Adeste 26 domenica 26 giugno 2016c

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Lafelicitànonsitrovacercan-

dola,èuneffettocollaterale

(MarioFurlangiornalista,scrittoreefondatoredei

“CityAngels”)(***)

Tutta la vita andiamo alla ricerca della felicità. Illu-dendoci di poterla trova-re da qualche parte. Come

uno scrigno magico, sepolto in un giardino. Come se questa cosa, o quella persona, potessero darcela. È sbagliato. La felicità non è qualcosa che si trova cercandola. Perché è un prodotto collaterale. Una conseguenza del nostro fare ciò che amiamo. E che sappiamo fare. Con le persone che amiamo. Le navi sono fatte per navigare. Gli aerei per volare. Le auto per trasportarci. E noi uomini siamo fatti per viaggiare verso ciò che ci sta a cuore. Verso i nostri obiettivi. Un uomo senza obiettivi è come una nave che sta ancorata in porto. A marcire. È come un ae-reo che resta fermo sulla pista. Ad arrugginire. O come un'auto che rimane chiusa nel box. A invec-chiare. Non serve a nulla. Né agli altri. Né a se stes-so. È uno zombie. Un morto vivente.

Ti consiglio quindi di rispondere, con assoluta

sincerità, a queste tre domande.

1) Cosa sai fare?

Succede di passare da un estremo all'altro, a seconda del nostro umore ballerino. Dal pensare di saper fare tutto all'essere convinti di non saper fare niente. Na-turalmente entrambe queste posizioni sono sbaglia-te. Perché ognuno sa fare, bene, qualcosa. Ma nessu-no sa fare bene tutto. Ciascuno ha i suoi talenti. Le sue capacità. I suoi doni. Doni innati. Come la bella voce. O un fisico forte, resistente. E doni acquisiti nel tempo. Con l'esperienza. La pratica. L'impegno. L'allenamento. Il sacrificio. Nessuno nasce impara-to. Ma è pur vero che qualcuno nasce più dotato di altri.

Cosa sai fare bene? Meglio degli altri? Per cosa

sei portato? Se ti viene da rispondere Niente, stai facendo il modesto. Oppure non ti stai analizzando bene. Perché la domanda non è se sei capace, ma come sei capace. Tutti abbiamo delle capacità. Sco-

pri le tue. Cosa sei sempre riuscito a fare bene? Cosa dicono gli altri di te? Cosa apprezzano di te? Ascolta il tuo cuore. E ascolta anche gli altri. Spesso ci sot-tovalutiamo. Ma qualche volta ci sopravvalutiamo. Pensiamo di essere bravi in campi dove, invece, combiniamo solo pasticci. Se tu credi di essere bra-vo, e un altro ti smentisce, non dargli retta: potrebbe essere mosso dall'invidia. Dalla cattiveria. Dalla ge-losia. Vai avanti. Se te lo dicono in dieci c'è da ri-fletterci: potrebbero avere ragione. O si sono messi d'accordo per ingannarti, oppure notano qualcosa che tu non vedi. Se te lo dicono in cento, beh, allora non c'è da discutere: loro hanno ragione. E tu hai torto.

Non serve che tu sia bravissimo. Basta che tu sia bravino. Che tu abbia quella minima base di predi-sposizone naturale su cui costruire l'edificio del tuo successo. Credo molto nella predisposizione. Non possiamo andare contro la nostra indole. Insistere nel fare qualcosa che la contraddice equivale a ga-rantirsi l'insuccesso. La delusione. La frustrazione. E la voglia di mollare tutto. Anche ciò che sappiamo fare.

2) Cosa vuoi fare?

Ci sono cose che sappiamo fare. Ma che non vo-

gliamo fare. Così come ci sono cose che vorremmo fare. Ma che non sappiamo fare. Il sapere e il volere devono andare a braccetto. Cosa ami fare? Cosa fa-resti anche gratis? Io adoro tenere corsi di formazio-ne. Li terrei anche gratis, tanta è la soddisfazione che mi danno. Quando sono in aula mi sento perfet-tamente a mio agio, tra i partecipanti da aiutare a far crescere dentro. Mi sento come uno scultore che pla-sma la cera. Io sono lo scultore, loro la cera. E a te, cosa piace fare? Cosa faresti anche gratis, pur di far-lo? Per cosa ti senti vocato? C'è una vocazione per il proprio lavoro. Per la propria attività. E per le pro-prie opere. Ascolta la voce interiore. Quella del tuo cuore. Capirai qual è la tua chiamata.

Sei sai fare qualcosa, e la vuoi fare, non ascoltare

i pareri contrari. Tira dritto. Altrimenti ti condan-nerai all'infelicità. E all'insoddisfazione, derivante dalla consapevolezza che non sei stato vero verso te stesso. Gian Antonio ambiva , a 18 anni, a diventare una rockstar. Aveva trovato un buon manager: cre-

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deva in lui, lo avrebbe lanciato. L'avrebbe fatto par-tecipare a qualche talent show: come Amici, o XFactor. Avrebbe avuto la strada spianata per realiz-zare i suoi sogni. Ma suo padre ragioniere, un uomo vecchio stile, granitico nelle sue stantie convinzioni, si mise di mezzo. "Dimentica queste sciocchezze, sii concreto e pensa a laurearti e a diventare un ragio-niere anche tu" gli disse imperioso. E aggiunse: "Non diventerai mai una rockstar. E se anche la di-ventassi sarei comunque deluso di te: quella è tutta gente drogata, che va a letto tardi e si alza tardi, de-pravata, che va a donne..." Gian Antonio rinunciò al suo sogno per accontentare il padre. E ora lo rim-piange. E odia doppiamente fare il ragioniere. Pri-mo, perché non gli piace. Secondo, perché quella professione gli ha precluso l'altra. La strada dei suoi sogni.

