarco la mia pattuglia supe-rava velocemente la riva temendo la violenta reazione nemica quando, giunti ai limiti del bosco (si presume Tor Caldara, ndr ) restam-

mo impietriti sentendo qual-cuno lamentarsi. Avanzam-mo con cautela e scoprim-mo trattarsi di una bambina dell’età apparente di sei an-ni, terrorizzata e con il volto bagnato di lacrime. Non sa-

pendo cosa fare e non par-lando nessuno di noi alcuna parola in italiano, prendem-mo in braccio la bambina e ci inoltrammo nel bosco, tra-sportandola a turno, quasi come un simbolo di vita e di speranza per ogni soldato della pattuglia. L’alba di un giorno freddo ma luminoso (22 gennaio 1944) era appena spuntata incerta nel bosco quando noi riprendemmo l’a-vanzata con precauzione. La notte cadde ma Angelita era

di ora in ora più se-rena e sorrideva ti-midamente agli sfor-zi miei e dei miei compagni per farci comprendere ed in-ventare smorfie e giochi che la diver-tissero. Lasciammo, obbligati, Angelita in una località, Carro-ceto, dove la Croce Rossa curava i feriti. Mentre ci dirigeva-mo verso il Flyover

vedemmo una salva di cannonate investire il punto in cui c’erano i feriti. Ero l’ultimo della fila e mi precipitai a vedere: i feriti erano ri-masti tutti uccisi, anche Angelita. Strinsi la bambina per l’ultima volta quale estremo sa-luto mio e dei miei compagni e la adagiai lun-go il ciglio della strada tra i morti inglesi, americani e tedeschi”.

La figura di questa piccola fanciulla è carica di va-lenza sociale ed ha una dote eccezionale: conquistare tutti. Basti pensare all’enorme successo che ebbe una canzone a lei dedicata scritta da Marcel Ferial e pre-sentata al Musichiere. Dall’Italia alla Scozia, dall’In-ghilterra all’America, le parole riecheggiavo ovun-que, così come le note.

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La storia del BEATO ROLANDO RIVI Una delle brutte storie che hanno infangato la lotta di liberazione

« Domani un prete di meno», questa la motivazione che venne data dal com-missario politico della formazione partigiana garibaldi-

na che uccise nel 1945 il semi-narista Rolando Rivi di 14 anni. Ci furono molte vittime fra il clero italiano durante la Secon-da guerra mondiale e la guerra civile. Vittime dei nazisti, come don Giuseppe Morosini (1913-1944), accompagnato al suppli-zio dal Vescovo che lo aveva ordinato sacerdote, il futuro Cardinale Luigi Traglia (1895-1977), oppure come tanti sacer-doti e parroci assassinati dai partigiani e militanti comunisti, anche oltre il 25 aprile, come don Umberto Pessina (1902-1946). Scrisse il Vescovo di Reggio Emilia, Beniamino Socche (1890-1965), nel suo diario: «…la salma di don Pessina era ancora per terra; la baciai, mi inginocchiai e domandai aiuto (…). Parlai al funerale (…) presi la Sacra Scrittura e lessi le maledizioni di Dio per coloro che toccano i consacrati del Signore. (…) Il giorno dopo era la festa del Corpus Domini; alla processione in città partecipò una moltitudine e tenni il mio di-scorso, quello che fece cessare tutti gli assassinii. Io ̶ dissi ̶ farò noto a tutti i Vescovi del mondo il regime di terrore che il comunismo ha creato in Italia». In Emilia Romagna e soprattutto nel «Triangolo della morte» (Bologna, Modena, Reggio Emilia) perirono barbaramente 93 sacer-doti e religiosi; la maggior parte a seguito delle vendette dei «rossi». Fra le vittime anche Rolan-do Rivi, colpevole di indossare la talare.

Il 5 ottobre 2013 Rolando Rivi è stato elevato alla gloria degli altari col titolo di beato.

