Adeste 04 domenica 24 gennaio 2016c

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La Romania fu alleata della Germania nazista

durante la seconda guerra mondiale e ne riprese le politiche antisemite. Nel periodo compreso tra il 1941 e il 1942 vennero pubblicate sul Mo-nitorul Oficial (gazzetta ufficiale rumena) trentadue leggi, trentun decreti legge e diciassette risolu-zioni governative tutte di stampo chiaramente antisemita. La Roma-nia partecipò inoltre con la Germa-nia all'invasione dell'Unione Sovie-tica.

Il 27 giugno 1941 il dittatore rume-no Ion Antonescu telefonò al co-lonnello Constantin Lupu, comandan-te della guarnigione di Iaşi, ordinan-dogli formalmente di "ripulire Iaşi della popolazione ebrea", mettendo in atto il pogrom che erano stato pia-nificato precedentemente.

Erano già circolate voci, enfatizzate dalla stampa del regime, che afferma-vano che paracadutisti sovietici erano atterrati nelle vicinanze di Iaşi e che gli ebrei stavano collaborando con loro. La settimana precedente il po-grom i segnali divennero sempre più minacciosi: le case dei residenti cri-stiani vennero contrassegnate da croci, gli ebrei furono costretti a scavare grandi fosse nel cimitero e i soldati iniziarono a fare irruzione delle case di ebrei alla ricerca di "prove" del loro collaborazioni-smo con il nemico. Il 27 giugno le autorità accusarono ufficialmente la comunità ebraica di "sabotaggio" ed eccitarono falsa-mente l'odio di soldati e polizia riferendo loro che gli ebrei aveva-no attaccato i soldati per le strade.

Pogrom Secondo un rapporto commissionato successivamente ed accettato dal governo rumeno, la partecipazione al pogrom che seguì fu molto estesa:

"Coloro che parteciparono alla caccia all'uomo scate-nata nella notte tra il 28 ed il 29 giugno furono in pri-mo luogo i poliziotti di Iaşi sostenuti dalla polizia del-la Bassarabia e da unità della gendarmeria. Altri par-tecipanti furono soldati, giovani armati da agenti dell'SSI, e una folla tumultuosa che rubò ed uccise

conscia di non dover rispondere delle proprie azioni...Oltre fornire informa-zioni sugli ebrei, guidando i soldati ver-

so le case ed i rifugi degli ebrei, e spesso effettuando loro stessi irruzione, alcuni resi-denti rumeni di Iaşi presero parte agli arresti e alle umiliazioni nei confronti di convogli ebrei diretti verso Chestura. Coloro che perpe-trarono tali crimini includevano vicini degli ebrei, appartenenti a movimenti antisemiti conosciuti e meno conosciuti, studenti, indi-genti, ufficiali di bassa forza, fer-rovieri, artigiani frustrati dalla concorrenza ebraica, impiegati, pensionati e veterani dell'eserci-to." (dal rapporto della Commis-sione internazionale dell'Olocau-sto in Romania)

Rapidamente i soldati rumeni, la polizia e la plebaglia iniziarono il massacro degli ebrei ed alme-no 8.000 di essi vennero uccisi nelle prime fasi del pogrom. Le autorità rumene arrestarono inoltre altri 5.000 ebrei, convo-gliandoli verso la stazione ferro-viaria, sparando a coloro che non si muovevano abbastanza velocemente e derubandoli di tutti i loro averi. Oltre 100 per-sone vennero stipate in ogni car-ro ferroviario e molti morirono

di sete, inedia e soffocati a bordo dei due treni che, per otto giorni, viaggiarono attra-verso la campagna rumena. Il rapporto ufficiale cita:

"Il treno della morte che la-sciò Iaşi per Călăraşi, nel sud della Romania, che trasporta-va probabilmente più di 5.000 ebrei, solo 1.011 raggiunsero la loro destinazione vivi dopo sette giorni di viaggio. (La

polizia rumena contò 1.258 corpi, tuttavia migliaia di morti vennero gettati dal treno in viaggio a Mirceşti, Roman, Săbăoani, ed Inoteşti). Il treno della morte diretto a Podu Iloaiei (a 15 chilometri da Iaşi) conta-va 2.700 ebrei alla partenza, dei quali solo 700 giun-sero vivi. Nel rapporto ufficiale dell'epoca le autorità rumene riportarono che di 1.900 ebrei ufficialmente a bordo del treno "solo" 1.194 erano morti."

Il numero totale delle vittime del pogrom di Iaşi è sconosciuto, ma dovrebbe essere superiore al totale di 13.266 vittime identificate dal governo rumeno ed avvicinarsi alle 15.000 reclamate dalla comunità ebraica di Iaşi.

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N acque in Romania da due ebrei orto-dossi di discenden-