3) Con chi vuoi farlo?

Nessuno riesce nei suoi intenti da solo. Abbiamo sempre bisogno dell'appoggio di qualcuno. Non per-ché siamo deboli. Ma perché vogliamo restare forti. E la forza è data dall'unione di più cervelli. Di più idee. Di più cuori. I tuoi supporter - colleghi, soci,

amici o partner che siano - sono fondamenta-

li. Sbaglia persone, e sbagli percorso. Ti traviano. Ti fanno deviare dalla strada giusta. E ti conducono tra le spine. Trova chi condivide i tuoi interessi. Le tue passioni. I tuoi valori. I tuoi ideali. Chi vuole cresce-re con te. Non contro di te. Chi gioisce dei tuoi suc-

cessi. Non chi ne soffre.

Come non serve cercare disperatamente la felici-tà, così non serve inseguire a tutti i costi le persone giuste. Le attiri se tu sei la persona giusta. Se entri in sintonia con loro. Se vi piacete reciprocamente. Se si instaura un reciproco rapporto di fiducia. Le belle persone attirano altre belle persone. Mentre le perso-ne grette ne attirano altre uguali.

Conosco la tua obiezione: sapessi quante volte ho trovato qualcuno che si è approfittato della mia bon-tà... Attento: essere belle persone non significa es-

sere allocchi. Essere una persona per bene è diverso dall'essere una persona dabbene. È il Vangelo a spie-garci come comportarci: "Siate candidi come colom-be e astuti come i serpenti" (Matteo 10, 16).

Trova qualcuno su cui poter contare. Ma non fi-darti mai al 100% di nessuno. Nemmeno di te

stesso. Perché siamo uomini. Succubi dei nostri istinti peggiori. In balia delle nostre emozioni più distruttive. E volubili. Siamo stati traditi. Tante vol-te. Probabilmente lo saremo ancora. Ma non lascia-mo che questo ci chiuda il cuore. Essere traditi è una sconfitta. Ma lasciare che il tradimento ci spenga la speranza sarebbe la sconfitta peggiore.

CITY ANGELS h p://www.cityangels.eu

LaLaLaLa storia dell’ Associazione comincia nel 1994, quando Mario Furlan (nome

da strada: Stone) la fonda a Milano. Nella zona più problematica della città: la Stazione Centrale.

Lo scopo: assistere gli emarginati e tutelare i cittadini vittime della delinquenza. Il primo luogo di ritrovo per le riunioni è nella Chiesa del Carmine, a Brera.

L’ inaugurazione uffi‐ciale dell’ Associazione, dopo mesi di attività

semiclandestina, avviene l’ 8 febbraio 1995 nella Chiesa del Carmine. Dopo la diffidenza iniziale – e a volte l’aperta ostilità – da parte delle autorità arriva il riconoscimento delle istituzioni, l’iscrizione all’al‐bo delle Onlus e, nel 1999, la massima onorificenza milanese: l’Ambrogino d’Oro, che viene attribui‐to all’Associazione per la seconda volta nel 2008. Negli anni nascono nuove sedi degli Angels: nell’ordine a Roma, Torino, Varese, Parma, Messi‐na. Ad oggi (estate 2014) sono 18. Tutte unite dallo stesso spirito umanitario.

Nel 2001 a Milano nasce il premio Il Campione: un riconoscimento degli Angels ai veri campioni, per‐sonaggi famosi e non che rappresentano un esem‐

pio positi‐vo per l’o‐pinione pubblica. Nella giu‐ria del Premio ci sono i di‐rettori di alcuni dei principali

organi d'informazione italiani. Sempre per sensibi‐lizzare l’opinione pubblica, ogni anno organizziamo una preghiera multireligiosa a Pasqua in mezzo ai clochard: un momento di spiritualità e unione tra persone di fedi ed etnie diverse, unite dalla loro comune umanità.

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E bbene si, lo confesso, sono cresciuta in Romania degli anni ’80 con le canzoni di Al Bano e Romina, Toto

Cutugno, Ricchi e Poveri, Riccardo Fogli e Umberto Tozzi. Da adolescente, ho iniziato e finito amori tante volte con can-zoni italiane in sottofondo. Quando andavo insieme alle mie cugine alle feste, ci vestivamo come Romina, con delle cami-cette bianche senza spalline, ci pettinavamo come lei, balla-vamo come lei, cantavamo come lei (lo so, è una parolona!), che altro dire, era la nostra…Violetta! Toto Cutugno era il nostro uomo ideale, il prototipo del ma-schio italiano. Se l’Italia è diventata il nostro sogno, la nostra “America”, è “colpa” sua e della musica italiana. Sapevamo a memoria tutte le canzoni, senza capire granché, i loro ritor-

nelli ci hanno accompagnati nel percorso complicato e spesso cupo di adolescenti in un regime dittatoriale. La musica italiana era la nostra finestra verso l’altro mondo,

verso l’occidente proibito, e, credetemi, negli anni più bui del comunismo, era una specie di “salvagente” dell’anima.