Rolando Maria Rivi nacque il 7 gennaio 1931 a San Valentino, borgo rurale del Comune di Ca-stellarano (Reggio Emilia), in una famiglia pro-fondamente cattolica. Brillante e vivace, di lui si diceva: «o diventerà un mascalzone o un santo! Non può percorrere una via di mezzo». Con la prima Comunione e la Cresima divenne maturo e responsabile. Rolando, ogni mattina, si alzava presto per servire la Santa Messa e ricevere la

Comunione. All’inizio di otto-bre del 1942, terminate le scuole elementari, entrò nel Seminario di Marola (Carpineti, Reggio Emilia). Si distinse subito per la sua pro-fonda fede. Amante della musi-ca, entrò a far parte della corale e suonava l’armonium e l’orga-no. Quando stava per terminare la seconda media, i tedeschi oc-cuparono il Seminario e i fre-quentanti furono mandati alle loro dimore. Rolando continuò a sentirsi seminarista: la chiesa e la casa parrocchiale furono i suoi luoghi prediletti. Sue oc-cupazioni quotidiane, oltre allo studio, la Santa Messa, il Ta-bernacolo, il Santo Rosario. I

genitori, spaventati dall’odio partigiano, invitaro-no il figlio a togliersi la talare; tuttavia egli rispo-se: «Ma perché? Che male faccio a portarla? Non ho voglia di togliermela. Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù». Questa pubblica appartenenza a Cristo gli fu fa-tale. Un giorno, mentre i genitori si recavano a lavorare nei campi, il martire Rolando prese i li-bri e si allontanò, come al solito, per studiare in un boschetto. Arrivarono i partigiani, lo seque-strarono, gli tolsero la talare e lo torturarono. Ri-mase tre giorni loro prigioniero, subendo offese e violenze; poi lo condannarono a morte. Lo con-dussero in un bosco, presso Piane di Monchio (Modena); gli fecero scavare la sua fossa, fu fatto inginocchiare sul bordo e gli spararono due colpi di rivoltella, una al cuore e una alla fronte. Poi, della sua nera e immacolata talare, ne fecero un pallone da prendere a calci. Era venerdì 13 aprile 1945.

BEATO

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Amare l'altro con lo 's�le' di Gesù

Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri.

Sì, ma di quale amore? Parola così abusata, parola che a pronunciarla male brucia le lab-bra, dicevano i rabbini. Noi confondiamo spesso l'amore con un'emozione o un'elemosi-na, con un gesto di solidarietà o un momento

di condivisione.

Amare sovrasta tutto questo, perché contiene il brivido emozionante della scoperta dell'altro, che ti appare non più come un oggetto ma come un evento, come colui che ti dà il gusto del vivere, che spalanca sogni, che ha la forza dolce delle nascite, che ti fa nascere, con il meglio di te. Per amare devo guardare una persona con gli occhi di Dio, quando adotto il suo sguardo luminoso divento capace di scoprirne tutta la bellezza e gran-dezza e unicità. E da questo si sprigiona fervore, meraviglia, incanto del vivere. Io vado dall'altro come ad una fonte, e mi disseta. Allora lo posso amare, e nell'amore l'altro diventa il mio maestro, colui che mi fa camminare per nuovi sentieri. Allo stesso modo anche i due sposi devono amarsi come due maestri, ciascuno maestro dell'altro, ciascuno messo in cammino verso orizzonti più grandi. Lasciarsi abitare dalle ricchezze dell'altro, e la vita diventa immensamente più felice e libera. Allo stesso modo anche il povero che incontro o lo straniero che bussa alla mia porta li posso guardare come fossero i «nostri signori» (san Vincenzo de Pao-lis), e imparare quindi a dare come faceva Gesù: non come un ricco ma come un povero che riceve, come un mendicante d'amore. E pensare davanti al povero: sono io il povero, fatto ricco di te, dei tuoi occhi accesi, della tua storia, del tuo coraggio.

Vi do un comandamento nuovo. Non si tratta di una nuova ingiunzione, ma della regola che protegge la vita umana, dove sono riassunti del destino del mondo e la sorte di ognuno: «abbiamo tutti bisogno di molto a-more per vivere bene» (Maritain).

Dove sta la novità? Già nell'Antico Testamento era scritto ama Dio con tutto il cuore, ama il prossimo tuo come te stesso.