za ungherese che avevano un piccolo negozio, e altre tre figlie oltre a Élie. Visse a Sighet, una piccola citta-dina della Transilvania, dove condusse una vita co-mune a molti bambini ebrei. Il suo mondo girava intorno alla famiglia, allo studio della religione, alla comunità e a Dio. Improv-visamente la sua famiglia, la sua comunità e la sua innocente fede vennero distrutte con la deportazione nazista del suo villaggio nel 1944. Sua madre ed una delle tre sorelle vennero immediatamente “selezionate” come inabili al lavoro ed inviate alle camere a gas, mentre lui e suo padre vennero mandati ad Auschwitz, dove i deportati erano obbligati a lavo-rare nel grande complesso chimico. Nel gennaio 1945 Wiesel ed il padre, dopo una lunga marcia al freddo e senza cibo, vennero trasferiti al campo di concentra-mento di Buchenwald, dove il padre, stremato dalle fatiche, morì. Dopo la guerra, Wiesel finì in un orfanotrofio francese e nel 1948 cominciò a studiare alla Sorbona. Lavorò per un breve periodo per il quotidiano francese “L’arche”, come giornalista. Divenne socio del vinci-tore del Premio Nobel per la letteratura François Mau-riac, che lo persuase a scrivere e raccontare la sua esperienza dell’Olocausto. Da questo incontro nacque quello che è considerato il suo capolavoro, La notte, forse il più forte e noto testo della letteratura sull’Olo-causto. E Wiesel ha dedicato tutta la vita ai suoi lavori, perché nessuno di noi dimentichi mai quello che è successo agli ebrei. Più tardi si trasferì negli Usa, di cui divenne cittadino nel 1963. Venne assunto alla Commissione Presidenziale sull’Olocausto dal 1978 al 1986, e ap-poggiò fortemente la costruzione dello United States Holocaust Memorial Museum. Oggi vive negli Stati Uniti ed è docente alla Boston University. Ha al suo attivo oltre 40 libri, tra romanzi e non. Ha ricevuto la Medaglia d’Oro del Congresso degli Stati Uniti nel 1985 ed il Premio Nobel per la pace nel 1986. ⇒Così Wiesel descrisse, ne La notte, il tragico arri-vo al campo di Auschwitz: « Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimen-ticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che brucia-rono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità

il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai di-menticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai. » (Tratto da La notte, edizione italiana La Giuntina, Firenze, pp. 39-40)

Regina Elena di Romania, madre del re Michele I,

salvò ebrei dalla deportazione

N on si può dimenticare e non ricordare la figura di Elena di Grecia e Danimarca, Principessa di Parma e Regina di Ro-

mania. Terzogenita del Re Co-stantino I di Grecia e di Sofia di Prussia. Il 10 Marzo 1921 sposò Carlo futuro Re di Ro-mania; da questa unione nac-que Michele I attuale capo del-la casa reale romena. Regina Elena fu reggente al trono romeno dal 1927 al 1930 e successivamente sempre ac-canto al figlio Michele quando quest’ultimo ascese al trono e fino al 31 Dicembre 1947 quando, dopo una umiliante perquisizione, la famiglia reale fu costretta a lasciare il suolo romeno per l’esilio. Un episodio che dimostra la particolare uma-nità di questa donna è anche legato alla storia ita-liana e alla tragica sorte di Mafalda di Savoia. In-fatti, nel settembre del 1943, alla firma dell’armistizio con gli alleati, i tedeschi organizzarono il disarmo del-le truppe italiane. Badoglio e il Re Vittorio Emanuele III ripararono al Sud, ma Mafalda , partita per Sofia per assistere la sorella Giovanna, il cui marito Boris III di Bulgaria era in fin di vita , non venne messa al corrente dei pericoli che poteva incorrere una volta rientrata in Italia. Durante il viaggio di ritorno verso l’Italia, la Regina Elena di Romania fece fermare ap-positamente il convoglio reale (a Sinaia) per offrire protezione a Mafalda di Savoia cercando di farla desi-stere dal rientrare in Italia. Mafalda decide di non ac-cettare l’offerta e volle proseguire per la penisola e per il suo triste destino. Non di meno fu il suo atteggiamento nei confronti della comunità ebraica romena, negli anni diffici-li del regime di Antonescu; la regina madre Elena si adoperò per la salvezza di migliaia di ebrei, in partico-lar modo assieme a Traian Popovici, sindaco di Cernăuți (oggi Chernivtsi in Ucraina), la deportazione della locale comunità ebraica e protesse anche coloro che erano stati deportati dal regime nella Trasnistria. Per questo comportamento nel 1993 , undici anni dopo la morte, la Regina Madre di Romania, Elena di Gre-cia è stata insignita del titolo di “Giusta fra i popoli “ dallo Stato di Israele e il suo nome figura nel mo-numentale Yad Vashem di Gerusalemme assieme agli altri 60 Romeni che si adoperarono per salvare gli ebrei negli anni bui dell’odio antisemita.

ELIE WIESEL nato in Romania Da Auschwitz al Nobel per la pace

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Il comico presenta in Vaticano il libro-intervista di Francesco: "La gioia è il segreto del cristia-nesimo, tiratela fuori!"