Per il regime comunista, la musica straniera era un simbolo di decadenza morale, del capitalismo “marcio e pericoloso”, ma, non si sa per quale ragione, in radio andavano molto i cantanti italiani, qualche francese, i tedeschi della Germania dell’Est e Julio Iglesias. Assolutamente vietata la musica americana. Qualcuno sostiene che il nostro dittatore Ceaușescu e la moglie gradivano la musica italiana perché pulita, solare, po-sitiva, “innocua”, insomma, non era il rock o l’ heavy metal americano che trasmettevano sentimenti “sovversivi”, la voglia di fare rivoluzioni. Le canzoni italiane parlavano d’amore, non quello carnale (il sesso era tabù), dei bei sentimenti, degli “sguardi innocenti”, del “restare vicini come bambini”, dei “raggi

di sole”, del “sorriso che sa di felicità”. Come dicevo prima, non capivamo bene l’italiano e penso che neanche la censura dell’epoca capiva che, tra tutti questi “sguardi innocenti”, si parlava anche di amore fisico, anche se non esplicito.

Negli anni ottanta, Ceaușescu ci fece un altro grande regalo: permise la trasmis-sione della serata finale del Festival di

Sanremo, solo per un paio d’anni, è vero, ma fu abbastanza per farci sognare. Il paese era tutto davanti alla tv a guardare uno spettacolo che sembra-va arrivare da un altro pianeta: fiori, luci, abiti eleganti, lusso, musica romantica e uomini bellissimi. Lo so che è difficile da capire ma, dovete credermi, per noi l’Italia rappresentava il vero sogno di Libertà. Quan-do uscì, la canzone “L’italiano” era diventata il nostro secondo inno nazionale e Toto Cutugno era per noi l’Italiano vero(!).

Nessuna sorpresa allora sul fatto che questi cantanti italiani nei paesi dell’est, Romania compresa, abbiano ancora oggi tanto successo. Per gli italiani è difficile da capire, i cri-tici musicali con la puzza sotto al naso sono spesso ironici nei ri-guardi di questa generazione musicale che ha trovato una secondo giovinezza ad Est. Anche i miei amici mi prendono spesso in giro, teneramente, sulla mia “educazione musicale”, sulla lacrimuccia che verso ascoltando “Come vorrei” dei Ricchi e Poveri, e sul poster di Toto Cutugno che avevo messo nella mia stanza davanti al letto e che mi salutava ogni mattina. Perciò, non mi toccate Al Bano e Ro-mina, che mi arrabbio!

Albano e Romina

http://www.blog2fete.com

LE CANZONI ITALIANE LE CANZONI ITALIANE LE CANZONI ITALIANE LE CANZONI ITALIANE

NELLA ROMANIA DI NELLA ROMANIA DI NELLA ROMANIA DI NELLA ROMANIA DI

CEAUSESCU ED IL SOGNO CEAUSESCU ED IL SOGNO CEAUSESCU ED IL SOGNO CEAUSESCU ED IL SOGNO

DI LIBERTA’ .DI LIBERTA’ .DI LIBERTA’ .DI LIBERTA’ .

1993 TOTO CUTUGNO Con LOREDANA

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Si chiama eptacaidecafobia e non è altro che la paura feroce del venerdì 17. Qualcuno si chiude in casa, altri escono con cornetti o zampe di coni-glio nascoste in borsa e la certezza che qualcosa di nefasto si stia per abbat-tere su di lui gli resta appiccicata alla pelle fino all’alba di sabato 18.

LA MORTE DI GESU’

Ma perché tutta questa paura della iella legata al venerdì 17? E’ semplice: perché questa data mette insieme due componenti già di per sé cariche di negatività come il venerdì, dies funesto perché giorno della morte di Ge-sù, e il 17 che è da sempre r itenuto sfor tunato in Italia (Famiglia Cri-stiana, 17 giugno 2016).

5 “CAUSE”

Le origini della maledizioni associata al 17 sono storiche e bibliche e ne annoveriamo almeno cin-que.

1) Nell’antica Grecia i seguaci di Pitagora disprezzavano il numero 17 poiché era tra il 16 e il 18, i numeri che rispecchiavano perfettamente la rappresentazione di quadrilateri 4×4 e 3×6.

2) Nell’Antico Testamento, invece, la data di inizio del Diluvio Universale è il 17 del secondo me-se.

3) Nella battaglia di Teutoburgo del 9 d.C., che passò agli annali come una delle peggiori disfatte militari romane, la XVII, XVIII e XIX legione, le coorti di fanteria e le ali di ausiliari a cavallo vennero spazzate via dalle tribù germaniche della Bassa Sassonia, e mai più ricostituite, sicché c’è chi ha ricondotto il 17 al disastro militare.

4) Nella Roma dei Cesari sulle tombe era usanza scrivere “VIXI”, ovvero “ho vissuto”, “sono mor-to”.

5) Nel Medioevo, però, a causa dell’analfabetismo molto diffuso l’iscrizione veniva confusa con il numero 17 che invece era XVII.