La novità del comando sta nella parola suc-cessiva: Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Non dice quanto vi ho amato, impossibile per noi la sua misura, ma come Gesù, con il suo stile unico, con la sua eleganza gentile, con i capovolgimenti che ha portato, con la sua creatività: ha fatto cose che nessuno aveva fatto mai. I cristiani non sono quelli che ama-no (lo fanno in molti sotto tutte le latitudini) ma quelli che amano come Gesù: se io vi ho lavato i piedi così fate anche voi, fatelo a par-tire dai più stanchi, dai più piccoli, i vostri signori...

Come Lui, che non solo è amore, ma esclusi-vamente amore.

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"S iamo pronti ad aprire di nuovo le nostre case e a condividere quel poco che abbiamo. Se non dovessimo avere niente gli re-

galeremo un abbraccio". Parola di Emilia Kamvisi, la nonna residente sull'isola di Lesbo, in Grecia, candidata al Premio Nobel per la Pace. La sua foto insieme alle sue amiche Maritsa e Stratia, mentre è intenta a nutrire con un biberon un bimbo siriano, ha fatto il giro del mondo.

Come è nata quella fotografia - La sua amica Maritsa ha raccontato a Tv2000 i retroscena di quel commovente scatto: "Come tutti i pome-riggi eravamo in spiaggia per aiutare i profu-ghi. A un certo punto abbiamo visto che c'era una mamma e un neonato con tutti i vestiti ba-gnati. Allora le abbiamo detto: 'Fatti dare dei vestiti asciutti, ti teniamo noi il bimbo'. Ma nel frattempo il bambino ha iniziato a piangere perché aveva fame. Allora ho detto a Emilia: 'Vai a prendere un biberon con del latte'. All'i-nizio il bimbo non riusciva a bere perché il latte era troppo bollente. Così l'ho raffreddato con l'acqua del mare e il bimbo ha cominciato a bere. Quando è arrivata la madre vedendo la scena si è messa a ridere". "Noi siamo figlie di profughi - ha proseguito Maritsa - Nel 1922 siamo scappate dalla Tur-chia e siamo arrivate qui. Sappiamo cosa vuol dire. L'Europa dovrebbe fare subito un tavolo per trovare una soluzione, non possiamo lasciare questa povera gente in mezzo al fango, tener-la chiusa con il filo spinato o rimandarla sotto le bombe". L'attesa per Papa Francesco - Nonna Emilia ora attende la visita di Papa Francesco a Lesbo, in programma il prossimo 16 aprile: "E' bellissimo che un cattolico venga a difendere tanti mu-sulmani. Fa bene. Siamo tutti sotto lo stesso cielo, con un solo Dio. Speriamo che il Papa pos-sa mettere fine alle sofferenze dei profughi che si trovano a Idomeni, picchiati dalla polizia della Macedonia. Sono bambini, donne incinte e anziani come noi. E' terribile".

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(ex Vatican Insider)

«A«A«A«A bbiamo salutato circa 300 di questi pro-fughi, uno ad uno. Tanti di loro erano

bambini; alcuni di loro - di questi bambini - hanno assistito alla morte dei genitori e dei compagni, al-cuni morti annegati in mare. Ho visto tanto dolo-re!». Papa Francesco stacca gli occhi dal testo del discorso preparato, al termine della preghiera do-menicale. Ha ancora negli occhi i volti, le lacrime, la disperazione che ha incontrato ventiquattr’ore prima, nel campo profughi di Mòria, nell’isola gre-ca di Lesbo. Ai tanti fedeli che riempiono piazza San Pietro Bergoglio racconta il caso di un giovane padre rimasto vedovo: «Voglio raccontare un caso parti-colare, di un uomo giovane, non ha 40 anni. L’ho incontrato ieri, con i suoi due figli. Lui è musulma-no e mi ha raccontato che era sposato con una ra-gazza cristiana, si amavano e si rispettavano a vi-cenda. Ma purtroppo questa ragazza è stata sgoz-zata dai terroristi, perché non ha voluto rinnegare Cristo e abbandonare la sua fede. È una martire! E quell’uomo piangeva tanto…». È l’uomo che non smetteva di singhiozzare inginocchiato ai piedi di Francesco insieme ai suoi bambini.

Dei tanti incontri al campo profughi, dove si è recato sabato insieme al Patriarca Bartolomeo e all’ar-civescovo Ieronymos, a colpire di più il Pontefice sono stati quelli con i minori. Ragazzi rimasti soli al mondo, che hanno vissuto sotto le bombe e non dormono la notte per la paura. Bambini che hanno voluto fissare sui loro disegni ciò che hanno visto, le loro sofferenze e le loro speranze.