Da piccolo voleva fare il Papa. Poi “siccome a questa risposta si mettevano tutti a ridere ho capi-to che dovevo fare il comico”.Roberto Beni-Roberto Beni-Roberto Beni-Roberto Beni-gnignignigni debutta in Vaticano per la presentazione del libro “Il nome di Dio è misericordia”, intervista di “Il nome di Dio è misericordia”, intervista di “Il nome di Dio è misericordia”, intervista di “Il nome di Dio è misericordia”, intervista di Papa Francesco ad Andrea TornielliPapa Francesco ad Andrea TornielliPapa Francesco ad Andrea TornielliPapa Francesco ad Andrea Tornielli. Il comico to-scano si presenta come una sorta di Zaccheo, ar-rampicato sul sicomoro per vedere Gesù… più o meno la stessa trepidazione con cui ha vissuto l’in-contro con il Papa. Scherza, ma scherzando dice grandi verità. E riesce quasi a far vedere quello che Papa Francesco dice. Il libro è piccolo – “come avere il papa in tasca” – ma contiene una esperien-za densa. Bergoglio parla della sua vita toccata dalla misericordia. Come quell’episodio, ormai fa-moso, dell’anziana si-gnora (una “nonna”) che in modo così spiaz-zante gli disse: “Se il Si-gnore non perdonasse tutto il mondo non esi-sterebbe”. Benigni fa sue queste parole e queste pagine, una vita che in-contra una vita: “La mi-“La mi-“La mi-“La mi-sericordia non è una vir-sericordia non è una vir-sericordia non è una vir-sericordia non è una vir-tù che sta seduta in pol-tù che sta seduta in pol-tù che sta seduta in pol-tù che sta seduta in pol-trona, è una virtù attiva, trona, è una virtù attiva, trona, è una virtù attiva, trona, è una virtù attiva, che si muove, che muo-che si muove, che muo-che si muove, che muo-che si muove, che muo-ve non solo il cuore ma ve non solo il cuore ma ve non solo il cuore ma ve non solo il cuore ma anche le braccia, le gam-anche le braccia, le gam-anche le braccia, le gam-anche le braccia, le gam-be, i calcagni, le ginoc-be, i calcagni, le ginoc-be, i calcagni, le ginoc-be, i calcagni, le ginoc-chia, il corpo e l’anima”chia, il corpo e l’anima”chia, il corpo e l’anima”chia, il corpo e l’anima”, come questo Papa che “non sta mai fermo”. Come la vita, la misericordia è impastata di gioia e dolore. “La misericordia contiene una perla lucen-te: la gioia. C’è la gioia dentro la misericordia, la misericordia contiene la gioia nel dolore”. Due ele-menti chiave del pontificato di Francesco. “La “La “La “La gioia è il grande segreto del cristianesimogioia è il grande segreto del cristianesimogioia è il grande segreto del cristianesimogioia è il grande segreto del cristianesimo. La gioia La gioia La gioia La gioia è il segno della grazia, è il gigantesco segreto del è il segno della grazia, è il gigantesco segreto del è il segno della grazia, è il gigantesco segreto del è il segno della grazia, è il gigantesco segreto del cristianesimo”cristianesimo”cristianesimo”cristianesimo” insiste Benigni. Quando incontra Zaccheo, “Gesù ha un’aria divertita, gioiosa, ironi-ca”. Invece, troppo spesso questa gioia è tenuta quasi nascosta, mentre “dobbiamo farla usci-re! Diffidare degli infelici, amate le persone felici!Diffidare degli infelici, amate le persone felici!Diffidare degli infelici, amate le persone felici!Diffidare degli infelici, amate le persone felici!”. Insomma, niente a che vedere con certo pauperi-

smo. Lo stesso Gesù non disdegna i sani piaceri della vita, se così si può dire: la festa di nozze, il banchetto a

casa di Levi, l’olio di nardo della Maddalena. Tant’è… che Benigni dà una lettura particolare del primo miracolo di

Gesù: il Vangelo racconta la guari-gione della suocera di Pietro e dice che “subito do-po lei si mise a servirli”, insomma “gli preparò un pranzetto… Gesù la guarì perché voleva fare un pranzetto!”. La comicità è irresistibile, ma non è solo una battuta. È un modo per risollevare lo sguardo, per accorgersi di quanto il Signore non aspetti altro che venirci incontro e risponderci. Basta chiedere. Benigni affonda: “Noi continua-mente chiediamo a Dio misericordia, aiuto, perdo-no. E meno male che è arrivato Gesù! Alla nostra E meno male che è arrivato Gesù! Alla nostra E meno male che è arrivato Gesù! Alla nostra E meno male che è arrivato Gesù! Alla nostra richiesta di salvezza e misericordia ha risposto richiesta di salvezza e misericordia ha risposto richiesta di salvezza e misericordia ha risposto richiesta di salvezza e misericordia ha risposto mandando Gesù, diciamo che Gesù è il sì di Diomandando Gesù, diciamo che Gesù è il sì di Diomandando Gesù, diciamo che Gesù è il sì di Diomandando Gesù, diciamo che Gesù è il sì di Dio”. E la giustizia? E il dolore? Non sono domande che si possono eludere. Papa Francesco non lo fa. E

nemmeno il co-mico toscano: “La misericordia è la giustizia più grande. Non cancella la giu-stizia ma un mondo con so-lo la giustizia sarebbe un mondo freddo, l’uomo ha biso-gno di qual-cos’altro”. E in questo mondo, che vuole la paura, l’odio, la

condanna, il Papa risponde con la misericordia. Parola spesso abusata, quando non fraintesa. “La “La “La “La misericordia di Francesco non è una visione sdolci-misericordia di Francesco non è una visione sdolci-misericordia di Francesco non è una visione sdolci-misericordia di Francesco non è una visione sdolci-nata, accondiscendente, buonista della vita nata, accondiscendente, buonista della vita nata, accondiscendente, buonista della vita nata, accondiscendente, buonista della vita –––– dice dice dice dice Benigni Benigni Benigni Benigni ----. È una virtù severa, è una sfida vera, non . È una virtù severa, è una sfida vera, non . È una virtù severa, è una sfida vera, non . È una virtù severa, è una sfida vera, non solo religiosa, teologica, ma sociale, politica”solo religiosa, teologica, ma sociale, politica”solo religiosa, teologica, ma sociale, politica”solo religiosa, teologica, ma sociale, politica”. E il Papa “la va a cercare tra gli ultimi degli ultimi, per-ché lì, in mezzo al dolore, nasce misericordia”. Da Lampedusa a Bangui: “Il Papa va in mezzo al dolo-re perché il dolore è più forte del male, la soffe-renza è propria di Dio”. Ecco il mistero: “Il para-dosso non è l’esistenza del dolore, ma il contrario. Senza il dolore la vita sarebbe enigmatica, l’esi-stenza assurda, la gioia inaccessibile”.