È così giunta fino ai nostri giorni la credenza superstiziosa per cui il numero 17 sia un simbolo di sventura.

L’ECCEZIONE ITALIANA

Il venerdì 17 è una superstizione tipicamente italiana, non riscontrabile altrove: nel mondo si ritro-vano infatti altre date e altri numeri “negativi”. Si è già detto di “venerdì 13” nei paesi anglosasso-ni, mentre in Spagna (paese anch’esso dalle radici latine e cattoliche), Grecia e in Sudamerica il gior-no sfortunato è invece “martedì 13” (Libero Quoti-diano, 17 luglio 2015) .

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Il Monastero di Khor Virap e´ il piu´ noto monumento storico-architettonico nella

regione di Ararat, situato a 30 km a sud di Yerevan, nei pressi del confine con la Tur-chia. Da qui si può godere della vista del maestoso monte Ararat che è poco lontano dal fiume Araks .Il territorio armeno Khor Virap è il posto più vicino al monte Ararat, il posto più adatto per osservare o fare delle foto alla montagna bibli-ca. Il monastero e´ molto ricco non solo di storia ma anche della religione. Khor Virap fu costruito ad Artashat durante il regno degli Arshakidi. In quell´epoca la collina serviva dai carceri per condannati. Negli anni´60 del IV secolo Artashat è stato rovinato dagli invasori persiani. L´ importanza del monastero e´ legata al fondatore del Cristianesimo in Armenia - Gregorio l´Illuminatore. La leggenda narra che Il re pagano Tiridate III tenne San Gregorio l´Illuminatore, reo di aver professato e diffuso il cristianesimo, imprigionato per 12 anni in un pozzo (khor virap significa "pozzo profondo") dove alcune donne cristiane gli portavano cibo in gran segreto. S. Gregorio l´Illuminatore fu liberato dal carcere, per ordine della sorella del re Khosrovidukht, perché guarisse il sovrano dalla licantropia, malattia in cui era caduto a seguito del rifiuto della vergine cristiana Hripsime di sposarlo. La sorella del re aveva ricevu-to una visione che le aveva ordinato di liberare Gre-gorio. Il sovrano gli fu talmente grato che si convertì al cri-stianesimo e San Gregorio, divenuto il primo Ka-tholikos della chiesa armena e iniziò a costruire chie-se sopra i templi pagani e ad insegnare la propria dottrina. Quindi, nel 301, grazie agli sforzi di S. Gre-gorio, l´Armenia fu il primo paese in tutto il mon-do ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato. Gli edifici a livello della strada di Khor Vi-rap sono stati ripetutamente ricostruiti fin dal VI se-colo, mentre la chiesa principale, dedicata alla Santa Madre di Dio (Astvatsatsin) risale al XVII secolo. E´ possibile visitare il pozzo, profondo 6-7 metri, sopra il quale è stato costruito un edificio- la Chiesa di San Gregorio per proteggerlo dagli agenti atmosferici, scendendo per una scala di ferro a parete. Khor Virap è un´importante meta di pellegrinaggi e spesso i fedeli vi giungono per ricevere il battesimo. Appena fuori dalle mura del monastero ci sono alcuni scavi nel sito di Artashat fondata nel II sec a.C. Sono in corso i lavori di scavo per riportare alla luce una grande quantità di rovine nella vicina Dvin, un´altra antica capitale (a partire dal 340 circa).

Il Monastero di Khor Virap con dietro il Monte

Visita di Papa Francesco in Armenia 24-26 Giugno

Un brano della lettera che papa Benedetto XV inviò, nel settembre del 1915, al sultano Mehmet V per supplicarlo di far cessare le violenze e le deportazioni a danno degli armeni. «Ci giunge dolorosissima l’eco dei gemiti di tutto un popolo, il quale nei vasti domini ottomani è sottoposto a inenarrabili soffe-renze. La nazione armena ha già veduto molti dei suoi figli man-dati al patibolo, moltissimi, tra i quali non pochi ecclesiastici e anche qualche vescovo, incarcerati o inviati in esilio. Ci vien ri-ferito che intere popolazioni di villaggi e di città sono costrette ad abbandonare le loro case per trasferirsi con indicibili stenti e patimenti in lontani luoghi di concentrazione, nei quali oltre le angosce morali debbono sopportare le privazioni della più squallida miseria e le torture della fame. Noi crediamo, sire, che tali eccessi avvengano contro il volere del governo di vostra maestà. Ci rivolgiamo, pertanto, fiduciosi a vostra maestà e ardentemente la esortiamo di volere, nella sua magnanima generosità, avere pietà e intervenire a favore di un popolo, il quale, per la religione medesima che professa, è spinto a mantenere la fedele sudditanza verso la persona della stessa maestà vo-stra. Se vi sono tra gli armeni traditori o colpevoli di altri delitti, che essi siano legalmente giudicati e pu-niti. Ma non permetta vostra maestà, nell’altissimo suo sentimento di giustizia, che nel castigo siano tra-volti gl’innocenti e anche sui traviati scenda la sovrana sua clemenza. Dica vostra maestà l’invocata e possente sua parola di pace e di perdono e la nazione armena, resa sicura da violenze e da rappresaglie, benedirà, al nome augusto del suo protettore».