Sotto la tenda bianca, a Mòria, un ragazzino con la canottiera azzurra e bianca, ha allungato a France-sco un foglio con il disegno di alcuni coetanei dietro la rete metallica. «Questo è per me? Lo hai fatto tu? E quale di questi sei tu?», chiede il Papa aiutato dall’in-terprete. Azadi, il bambino, mostra con il dito il perso-naggio che lo raffigura, con un fazzoletto attorno alla testa e una bandiera che porta la scritta «Help», aiuto. «Sono io con i miei amici al campo», spiega. Il papà gli è accanto. Prende la mano di Francesco e dice: «È bello che tu sia qui».

A non molta distanza un altro bambino, con una tuta blu, offre al Papa un disegno. Qui si vede il sole piangere lacrime color sangue, e si vedono adulti e bambini che annegano. Papa Bergoglio lo guarda, ri-mane colpito. «Questo disegno è un simbolo», dice al Patriarca Bartolomeo. Ringrazia il bambino e passa il foglio a uno dei suoi collaboratori dicendo: «Che non si perda! Lo voglio sulla mia scrivania».

Quei disegni, che riproduciamo in questa pagi-na, non sono andati persi.

Francesco è rimasto scosso, si vede che ci tie-ne molto e quando fa la sua comparsa nel settore dell’aereo Alitalia che riporta lui, il seguito e i gior-

nalisti a Roma, fa portare anche quei fogli colora-ti. Forse si aspetta una domanda sull’emozione provocata dagli incontri della giornata. E visto che non arriva, a un certo punto ne parla comunque prendendo lui l’iniziativa. «Voglio dirlo oggi, quello

che ho visto e che voi stessi avete visto, in quel campo per rifugiati… era da piangere! I bambini… Ho porta-to con me, per farvi vedere: i bambini mi hanno rega-lato tanti disegni». Francesco mostra i fogli uno a uno. «Che cosa vogliono i bambini? Pace, perché soffrono… Ma cosa hanno visto, quei bambini! Guardate questo: hanno visto anche un bambino annegare. Questo i bambini l’hanno nel cuore! Davvero, oggi era da piangere. Lo stesso tema lo ha fatto questo bambino: si vede che il barcone che viene dall’Afghanistan torna alla Grecia. Questi bambini hanno nella memoria questo! E ci vorrà tempo per ela-borarlo. Guardate questo: il sole che vede e piange. Ma se il sole è capace di piangere, anche a noi una lacrima farà bene».

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A l ritorno dalla visita nell’isola di Lesbo, papa France-sco ha portato con sè tre famiglie di siriani in fuga

dalla guerra, che verranno da lui ospitate in Vaticano. Si tratta di 12 persone - la metà sono bambini - che hanno provengono da città bombardate, hanno perso tutto e si trovano in condizio-ni di grande vulnerabilità La Comunità di Sant’Egidio, felice e onorata di poter offrire la prima accoglienza agli ospiti del pa-pa, ha volentieri offerto la propria collaborazione. “Il Papa – ha spiegato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – ha voluto fare un gesto di accoglienza nei confronti dei rifugiati accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 mi-nori. Si tratta di persone che erano già presenti nei campi di acco-glienza di Lesbo prima dell’accordo fra Unione Euro-pea e Turchia. L’iniziativa del Papa è stata realizzata tramite una trattativa della Segreteria di Stato con le autorità compe-tenti greche e italiane. Tutti i membri delle tre famiglie sono musulmani. Due famiglie vengono da Damasco, una da Deir Azzor, nel-la zona occupata dal Daesh. Le loro case sono state bombardate. L’accoglienza e il mantenimento delle tre fa-miglie saranno a carico del Vaticano. L’ospitalità iniziale sarà garantita dalla Comunità di Sant’Egidio”.

Il Papa scende per primo dall’aereo per salutare le famiglie personalmente all’arrivo a Roma

C'è WafaWafaWafaWafa, 30enne della frazione Zamalka di Damasco, che prima della guerra era parrucchiera. "Oggi l'ho visto sorridere - racconta al Corriere della Sera, indicando il figlio di sei anni - per la prima volta dopo tanto tempo". Wafa e OsamaOsamaOsamaOsama, il marito 37enne, hanno anche una bimba che di anni ne ha otto. Mentre saliva in aereo le ha chiesto: "Mamma, oggi torniamo a casa?".