Non solo show. Benigni, Zaccheo e

la misericordia

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È la storia di Zhang Agostino Jianqing, cinese di 30 anni, immigrato in Italia con la sua famiglia nel 1997, a 12 anni. È in carcere ormai da 11 anni, ne deve scontare altri nove. Errore di una giovinezza tur-bolenta e irrequieta. “Sono qui con la mia storia a te-stimoniare come la Misericordia di Dio ha cambiato la mia vita” dice, intervenendo alla presentazione del libro-intervista di Papa Francesco “Il nome di Dio è misericordia”. Sì, proprio in Vaticano. Non se lo sarebbe mai aspettato. Come ogni passo di questa storia. Pro-prio a lui. Zhang arriva in Italia a 12 anni. Comincia il suo percorso di inserimento, ma la scuola non gli piace, si an-noia, e comincia a saltare le lezioni. Solo che diventa sem-pre più infelice, anzi “più cat-tivo, iniziavo a litigare con i miei genitori perché non mi davano i soldi per potermi divertire”. Si allontana sem-pre più dalla famiglia, comin-cia a stare fuori la notte: “Mi interessava solo divertirmi e sentirmi potente, così in poco tempo mi sono plasma-to un carattere violento e superficiale”. Finché: “Ho commesso un grave errore”. E a 19 anni si ritrova in carcere con una condanna di 20 anni. Per Zhang si aprono le porte del penitenziario di Bel-luno. Lui non capisce quasi per niente l’italiano, meno male c’è Gildo, un volontario, a sostenerlo. Basta uno sguardo: “Nei nostri incontri era più il tempo che ci guardavamo di quello passato a parlare. Il semplice suo sguardo che provava compassione per me mi ha sostenuto”. Diventano amici, e sarà lui il suo padrino di Battesimo. Oggi dice: “è il primo regalo che il Si-gnore mi aveva fatto”. La mamma ogni settimana fa 700 chilometri per andare a trovarlo. Piange. E le sue lacrime cominciano a sciogliere il cuore di Zhang: “Vedere quelle lacrime che scorrevano davanti a me mi ha aiutato a guardarmi dentro e a percepire tutto il male che avevo causato alla mia famiglia e a quella della vittima. Il mio cuore tremava per il dolore e si sentiva spezzato. Improvvisamente dentro di me emergeva il desiderio di cambiare in meglio. Nasceva in me il desiderio che questa sofferenza si potesse tra-sformare in felicità”. Nel 2007 Zhang viene trasferito a Padova. Comincia a lavorare all’interno del carcere, con la cooperativa Giotto. Conosce un connazionale, Je Wu poi Andrea, che gli fa compagnia. “Ho visto giorno dopo giorno che questo mio amico era sempre più contento fino a decidere di diventare cristiano e di battezzarsi. Vedere

accadere queste cose, lavorare con queste persone mi ha fatto sorgere la domanda e il desiderio di essere an-ch’io felice come loro”. Incuriosito, Zhang inizia ad andare a Messa: “Ascoltando le parole del Vangelo e

i canti, dentro di me emergeva una gioia che non ave-vo mai provato prima”. Con altri detenuti e persone della cooperativa inizia un percorso più intenso e “questo cammino mi ha fatto nascere il desiderio di diventa-re cristiano”. Come dirlo ai genito-ri? La sua famiglia è buddista, e lui non vuole dare un altro dispiacere alla mamma, che è molto religiosa. Questo tormento interiore si scio-glie il giorno di Venerdì Santo del 2014. Zhang, invitato dagli amici, partecipa al rito della Via Crucis: alla fine del rito tutti hanno baciato la croce ma lui no, “non riuscivo a

farlo, mi sembrava di tradire una seconda volta mia mamma”. Poi, uscito dalla cappella “improvvisamente il mio cuore pentito piangeva perché non ero andato a baciare Gesù sulla croce. Nel dolore di quel momento ho capito che mi ero innamorato di Gesù, che questo era vero e che non potevo più farne a meno”. Chiama a casa e il giorno dopo apre il suo cuore alla mamma, chiedendo a lei il permesso di diventare cri-stiano e di battezzarsi. “Mia mamma è rimasta per 5 minuti immobile, mi sono sembrati i 5 minuti più lun-ghi della mia vita, poi con le lacrime agli occhi mi ha detto: ‘Se tu ritieni che questa sia una cosa giusta per te, falla, altrimenti io soffrirei di più’. Ho sentito la presenza del Signore ed ho scoperto un altro amore della mia mamma, come quello di Maria”. Zhang vie-ne battezzato l’11 aprile 2015, alla vigilia della dome-nica della Divina Misericordia, in carcere: “Ho scelto di farlo nel luogo e con gli amici dove Gesù è venuto ad incontrarmi e dove io ho incontrato Gesù. Senten-do la parola del Vangelo: ‘Ero in carcere e siete venuti a visitarmi’, ho compreso che Gesù ha mandato i suoi a cercarmi, e che il Suo tramite erano tutti gli amici che avevo incontrato in carcere”. E decide di chiamar-si Agostino, perché “mi ha particolarmente commosso sua madre santa Monica per tutte le lacrime che aveva versato per lui, sperando di ritrovare il figlio perduto. È un po’ come la mia situazione, pensando alla mia mamma ed al fiume di lacrime che ha versato per me sperando che io potessi ritrovare il senso della vita”.

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Dio è sempre dalla parte dell'uomo

UnUnUnUn racconto di una modernità unica,

dove Luca, il migliore scri�ore del

Nuovo Testamento crea una tensione, una aspe�a-

�va con questo magistrale racconto, che si dipana

come al rallentatore:

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò e sede�e. Nella sinagoga, gli occhi di tu� erano fissi su di lui. E seguono le

prime parole ufficiali di Gesù: oggi la parola del profeta si è fa�a carne.

Gesù si inserisce nel solco dei profe�, li prende e li incarna in sé. E i profe�, da parte loro, lo aiutano a capire

se stesso, chi è davvero, dove è chiamato ad andare: lo Spirito del Signore mi ha mandato ai poveri, ai prigio-

nieri, ai ciechi, agli oppressi. Adamo è diventato così, per questo Dio prende la carne di Adamo. Da subito

Gesù sgombra tu� i dubbi su ciò che è venuto a fare: è qui per togliere via dall'uomo tu�o ciò che ne im-

pedisce la fioritura, perché sia chiaro a tu� che cosa è il regno di Dio: vita in pienezza, qualcosa che porta

gioia, che libera e da luce, che rende la storia un luogo senza più dispe-

ra�.