Il Papa Benedetto XV fece sentire a lungo la

sua voce per evitare l’e-liminazione di 1.500.000

armeni avvenuto per mano dell’impero

ottomano tra il 1915 e 1916

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D i ferro, d’argento o d’oro, o di qualsiasi lega, il cerchietto che si mette al dito ha acquisito un significato più elevato di quello che aveva nell’antichità pagana non appena la Chiesa lo ha costituito nel simbolo dell’alleanza indissolubile tra due coniugi.

Gli ebrei e i romani – e si crede anche altri popoli pagani – avevano l’abitudine per cui l’uomo poneva al mignolo della futura sposa un anello, ma era un anello con un significato diverso. Si trattava di un voto di fiducia consegnando una replica dell’anello o del sigillo personale che l’uomo portava al polli-ce con cui siglava le sue lettere confidenziali e i suoi contratti. Era un’abitudine più delle classi agiate che di quelle popolari.

Una cosa diversa è tuttavia che l’uomo e la donna di qualsiasi classe sociale si scambino anelli nuziali il giorno del matrimonio e l’anello si collochi all’anulare della mano sinistra, vicino al cuore, dove si sente maggiormente il pulsare di quell’organo potente che simboleggia l’amore che dev’essere solo per Dio. Può suonare molto romantico e per-fino sentimentale, ma l’abitudine nata così nell’Europa del VI secolo si è estesa in tutto il pianeta e anche oggi sotto qualsiasi deno-minazione religiosa o cultura le coppie si scambiano anelli all’anulare della mano si-nistra.

In alcuni Paesi si chiamano “alleanze” ed è costume che entrino solennemente nel tem-pio su un elegante cuscinetto portato da un paggetto. Durante la celebrazione del sacra-mento, il sacerdote le benedice e le irrora con acqua benedetta, e in seguito invita i fidanzati a scambiarsele a vicenda ripetendo pa-role di impegno, fedeltà e amore.

Ovviamente questo piccolo cerimoniale incluso nel sacramento non è obbligatorio, e la sua assenza non invaliderà un matrimonio. Significato dalla solennità soprannaturale, come solo la Chiesa avrebbe potuto concepire per la maggior gloria di Dio e il consolidamento dell’amore coniugale, trasmette più

senso all’impegno reciproco di una coppia.

L’anello nuziale può però arrivare a rivestire una condizione di autentico sacramentale, come il cosiddetto Piscatorio o anello del pescatore, quello che viene posto al nuovo pontefi-ce una volta proclamato dopo il conclave, o come quello che ricevono i religiosi, dai cardinali e i vescovi alle suore. Bene-detto ed elevato di categoria, l’anello nuziale passa dall’essere un semplice cerchietto a diventare uno strumento di vita con-sacrata come se si trattasse anche di una professione di vita religiosa, piena di rinunce e sacrifici santificanti. Segno di preghiera della Chiesa per i suoi figli, dispone a ricevere gra-zie e altri effetti per la vita spirituale, e può anche arrivare ad

avere la forza di un esorcismo contro le tentazioni e gli attacchi di spiriti maligni che inducono all’a-dulterio e alla fornicazione.

Portare sempre con sé quell’anello, più che un atto d’amore e di fedeltà o un dovere coniugale, è una buona protezione, visto che si dice che una volta costituita la coppia coniugale Dio le assegna un ange-lo speciale, il cui obiettivo è proteggerla e proteggere individualmente i coniugi in funzione del matri-monio come “una sola carne” che ormai sono i due. Una sola carne erano prima che Dio togliesse Eva dal costato di Adamo, una sola carne tornano ad essere ora finché la morte non li separi e in cielo sia-no come angeli (Mc 12,25).

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Guardareavantipervivere

inpienezza

Vuoichescendaunfuocodalcieloe

liconsumi?LareazionediGiacomo

eGiovannialri�iutodeiSamaritani

seguelalogicacomune:farlapaga-

re,occhioperocchio.

Gesusivolto,lirimproveroesiavvioversounaltrovillaggio.Nellaconcisionediquesteparolesistaglia

lagrandezzadiGesu.Chedifendechinonlapensacomelui,checapovolgelalogicadellastoria,quella

chedice:inemicisicombattonoesieliminano.Gesuinveceintendeeliminareilconcettostessodine-

mico.Esiavvioversounaltrovillaggio.IlSignoreinventoredistrade:c'esempreunnuovovillaggio

conaltrimalatidaguarire,altricuoridafasciare;c'esempreun'altracasadoveannunciarepace.Non

habisognodimezzifortiodisegniprodigiosi,noncovarisentimenti.Luicustodiscesentieriversoil

cuoredell'uomo,comecantailsalmo:beatol'uomochehasentierinelcuore(84,6),chehafuturoe�i-

ducia.EilVangelodiventaviaggio,viadapercorrere,spazioaperto.Einvitailnostrocristianesimoadi-

ventarecosı,acontinuipassaggi,aesodi,apercorsi.

ComeaccadeancheaitrenuovidiscepolicheentranoinscenanellasecondapartedelVangelo.Adessi,

checirappresentanotutti,dice:Levolpihannotane,gliuccellinidi,maiononhodoveposareilcapo.