La seconda famiglia accolta da Francesco è quella for-mata dal 51ebbe RamyRamyRamyRamy, insegnante a Deir Ezzor, prima che l'Isis arrivasse in città, e dalla moglie 49en-ne SuhilaSuhilaSuhilaSuhila, che era impiegata in una sartoria. Hanno due maschi e una femmina. Rachid ha 18 anni, Abdel Majid 16 e la piccola Al Quds (il nome arabo di Geru-salemme) soltanto cinque. "Adesso che siamo qui a Ro-ma tutto sommato ci piacerebbe restare", dice il padre, che inizialmente puntava alla Germania.

Di Damasco, come Wafa e Osama, sono anche NourNourNourNour, 31enne ingegnere bochimico e il marito HasanHasanHasanHasan, che fa lo stesso lavoro. Sono partiti dalla costa turca, da Smirne, lo scorso 18 marzo, a bordo di un barcone. Con loro anche il figlio di due anni. "Noi siamo musulmani e siamo arrivati qui a Roma con il Papa - dice Nour -. È bellissimo, è il segno evidente che le religioni possono unire invece di divide-re...".

Chi sono le famiglie che il Papa ha

portato a Roma dall’isola di Lesbo

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BENEDETTO FRANCHETTI

T an� sono gli italiani sconosciu� in patria ma diventa-

� famosi all'estero.

E' grazie alle ricerche ed alla buona volonta' di alcu-

ni, che possiamo noi oggi conoscere le storie di

ques� connazionali e dei meri� da loro conquista� fuori del suolo italiano.

Vladimiro Bertazzoni in un suo libro: Benede�o Franche 1824-1894-un israelita mantovano prota-

gonista della vita musicale in Romania, edito da Some a fine 2004, scri%o con la collaborazione

di Valen�na Lates, un mezzo-soprano dramma�co residente nella ci%à romena di Iasi.

Benede�o Franche�, ebreo di nascita, musicista e composito-

re, nato a Mantova nel 1826, non sopportando la dominazione

austriaca, scelse la via dell'emigrazione per cui nel 1856 si tra-

sferisce con moglie e figli in Romania stabilendosi a Bucarest

ove stascorse la sua esistenza e morì nel 1896.

Nel 1856 Franche è già professore di musica vocale nel gin-

nasio di Bucarest e, successivamente, in altre scuole.

Oltre allʼinsegnamento egli svolge anche una intensa a vità

nel campo ar�s�co-musicale e, dal 1867, ha lʼincarico di di-

re%ore e impresario del Teatro Nazionale di Bucarest che reg-

ge per mol� anni.

Scri%urò i migliori cantan� dellʼepoca e, intere compagnie tea-

trali furono da lui fa%e giungere dallʼoccidente per lunghe sta-

gioni, con spe%acoli applaudi�ssimi non solo nella capitale ma,

anche in altre ci%à dello Stato.

Oltre al melodramma questo mantovano importò, nella sua

patria ado va, il teatro di prosa ingaggiando i più no� a%ori di

allora che fecero conoscere in terra danubiana: Shakespeare,

Victor Hugo, Giacome , Dumas padre, P. Cossa e altri ancora.

Franche si occupò intensamente pure della lirica locale curando la formazione di cantan� e musi-

cis� romeni.

Dalla stampa fu definito “Grande promotore e prote%ore dellʼarte in Romania”.

E non mancarono i riconoscimen� ufficiali: nel 1880 gli fu conferita lʼonorificenza “Benemeren�” e

nel 1881 venne insignito, dal re Carol, dellʼordine della corona Romena. Nel 1888 o%ene, senza alcu-

na procedura par�colare, la ci%adinanza di questa nazione ove aveva guadagnato grandissima s�-

ma.

Ma il “nostro” non dimen�cò la ci%à natale ove per decenni, pur non vivendoci, aveva mantenuto il

domicilio e, nel 1872, quando una disastrosa inondazione devastò Mantova, de%e a Bucarest uno

spe%acolo di beneficienza i cui introi� furono messi a disposizione del sindaco Magnagu� per le

opere di soccorso.