E si schiera, non è imparziale Dio; sta dalla parte degli ul�mi, mai con gli

oppressori. Viene come fonte di libere vite, e da dove cominciare se non

dai prigionieri? Gesù non è venuto per riportare i lontani a Dio, ma per

portare Dio ai lontani, a uomini e donne senza speranza, per aprirli a

tu�e le loro immense potenzialità di vita, di lavoro, di crea�vità, di rela-

zione, di intelligenza, di amore.

Il primo sguardo di Gesù non si posa mai sul peccato della persona, il

suo primo sguardo va sempre sulla povertà e sulla fame dell'uomo. Per

questo nel Vangelo ricorre più spesso la pa-

rola poveri, che non la parola peccatori. Non è moralista il Vangelo, ma creatore

di uomini liberi, veggen�, gioiosi, non più oppressi.

Scriveva padre Giovanni Vannucci: «Il cris�anesimo non è una morale ma una

sconvolgente liberazione». La lieta no�zia del Vangelo non è l'offerta di una nuo-

va morale migliore, più nobile o più benefica delle altre. Buona no�zia di Gesù

non è neppure il perdono dei pecca�.

La buona no�zia è che Dio me�e l'uomo al centro, e dimen�ca se stesso per lui,

e schiera la sua potenza di liberazione contro tu�e le oppressioni esterne, contro

tutte le chiusure interne, perché la storia diven� 'altrà da quello che è. Un Dio

sempre in favore dell'uomo e mai contro l'uomo.

Infa� la parola chiave è 'liberazioné. E sen� dentro l'esplosione di potenzialità

prima negate, energia che spinge in avan�, che sa di vento, di futuro e di spazi aper�. Nella sinagoga di Naza-

ret è allora l'umanità che si rialza e riprende il suo cammino verso il cuore della vita, il cui nome è gioia, liber-

tà e pienezza. Nomi di Dio.

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Questo nome popolarissimo e tanto venerato ricorda un'istituzione grandiosa e benefica che da anni assiste ed educa cristianamente la gioventù, raccolta in centinaia di case sparse in tutto il mondo. Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 ai Becchi, frazione di Murialdo presso Castelnuovo d'A-sti, da una povera famiglia di agri-coltori. Sua mamma, Margherita, era una santa donna tutta dedita al lavoro ed ai suoi doveri di cristiana: infondere nei suoi figliuoli il santo timore di Dio. Del babbo non potè gustare il sorriso e la carezza, per-chè se ne volò al cielo quando Gio-

vanni era ancora in tenerissima età. Fin da fanciullo ebbe il dono di attirare a sè le anime dei fanciulli con i suoi giochi di prestigio e con la sua pietà, che gli cattivava l'ani-mo di tutti. A prezzo di privazioni di ogni genere, in mezzo alle contrarietà degli stessi familiari, riuscì a com-piere gli studi ecclesiastici e nel 1 841 fu ordinato sacerdote. Da que-sto punto comincia la sua missione speciale: « l'educazione dei giovani ». Lo aveva difatti profonda-mente colpito il fatto di vedere per le vie di Torino tanti giovanetti malvestiti, male educati, abbando-nati, esposti ad ogni pericolo per l'anima e per il corpo, molti già precocemente viziosi e destinati alla galera... Il cuore del giovane sacerdote sanguina: prega e pensa: e la Vergine Benedetta, che lo ave-va scelto, gli ispira l'istituzione de-gli Oratori. Dopo mille difficoltà e perse-cuzioni, gli riuscì di comperare a Valdocco (allora fuori Torino) un po' di terreno con una casa ed una tettoia a cui aggiunse una cappella; ebbe così un luogo stabile e sicuro dove poter radunare i suoi « birichi-ni ».

Non aveva un centesimo : unica sua risorsa una fede illimitata nella Divina Provvidenza. In pochissimo tempo i poveri giovani ricoverati diventarono più numerosi; l'opera cresceva e biso-gnava pensare al futuro. La benedi-zione di Dio era visibile. E Don Bosco fonda una nuova congrega-zione religiosa, la Pia Società di S. Francesco di Sales, detta comune-mente dei Salesiani, composta di sacerdoti e laici, che poco alla volta aprirono oratori festivi, collegi per studenti, ospizi per artigiani, scuole diurne e serali, missioni fra gli infe-deli in tutte le parti del mondo. Per le fanciulle delle stesse condizioni, D. Bosco istituì le Suo-re di Maria Ausiliatrice, le quali, come i Salesiani, sono sparse in tutto il mondo, ed affiancano l'ope-ra dei sacerdoti. Per il popolo D. Bosco scris-se libretti pieni di sapienza celeste, dal titolo « Letture cattoliche » in contrapposizione a quelle prote-stanti. Fino all'ultimo la sua vita fu spesa a vantaggio del prossimo, con sacrificio continuo, eroico. Il Si-gnore lo chiamò a sè il 31 gennaio 1888 e fu canonizzato da Pio XI nella Pasqua del 1934.

"Con una mano nella tasca dei quaderni e l'altra al petto, aspettavo in ginocchio, tremando, il mio turno. "Che cosa dirà don Bosco pensavo tra me, quando gli leggerò tutta questa roba?". Venne il mio turno. Don Bosco mi guardò un istante e senza che io aprissi bocca, tendendo la mano disse: "Dammi dunque questi tuoi pecca-ti". Gli allungai il quaderno, tirato su accartocciato dal fondo della tasca. Lo prese e senza neppure aprirlo lo lacerò. "Dammi gli altri". Subirono la stessa sorte. Ed ora, concluse, la tua confessione è fatta, non pensare mai più a quanto hai scritto e non voltarti più indietro a contemplare il passa-to". E mi sorrise, come solo lui sapeva sorridere".