Eppurenoneraesattamentecosı.Gesuavevacentocasediamicieamichefelicidiaccoglierloacondivi-

derepaneesogni.ConlametaforadellevolpiedegliuccelliGesutracciailritrattodellasuaesistenza

minacciatadalpoterereligiosoepolitico,sottopostaarischio,senzasicurezza.Chivuoleviveretran-

quilloeinpacenelsuonidononpotraesseresuodiscepolo.

Noisiamoabituatiasentirelafedecomeconfortoesostegno,panebuonochenutre,egioia.Maquesto

Vangelocimostrachelafedeeanchealtro:unprogettochenonassicuraunaesistenzatranquilla,ma

offrelagioiosafaticadiaprirestradenuove,ilrischiodiessereri�iutatieper�inoperseguitati.Perchesi

opponeesmontailpresente,quandolesuelogichesannodisuper�icialita,diviolenza,diinganno,per

seminarviilfuturo.

Lasciacheimortiseppelliscanoiloromorti.

Unafrasedurissimachenoncontestagliaffetti

umani,masichiarisceconciochesegue:Tuvae

annunziailRegnodiDio.Tufacosenuove.Seti

fermiall'esistente,algiavisto,algiapensato,

nonviviinpienezza.Noiabbiamobisognodi

freschezzaeilSignorehabisognodigenteviva.

Digenteche,comechihapostomanoall'aratro,

nonguardiindietroasbagli,incoerenze,falli-

menti,maavanti,aigrandicampidellavita,che

gliappartengono,aunDiochevienedall'avve-

nire.

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D i seguito, ampi stralci della catechesi del Papa, che commenta l’episodio del figlio della vedova di Naim che Gesù riporta alla vita

restituendolo alla madre: “E’ una scena molto commovente, che ci mostra la compassione di Gesù per chi soffre – in questo caso una vedova che ha perso l’unico figlio – e ci mo-stra anche la potenza di Gesù sulla morte. La morte è un’esperienza che riguarda tutte le famiglie, senza ecce-zione alcuna. Fa parte della vita; eppu-re, quando tocca gli affetti familiari, la morte non rie-sce mai ad apparirci naturale. Per i genitori, sopravvi-vere ai propri figli è qualcosa di particolarmente stra-ziante, che contraddice la natura elementare dei rap-porti che danno senso alla famiglia stessa. La perdita di un figlio o di una figlia è come se fermasse il tempo: si apre una voragine che inghiotte il passato e anche il futuro”. È “uno schiaffo – prosegue Francesco – alle promesse, ai doni e sacrifici d’amore gioiosamente consegnati alla vita che abbiamo fatto nascere. Tante volte vengono a messa a Santa Marta genitori con la foto di un figlio, di una figlia, bambino, ragazzo, ra-gazza, e mi dicono: ‘Se n’è andata”. E lo sguardo è tanto addolorato. La morte tocca e quando è un figlio tocca profondamente”. Qualcosa di simile, osserva il Papa, “patisce anche il bambino che rimane solo, per la perdita di un genitore, o di entrambi. Quella domanda: ‘Ma dov’è papà? Dov’è mamma?’… Questa domanda che copre un’an-goscia nel cuore del bambino o la bambina. Rimane solo. Il vuoto dell’abbandono che si apre dentro di lui è tanto più angosciante per il fatto che non ha neppure l’esperienza sufficiente per “dare un nome” a quello che è accaduto. ‘Quando torna papà? Quando torna mamma?’. Cosa si risponde? E il bambino soffre”. Quel “buco nero” che “si apre nella vita delle famiglie e a cui non sappiamo dare alcuna spiegazione” talvolta – afferma il Papa – porta “persino a dare la colpa a Dio”. “Io li capisco – ha commentato a braccio France-sco – si arrabbia con Dio, bestemmia… ‘Perché mi hai tolto il figlio, la figlia? Ma Dio non c’è, Dio non esi-ste! Perché ha fatto questo?’…” E tuttavia, riconosce Francesco – “la morte fisica ha dei ‘complici’ che sono anche peggiori di lei, e che si chiamano odio, invidia, superbia, avarizia” e che la rendono “ancora più dolorosa e ingiusta” perché gli “affetti familiari appaiono come le vittime predestinate e inermi di queste potenze ausiliarie della morte, che accompagnano la storia dell’uomo. Pensiamo all’as-surda ‘normalità’ con la quale, in certi momenti e in certi luoghi, gli eventi che aggiungono orrore alla mor-te sono provocati dall’odio e dall’indifferenza di altri esseri umani. Il Signore ci liberi dall’abituarci a que-sto!”. Poi, il Papa è passato a considerare il lutto nell’ottica della fede, per cui “la morte non ha l’ultima parola”.