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Riconosciamo la nostra povertà e debolezza davanti al Signore, paziente e misericordio-so, lento all’ira e ricco di grazia, e chiediamo il dono della conver-sione del cuore fonte di comunio-ne con Dio e i fratelli. Breve riflessione personale

C. Signore, che espandi la tua tenerezza su tutte le creature, ab-bi pietà di noi. Signore, pietà. C. Cristo, che fai nuove tutte le cose, abbi pietà di noi. Cristo, pietà. C. Signore, che ci hai coman-dato di amare come tu ci hai ama-to, abbi pietà di noi. Signore, pietà. GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benedicia-mo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signo-re Dio, Agnello di Dio, Figlio del Pa-dre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i pecca-ti del mondo, accogli la nostra sup-plica; tu che siedi alla destra del Pa-dre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spi-rito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. O Dio, che nel Cristo tuo Fi-glio rinnovi gli uomini e le cose, fa' che accogliamo come statuto della nostra vita il comandamento della carità, per amare te e i fra-telli come tu ci ami, e così manife-stare al mondo la forza rinnovatri-ce del tuo Spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio,

che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen

LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura

Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i disce-poli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, do-po avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Paro-la a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla gra-zia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo lo-ro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R/. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore. Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tut-te le creature. R/ Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza. R/ Per far conoscere agli uomi-ni le tue imprese e la splendida gloria del tuo regno. Il tuo regno è un regno eterno, il tuo dominio si estende per tutte le generazioni. R/

Seconda Lettura Dal Libro dell’Apocalisse

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna

per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal tro-no e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né af-fanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia,Alleluia Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Alleluia

VANGELO C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo Giovanni A. Gloria a te o Signore. Quando Giuda fu uscito dal cena-colo, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, an-cora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sa-pranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli al-tri». Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipo-tente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cri-sto, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mez-zo di lui tutte le cose sono state crea-te. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incar-nato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, se-condo le Scritture, è salito al cielo,

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: At 14,21-27 Sal 144 Ap 21,1-5 Gv 13,31-35

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siede alla destra del Padre. E di nuo-vo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apo-stolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Ci è stato consegnato un co-mandamento nuovo e rinnovante. Vivendolo possiamo giungere alla pienezza della nostra vita, e alla rea-lizzazione della nostra dignità di uo-mini e Figli di Dio. Pieni del desiderio di innalzarci a tale livello, chiediamo al Signore il suo aiuto dicendo: Donaci, Signore, di vivere del tuo amore. 1. Rendi santa, Signore, la tua Chiesa nell’amore. Sia nel mondo testimone credibile della bellezza della vita spesa a servizio del tuo vangelo. Preghiamo. 2. Rafforza nel tuo amore chi crede in te. Sia capace di operare gesti di carità fraterna amando come Cristo ci ha amati. Preghiamo. 3. Dona ai tuoi discepoli di an-nunciare il vangelo con entusiasmo e coraggio. Sappiano vedere nei progressi della Parola un segno del-la tua vicinanza, da cui ricavare moti-vo di gioia e di lode. Preghiamo. 4. Dona ai cristiani un cuore capace di giustizia e solidarietà, frut-to dell’accoglienza della tua resurre-zione e profezia del Regno. Pre-ghiamo. C. Padre, che ami ogni uomo perché abbia la vita e l’abbia in ab-bondanza, donaci la tua forza per-ché, anche di fronte alle difficoltà, sappiamo costruire una comunità fraterna, sacramento di unità e con-cordia nel mondo. Per Cristo nostro Signore. A. Amen.

LlITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente.