Morto don Bosco, tra i giovani che vegliano accanto alla sua salma esposta ai fedeli, il 1° febbraio 1888, c'è anche Orione, che prende dalla folla gli oggetti da posare sul corpo del Santo. Ad un tratto, Orione (come scrive egli stesso) ha una curiosa idea: pensa di affettare del pane, ridurlo in pillole da posare sul corpo di don Bosco, per poi distribuirle. Entrato nella sala di refezione prende un grosso e affilato coltello e si accinge ad affettare un filone di pane. Dalla fretta, vibrando il primo colpo, si spacca verticalmente l'indice della ma-no destra (egli è mancino). Angosciato, pensa subito che senza quel dito non potrà diventare sacerdote, come già aspirava. Avvolge allora nel fazzoletto il dito tagliato stringendolo bene e lo sostiene con l'altra mano. Corre presso la salma di don, Bosco e con viva fede accosta il dito sanguinante alla mano di don Bosco. A quel contatto la ferita si rimargina all'istante. Narrando il fatto prodigioso, don Orione era solito mostrare la cicatrice rimastagli nell'indice destro, assicu-rando il perfetto funzionamento del dito.

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Abbiamo ascoltato il testo biblico che quest’anno guida la riflessio-ne nella Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, che va dal 18 al 25 gennaio: questa settimana. Tale brano della Prima Lettera di san Pietro è stato scelto da un gruppo ecumenico della Lettonia, incaricato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

Al centro della cattedrale luterana di Riga vi è un fonte battesimale che risale al XII secolo, al tempo in cui la Lettonia fu evangelizzata da san Mainardo. Quel fonte è segno eloquente di una origine di fede rico-nosciuta da tutti i cristiani della Lettonia, cattolici, luterani e ortodossi. Tale origine è il nostro comune Battesimo. Il Concilio Vaticano II af-ferma che «il Battesimo costituisce il vincolo sacramentale dell’unità che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenera-ti» (Unitatis redintegratio, 22). La Prima Lettera di Pietro è rivolta alla prima generazione di cristiani per renderli consapevoli del dono ricevu-to col Battesimo e delle esigenze che esso comporta. Anche noi, in que-

sta Settimana di Preghiera, siamo invitati a riscoprire tutto questo, e a farlo insieme, andando al di là delle no-stre divisioni.

Anzitutto, condividere il Battesimo significa che tutti siamo pecca-tori e abbiamo bisogno di essere salvati, redenti, liberati dal male. E’ questo l’aspetto negativo, che la Prima Lettera di Pietro chiama «tenebre» quando dice: «[Dio] vi ha chiamati fuori dalle tenebre per condurvi nella sua luce meravigliosa». Questa è l’esperienza della morte, che Cristo ha fatto propria, e che è simbolizzata nel Battesi-mo dall’essere immersi nell’acqua, e alla quale segue il riemergere, simbolo della risurrezione alla nuova vita in Cristo. Quando noi cri-stiani diciamo di condividere un solo Battesimo, affermiamo che tutti noi – cattolici, protestanti e ortodossi – condividiamo l’espe-rienza di essere chiamati dalle tenebre impietose e alienanti all’incontro con il Dio vivente, pieno di misericor-dia. Tutti infatti, purtroppo, facciamo esperienza dell’egoismo, che genera divisione, chiusura, disprezzo. Ri-partire dal Battesimo vuol dire ritrovare la fonte della misericordia, fonte di speranza per tutti, perché nessuno è escluso dalla misericordia di Dio.

La condivisione di questa grazia crea un legame indissolubile tra noi cristiani, così che, in virtù del Battesimo, possiamo considerarci tutti realmente fratelli. Siamo realmente popolo santo di Dio, anche se, a causa dei no-stri peccati, non siamo ancora un popolo pienamente unito. La misericordia di Dio, che opera nel Battesimo, è più forte delle nostre divisioni. Nella misura in cui accogliamo la grazia della misericordia, noi diventiamo sempre più pienamente popolo di Dio, e diventiamo anche capaci di annunciare a tutti le sue opere meraviglio-se, proprio a partire da una semplice e fraterna testimonianza di unità. Noi cristiani possiamo annunciare a tutti la forza del Vangelo impegnandoci a condividere le opere di misericordia corporali e spirituali. E questa è una testimonianza concreta di unità fra noi cristiani: protestanti, ortodossi, cattolici.

In conclusione, cari fratelli e sorelle, tutti noi cristiani, per la grazia del Battesimo, abbia-mo ottenuto misericordia da Dio e siamo stati accolti nel suo popolo. Tutti, cattolici, orto-dossi e protestanti, formiamo un sacerdozio regale e una nazione santa. Questo significa che abbiamo una missione comune, che è quella di trasmettere la misericordia ricevuta agli altri, partendo dai più poveri e abbandonati. Durante questa Settimana di Preghiera, preghiamo affinché tutti noi discepoli di Cristo troviamo il modo di collaborare insieme per portare la misericordia del Padre in ogni parte della terra. (Papa Francesco: udienza generale 20 Gennaio 2016)