Tutte le volte “che la famiglia nel lutto – anche terribile – trova la for-za di custodire la fede e l’amore che ci uniscono a coloro che amiamo, essa impedisce già ora, alla morte, di prendersi tutto. Il buio della mor-te va affrontato con un più intenso lavoro di amore”. “Nella luce della Risurrezione del Signore, che non abbandona nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato, noi possiamo togliere alla morte il suo ‘pungiglione’, come diceva l’apo-stolo Paolo; possiamo impedirle di avvelenarci la vita, di rendere vani i

nostri affetti, di farci cadere nel vuoto più buio”. E in questa fede, esorta Francesco, “possiamo conso-larci l’un l’altro, sapendo che il Signore ha vinto la morte una volta per tutte. I nostri cari non sono scom-parsi nel buio del nulla: la speranza ci assicura che essi sono nelle mani buone e forti di Dio”. “Se ci lasciamo sostenere da questa fede, l’esperienza del lutto può generare una più forte solidarietà dei legami famigliari, una nuova apertura al dolore delle altre famiglie, una nuova fraternità con le famiglie che nascono e rinasco-no nella speranza”. La fede inoltre, ribadisce il Papa citando Benedetto XVI, “ci protegge dalla visione nichilista della morte, come pure dalle false consolazioni del mondo, così che la verità cristiana ‘non rischi di mischiarsi con mitolo-gie di vario genere, cedendo ai riti della superstizione, antica o moderna’. “Non si deve negare il diritto al pianto, dobbiamo piangere nel lutto! – esclama il Papa, ricordando che anche Gesù ‘scoppiò in pianto’ e fu ‘profondamente turbato’ per il grave lutto di una famiglia che amava. Possiamo piuttosto attingere dalla testimonianza sem-plice e forte di tante famiglie che hanno saputo coglie-re, nel durissimo passaggio della morte, anche il sicuro passaggio del Signore, crocifisso e risorto, con la sua irrevocabile promessa di risurrezione dei morti. Il la-voro dell’amore di Dio è più forte del lavoro della morte. E’ di quell’amore, è proprio di quell’amore, che dobbiamo farci “complici” operosi, con la nostra fede! E ricordiamo quel gesto di Gesù: ‘E Gesù lo restituì a sua madre’, così farà con tutti i nostri cari e con noi quando ci incontreremo, quando la morte sarà definiti-vamente sconfitta in noi. Lei è sconfitta dalla croce di Gesù. Gesù ci restituirà in famiglia a tutti”. al termine dei saluti, il Papa ha ricordato che domani sarà pubblicata l’Enciclica sulla cura della “casa co-mune” che è il creato. "Questa nostra “casa” – ha detto – si sta rovinando e ciò danneggia tutti, specialmente i più poveri. Il mio è dunque un appello alla responsabi-lità, in base al compito che Dio ha dato all’essere uma-no nella creazione: 'coltivare e custodire' il 'giardino' in cui lo ha posto (cfr Gen 2,15). Invito tutti ad accogliere con animo aperto questo Documento, che si pone nella linea della dottrina sociale della Chiesa"

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito San-to siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Chiediamo perdono a Dio dei nostri peccati e invochiamo la sua misericordia. La sua grazia possa dimorare in noi e renderci docili ascoltatori del suo Spirito. (Breve pausa di riflessione)

Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto pec-cato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre ver-gine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benedi-ciamo, ti adoriamo, ti glorifichia-mo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cri-sto, Signore Dio, Agnello di Dio, Fi-glio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Si-gnore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cri-sto, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. Fa’ di noi, o Padre, i fedeli discepoli di quella sapienza che ha il suo maestro e la sua cattedra nel Cristo innalzato sulla croce, perché impariamo a vincere le tentazioni e le paure che sorgono da noi e dal mondo, per cammi-nare sulla via del calvario verso la vera vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, ... A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dal Libro dei Re

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Sa-fat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto». Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, fi-glio di Safat. Costui arava con do-dici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il do-dicesimo. Elìa, passandogli vici-no, gli gettò addosso il suo man-tello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a ba-ciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e tor-na, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al po-polo, perché la mangiasse. Quin-di si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. Sei tu, Signore, l’unico mio bene. Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu». Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. R/. Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pon-go sempre davanti a me il Signo-re, sta alla mia destra, non potrò vacillare. R/. Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; an-che il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. R/. Mi indicherai il sentiero del-la vita, gioia piena alla tua pre-senza, dolcezza senza fine alla tua destra. R/.

Seconda Lettura Dalla lettera di S.Paolo ai Galati Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il gio-go della schiavitù. Voi infatti, fratelli, siete stati chia-mati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli al-tri. Tutta la Legge infatti trova la

sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi di-vorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate se-condo lo Spirito e non sarete por-tati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; que-ste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia,Alleluia Parla, Signore, perché il tuo ser-vo ti ascolta: tu hai parole di vita eterna. Alleluia

VANGELO C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo Luca A. Glora a te o Signore A. Mentre stavano compiendo-si i giorni in cui sarebbe stato ele-vato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed en-trarono in un villaggio di Samari-tani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cam-mino verso Gerusalemme. Quan-do videro ciò, i discepoli Giaco-mo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villag-gio. Mentre camminavano per la stra-da, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E co-stui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signo-re; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE:Zc 12,10-11;13,1 Sal 62 Gal 3,26-29 Lc 9,18-24

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che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il re-gno di Dio». Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipo-tente, creatore del cielo e della ter-ra, di tutte le cose visibili e invisibi-li. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, del-la stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la no-stra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incar-nato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, se-condo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudi-care i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorifi-cato, e ha parlato per mezzo dei pro-feti. Credo la Chiesa, una santa cat-tolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei pecca-ti. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Il Signore ci ha liberato dal-la schiavitù del peccato e ci chie-de di continuare a vivere da uo-mini liberi. Preghiamo insieme e diciamo: Signore dacci il coraggio della libertà. 1. Perché la nostra fedeltà al tuo insegnamento e la nostra capacità di metterlo in pratica non si esprimano solo a parole. Preghiamo. 2. Perché la sicurezza di es-sere amati da te ci aiuti a non ri-fiutare nessuno. Preghiamo. 3. Perché l’amore con cui ci hai donato la vita ci aiuti a com-prenderne il significato e ad ap-prezzarne il valore. Preghiamo. 4. Perché la tua scelta di la-sciarci la nostra libertà ci sia da esempio per combattere tutte le situazioni in cui qualcuno vuole privarcene. Preghiamo. C. O Padre, la tua grandezza supera il nostro cuore e la nostra legge, aiutaci a ricercarla sempre e a trarne sicurezza. Te lo chie-

diamo per Cristo nostro Signore. A. Amen.

LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

(in piedi) SULLE OFFERTE

C. O Dio, che per mezzo dei segni sacramentali compi l'opera della redenzione, fa' che il nostro servizio sacerdotale sia degno del sacrificio che celebriamo. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C È veramente giusto bene-dirti e ringraziarti, Padre santo, sorgente della verità e della vita perché in questo giorno di festa ci hai convocato nella tua casa. Oggi la tua famiglia, riunita nell'ascolto della parola e nella comunione dell'unico pane spez-zato fa memoria del Signore ri-sorto nell'attesa della domenica senza tramonto, quando l'umanità intera entrerà nel tuo riposo. Al-lora noi vedremo il tuo volto e loderemo senza fine la tua miseri-cordia. Con questa gioiosa spe-ranza, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo a una sola voce l'in-no della tua gloria: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'univer-so. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'al-to dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risur-rezione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen

C.A. P A D R E NO S T R O che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e ri-metti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debi-tori e non ci indurre in tentazio-ne ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri pec-cati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C O Dio, che ci hai rinnovati con il corpo e sangue del tuo Fi-glio, fa’ che la partecipazione ai santi misteri ci ottenga la pienez-za della redenzione. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: an-date in pace. A. Rendiamo grazie a Dio BUONA SETTIMANA

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N ella notte del 23 Giugno ci ha lasciati ENZO MISURA-

CA ,di or igini siciliane, facente parte della Comunità Italiana di Iasi. Ezio non era una personalità im-portante a livello pubblico, era un semplice pensionato che aveva tro-vato il suo equilibrio di vita qui in Romania. Era affezionato alla Pa-tria d’origine ma la sua particolari-tà era l’incondizionata fiducia nel-la Romania ormai divenuta la sua seconda Patria. Parlando una volta del più e del meno raccontava come il suo stato di salute fosse migliorato a Iasi: “ In Italia (ndr: almeno 10 anni fa) mi avevano trovato tutta una serie di compli-cazioni che ai medici di Romania non risultava-no; mi hanno dato delle medicine con le quali mi sento rinato” Aveva anche una perfetta assisten-

te cioè la moglie che alle ore sta-bilite, anche di notte, ri-spettava sempre ogni appunta-mento con le pastiglie. Era un acca-

nito tifoso della Juventus e quando trovava qual-cuno che lo assecondava nel parlare di calcio, era come “ andare a nozze “ e poteva discuterne per ore intere senza stancarsi. Era una persona cordiale, educata, sempre sorri-dente, pronta alla battuta, mai volgare. Alcuni giorni fa durante una visita in Ospedale, ancora cosciente, in quella particolare occasione

non si smentì dicendo: “ Mia figlia mi vorrebbe por-tare in ospedale in Italia ma io mi trovo bene qua. Qui sono curato ed accudito ed in Italia se la sognano una assistenza come questa. Gli Ospedali in Romania sono migliori che quelli dell’Italia.”

Beh, caro Ezio ora tutti i problemi sono un ricor-do e leggero come una nuvola ci guardi da lassù. Quando puoi intercedi per noi italiani in particola-re per noi italo-rumeni. (P.M.)

B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

*°* C7�8: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00 *°*

A7:� I�7+�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°* T+<+�=���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

26262626 D������� s. Josemaria Escrivar d.Bs. Josemaria Escrivar d.Bs. Josemaria Escrivar d.Bs. Josemaria Escrivar d.B

27272727 L���� s. Cirillo di Alessandrias. Cirillo di Alessandrias. Cirillo di Alessandrias. Cirillo di Alessandria

28282828 M����� s. Ireneos. Ireneos. Ireneos. Ireneo

29292929 M������� s. Pietro e Paolo Ap.s. Pietro e Paolo Ap.s. Pietro e Paolo Ap.s. Pietro e Paolo Ap.

30303030 G����� s. Protomartiri Romanis. Protomartiri Romanis. Protomartiri Romanis. Protomartiri Romani

01010101 ������ s. Reginas. Reginas. Reginas. Regina

02020202 S����� s. Bernardino Realinos. Bernardino Realinos. Bernardino Realinos. Bernardino Realino

I SANTI DELLA

SETTIMANA

UN RICORDO ED UNA PRECEUN RICORDO ED UNA PRECEUN RICORDO ED UNA PRECEUN RICORDO ED UNA PRECE

Preghiera comunitaria Lunedi’ 27/6 ore 18,30 Cappella cattolica cimitero Eternitate IASI Esposizione salma Martedi’ mattina 27, stessa Cappella con Messa di commiato ore 10,00 e inu-mazione stesso cimitero. (R.I.P.)