A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

SULLE OFFERTE C. O Dio, che in questo scam-bio di doni ci fai partecipare alla comunione con te, unico e sommo bene, concedi che la luce della tua verità sia testimoniata dalla nostra vita. Per Cristo nostro Si-gnore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, proclamare sempre la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questo tempo nel qua-le Cristo, nostra Pasqua, si è im-molato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvo-cato: sacrificato sulla croce più non muore, e con i segni della passione vive immortale. Per que-sto mistero, l’ umanità esulta su tutta la terra, e con l'assemblea degli angeli e dei santi canta l'in-no della tua gloria: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'univer-so. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'al-to dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e ri-

metti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debi-tori e non ci indurre in tentazio-ne ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C Assisti, Signore, il tuo popo-lo, che hai colmato della grazia di questi santi misteri, e fa' che pas-siamo dalla decadenza del pecca-to alla pienezza della vita nuova. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda-te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

La famiglia è il primo luogo in cui si impara ad ascoltare, a con-dividere, a sopportare, a rispetta-re, ad aiutare. (Papa Francesco)

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Ciò che più stupisce nella vita di S. Caterina da Siena non è tanto il ruolo incon-sueto che ella ebbe nella storia del suo tempo quanto la maniera squisitamente femminile con cui svolse questo ruolo. Al papa, che ella chiamava col nome di « dolce Cristo in terra », rimproverava lo scarso coraggio e lo invitava ad abbando-

nare Avignone per fare ritorno a Roma, con parole uma-nissime come queste: «Su, virilmente, padre! Che io vi dico che non bisogna tremare». A un giovane condannato a morte, che ella accompagnò fin sopra il patibolo, disse nell'ultimo istan-te: « Giuso! alle nozze, fratello mio dolce! che tosto sarai alla vita durevole ». Quando sedeva a tavola con i suoi discepoli, badava a non urtare le gelosie di qualcuno e non di rado, come fa la madre col bambino permaloso, dava l'imbeccata col proprio cucchiaio a chi si sentiva trascurato da lei. Poi la voce sommessa della donna mutava tono e si traduceva spesso in quell'« io voglio », che non ammetteva tergiversazioni quando erano in questione il bene della Chiesa e la concordie dei cittadini. Nata a Siena il 25 marzo 1347, ventiquattresima figlia di Giacomo e Lapa Benincasa, Caterina celebrò a sette anni il suo matrimonio mistico con Cristo. Che ciò non fosse il frutto di fantasie infantili, ma l'inizio di una straordinaria esperienza mistica, lo si poté costatare molto presto. A quindici anni Caterina entrava a far parte del Terz'ordine di S. Domenico, iniziando una vita di penitenza di estremo rigore. Per vincere la repulsione verso un lebbroso maleodo-rante si chinò a baciarne le piaghe. Analfabeta, cominciò a dettare a vari amanuensi le sue lettere, accorate e sapienti, indi-rizzate a papi, re, condottieri e umile gente del popolo. Il suo coraggioso impegno sociale e politico suscitò non poche perplessità tra i suoi stessi superiori e dovette presentarsi davanti al capitolo generale dei domenicani, celebrato a Firenze nel maggio del 1377, per rendere conto della sua condotta.

A Siena, nel raccoglimento della sua cella dettò il Dialogo sulla Divina Provvidenza per sciogliere a Dio il suo ultimo canto d'amore. Rispose quindi all'appello di Urbano VI col quale si era schierata dall'inizio del grande scisma, perché il papa la volle a Roma in quel momento di grave confusione. Qui cadde ammalata e attorniata dai suoi numero-si discepoli, ai quali raccomandò soltanto di amarsi gli uni gli altri, rese la sua anima a Dio. Era il 29 aprile 1380: aveva compiuto da un mese trentatrè anni. Fu canonizzata il 29 aprile 1461. Nel 1939 venne dichiarata patrona principale d'Italia insie-me con S. Francesco di Assisi. Il 4 ottobre 1970 Paolo VI l'ha pro-clamata dottore della Chiesa.

B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

*°* C7�8: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00 *°*

A7:� I�7+�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°* T+<+�=���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

24242424 D������� s Fedele di Sigmaringens Fedele di Sigmaringens Fedele di Sigmaringens Fedele di Sigmaringen

25252525 L���� Festa della LiberazioneFesta della LiberazioneFesta della LiberazioneFesta della Liberazione

26262626 M����� Madonna del BuonconsiglioMadonna del BuonconsiglioMadonna del BuonconsiglioMadonna del Buonconsiglio

27272727 M������� s. Zitas. Zitas. Zitas. Zita

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29292929 ������ s. Caterina da Sienas. Caterina da Sienas. Caterina da Sienas. Caterina da Siena

30303030 S����� s. Pio V Papas. Pio V Papas. Pio V Papas. Pio V Papa

I SANTI DELLA

SETTIMANA