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La Romania nacque il 24 gennaio 1859, quando il Principato di Moldavia e di Valacchia si unirono, conferendo il principato unico ad Alexandru Ioan Cuza (già principe di Moldavia), e divenne indipen-dente nel 1877. Alessandro Giovanni Cuza pr incipe di Valacchia e Moldavia. - Appartenente a una famiglia della piccola aristocrazia moldava (Galaţi 1820 - Heidelberg 1873) tornato in patria dagli studî all'estero (Parigi, Pavia e Bologna) con idee liberali, prese parte ai moti del 1848. Ai primi del 1859, fu eletto congiuntamente principe dalle assemblee di Valacchia e di Moldavia, attuando così sotto il profilo di unione personale l'unificazione dei due principati non prevista dal congresso di Parigi del 1856. L'appoggio della Francia e della Sardegna fece superare le op-posizioni dell'Austria, della Turchia e dell'Inghilterra, sì che nel 1861, do-po una conferenza delle potenze, A. ottenne dalla Porta il firmano di inve-stitura per tutti e due i principati vita natural durante. Col proposito di creare l'unità dei principati negli ordinamenti, promosse la riforma agra-ria, la legge sull'istruzione pubblica e l'espropriazione dei cosiddetti con-venti "dedicati". Tutto questo gli alienò la classe dei boiari, che il 23 febbraio 1866 lo costrinsero ad abdicare. Raffaello Romanelli (Firenze 1856—Firenze 1928) fu membro di una famiglia di scultori compo-sta dal padre Pasquale Romanelli, dal fratello Romano e dal figlio Carlo. Con il padre comincia gli studi arti-stici, poi si iscrive all'Accademia di belle arti di Firenze e una volta diplomato comincia a lavorare nell'atelier di famiglia. Già da giovane vince molti concorsi, sia nazionali che internazionali (Argentina, Cuba, Francia, Germania, Romania, Russia, Stati Uniti d'America e Venezuela), venendo particolarmente apprezzato negli Stati Uniti, molte sue opere si trovano a Detroit e Kansas City, dove gli è stato addirittura dedicato un parco, il Romanelli Garden. In Italia invece tra le sue opere maggiori possiamo ricordare il monumento al re Carlo Alberto, il monumento di Giuseppe Garibaldi a Siena, il busto di Benvenuto Cellini sul Ponte Vecchio di Firenze e il cenotafio di Do-natello nella basilica di San Lorenzo, sempre a Firenze. Lavorò anche a Livorno, dove si occupò delle decora-zioni scultoree della cappella Bastogi nel cimitero della Misericordia e del busto a Benedetto Brin. Ha insegnato all'Accademia delle Belle Arti di Fi-renze e fu pure un fervente patriota. Durante la sua carriera ha prodotto più di 300 opere. In Romania, fu l'ar tista ufficiale della famiglia reale per la quale realiz-zò quattro sculture che tutt'ora si trovano a Castello Peles. Sparse per il terri-torio rumeno ci sono 40 sue creazioni. A Iasi possiamo ammirare le statue a: Alexandru Joan Cuza (1912 ) e Mihail Kogalniceanu (1911) . Relativamente alla statua monumento di A.J.Cuza, il comitato promoto-re aveva raccolto soltanto 70.000 lei. La fortuna volle che il Romanelli fosse un artista disinteressato e eseguì l’opera per un importo leggermente superio-re alla somma disponibile. Romanelli prima e poi durante la realizzazione, lesse attentamente molti libri di scrittori romeni e storici stranieri perche’ considerava questa opera uno di quei lavori per il quale un artista lega il pro-prio nome ai posteri. Il monumento venne inaugurato il 27 maggio 1912 alla presenza di re Karol I. Il monumento a Mihail Kogalniceanu, invece, posto in faccia alla Università di Iasi, fu inaugurato il 28 settembre 1911

STATUA DI A. IOAN CUZA-IASI

A IASI SI INAUGURA LA STATUA DI ALEXANDRU

IOAN CUZA

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. La Parola di Dio ci raduna e convoca, ci fa essere Chiesa. Non sempre l’ascoltiamo con il cuore e la pratichiamo con la vita. Prima che lui oggi parli nuovamente a noi, chiediamogli perdono con la promessa di custodirla in un cuo-re buono. Breve pausa riflessione Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto pec-cato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre ver-gine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di voi, perdoni i vostri peccati e vi conduca alla vita eter-na. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benedicia-mo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signo-re Dio, Agnello di Dio, Figlio del Pa-dre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i pecca-ti del mondo, accogli la nostra sup-plica; tu che siedi alla destra del Pa-dre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spi-rito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. O Padre, tu hai mandato il Cristo, re e profeta, ad annunziare ai poveri il lieto messaggio del tuo regno, fa che la sua parola che oggi risuona nella Chiesa, ci edifichi in un corpo solo e ci renda strumento di liberazione e di salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo... A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dal libro di Neemia

In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assem-blea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intende-re. Lesse il libro sulla piazza da-vanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzo-giorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava so-pra una tribuna di legno, che ave-vano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in pie-di. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo ri-spose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si pro-strarono con la faccia a terra di-nanzi al Signore. I levìti leggeva-no il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il sen-so, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il go-vernatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestrava-no il popolo dissero a tutto il po-polo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascol-tava le parole della legge. Poi Neemìa disse loro: «Andate, man-giate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacra-to al Signore nostro; non vi rattri-state, perché la gioia del Signore è la vostra forza». .Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. Le tue parole, Signore, so-no spirito e vita. La legge del Signore è per-fetta, rinfranca l’anima; la testimo-nianza del Signore è stabile, ren-de saggio il semplice. R/. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il co-mando del Signore è limpido, illu-mina gli occhi. R/. Il timore del Signore è puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giu-sti. R/. Ti siano gradite le parole della mia bocca; davanti a te i pensieri del mio cuore, Signore, mia roccia e mio redentore. R/.

Seconda Lettura Dalla Lettera di San Paolo Apo-stolo a i Corinzi

Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti sia-mo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giu-dei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è for-mato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dices-se: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del cor-po. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non ap-partengo al corpo», non per que-sto non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, do-ve sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distin-to, come egli ha voluto. Se poi tut-to fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle inde-corose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie mem-bra abbiano cura le une delle al-tre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognu-no secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apo-stoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possie-dono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le inter-pretano? Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia, alleluia. Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione. Alle-luia. C. Il Signore sia con Voi A. E con il tuo spirito C.Dal vangelo secondo LUCA A. Gloria a te o Signore. + Poiché molti hanno cercato di rac-

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: Ne 8,2-4.5-6.8-10 Sal 18 1Cor 12,12-30 Lc 1,1-4; 4,14-21

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contare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da prin-cipio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordi-nato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della soli-dità degli insegnamenti che hai ricevu-to. In quel tempo, Gesù ritornò in Gali-lea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Inse-gnava nelle loro sinagoghe e gli ren-devano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consa-crato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazio-ne e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’an-no di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora comin-ciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascolta-to». Parola del Signore A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipo-tente, creatore del cielo e della ter-ra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cri-sto, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mez-zo di lui tutte le cose sono state crea-te. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incar-nato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, se-condo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuo-vo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apo-stolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Il Signore è sceso sulla terra in mezzo a noi, si è seduto nelle nostre assemblee e in esse ha an-

nunciato la vittoria della vita. Preghiamo insieme e diciamo: Signore, completa la nostra speranza. 1. Perché i nostri incarichi e i no-stri impegni siano sempre svolti nella gioia. Preghiamo. 2. Perché sappiamo essere pro-fondi nella nostra fede, coscienti che Tu l’hai resa salda con la tua venuta nel mondo. Preghiamo. 3. Perché la nostra testimonianza sia sempre pubblica ma mai ostentata. Preghiamo. 4. Perché sappiamo leggere i se-gni della storia alla luce del fatto che Tu sei il suo compimento. Preghiamo. C. O Padre, la lunga attesa del popolo d’Israele è stata premiata dalla venuta di Gesù Cristo. Ren-dici pazienti e capaci di ricono-scerti. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen LlITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, per-ché portando all’altare la gioia e la fati-ca di ogni giorno, ci disponiamo a of-frire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE

C. Accogli i nostri doni, Padre misericordioso, e consacrali con la potenza del tuo Spirito, perché diventino per noi sacramento di salvezza. Per cristo nostro Signo-re. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Con il sangue del tuo Figlio e la potenza dello Spirito tu hai ricostituito l'u-nità della famiglia umana disgre-gata dal peccato perché il tuo po-polo, radunato nel vincolo di amore della Trinità a lode e gloria della tua multiforme sapienza, for-mi la Chiesa, corpo del Cristo e tempio vivo dello Spirito. Per questo mistero di salvezza, uniti ai cori degli angeli, proclamiamo

esultanti la tua lode: Santo, …... DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O Padre nostro, …... C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sem-pre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C O Dio, che in questi santi misteri ci hai nutriti col corpo e col sangue del tuo Figlio, fa’ che ci rallegriamo sem-pre del tuo dono, sorgente inesauribi-le di vita nuova. Per Cristo nostro Si-gnore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda-te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

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Giorgio PerlascaGiorgio PerlascaGiorgio PerlascaGiorgio Perlasca: : : : data di nascita: lunedì 31 gennaio 1910 (105 anni fa) data di nascita: lunedì 31 gennaio 1910 (105 anni fa) data di nascita: lunedì 31 gennaio 1910 (105 anni fa) data di nascita: lunedì 31 gennaio 1910 (105 anni fa) data morte: sabato 15 agosto 1992 (23 anni fa) data morte: sabato 15 agosto 1992 (23 anni fa) data morte: sabato 15 agosto 1992 (23 anni fa) data morte: sabato 15 agosto 1992 (23 anni fa)

I l suo nome compare nell'elenco dei 525 ita-liani Giusti tra le NazioniGiusti tra le NazioniGiusti tra le NazioniGiusti tra le Nazioni, ossia i "non ebrei" che hanno rischiato la propria vita per salva-

re quella dei perseguitati dal genocidio nazista. Nato a Como e morto a Padova, da giovane fu un convinto fascista, parten-do come volontario per l'Africa Orien-tale e la Spagna. La sua presa di distan-za dal regime mussoliniano maturò do-po l'emanazione delle leggi razzialileggi razzialileggi razzialileggi razziali del 1938. Inviato, con visto diplomatico, nei paesi dell'Est Europa per acquistare car-ne per l'esercito italiano, al momento dell'armistizio dell'8 settembre 1943 Perlasca si trovava a Budapest, dove, rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò, cercò rifugio

nel consolato spagnolo.

Assunto il finto ruolo di viceambasciatore di Spa-gna, riuscì a far avere la cittadinanza spagnola a 5.218 ebrei5.218 ebrei5.218 ebrei5.218 ebrei, appellandosi alla legge Rivera sugli ebrei di ascendenza sefardita (di antica origine spagnola), e salvare gli stessi dai campi di stermi-nio nazisti.

Fatto prigioniero dall'Armata rossa, dopo la guerra rientrò in Italia e qui condusse una vita riservata, decidendo di non condividere con nessuno il suo gesto eroico. Solo in vecchiaia gli venne resa giustizia, con il riconoscimen-to in vita di "Giusto Giusto Giusto Giusto tra le Nazioni" asse-tra le Nazioni" asse-tra le Nazioni" asse-tra le Nazioni" asse-gnatogli nel 1989. gnatogli nel 1989. gnatogli nel 1989. gnatogli nel 1989.

B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: I-II-III Domenica del mese ore 11,00-IV Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi,

Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected] Trasmessa in diretta su: http://www.ercis.ro/video/iasi.asp

*°* C9:;: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527

Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00

*°* A9@A I:9BA: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262

*°* TBDBEFAGA: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

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I SANTI DELLA

SETTIMANA

Il “Padrino” nel pollaio…..